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LENIN: LA TATTICA E LA STRATEGIA RIVOLUZIONARIA

LA POLITICA DI LENIN
Principi e tattica, per la rivoluzione
di Marco Ferrando

Autonomia di classe e battaglia per legemonia, intransigenza dei principi e duttilit della tattica: sono questi gli elementi essenziali della politica di Lenin sia sul versante russo, sia sul versante internazionale. Con una precisa avvertenza: nessuno di quegli elementi in qualche modo isolabile, ed anzi ognuno di essi trova il suo stesso significato proprio nella relazione dialettica con linsieme degli altri fattori. E questa relazione a sua volta governata dal fine: il rovesciamento della borghesia, la conquista proletaria del potere. Tenere presente questo insieme, razionalizzarlo, assimilarlo condizione decisiva per comprendere il leninismo nella sua profondit e attualit. Rimuoverlo o disperderlo significa fare, fosse pure involontariamente, la caricatura del leninismo; e prestarsi a quelle innumerevoli e interessate deformazioni di cui stato oggetto da parte della socialdemocrazia, dello stalinismo, del centrismo.

Luxemburg e Lenin nella battaglia internazionale antirevisionista Lautonomia di classe del movimento operaio dalla borghesia la base stessa del marxismo. Tutta la politica di Lenin parte dalla riaffermazione di questo principio basilare. E non in termini astratti, ma nel vivo della battaglia politica allinterno del movimento operaio internazionale e della socialdemocrazia russa. Lungo il corso della sua evoluzione storica, gi nel primissimo Novecento la II Internazionale aveva visto riaffacciarsi al proprio interno tendenze apertamente revisioniste: che mettendo in discussione la prospettiva stessa della rivoluzione socialista, attaccavano il principio dellindipendenza politica di classe e legittimavano scelte di collaborazione con governi borghesi. Se la via realistica al socialismo passava ormai attraverso la progressiva modifica degli equilibri parlamentari e istituzionali, perch mai continuare ad opporre unobiezione di principio allingresso di propri ministri nei governi borghesi progressisti? Se i socialisti fossero determinanti per una pi avanzata maggioranza politica di governo un loro disimpegno e isolamento propagandistico non favorirebbe forse le forze reazionarie a tutto danno del movimento operaio? Eduard Bernstein aveva dato corposit teorica a queste sollecitazioni, ben presenti nel settore parlamentare della socialdemocrazia tedesca e nelle sue rappresentanze istituzionali regionali (lander). E il caso Millerand in Francia nel 1900, con laperto ingresso di un parlamentare socialista in un governo borghese, testimoniava che la questione era tuttaltro che una questione teorica. Queste posizioni furono inizialmente combattute dalla maggioranza delle forze dellInternazionale. Ma in termini e da angolazioni significativamente differenti. Kautsky e il suo centro svilupparono un contrasto debole, segnato dalla preoccupazione dominante di una possibile scissione della destra parlamentare della socialdemocrazia: un contrasto che finiva col ridurre la questione, fondamentalmente, alla necessaria riaffermazione dellautorit del partito nei confronti dei suoi gruppi parlamentari ma che sminuiva il carattere politico e di principio del problema. Era lesordio storico del centrismo, e il presagio della sua deriva futura.

Fu invece la sinistra rivoluzionaria dellInternazionale a partire da Rosa Luxemburg a sviluppare contro il revisionismo una battaglia politica di fondo e di principio. Riforma sociale o rivoluzione, scritto dalla grande Rosa nel 1898 in diretta risposta a Bernstein, sotto questo profilo un testo magistrale che demolisce lintero impianto teorico del revisionismo e ne sviscera impietosamente le implicazioni politiche e pratiche: innanzi tutto labbandono dellindipendenza politica di classe a favore del ministerialismo. E non si trattava solamente di una risposta teorica. Luxemburg denunci con vigore tutti i sintomi della cancrena che si avvicinava: dalle combinazioni governative tra socialdemocrazia tedesca e centro borghese cattolico in alcuni lander regionali sino al voto a favore da parte di settori parlamentari socialdemocratici a stanziamenti governativi per la spesa militare. Ed estese la battaglia al terreno internazionale: contrastando con due bellissimi articoli il cosiddetto esperimento belga, che nel 1902-03 aveva visto il sacrificio delle potenzialit di lotta indipendente del movimento operaio ad un inammissibile blocco politico, fosse pure transitorio, tra la socialdemocrazia belga e il liberalismo borghese in nome di una riforma (oltretutto contraddittoria) del sistema elettorale. Fu proprio questa vigorosa battaglia contro le prime manifestazioni della deriva emergente, a rivelare agli occhi di Rosa la timidezza opportunistica del centro di Kautsky, il suo rifiuto di una battaglia vera, e quindi ad affrettare la sua rottura col kautskismo nel 1908 (con lo scritto Teoria e prassi). La tendenza bolscevica della socialdemocrazia russa fu parte della battaglia della sinistra rivoluzionaria della II Internazionale. E vero: Lenin comprender pi tardi di Rosa la natura politica del centrismo kautskiano (e quando la comprender la sua contrapposizione al centrismo kautskiano sar semplicemente spietata). Ma la sua opposizione al revisionismo fu dallinizio caratterizzata da unargomentazione di principio intransigente che andava ben al di l dellobiezione kautskiana. Valga per tutti larticolo del 1908 dedicato interamente alla denuncia del fenomeno revisionista e alla difesa dellindipendenza politica del proletariato internazionale: Lesperienza delle alleanze, degli accordi e dei blocchi col liberalismo socialriformista in Occidente e col riformismo liberale (cadetti) nella rivoluzione russa ha dimostrato in modo convincente che questi accordi non fanno che annebbiare la coscienza delle masse, non accentuano ma attenuano limportanza effettiva della loro lotta, legando i combattenti agli elementi pi inetti alla lotta, pi instabili e inclini al tradimento. Il millerandismo francese, che lesperienza pi notevole di applicazione della tattica politica revisionista su grande scala, su scala veramente nazionale, ha dato del revisionismo un giudizio pratico che il proletariato di tutto il mondo non dimenticher mai Il fine nulla, il movimento tutto, queste parole alate di Bernstein esprimono meglio di lunghe dissertazioni lessenza del revisionismo. Determinare la propria condotta caso per caso; adattarsi agli avvenimenti del giorno, alle svolte provocate da piccoli fatti politici; dimenticare gli interessi vitali del proletariato e i tratti fondamentali di tutto il regime capitalista, di tutta levoluzione del capitalismo; sacrificare questi interessi vitali a un vantaggio reale o supposto del momento, tale la politica revisionista. (Lenin, Marxismo e revisionismo, in Opere scelte, vol. II, p. 10). E non fu un testo isolato. Basti pensare a quanto Lenin scriveva, ad esempio, gi nel 1899: Che cosa hanno introdotto di nuovo in questa teoria i chiassosi innovatori che hanno al presente sollevato tanto rumore, raggruppandosi attorno al socialista tedesco Bernstein? Assolutamente nulla: non hanno fatto fare un solo passo avanti alla scienza che Marx ed Engels ci hanno raccomandato di sviluppare; non hanno insegnato al proletariato nessun nuovo metodo di lotta; non hanno che ritirarsi, prendendo a prestito frammenti di teorie arretrate e predicando al proletariato non la teoria della lotta, ma la teoria dellarrendevolezza; dellarrendevolezza nei confronti dei peggiori nemici del proletariato, dei governi e dei partiti borghesi... (Lenin, Il nostro programma). Detto di passata, la riscoperta di questi articoli di Lenin gi di per s sufficiente a smentire radicalmente la tesi tanto diffusa di una natura esclusivamente russa del bolscevismo, di una sua estraniazione dalla storia del movimento operaio europeo. La verit opposta: nonostante lindubbia specificit delle condizioni russe, nonostante le specificit delle condizioni di vita della socialdemocrazia russa del primo Novecento, condannata ripetutamente alla clandestinit, Lenin e il bolscevismo trovarono naturale partecipare attivamente alla vita dellInternazionale e, in essa, alla battaglia per il marxismo rivoluzionario e per lindipendenza politica di classe. Socialdemocrazia e stalinismo, per ragioni diverse hanno cancellato questo Lenin internazionalista del primo Novecento. E bene che i marxisti rivoluzionari lo riportino oggi alla luce.

