Sei sulla pagina 1di 15

IL PENSIERO VIVO DI KARL MARX

di Lev Trotsky

Introduzione a cura del Partito Comunista dei Lavoratori - sezione di Pistoia


Lev Trotsky scrisse "Il pensiero vivo di Karl Marx" nella primavera del 1939, pochi mesi prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, epilogo disastroso della crisi che perdurava dal 1929. Le condizioni per la rivoluzione socialista in quegli anni erano, come ebbe a scrivere Trotsky, non soltanto mature ma cominciavano piuttosto a marcire. Gli scritti economici di Marx, relegati a "teorie antiquate" dai dirigenti riformisti del movimento operaio, in quegli anni diventavano sempre pi attuali, al pari di oggi, come dimostra la crisi economica mondiale esplosa a partire dal 2007. "Il Capitale" acquisiva un'importanza centrale nella lotta teorica alle numerose tendenze ideologiche, come il keynesismo, che si erano sviluppate per cercare di salvare un sistema economico in completa rovina e che oggi si ripresentano come neo-keynesismo. Questo testo venne scritto come introduzione alla edizione sintetica del primo libro del Capitale di Marx curata dal comunista tedesco Otto Ruhle. Questa edizione sintetica del primo libro del Capitale non compresa nel testo che segue, dove riportata la sola introduzione scritta da Trotsky che espone in modo magistrale le basi della teoria economica di Marx.

Che cosa viene offerto al lettore


Questo libro espone coerentemente le basi della dottrina economica di Marx con le stesse parole di Marx. Dopo tutto, nessuno ancora riuscito a esporre la teoria del lavoro sul valore economico meglio dello stesso Marx (1). Certe argomentazioni di Marx, specialmente nel primo capitolo, il pi difficile, potranno sembrare al lettore profano troppo verbose, sofistiche, o metafisiche. A dire il vero , questa impressione deriva dalla scarsa abitudine di studiare scientificamente i fenomeni ordinari. Le merci sono diventate un elemento cos diffuso, cos familiare e consueto della nostra vita quotidiana che non tentiamo nemmeno di riflettere sul perch gli uomini si privino di oggetti importantissimi, necessari a mantenerci in vita, in cambio di certi dischetti doro o dargento che non servono assolutamente a nulla su questa terra. Non soltanto il caso delle merci. Non v ramo delleconomia degli scambi che non paia accettato, senza la minima analisi, come ovvio, come base naturale dei rapporti umani. Eppure, mentre la realt del processo economico consiste in elementi come la mano dopera, le materie prime, gli strumenti, le macchine, la divisione del lavoro, la necessit di distribuire prodotti fini tra coloro che partecipano al processo di produzione e simili, categorie come merci, denaro, salari, capitale, profitti, tasse, e simili paiono soltanto, alla mente degli uomini, riflessi semi-mistici dei vari aspetti di un processo economico, che essi non comprendono e non sono in grado di controllare. Per decifrarli, necessaria unapprofondita analisi scientifica. Negli Stati Uniti, dove di un uomo che possegga un milione si dice che vale un milione, i concetti economici sono scesi ancor pi in basso che in ogni altro Paese. Fino a tempi recentissimi gli americani si sono preoccupati ben poco della natura dei rapporti economici. Nella terra del pi potente sistema economico, le dottrine economiche continuavano a essere eccessivamente povere. Solo la crisi recente delleconomia americana, dalle conseguenze a lungo termine, ha brutalmente posto lopinione pubblica americana di fronte ai problemi fondamentali della societ capitalista. Ad ogni modo, chiunque non abbia superato labitudine di accettare senza alcuno spirito critico i concetti prodotti in serie dallo sviluppo economico, chiunque non abbia riflettuto, sulle orme di Marx, sulla natura essenziale della marce come cellula fondamentale dellorganismo capitalista, sar sempre incapace di comprendere scientificamente le manifestazioni pi importanti della nostra epoca.

Il metodo marxista
Definita la scienza come strumento di conoscenza dei fenomeni obiettivi della natura, luomo ha cercato ostinatamente di escludersi dalla scienza, riservandosi privilegi speciali sotto specie di pretesi rapporti con forze trascendenti (religione) o con eterni principi morali (idealismo). Marx ha tolto alluomo, una volta per tutte, questi odiosi privilegi, considerandolo un anello naturale nel processo evolutivo della natura materiale e considerando la

societ umana, lorganizzazione della produzione e della distribuzione, e il capitalismo una fase nello sviluppo della societ umana. Non era scopo di Marx scoprire le leggi eterne delleconomia. Egli negava lesistenza di tali leggi. La storia dello sviluppo della societ umana la storia della successione di vari sistemi economici, ognuno operante in armonia con le sue proprie leggi. Il passaggio dalluno allaltro sistema stato sempre determinato dallaccrescersi delle forze di produzione, vale a dire la tecnica e lorganizzazione del lavoro. Fino a un certo punto, i mutamenti sociali hanno carattere quantitativo e non alterano le fondamenta della societ: le forme prevalenti di propriet. Ma si giunge a un momento in cui le forze di produzione, maturatesi, non possono pi contenersi entro le vecchie forme della propriet; ne segue un mutamento radicale nellordine sociale, accompagnato da urti violenti. La comune primitiva fu o spossessata o superata dallo schiavismo; alla schiavit segu la servit della gleba con le sue sovrastrutture feudali; lo sviluppo commerciale delle citt port lEuropa del XVI secolo allordine capitalistico, che attravers poi diverse fasi. Nel suo Capitale Marx non studia leconomia in generale, ma leconomia capitalista, che ha le sue leggi specifiche. Solo di passaggio egli fa cenno ad altri sistemi economici, per chiarire le particolarit del capitalismo. Leconomia autosufficiente della primitiva famiglia contadina non ha bisogno di una sua economia politica, perch la dominano da una parte le forze della natura e dallaltra le forze della tradizione. Leconomia naturale autosufficiente dei Greci o dei Romani, fondata sulla mano dopera degli schiavi, era dominata dalla volont del proprietario degli schiavi, il cui piano a sua volta era direttamente determinato dalle leggi della natura e della consuetudine. La stessa cosa potrebbe dirsi dello stato medievale con i suoi servi della gleba. In tutti questi casi, i rapporti economici erano chiari e trasparenti nella loro primitiva crudezza. Ma il caso della societ contemporanea completamente diverso. Essa ha distrutto gli antichi nessi a s stanti e i sistemi ereditari di lavoro. I nuovi rapporti economici hanno legato tra loro citt e villaggi, province e nazioni. La divisione del lavoro comprende ormai tutto il pianeta. Distrutte tradizione e consuetudine, questi legami non si sono connessi tra loro secondo un piano definito, ma piuttosto al di fuori della coscienza e della previsione umane. Linterdipendenza di uomini, gruppi, classi, nazioni, derivante dalla divisione del lavoro, non diretta da nessuno. Gli uomini lavorano gli uni per gli altri senza conoscersi, senza informarsi delle loro reciproche necessit, nella speranza, quando non addirittura nella certezza che i loro rapporti in un modo nellaltro si regoleranno da s. E ogni tanto lo fanno, o piuttosto tendevano a farlo. assolutamente impossibile cercare le cause delle fasi della societ capitalistica nella coscienza soggettiva, nelle intenzioni o progetti dei suoi membri. Le leggi obiettive del capitalismo furono formulate prima che la scienza cominciasse a pensarci seriamente. Finora la stragrande maggioranza non sa nulla delle leggi che governano leconomia capitalista. Tutta la forza del metodo marxista sta nel suo affrontare i fenomeni non dal punto di vista oggettivo di certe persone, ma da quello obiettivo dello sviluppo della societ come un tutto, cos come uno studioso di scienze sperimentali si pone a considerare un alveare o un formicaio. Per la scienza il valore decisivo dato da ci che gli uomini fanno e come lo fanno, non da ci che essi pensano delle loro proprie azioni. Alla base della societ non stanno la religione e la morale, ma la natura e il lavoro. Il metodo di Marx materialista perch procede dallesistenza alla coscienza e non in senso opposto. Il metodo Marx dialettico, perch considera la societ e la natura in fase evolutiva, e levoluzione stessa la lotta costante di forze contrapposte.

Il marxismo e la scienza ufficiale


Marx ha avuto predecessori. Leconomia politica classica, con le figure di Adam Smith e Davide Ricardo, giunse alla sua massima fioritura prima che il capitalismo cominciasse a invecchiare e a temere il domani. Marx tribut ai due grandi classici lomaggio di una gratitudine profonda. Cionondimeno, lerrore fondamentale delleconomia classica fu il concepire il capitalismo come normale esistenza della societ, invece di vedere in esso una fase storica nello sviluppo della societ. Marx cominci con una critica di quelleconomia, ne indic gli errori, insieme alle contraddizioni del capitalismo stesso, e ne dimostr linevitabile fine. La scienza non deve raggiungere la propria meta nello studio ermeticamente sigillato dello scienziato, ma nella societ fatta di uomini in carne e ossa. Tutti gli interessi e le passioni che dilaniano la societ esercitano la loro influenza sullo sviluppo della scienza, in particolare sulleconomia politica, la scienza della ricchezza e della povert. La lotta degli operai contro i capitalisti costrinse i teorici della borghesia a voltare le spalle a unanalisi scientifica del sistema di sfruttamento per limitarsi ad una scarna descrizione di fatti economici, a uno studio delleconomia antica e, cosa incommensurabilmente peggiore, a una gretta falsificazione delle cose quali sono, allo scopo di giustificare il regime capitalista. La dottrina economica che si insegna oggi nelle scuole ufficiali e che viene propagandata dalla stampa borghese, non manca di importanti dati di fatto, ma del tutto impotente ad abbracciare il processo economico nella sua unit e a scoprirne le leggi e le prospettive, n ha il minimo desiderio di farlo. Leconomia politica ufficiale morta.

