Sei sulla pagina 1di 6

RIVOLUZIONE RUSSA

A partire dal 1905, lo zar Nicola II fu costretto ad istituire la Duma (avente solo potere consultivo) in seguito
a varie sommosse. Nel 1914, nonostante la debolezza economica della Russia, lo zar entrò in guerra al
fianco dell’intesa pensando che si sarebbe risolta in breve tempo. Durante la guerra, la propaganda
socialista premeva soprattutto sulla classe operaia, la quale era distrutta dall’intenso lavoro nelle industrie
di guerra. La Russia registrò enormi perdite di uomini e mezzi che portò, nel 1915, ad uno sciopero
nazionale a causa della mancanza di beni di prima necessità e all’aumento dei prezzi.

Nel 1917 la situazione precipitò e il 23 febbraio (8 marzo del nostro calendario) scoppiò a Pietrogrado la
famosa rivoluzione di febbraio avente in seguito come fine una sommossa contro il regime zarista. Ad essa
si unirono successivamente anche le forze di polizia e i membri dell’aristocrazia oltre agli operai e ai
disertori che insorsero per primi.

Il 12 marzo si formò un governo provvisorio guidato dal principe Georgij L’vov (liberale che rappresentava
gli interessi dei proprietari terrieri e degli industriali) affiancato da Aleksandr Kerenskij (socialdemocratico).

Il 15 marzo, l’opinione pubblica e la pressione del governo L’vov costrinsero lo zar ad abdicare e ad essere
sorvegliato.

Al governo vennero affiancati i soviet, ovvero assemblee rappresentanti i contadini, gli operai e i soldati che
già erano sorte nel 1905. I delegati erano eletti tra i lavoratori e tra i corpi dell’esercito che si erano
ammutinati, scelti tra i rappresentanti sia dei socialisti rivoluzionari e dei socialdemocratici, a loro volta
divisi in menscevichi (rivoluzionari marxisti guidati da Lenin) e bolscevichi (riformisti).

Come reazione della popolazione alle disastrose condizioni del paese, si stava espandendo il disfattismo,
diretto a far uscire la Russia dalla guerra mediante l’accettazione di una pace a qualsiasi costo e a difendere
sul piano morale i disertori.

Nel 1917, aiutato dai tedeschi convinti di riuscire a scardinare in questo modo il fronte Russo, fece ritorno
Lenin che si trovava in Svizzera in seguito all’esilio del 1905 dello zar. Lenin enunciò le “Tesi di aprile”, che
innovavano la tradizione marxista sostenendo la possibilità di un’immediata rivoluzione proletaria e
comunista. Tutto il potere doveva passare in mano a soviet (unica espressione della volontà del popolo) in
quanto il governo L’vov era ritenuto da lui incapace.
Lenin inoltre affermava la necessità di una pace immediata entrando in conflitto col governo, menscevichi e
socialisti rivoluzionari che invece erano orientati alla guerra con scopo difensivo. La minoranza
rappresentata da Lenin fece sì che l’attuazione di queste idee rivoluzionarie risultasse impossibile e che
quindi non costituisse una minaccia per i suoi oppositori.

Nel maggio 1917 si formò un nuovo governo nel quale Kerenskij divenne la figura principale affermando
formalmente che il conflitto sarebbe continuato. I successivi insuccessi sul fronte portarono ad ulteriori
disordini interni alimentando la volontà di pace.
A luglio i soldati, con l’appoggio dei bolscevichi, tentarono di organizzare una protesta rivoluzionaria che
culminò con una rapida repressione.
Lenin venne accusato di esser un agente al servizio dei tedeschi e venne nuovamente esiliato. L’vov si
dimise e lasciò il posto a Kereskij il quale si concentrò a continuare la guerra.

Durante l’estate le agitazioni continuarono in tutto il paese alimentate dall’affermazione della libertà di
stampa e di associazione che contribuirono all’aumento dei disordini interni.

