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monarchia autocratica appoggiata alla chiesa ortodossa e alla nobiltà. La gran parte
della popolazione era composta da contadini poveri che praticavano un tipo di
agricoltura intensiva senza l’utilizzo di tecnologie più all’avanguardia, anche se una
prima industrializzazione ci fu, che però si concentrò nella costruzioni di fabbriche
attorno a Pietroburgo e da ciò nacque anche una classe operaia che non godeva di
alcun diritto o tutela.
A rappresentare gli interessi del popolo sono presenti 2 partiti: un partito socialista
rivoluzionario, che conta sull'approvazione e l’appoggio dei contadini ed un partito
socialdemocratico che è invece rivolto direttamente agli operai.
Il capo dei bolscevichi è Nikolaj Lenin che sostiene che la rivoluzione nascerà a causa
di e verrà guidata da un gruppo di rivoluzionari di professione,per poi estendersi a
tutti i lavoratori, così da permettere la formazione del nuovo Stato comunista.
Nel 1905 scoppiò infatti una ribellione di operai e gente comune che rivendicava
qualche forma di partecipazione politica. La ribellione si estese ad altre aree del paese
e nelle fabbriche nacquero dei consigli dei lavoratori detti soviet che guidarono
l’opposizione al regime.
Data la situazione lo zar è costretto a concedere delle mini riforme, tra cui la più
importante fu l’elezione di un’assemblea di rappresentanti delle diverse classi sociali,
detta Duma, ma con risultati pressoché inefficaci data la continua imposizione dello
zar e dei ceti più agiati.
La partecipazione della Russia alla Grande Guerra si rivelò un disastro date le pesanti
sconfitte subite e la vita dei cittadini non fece altro che peggiorare. Finché nel
febbraio del 1917 inizia una vera e propria rivoluzione contro la guerra e lo zar a cui si
unirono persino le truppe mandate da Nicola II stesso, che fu costretto a lasciare la
carica.
Lenin, esiliato in Svizzera, rientrò in Russia e assunse la guida dei bolscevichi per poi
richiedere alcune richieste molto definite: il passaggio del potere ai soviet dei
lavoratori,l’uscita dalla guerra e la confisca dei latifondi per la redistribuzione delle
terre ai contadini. Con questi obiettivi nell’ottobre del 1917, Lenin e i suoi rovesciano
il governo provvisorio e impongono in Russia la dittatura del partito bolscevico, il
partito assume il nome di Partito comunista e da qui decide di ritirarsi dalla guerra e
di chiedere la pace alla Germania.
Le forze monarchiche, favorevoli al ritorno degli zar, non accettano la presa di potere
da parte del bolscevichi e decidono nel 1918 di dare inizio a una guerra civile con
l’appoggio degli Stati dell’Europa occidentale, intimoriti per via della diffusione del
pensiero comunista.
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La guerra civile continua fino al 1921, dove in una prima fase le forze antibolsceviche
(nominato fronte dei “bianchi”) sembravano prevalere fino a quando “L’Armata rossa”
guidata da Trotsky non si impone (ovvero i rivoluzionari). Lenin insieme ai suoi impone le
rigide leggi del “comunismo di guerra”, dove lo Stato ottiene il monopolio su tutti i beni
privati, a cominciare dalla produzione agraria.
Nel 1919 il Partito si pone alla guida dei partiti rivoluzionari di tutta Europa e fonda a Mosca
un’internazionale comunista, detta in russo Comintern, alla quale possono accedere solo i
partiti comunisti decisi a distruggere ogni tipo di regime borghese e moderato. Tra questi è
presente anche il Partito Comunista Italiano fondato da Antonio Gramsci nel 1921.
Dopo la fine della guerra civile, lo stato comunista rivela i suoi limiti ed il paese è allo
sbando, c’è bisogno di una riforma economica. Quindi Lenin concede alcune aperture
all’economia privata e di mercato (i contadini ad esempio possono vendere autonomamente
parte del raccolto), questa politica è detta Nep ovvero “Nuova Politica Economica” ed aiutò
la Russia a rimettersi in piedi anche grazie alla formazione di una classe di contadini
possidenti.
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Nel 1922, per scelta degli stessi comunisti, l’impero russo diventa l’Unione delle Repubbliche
Socialiste Sovietiche (URSS), una federazione di repubbliche autonome ma guidate dallo
stesso partito comunista del posto, sottoposto a sua volta dal rigidissimo Partito comunista
russo. Finché nel 1924 Lenin non muore creando una breccia interna nel partito.
Il programma di Stalin è diviso in piani quinquennali, per far sì che l’industria pesante
aumenti e ciò accade ma la riduzione dell’industria leggera penalizza la popolazione la quale
non ha i beni più elementari. Con Stalin la disoccupazione scompare, l’analfabetismo si
riduce e il sistema sanitario è gratuito per tutti ma ad un prezzo. Stalin era noto per
l’eliminazione di collaboratori, funzionari e alti ufficiali dell’esercito che egli considerava
nemici e questo fenomeno è detto “purga”.
Tra il 1936-39 le purghe diventano un mero strumento di terrore, dove grazie al KGB cittadini
scelti a caso vengono fatti fuori. Stalin trasformò lo stato Socialista in uno stato totalitario,
esercitando il dominio assoluto in politica, economia, cultura ed eliminando ogni forma di
autonomia individuale.