La legge del valore-lavoro


Nella societ contemporanea, il legame principale fra gli uomini quello degli scambi. Ogni prodotto del lavoro che entri nel processo di scambio diventa merce. Marx cominci la sua indagine con la merce e dedusse da questa cellula fondamentale della societ capitalista quei rapporti sociali che si sono obiettivamente forgiati sulla base degli scambi, indipendentemente dalla volont delluomo. Solo cos possibile risolvere il rompicapo fondamentale e

comprendere come, nonostante nella societ capitalista ognuno pensi per s e nessuno pensi agli altri, si creino le corrette proporzioni delle varie branche delleconomia indispensabili alla vita. Loperaio vende la sua forza lavoro, lagricoltore porta i suoi prodotti al mercato, il prestatore di danaro o banchiere concede prestiti, il bottegaio offre una quantit di merci, lindustriale costruisce uno stabilimento, lo speculatore compra e vende azioni e valori, ognuno secondo le proprie valutazioni, i propri piani privati, i propri interessi in fatto di salari o profitti. Tuttavia, da questo caos di azioni e di sforzi individuali emerge una certa unit economica che, invero, non armoniosa, ma contraddittoria, pure offre alla societ la possibilit non solo di esistere ma anche di svilupparsi. Ci significa che, dopo tutto, il caos non affatto caos e che, in un certo qual modo, esso viene regolato automaticamente, anche se non consapevolmente. Comprendere il meccanismo mediante il quale i vari aspetti delleconomia giungono ad uno stato di relativo equilibrio, significa scoprire le leggi obiettive del capitalismo. chiaro che le leggi che governano le varie sfere delleconomia capitalista, salari, prezzi, rendita fondiaria, profitti, interessi, crediti, borsa valori, sono numerose e complesse. Ma in definitiva si riducono alla singola legge che Marx scopr ed esplor da cima a fondo, quella legge del valore del lavoro, che la norma fondamentale delleconomia capitalistica. Lessenza di quella legge semplice. La societ ha a disposizione una certa riserva di forza-lavoro umana. Applicata alla natura, questa forza crea i prodotti necessari alla soddisfazione dei bisogni umani. In conseguenza alla divisione del lavoro tra produttori indipendenti, i prodotti assumono la forma di merci. Le merci vengono reciprocamente scambiate secondo una data proporzione, prima direttamente, e infine a mezzo di oro o monete. La propriet fondamentale delle merci, la quale in una data relazione le pone su un piano di reciproca parit, il lavoro umano esercitato su di esse, lavoro astratto, lavoro come principio generale, base e misura del valore. La divisione del lavoro tra milioni di produttori sparpagliati non porta alla disintegrazione della societ, perch le merci sono scambiate in base al tempo-lavoro socialmente utile da esse rappresentato. Accettando e rifiutando merci, il mercato, arena di scambi, stabilisce se essa contengano o non contengano in se stesse lavoro socialmente utile, determinando cos le proporzioni dei vari generi di prodotti necessari alla societ e di conseguenza determinando pure la distribuzione della forza-lavoro secondo i vari traffici. In realt i processi del mercato sono incomparabilmente pi complessi di quel che non si sia qui esposto in qualche riga. Cos, oscillando intorno al valore del lavoro, e prezzi fluttuano al di sopra o al di sotto dei loro valori. Le cause di queste deviazioni sono ampiamente spiegate nel terzo volume del Capitale di Marx, ove si descrive il processo della produzione capitalistica considerata come un tutto. Ad ogni modo, per grandi che possano essere le divergenze fra i prezzi ed i valori delle merci in singoli casi, la somma di tutti i prezzi uguale alla somma di tutti i valori, perch in definitiva solo i valori creati dal lavoro umano sono a disposizione della societ e i prezzi non possono superare questo limite, compresi e prezzi monopolistici dei trust, dove il lavoro non crea nuovi valori, l lo stesso Rockefeller non pu ottenere nulla.

Ineguaglianza e sfruttamento
Ma se le merci vengono scambiate secondo la quantit di lavoro che esse rappresentano, come nasce lineguaglianza dalluguaglianza? Marx risolse questo rompicapo mostrando la natura particolare di una data merce, che sta alla base di ogni altra merce: la forza-lavoro. Il proprietario dei mezzi di produzione, o capitalista, compera la forzalavoro. Come ogni altra merce la forza-lavoro viene valutata secondo la quantit di lavoro investitavi, e cio secondo i mezzi di sussistenza necessari alla vita e alla riproduzione delloperaio. Ma il consumo della merce -lavoro consiste nel lavoro, nella creazione cio di nuovi valori. La quantit di questi valori pi grande di quella che loperaio stesso riceve e spende per il proprio mantenimento. Il capitalista compera la forza-lavoro per sfruttarla. questo sfruttamento la fonte dellineguaglianza. Quella parte del prodotto che serve a coprire il mantenimento delloperaio, Marx la chiama prodotto-necessario; quella che loperaio produce in pi prodotto in eccesso, o plus-valore. Il plus-valore deve essere stato prodotto dallo schiavo, diversamente il proprietario di schiavi non ne avrebbe tenuti. Il plus-valore deve essere stato prodotto dal servo della gleba, diversamente il vassallaggio non sarebbe stato di nessuna utilit ai proprietari terrieri. Il plus-valore, e in proporzioni considerevolmente maggiori, ancora prodotto dal lavoratore salariato, diversamente il capitalista non avrebbe bisogno di comperare forza-lavoro. La lotta di classe non altro che la lotta per il plus-valore. Chi possiede plusvalore il padrone della situazione, possiede ricchezza, possiede lo Stato, le chiavi della Chiesa, delle corti, delle scienze e delle arti.

Concorrenza e monopolio
I rapporti tra i capitalisti, che sfruttano i lavoratori, sono determinati dalla concorrenza, che da tempo si affermata come fonte principale del progresso capitalistico. Le grandi aziende godono di vantaggi tecnici, finanziari, organizzativi, economici e, elemento importante, politici sulle aziende minori. Il maggiore accumulo di capitali, potendo

sfruttare un maggior numero di lavoratori, esce inevitabilmente vittorioso dalla gara. Questa la base inalterabile del processo di accentramento e di centralizzazione del capitale. Pur stimolando il progressivo sviluppo della tecnica, la concorrenza consuma non solo gli strati intermedi, ma anche se stessa. Sul cadavere e sui semicadaveri dei piccoli e medi capitalisti si leva un numero sempre pi esiguo di sempre pi potenti super signori del danaro. Cos, dallonesta, democratica, progressiva concorrenza emerge irrevocabilmente nocivo, parassitario, reazionario monopolio. Il suo dominio cominci ad affermarsi dopo il 1880, assumendo una forma definita agli inizi del nostro secolo. Oggi la vittoria del monopolio apertamente riconosciuta dagli esponenti ufficiali della societ borghese (2). Tuttavia, quando nel corso della sua prognosi Marx aveva concluso che il monopolio era implicito nelle tendenze del capitalismo, il mondo borghese considerava la concorrenza come una legge eterna della natura. Leliminazione della concorrenza da parte del monopolio segna linizio della disintegrazione della societ capitalistica. La concorrenza era stata la fonte animatrice del capitalismo e la giustificazione storica del capitalista. Parimenti, leliminazione della concorrenza segna la trasformazione degli azionisti in parassiti sociali. La concorrenza doveva avere certe libert, unatmosfera liberale, un regime democratico e un cosmopolitismo commerciale. Al monopolio occorrono un governo il pi autoritario possibile, barriere doganali, sue proprie fonti di mater ie prime e vasto gioco di mercati (colonie). Lultima parola nella disintegrazione del capitale monopolistico il fascismo.

Accentramento della ricchezza e sviluppo delle contraddizioni di classe


I capitalisti e i loro sostenitori cercano in ogni odo di nascondere la reale estensione dellaccentramento della ricchezza agli occhi del popolo come pure agli occhi del fisco. A dispetto dellevidenza, la stampa borghese cerca ancora di mantenere lillusione di una distribuzione democratica degli investimenti di capitale. Il New York Times, polemizzando con i marxisti, afferma che il numero degli imprenditori va dai tre ai cinque milioni. Le societ anonime, vero, rappresentano una maggiore concentrazione di capitali di quel che rappresentino tre o cinque milioni di imprenditori, tuttavia gli Stati Uniti debbono avere mezzo milione di compagnie per azioni. A questa specie di giochetto con somme globali e cifre di medie si ricorre non per mostrare, bens per nascondere le cose quali sono. Dagli inizi della guerra 14-18 fino al 1923, il numero degli stabilimenti e degli impianti industriali negli Stati Uniti cal dal numero indice 100 a quello di 98,7, mentre la massa della produzione industriale saliva da 100 a 156,3. Negli anni della sensazionale prosperit (segnatamente nel 1923), quando parve che ognuno diventasse ricco, il numero degli stabilimenti scese da 100 a 93,8, mentre la produzione saliva da 100 a 113. Inoltre, laccentramento degli impianti industriali, vincolati dai loro ponderosi corpi materiali, di gran lunga inferiore a quello delle loro anime, e cio i proprietari. Nel 1929 gli Stati Uniti avevano in realt pi di trecentomila societ anonime, come osserva giustamente il New York Times. necessario aggiungere solo che 200 di queste, e cio lo 0,07 per cento del totale, controllava direttamente il 49,2 per cento dei beni di tutte le societ. Quattro anni dopo, questo rapporto era gi salito al 56 per cento e durante gli anni della presidenza Roosevelt senza dubbio salito ancora. Allinterno di queste 200 societ le redini sono poi in mano a una piccola minoranza (3). Lo stesso fenomeno osservabile nei sistemi bancario e assicurativo. Cinque tra le maggiori compagnie dassicurazione degli Stati Uniti hanno assorbito non solo le altre, ma anche molte banche. Il numero totale delle banche viene ridotto, principalmente ad opera delle cosiddette fusioni, in realt dagli assorbimenti. Lestensione del gito daffari in aumento costante. Sopra le banche si erige loligarchia delle super-banche. Il capitale bancario si fonde con quello industriale, dando luogo al super-capitale finanziario. Supponendo che laccentramento delle industrie proceda con lo stesso ritmo dellultimo quarto di secolo, e in realt il ritmo si accelera, nei prossim i 25 anni i monopoli avranno accumulato entro di s lintera economia del paese, senza lasciare fuori nemmeno una briciola. Abbiamo citato qui le statistiche americane solo perch pi precise e impressionanti. Il fenomeno di accentramento ha carattere internazionale. Per tutte le varie fasi del capitalismo, attraverso cicliche congiunture, attraverso tutti i regimi politici, attraverso periodi di pace e periodi di conflitti armati, il processo di accentramento di tutte le grandi fortune in un numero di mani sempre pi ristretto continuato e continuer senza fine. Negli anni 1914-18, quando le nazioni sanguinavano a morte, quando gli stessi corpi politici della borghesia crollavano sotto il peso dei singoli debiti nazionale, quando i sistemi fiscali precipitavano nel baratro, trascinando con s le classi medie, i monopoli trassero profitti senza precedenti dal sangue e dal letame. Le pi potenti compagnie degli Stati Uniti, accrebbero i loro benefici, negli anni di guerra, di due, tre, quattro e pi volte, gonfiando i dividendo fino al 300, 400, 900 e pi per cento. Nel 1840, otto anni prima della divulgazione da parte di Marx ed Engels del Manifesto comunista, il celebre scrittore francese Alexis de Tocqueville scriveva nel suo libro La Democrazia in America: I grandi patrimoni tendono a scomparire, il numero dei piccoli capitali in aumento. Questa osservazione stata ripetuta innumerevoli volte, prima nei riguardi degli Stati Uniti, poi di altre giovani democrazie come lAustralia e la Nuova Zelanda. Naturalmente, il punto di vista di Tocqueville, era gi errato fin da allora. Tuttavia, il vero accentramento della ricchezza cominci soltanto dopo la Guerra di Secessione americana, alla vigilia della quale il Tocqueville si spense. Agli inizi di questo secolo il 2 per cento della popolazione statunitense possedeva gi pi di met dellintera ricchezza nazionale; nel 1929 quello stesso 2 per cento possedeva tre quinti del patrimonio della nazione. Nello stesso tempo 36