Il bolscevismo contro lalleanza con la borghesia liberale Ma soprattutto nella vicenda russa che la battaglia leninista per lautonomia del movimento operaio si dispieg in tutta la sua ricchezza come asse centrale del bolscevismo. Tanta parte della vulgata staliniana ha teso a ricostruire la storia del bolscevismo russo, come storia di una ricerca di blocco con la borghesia liberale in nome della necessit della rivoluzione democratica: una ricerca che poi sarebbe naufragata per il disimpegno della borghesia russa. Non era questo il senso essi dicono della vecchia parola dordine bolscevica della dittatura democratica degli operai e dei contadini? Nulla pi lontano dalla verit. La formula della dittatura democratica degli operai e dei contadini, varata da Lenin alla vigilia della rivoluzione del 1905, rivelava vero un problema irrisolto (e non secondario) circa la dinamica della rivoluzione russa e, in essa, circa il rapporto tra misure democratiche e misure socialiste, quindi tra proletariato e masse contadine. Era, per cos dire, una formula algebrica, non priva di rischi, che solo lo sviluppo della rivoluzione del 17 e la battaglia di Lenin avrebbero tradotto come vedremo in termini conseguentemente rivoluzionari. Ma equivocare tra tale questione e il rapporto del bolscevismo con la borghesia liberale una colossale mistificazione. Al di l delle sue contraddizioni irrisolte la formula della dittatura democratica degli operai e dei contadini non solo escludeva nel modo pi netto ogni blocco politico con la borghesia liberale russa ma si basava esattamente sulla rivendicazione della rottura pi radicale con quella borghesia . In definitiva, tutta la concezione leninista della rivoluzione russa, e tutta la battaglia del bolscevismo contro il menscevismo dal 1903-05 sino allottobre del 17 ruotano attorno a questo nodo strategico cruciale: la lotta per lindipendenza del proletariato russo dal liberalismo borghese progressista. La concezione menscevica della rivoluzione russa, in incubazione dal 1902-03 ma sviluppatasi compiutamente alla vigilia del 1905, si basava su un assunto molto chiaro: la prossima rivoluzione russa sar una rivoluzione borghese in virt dellarretratezza della Russia feudale e zarista, quindi il compito della socialdemocrazia sar quello di rispettare questa naturale tappa storica, rispettando legemonia borghese sulla rivoluzione, ed anzi incoraggiandola attivamente: perch solo se la borghesia si decider a prendere la testa della sua rivoluzione, superando incertezze e tentennamenti, si potr avviare una vera modernizzazione capitalistica e occidentale della Russia, con il suo parlamento e le sue istituzioni liberali; e solo quando questo accadr potr iniziare la lotta della socialdemocrazia per il socialismo, che tappa storica successiva. Questa concezione generale che interpretava il materialismo storico in termini positivisti, secondo una visione sempre pi dilagante nella II Internazionale finiva con il teorizzare di fatto una politica di blocco con la borghesia nella rivoluzione democratica: quindi una sospensione della lotta contro la borghesia nel quadro di tale rivoluzione. Ebbene: il bolscevismo si svilupp contro questa concezione e questa politica. A partire da una concezione per molti aspetti opposta della rivoluzione russa e della sua prospettiva. Lenin riconosceva il carattere democratico dei compiti immediati della rivoluzione (riforma agraria e assemblea costituente). Ma non per questo riconosceva un ruolo egemone della borghesia nella rivoluzione. Al contrario. Lenin analizzava meticolosamente i mille intrecci tra zarismo e liberalismo russo, tra borghesia industriale e propriet fondiaria, tra borghesia russa e capitale internazionale. Perci stesso comprendeva che la borghesia russa non solo non si sarebbe posta alla testa di una rivoluzione democratica ma temeva la rivoluzione popolare pi di ogni altra cosa: il suo obbiettivo massimo era il superamento dellautocrazia zarista in direzione di una monarchia costituzionale, ma proprio per disinnescare la miccia di una possibile esplosione rivoluzionaria antizarista. Del resto: lo stesso liberalismo borghese nella rivoluzione francese del 1789 o nella rivoluzione inglese della met del Seicento, o nel risorgimento nazionale italiano, non si era forse sistematicamente contrapposto alla trascrescenza popolare della rivoluzione per non mettere a rischio il proprio ruolo sociale? Il giacobinismo francese, gli indipendenti di Cromwell, il mazzinianesimo italiano, le tendenze piccolo borghesi radicali delle rivoluzioni borghesi: non si erano forse scontrate, persino al di l delle loro intenzioni iniziali, con il carattere controrivoluzionario della borghesia liberale? E se ci era accaduto persino in epoche storiche non ancora segnate prevalentemente dalla

contraddizione di classe tra capitale e lavoro e dello sviluppo del movimento operaio, quale ruolo rivoluzionario avrebbe mai potuto esercitare la borghesia russa a fronte di una classe operaia in rapida espansione e in un contesto internazionale segnato dallascesa sociale e politica del movimento operaio? La conclusione di Lenin era inequivoca: La borghesia russa e sar controrivoluzionaria sullo stesso terreno democratico. Il suo modello di riferimento diceva Lenin sar la via prussiana: un compromesso politico con lo zarismo attorno a un progetto di modernizzazione autoritaria, controllata, dallalto, senza la partecipazione popolare e contro le rivendicazioni operaie e contadine. Per questo unautentica rivoluzione democratica capace di realizzare in modo conseguente una radicale riforma agraria e di conquistare lassemblea costituente potr essere realizzata solamente dagli operai e dai contadini russi contro la borghesia russa. La formula della dittatura democratica operaia e contadina rifletter precisamente questa prospettiva di rottura col liberalismo russo in aperta contrapposizione al menscevismo. Aggiungo che la stessa concezione leninista del partito in contrapposizione alla concezione menscevica quale fu codificata nel II congresso del Posdr aveva una precisa connessione con le diverse concezioni delle due tendenze circa la prospettiva della rivoluzione russa e il rapporto con la borghesia: il menscevismo ricavava dallinevitabile egemonia borghese sulla rivoluzione democratica una funzione sussidiaria della socialdemocrazia russa che doveva limitarsi a rappresentare le rivendicazioni economiche degli operai lasciando la politica alla borghesia. Da qui anche la famosa rivendicazione avanzata da Martov di un partito largo cui potesse appartenere ogni scioperante. Il bolscevismo ricavava dalla necessaria egemonia operaia e contadina sulla rivoluzione, in contrapposizione alla borghesia, la necessit di un partito davanguardia di militanti e di quadri radicato nella classe e tra le masse, capace di esercitare un ruolo rivoluzionario indipendente ed egemone. Infine la diversa concezione della rivoluzione russa in ordine al rapporto con la borghesia coinvolge lintero confronto tra bolscevismo e menscevismo attorno alla tattica elettorale. Il menscevismo rivendicava tradizionalmente (e praticava) le alleanza politico-elettorali con il liberalismo russo, ci che nei fatti significava ladattamento del menscevismo alla piattaforma liberale. Il bolscevismo si oppose ai blocchi elettorali con i liberali rivendicando lautonoma presenza della socialdemocrazia russa alle elezioni (e ammettendo invece la possibilit di accordi elettorali tecnici nelle cosiddette elezioni di secondo livello, riservate ai soli grandi elettori).

La politica leninista nella rivoluzione russa: lopposizione di principio ai governi borghesi Ma fu il 1917 la cartina di tornasole decisiva della politica del bolscevismo. A seguito della rivoluzione di febbraio, che aveva rovesciato lo zarismo sotto londa durto di una gigantesca sollevazione popolare, i dirigenti menscevichi e socialrivoluzionari largamente maggioritari nei soviet si predisposero a sostenere il governo borghese provvisorio, dominato dal partito borghese dei cadetti e dal partito degli ottobristi. E a partire dal maggio 17 entrarono direttamente in un governo di coalizione con la borghesia. Non era forse borghese la rivoluzione russa? Non erano forse democratiche le rivendicazioni centrali della rivoluzione di febbraio? Occorreva consolidare la tappa democratica della rivoluzione e lunit democratica con la borghesia, evitando di spaventarla con rivendicazioni socialiste storicamente immature. Questa era la politica del menscevismo. La posizione di Lenin fu esattamente opposta. In aperto contrasto con la stessa posizione contraddittoria e incerta di una parte del gruppo dirigente bolscevico, Lenin svilupp una battaglia decisiva per affermare controcorrente lopposizione di classe del proletariato russo nei confronti del nuovo governo borghese. E vero, affermava Lenin, le rivendicazioni di febbraio erano di carattere democratico. Ma il governo borghese scaturito da febbraio e sostenuto dal menscevismo si opponeva non a caso alla loro realizzazione: negava la terra ai contadini, rifiutava di convocare lassemblea costituente, continuava la guerra imperialista in totale contrapposizione alla rivendicazione della pace. Il problema non era premere sul governo borghese perch rispondesse alle richieste di massa. Il problema era di spiegare alle masse, sulla base della loro stessa esperienza, che nessun governo della borghesia e di coalizione con la borghesia poteva soddisfare le rivendicazioni democratiche elementari. E che solo rompendo con la borghesia e concentrando nelle proprie mani, cio nei soviet, tutto il potere era possibile realizzare le rivendicazioni di febbraio.

Questa soluzione, a sua volta, avrebbe intrecciato inevitabilmente il completamento della rivoluzione democratica con la rivoluzione socialista, e la rivoluzione socialista russa con lo sviluppo della rivoluzione socialista internazionale. Nelle Tesi di aprile, Lenin sviluppa cos sino in fondo quel principio di indipendenza dalla borghesia che gi la formula della dittatura democratica degli operai e dei contadini conteneva; ma lo sviluppa contro le ambiguit di quella formula e in opposizione a chi si aggrappava ad essa per difendere una politica di sostegno, seppure critico, verso il governo borghese provvisorio. La vittoria di Lenin nella battaglia interna al bolscevismo su questo punto cruciale fu determinante per la stessa sorte della rivoluzione russa. Questa politica di indipendenza di classe fu peraltro difesa e affermata da Lenin in un altro passaggio decisivo del processo rivoluzionario del 1917: il passaggio dellagosto. E un vero passaggio di scuola per la politica rivoluzionaria. Nellagosto 17 il governo borghese di Kerensky, che un mese prima aveva colpito e represso il partito bolscevico schiacciandolo nella clandestinit, fu apertamente attaccato e insidiato da destra, per opera di una controrivoluzione militare guidata da un generale zarista (Kornilov). Non si doveva dunque dismettere, fosse pure temporaneamente, lopposizione di classe al governo Kerensky, e passare al sostegno politico del governo democratico contro la reazione zarista? Non era questa la condizione stessa della difesa della rivoluzione di febbraio dal tremendo pericolo della controrivoluzione militare? La pressione sul bolscevismo fu fortissima e apr brecce in settori dirigenti del partito. Ma Lenin mostr unintransigenza inflessibile. Certo, si doveva combattere attivamente e in prima fila la reazione controrivoluzionaria con la pi ampia rivendicazione dellunit di lotta di tutte le forze operaie e popolari. Ma questo non significava affatto sostenere politicamente Kerensky. Al contrario, occorreva dire la verit alle masse, nel momento stesso dellunit dazione: proprio la politica di Kerensky aveva aperto le porte a Kornilov, proprio la negazione delle rivendicazioni di febbraio e la repressione antioperaia e antibolscevica aveva allargato il margine di manovra della controrivoluzione. Dunque la lotta per la terra, per larmamento del popolo, per lassemblea costituente era pi che mai attuale proprio per indebolire le basi sociali della controrivoluzione, approfondire le sue contraddizioni e sconfiggerla: ci che implicava esattamente la continuit dellopposizione politica al governo, non la sua rimozione: E anche adesso non dobbiamo sostenere il governo Kerenski. Verremmo meno ai nostri principi. Come, ci si domander, non si deve dunque combattere Kornilov? Certamente bisogna combatterlo. Ma non la stessa cosa. Vi un limite tra le due posizioni, e questo limite alcuni bolscevichi lo sorpassano, cedendo al conciliatorismo, lasciandosi trascinare dal corso degli eventi. Noi facciamo e faremo la guerra a Kornilov come le truppe di Kerenski, ma non sosteniamo Kerenski, anzi smascheriamo la sua debolezza. Qui sta la differenza. E una differenza abbastanza sottile ma essenziale e che non si pu dimenticare. (Lenin, Al comitato centrale del Posdr, pp. 273-74). Questa posizione di principio che riaffermava lopposizione comunista al governo di centrosinistra non ostacol la battaglia contro la reazione monarchica che fin sconfitta, col concorso degli stessi bolscevichi. In compenso cre le migliori condizioni perch un mese dopo il bolscevismo apparisse lunico possibile riferimento alternativo per lavanguardia di massa degli operai, dei contadini, dei soldati a fronte del fallimento del governo di coalizione. Era la premessa decisiva dellOttobre. E appena il caso di osservare che la rivoluzione dOttobre si realizz rovesciando un governo di centrosinistra, frutto di una rivoluzione democratica e sostenuto dai vecchi partiti di sinistra: bene ricordarlo ai tanti teorizzatori di un Lenin precursore dei fronti democratici e dei governi progressisti. La lezione della rivoluzione russa circa la necessaria indipendenza politica dei comunisti fu estesa da Lenin alla III Internazionale comunista. Le fondamenta programmatiche dellInternazionale, gi al primo congresso del 1919, furono al riguardo inequivocabili: il rifiuto di ogni coalizione con la borghesia, di ogni sostegno, diretto o indiretto, ai governi borghesi fu assunto dallintero movimento comunista internazionale delle origini come discriminante di fondo nei confronti del riformismo e del centrismo. Peraltro, proprio il rifiuto di ogni sostegno ai propri governi di guerra e la rivendicazione del disfattismo rivoluzionario aveva rappresentato il terreno della rottura definitiva col socialsciovinismo riformista della II Internazionale e della costituzione della III Internazionale. Successivamente in occasione del secondo congresso dellInternazionale, il rifiuto di ogni forma di coalizione o sostegno ai governi della borghesia, anche dei pi

