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Democrazie mafiose, partitocrazia, mitologie ecc: alcuni testi

A cura di Mario Armellini

1) Due nazioni. Legittimazione e delegittimazione nella storia


dell'Italia contemporanea
A cura di Di Nucci L., Galli Della Loggia E.
Il Mulino, 2003
L'Italia si caratterizza sin dall'Unità per un livello di
contrapposizione politica singolarmente alto. Una contrapposizione
che si nutre di divisioni non tanto sociali, religiose o
linguistiche, quanto soprattutto di natura spiccatamente
ideologica, se non antropologica. L'intera vicenda storica del
paese rivela, infatti, una singolare propensione alla divisività,
che si manifesta in una lunga serie di coppie di opposti:
nord/sud, laici/cattolici, interventisti/neutralisti,
fascisti/antifascisti, comunisti/anticomunisti. Tale divisività
rimanda al cruciale problema della legittimazione e della
delegittimazione all'interno del sistema politico e alimenta uno
scontro che si configura spesso come una vera e propria guerra tra
"due nazioni".

2) Italiani senza padri. Intervista sul Risorgimento


Gentile Emilio, Fiori S.
Laterza 2011
In una approfondita conversazione con Simonetta Fiori, giornalista
di "Repubblica", Emilio Gentile riflette sul rapporto che la
società italiana ha con il Risorgimento e il suo patrimonio
ideale, a centocinquant'anni dall'atto di nascita dello Stato
italiano. Ne esce un ripensamento complessivo dell'esperienza
risorgimentale che investe totalmente l'atteggiamento degli
italiani verso lo Stato nazionale. La nostra mancata coscienza
nazionale e civile è stata sostituita da un generico senso di
italianità, che costantemente oscilla tra miseria e nobiltà, in un
processo di smarrimento collettivo, accentuato da una disordinata
modernizzazione rimasta priva di una guida politica, e in cui non
mancano le responsabilità del ceto dei colti e anche della
storiografia italiana (e anglosassone), lungamente disattenta alla
questione nazionale. Dalle grandi divisioni ideologiche tra
liberali e gramsciani all'attuale 'inno risorgimentale' che
accomuna studiosi di ispirazione diversa, passando attraverso i
processi contro il Risorgimento degli ultimi decenni, Gentile si
confronta con i maestri e gli ispiratori della storiografia
novecentesca - da Croce a Salvemini, da Gramsci a Gobetti - per
poi dialogare con Renzo De Felice e Rosario Romeo, fino a
discutere le tesi degli attuali protagonisti del dibattito
intellettuale, da Ernesto Galli della Loggia a Gian Enrico
Rusconi, da Giuseppe Galasso a Paul Ginsborg e Alberto Mario
Banti, da Denis Mack Smith a Christopher Duggan.
Miti e storia dell'Italia unita
Cafagna et al.
Il Mulino 1999
Dal mito mazziniano della "terza Roma" sino alla recentissima idea
del riformismo di Togliatti, passando per il brigantaggio e
l'irredentismo, il consenso al fascismo e il regime Dc, la
programmazione e la Costituzione, la Resistenza e i misteri del
caso Moro, gli autori analizzano i miti-chiave dell'Italia unita,
quelli che hanno avuto o hanno un'importanza nelle vicende
politiche dell'Italia. Come è accaduto ad altri paesi, l'Italia è
ricorsa spesso al passato per definire la propria identità
culturale e legittimare i diversi regimi politici; questo
repertorio di miti diventa allora occasione per illustrare
elementi peculiari della storia nazionale, non ultimo il
particolare ruolo giocato dagli intellettuali nella costruzione di
un passato addomesticato.
Giovanni Belardelli insegna Storia del pensiero politico
contemporaneo nell'Università di Perugia. Luciano Cafagna, dopo
aver insegnato Storia contemporanea all'Università di Pisa, è
stato commissario dell'Autorità garante per il mercato e la
concorrenza. Ernesto Galli della Loggia insegna Storia dei
movimenti e dei partiti politici all'Università di Perugia.
Giovanni Sabbatucci insegna Storia contemporanea all'Università
"La Sapienza" di Roma.