mila famiglie facoltose avevano un reddito equivalente a quello di 11 milioni di famiglie medie e povere. Durante la crisi del 1929-1933 i monopoli non ebbero bisogno di ricorrere allaiuto pubblico; anzi, prosperarono pi che mai sul declino generale delleconomia nazionale. Nella barcollante ripresa industriale attorno al pasticcio cremoso del New Deal i monopolisti si schiumarono ancora una sostanziosa porzione di crema. Uil numero dei disoccupati discese da 20 a 10 milioni; nello stesso tempo la crosta superiore della societ capitalista, non pi di seimila adulti, accumul dividendi fantastici, come dimostr, cifre alla mano, Robert H. Jackson, durante la sua carica di vice procuratore generale antitrust degli Stati Uniti. Ma il concetto astratto di capitale monopolistico per noi pieno di carne e di sangue. Esso significa che un pugno di famiglie (4), legate da vincoli di parentela e da comuni interessi in una oligarchia capitalista a carattere esclusivo, dispone delle fortune economiche e politiche di una grande nazione. Bisogna ammettere per forza che la legge di Marx sullaccentramento di capitali tutto men che fallace!

Le teorie di Marx sono diventate antiquate?


I problemi relativi alla concorrenza, allaccentramento della ricchezza e al monopolio sottintendono naturalmente il problema se ai nostri giorni i principi economici di Marx abbiano un puro interesse storico, come, per esempio le teorie di Adam Smith, o se continuano ad avere un senso attuale. Il criterio per rispondere al quesito semplice. Se la teoria calcola con esattezza landamento economico prevedendone levoluzione meglio delle altre, sar la teoria pi avanzata del nostro tempo, anche se sia vecchia di parecchie generazioni. Il celebre economista tedesco Werner Sombart, che fu virtualmente marxista agli inizi della sua carriera, per poi rivedere tutti gli aspetti pi rivoluzionari della dottrina marxista, oppose al Capitale di Marx il suo Capitalismo, che probabilmente il pi noto trattato deconomia borghese della sua epoca. Sombart scrive: Marx ha profetizzato in primo luogo, la miseria crescente dei lavoratori salariati, in secondo luogo, il generale accentramento con la scomparsa della classe degli artigiani e dei contadini, infine, il crollo catastrofico del capitalismo. Nulla del genere ancora avvenuto. A questa erronea previsione Sombart oppone il suo pronostico strettamente scientifico, Il capitalismo continuer secondo lui a trasformarsi internamente nella stessa direzione in cui ha gi cominciato a trasformarsi fin dallepoca del suo apogeo: invecchiando diverr sempre pi calmo, pi sedato, pi ragionevole. Cerchiamo di verificare, almeno lungo le linee fondamentali, quale dei due abbia ragione: Marx con le sue previsioni di catastrofe, o Sombart, che in nome di tutta leconomia borghese promise che le cose si sarebbero accomodate pacificamente, tranquillamente, ragionevolmente? Il lettore ammetter che il problema degno dattenzione. a) Teoria della miseria progressiva Accumulo di ricchezze a un polo scriveva Marx sessantanni prima di Sombart significa dunque nello stesso tempo accumulo di miseria, di lavoro abbruttente, schiavit, ignoranza, brutalit, degradazione mentale allaltro polo, cio dalla parte della classe che crea il suo prodotto sotto forma di capitale. Questa tesi di Marx, nota come Teoria dellimpoverimento progressivo, stata fatto oggetto di attacchi costanti da parte dei riformisti democratici e socialdemocratici specialmente nel periodo 1896-1914, quando il capitalismo si sviluppava rapidamente e faceva certe concessioni ai lavoratori, soprattutto a quelli degli strati superiori. Dopo la guerra del 1914-18, allorch la borghesia spaventata dai suoi stessi delitti e dalla Rivoluzione dOttobre, si butt con gran rumore pubblicitario nelle riforme sociali, il cui valore fu del resto contemporaneamente annullato dallinflazione e dalla disoccupazione, la teoria della trasformazione progressiva della societ capitalista parve ai riformisti e ai professori borghesi pienamente provata. Il potere dacquisto del lavoro salariato ci assicur Sombart nel 1928 aumentato in ragione diretta dellespansione della produzione capitalistica. In realt, la contraddizione economica fra proletariato e borghesia si aggrav nel periodo pi prospero capitalistico, quando laumentato tenore di vita di certi strati operai, talvolta anche estesi, nascose la diminuita partecipazione del proletariato al reddito nazionale. Cos, gi sulla soglia della grande crisi, la produzione industriale degli Stati Uniti aument del 50 per cento fra il 1920 e il 1930, mentre la somma totale pagata in salari sal solo del 10 per cento: il che significa una terribile diminuzione della partecipazione operaia al reddito nazionale. Nel 1930 ebbe inizio il fenomeno, di pessimo augurio, di una crescente disoccupazione, e nel 1933 un sussidio pi o meno sistematico ai disoccupati, garant loro sotto forma di aiuti non pi della met di ci che avevano perduto sotto forma di salario. Lillusione dellininterrotto progresso di tutte le classi era svanita senza lasciar traccia. Il relativo declino del tenore di vita delle masse era stato superato da un declino assoluto. I lavoratori cominciano ad economizzare sui loro modesti svaghi, quindi sugli abiti, infine sul vitto. Articoli e prodotti di qualit mediocre sono sostituiti da altri scadenti e questi da altri ancor pi scadenti. I sindacati cominciano ad assomigliare alluomo che si attacca disperatamente al corrimano mentre scende con un ascensore che cala rapidissimo. Con il 6 per cento della popolazione mondiale, gli Stati Uniti detengono il 40 per cento della ricchezza del mondo. Pure, un terzo della nazione, come lo stesso Roosevelt ammette, denutrito, inadeguatamente vestito e vive in condizioni subumane. Che cosa bisogner dire dei paesi meno privilegiati? La storia del mondo capitalistico dopo la guerra del 1914-18 conferma inconfutabilmente la teoria della miseria progressiva.

Il regime fascista, che porta semplicemente allestremo limite il declino e la reazione impliciti in ogni capitalismo imperialista, divenne indispensabile, quando la degenerazione del capitalismo annull ogni possibilit dillusioni su un miglioramento del tenore di vita del proletariato. La dittatura fascista significa laperto riconoscimento della tendenza allimpoverimento che le pi ricche democrazie imperialiste cercano ancora di nascondere. Mussolini e Hitler perseguitano il marxismo con tanto odio proprio perch il loro regime la pi orrenda conferma dellanalisi marxista. Il mondo civile sindign, o finse dindignarsi, quando Goering, con quel tono tra il carnefice e il buffone che gli peculiare, dichiar essere i cannoni pi importanti del burro, o quando Cagliostro-Casanova-Mussolini consigli ai lavoratori italiani di imparare a stringersi ben bene la cintura sulle loro camicie nere. Ma non avviene sostanzialmente la stessa cosa nelle democrazie imperialiste? Per ogni dove il burro serve ormai a ingrassare i cannoni. I lavoratori di Francia, Inghilterra e Stati Uniti imparano a stringere la cinghia senza avere la camicia nera. b) Lesercito di riserva e la nuova sottoclasse dei disoccupati L'esercito industriale di riserva rappresenta un elemento indispensabile del meccanismo sociale capitalistico, esattamente uguale alle macchine di scorta e alle materie prime nei magazzini degli stabilimenti o ai prodotti finiti gi immessi nelle botteghe. N la generale espansione della produzione n l'adattamento del capitale al periodico flusso e riflusso del ciclo industriale sarebbero possibili senza una riserva di forza-lavoro. Dalla tendenza generale dello sviluppo capitalistico, l'aumento di capitale fisso (macchine e materie prime) a spese del capitale variabile (forza-lavoro), Marx trasse la conclusione: "Pi grande la ricchezza sociale... maggiore l'esercito industriale di riserva... pi grande la massa in eccesso di popolazione consolidata... maggiore il pauperismo ufficiale. Questa la legge generale assoluta dell'accumulo capitalistico". Questa tesi, indissolubilmente legata alla "teoria della miseria crescente" e per decenni tacciata di "esagerazione", "tendenziosit", "demagogia", divenuta ora l'impeccabile immagine teorica delle cose quali sono . L'attuale esercito di disoccupati non pu esser pi considerato "massa di riserva", perch la sua base non pu avere pi la minima speranza di ritrovare lavoro; anzi suscettibile di ingrossarsi per un costante afflusso di ulteriori disoccupati. La disintegrazione capitalistica ha prodotto tutta una generazione di giovani che non hanno mai trovato lavoro e non hanno speranza di trovarne. Questa nuova sotto-classe, tra il proletariato e il semiproletariato, e costretta a vivere a spese della societ. stato calcolato che in nove anni (fra il 1930 e il 1938) la disoccupazione ha sottratto all'economia degli Stati Uniti pi di 43 milioni di anni-uomo lavorativi. Ricordando che nel 1929, al massimo della prosperit, c'erano 2 milioni di disoccupati, negli Stati Uniti, e che in questi 9 anni il numero di lavoratori potenziali aumentato di 5 milioni, la cifra totale di anni-uomo perduti deve essere incomparabilmente pi alta. Un sistema sociale devastato da una simile piaga malato senza speranze di salvezza. La vera diagnosi di questa malattia stata fatta quasi ottanta anni fa, quando la malattia medesima era ancora un semplice germe. c) Declino della classe media Le cifre indicanti l'accentramento del capitale mostrano nello stesso tempo che il peso specifico della classe media nella produzione e la sua partecipazione al reddito nazionale sono stati in continuo declino, mentre le piccole propriet sono state completamente divorate o ridotte e derubate della loro autonomia fino a divenire un semplice emblema di sforzi intollerabili e disperata indigenza. Nello stesso tempo, vero, lo sviluppo del capitalismo ha considerevolmente facilitato la formazione dell'esercito di tecnici, degli amministratori, dei funzionari, impiegati, medici, avvocati, insomma del cosiddetto nuovo ceto medio. Ma questo strato, il cui affermarsi non era pi un mistero nemmeno per Marx e il suo tempo, ha poco in comune con l'antica classe media, che nel possesso dei suoi propri mezzi di produzione aveva una tangibile garanzia d'indipendenza economica. I "nuovi ceti medi" dipendono pi direttamente dai capitalisti degli stessi operai. Infatti la classe media in grande misura la loro caposquadra. Inoltre in seno ad essa si notata una notevole superproduzione, con la sua conseguenza di degradazione sociale. "Dati statistici attendibili", dichiara un uomo cos lontano dal marxismo come il gi nominato Procuratore Generale degli Stati Uniti Homer S. Cummings, "indicano che moltissime imprese industriali sono completamente scomparse e ha avuto luogo una progressiva eliminazione del piccolo uomo d'affari come fattore della vita americana". Ma, obietta Sombart, "l'accentramento generale, con la scomparsa della categoria degli artigiani e dei contadini" non s' ancora verificato. Come ogni teorico, Marx cominci a isolare le tendenze fondamentali nella loro forma pura; diversamente sarebbe stato del tutto impossibile comprendere il destino della societ capitalista. Lo stesso Marx era tuttavia perfettamente capace di considerare il fenomeno della vita alla luce dell'analisi concreta, come prodotto della concatenazione di vari fattori storici. Certo, le leggi di Newton non sono invalidate dal fatto che la velocit nella caduta di un grave varia sotto condizioni diverse o che le orbite dei pianeti sono soggette a deviazioni. Per comprendere la cosiddetta "resistenza" della classe media bisogna ricordare che le due tendenze, la rovina dei ceti medi e la loro trasformazione in proletariato, non si sviluppano n con un ritmo regolare n su una stessa scala. Dalla crescente preponderanza della macchina sulla mano d'opera deriva il fatto che pi procede il fenomeno della rovina dei ceti medi, pi esso supera quello della loro proletarizzazione; infatti a un dato punto quest'ultimo deve cessare completamente e addirittura invertirsi. Come l'opera delle leggi fisiologiche d risultati diversi, in un organismo che si sta sviluppando, da quelli in atto in un organismo morente, cos le leggi economiche dell'economia marxista si affermano diversamente in un capitalismo in sviluppo e in un capitalismo in via di disintegrazione. Questa differenza appare con particolare chiarezza nei reciproci rapporti fra citt e campagna. La popolazione rurale degli Stati Uniti, che