democratici, rientr tra le 21 condizioni formalmente poste per ladesione allInternazionale: e quindi rappresent in quel contesto uno dei terreni di demarcazione di principio da ogni forma di centrismo conciliatore. La stessa critica dellEstremismo, malattia infantile del comunismo (su cui torner) contrariamente al diffuso luogo comune seminato ad arte dallo stalinismo non ammorbid affatto lintransigente opposizione ad ogni governo borghese. Al contrario, proprio nellEstremismo possibile cogliere, di passata, lampia argomentazione di Lenin in replica ai comunisti inglesi su come meglio prepararsi a rovesciare un possibile futuro governo laburista, governo di furfanti e della borghesia, entro la pi totale indisponibilit a qualsiasi attenuazione della critica dei comunisti nei loro confronti. Cos come nel quadro della difesa della politica seguita dalla sezione tedesca (criticata invece dalla sinistra interna) Lenin non manc di rigettare largomento teoricamente e politicamente sbagliato secondo cui sarebbe stato possibile entro la democrazia borghese, un governo di sinistra al di sopra delle classi quale passo transitorio verso la dittatura del proletariato: no, diceva Lenin, entro la repubblica borghese ogni governo, quale che sia la sua composizione politica, altro non sarebbe di fatto che un governo della classe borghese per il quale i comunisti non possono portare alcuna responsabilit. E proprio la denuncia di ogni governo come comitato daffari della borghesia anche nella repubblica pi democratica al centro dellelaborazione leninista di Stato e rivoluzione, del Rinnegato Kautsky e di centinaia di articoli. Infine il principio della rottura con la borghesia e il rifiuto di ogni forma di governismo borghese fu riaffermato in relazione al contesto dei paesi coloniali e semicoloniali: dove il Congresso internazionale dei popoli oppressi di Baku (1920) e le Tesi dellInternazionale sulla questione coloniale distinguevano nettamente la possibile convergenza dei comunisti con movimenti nazionali di liberazione radicali e rivoluzionari a guida piccolo borghese (vedi la proposta dei fronti unici antimperialisti) dallaperto respingimento di ogni blocco con le forze della borghesia nazionale indigena, agenzia dellimperialismo presso il popolo oppresso. Su ogni terreno e da ogni versante lantigovernismo bolscevico rappresent il recupero pi coerente della tradizione rivoluzionaria di Marx e di Engels. Solo la malafede o lignoranza possono negare o nascondere questa verit.

La conquista della maggioranza della classe: la lotta di Lenin contro lestremismo E tuttavia una lettura del bolscevismo semplicemente e solo come difesa dellautonomia di classe e intransigenza dei principi, pur cogliendo un elemento essenziale di verit, finirebbe anchessa per darne unimmagine semplificata e poco formativa della politica di Lenin. Magari unimmagine cara al bordighismo e a qualche setta ultrasinistra, ma semplicemente non vera, non corrispondente alla realt. Per Lenin la difesa ostinata e prioritaria del principio dellautonomia di classe e del rifiuto di ogni coalizione con la borghesia non fu mai un fine a s, una semplice linea di confine, un puro atto di autodemarcazione. Fu sempre in funzione della prospettiva rivoluzionaria reale. Quindi fu sempre connessa e dialettizzata alla politica di conquista della maggioranza delle masse politicamente attive, che condizione decisiva per la conquista proletaria del potere. E, a sua volta, lazione di conquista della maggioranza la politica tesa a strapparla allinfluenza di quei partiti e direzioni (riformiste, centriste, nazionaliste borghesi o piccolo borghesi) che controllano le masse in funzione della democrazia borghese e/o imperialista: la lotta per unaltra direzione, un'altra egemonia nella/della lotta di massa. Questo un punto davvero essenziale della politica di Lenin. Una lunga tradizione, particolarmente forte nel filone togliattiano dello stalinismo, ma soprattutto nella nuova sinistra italiana ha teso spesso a contrapporre Gramsci e Lenin nella questione strategica dellegemonia. Secondo questa lettura, Lenin avrebbe incarnato in buona sostanza una tradizione rivoluzionaria operaista-economicista in qualche modo espressione dellarretratezza russa, del carattere semplificato di quella societ civile e della particolare debolezza di quello Stato (il tutto secondo un inquadramento esclusivamente russo del fenomeno bolscevico). Viceversa Gramsci avrebbe incarnato un marxismo creativo, vitale, occidentale, espressione della maggiore complessit della societ civile europea e quindi capace di superare la vecchia rozzezza delloperaismo e delleconomicismo russo in direzione del concetto dellegemonia. Questa rappresentazione falsa da cima a fondo.

Da un lato deforma il pensiero e la politica di Gramsci per avallarne un inesistente antileninismo (tema che non rientra nelleconomia di questo scritto). Dallaltro ignora soprattutto un aspetto essenziale dellintera politica di Lenin: che per lappunto la battaglia per legemonia. La battaglia per legemonia nel pensiero e nella politica di Lenin si pone a due livelli distinti e intrecciati: la battaglia per legemonia nella classe e la battaglia per legemonia della classe sullinsieme delle masse oppresse e sfruttate, sul blocco sociale dellalternativa rivoluzionaria. Sul primo terreno Lenin svilupp una polemica costante contro le posizioni, generalmente estremiste (e spesso settarie) che si attestavano sulla pura e semplice petizione comunista e rivoluzionaria di tipo identitario senza curarsi della conquista delle masse. Queste posizioni, apparentemente radicali, hanno, secondo Lenin, un risvolto teorico e pratico disastroso. Sul piano teorico contraddicono lessenza stessa del marxismo come guida per lazione rivoluzionaria, ostile per definizione alla semplice passivit propagandistica. Sul piano politico sanciscano la rinuncia alla costruzione di una direzione di massa alternativa e quindi favoriscono la tenuta del controllo burocratico riformista (o centrista) nelle masse stesse. Il bolscevismo si quindi costruito e affermato contro queste posizioni sul piano nazionale e internazionale. E nel corso di tutta la sua storia. E relativamente nota la polemica di Lenin contro il rifiuto di lavorare nei sindacati di massa e contro il rifiuto alla partecipazione ai parlamenti borghesi. Meno nota la natura dellargomentazione di Lenin e il fatto che quella battaglia sia stata sviluppata nello stesso contesto russo e ben prima della precipitazione rivoluzionaria del 17. Dopo la sconfitta della rivoluzione russa del 1905, e in particolare negli anni 1908-1910, Lenin fu impegnato nelle fila stesse del bolscevismo in uno scontro politico durissimo contro le tendenze dellotzovismo e dellultimatismo. Queste tendenze rispondevano alla sconfitta della rivoluzione e alla diffusa demoralizzazione con una radicalizzazione formalistica delle posizioni: Che senso ha lavorare in sindacati in larga misura controllati da Zubatov e dalla polizia zarista? Che senso ha partecipare ad elezioni truccate, entro regole elettorali vessatorie e umilianti per la socialdemocrazia russa? Che senso ha puntare a partecipare a una Duma reazionaria, puntello dello zarismo, frutto della sconfitta della rivoluzione? La proposta era semplice: uscita dai sindacati e boicottaggio della Duma. Una proposta che faceva proseliti nel bolscevismo perch appariva pura, intransigente, frontalmente contrapposta a quel liquidazionismo menscevico che puntava alla legalizzazione della socialdemocrazia entro una sorta di costituzionalizzazione dello zarismo. La polemica di Lenin fu durissima contro tali posizioni. E non, come potrebbe intendersi, da un versante per cos dire moderato, di chi si preoccupa semplicemente di salvaguardare la presenza istituzionale del partito. Ma dal versante della prospettiva rivoluzionaria. Proprio perch la rivoluzione stata temporaneamente sconfitta, proprio perch il movimento di massa ripiegato, proprio perch i rivoluzionari sono pi deboli e isolati tra le masse, proprio per questo il problema decisivo per i rivoluzionari non quello di arrendersi al proprio isolamento, costruendovi sopra una razionalizzazione teorica e una retorica formalistica ma, allopposto, quello di rimontare la china utilizzando tutti i possibili canali di rapporto con le masse, anche i pi distorti e deformi, anche quelli offerti dallodiato zarismo: perch solo cos possibile utilizzare a pieno ogni spazio per sviluppare controcorrente la coscienza dei lavoratori e della masse, contrastare la sfiducia dilagante, inserirsi in ogni contraddizione e fermento di ripresa, contrastare la presa del menscevismo liquidatore e opportunistico. Tutte condizioni decisive per favorire il rilancio rivoluzionario e, in esso, legemonia della socialdemocrazia rivoluzionaria. E utile ricordare che proprio il dispiegamento di questa politica permise ai bolscevichi di conquistare alla lunga posizioni egemoni in importanti sindacati nel momento della ripresa delle lotte (1912-14) e anche di guadagnare una presenza modesta ma preziosa nella Duma, che si riveler efficacissima nellagitazione disfattista contro la guerra. Non a caso nella polemica dellEstremismo, dieci anni dopo, Lenin richiama questa esperienza del bolscevismo e la sua attualit tanto pi nel contesto europeo occidentale. Perch tanto pi in un contesto segnato, a differenza che in Russia, da una tradizione storica della democrazia borghese parlamentare, dalla presenza di forti e radicati sindacati di massa, sarebbe del tutto assurdo, dal punto di vista della politica rivoluzionaria, voltare le spalle per principio a questi ambiti di