Il mito dello stato


Ernst Cassirer
SE 2010
"Negli ultimi trent'anni, nel periodo fra la prima e la seconda
guerra mondiale, non abbiamo attraversato soltanto una grave crisi
della nostra vita politica e sociale, ma ci siamo anche trovati di
fronte a problemi teoretici del tutto nuovi. Abbiamo assistito a
un cambiamento radicale delle forme del pensiero politico. Sono
state poste nuove domande, e date nuove risposte. Problemi
sconosciuti ai pensatori politici del XVIII e XIX secolo sono
improvvisamente venuti alla ribalta. Forse il tratto più
importante e più allarmante di questo sviluppo del pensiero
politico moderno è l'apparizione di un nuovo potere: il potere del
pensiero mitico. La preponderanza del pensiero mitico sul pensiero
razionale in alcuni dei nostri sistemi politici moderni è
evidente. Dopo una lotta breve e violenta, sembra che il pensiero
mitico abbia riportato una vittoria schiacciante e definitiva.
Com'è stata possibile questa vittoria? Come possiamo comprendere
il nuovo fenomeno apparso così all'improvviso sull'orizzonte
politico, e che in un certo senso sembra aver rovesciato tutte le
nostre idee intorno al carattere della nostra vita intellettuale e
sociale?"

Democrazie mafiose e altri scritti. Come i partiti hanno


trasformato le moderne democrazie in regimi dominati da ristretti
gruppi di potere
Gentile Panfilo (a cura di De Turris G.)
Ponte alle Grazie, 2005.
Panfilo Gentile (L'Aquila, 1889 – Roma, 1971) professore di
filosofia del diritto, avvocato, uomo politico, saggista e
giornalista, è stato uno dei più insigni rappresentanti italiani
dell'idea liberale. Per tutto il Novecento si eresse a voce libera
e critica soprattutto contro i regimi di massa, in particolar modo
fu un attento lettore, per certi versi anche anticipatore, della
partitocrazia, già da allora paventata. Emblematico al riguardo il
suo saggio "Democrazie mafiose", del 1969, esame più che profetico
sulla decomposizione dei partiti a nicchie di potere. Cercò in
quel trattato di dimostrare che tutte le democrazie sono
necessariamente mafiose perché tutte, vengono governate da elites
demagogiche che ammaliano le masse soltanto per conservare
tenacemente il potere a loro profitto. Dove il termine mafiose
verso organismi ed istituzioni era da intendere come la vittoria
degli interessi di parte e corporativi sull'interesse generale.

Democrazia criminale
Eugenio Orso
http://pauperclass.myblog.it/list/stato-e-dissoluzione/democrazia-
criminale-di-eugenio-orso.html

La criminalità sistemica come metodo di governo


Roberto Scarpinato
http://www.cosmopolisonline.it/20090522/scarpinato.php

Contro il regime. Panfilo gentile e l'opposizione liberale alla


partitocrazia (1945-1970)
Alberto Giordano
Rubbettino, 2010
Nei primi venticinque anni di vita dell'Italia postfascista,
Panfilo Gentile e gli altri teorici liberali proposero ai
cittadini un modello di Paese radicalmente alternativo a quello
vigente. L'Italia che sognavano era caratterizzata dalla difesa
dei diritti dei cittadini, dalla costruzione di una democrazia
dell'alternanza e dalla promozione di un'economia sana e dinamica.
Ma quando si avvidero che il percorso intrapreso dalle classi
dirigenti procedeva nella direzione opposta, ne denunciarono con
forza le degenerazioni di stampo clientelare e partitocratico; in
tutta risposta, il potere li sospinse ai margini del dibattito
pubblico. Eppure le loro analisi sono ancora illuminanti,
permettendoci di intravedere come avrebbe potuto evolversi, e non
si è evoluta, la democrazia italiana. Ecco la ragione per cui
occorre conoscerne la storia, che in questo libro viene
ricostruita con rigore e originalità.

Partitocrazia. Il «regime» italiano e i suoi critici


Eugenio Capozzi
Guida 2009
Nel secondo dopoguerra la polemica contro l'invadenza degli
"apparati" di partito nella vita politica democratica è stata una
tra le espressioni più significative delle difficoltà nel percorso
di costruzione degli ordinamenti rappresentativi, di cui era
emersa coscienza a più riprese già nella precedente storia dello
Stato unitario. Nella "prima Repubblica" la cultura
antipartitocratica si è tradotta in numerose proposte (all'epoca
estremamente minoritarie) per l'adeguamento delle istituzioni
italiane a modelli di democrazia "governante". Nel nuovo quadro
politico bipolare impostosi a partire dagli anni Novanta essa ha
apparentemente conquistato un consenso molto più vasto: ma è stata
in realtà spesso recepita nella forma banalizzata di una generica
rivolta moralistica contro la classe politica in nome di una
"società civile" idealizzata.