aumenta proporzionalmente con un ritmo minore di quello della popolazione totale, continu ad accrescersi in cifre assolute fino al 1910, quando giunse a pi di 32 milioni. Nei successivi vent'anni, nonostante il rapido aumento della popolazione totale, essa scese a 30,4 milioni, cio di milioni 1,6. Ma nel 1935 risal a 32,8, aumentando rispetto al 1930 di milioni 2,4. Questo giro di ruota, sbalorditivo a prima vista, non confuta minimamente n la tendenza della popolazione urbana ad accrescersi a spese della popolazione rurale n la tendenza della classe media a polverizzarsi, mentre dimostra contemporaneamente la disintegrazione del sistema capitalistico nel suo complesso. L'aumento della popolazione rurale nel periodo della crisi acutissima del 1930 spiegato semplicemente dal fatto che circa 2 milioni di appartenenti alla popolazione urbana o, per essere pi precisi, 2 milioni di disoccupati famelici si trasferirono in campagna, in appezzamenti di terreno abbandonati dagli agricoltori o in tenute agricole di loro parenti, per impiegare la loro forza-lavoro, rifiutata dalla societ, nell'economia produttiva naturale e per vivacchiare alla meglio anzich morire totalmente di fame. Cosicch, non si tratta tanto della solidit dei piccoli agricoltori, artigiani e bottegai, quanto della disperata precariet della loro situazione. Lungi dal rappresentare una garanzia per il futuro, la classe media un tragico, sfortunato relitto del passato. Incapace di schiacciarla completamente, il capitalismo riuscito a ridurla al massimo grado di decadimento e rovina. All'agricoltore sono negati non soltanto il fitto dovutogli per il suo pezzo di terra e gli interessi sul suo capitale investito, ma anche larga parte del suo reddito. Parimenti, i poveri diavoli di citt si trascinano nell'angoscia sul piccolo margine loro concesso tra la vita economica e la morte. La classe media non proletarizzata solo perch depauperata. In ci altrettanto difficile trovare un argomento contro Marx quanto in favore del capitalismo.
d) Crisi industriali

La fine del secolo scorso e gli inizi del presente sono stati caratterizzati da progressi cos preponderanti del capitalismo che le crisi cicliche parvero solo turbamenti "accidentali". Negli anni del quasi universale ottimismo capitalistico, i critici di Marx ci promisero che gli sviluppi nazionali e internazionali di trusts, consorzi e cartelli, introducendo un controllo pianificato dei mercati, presagivano il trionfo definitivo sulle crisi. Secondo Sombart, le crisi erano gi state "abolite" prima della guerra ' 14-' 18 dal meccanismo dello stesso capitalismo, onde "il problema delle crisi ci lascia oggi virtualmente indifferenti". Ora, a soli dieci anni di distanza, queste parole suonano come inutile beffa, mentre solo nella nostra epoca la previsione di Marx si annuncia nella piena misura della sua tragica urgenza. notevole come la stampa capitalistica, che tenta parzialmente di negare l'esistenza medesima dei monopoli, ricorra a questi stessi monopoli per negare parzialmente l'anarchia capitalistica. Se sessanta famiglie dovessero controllare la vita economica degli Usa, osserva ironicamente il "New York Times", il fatto significherebbe che il capitalismo americano, lungi dall'essere anarchico e non pianificatore... organizzato con grande precisione . Argomento che fallisce il bersaglio. Il capitalismo stato incapace di portare fino in fondo qualunque sua tendenza. Come l'accentramento di ricchezze non abolisce la classe media, cos il monopolio non abolisce la concorrenza, ma solo la deprime e la mutila. Con i "piani" d'ognuna delle sessanta famiglie, le numerose varianti di questi piani non sono minimamente favorevoli a coordinare le varie branche dell'economia, ma piuttosto ad accrescere i profitti della loro cricca monopolistica a spese di altre cricche e dell'intera nazione. L'incrociarsi di questi piani, alla fine, non fa che accentuare l'anarchia dell'economia nazionale. La crisi del 1929 scoppi negli Usa un anno dopo che Sombart aveva proclamato l'estrema indifferenza della sua "teoria scientifica" al problema stesso delle crisi. Dal vertice di una prosperit senza precedenti l'economia degli Usa. fu precipitata nell'abisso d'una mostruosa depressione. Nessuno ai tempi di Marx avrebbe potuto concepire convulsioni di tale ampiezza! Il reddito nazionale degli Usa era giunto per la prima volta, nel 1920, a sessantanove miliardi di dollari, ma per cadere non pi tardi dell'anno dopo a cinquanta miliardi, una diminuzione, cio, del 27% . Grazie alla prosperit degli anni successivi il reddito nazionale risal, nel 1929, al suo massimo culmine: 81 miliardi di dollari, che per si riducevano nel 1932 a quaranta, diminuzione d'oltre la met! Nei nove anni 1930-1938 vennero perduti circa 43 milioni di anni uomo-lavoro e 133 miliardi di dollari del reddito nazionale, prendendo come base lavoro e reddito del 1929, quando c'erano soltanto 2 milioni di disoccupati. Se tutto ci non anarchia, che cosa mai pu dunque significare questa parola? e) La teoria del disastro Le menti e i cuori degli intellettuali della classe media e dei burocrati delle associazioni sindacali operaie, furono quasi completamente affascinati dalle conquiste del capitalismo nel periodo che va dalla morte di Marx alla guerra mondiale. L'idea del progresso graduale (evoluzione) sembrava essersi affermata per ogni tempo, laddove l'idea di rivoluzione era considerata un mero relitto di barbarie. Alle previsioni marxiste vennero opposte quelle qualitativamente contrarie sulla distribuzione pi equilibrata del reddito nazionale, sull'attenuarsi delle contraddizioni di classe e sulla graduale riforma della societ capitalistica. Jean Jaurs, il pi acuto dei socialdemocratici di quell'epoca classica, sperava di riempire gradualmente di sostanza sociale la democrazia politica. In ci sta l'essenza del riformismo. Questa era l'alternativa della previsione. Che cosa ne resta? La vita del capitalismo monopolistico nel nostro tempo tutta una catena di crisi. Ogni crisi una catastrofe. La necessit di salvarsi da queste parziali catastrofi mediante barriere doganali, inflazione, aumento delle spese governative e debiti apre la via a ulteriori crisi, ma pi profonde e diffuse. La lotta per i mercati, per le materie prime,

per le colonie rende inevitabile la tragedia della guerra, con la sua appendice di sovvertimenti rivoluzionari. Non davvero agevole convenire con Sombart che, invecchiando, il capitalismo diviene sempre pi calmo, sedato, ragionevole. Si potrebbe anzi dire che stia perdendo l'ultima traccia di ragione. Ad ogni modo non c' dubbio che la "teoria del disastro" ha trionfato su quella del processo pacifico.

La decadenza del capitalismo


Per quanto caro possa essere costato alla societ il controllo dei mercati, il genere umano fino a una certa fase, approssimativamente fino alla (prima) guerra mondiale, si accresciuto e arricchito attra-verso crisi ora parziali ora generali. La propriet privata dei mezzi di produzione continu ad essere in quell'epoca un elemento di relativo progresso. Ma ora il cieco controllo da parte della legge del valore si rifiuta di prestare ulteriori servizi. Il progresso umano s' cacciato in un vicolo cieco. Nonostante i trionfi recentissimi della tecnica, le forze materiali di produzione hanno cessato di accrescersi. Il pi chiaro sin-tomo del declino il ristagno mondiale dell'industria edile, dovuto alla cessazione di nuovi investimenti nelle branche fondamentali del-l'economia. I capitalisti non sono semplicemente pi in grado di cre-dere nell'avvenire del loro sistema. Costruzioni promosse dal governo significano aumento di tasse e contrazione del reddito nazionale, soprattutto se la maggior parte delle nuove costruzioni governative sia direttamente volta a fini bellici. Il marasma ha acquisito un carattere particolarmente degradante nella pi antica sfera dell'attivit umana, la pi intimamente legata alle fondamentali necessit di vita dell'uomo: l'agricoltura. Non pi soddisfatti degli ostacoli che la propriet privata nella sua forma pi reazionaria, quella della piccola propriet fondiaria, pone allo sviluppo dell'agricoltura, i governi capitalistici si vedono spesso indotti a limitare artificialmente la produzione mediante misure statutarie e amministrative che avrebbero spaventato gli artigiani delle corporazioni al tempo del loro declino. La storia registrer che il governo del pi potente paese capitalista concesse premi agli agricoltori che riducessero le loro colture, cio che riducessero artificialmente il gi declinante reddito nazionale. I risultati parlano da s: nonostante grandiose possibilit produtti-ve, date dall'esperienza e dalla scienza, l'economia agricola non riesce a venire a galla da una crisi impanatasi nella putredine, mentre il nume-ro degli affamati, la preponderante maggioranza del genere umano, continua ad accrescersi pi rapidamente della popolazione del nostro pianeta. I conservatori considerano politica sensata difendere un ordine sociale che s' ridotto a cos deleteria follia, e condannano la lotta socialista contro tale follia come deleterio sogno utopistico.