Entra quindi in scena Kornilov (rappresentante di destra) che attua a settembre un colpo di stato
reclamando i poteri a Kerenskij marciando su Pietrogrado. Fu fermato dalle “guardie rosse” dei bolscevichi,
i quali iniziarono a sostenere la lotta contro Kornilov guadagnandosi l’appoggio popolare.
Kerenskij commise il grave errore di allearsi con Lenin per far fronte alla minaccia di Kornilov.

Lenin si rese quindi conto che era giunto il momento di rovesciare il governo e rientrò clandestinamente a
Pietrogrado. Fece accettare la sua linea a tutto il partito e nella notte tra il 6 e il 7 novembre (secondo il
calendario russo 24-25 ottobre) 1917 la “guardia rossa” occupò Pietrogrado e l’8 novembre diede l’assalto
al palazzo d’inverno.

Il colpo di stato che passerà alla storia come RIVOLUZIONE D’OTTOBRE mirò:
- All’allontanamento di tutti gli elementi borghesi dal potere e alla formazione di un governo rivoluzionario
di operai e soldati.
- Alla cessazione della guerra mediante pace democratica.
- Alla concessione della libertà di propaganda politica nell’esercito.
- Alla soppressione dei privilegi dei proprietari terrieri.

LENIN ALLA GUIDA DELLO STATO SOVIETICO

Lenin era consapevole che per conseguire il governo del popolo, nonché suo fine ultimo, era necessario
passare attraverso un periodo di dittatura al fine di sistemare le dinamiche coinvolte e favorire il processo.

Appena conquistato il potere, Lenin si pose a capo del governo insieme al suo partito bolscevico. I membri
del governo non furono più chiamati ministri bensì commissari del popolo e dunque il governo fu chiamato
Consiglio dei commissari del popolo. Lenin ne era il presidente, mentre emersero altre due figure: il
commissario degli esteri Lev Trotskij ed il commissario della nazionalità (con il compito di curare i rapporti
tra le diverse parti dell’ex impero zarista) Josif Stalin.

Obiettivi del consiglio:


- Riorganizzazione politica, economica e amministrativa
- Stato basato sui soviet
- Distribuzione della terra, pace e soviet ampiamente autonomo
- Stato autonomo e ristrutturato in senso federale

La situazione però era ancora aperta. Nell’ottobre 1917 vi furono le elezioni per l’Assemblea costituente
nella quale vinsero ampiamente i socialisti rivoluzionari. A quel punto Lenin, non essendosi aspettato tale
risultato, prende il potere con la forza ponendo il potere dei soviet come un’entità superiore a quella
dell’Assemblea e accusando quest’ultima di essere un’espressione del parlamento borghese. Perciò,
riunitasi il 18 gennaio 1918 per la prima volta, l’Assemblea venne sciolta il giorno dopo e il bolscevismo
divenne il simbolo di affossamento della democrazia.

Rimasero altri problemi a cui far fronte al fine della rivoluzione:


- La disgregazione dell’impero (Ucraina socialista e indipendentista)
- La guerra ancora in corso

Esaminata la questione, Lenin decise che il protrarsi della guerra poteva dare troppo fiato alle forze avverse
alla rivoluzione e decise quindi l’immediato ritiro dello stato russo dal conflitto intavolando trattative con
l’Austria e la Germania, arrivando così alla pace di Brest-Litovsk (la Russia accettò condizioni durissime tra
cui rinunciare a Polonia, Lituania, parte della Bielorussia, provincie balcaniche e il riconoscimento
dell’indipendenza di Finlandia e Ucraina). Queste rinunce furono viste da Lenin come indispensabili nel
proteggere il governo e continuare il suo progetto.
LA RUSSIA FRA GUERRA CIVILE E COMUNISMO DI GUERRA

Sin dal 1917 si videro emergere i presupposti per una grande guerra civile che si sarebbe poi protratta fino
al 1921. I protagonisti furono i rossi (appartenenti al neonato regime) e i bianchi (rappresentanti degli
oppositori degli ideali di Lenin).
L’Armata bianca trovò l’appoggio dei cosacchi, abili guerrieri che in precedenza avevano dichiarato fedeltà
al governo di Kerenskij, e di alcuni contadini.