intervento. Tanto pi in Occidente, quello sarebbe il pi grande regalo alla democrazia borghese, alle burocrazie dirigenti dei sindacati, allopportunismo riformista e centrista. Larga parte della polemica contro lestremismo nel 1920 si appoggia proprio sullargomento della maggiore complessit della rivoluzione in Occidente rispetto alla vecchia Russa: e basterebbe questo riferimento semplice per smentire tutta la vulgata ricorrente sulla cosiddetta angustia nazionale del bolscevismo russo. Ma lopportunismo parlamentare e sindacale, cos diffuso in Occidente, non mostra forse il carattere corruttivo del parlamento e dei sindacati verso le forme del movimento operaio? Non questa una buona ragione per tenersi fuori da quelle sedi? Cos argomentava con sfumature interne diverse, il grosso dellestremismo antileninista. Ma la risposta di Lenin (e di Trotsky) demistificava nel metodo lequivoco di fondo di quella obiezione. Certo: il parlamentarismo borghese esercita una posizione corruttrice. Cos come lambiente della burocrazia sindacale. Pi in generale tutta la politica rivoluzionaria e tutti i rivoluzionari, quale che sia il loro ambito dintervento, sono esposti alla pressione quotidiana della societ borghese, delle sue istituzioni, delle sue agenzie nel movimento operaio. Ma pensare di ovviare a questo rischio, sottraendosi alla politica di massa, significava semplicemente rinunciare alla rivoluzione. Ben altra doveva essere la risposta: quella di costruire un partito capace di ricondurre il carattere multiforme della propria politica di massa in ogni sede del suo esercizio, ai principi della rivoluzione, alla tensione verso il fine. Capace di subordinare il lavoro parlamentare alla prospettiva di rovesciamento del parlamento borghese, contro ogni adattamento alle sue regole del gioco. Capace di subordinare il lavoro sindacale alle prospettive della conquista proletaria del potere, contro ogni logica di puro sindacalismo di sinistra. La risposta di Trotsky a Gorter, dai banchi della III Internazionale resta da questo punto di vista esemplare. E mostra una volta di pi che per il bolscevismo non esisteva alcuna questione tattica separata a s stante (la questione parlamentare, la questione sindacale) ma diverse articolazioni tattiche di ununica politica per la conquista del potere. E che, a sua volta, proprio lunicit e il rigore della politica rivoluzionaria poteva governare la molteplicit della tattica evitando la deriva dellopportunismo.

La tattica rivoluzionaria del fronte unico e del governo operaio La tattica del fronte unico e del governo operaio rispondeva da un altro versante alla medesima questione: la conquista delle masse per il potere. Anche in questo caso, contro le resistenze dellestremismo e partendo dallesperienza viva della rivoluzione russa. Di cosa si trattava? Si trattava intanto di unelaborazione tattica che poggiava sullanalisi marxista della realt obiettiva e sulle necessit obiettive della lotta di classe: quelle della pi ampia unit di lotta dei lavoratori contro le classi dominanti. E al tempo stesso della stretta relazione, nella dinamica della lotta, tra gli obiettivi immediati della mobilitazione di classe e la necessit di rompere con il capitalismo in crisi. Uniamoci nella lotta comune attorno ad una piattaforma indipendente che risponda alle comuni esigenze della nostra classe. Uniamoci nella comune rottura con la borghesia, dentro una lotta comune per il potere dei lavoratori. Perch nessuna delle rivendicazioni elementari della nostra classe compatibile con questa societ: e ognuna di esse richiede una rottura anticapitalistica." Questo approccio, rivolto innanzitutto e sempre alle grandi masse, era traducibile in unimpegnativa articolazione tattica. Quella della sfida alle direzioni maggioritarie del movimento operaio, riformiste e/o centriste, perch rompessero con la borghesia, realizzando con i comunisti lunit dazione contro di essa sulla base di una piattaforma di classe. Perch questa articolazione tattica? Perch era quella pi funzionale a smascherare e a compromettere le vecchie direzioni agli occhi dei settori pi avanzati e combattivi della loro base proletaria e cos di allargare presso quella base, linfluenza alternativa dei comunisti. Non a caso il terzo congresso dellInternazionale che var la tattica del fronte unico indic la conquista delle masse (alle masse!) come motivo ispiratore della politica dei partiti comunisti. Questa innovazione tattica tanto pi suggerita nel 22 dalle difficolt della rivoluzione europea, dalla possibile stabilizzazione capitalistica, dalla permanente influenza di massa della socialdemocrazia e del centrismo incontr la

forte resistenza del bordighismo italiano, del Kapd tedesco, del tribunismo olandese. Una resistenza diversamente motivata: nel caso del borghismo da una visione essenzialmente passiva e propagandistica della politica rivoluzionaria; nel caso del Kapd e del tribunismo da una concezione della politica rivoluzionaria come offensiva lineare e permanente. Ma, pur partendo da angolazioni diverse, gli argomenti finivano spesso col convergere. Che senso ha aver fatto la scissione e aver creato i partiti comunisti se poi si ripropone lunit dazione con lopportunismo? Perch si deve ripiegare su tatticismi da politicanti quando i comunisti sono gli unici a vantare la nettezza e purezza di una lotta anticapitalistica per il potere? Come si pu proporre lunit dazione a partiti che hanno tradito il proletariato e votato i crediti di guerra? Tali obiezioni rivelavano in realt, dentro linvolucro di un'intransigenza formale, unincomprensione profonda della politica rivoluzionaria e della sua complessit, sostituendola con laltisonanza della frase o con la retorica del sentimento. Il problema replicarono insieme Lenin e Trotsky non semplicemente riaffermare la propria fede nel comunismo e nella rivoluzione: il problema conquistare le masse alla rivoluzione. Il problema non semplicemente la denuncia del tradimento delle direzioni riformiste e centriste: ma distruggere la loro influenza sulle masse quindi sottrarre la masse alla loro influenza. Non sta qui il senso stesso della tattica? Ancora una volta fu proprio lesperienza del bolscevismo ad essere indicata come prezioso laboratorio ed esempio. Nel luglio del 17 i dirigenti socialrivoluzionari e menscevichi, che partecipavano ad un governo borghese e di guerra, avevano represso frontalmente lavanguardia del proletariato russo e il partito bolscevico. Ma ci non aveva impedito ai bolscevichi un mese dopo, di fronte alla minaccia controrivoluzionaria di Kornilov, di rilanciare la proposta sfida agli altri partiti operai e contadini perch realizzassero con i bolscevichi lunit dazione contro la reazione, naturalmente nel quadro della propria perdurante opposizione al governo borghese. Anche cos i bolscevichi uscirono dallisolamento, avvicinarono la base dei partiti riformisti, allargarono la propria influenza rivoluzionaria. Del resto: la parola dordine tutto il potere ai soviet aveva rappresentato la parola dordine centrale della politica bolscevica nel 17. Ma poich socialrivoluzionari e menscevichi detenevano la maggioranza nei soviet sino al settembre, quella parola dordine aveva un solo significato: chiedere pubblicamente a socialrivoluzionari e menscevichi di rompere con il centro liberale cadetto e di prendere il potere attraverso i soviet e sulla base dei soviet. Non era stata proprio questa tattica politica sistematica, incalzante, ad aver logorato la credibilit delle direzioni riformiste agli occhi della loro base di massa? Ad avere dimostrato alle masse non attraverso la sola denuncia, ma attraverso la loro esperienza pratica, che le loro direzioni preferivano perpetuare la coalizione col centro liberale cadetto in opposizione alle rivendicazioni di febbraio, piuttosto che unirsi ai bolscevichi per realizzare quelle rivendicazioni rompendo con la borghesia? E a chi obbiettava che quella tattica poteva andar bene in Russia ma non nella moderna Europa, Lenin e Trotsky replicarono che proprio il radicamento infinitamente pi saldo e sperimentato del riformismo occidentale rispetto al riformismo russo chiariva che tanto pi in Occidente il problema della conquista delle masse non poteva essere affrontato semplicemente con la denuncia o con la propaganda; ma richiedeva la complessit della manovra e della tattica e, quindi, lassimilazione profonda dellesperienza vittoriosa del bolscevismo russo. Ancora una volta proprio la maggiore complessit della rivoluzione in Occidente veniva invocata contro la semplificazione dellestremismo.