Il fascismo e il New Deal


Due metodi, per salvare il capitalismo storicamente condannato, gareggiano oggi nell'arena del mondo: fascismo e New Deal. Il fascismo basa il suo programma sulla demolizione delle organizzazioni sindacali operaie, sulla distruzione delle riforme sociali e sul completo annientamento dei diritti democratici, allo scopo di impedire una rinascita della lotta di classe proletaria. Lo stato fascista ufficialmente legalizza la degradazione degli operai e l'impoverimento dei ceti medi, in nome della salvezza della "nazione" e della "razza", nomi presuntuosi sotto cui si nasconde la decadenza capitalistica. La politica del New Deal, che tenta di salvare la democrazia imperialista mediante concessioni all'aristocrazia del proletariato agricolo e industriale, nel suo ampio raggio possibile solo a nazioni ricchissime e in questo senso dunque politica americana per eccellenza. Il governo americano ha tentato di addossare una parte dei costi di questa politica ai monopoli esortandoli a elevare i salari e a raccorciare la giornata lavorativa, ad accrescere cio il potere d'acquisto della popolazione e a estendere la produzione. Leon Blum tent di tradurre questo sermone in francese da scuola elementare. Invano! Il capitalista francese, come quello americano, non produce per amor della produzione ma per il profitto. sempre pronto a limitare la produzione, anche a distruggere prodotti manufatti, se questo gli permette di aumentare la sua partecipazione al godimento del reddito nazionale. Il programma del New Deal tanto pi incoerente in quanto, mentre fa prediche ai magnati del capitale in merito ai vantaggi dell'abbondanza sulla carestia, il governo dispensa premi per la riduzione della produzione. possibile una maggior confusione? Il governo risponde ai suoi critici con la sfida: e voi potete forse far meglio? Tutto ci significa che su basi capitalistiche la situazione disperata. Durante gli ultimi sei anni, in America, e cio a partire dal 1933, il governo federale, i vari stati e le municipalit hanno versato ai disoccupati sussidi per quasi quindici miliardi di dollari, somma del tutto insufficiente in s e indicativa solo di una parte minima di salari perduti, ma nello stesso tempo, considerato il calante reddito nazionale, somma gigantesca. Nel 1938, anno di relativa ripresa economica, il debito nazionale degli Usa super di 2 miliardi di dollari il limite massimo di 38 miliardi di dollari e di ben 12 miliardi la punta massima raggiunta alla fine della (prima) guerra mondiale. Ai primi del 1939 anche il limite di 40 miliardi di dollari veniva superato. E allora?

Il crescente debito pubblico naturalmente un onere per la posterit. Ma il New Deal stesso era possibile solo a causa delle enormi ricchezze accumulate dalle precedenti generazioni. Soltanto una nazione ricchissima poteva abbandonarsi a una politica di tale sperpero. Ma anche una nazione siffatta non pu continuare all'infinito a vivere a spese delle generazioni precedenti. La politica del New Deal con le sue vittorie fittizie e il suo autentico aggravio del debito pubblico inevitabilmente destinata a culminare in una feroce reazione capitalistica. In altre parole, va lungo le stesse vie su cui muove il fascismo.

Norma o anomalia?
Il ministro degli Interni degli Usa, Harold L. Ickes, considera "una delle pi strane anomalie della storia" che l'America, democratica nella forma, sia autocratica nella sostanza: "L'America, terra ove dominano le maggioranze, ma controllata, almeno fino al 1933(!), da monopoli che a loro volta sono controllati da un numero insignificante di loro azionisti". L'analisi corretta, meno l'allusione che con l'avvento di Roosevelt il dominio dei monopoli o era venuto a cessare o s'era attenuato. Tuttavia quella che Ickes chiama "una delle pi strane anomalie della storia" una cosa ovvia, una delle norme indiscutibili del capitalismo. Il dominio del debole da parte del forte, dei molti da parte di pochi, dei lavoratori a opera degli sfruttatori una legge fondamentale della democrazia borghese. Ci che distingue gli Stati Uniti dagli altri paesi solo il pi ampio raggio e la pi grande odiosit delle contraddizioni in seno a quel capitalismo. La mancanza di un passato feudale, immense risorse naturali, popolazioni energiche e intraprendenti, in una parola, tutti i requisiti occorrenti in un ininterrotto sviluppo della democrazia hanno prodotto una fantastica concentrazione di ricchezze. Promettendo questa volta di portare la guerra contro i monopoli a un esito trionfale, Ickes incautamente si rif a Thomas Jefferson, Andrew Jackson, Abraham Lincoln, Theodor Roosevelt e Woodrow Wilson come predecessori di Franklin D. Roosevelt. "Praticamente tutte le nostre pi grandi figure storiche" egli disse il 30 dicembre 1937, "sono famose per la loro tenace e coraggiosa lotta contro la superconcentrazione della ricchezza e del potere in poche mani". Ma dalle sue stesse parole deriva che frutto di questa "tenace e coraggiosa lotta" stato il completo asservimento della democrazia alla plutocrazia. Per qualche inesplicabile ragione Ickes ritiene che questa volta la vittoria sia certa, purch il popolo comprenda che la lotta "non fra New Deal e illuminato finanziere di tipo medio, ma tra New Deal e i Borboni delie sessanta famiglie che hanno portato gli altri finanzieri degli Usa sotto il terrore del loro dominio". Questo autorevole esponente del governo non spiega come i "Borboni" siano riusciti a soggiogare tutti gli illuminati finanzieri, in barba alla democrazia e agli sforzi delle "pi grandi figure storiche". I Rockefeller, i Morgan, i Mellon, i Vanderbilt, i Guggenheim, i Ford e compagni non invasero gli Stati Uniti dall'esterno, come Cortez nell'occupare il Messico: si svilupparono organicamente dal "popolo" o pi precisamente scaturirono da quel ceto di "illuminati industriali e finanzieri" e diventarono, concordemente all'analisi di Marx, il naturale apogeo del capitalismo. Se una giovane e forte democrazia nemmeno nei giorni del suo pieno vigore fu capace di frenare l'accentramento della ricchezza quando il processo era solo agli inizi, possibile credere per un solo momento che una democrazia in putrefazione sia in grado di indebolire gli antagonismi classisti giunti al loro massimo limite? Ad ogni modo, l'esperienza del New Deal non ha offerto motivi per tanto ottimismo. Confutando le accuse dell'alta finanza al governo, Robert H. Jackson, personaggio di non media importanza nei consigli del gabinetto Roosevelt, prov, cifre alla mano, che durante la presidenza Roosevelt i profitti dei magnati del capitale avevano toccato vette di cui essi medesimi avevano cessato di sognare fin dall'ultimo periodo della presidenza Hoover; dalla qual cosa si deduce, comunque, che la lotta di Roosevelt contro i monopoli non stata coronata da un successo maggiore di quello di tutti i suoi predecessori.

Ritorno al passato
Non si pu che essere d'accordo col prof. Lewis W. Douglas, ex Direttore del Bilancio nell'amministrazione Roosevelt, quando condanna il governo che "mentre attacca il monopolio in un campo, promuove il monopolio in molti altri". Pure, nella natura delle cose e non pu essere diversamente. Secondo Marx, il governo il comitato esecutivo della classe dominante. Oggi i monopolisti rappresentano la sezione pi forte della classe dominante. Nessun governo in grado di combattere il monopolio in generale, cio contro la classe per la volont della quale governa. Mentre attacca un aspetto del monopolio, obbligato a cercare un alleato nelle altre facce del monopolio. D'accordo con le banche e l'industria leggera pu vibrare ogni tanto un colpo contro i trusts dell'industria pesante, che, incidentalmente, non cessano di guadagnare profitti fantastici proprio a causa di ci. Lewis Douglas non contrappone la scienza all'ipocrisia ufficiale, ma solo un'altra specie d'ipocrisia. Egli vede la fonte dei monopoli non nel capitalismo ma nel protezionismo e, conseguentemente, scopre la salvezza della societ non nell'abolizione della propriet privata dei mezzi di produzione ma nella riduzione delle tariffe doganali. "Se non si torner alla libert dei mercati", egli predica, " dubbio che la libert di tutte le istituzioni, d'iniziativa privata, di parola,

educazione, religione, possa sopravvivere". In altre parole, la democrazia, non restaurando la libert dei traffici internazionali, ovunque e nei limiti in cui sia ancora potuta sopravvivere, deve cedere o a una dittatura rivoluzionaria o a una dittatura fascista. Ma la libert dei traffici internazionali inconcepibile senza liberi commerci interni, cio, senza concorrenza. E la libert di concorrenza inconcepibile sotto il dominio dei monopoli. Purtroppo, il signor Douglas, come il signor Ickes, come il signor Jackson, come il signor Cummings e il signor Roosevelt stesso, non s' preso il disturbo di iniziarci alla sua propria ricetta contro il capitalismo monopolistico e pertanto contro una rivoluzione o un regime totalitario. La libert di commercio, come la libera concorrenza, come la prosperit della classe media appartengono all'irrevocabile passato. Tornare indietro oggi la sola cura dei riformatori democratici del capitalismo: ridare pi "libert" a piccoli e medi industriali e finanzieri, cambiar sistema monetario e creditizio in loro favore, liberare il mercato dalla minaccia dispotica del trust, eliminare gli speculatori professionali dalla borsa, ripristinare liberi traffici internazionali, e cos via all'infinito. I riformatori vagheggiano perfino di limitare l'uso delle macchine e sottoporre la tecnica a una sorta di proscrizione, dato che la stessa tecnica turba l'equilibrio sociale ed causa di molte preoccupazioni.