La situazione divenne caotica poiché i tentativi dei bianchi vennero repressi quanto quelli dei rossi anche da
anarchici e socialisti rivoluzionari. Anche la potenza dell’Intesa, intimorita dalla possibile propagazione degli
ideali rivoluzionari, si schierò con l’Armata bianca per contrastare i rossi.

Lenin, aspirando a diffondere la rivoluzione comunista in tutto il mondo, creò la Terza internazionale o
Komintern avente il compito di coordinare i partiti comunisti che in tutto il mondo stavano nascendo dalla
scissione con i socialdemocratici.

Prima di aspirare alla diffusione globale però, Lenin dovette organizzare l’Armata rossa in modo da
fronteggiare il nemico. Essa era diretta da Trotskij, ma i scarsi risultati ottenuti inizialmente convinsero i
bolscevichi a reintrodurre la leva obbligatoria nel maggio 1918. Per paura della liberazione dell’ex sovrano
russo da parte dell’Armata bianca, i bolscevichi uccisero l’intera famiglia reale il 17 luglio 1918. Tra il 1919 e
il 1920 i rossi prevalsero definitivamente sui bianchi.

COMUNISMO DI GUERRA
Durante la guerra civile Lenin adottò dei provvedimenti volti unicamente alla buona riuscita della
rivoluzione, incentrando la produzione e l’intera economia unicamente alla produzione di armi e materiale
bellico. Prese il controllo delle derrate alimentari requisendo ogni bene in eccesso al semplice bisogno
familiare, ridistribuendole dopo averle ammassate. Ogni compravendita privata fu vietata.
Furono aboliti alcuni diritti cardine della rivoluzione: libertà d’opinione, sciopero e lavoro forzato nelle
fabbriche.
Venne incaricata di mantenere l’ordine pubblico la Ceka, non dissimile dalla precedente polizia imperiale.

Le conseguenze furono:
- Costanti rifornimenti all’Armata rossa che riuscì quindi di vincere la guerra.
- Crollo della produzione agricola e industriale a causa del dissenso della popolazione lavoratrice (forte
resistenza).
- Kulaki ostili alla collettivizzazione del loro lavoro.
- Terrore poliziesco e repressioni impartite da Lenin per sedare le rivolte.

La rivolta di Kronstad fece finalmente abbandonare il comunismo di guerra a Lenin nel 1921.

NUOVA POLITICA ECONOMICA


La nuova politica attuata da Lenin a partire dal 1921 venne chiamata NEP (nuova politica economica) e fu
considerata una tappa di transizione fra capitalismo e socialismo.
Uno dei provvedimenti più importanti fu la fine delle requisizioni forzate delle derrate alimentari, giovando
così all'agricoltura e all'economia agricola, riabilitando la prospettiva del libero guadagno.
I kulaki trassero i maggiori vantaggi da questa nuova situazione economica, il cui tenore di vita aumentò
significativamente. In generale questo portò giovamento a tutto il paese, riportandolo ai livelli precedenti
alla rivoluzionari.
I provvedimenti della NEP riguardarono anche la grande industria, considerata il fulcro dello sviluppo dello
stato sovietico e della diffusione del comunismo secondo i bolscevichi. Pur se controllate quindi, le industrie
poterono godere di una moderata libertà, mentre le retribuzione venivano sottratte per commisurarle alle
reali esigenze del mercato.
In campo religioso non vi fu nessuna apertura, al contrario vennero confiscati tutti i beni ecclesiastici e
imposte pene per coloro che non rispettassero le leggi imposte.