Dopo la politica. Democrazia, società civile e crisi dei partiti


Duccio Zola (a cura di)
Edizioni dell’Asino, 2008
Crisi della politica e futuro della democrazia come
partecipazione. L'analisi del declino del sistema della
rappresentanza e dei partiti alla luce degli scenari possibili di
riforma della politica e del ruolo delle minoranze attive per il
cambiamento. Il libro contiene numerosi interventi tra cui quello
del filosofo tedesco Jurgen Habermas sul rapporto tra politica e
disobbedienza civile, di Luigi Bobbio sulle virtù del sorteggio,
di Carlo Donolo sulle aspettative deluse della democrazia
rappresentativa, del politologo tedesco Ekkehart Krippendorff su
come far politica "senza essere governati", di Giuseppe Cotturri
sul rapporto tra politica e sussidiarietà, di Giulio Marcon sul
rapporto tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa e
infine un contributo di Donatella Della Porta sul ruolo dei
movimenti sociali nella costruzione di una nuova politica dal
basso.

I mali della politica italiana


Luigi Sturzo
Armando Editore, 2000
Nel volume sono stati raccolti alcuni pensieri, tratti dai sei
tomi dell'opera di Luigi Sturzo "Politica di questi anni. Consensi
e critiche" (1946-1959). Tali pensieri sono ordinati
alfebiticamente secondo l'argomento trattato e consentono di
cogliere agevolmente quelli che per Sturzo costituivano i mali
principali che affliggevano (e tuttora affliggono) la vita
politica italiana. Mali che possono essere così sintetizzati: 1 Lo
statalismo; 2 La partitocrazia; 3 La sindacatocrazia; 4
L'imprenditoria liberal-statalista; 5 Il comunismo ed il fascismo;
6 I difetti degli italiani; 7 La burocrazia; 8 L'"entite"; 9 Il
sistema bancario; 10 I limiti della classe politica; 11 Il
centralismo monopolista; 12. La corruzione.

Quali regole per i partiti politici? Esperienze europee a


confronto
Salari Rossella
Rubbettino 2008
Questo libro parla di partiti politici in Europa: un'analisi delle
norme sul finanziamento della politica, sulla forma partito, sulla
democrazia interna, sui collegamenti con la legge elettorale. È un
tema delicato perché investe il rapporto fra cittadino e stato. È
anche un tema controverso in Italia, dove una disciplina
incoerente perpetua situazioni abnormi che possono essere
ricondotte al termine "partitocrazia". Un libro di diritto,
dunque, che ha tutti gli elementi per interessare il pubblico
perché aiuta a riflettere circa l'opportunità di disciplinare con
legge un fenomeno legato alla spontaneità sociale, qual è il
partito politico. Anche il diritto può essere interessante, anche
il diritto può essere cultura. Introduzione di uigi Compagna.

La grande slavina, L'italia verso la crisi della democrazia


Luciano Cafagna
Marsilio 1993
Cafagna è tra quegli storici che convergono nel considerare la
degenerazione partitocratica come un lascito specifico del
fascismo.

La virtù dei migliori. Le élite, la democrazia, l'Italia


Ornaghi Lorenzo, Parsi Vittorio E..
Il Mulino 1994

L' identità italiana


Galli Della Loggia Ernesto,
Il Mulino 2010
Frutto di una vicenda millenaria, ricca di prestiti e
contaminazioni, resa possibile dall'esistenza di un unico terreno
storico: l'identità italiana è tuttora percepita come fragile e
non ha saputo tradurre nelle forme della modernità un'idea
unitaria del paese. È il paradosso su cui riflette Galli della
Loggia, intrecciando molti fili: il paesaggio e il quadro
ambientale, l'eredità latina e il retaggio cristiano-cattolico, il
policentrismo urbano e regionale, l'individuo stretto tra famiglia
e oligarchia, l'invadenza della politica e la debolezza dello
stato.

La morte della patria. La crisi dell'idea di nazione tra


Resistenza, antifascismo e Repubblica
Galli Della Loggia Ernesto
Laterza 2003
Una lettura, nella chiave della nazione, delle origini della
Repubblica italiana, che rimette in discussione, a partire dalla
Resistenza, molte valutazioni storiche date finora per
intoccabili. Ernesto Galli Della Loggia (Roma, 1942) è ordinario
di Storia dei partiti e dei movimenti politici presso la facoltà
di Scienze politiche di Perugia.

Resistenzialismo versus Resistenza


Di Capua Giovanni,
Rubbettino 2005
L'esaltazione acritica, impudente, petulante e persino
vittimistica della lotta di liberazione, con una rappresentazione
apocrifa e deviante della realtà effettuale italiana dopo l'8
settembre 1943, ha finito con l'assumere una connotazione propria
di ogni fondamentalismo: la supponenza, l'intolleranza, la pretesa
di imporre una visione esclusiva della vita di una società
italiana che, invece, era ed è sempre più multiculturale,
complessa, aperta. In ciò consiste il resistenzialismo, un
ideologismo di derivazione
soviettista che, offuscando le ragioni più varie e convincenti che
confluirono nella lotta di liberazione, è stato e continua ad
essere il peggior nemico della resistenza.
"Solo con la verità, non nascondendo nulla, possiamo onorare la
Resistenza" - Ferruccio Parri

