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LA RUSSIA DALLA
RIVOLUZIONE
ALLA DITTATURA
4.1 LA RIVOLUZIONE DI FEBBRAIO
La Russia durante la Prima guerra mondiale
Nonostante la crescita economica, in Russia i contadini continuavano a vivere in
condizioni di estrema povertà. Nel 1905 si erano verificate delle sommosse che
avevano costretto lo zar Nicola II ad istituire un Parlamento chiamato Duma, che però
era semplicemente consultivo. Nel 1914 la Russia entrò in guerra a fianco della Triplice
Intesa, ma dopo tre anni aveva avuto enormi perdite di uomini e mezzi. Nel 1915 ci
furono diversi scioperi e proteste a causa della mancanza di beni di prima necessità e
del grande aumento dei prezzi, essi furono repressi dal governo con le armi.

La rivoluzione di febbraio
L’8 marzo (23 febbraio del calendario ortodosso) scoppia a Pietrogrado una protesta
popolare spontanea. Questa volta le truppe che dovevano reprimere la protesta si
allearono con gli insorti: inizia così la “rivoluzione di febbraio” che dilaga per tutto il
paese diventando una sommossa generale contro lo zar. Il 12 marzo si forma un
governo provvisorio sotto la presidenza di Georgij L’vov, liberale rappresentante di
proprietari terrieri e industriali. L’unico ministro di sinistra era Aleksandr Kerenkij.
L’opinione pubblica e il governo fecero pressioni tali da costringere lo zar ad abdicare
(15 marzo) in favore nel fratello Michele, che però rifiutò vista l’evidente impossibilità
di governare. La famiglia dell’ex zar venne trasferita nella residenza di Tsarskoe Selo e
sottoposta a rigorosa sorveglianza.

Dualismo di potere tra governo e soviet


Al fianco del governo liberale si ricostituirono i soviet (assemblee di rappresentanti di
operai, soldati e contadini). Presto si verificò un dualismo tra il governo e i soviet, in
particolare a Pietrogrado i soviet divennero un’alternativa politica al governo centrale.
Nello stesso periodo si estendeva nel paese il disfattismo, teso a far uscire la Russia
dalla guerra a qualsiasi condizione e a difendere i sempre più numerosi disertori.

Il ritorno di Lenin e le “Tesi di aprile”


Il capo bolscevico Lenin, esule in Svizzera dal 1900, rientra in Russia nell’aprile 1917,
grazie anche alle autorità tedesche che speravano in uno scardinamento del fronte
russo grazie al suo attivismo. Arrivato a Pietrogrado enuncia le “Tesi di aprile”,
innovazione della tradizione marxista, sostenendo la possibilità di un’immediata
rivoluzione proletaria e comunista. Per fare questo bisognava rompere l’intesa con il
governo di L’vov così che esso cadesse in quanto reazionario e politicamente incapace
e il potere passasse tutto ai soviet. Le Tesi di Lenin prevedevano anche “la terra ai
contadini e le fabbriche agli operai” e di stipulare una pace immediata. I menscevichi e
i socialisti rivoluzionari erano contrari ma Lenin riscosse grande successo tra l’opinione
pubblica.
4.2 DALLA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE AL COMUNISMO DI GUERRA
Il governo Kerenskij
Nel governo L’vov, il ministro Kerenskij diventa la figura di riferimento. Ma gli
insuccessi al fronte portarono una nuova ondata di disordini nel paese finché a luglio
la guarnigione di Pietrogrado insorse e al suo fianco si schierarono i bolscevichi.
L’insurrezione venne violentemente repressa e Lenin venne di nuovo mandato in esilio.
L’vov si dimise e la presidenza passò a Kerenskij che si impegnò a proseguire la guerra.
Si stabilì la data dell’elezione per l’assemblea costituente: il 28 novembre.

Un’estate di fermento
Nell’estate ci furono moltissime agitazioni in Russia: si moltiplicarono le associazioni
sindacali, contadine e professionali dato che ora potevano agire alla luce del sole per
via della libertà di stampa e associazione. Nelle città nacquero centinaia di soviet
operai e alcuni arrivarono persino a proporre l’autogestione delle fabbriche.

Il tentativo di Kornilov
In questa difficile situazione la speranza dei conservatori era trovare un “uomo forte”
che riportasse la disciplina. Tentò questa impresa il generale Lavr Kornilov che a
settembre chiese più ampi poteri a Kerenskij e poi marciò su Pietrogrado per mettere in
riga i soviet e i soldati della guarnigione. Ma i bolscevichi organizzarono una resistenza
e sventarono il colpo di stato, conquistando il favore dei soviet.

La rivoluzione bloscevica d’ottobre


Lenin riteneva fosse il momento per rovesciare il governo dato che era debole e aveva
la simpatia di soviet e opinione pubblica. La notte tra il 6 e il 7 novembre (24-25
ottobre del calendario russo) un corpo armato di bolscevichi chiamato la “guardia
rossa” occupò Pietrogrado e l’8 novembre diede l’assalto al Palazzo d’Inverno: passò
alla storia come la “rivoluzione d’ottobre” e puntava alla formazione di un governo
rivoluzionario di operai e soldati e alla cessazione della guerra, la cessione di libertà di
propaganda politica e la soppressione dei privilegi dei proprietari terrieri.