Legemonia proletaria sulle masse oppresse: lantieconomicismo di Lenin Ma la concezione dellegemonia, in Lenin non riguardava unicamente laspetto pur essenziale della conquista della maggioranza del proletariato. Riguardava anche lo sviluppo dellegemonia del proletariato sul pi ampio blocco sociale della rivoluzione. Solo conquistando a un programma anticapitalistico linsieme della masse oppresse il proletariato poteva veramente candidarsi al potere: questo era un punto centrale della politica di Lenin, contro ogni forma di grettezza operaistica ed economicistica. Il fatto che Lenin sia stato rappresentato lungamente come economicista ed operaista dimostra solamente la potenza geometrica dellincontro tra lignoranza e la mistificazione. Proprio il Che fare? solitamente indicato come la massima espressione del ristretto operaismo leninista in realt la pi ampia argomentazione leniniana nella necessit di superare ogni economicismo operaistico. Alle posizioni delleconomismo incubatore del menscevismo che sosteneva la necessit che la socialdemocrazia si limitasse alla

lotta economica, il Che fare? opponeva tutta la necessaria ampiezza della politica rivoluzionaria del proletariato. Che per essere tale doveva allargare lo sguardo allinsieme alle masse oppresse, rivolgersi ai contadini oppressi dallaristocrazia fondiaria, alle minoranze nazionali schiacciate dallo zarismo grande russo, alla giovent studentesca e alle forze intellettuali private dei pi elementari diritti di libert; e ricondurre linsieme delle oppressioni e delle contraddizioni che investivano la societ russa alla necessit del rovesciamento rivoluzionario dello zarismo e della conquista del potere da parte degli operai e dei contadini. Solo una classe operaia capace di elevarsi al di sopra della propria spontanea coscienza tradunionistica avrebbe potuto ricomporre attorno a s lintero blocco delle masse oppresse e guadagnare la testa della rivoluzione russa. Viceversa una classe che si fosse limitata allangusto economicismo avrebbe affidato alla borghesia liberale legemonia della rivoluzione e dei suoi sbocchi, a tutto danno non solo del proletariato ma dellinsieme delle masse oppresse. Da qui la funzione decisiva della socialdemocrazia rivoluzionaria, e dellavanguardia proletaria in essa raccolta, per sviluppare la coscienza del proletariato russo sul terreno della rivoluzione e, con essa, la sua egemonia alternativa. Peraltro, tutta la politica del bolscevismo russo per quasi ventanni stata la testimonianza vivente di questa ispirazione politica antieconomistica ed egemonistica. La stessa formula della dittatura democratica degli operai e dei contadini al di l della sua algebricit non era forse la misura della centralit del rapporto tra proletariato urbano e masse contadine? Conquistare al proletariato della citt i contadini salariati, sottrarre la maggioranza contadina piccolo proprietaria e non sfruttatrice allegemonia della borghesia liberale: questo era per Lenin il compito strategico centrale della politica bolscevica in Russia. Legemonia proletaria sulle masse rurali e la rottura con la borghesia erano dunque le due facce della medesima politica, entrambe contrapposte al menscevismo. Questa politica dellegemonia proletaria sul blocco sociale alternativo non si limit al contesto russo ma si estese alla politica internazionale del bolscevismo. NellOccidente avanzato dellEuropa capitalista la III Internazionale contrast ogni deriva o suggestione operaisticosindacalista. La polemica leninista con lanarco-sindacalismo internazionale nei primi anni venti aveva esattamente questo segno. Ma bench poco conosciuta, questa battaglia politica di Lenin e di Trotsky pass anche attraverso le fila della stessa III Internazionale, talora intrecciandosi con la battaglia contro lestremismo. Il tribunismo olandese e il kapdismo, in particolare (e in una certa misura anche il bordighismo) polemizzarono pubblicamente con la concezione bolscevica della rivoluzione in Occidente rimproverandole una visione eccessivamente estesa del blocco sociale rivoluzionario. In Russia eravate costretti a un blocco sociale con i contadini data larretratezza di quella societ. Ma nellEuropa capitalistica la rivoluzione deve essere esclusivamente operaia. Perch tutto il resto della societ, inclusa la piccola borghesia impiegatizia, la piccola borghesia commerciale urbana, la piccola borghesia rurale, organicamente legata al capitale. Rivolgersi a questi strati significa compromettere la rivoluzione. Gorter in particolare si era distinto per questa polemica nella sede del terzo congresso dellInternazionale comunista. E proprio a Gorter giunse la replica di Trotsky, a nome della maggioranza leninista dellInternazionale. Una replica teorica e politica. La replica teorica contestava a Gorter loperaismo gretto dellantico Lassalle, il quale aveva affermato che al di fuori del proletariato il resto della societ rappresentava ununica massa reazionaria; gi Marx aveva polemizzato contro questa concezione, nella sua Critica del programma di Gotha. E questa critica restava attuale, non solo relativamente ai paesi coloniali e semicoloniali, ma anche nel contesto del capitalismo dellEuropa occidentale. Tanto pi in una societ capitalistica strutturata e complessa segnata da un dominio plurisecolare della borghesia, il proletariato non potr realizzare la rivoluzione se non sapr intervenire in tutte le contraddizioni: sottraendo allinfluenza della borghesia capitalistica settori inferiori di classe media, neutralizzandone altri, intercettando fasce di piccola borghesia impoverita dalla crisi del capitale, sia nella citt sia nelle campagne. Naturalmente questa posizione non aveva nulla a che spartire con quella che sar togliattianemente la cosiddetta politica delle alleanze condotta dallo stalinismo. Che cercava, come nellesperienza del Pci, di legarsi a interessi medioborghesi privilegiati (vedi il ceto medio emiliano) per subordinare ad essi il proletariato e negoziare meglio la collaborazione di classe con la grande borghesia. Allopposto: la politica dellegemonia proletaria sugli stati inferiori della classe media per Lenin e per Trotsky era parte integrante della politica di rottura con la borghesia e di costruzione delle

condizioni di successo della rivoluzione. Era un caso che proprio Lenin nel 1915, nellindicare i requisiti di una situazione rivoluzionaria, citasse tra questi lo spostamento a sinistra delle classi medie? In realt Lenin dimostrava una volta di pi una visione complessa della dinamica rivoluzionaria e della linea di frattura di una rivoluzione proletaria: che non era riducibile semplicemente alla linea divisoria, economicamente intesa, tra capitale e lavoro, ma al processo vivo della lotta di classe, alla costruzione e scomposizione dei blocchi sociali, allintreccio tra fattori sociali e avvenimenti politici, alla lotta multiforme tra le classi fondamentali sul terreno dellegemonia sociale politica, culturale. Peraltro, proprio la storia europea del Novecento col fenomeno del fascismo e del nazismo avrebbe dimostrato, seppur a negativo, il peso della piccola borghesia negli equilibri della lotta di classe nellOccidente avanzato smentendo ogni economicismo semplificatorio e confermando la necessit di una politica rivoluzionaria capace della pi ampia egemonia di classe.

Socialismo e liberazione nazionale: la complessit della rivoluzione socialista Infine, il concetto di egemonia del proletariato sullinsieme delle masse oppresse trov in Lenin una espressione di carattere mondiale. Uno degli sviluppi pi profondi del marxismo rivoluzionario da parte di Lenin fu rappresentato dalla comprensione dellenorme importanza dei grandi sommovimenti anticoloniali dei popoli oppressi, a partire dallAsia, e della sollevazione di tutte le nazionalit oppresse dallimperialismo ai fini dellaffermazione della rivoluzione socialista internazionale. Gi in Russia la politica di pieno sostegno del bolscevismo al diritto di autodeterminazione delle nazionalit oppresse dallimpero russo aveva concorso alla vittoria dellOttobre. E proprio questo sar uno dei primi punti dattacco di Stalin alla tradizione politica del bolscevismo, come rivela il durissimo contrasto tra Stalin da un lato e Lenin (e Trotsky) dallaltro, attorno alla questione georgiana. Ma sul terreno mondiale che la questione assumeva un carattere rilevantissimo, in particolare dopo lOttobre. La vittoria della rivoluzione, congiunta agli effetti della prima guerra imperialista, e alla spartizione coloniale che ne segu, fu un potente impulso allo sviluppo del movimento anticoloniale su scala internazionale: in Asia, a partire dallIndia e dalla Cina, in Medioriente e nellintera nazione araba, nel cuore stesso dellEuropa, a partire dallIrlanda e dai Balcani. Il marxismo rivoluzionario secondo Lenin doveva assumere quel vasto moto come un riferimento essenziale. I comunisti rivoluzionari dei paesi delle nazionalit oppresse dovevano prender parte attiva al sommovimento anticoloniale evitando ogni ripiegamento propagandistico e attendista, e battendosi apertamente al suo interno per uno sbocco coerente antimperialista e socialista, in contrasto aperto col nazionalismo borghese e incalzando le contraddizioni delle forze nazionaliste piccolo borghesi pi radicali. Ogni rinuncia alla battaglia per legemonia proletaria nel movimento anticoloniale, magari in nome dellarretratezza economica sociale di quei paesi, avrebbe significato riproporre, nella sostanza, limpostazione del menscevismo russo. Proprio la rivoluzione dOttobre aveva dimostrato, contro ogni lettura positivistica del marxismo, che un paese arretrato pu essere pi maturo per la rivoluzione proletaria di un paese avanzato. E che la rivoluzione socialista in quel paese arretrato poteva a sua volta sospingere lintero processo rivoluzionario mondiale. Analogamente, i partiti comunisti dellOccidente capitalistico e dei paesi imperialisti erano chiamati dalla III Internazionale ad un pieno e incondizionato sostegno ai sommovimenti anticoloniali delle nazioni oppresse. E quindi a combattere non solo ogni socialsciovinismo a sostegno del proprio imperialismo contro la nazione che esso opprimeva, ma anche qualsiasi neutralit pacifista tra nazioni dominanti e nazioni dominate. Costruire nel proletariato delle metropoli dOccidente la coscienza della convergenza di fondo con le ragioni dei popoli oppressi dal proprio imperialismo, sostenere la loro rivolta contro il proprio imperialismo, era per Lenin, un compito prioritario dei partiti comunisti dEuropa e dAmerica. Anche per favorire nei movimenti coloniali una cosciente indentificazione nel comunismo e quindi la battaglia di egemonia dei comunisti delle nazioni oppresse.

