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Il grande filosofo liberale parla della Politica e dei suoi rapporti con la Ver

ità, libera dalla Violenza e dall’Utopismo, che la violenza alimenta. Per una Politi
ca finalmente in grado di agire per eliminare "i mali concreti piuttosto che per
realizzare dei beni astratti".
1) L’autorità della verità
La società del mondo libero ha visto effettivamente, a partire dalla Riforma, un d
eclino dell’autorità senza pari in qualsiasi altra epoca. E’ una società senza autorità, o
, come si potrebbe dire, una società senza padre. (…) Ma gli autoritari e i tradizio
nalisti erano convinti che una società non autoritaria, o senza padre, comportasse
necessariamente la distruzione di tutti i valori umani. … Era gente saggia, e in
un certo senso erano i migliori filosofi della conoscenza. Ma si sbagliavano (…) Q
ual’era l’errore dei fautori dell’autorità? ...
Credo che nel mondo libero tre diversi elementi abbiano efficacemente sostituito
l’autorità detronizzata.
Il primo è il rispetto che nutriamo per l’autorità della verità: di una verità impersonale
, interpersonale, oggettiva, che è compito nostro trovare, e che non possiamo camb
iare o interpretare a nostro piacimento.
Il secondo è una lezione che abbiamo appreso dalle guerre di religione Abbiamo sc
operto che la fede religiosa e le altre convinzioni possono aver valore soltanto
quando siano sostenute liberamente e sinceramente, e che il tentativo di costri
ngere gli uomini a conformar visi era inutile, poiché quelli che si opponevano era
no i migliori, ed in realtà, i soli di cui meritasse avere il consenso. Imparammo
così, non solo a tollerare le credenze diverse dalle nostre, ma a rispettarle al p
ari degli uomini che le sostengono sinceramente e a riconoscere quella grande ve
rità per cui il vero non è manifesto, né facilmente visibile a tutti coloro che deside
rano ardentemente vederlo, bensì è difficile da perseguire. E imparammo che non dob
biamo trarre conclusioni autoritarie da questa grande verità, ma, al contrario, do
bbiamo sospettare coloro che pretendono di essere autorizzati ad insegnare la ve
rità.
Il terzo elemento che ha sostituito l’autorità detronizzata è che abbiamo anche impara
to come, ascoltandoci l’un l’altro, e criticandoci reciprocamente, possiamo accostar
ci maggiormente alla verità. Credo che la forma critica del razionalismo, e soprat
tutto questa credenza nell’autorità della verità della verità oggettiva, sia indispensab
ile per una società libera fondata sul rispetto reciproco.
(Karl Popper, Congetture e confutazioni, vol II, Fabbri editore, 1996, pp. 634-6
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2) Violenza, Ragione ed Utopia
E’ questo forse il motivo per cui, come molti altri, credo nella ragione; e mi def
inisco un razionalista. Sono razionalista perché vedo la sola alternativa alla vio
lenza in un atteggiamento di ragionevolezza.
Un razionalista, nel senso in cui io uso il termine, è una persona che cerca di gi
ungere alle risoluzioni mediante la discussione e, magari, in determinati casi,
ricorrendo al compromesso, piuttosto che mediante la violenza. Egli cioè preferire
bbe fallire nel convincere l’altro attraverso la discussione, piuttosto che riusci
rvi ricorrendo alla forza, all’intimidazione, alle minacce, o anche alla propagand
a persuasiva.
La differenza (tra convincere una persona con la discussione e di persuaderla co
n la propaganda - ndr) non sta nell’impiego della discussione, anche la propaganda
si vale spesso del metodo del dibattito, e neppure nella convinzione che i nost
ri argomenti siano conclusivi e debbano essere riconosciuti per tali da qualsias
i persona ragionevole. Sta piuttosto in un atteggiamento di disponibilità reciproc
a, in una diposizione, non soltanto a convincere l’altro, ma anche ad essere event
ualmente da questi persuaso. Cosa intendo per atteggiamento di ragionevolezza può
emergere da un’osservazione di questo tipo: “Penso di avere ragione, ma posso sbagli
armi, e puoi avere ragione tu; in ogni caso discutiamone: è probabile infatti che
in questo modo ci accostiamo a una comprensione vera, più che se ognuno si limita
ad insistere di aver ragione".
Si comprenderà che l’atteggiamento di ragionevolezza, o razionalistico, dal mio punt
o di vista, presuppone una certa umiltà intellettuale… Esso deriva dalla comprension
e del fatto che non siamo onniscienti, e che dobbiamo la maggior parte della nos
tra conoscenza agli altri. E’ un atteggiamento che consiste nell’applicare, al campo
delle opinioni in generale, per quanto possibile, i due principi di ogni proced
imento legale: primo, che si debbono sempre ascoltare entrambe le parti, e, seco
ndo, che non può giudicare validamente chi appartiene a una delle parti interessat
e al caso. (…)
L’atteggiamento di ragionevolezze ha dei limiti. Lo stesso vale per la tolleranza.
Non si deve accettare incondizionatamente il principio di tollerare tutti gli i
ntolleranti: se lo fate sacrificate insieme a voi l’atteggiamento di tolleranza (…la
ragionevolezza dev’essere un atteggiamento di reciproca disponibilità). Un’importante
conseguenza di quanto precede è che non dobbiamo consentire che si confondano agg
ressione e difesa.
(…) Cercherò quindi di rilevare come esistano almeno due forme di razionalismo, di c
ui giudico l’una corretta e l’altra sbagliata; e che quest’ultima è quella che conduce a
ll’utopismo. (…)