La mia sinistra
Edgar Morin
Erickson Editore, 2010
Con una presentazione di Nichi Vendola
La recente raccolta di scritti di Morin aiuta la riflessione sul
cambiamento necessario e sui limiti della sinistra. Nella raccolta
di scritti su come rigenerare la speranza e in un saggio sul
valore politico dell'indignazione...
Lui è sempre rimasto un uomo di sinistra, perché ritiene le parole
d'ordine della rivoluzione francese - libertà, eguaglianza e
fraternità - intimamente legate l'una all'altra. Ci può essere
libertà, ma solo se ci sono eguaglianza e fraternità, ha spesso
ripetuto nelle sue interviste...
L'unicità di un singolo, sostiene Morin, è data solo se si
riconosce l'interdipendenza degli uni con gli altri. E in questa
interdipendenza trova radice un cosmopolitismo che rifiuta il
richiamo al suolo, al sangue e alla specificità culturale, cioè i
virus letali del nazionalismo etnicista, della xenofobia e del
populismo. Allo stesso tempo, l'«individuo sociale» di Morin non
può che constatare gli effetti distruttivi dello sviluppo
economico e industriale sull'ambiente.
L'ecologismo del filosofo francese non si nutre di decrescita, ma
della convinzione che il potere della tecnostruttura sia sfuggito
al controllo umano. Il problema è dunque quello di ricondurre la
scienza e la tecnologia a finalità compatibili con l'ambiente e
alla necessaria ridistribuzione della ricchezza, sia a livello
locale che globale.

Praxis ed empirismo
Giulio Preti
Bruno Mondadori 2007
Giulio Preti è stato uno dei protagonisti del rinnovamento della
cultura filosofica italiana nella seconda metà dello scorso
secolo. Promotore di un dialogo tra cultura umanistica e sapere
scientifico, in un’Italia divisa tra cultori delle ...discipline
classiche e scienziati, la figura di Preti è oggetto oggi di un
rinnovato interesse, suscitato sia dall’originalità, sia
dall’attualità delle tematiche trattate nei suoi numerosi scritti.
Il pensiero di Preti può senz’altro essere definito come promotore
di una filosofia avversa a forme di assolutismo che mirino a
fondare una conoscenza indipendente dall’uomo e dalla storia in
cui è immerso, senza per questo abbandonarsi a forme di relatività
che ignorino la tensione del sapere verso la ricerca di una
validità universale. L’opera di Preti muove infatti dal
riconoscimento dei limiti della conoscenza umana,
dall’impossibilità di guardare al mondo senza considerare i
soggetti e lo “spirito” con il quale essi si pongono in contatto
con i valori e gli oggetti che lo popolano. Un approccio che
predilige le forme della razionalità scientifica contro moti
irrazionalistici e metafisici, questi ultimi esemplari di una
folta schiera di filosofie idealistiche, ancora in voga
nell’Italia degli anni in cui Preti presenta una delle sue opere
più discusse “Praxis ed Empirismo” (1957).
In questo lavoro del filosofo pavese si ritrovano molti dei temi
a lui cari, dall’anti-assolutismo, all’avversione per le forme di
metafisica dogmatica, all’elogio della conoscenza empirica e del
pensiero scientifico, una sorta di inno al confronto razionale e
al dialogo in un completo spirito democratico. Un’opera che,
assieme a “Retorica e Logica” del 1968, quest’ultima dedicata alla
critica di un dilagante irrazionalismo nella cultura
contemporanea, contribuirà a un certo isolamento di Preti sia
all’interno della comunità filosofica, sia rispetto all’allora
nascente movimento di contestazione studentesco.
L’originale lettura del pensiero marxista, la forte tensione
democratica della sua filosofia, assieme alla difesa della
razionalità scientifica, hanno fatto di Preti il bersaglio di
critiche e valutazioni spesso frutto di analisi ideologiche, una
condizione rispetto alla quale lo stesso Preti ha sempre ammesso
di soffrire molto, come testimoniano le lettere e i manoscritti
conservati dopo la sua morte.
Giulio Preti si è spento nell’estate del 1972, quando, dopo un
lungo periodo di abbandono e di decadenza fisica, dettati anche
dall’isolamento accademico nel quale il filosofo si era venuto a
trovare, la morte lo colse improvvisamente, lasciando incompiuto
un lavoro di rinnovamento del pensiero filosofico nel suo rapporto
con le scienze, oggi al centro di una nuova ondata d’interesse,
grazie anche all’opera degli allievi e di coloro che ne hanno
mantenuto vivo lo spirito.

http://www.eddyburg.it/article/articleview/16647/0/131/

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