In questo quadro, e in questo spirito, la III Internazionale assunse la rivendicazione del diritto allautodeterminazione di tutte le nazioni oppresse (ivi incluso il diritto alla separazione). Un diritto gi rivendicato dal movimento per la III Internazionale, e in primo luogo dal bolscevismo russo, nel pieno corso della guerra imperialista. Questa impostazione incontr obiezioni e resistenze lungo il processo della sua maturazione. Non solo da parte del riformismo e del centrismo, com naturale, ma anche nel campo del marxismo rivoluzionario. Se i comunisti sono per il superamento delle nazioni, come possono sostenere i diritti nazionali, sia pure di nazioni oppresse? Se i comunisti sono i rappresentanti coerenti della classe operaia che non ha patria come possono combinare lindipendenza di classe col sostegno a movimenti nazionali non proletari per di pi guidati da forze nazionaliste? E ancora: Il concetto di autodeterminazione nazionale non forse contraddetto dalla natura stessa dellimperialismo che nega ogni possibile indipendenza reale delle nazioni soggiogate? Lunica risposta vera alle istanze nazionali dei popoli oppressi la rivoluzione proletaria e non la rivendicazione di diritti nazionali esclusivamente formali. Queste e altre obiezioni schematicamente riassunte venivano poste alternativamente o da tendenze diverse dellestremismo o da tendenze che inclinavano verso posizioni centriste. In un caso, autorevolissimo, dalla marxista rivoluzionaria Rosa Luxemburg, seppur negli anni relativamente lontani del dibattito sulla questione polacca. Lenin (come la maggioranza dellInternazionale) replic energicamente a questi argomenti critici con un vigore proporzionale allimportanza cruciale che tale questione a suo avviso rivestiva per i destini stessi della rivoluzione socialista internazionale. Il testo di Lenin Contro leconomicismo imperialista , tra gli altri, un efficace compendio di tale replica. E vero, diceva Lenin, i comunisti sono i veri custodi dellindipendenza proletaria ma, proprio in ragione della propria prospettiva indipendente, devono far proprie tutte le ragioni di emancipazione delle masse oppresse, ivi inclusa lemancipazione nazionale dal giogo coloniale. Non farlo sarebbe questo s la rinuncia alla propria prospettiva, a unico vantaggio dellimperialismo e delle stesse borghesie nazionali dei popoli oppressi, votate al compromesso subalterno con limperialismo. E vero, diceva Lenin, i comunisti rivendicano il superamento storico delle frontiere nazionali dentro la prospettiva della repubblica proletaria mondiale. Ma questa prospettiva di libera federazione dei popoli del mondo implica la rottura di ogni sudditanza coatta delle nazioni oppresse alla dominazione imperialista. A sua volta, nessun popolo pu essere libero se opprime altri popoli. E ancora, in risposta alla Luxemburg: E vero, lautodeterminazione nazionale piena e stabile delle nazioni oppresse incompatibile con la natura economica dellimperialismo. Ma proprio per questo, come altre rivendicazioni democratiche, il principio di autodeterminazione nazionale va connesso alla prospettiva proletaria socialista: e pu contribuire ad avvicinare a tale prospettiva, proprio sulla base dellesperienza concreta della sua incompatibilit con il capitalismo mondiale, masse grandi dellumanit. Viceversa, il rifiuto di quella rivendicazione significherebbe voltare le spalle alle aspirazioni di emancipazione e di libert di quelle masse oppresse e per di pi proprio nel momento del loro levarsi di fatto contro il giogo coloniale. Ma al di l di ogni replica specifica, Lenin trae spunto dal confronto sulla questione nazionale per riproporre una lezione di fondo sui caratteri stessi della rivoluzione proletaria. La rivoluzione proletaria internazionale secondo Lenin (e Trotsky) non poteva che riflettere il carattere ineguale e combinato del capitalismo mondiale. Chi pensa alla rivoluzione socialista come a una linea retta e uniforme, semplicemente e unicamente proletaria, scambia la realt con la propria immaginazione. Tanto pi nel quadro internazionale. Ecco cosa scriveva Lenin a commento dellinsurrezione irlandese del 1916 e contro la sottovalutazione della sua importanza: Credere che la rivoluzione sociale sia immaginabile senza le insurrezioni delle piccole nazioni nelle colonie e in Europa, senza le esplosioni rivoluzionarie di una parte della piccola borghesia, con tutti i suoi pregiudizi, senza il movimento delle masse proletarie e semiproletarie arretrate contro il giogo dei grandi proprietari fondiari, della Chiesa, contro il giogo monarchico, nazionale, ecc. significa rinnegare la rivoluzione sociale. Ecco: da un lato si schiera un esercito e dice: Siamo per il socialismo, da un altro lato si schiera un altro esercito e dice: Siamo per limperialismo, e questa sar la rivoluzione sociale! Soltanto da un punto di vista cos pedantesco e ridicolo sarebbe possibile affermare che linsurrezione irlandese e un putsch.

Colui che attende una rivoluzione sociale pura, non la vedr mai. Egli un rivoluzionario a parole che non capisce la vera rivoluzione La rivoluzione socialista in Europa non pu essere nientaltro che lesplosione della lotta di massa di tutti gli oppressi e di tutti i malcontenti. Una parte della piccola borghesia e degli operai arretrati vi parteciperanno inevitabilmente senza una tale partecipazione non possibile una lotta di massa, non possibile nessuna rivoluzione e porteranno nel movimento, non meno inevitabilmente, i loro pregiudizi, le loro fantasie reazionarie, le loro debolezze e i loro errori. Ma oggettivamente essi attaccheranno il capitale, e lavanguardia cosciente della rivoluzione, il proletariato avanzato, esprimendo questa verit oggettiva della lotta di massa varia e disparata, variopinta ed esteriormente frazionata, potr unificarla e dirigerla, conquistare il potere. (Lenin, Risultati della discussine sullautodecisione, p. 353).

Conclusione Riscoprire la verit del bolscevismo, liberandolo dalle sue caricature, non significa solo onorare la sua storia ma investirlo nel futuro del movimento operaio e dalla sua giovane generazione. Anche oggi, come un secolo fa, si dischiude una svolta depoca profonda, segnata dalla crisi del capitalismo internazionale, dalla rottura dei vecchi equilibri sociali e politici, dalla ripresa delle contese imperialistiche e delle corse coloniali, dallacutizzarsi della lotta di classe e dello scontro tra imperialismo e popoli oppressi. Anche oggi, come un secolo fa, le vecchie direzioni del movimento operaio consumano la crisi del proprio riformismo, si associano sempre pi strettamente ai governi liberali controriformatori e coloniali, moltiplicano le contraddizioni con la propria base sociale. Anche oggi, come un secolo fa, necessaria una battaglia internazionale per una nuova direzione del movimento operaio e per il rilancio della prospettiva rivoluzionaria e socialista, quale unica vera alternativa alla barbarie del capitalismo. E cos, come un secolo fa, la riscoperta da parte di Lenin del vero Marx, riscattato dalle deformazioni riformiste, fu decisivo per il rilancio della prospettiva rivoluzionaria, cos oggi il recupero del vero Lenin, liberato dalle deformazioni staliniane, socialdemocratiche e centriste, decisivo per la rifondazione di un partito rivoluzionario. Perch, tanto pi oggi, solo il recupero dellintransigenza dei principi e, insieme, della complessit della rivoluzione, pu armare la lotta per la conquista del potere.

NATURA E FUNZIONE DEL PARTITO


Lo strumento della soggettivit cosciente
di Franco Grisolia

Dateci unorganizzazione di rivoluzionari e rovesceremo la Russia! (Lenin, Che fare? 1902) Senza il partito, al di fuori del partito, aggirando il partito, con un surrogato di partito, la rivoluzione proletaria non pu vincere, cos afferma Trotsky nel suo scritto Le lezioni dellOttobre pubblicato nel 1924. Senza il partito bolscevico la rivoluzione russa sarebbe stata inimmaginabile. Per oltre due decenni (un periodo relativamente breve ma intensissimo) una lotta politica e teorica forgi lo strumento che fu capace di dirigere le masse operaie e, sotto la loro egemonia, quelle contadine alla presa del potere e allavvio di un processo di trasformazione socialista. Questi dati storico-politici elementari vanno tuttavia compresi e riportati ad elemento di strategia politica per loggi. Perch la costruzione odierna di un partito comunista e rivoluzionario non pu prescindere dallo studio e comprensione dellesperienza bolscevica.

Una tradizione di lotte di frazioni Occorre, innanzitutto, ricordare che il partito bolscevico nacque nel quadro di una costante e aspra lotta politica allinterno delle forze che si richiamavano alla prospettiva del socialismo e della rivoluzione sulla base del marxismo. Le ripetute critiche al frazionismo, alle discussioni astratte, tanto frequenti anche nel Partito della rifondazione comunista esprimono di per s stesse un approccio antirivoluzionario e anti-comunista. Esse riflettono le tradizioni staliniste e semistaliniste della sinistra italiana e anche dellestrema sinistra sviluppatasi a partire dal 68. La storia del movimento socialdemocratico (cio marxista nei termini precedenti alla rivoluzione dOttobre) russo fu infatti storia di una continua lotta di frazione, che sola permise alla frazione bolscevica di diventare, raccogliendo finalmente in s tutto il meglio della social-democrazia il partito della rivoluzione ([1]). Lenin teorizz la necessit della chiara battaglia politica di frazione in quello che uno dei suoi testi pi importanti e quello fondamentale rispetto alle concezioni sul partito: il Che fare?, scritto nel 1902 e di cui riproduciamo, a seguito di questo articolo alcuni brani. In esso Lenin afferma: Senza teoria rivoluzionaria non vi pu essere movimento rivoluzionario. Non si insister mai troppo su questo concetto in un periodo in cui la predicazione opportunistica venuta di moda accompagnata dallesaltazione delle forme pi anguste di azione pratica bisogna essere ben miopi per giudicare inopportune e superflue le discussioni di frazione e la rigorosa definizione delle varie tendenze. Dal consolidarsi delluna piuttosto che dellaltra tendenza pu dipendere per lunghi anni lavvenire della socialdemocrazia russa.

Lesigenza di chiarezza teorica Per Lenin il partito che avrebbe dovuto e potuto sviluppare il processo rivoluzionario in Russia non poteva che essere marxista rivoluzionario. In effetti il partito bolscevico, e prima di esso la socialdemocrazia rivoluzionaria ricordiamo che i bolscevichi furono dal 1903 al 1912 una frazione, sia pure largamente autonoma, allinterno del Partito operaio socialdemocratico russo (Posdr), fondato nel 1898, ed in cui Lenin aveva gi iniziato, in particolare con il Che fare?, la battaglia contro lopportunismo si svilupp in opposizione e critica alle correnti rivoluzionarie non marxiste. Cosi nel Che fare? Lenin lega la necessit della chiarezza teorica anche al pericolo rappresentato dalla reviviscenza delle

tendenze rivoluzionarie non socialdemocratiche. Tendenze che furono importanti nel movimento popolare russo e, in realt, dotate di un sostegno di massa (in primo luogo tra i contadini) superiore a quella dei bolscevichi. La loro rappresentanza politica essenziale fu il Partito socialista rivoluzionario (che ader anche alla Seconda Internazionale), spesso diviso in correnti, di cui quelle pi radicali si situarono spesso, insieme agli anarchici come ricordano sia Trotsky nella sua Storia della rivoluzione russa sia Zinoviev nella sua Storia del Partito bolscevico ([2]) a sinistra (almeno nei metodi) dei bolscevichi, rivendicando insurrezioni immediate, organizzando guerriglie e attentati. Tuttavia, bench col loro radicalismo attirassero anche militanti operai e studenteschi precedentemente aderenti alla socialdemocrazia, il loro rivoluzionarismo restava piccolo borghese e incapace di sviluppare positivamente un progetto di trasformazione socialista. Una delle caratteristiche della costruzione del partito che guid la rivoluzione russa fu dunque il rifiuto di quel deleterio concetto della unit dei rivoluzionari che anche oggi viene cos spesso ingenuamente ripreso. Lunit che Lenin realizz fu quella dellavanguardia che si riconosceva nella teoria e nella prassi nel marxismo rivoluzionario. E da notare ci che ricorda Trotsky nel capitolo "Larte dellinsurrezione" della sua Storia della rivoluzione russa: Pi di una volta gli opportunisti della socialdemocrazia internazionale presero le difese della vecchia tattica socialrivoluzionaria mentre era sottoposta ad una critica spietata da parte dei bolscevichi. Ladattamento alla propria borghesia non contraddetto dal richiamo al rivoluzionarismo generico e populista di altri paesi (specie lontani e totalmente o parzialmente non democratici). Cos oggi in Italia Fausto Bertinotti utilizza il sostegno al rivoluzionario non marxista Marcos per difendere la sua politica opportunista e lottare meglio contro il marxismo rivoluzionario.