Scienziati e marxismo
Parlando in difesa della scienza il 7 dicembre 1937, il Dr. Robert A. Millikan, eminentissimo fisico americano, ebbe a osservare: "Le statistiche degli Stati Uniti indicano che la percentuale della popolazione che presta la sua opera remunerata in costante aumento da cinquantanni a questa parte, periodo in cui la scienza ha veduto le sue pi rapide applicazioni". Questa difesa del capitalismo sotto specie di difesa della scienza non si pu dire felice. E proprio in quest'ultimo mezzo secolo che "si spezzata la catena del tempo" e l'interrelazione fra tecnica ed economia si nettamente modificata. Il periodo a cui Millikan si riferisce comprende cos gli inizi del declino capitalista come il pi alto livello della prosperit capitalista. Nascondere gli inizi di questo declino, che ha proporzioni mondiali, equivale a levarsi a patrocinatore del capitalismo. Respingendo il socialismo con aria di noncuranza e con argomenti che non farebbero onore nemmeno a Henry Ford, il Dr. Millikan ci dice che nessun sistema di distribuzione pu soddisfare le necessit dell'uomo, quando non elevi il valore quantitativo della produzione. Verissimo! Ma un peccato che il famoso fisico non spieghi ai milioni di disoccupati americani esattamente come dovrebbero fare per contribuire ad aumentare il reddito nazionale. Prediche astratte sulla grazia e la salvezza dell'iniziativa individuale e l'alta produttivit del lavoro salariato non forniranno certo un impiego ai disoccupati, n colmeranno il deficit del bilancio, n trarranno l'industria e la finanza nazionali fuor del vicolo cieco in cui si trovano. Ci che distingue Marx l'universalit del suo genio, la sua capacit a comprendere fenomeni e processi di vari campi nel loro intimo nesso. Senza essere uno specialista di scienze naturali, Marx fu uno dei primi ad apprezzare il significato delle grandi scoperte in quel campo; per esempio, la teoria darwiniana. Marx dovette questa preminenza non tanto al valore del suo intelletto quanto alla virt del suo metodo. Scienziati dalla mentalit borghese possono credersi superiori al socialismo; tuttavia il caso Robert Millikan non che un'altra conferma del fatto che, in sociologia, continuano ad essere disperatamente ciarlataneschi.

Possibilit di produzione e propriet privata


Nel suo messaggio al Congresso, agli inizi del 1937, il Presidente Roosevelt manifest il desiderio di aumentare il reddito nazionale fino a novanta o cento miliardi di dollari, senza per indicare come. In se stesso questo programma straordinariamente modesto. Nel 1929 quando c'erano 2 milioni circa di disoccupati, il reddito nazionale toccava gli 81 miliardi di dollari. Promuovendo le attuali forze produttive si potrebbe non solo realizzare il programma di Roosevelt, ma anche superarlo considerevolmente. Macchine, materie prime, operai, tutto a portata di mano, per tacere del bisogno, da parte della popolazione, di prodotti. Se, nonostante tutto ci, il piano irrealizzabile, ed irrealizzabile, l'unico motivo l'insanabile conflitto sviluppatosi fra propriet capitalistica e bisogno della societ di aumentare la produzione. Il tanto strombazzato dal governo National Survey of Potential Productive Capacity venne alla conclusione che il costo di produzione e servizi utilizzati nel 1929 totalizzavano quasi 94 miliardi di dollari, calcolati in base ai prezzi al minuto. Eppure se tutte le reali possibilit di produzione fossero state utilizzate, la surriportata cifra si sarebbe elevata a 135 miliardi di dollari, con una media annua di 4370 dollari per famiglia, sufficiente a garantire un tenor di vita comodo e decoroso. Si deve aggiungere che i calcoli del National Survey si basano sull'attuale organizzazione produttiva degli Usa, quale stata determinata dalle anarchiche vicende del capitalismo. Se l'intero organismo dovesse venire riorganizzato sulle basi di un piano unitario socialista, i preventivi di produzione potrebbero essere largamente superati e un altissimo tenore di vita, sulla base di una giornata lavorativa estremamente breve, venir garantito a tutta la popolazione. Quindi, per salvare la societ, non c' bisogno n di frenare lo sviluppo della tecnica, chiudere stabilimenti, concedere premi agli agricoltori che sabotino l'agricoltura, trasformare un terzo dei lavoratori in pezzenti, n di ricorrere

alla dittatura di qualche pazzoide. Nessuna di queste misure, che sono una beffa scandalosa agli interessi della societ, necessaria. Ma indispensabile e urgente separare i mezzi di produzione dai loro presenti parassitici proprietari e organizzare la societ in armonia con un piano razionale. Allora sarebbe immediatamente possibile curare la societ dei suoi mali. Tutti coloro in grado di lavorare troverebbero lavoro. La giornata lavorativa s'accorcerebbe gradualmente. I bisogni di tutti i membri della societ verrebbero sempre pi soddisfatti. Le parole "povert", "crisi", "sfruttamento" non sarebbero pi in circolazione. Il genere umano si trasformerebbe finalmente in autentica umanit.

Inevitabilit del socialismo


"Parallelamente al numero in costante diminuzione dei magnati del capitale..." dice Marx, "si accresce la massa della miseria, dell'oppressione, della schiavit, della degradazione, dello sfruttamento; ma, insieme, s'accresce anche la rivolta della classe lavoratrice, classe in aumento numerico costante, e disciplinata, unita, organizzata dallo stesso meccanismo del processo di produzione capitalistica... L'accentramento dei mezzi di produzione e la socializzazione del lavoro giungono finalmente a un punto dove diventano incompatibili col loro involucro capitalistico. Questo involucro viene lacerato da una esplosione. La propriet privata capitalistica suona a morto. Gli espropriatori vengono espropriati". Questa la rivoluzione socialista. Per Marx, il problema di ricostruire la societ non sorge da qualche ricetta, dettata da sue personali preferenze; deriva, ferrea necessit storica, da un lato, dalle forze produttive giunte a potente maturit; dall'altro, dalla ulteriore impossibilit di forgiare queste forze alla merc della legge del valore. Le elucubrazioni di certi intellettuali che, trascurando la dottrina marxista, sostengono come il socialismo non sia inevitabile ma semplicemente possibile, sono prive di qualsiasi valore. Ovviamente, Marx non sottintendeva che il socialismo si sarebbe affermato senza la volont e l'azione dell'uomo; una simile idea un'assurdit. Marx profetizz che, dalla catastrofe economica in cui il processo capitalistico doveva inevitabilmente sfociare, e questa catastrofe gi in atto sotto i nostri stessi occhi, non avrebbe potuto esserci altra via d'uscita che la socializzazione dei nostri mezzi di produzione. Le forze produttive abbisognano di un nuovo organizzatore e di un nuovo padrone e dato che esistere significa essere consapevoli, Marx non aveva dubbi che la classe lavoratrice, a costo di errori e mancanze, sarebbe venuta a capire la situazione reale e, prima o poi, ne avrebbe tratto le imperiose conclusioni pratiche. Che la socializzazione dei mezzi di produzione, creati dal capitalismo, rappresenti un gigantesco beneficio economico oggi dimostrabile non solo in teoria ma anche mediante l'esperimento dell'Urss, nonostante i limiti di quell'esperimento. I reazionari asserviti al capitalismo usano, non senza artifici vari, il regime di Stalin come spauracchio contro le idee del socialismo. Ma un fatto che Marx non ha mai detto che il socialismo possa attuarsi in un solo paese e per di pi arretrato. Le perduranti privazioni delle masse nell'Urss, l'onnipotenza della casta privilegiata, che si elevata al di sopra della nazione e dei suoi mali, e infine la violenza dominante dei burocrati non sono conseguenze del metodo socialista di quell'economia, ma dell'isolamento e arretratezza dell'Urss, chiusa nel cerchio dell'assedio capitalista. La cosa straordinaria che, in condizioni cos eccezionalmente sfavorevoli, l'economia pianificata sia riuscita a dimostrare i suoi insuperabili benefici. Tutti i salvatori del capitalismo, della specie tanto democratica quanto fascista, tentano di limitare, o almeno camuffare il potere dei magnati del capitale per impedire "l'espropriazione degli espropriatori". Tutti riconoscono, e molti di loro apertamente ammettono, che il fallimento dei loro tentativi riformistici deve inevitabilmente condurre alla rivoluzione socialista. Sono riusciti tutti a dimostrare che i loro sistemi per salvare il capitalismo non sono che vana e reazionaria ciarlataneria. La previsione di Marx sull'inevitabilit del socialismo viene cos pienamente confermata attraverso la prova della risultante negativa.

Inevitabilit della rivoluzione socialista


Il programma della "tecnocrazia", che fior nel periodo della grande crisi del 1929-32, si fondava sulla giusta premessa che l'economia pu essere razionalizzata solo mediante l'unione della tecnica al suo culmine scientifico con il governo a servizio della societ. Una tale unione possibile, purch tecnica e governo siano affrancati dalla schiavit della propriet privata. qui che comincia il grande compito rivoluzionario. Per liberare la tecnica dalla cricca degli interessi privati e porre il governo a servizio della societ necessario "espropriare gli espropriatori", Solo una classe potente, tesa alla propria liberazione e avversa agli espropriatori monopolisti, pu compiere questa impresa. Solo in unione con un governo proletario il settore specializzato dei tecnici pu erigere una economia realmente socialista e nazionale, cio un'economia socialista. Sarebbe meglio, naturalmente, raggiungere questa meta con metodi tranquilli, graduali, democratici. Ma l'ordine sociale che sopravvive a se stesso non fa mai luogo al suo successore senza resistenza. Se, ai suoi tempi, la democrazia giovane e nel fiore delle proprie forze si rivel incapace d'impedire alla plutocrazia la conquista della ricchezza e del potere, possibile sperare che una democrazia senile e devastata si dimostri capace di trasformare un ordine sociale fondato sul dominio incontrastato di sessanta famiglie? Teoria e storia insegnano che l'avvento di regimi sociali presuppone la forma pi alta della lotta di classe: la rivoluzione. Anche lo schiavismo non pot essere abolito negli Stati Uniti senza una guerra civile. 'La forza l'ostetrica d'ogni vecchia societ che debba partorirne

una nuova". Nessuno ha finora potuto confutare Marx su questo fondamentale principio di sociologia della societ classista. Solo una rivoluzione socialista pu aprire la strada al socialismo.