D'altro canto però, il regime si impegnò nell'alfabetizzazione delle masse e nella diffusione di arte e
letteratura secondo un programma di stampo marxista.

LA NASCITA DELL'URSS
Lenin si occupò inoltre della riorganizzazione politica e territoriale russa. Nel corso del primo congresso
dell'Unione dei soviet (30 dicembre 1922) si decise la creazione una federazione di repubbliche, che prese il
nome di Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Nella federazione, le varie repubbliche
entrarono su base egualitaria, ma i successivi sviluppi videro la Russia (territorio più esteso) dominare. I
bolscevichi lasciarono Pietrogrado e proclamarono capitale Mosca.
La prima costituzione dello stato appena creato venne scritta il 31 gennaio 1924 ed era retto da un Consiglio
o Soviet supremo dell'Unione, detentore del potere legislativo, e da un Consiglio dei commissari del popolo
con potere esecutivo. Il potere giudiziario venne affidato a una Corte suprema dei soviet e ai tribunali da
essa dipendenti.

LENIN VS STALIN
Tra il 1922-1923, si manifestò un conflitto tra Lenin e Stalin sugli sviluppi futuri del paese. Lenin, essendo
gravemente malato, morì poco dopo nel 1924. La sua successione scatenò un conflitto interno.

LOTTA PER LA SUCCESSIONE


La direzione dello stato passò nelle mani di una sorta di triumvirato composto da Stalin, Zinovev, e Kamenev,
gli ultimi due insidiati da Trotski. Il dissidio nacque a causa della diversa visione del ruolo della rivoluzione.

Stalin formulò la teoria del “socialismo in un solo paese”. Solo consolidando lo stato Russo sarebbe poi stato
possibile diffondere correttamente la rivoluzione in tutta Europa.

Trotski invece sosteneva l'idea di una rivoluzione permanente che la Russia avrebbe dovuto suscitare fin da
subito in tutta Europa. (sinistra)

AFFERMAZIONE DI STALIN
Grazie all'appoggio della destra guidata da Nikolaj Bucharin, riuscì a far espellere Zimenov e Kamenev nel
1927 e a far liquidare la sinistra costringendo Trotski all'esilio nel 1929. La stessa sorte toccò anche a
Bucharin. L'eliminazione di tutti i suoi potenziali avversari Stalin riuscì a dare inizio al suo progetto.

POLITICA DI STALIN
Stalin, nonostante i miglioramenti apportati dalla NEP, riteneva indispensabile una rapida industrializzazione
del paese. Sulla base di questo presupposto interruppe bruscamente la NEP e impose nuovamente la
collettivizzazione delle terre, con lo scopo di attingere alle risorse necessarie al processo di
industrializzazione. I kulaki vennero forzati a lavorare all’interno di aziende agricole e privati dei loro
possedimenti terrieri con la forza. Furono deportati, arrestati ed eliminati tutti coloro si opponessero alle
imposizioni statali cancellando così la classe sociale. Una grande carestia spianò la strada a Stalin nel sedare
eventuali rivolte contadine, causando molte vittime.

PIANI QUINQUENNALI
Si tratta della pianificazione dell’economia statale verso specifici obiettivi (industrializzazione). Essa cancellò
ogni traccia di libertà economica.

Il progetto affermava la priorità dei beni strumentali su quelli di consumo favorendo le industrie pesanti,
siderurgiche ed elettriche. Sorsero quindi numerose città e la Russia visse un periodo di grande crescita
industriale.
Lo sfruttamento e il sacrificio umano furono essenziali nella trasformazione industriale russa. Tale
condizione venne incentivata dallo stakanovismo, ovvero un movimento che poneva come modello di
riferimento un lavoratore modello da imitare, instancabile ed efficiente (Stakanov).