Partito e coscienza esterna Un altro elemento centrale della teoria e prassi leninista del partito il concetto della lotta contro la coscienza spontanea delle masse e contro quello che oggi si chiama spontaneismo e/o movimentismo. Quante volte ci si sente ripetere anche da compagni/e che si ritengono rivoluzionari, marxisti o leninisti (e che seguono in particolare le tradizioni che discendono dallestrema sinistra spontaneista italiana del 68) che i rivoluzionari devono rappresentare la volont delle masse o che le idee giuste vengono dalla classe. Se i bolscevichi si fossero basati su concetti di questo tipo la rivoluzione russa non si sarebbe mai realizzata. Al contrario, essi basarono la propria azione sulla lotta contro tali concezioni. Lorigine del Che fare? leniniano esattamente questa. Il libro nacque per sconfiggere linfluenza sviluppatasi in seno alla socialdemocrazia marxista russa dei cosiddetti economisti (o economicisti). Questi sostenevano che al centro dellazione della classe operaia dovesse essere la lotta per le proprie rivendicazioni specifiche (di fabbrica) e che la socialdemocrazia dovesse rappresentare la coscienza spontanea dei lavoratori, espressa negli scioperi e nella lotta economica in generale, che, a loro giudizio, aveva per sua natura un carattere socialista. Lenin svilupp contro leconomismo una fortissima polemica, argomentando che (si vedano i brani del Che fare? riprodotti in seguito): la coscienza spontanea della classe operaia, come prodotto diretto della sua lotta sul terreno economico, non coscienza socialista e rivoluzionaria, ma solo coscienza tradeunionistica, che cio mira ad ottenere migliori condizioni nel quadro dellattuale societ e dellattuale ordinamento politico (La storia di tutti i paesi attesta che con le sue sole forze la classe operaia in grado di elaborare soltanto una coscienza tradeunionista, cio la convinzione della necessit di unirsi in sindacati, di condurre la lotta contro i padroni, di cercar di ottenere dal governo determinate leggi necessarie agli operai, ecc., in Che fare? iI capitolo, "La spontaneit delle masse"); pertanto compito dei marxisti quello di portare nella classe operaia dallesterno la coscienza socialista tramite il loro intervento. Questa concezione leniniana la pi contestata e rimossa non solo da riformisti, populisti, centristi (cio n riformisti n veri rivoluzionari ma intermedi), ma anche da molti di coloro che si richiamano al marxismo rivoluzionario va intesa chiaramente nel suo duplice significato. Essa implica sia il fatto che la coscienza rivoluzionaria sia portata nella

classe attraverso lazione e linsegnamento dei militanti di avanguardia marxisti, sia il fatto che essa sia portata dallesterno della lotta economica, e cio educando le masse ad agire sul terreno della lotta politica contro il regime politico e ogni tipo di oppressione. E dalla congiunzione di questi due aspetti che nasce un approccio rivoluzionario allintervento nelle masse. Lenin afferma, sempre nel Che fare?: Non si ripeter mai troppo che lideale del socialdemocratico non deve essere il segretario di una trade-union, ma il tribuno popolare, il quale sa reagire contro ogni manifestazione di arbitrio e di oppressione sa generalizzare tutti questi fatti e trarne il quadro completo della violenza poliziesca e dello sfruttamento capitalistico; sa approfittare di ogni minima occasione per esporre dinanzi a tutti le proprie convinzioni socialiste e le proprie rivendicazioni democratiche, per spiegare a tutti limportanza storica mondiale della lotta emancipatrice del proletariato. Ecco il militante rivoluzionario che il partito deve costruire, cos diverso da quello della tradizione dellestrema sinistra italiana del 68 e anche dei marxisti rivoluzionari inconseguenti, che il pi delle volte si limita ad unire il radicalismo sul terreno economico-sindacale con la discussione politica tra soli comunisti, invece di cercare di presentare alle masse non solo il proprio impegno sul terreno immediato ma anche la propria prospettiva politica alternativa socialista e rivoluzionaria. Dal concetto leninista del partito su cui si costru il bolscevismo appare evidente la vacuit delle ricorrenti affermazioni della tradizione centrista italiana sulla necessit di costruire un partito che sia espressione dei movimenti oppure per usare una formula cara ai compagni (trotskisti molto inconseguenti) di Bandiera rossa (e della loro corrente internazionale) un partito che rispetti lautonomia dei movimenti. Rispettare lautonomia dei movimenti significa o lasciarli in mano a demagoghi opportunisti o, al meglio, tollerare senza lotta che essi rimangano sul loro terreno spontaneo del tradeunionismo (o equivalente economicismo per altri settori diversi dalla classe operaia), cio, per usare le parole di Lenin, della loro coscienza borghese. Invece il partito della rivoluzione socialista il partito che interviene nei movimenti di massa con le proprie proposte, per realizzare la propria egemonia politica e costruirsi come direzione e punto di riferimento, lottando per lorganizzazione democratica (due termini inseparabili) contro spontaneismo e movimentismo, proprio perch questa la migliore condizione per lo sviluppo della coscienza e per la lotta per legemonia rivoluzionaria. E in questo quadro che si crea un rapporto fecondo tra spontaneit e direzione politica di classe, rapporto che lelemento chiave per lo sviluppo positivo della situazione rivoluzionaria (che il partito non crea Lenin, Trotsky e tutti i marxisti russi restarono sorpresi dallo scoppio delle rivoluzioni sia del 1905 che del febbraio 17 ma che pu favorire nel suo sviluppo con la propria azione). E questa la grande lezione della rivoluzione dellOttobre 17, nel legame dialettico tra il movimento di massa organizzato nei soviet e il partito bolscevico.

Un partito di militanti attivi Dalla concezione del rapporto ricorrente tra spontaneit e direzione deriva anche la concezione della composizione del partito rivoluzionario. Il concetto, cio, del partito davanguardia formato da rivoluzionari di professione. Se senza teoria rivoluzionaria non esiste movimento rivoluzionario, se compito del partito quello di permeare il proletariato della coscienza rivoluzionaria, chiaro che esso dovr essere formato da militanti che si pongano sul terreno di quella teoria e che si propongano questo compito. Per teste forti in materia di organizzazione bisogna intendere come ho gi detto pi di una volta solo i rivoluzionari di professione poco importa se studenti o operai di origine. (Lenin, Che fare?). Naturalmente si tratta di comprendere bene il significato del concetto leninista e dialettizzarlo. Esso infatti ha un determinato senso nel quadro di una situazione di clandestinit, un altro in quella di un regime di democrazia borghese. Ma lelemento essenziale rimane: il partito rivoluzionario stato nellesperienza bolscevica, e dovr essere in ogni caso, un partito composto da militanti attivi e solo da essi che fanno coscientemente della rivoluzione lo scopo e lattivit prioritaria della propria vita (da ci il termine di rivoluzionari di professione). Ed anzi il partito in quanto tale

che deve porsi il compito di trasformare in rivoluzionari di professione i militanti, in particolare giovani, che vi aderiscono. Aggiungiamo che il partito formato da militanti attivi il pi democratico, perch quello che tende a rendere pi maturo, approfondito, concreto e non personalistico il dibattito. Sia pure con molte eccezioni, i militanti tendono maggiormente a decidere in base alle proposte cos come le interpretano alla luce delle loro conoscenze teoriche e della loro esperienza pratica. (Si confronti invece il quadro totalmente diverso in cui si svolto il terzo congresso del Prc: le posizioni rivoluzionarie trovarono ampio sostegno, sia pure di minoranza, tra i militanti attivi del partito, mentre la quasi totalit degli iscritti inattivi che partecip alle votazioni si espresse senza reale conoscenza delle posizioni a confronto per Bertinotti e Cossutta.)

Un partito proletario Il partito che Lenin e i suoi compagni costituirono non fu, per, un generico partito davanguardia. Fu un partito proletario. Anche qui si tratta di comprendere questo concetto. Nella sua Storia Zinoviev racconta come nei primi anni del secolo la maggioranza dei militanti bolscevichi non fossero operai. Solo successivamente in particolare con la rivoluzione del 1905 questa situazione si trasform portando il partito bolscevico ad avere una maggioranza assoluta di aderenti operai industriali. Ma la questione dellorientamento verso il proletariato venne posta come elemento centrale fin dalla nascita della corrente marxista nel movimento popolare russo e su questo essa si differenzi dal movimento populista. Il conflitto tra marxisti e populisti, che prendeva forme diverse da un punto di vista dottrinale, si riduceva alla questione del ruolo della classe operaia Nel 1889, a Parigi, in occasione del primo congresso della II Internazionale, Plechanov, allora capo indiscusso dei marxisti rivoluzionari russi, dichiar: La rivoluzione russa vincer come rivoluzione della classe operaia o non vincer. (Zinoviev, Storia del partito bolscevico). Questi concetti non rimasero astrazione e si collegarono dialetticamente con quello della coscienza portata dallesterno. Fin dallinizio i quadri marxisti rivoluzionari, anche se in maggioranza studenti o intellettuali, indirizzarono la loro azione verso le fabbriche per costruire in esse i quadri operai rivoluzionari, per dare insieme a loro coscienza socialista al nascente proletariato russo, per sviluppare le sue lotte economiche e soprattutto come detto il suo intervento nellarena politica. Con lobbiettivo quindi di costruire un partito non solo programmaticamente ma anche organizzativamente proletario. Un partito che lottasse per legemonia del proletariato nella rivoluzione (*3+), dopo aver realizzato la conquista della sua maggioranza al partito rivoluzionario stesso. Maggioranza che effettivamente il partito bolscevico riusc a conquistare nel periodo precedente la prima guerra mondiale. Infatti, nel 1912 tutti i sei deputati operai eletti al parlamento nazionale (sulla base di antidemocratiche elezioni per circoscrizioni uninominali e classi sociali in cui il voto di 1 proprietario terriero equivaleva a quello di 45 operai!) furono bolscevichi, mentre nel partito la maggioranza assoluta degli aderenti era ormai costituita da operai e operaie dellindustria. Tuttavia i bolscevichi persero questa maggioranza nel corso della guerra mondiale, anche per il massiccio afflusso di nuova classe operaia dalle campagne, nel quadro dello sviluppo della produzione di guerra. Ma essi la seppero riguadagnare nel periodo tumultuoso tra il febbraio e lottobre 17 e portarla allalleanza egemonica con i contadini e alla vittoria. Come scrive Zinoviev nella sua Storia: Il nostro partito non ha svolto un ruolo decisivo nella rivoluzione di Febbraio, e non avrebbe potuto svolgerlo, visto che la classe operaia era per la difesa nazionale. In cambio, nei mesi seguenti esso ha realizzato il capitale investito nel movimento operaio per un quarto di secolo e, sulla base dellidea dellegemonia del proletariato, ha liberato la classe operaia russa dallinfluenza dei menscevichi e degli s-r *socialrivoluzionari ndr+, portandola alla vittoria definitiva sulla borghesia.