Il marxismo negli Stati Uniti


La Confederazione Nordamericana andata pi in l di molte altre nazioni nel campo della tecnica e dell'organizzazione della produzione. Non solo gli americani, ma tutto il genere umano costruir su quelle basi. Tuttavia, i vari momenti del processo sociale in una sola nazione, e quella soltanto, hanno ritmi diversi, secondo particolari condizioni storiche. Mentre godono d'una formidabile superiorit tecnica e tecnologica, gli Stati Uniti hanno una cultura economica estremamente arretrata, tanto nelle sinistre quanto nelle destre. John L, Lewis ha pi o meno le stesse vedute di Franklin D. Roosevelt. Data la natura del suo ufficio, le funzioni sociali di Lewis sono incomparabilmente pi conservatrici, per non dire reazionarie, di quelle di Roosevelt. In certi ambienti americani, c' la tendenza a ripudiare questa o quella teoria sovversiva, senza il minimo spirito scientificamente critico, come "non-americana". Ma dove si pu trovare il criterio di differenziazione? Il cristianesimo fu importato negli Stati Uniti insieme ai logaritmi, la poesia di Shakespeare, le nozioni sui diritti dell'uomo e del cittadino e vari altri non importanti prodotti del pensiero umano. Oggi il marxismo appartiene alla stessa categoria. Il Ministro dell'Agricoltura Henry A. Wallace accus l'autore di queste righe di "... una sottigliezza dogmatica ferocemente non-americana", e contrappose al dogmatismo russo lo spirito opportunistico di Jefferson, che sapeva come cavarsela con gli avversari. Evidentemente, al signor Wallace non mai passato per il capo che una politica di compromesso non funzione di un astratto spirito nazionale, ma prodotto di condizioni materiali. Una nazione che si stia rapidamente arricchendo ha riserve sufficienti per conciliare classi e fazioni avverse. Quando, d'altra parte, i contrasti sociali si acuiscono, ogni possibilit di compromesso scompare. L'America scevra di "sottigliezze dogmatiche" solo perch ricchissima di zone vergini, di risorse inesauribili e, parrebbe, d'illimitate opportunit di arricchimento. Eppure tutto ci non permise allo spirito di compromesso d'impedire la Guerra civile, quando l'ora suon. Ad ogni modo, le condizioni materiali che determinarono il fondamento dell'"americanismo" sono ormai ogni giorno pi relegate nel passato. Onde l'acuta crisi delle tradizionali ideologie americane. Il pensiero empirico, limitato alla soluzione di questioni immediate di volta in volta, parve abbastanza soddisfacente tanto negli ambienti operai quanto in quelli borghesi fino a quando la legge marxista del valore venne a risolvere i problemi degli uni e degli altri. Ma oggi quella stessa legge produce effetti opposti. Invece di promuovere e stimolare l'economia, ne mina le fondamenta. Le teorie eclettiche conciliative, mantenendo un atteggiamento sfavorevole o sdegnoso nei riguardi del marxismo, definito "dogma", e col loro fisiologico apogeo, il pragmatismo, si rivelano inadeguate all'estremo, sempre pi inconsistenti, reazionarie e ridicole. Sono invece le idee tradizionali di "americanismo" che, divenute senza vita, "dogma" pietrificato, non generano pi che errori e confusione. Nello stesso tempo, l'insegnamento economico di Marx ha acquistato particolare mordente e vitalit per gli Stati Uniti. Sebbene il Capitale si basi su fonti internazionali, preponderantemente inglesi, nel suo fondamento teoretico un'analisi del capitalismo puro, del capitalismo in genere, del capitalismo come tale. Non c' dubbio che il capitalismo formatosi sul suolo vergine, non-storico del continente americano il pi vicino a quel tipo astratto di capitalismo. Con buona pace del signor Wallace, l'America si svilupp economicamente non in armonia coi principi di Jefferson, ma secondo le leggi di Marx. Non pi offensivo per l'orgoglio nazionale il riconoscerlo, quanto l'ammettere che l'America gira intorno al sole secondo le leggi di Newton. Il Capitale fornisce una diagnosi perfetta della malattia e una prognosi insostituibile. In questo senso la dottrina di Marx assai pi imbevuta di nuovo "americanismo" che non le concezioni di Hoover e Roosevelt, di Green e Lewis. C' infatti tutta una serie di pubblicazioni, diffusissime, negli Stati Uniti, sulla crisi dell'economia americana. Finch coscienziosi economisti offrono un quadro obiettivo delle tendenze deleterie del capitalismo americano, le loro indagini, indipendentemente dalle loro premesse teoretiche, paiono dirette illustrazioni della teoria di Marx. La tradizione conservatrice si rivela, tuttavia, quando questi autori tenacemente si astengono da conclusioni definitive limitandosi a cupe predizioni o a divertenti assurdit, quali "il paese deve comprendere", la "pubblica opinione deve seriamente considerare", e simili. Questi libri sembrano un coltello senza lama. Gli Stati Uniti hanno avuto dei marxisti, in passato, vero, ma erano uno strano tipo di marxisti, o piuttosto, tre strani tipi. In primo luogo, emigranti cacciati dall'Europa, che fecero quel che poterono, ma non riuscirono a trovare nessuna rispondenza; in secondo luogo, gruppi americani isolati, come i De Leonists, che, col passar del tempo, e a causa dei loro errori, si trasformarono in vere e proprie sette; in terzo luogo, dilettanti attratti dalla Rivoluzione d'Ottobre e curiosi del marxismo come dottrina esotica che aveva poco a che fare con gli Stati Uniti. Il loro tempo passato. Albeggia ora la nuova epoca di un indipendente movimento di classe del proletariato e nello stesso tempo... di genuino marxismo. Anche in questo l'America in pochi lunghissimi passi raggiunger l'Europa e la sorpasser. Tecnica progressiva e progressiva struttura sociale si faranno strada nello spirito della dottrina marxista. I migliori teorici del marxismo appariranno sul suolo americano. Marx diverr il mentore dei progrediti lavoratori americani. Per loro questa riassuntiva esposizione del primo volume diverr soltanto il primo passo verso il Marx completo.

Lo specchio ideale del capitalismo

Nell'epoca in cui fu pubblicato il primo volume del Capitale la dominazione mondiale da parte della borghesia inglese era ancora intatta. Le leggi astratte dell'economia mercantile trovavano naturalmente la loro pi perfetta incarnazione, e cio la meno legata a passate influenze, nel paese dove il capitalismo aveva raggiunto il suo massimo sviluppo. Pur basandosi nella sua analisi soprattutto sull'Inghilterra, Marx non aveva presente soltanto l'Inghilterra, ma l'intero mondo capitalistico. Si serv dell'Inghilterra del suo tempo come del migliore specchio contemporaneo del capitalismo. Ora resta solo il ricordo del primato britannico. I vantaggi della primogenitura capitalistica si sono trasformati in svantaggi. La struttura tecnica ed economica dell'Inghilterra s' logorata. Il paese continua a dipendere per la sua posizione mondiale dall'impero coloniale, eredit del passato, pi che da un attivo potenziale economico. Questo spiega, incidentalmente, la cristiana carit di Chamberlain verso il gangsterismo internazionale dei fascisti, carit che ha suscitato tanto stupore. La borghesia inglese non pu fare a meno di accorgersi che la sua decadenza economica diventata del tutto incompatibile con la sua posizione nel mondo e che una nuova guerra minaccia di provocare il crollo dell'impero britannico. Essenzialmente analoghe sono le basi economiche del "pacifismo" francese. La Germania, al contrario, ha utilizzato nella sua rapida ascesa capitalistica i vantaggi dell'arretratezza storica, armandosi con la tecnica pi perfetta dell'Europa. Con una ristretta base nazionale e scarsit di risorse naturali, il dinamico capitalismo germanico si per necessit trasformato nel pi esplosivo elemento nel cosiddetto equilibrio delle forze mondiali. L'epilettica ideologia di Hitler soltanto un'immagine riflessa dell'epilessia del capitalismo germanico. Oltre ai numerosi incomparabili vantaggi di carattere storico, lo sviluppo degli Stati Uniti ha goduto della preminenza di un territorio incommensurabilmente pi esteso e di ricchezze naturali straordinariamente pi grandi, che non la Germania. Superata, e di molto, la Gran Bretagna, la repubblica nordamericana divenne agli inizi di questo secolo la massima fortezza della borghesia mondiale. L tutte le possibilit insite nel capitalismo hanno trovato la loro pi alta affermazione. In nessun'altra parte del nostro pianeta la borghesia pu in qualsiasi modo superare le conquiste attuate nella repubblica del dollaro, che diventata, per il capitalismo del ventesimo secolo, lo specchio pi perfetto. Per gli stessi motivi per cui Marx prefer basare la sua analisi su statistiche inglesi, resoconti parlamentari inglesi, "libri azzurri" inglesi, noi siamo ricorsi nella nostra moderna introduzione a documentazioni fornite principalmente dalle esperienze economiche e politiche degli Stati Uniti. Non sarebbe difficile, naturalmente, citare fatti e cifre analoghe dalla vita di ogni altro paese capitalista. Ma ci non aggiungerebbe nulla di essenziale. Le conclusioni rimarrebbero le stesse, solo i fatti citati sarebbero meno impressionanti. La politica economica del Fronte Popolare in Francia stata, come uno dei suoi finanzieri l'ha giustamente definita, una riduzione del New Deal "per lillipuziani". pi che ovvio che in una analisi teorica sia infinitamente pi comodo trattare con ordini di grandezze ciclopiche anzich lillipuziane. E la stessa immensit dell'esperimento di Roosevelt dimostra come soltanto un miracolo possa salvare il sistema mondiale capitalistico. Ma si d il caso che lo sviluppo della produzione capitalistica ponga un termine alla produzione di miracoli. Inni propiziatori e preghiere abbondano, i miracoli non si verificano. Tuttavia chiaro che se il miracolo del ringiovanimento del capitalismo avesse a verificarsi in qualche luogo, non potrebbe accadere che negli Stati Uniti. Ma questo ringiovanimento non stato raggiunto. Ci che i ciclopi non sono stati capaci di fare, ancor meno lo possono i lillipuziani. Gettare le fondamenta di questa semplice conclusione lo scopo della nostra scorribanda nel campo dell'economia americana.