Il Consiglio dei commissari del popolo


Visto che aveva conseguito il successo senza spargimento di sangue Lenin potè
facilmente mettersi a capo dello stato russo insieme ai suoi bolscevichi. Il nuovo
governo si chiamò “Consiglio dei commissari del popolo” e i ministri “commissari del
popolo”. Lenin era il presidente, Lev Trockij (o Trotski) era il commissario degli esteri e
Josif Stalin era il commissario delle nazionalità (doveva curare i rapporti tra le diverse
parti dell’ex impero zarista). Era il nuovo Stato sovietico, cioè basato sui soviet, e
cercarono di riorganizzarlo in maniera federale.
Lo scioglimento dell’Assemblea costituente
Le elezioni della Duma si svolsero il 28 novembre come previsto e a suffragio
universale. I bolscevichi ottennero solo il 25% e i socialisti rivoluzionari la maggioranza
assoluta con il 58%. Lenin si affrettò a proclamare che i soviet avevano più potere
dell’Assemblea costituente. L’Assemblea di riunì il 18 gennaio 1918 e poi venne sciolta
d’autorità il 19 gennaio. Il “bolscevismo” venne quindi chiamato dagli avversari
“l’affossatore dispotico della democrazia”.

La pace di Brest-Litovsk
A dicembre, subito dopo l’armistizio con gli imperi centrali, vennero avviate le
trattative di pace e si conclusero il 3 marzo 1918 a Brest-Litovsk con un trattato che
imponeva alla Russia condizioni durissime: la rinuncia a Polonia, Lituania, le province
baltiche, una parte della Bielorussia, il riconoscimento dell’indipendenza di Finlandia e
Ucraina. Tutto questo portò perdite di prodizione agricola, metallurgica e carbonifera. I
menscevichi non condivisero questa pace senza annessioni e abbandonarono il
governo: si apre l’epoca del monopartitismo bolscevico.

La guerra civile (1918-1921)


Verso la fine del 1917 nacque in Russia l’Armata bianca: un esercito anticomunista
vestito di bianco che aveva l’appoggio dei cosacchi (popolazioni nomadi di stirpe
tartara) e di alcuni contadini. Essi tentarono di contrastare le truppe rosse in una
guerra civile che si protrasse fino al 1921. Le potenze dell’Intesa invasero la Russia in
appoggio alle truppe bianche per paura che le idee socialiste dei bolscevichi si
diffondessero anche nei loro territori sconvolti dalla guerra. Inizialmente l’Armata
bianca sembrava vincere e arrivò fino agli Urali dove erano imprigionati i Romanov
(Nicola II e la sua famiglia). I bolscevichi eliminarono i Romanov nella notte del 17 luglio
per paura che i bianchi potessero liberarli e dare grande speranza ai loro sostenitori. Il
23 luglio venne ufficialmente proclamata la Repubblica Socialista Federativa Sovietica
Russa e il Partito comunista russo veniva imposto come partito unico. Intanto, per
fronteggiare i bianchi, venne reintrodotta la leva obbligatoria e istituita l’Armata rossa
con a capo Trockij. L’Armata rossa riuscì a prevalere tra il 1919 e 1920, ma il paese non
fu veramente in pace per via delle repressioni, fame e carestia causate dalla guerra.

La Terza internazionale (marzo 1919)


Lenin era convito che, vista la crisi post-guerra che c’era nei paesi europei, fosse il
giusto momento storico per ampliare a rivoluzione comunista a livello europeo e poi
mondiale. Istituisce quindi la Terza internazionale (“internazionale comunista” o
Komintern): un organo che doveva coordinare i partiti comunisti che stavano nascendo
in tutto il mondo al fine di diffondere su scala mondiale la rivoluzione proletaria.
Il comunismo di guerra e le sue conseguenze (1918-1921)
I provvedimenti che prese Lenin durante la guerra civile sono noti come “comunismo di
guerra”:
- Per far fronte alla carestia pose sotto il diretto controllo dello Stato la
produzione agricola e industriale: le derrate alimentari in eccesso venivano
prese dallo stato e ridistribuite, venne introdotto il razionamento e le tessere per
la distribuzione dei beni di prima necessità;
- Furono soppresse (in teoria solo temporaneamente) la libertà d’opinione e il
diritto di sciopero;
- Venne introdotto il lavoro forzato e nelle fabbriche fu istituita una spietata
polizia: la Čeka.
Il controllo della produzione contribuì a far vincere la guerra all’Armata rossa poiché
arrivavano loro rifornimenti costanti.
D’altra parte questi duri provvedimenti suscitarono una forte resistenza da parte dei
contadini, in particolare i kulaki. Lenin represse le ribellioni con il terrore poliziesco, da
lui poi usato come metodo di governo.
Nei primi mesi del 1921 ci furono due grandi rivolte: la rivolta contadina di Tambov
(Russia centrale) e quella dei marinai della base navale di Kronstadt. Questi episodi
convinsero Lenin, secondo gli storici, ad abbandonare il comunismo di guerra.

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