Nessun feticismo della forma-partito La teoria leninista del partito, quale sopra esposta, configura forse un feticismo della forma partito? Per nulla; anzi esattamente il contrario. Non c movimento rivoluzionario senza teoria rivoluzionaria. Il partito necessario ma solo

se mantiene chiaramente il suo carattere marxista e rivoluzionario. Esso uno strumento, non un fine. Lenin dimostr nel concreto il contenuto della sua concezione del partito durante tutta la sua vita. Si dimentica quasi sempre, in primo luogo, che egli costru il partito della rivoluzione proprio distruggendo, con unaspra lotta di frazione, il suo partito originario, cio il Posdr, e che per questo egli fu condannato come settario, dogmatico, distruttore e frazionista non solo dai suoi avversari in Russia, ma anche dalla larga maggioranza del movimento socialista internazionale. Ma anche rispetto alla frazione bolscevica Lenin subordin sempre lunit alla chiarezza politica. La storia della frazione bolscevica essa stessa storia di lotte di tendenze. Essa fu particolarmente acuta nel 1907-1909, quando Lenin fu in aspro contrasto (mentre lottava nellinsieme del movimento operaio russo contro lopportunismo di destra) con larghi settori ultrasinistri, in particolare sulla questione della partecipazione alle elezioni per il parlamento zarista e anche della partecipazione ai sindacati, diretti da riformisti (o peggio). Cos noi vediamo Lenin ad una conferenza nazionale del partito nel 1907 (allora ancora unificato; la rottura finale e formale sar nel 1912) che vota, unico tra i delegati bolscevichi, insieme ai menscevichi per la partecipazione alla terza duma (parlamento zarista), eletto con i criteri reazionari gi ricordati (anzi con alcune altre clausole negative). Nella sua Storia Zinoviev racconta: Lenin, con alcuni altri, difese la partecipazione, ma la maggioranza [dei bolscevichi, ndr] era contro di lui. Gli si rimproverava di evolvere verso la destra consigliando agli operai di entrare in quella che sarebbe stata unassemblea arcireazionaria Per un certo periodo la tendenza antisindacale ebbe la meglio nella frazione bolscevica Lenin pensava che dovessimo rimanere legati alla massa operaia Se gli operai stavano nei sindacati, lo dovevamo fare anche noi. Se potevano inviare alla duma zarista anche un sol uomo, bisognava farlo: avrebbe detto agli operai la verit e noi avremmo stampato e diffuso il suo discorso Se in quel momento la tendenza antileninista avesse riportato una vittoria, il partito *la frazione bolscevica, ndr+ si sarebbe trasformato in una setta. Ed di fronte a questo rischio che nel 1908 Lenin progett addirittura di abbandonare la frazione bolscevica e di costruirne una nuova, ci che non accadde perch finalmente riusc vincitore nello scontro interno. Ugualmente nella primavera del 1917, rientrando dallesilio, Lenin dovette sviluppare una battaglia controcorrente nel partito, non solo contro il gruppo dirigente Kamenev-Stalin che teneva un atteggiamento ambiguo (n sostegno n opposizione) verso il governo provvisorio di centro-sinistra, ma anche verso quei quadri dirigenti pi radicali che proponevano lopposizione al governo ma senza trarne tutte le conseguenze di progetto rivoluzionario immediato. E fu solo questo riorientamento del partito che permise ad esso di svolgere il ruolo che svolse nellOttobre. Non fosse riuscito nel riorientamento Lenin avrebbe certamente cercato di raggruppare su un nuovo asse organizzativo le forze conseguentemente rivoluzionarie. Sono dunque la socialdemocrazia classica e lo stalinismo che fanno del partito della classe operaia un feticcio, un fine in s a cui tutto subordinare. La lezione di Lenin al contrario che il partito proletario davanguardia uno strumento indispensabile ma pur sempre uno strumento in vista del fine: la presa del potere da parte del proletariato. Ma se cos , e se Lenin dovette riorientare il partito addirittura nel 17, non si deve concludere che la questione centrale non tanto il partito proletario quanto il suo gruppo dirigente, o addirittura il suo o i suoi leader? Porre la questione in questo modo significherebbe non cogliere la dialettica che permise il trionfo dellOttobre. Lenin dovette s riorientare il partito ma riusc a farlo perch esso era quel partito, e per questo, daltra parte, esso riusc a dirigere le masse.

Il ruolo di Lenin e quello del suo partito nellOttobre Come ricorda in varie occasioni Trotsky, senza Lenin non ci sarebbe stato il trionfo dellOttobre, ma senza il partito cio un corpo formato da migliaia di quadri e militanti operai, forgiato in anni di lotte politiche interne ed esterne ([4]) Lenin non sarebbe stato in grado di dirigere la classe operaia alla vittoria. Ecco come Trotsky riassume tutto ci due decenni dopo il 17 nel suo scritto Classe, partito e direzione: Che vi era allattivo del bolscevismo? Allinizio della rivoluzione, solo Lenin manteneva una concezione rivoluzionaria chiara e profonda. I quadri russi del partito erano

dispersi e notevolmente confusi. Ma il partito godeva di autorit tra gli operai davanguardia. Lenin godeva di autorit tra i quadri del partito. La concezione politica di Lenin corrispondeva allo sviluppo reale della rivoluzione, ed era convalidata da ogni nuovo avvenimento. Questi elementi dellattivo fanno meraviglie in una situazione rivoluzionaria, cio in circostanze di acutizzazione della lotta di classe. Il partito alline la sua politica in accordo alla concezione di Lenin, che armonizzava con lautentico corso della rivoluzione e perci trov saldo appoggio in decine di migliaia di operai davanguardia. In pochi mesi, basandosi sullo sviluppo della rivoluzione, il partito fu in grado di convincere la maggioranza della classe operaia della correttezza della propria impostazione: questa maggioranza, organizzata in soviet, pot a sua volta attrarre soldati e contadini.. Questa la grande lezione del bolscevismo da studiare e di cui riappropriarsi dopo tanti decenni di tradimenti, errori e confusioni anche nel seno dellavanguardia del movimento operaio. Per costruire in una inevitabilmente lunga lotta, sulle basi conseguenti del marxismo rivoluzionario contro ogni opportunismo ma anche contro le spinte settarie dellautoisolamento dalla classe quale nella realt un corpo organizzato coeso ma in continuo dibattito e confronto interno di migliaia di quadri rivoluzionari inseriti profondamente nel movimento operaio, in lotta contro linfluenza del riformismo ma anche del puro economismo e spontaneismo; un partito in lotta costante per guadagnare la maggioranza politica della classe ad una prospettiva anticapitalistica e portarla, al maturare delle condizioni obbiettive, alla conquista del potere.

Note 1) Basti pensare che nel 1912 il Partito operaio socialdemocratico russo (Posdr) si divideva, secondo un elenco steso da Rosa Luxenburg, in 12 frazioni. Quella bolscevica era la pi importante ma lungi dallessere egemone. Il partito che diresse la rivoluzione nel 1917 fu in realt il prodotto della congiunzione ai bolscevichi di cinque altre frazioni (tra cui quella diretta da Trotsky) e di minoranze significative di ulteriori tre. 2) La storia del partito bolscevico di Zinoviev, edita in volume nel 1923, stata recentemente pubblicata in edizione italiana dalla Graphos con il titolo La formazione del partito bolscevico 1898-1917. Il testo basato su un ciclo di conferenze tenuto da Zinoviev, allora segretario dellInternazionale Comunista, nello stesso 1923 in occasione del XXV anniversario del Partito operaio socialdemocratico russo. E un ottimo testo popolare sulla storia del partito bolscevico e sui problemi politici legati al suo sviluppo che consigliamo ad ogni compagno di leggere e su cui pensiamo di tornare in un prossimo futuro con una recensione. 3) E diffuso in Italia un mito secondo cui il concetto di egemonia una innovazione teorica peculiare del pensiero di Antonio Gramsci, che lo distaccherebbe dal rigido dogmatismo della III Internazionale leninista. In realt il grande rivoluzionario italiano non ha fatto che riprendere un concetto proprio da decenni del marxismo rivoluzionario russo (I promotori dellidea dellegemonia del proletariato nella rivoluzione sono Plechanov e Lenin: cos Zinoviev nella sua Storia, 1923); Gramsci, con grande brillantezza, ripropone questa tematica centrale in Italia. Per altro, lutilizzo del termine egemonia pi vago, a prima vista, di altri nel periodo del carcere costituiva per Gramsci anche un elemento di prudenza rispetto ad ulteriori misure repressive dei suoi carcerieri fascisti. 4) Ecco cosa afferma Trotsky in una lettera del 21 allo storico comunista Olminsky: Soltanto il bolscevismo, con la fermezza irriducibile della sua linea, ha raccolto nelle sue file gli elementi veramente rivoluzionari dei vecchi intellettuali e dellavanguardia della classe operaia.

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