Madrepatria e colonie
"Il paese industrialmente pi sviluppato non fa che mostrare al meno sviluppato limmagine del suo avvenire" scrisse Marx nella prefazione alla prima edizione del suo Capitale. In nessun caso questa considerazione va presa alla lettera. L'accrescersi delle forze produttive e l'approfondirsi delle contraddizioni sociali senza dubbio il destino di ogni paese che si sia avviato sulla strada del progresso borghese. Tuttavia, la sproporzione fra ritmi e livelli, intrinseca a tutti gli sviluppi del genere umano, non solo divenuta particolarmente acuta sotto il capitalismo, ma ha promosso la complessa interdipendenza della subordinazione, dello sfruttamento e dell'oppressione tra paesi dalla diversa fisionomia economica. Soltanto una minoranza di paesi ha percorso completamente tutto il logico e sistematico processo di sviluppo dall'artigianato, attraverso la manifattura a domicilio, fino allo stabilimento, processo che Marx sottopose a un'analisi tanto particolareggiata. Il capitale commerciale, industriale e finanziario invase dall'esterno paesi arretrati, in parte distruggendo le forme primitive di economia locale e in parte soggiogandole al mondiale sistema industriale e bancario dell'occidente. Sotto la sferza dell'imperialismo, le colonie e le semicolonie furono costrette a non tener conto delle fasi intermedie, nello stesso tempo artificialmente persistendo su questo o quel livello. Lo sviluppo dell'India non ripet lo sviluppo della Gran Bretagna; non ne fu che un supplemento. Per, per comprendere il tipo combinato di sviluppo di paesi arretrati e non indipendenti come l'India, sempre necessario tener presente lo schema classico che Marx dedusse dallo sviluppo dell'Inghilterra. La teoria socialista del valore guida egualmente i calcoli degli speculatori nella City di Londra e le transazioni dei cambiavalute nei pi remoti angoli dell'Hyderabad, con l'eccezione che in questo caso assume aspetti pi semplici, meno sottili e scaltri.

Le sproporzioni di sviluppo portarono benefici straordinari ai paesi pi progrediti, i quali, anche se in grado diverso, continuarono a svilupparsi a spese dei pi arretrati, sfruttandoli, trasformandoli in colonie, o, almeno, rendendo loro impossibile di far parte dell'aristocrazia capitalista. Le ricchezze della Spagna, dell'Olanda, dell'Inghilterra, della Francia furono ottenute non solo dal plus valore fornito dai loro proletariati, non solo dalle devastazioni inflitte alle loro piccole borghesie, ma anche dai saccheggi sistematici dei loro possessi d'oltremare. Lo sfruttamento delle classi fu sostituito e migliorato dallo sfruttamento delle nazioni. La borghesia delle nazioni metropolitane pot assicurare una posizione privilegiata al suo proletariato, pagandola con una parte dei sopraprofitti spremuti dalle colonie. Senza tutto ci, qualsiasi forma di stabile regime democratico sarebbe stata impossibile all'infinito. Nella sua manifestazione diffusa, la democrazia borghese divenne, e continua a essere, una forma di governo accessibile soltanto alle nazioni pi aristocratiche e sfruttatrici. L'antica democrazia era basata sullo schiavismo, la democrazia imperialista sulla spoliazione delle colonie. Gli Stati Uniti, che formalmente non hanno quasi colonie, sono tuttavia i pi privilegiati fra tutte le nazioni della storia. I dinamici emigranti europei s'impossessarono di un continente ricco all'estremo, sterminarono la popolazione indigena, occuparono la parte migliore del Messico e si presero la parte del leone nelle ricchezze del mondo. Le scorte di grasso cos accumulate continuano a essere utili anche ora, nell'epoca della decadenza, per ungere il meccanismo e le ruote della democrazia. Recenti esperienze storiche, insieme con l'analisi teorica, attestano che il ritmo evolutivo della democrazia e la sua stabilit sono in ragione inversa della tensione dei contrasti di classe. Nei paesi capitalisti meno privilegiati (Russia, da una parte; Germania, Italia e simili dall'altra), che sono stati incapaci di generare una numerosa e salda aristocrazia del lavoro, la democrazia non si mai sviluppata in misura alcuna, soggiacendo alla dittatura con relativa facilit. Tuttavia, la continua paralisi progressiva del capitalismo sta preparando lo stesso destino alle democrazie delle nazioni pi ricche e privilegiate: la sola differenza sta nel tempo. L'irrefrenabile logorio delle condizioni di vita dei lavoratori rende sempre meno possibile alla borghesia concedere alle masse il diritto di partecipazione alla vita politica anche dentro l'angusta cornice del parlamentarismo borghese. Qualsiasi altra spiegazione dell'esautoramento della democrazia da parte del fascismo una falsificazione idealistica delle cose quali sono, volont d'illudere o d'illudersi. Mentre distrugge la democrazia nelle antiche madrepatrie del capitale, l'imperialismo nello stesso tempo impedisce il sorgere della democrazia nei paesi arretrati. Il fatto che nella nuova epoca non una sola delle colonie o delle semicolonie abbia consumato la sua rivoluzione democratica, soprattutto nel campo dei rapporti agrari, interamente dovuto all'imperialismo che diventato il freno principale al progresso economico e politico. Depredando le ricchezze naturali dei paesi arretrati e deliberatamente mortificando il loro indipendente sviluppo industriale, i magnati monopolisti e i loro governi contemporaneamente prestano aiuti finanziari, politici e militari ai gruppi pi reazionari, parassitari, semifeudali di sfruttatori indigeni. La barbarie agraria artificialmente mantenuta oggi la piaga pi tragica della contemporanea economia mondiale. La lotta dei popoli coloniali per la loro liberazione, superando le fasi intermedie, si trasforma di necessit in una lotta contro l'imperialismo, allineandosi cos con la lotta del proletariato nei paesi metropolitani. Guerre e sollevamenti coloniali a loro volta minano le fondamenta del mondo capitalistico pi che mai, rendendo ancor meno possibile il miracolo della sua rigenerazione.

Economia mondiale pianificata


Il capitalismo si conquistato il duplice merito storico di aver posto la tecnica su di un livello elevatissimo e di aver collegato il mondo intero con vincoli economici. Ha cos fornito i fondamentali requisiti materiali per l'utilizzazione sistematica di tutte le risorse del nostro pianeta. Ma il capitalismo non in grado di adempiere a questa urgente funzione. I nuclei della sua espansione continuano ad essere circoscritti stati nazionali con le loro dogane e i loro eserciti. Eppure le forze produttive hanno da gran tempo superato i confini dello stato nazionale, trasformando cos ci che un tempo era un fattore storico progressivo in una intollerabile costrizione. Le guerre imperialistiche non sono che le detonazioni delle forze produttive contro i confini statali, che si sono rivelati loro troppo limitativi. Il programma della cosiddetta autarchia non ha nulla a che vedere con il ritorno a un'economia chiusa, autosufficiente. Esso significa solo che la base nazionale viene attrezzata per una nuova guerra. Dopo il Trattato di Versailles, si credette generalmente che l'orbe terraqueo fosse stato bene suddiviso. Ma fatti pi recenti hanno contribuito a ricordarci che il nostro pianeta continua a contenere terre che non sono state ancora saccheggiate o sufficientemente saccheggiate. La lotta per le colonie continua ad essere parte essenziale della politica del capitalismo imperialistico. Indipendentemente dalla completezza con cui il mondo viene spartito, il processo non ha mai termine, ma solo infinitamente pone all'ordine del giorno il problema di una nuova suddivisione del mondo in armonia con le alterazioni nei rapporti tra le forze imperialistiche. Questa la ragione oggi dei vari riarmi, delle varie convulsioni diplomatiche e dei vari schieramenti di guerra. Ogni tentativo di rappresentare la guerra attuale come un urto fra le idee di democrazia e di fascismo appartiene al regno della ciarlataneria o della stupidit. Le forme politiche cambiano, gli appetiti capitalistici rimangono. Se un regime fascista dovesse stabilirsi domani sull'una o sull'altra sponda della Manica, e quasi nessuno oserebbe negarne la possibilit, i dittatori di Parigi e di Londra sarebbero altrettanto disposti a cedere i loro possedimenti coloniali

quanto Hitler e Mussolini le loro richieste coloniali. La lotta furiosa e disperata per una nuova divisione del mondo deriva irresistibilmente dalla crisi mortale del sistema capitalista. Riforme parziali e pannicelli caldi non serviranno a nulla. L'evoluzione storica giunta a una di quelle fasi decisive in cui solo l'intervento diretto delle masse popolari pu spazzare via gli ostacoli reazionari e gettare le fondamenta di un nuovo regime. L'abolizione della propriet privata dei mezzi di produzione il primo passo per un'economia pianificata, e cio l'avvento della ragione nella sfera dei rapporti umani, prima su scala nazionale e alla fine mondiale. Una volta cominciata, la rivoluzione socialista si diffonder di paese in paese con una forza incomparabilmente maggiore di quella con cui si diffonde oggi il fascismo. Con l'esempio e l'aiuto delle nazioni progredite, le nazioni arretrate verranno esse pure trasportate nella fiumana del socialismo. I putridi cancelli di pedaggio delle dogane crolleranno. I contrasti che lacerano l'Europa e il mondo intero troveranno la loro naturale e pacifica soluzione nel quadro di una Confederazione Socialista in Europa e in altre parti del mondo. L'umanit liberata si lever ritta in tutta la sua statura.

Note

(1)La riduzione del primo volume del Capitale, fondamento di tutto il sistema dell'economia marxista, stata fatta da Otto Ruhle con profonda comprensione di simile compito. Sono stati eliminati esempi superati dai tempi, poi citazioni da scritti che oggi hanno solo interesse storico, polemiche con autori ormai dimenticati e infine numerosi documenti che, quale che possa essere la loro importanza per la comprensione di una data epoca, non hanno posto in un'esposizione concisa, che persegue fini teorici pi che storici. Nello stesso tempo, Otto Ruhle ha fatto tutto il possibile per conservare continuit al procedere dell'analisi scientifica. Deduzioni logiche e passaggi dialettici non sono stati, ne siamo certi, interrotti in nessun punto. ragionevole che questo estratto esiga una lettura quanto mai attenta. (2) La concorrenza come forza moderatrice, lamenta lex Procuratore Generale degli Stati Uniti, Mr. Homer S. Cummings, viene gradualmente eliminata e in vasti settori essa non pi che il pallido ricordo di condizioni che hanno cessato di essere. (3) Un commissario del Senato degli Stati Uniti rilev nel febbraio 1937 che in quegli ultimi 20 anni le decisioni delle dodici maggiori societ anonime equivalevano a ordini impartiti alla maggior parte dell'industria americana. Il numero di presidenti del consiglio d'amministrazione di queste societ corrisponde all'incirca ai numero dei membri del gabinetto del Presidente, branca esecutiva del governo della Repubblica stellata. (4) Lo scrittore americano Ferdinand Lundberg, che nonostante tutta la sua coscienziosit di studioso un economista piuttosto conservatore, scrisse nel suo libro che fece tanto chiasso: "Gli Stati Uniti sono oggi posseduti e dominati da una gerarchia di sessanta tra le pi ricche famiglie, sostenuta da non pi di novanta famiglie meno ricche". A queste si potrebbero aggiungere un terzo gruppo di, forse, 350 altre famiglie con redditi superiori ai centomila dollari annui. La posizione di predominio spetta al primo gruppo di sessanta famiglie, che dominano non solo il mercato, ma anche tutte le leve del governo. Sono esse il vero governo, "il governo del denaro nella democrazia del dollaro".

Potrebbero piacerti anche