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CAPITOLO 5 - “LA RIVOLUZIONE RUSSA DA LENIN A STALIN”

La 1^ potenza che crollò sotto il peso della guerra fu l’Impero russo. A Pietrogrado scoppiò uno spontaneo moto di
protesta animato dagli operai delle officine metallurgiche e da migliaia di lavoratori. Successivamente anche i soldati
si unirono e rifiutarono di tornare al fronte. La protesta si diffuse in tutto il paese e si trasformò in una rivoluzione
contro il regime degli zar. Nicola II dovette abdicare in favore del fratello Michele, che abdicò a sua volta. Aveva fine la
monarchia dei Romanov.
Tra gli ultimi anni dell’800 e gli inizi del ‘900 in Russia erano nate nuove formazioni di orientamento liberale e
socialista. Il Partito costituzionale democratico (detto “cadetto”) si era costituito nel 1905. I cadetti esprimevano
posizioni liberali e auspicavano una modernizzazione della Russia attraverso l’azione del Parlamento (la Duma);
inizialmente monarchici , in seguito diventarono repubblicani. Nel 1898 nacque il Partito socialdemocratico russo
grazie a Plechanov. Di orientamento marxista presto si divise in 2 correnti: la 1^, guidata da Martov, indicava come
modello il Partito socialdemocratico tedesco; la 2^ corrente, guidata da Lenin, pensava a un partito centralizzato
formato da rivoluzionari di professione. I sostenitori di Lenin ottennero la maggioranza e la sua corrente fu chiamata
bolscevica (che in russo significa “maggioritaria”) mentre quella di Martov fu chiamata menscevica (“minoritaria”).
Esisteva anche un’altra formazione socialista, il Partito socialista rivoluzionario. A differenza dei socialdemocratici,
che erano interessati soprattutto alla classe operaia, i socialisti rivoluzionari guardavano al mondo contadino. Il
socialismo che volevano realizzare era di tipo agrario basato sulla cooperazione tra contadini.
Quando scoppiò la rivoluzione i vari partiti si riorganizzarono. La Duma nominò un governo provvisorio guidato dal
principe Georgij L’vov. Il nuovo organo esecutivo era formato da esponenti del Partito costituzionale democratico e si
appoggiava alla borghesia e ai ceti medi della città. Contemporaneamente al governo provvisorio si era costituito un
nuovo organo di potere, quello dei soviet, che erano già comparsi durante la rivoluzione del 1905. Essi erano consigli
eletti direttamente dagli operai e dai soldati. Inizialmente non ambirono a guidare il paese ma si ritenevano liberi di
prendere decisioni in autonomia. Si venne a creare una situazione in cui il potere ufficiale si trovava nelle mani del
governo provvisorio, ma di fatto era spartito tra questo e i soviet.
Il governo riteneva che il conflitto ancora in corso dovesse proseguire e che gli obiettivi della Russia dovessero
rimanere gli stessi di prima. I soviet erano contrari a questa veduta e proposero quello che fu chiamato difensivismo
rivoluzionario. Se la Russia ne fosse uscita vincitrice, la sua avrebbe dovuto essere una vittoria “senza annessioni né
indennità".
Durante gli avvenimenti di febbraio, molti rivoluzionari russi erano in esilio. Tra questi anche Lenin, il quale si
trovava in Svizzera e fece presto ritorno in Russia. Una volta qui presentò al Partito bolscevico le “tesi d’aprile”, un
testo che ruotava attorno a pochi punti fondamentali:
・raggiungimento della pace;
・distribuzione della terra ai contadini;
・rottura con il governo provvisorio e il passaggio di tutti i poteri ai soviet;
・presa del potere attraverso una nuova rivoluzione.
Tra il 3 e il 4 luglio alcuni soldati legati ad ambienti bolscevichi e anarchici tentarono a Pietrogrado un’insurrezione
spontanea con l’obiettivo di abbattere il governo provvisorio e porre fine alla guerra. Lenin era a capo dell’iniziativa,
ma la rivolta era destinata a fallire. Poco dopo nuovi eventi resero tesa la situazione del paese. Il 1^ ministro L’vov non
riuscì a raccogliere intorno a sé una maggioranza politica e dette le dimissioni. L’incarico venne affidato a Aleksandr
Kerenskij, che tentò un’offensiva in Galizia (tra Ucraina e Polonia): l’iniziativa si risolse in una disfatta e inflisse un
duro colpo all’immagine dello Stato. L’episodio più significativo avvenne a causa del contrasto tra Kerenskij e il nuovo
comandante dell’esercito Kornilov. Quest’ultimo voleva riportare l’ordine all’interno delle forze armate con metodi
molto duri tra cui la pena di morte per i disertori. Kornilov richiese un’estensione dei suoi poteri ma Kerenskij rifiutò,
intuendo che volesse usare l’esercito per rovesciare il suo governo e gli revocò l’incarico. Kornilov tentò un colpo di
Stato, ma fallì e venne arrestato. I bolscevichi uscirono come i principali vincitori. Oltre al colpo di Stato fallito altri
fattori favorirono la riabilitazione del bolscevismo: la crisi delle istituzioni e l’esplosione di rivolte agrarie. La crisi
estiva premise ai bolscevichi di ottenere la maggioranza nei soviet di Pietrogrado e Mosca. Lenin ritenne che i tempi
fossero maturi per un’insurrezione armata. Essa avvenne tra il 24 e il 25 ottobre 1917.