TERRORE STALINIANO E GULAG


L’arma favorita da Stalin fu il terrore e la repressione in quanto era consapevole che non potesse avere il
consenso della popolazione nelle decisioni da lui adottate. Per questo motivo tornò ai duri provvedimenti
attuati durante il comunismo di guerra, creando un sistema dittatoriale fondato su un potere personale e
tirannico.
Questo sistema fu applicato inizialmente per strumentalizzare la forza lavoro e ridurre le possibili rivolte
contadine, successivamente si estese ai membri del partito stesso attraverso eliminazioni fisiche per
chiunque intralciasse il cammino di Stalin.
Tra le sue vittime vi fu anche Trotski che, esiliato in Messico, venne trovato e ucciso da sicari inviati da Stalin
nel 1940.

Le ingiustizie subite dalla popolazione nazionale furono terribili e clamorose. Qualsiasi persona incolpata di
tradimento o comportamento anticomunista veniva sottoposto a processo farsa o giustiziato pur essendo
innocenti. Questo periodo viene indicato come quello delle “grandi purghe” poiché la quasi totalità della
vecchia guardia bolscevica fu eliminata: Kamenev, Zinovev e Bucharin (ex ministri del Komintern).
Stalin quindi iniziò un processo di sostituzione di tutti coloro facenti parte dell’apparato statale con persone
di comprovata fede stalinista.

Un simile risultato fu raggiunto anche grazie all’utilizzo di campi di lavoro coatto chiamati gulag, ideati
inizialmente per rieducare e detenere criminale di ogni tipo, furono poi utilizzati per eliminare dalla scena
politica eventuali avversari.
La storia dei gulag risale all’età imperiale, nella quale furono creati come versione semplificata dei campi
costruiti nell’età staliniana e precedentemente anche utilizzati da Lenin.
Il lato più agghiacciante di questa situazione era la pianificazione del numero di detenuti all’interno del
gulag che avveniva ad inizio anno, trasformando questo sistema in una delle basi dell’industrializzazione
russa. Il lavoro forzato garantiva un’accelerazione dei tempi di miglioramento industriale del paese (taglio e
trasporto di legname, lavoro in miniera, costruzione stradale e ferroviaria).

LA SOCIETA’ SOVIETICA
Lo stato totalitario creatosi aveva come mezzi di controllo sociale la propaganda, il monopolio
sull’informazione e la repressione. Questo fece in modo di garantire un totale controllo sulle masse ormai
senza diritti, forzate tramite menzogne e violenza a lavorare duramente per il raggiungimento di uno stato
migliore.
Attraverso un uso massiccio dei mezzi di comunicazione, Stalin fu in grado, in pochissimo tempo, di divenire
oggetto di un vero e proprio culto della personalità. Questo fu fondamentale nel consolidamento dello
stato sovietico: veniva visto come il degno successore di Lenin e prosecutore della rivoluzione, colui che
stava trasformando un paese agricolo arretrato in una delle potenze mondiali.

L’URSS AGLI OCCHI DEL MONDO


Il prestigio di Stalin presto si estese anche nei paesi occidentali, i quali video come uno stato così arretrato
riuscì a rimettersi in sesto in così poco tempo, mentre le potenze occidentali stavano ancora in affanno a
seguito della crisi del 1929. Inoltre, dopo la nascita del nazionalsocialismo in Germania, i governi
democratici occidentali temevano una possibile ripresa dell’espansionismo tedesco e ritennero opportuno
allearsi con la Russia per far fronte al nemico comune. La Russia venne quindi annessa alla Società delle
Nazioni e riconosciuta ufficialmente dagli Stati Uniti.
Ciò ebbe ripercussioni all’interno di ciascun paese. Già in precedenza si era visto come i partiti comunisti
riuscirono a svilupparsi all’interno di molti paesi europei, rifiutando però la collaborazione con gli altri
partiti. Questa situazione mutò radicalmente facendo spazio a larghe alleanze di sinistra che presero il
nome di fronti popolari, nati in chiave antifascista e capaci di assumere il potere in Francia e Spagna, seppur
brevemente.

Potrebbero piacerti anche