Dato che non è possibile determinare i fini ultimi delle azioni politiche scientif
icamente, o con metodi puramente razionali, le differenze d’opinione circa le cara
tteristiche dello Stato ideale non possono sempre venire appianate col metodo de
ll’argomentazione. Esse avranno almeno in parte il carattere dei contrasti di natu
ra religiosa, e non può esservi tolleranza fra religioni utopistiche diverse. Le
mete utopistiche sono concepite per servire da fondamento all’azione e alla discus
sione politiche razionali, e una tale azione sembra possibile solo se lo scopo è s
tabilito in modo definitivo. L’utopista dunque deve riuscire vincitore o vinto nei
confronti dei rivali, suoi simili che non condividono gli stessi ideali, non pr
ofessando la medesima religione utopistica. Ma egli deve fare di più Deve essere m
olto severo nell’eliminare e soffocare tutte le posizioni eretiche rivali. La via
che conduce alla meta utopistica è lunga. La razionalità dell’azione politica esige qu
indi costanza di intenti per molto tempo a venire; e ciò può realizzarsi soltanto se
non ci si limita a sconfiggere le religioni utopistiche rivali, ma si elimina i
l più possibile la loro memoria (…)
Se dovessi dare una semplice formula o ricetta per distinguere fra quelli che co
nsidero piani di riforma sociale ammissibili e gli inammissibili progetti utopic
i, direi: Agisci per l’eliminazione dei mali concreti piuttosto che per realizzare
dei beni astratti. Non mirare a realizzare la felicità con mezzi politici. Tendi
piuttosto ad eliminare le miserie concrete. Oppure, in termini più pratici, lotta
per l’eliminazione della povertà con mezzi diretti – per esempio assicurando che ciasc
uno abbia un reddito minimo.
Oppure lotta contro le epidemie e le malattie erigendo ospedali e scuole di medi
cina. Combatti l’ignoranza al pari della criminalità. Ma fa tutto ciò con mezzi dirett
i: individua quello che ritieni il male più urgente nella società in cui vivi e cerc
a pazientemente di convincere la gente che è possibile eliminarlo” (…)
L’appello dell’utopismo deriva dall’incapacità di comprendere che non possiamo realizzar
e il paradiso in terra. Ritengo invece che possiamo, di generazione in generazio
ne, rendere la vita un poco meno terribile ed ingiusta... Potremmo ottenere tutt
o ciò solo che riuscissimo a smettere di sognare ideali remoti, e di lottare fra n
oi per i disegni utopistici di un mondo e di un uomo nuovi.
(Karl Popper, Congetture e confutazioni, vol II, Fabbri editore, 1996, pp. 602-
613)

"Per liberale non intendo una persona che simpatizzi per un qualche partito poli
tico, ma semplicemente un uomo che dà importanza alla libertà individuale ed è consape
vole dei pericoli inerenti a tutte le forme di potere e di autorità".
(K. Popper).

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