Lenin fece approvare un documento che attribuiva tutto il potere ai soviet. Tra i primi atti del congresso bolscevico vi
fu la ratifica di 2 decreti fondamentali:
・decreto sulla pace, con cui si chiedeva la fine della guerra;
・decreto sulla terra, che aboliva la proprietà privata della terra e stabiliva che questa venisse messa a disposizione dei
soviet dei contadini.
Furono presi altri provvedimenti come la nazionalizzazione delle industrie e quella delle banche. Il governo
introdusse la giornata di 8 ore, vietò il lavoro infantile e rese obbligatoria l’assicurazione contro la disoccupazione e
malattia. Nel 1918 fu varata una Costituzione, chiamata Dichiarazione dei diritti del popolo lavoratore e sfruttato”,
che proclamava l’abolizione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e l’edificazione di un socialismo che avrebbe
portato all’abolizione delle classi e dello Stato. Fu creato anche un nuovo organo di governo, il Consiglio dei
commissari del popolo, alla cui guida si pose Lenin e di cui facevano parte anche Lev Trotskj e Stalin. I bolscevichi
attuarono una stretta autoritaria, mettendo sotto controllo radio e telegrafi e chiudendo giornali. Fu creata una
polizia politica, la Čeka e vennero istituiti dei tribunali rivoluzionari per punire i nemici della rivoluzione. Secondo
Lenin per realizzare la rivoluzione era necessario imporre la dittatura del proletariato. La libertà per i lavoratori non
consisteva tanto nell’esercizio di diritto di voto quanto, piuttosto, nell’emancipazione economica, cioè nell’abolizione
della proprietà privata. Alle elezioni per l’Assemblea costituente i bolscevichi furono battuti dai socialrivoluzionari.
Vista la sconfitta i bolscevichi sciolsero l’assemblea e si insediarono al potere. Per promuovere il proprio operato i
bolscevichi crearono il Dipartimento per l’agitazione e la propaganda per comunicare a tutti le conquiste
rivoluzionarie. I bolscevichi avevano riformato il diritto di famiglia e promulgato leggi che sancivano la parità
giuridica fra i generi. Vennero introdotti il matrimonio civile, il divorzio, l’aborto e realizzati asili per i figli dei
lavoratori. L’uscita dalla guerra non garantì alla Russia nè pace nè stabilità: dopo la firma del trattato di Brest-Litovsk
nel paese scoppiò una guerra civile che vide affrontarsi le forze controrivoluzionarie (Armata bianca) e i bolscevichi
(Armata rossa), che riuscirono a imporsi. Furono organizzati pogrom antiebraici nella convinzione che gli abrei
fossero responsabili di quanto accaduto. Al terrore bianco i rivoluzionari risposero col terrore rosso, organizzando
fucilazioni di massa di nemici politici o anche persone considerate nemiche del popolo: lo stesso zar Nicola II e tutta
la sua famiglia vennero fucilati nel luglio 1918. Quando i bolscevichi giunsero al potere l’economia russa era in crisi a
causa della guerra e della rivoluzione : la produzione di beni era inferiore rispetto al fabbisogno della popolazione e i
sistemi di scambio e di distribuzione erano saltati. Il governo affrontò la situazione attraverso il "comunismo di
guerra", ovvero una serie di provvedimenti tesi a garantire in tempi brevi una produzione e una distribuzione
adeguate all’interno del paese. Nel 1918 era stata decretata la nazionalizzazione delle industrie: la quantità di merci
da produrre veniva decisa dal governo in base a criteri stabiliti. Allo scopo di ristabilire i circuiti economici tra
campagna e città furono creati dei comitati di contadini poveri con l’incarico di sequestrare ai contadini benestanti
tutti i prodotti in eccedenza. L’8 marzo 1921 si aprì il X congresso del Partito, durante il quale fu varata una politica
economica, la NEP. La scelta di Lenin dipese dalle ribellioni in corso e dalla carestia che aveva colpito il paese. Il
sistema di requisizione fu eliminato e ai contadini fu lasciata la possibilità di conservare le eccedenze. Ritornò la
libertà di commercio, e i prezzi dipesero dalle leggi del mercato. I bolscevichi fin dall’inizio promisero a ciascun
popolo la possibilità di autodeterminarsi: le lingue e le culture nazionali vennero protette e incoraggiate. Il 30
dicembre 1922 nacque l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Si trattava di un’unione federale, che
legava alla Russia le altre repubbliche nate dal caduta dell’impero e che si trovava sotto la guida dei bolscevichi locali:
si trattava dell’Ucraina, la Biellorussa e la Transcaucasia (Georgia, Azerbaigian, Armenia). L’URSS fu riconosciuta a
livello internazionale. 2 anni dopo, nel 1924 fu approvata una nuova Costituzione che definiva le competenze del
nuovo governo federale. Nel 1924 Lenin morì. Con la sua morte emersero rivalità latenti e si aprì una lotta per la
successione alla guida del partito. A contendersi il ruolo erano Trotskij e Stalin. Il motivo di attrito era la differente
visione dello sviluppo del socialismo. Trotskij era fautore della teoria della "rivoluzione permanente" ossia dalla
necessità di innescare un processo rivoluzionario su scala mondiale. Lenin lasciò scritta nel suo testamento politico
l’indicazione di destinare Stalin a un altro ruolo, che non gli permettesse di esercitare un potere così grande, ma
sarebbe stato quest’ultimo a uscire vincitore dalla lotta per la successione.

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