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PROPEDEUTICA AL LATINO UNIVERSITARIO CAPITOLO III – LA

QUANTITÀ E L’ACCENTO
L’ACCENTO ha il compito di fornire un CONTRASSEGNO FORMALE AD UN’UNITÀ
GRAMMATICALE (parola) INTERMEDIA FRA L’UNITÀ GRAMMATICALE MINIMA
(morfema) E L’UNITÀ GRAMMATICALE MASSIMA (frase)

L’accento ha una FUNZIONE CENTRALIZZANTE-> è il motore della generazione della parola (anima
vocis)

Sono i fattori principali che caratterizzano l’accento:

1) INTENSITÀ
2) ALTEZZA

Si distingue tra:
» LINGUE AD ACCENTO INTENSIVO (italiano) e
» LINGUE AD ACCENTO D’ALTEZZA O MELODICO (latino)

Ad ogni variazione di intensità o di altezza corrisponde in concomitanza una variazione di altezza o


di intensità-> ma solo una delle due assume un VALORE DISTINTIVO

I Greci-> avevano coscienza melodica del proprio accento che distinguevano in


3 tipi:
- acuto
- grave
- circonflesso

La term. grammaticale latina-> è mutuata dal greco


Il latino classico ebbe un accento melodico->che si trasformò nell’accento intensivo delle lingue
romanze

La SILLABA è un SEGMENTO DELLA CATENA PARLATA costituito da-> una vocale + che può
combinarsi con una consonante precedente/seguente/tutte e due insieme

Si distinguono 4 tipi sillabici:


1) Sola vocale
2) Consonante iniziante + vocale
3) Vocale + consonante di chiusura
4) Consonante iniziale + vocale + consonante di chiusura

La QUANTITÀ è la DIMENSIONE TEMPORALE DEL SUONO


Tutti i fonemi hanno una durata, ma non tutti hanno una quantità

Mentre la durata è fatto obiettivo e ha natura assoluta


… la quantità è un fatto relativo legato alla percezione
La quantità È UNA DURATA RELATIVA

Fono. dei Latini-> erano percepite le durate della vocale + della consonante di chiusura che
assumevano valore distintivo e si traducevano in quantità

I 4 quattro tipi di sillaba si riducono a due:


1) SILLABE APERTE (escono in vocale)
2) SILLABE CHIUSE (escono in consonante)

I Latini-> distinguevano 2 tipi di quantità:


BREVE E LUNGA

La SILLABA APERTA è BREVE SE la VOCALE è BREVE, è LUNGA SE la VOCALE è LUNGA


La SILLABA CHIUSA è SEMPRE LUNGA a prescindere dalla quantità della vocale che contiene

» Vocale breve in sillaba aperta-> sillaba breve


» Vocale lunga in sillaba aperta -> sillaba lunga
» Vocale breve in sillaba chiusa -> sillaba lunga
» Vocale lunga in sillaba chiusa -> sillaba lunga

Regola generale:
È BREVE LA SILLABA APERTA CON VOCALE BREVE
TUTTE LE ALTRE SILLABE SONO LUNGHE

IL DITTONGO È SEMPRE LUNGO (è una sillaba lunga chiusa cioè vocale sillabica
+ vocale asillabica)

Leggi dell’accento
LEGGE DEL TRISILLABISMO:
l’accento NON può risalire OLTRE LA TERZULTIMA SILLABA

LEGGE DELLA BARITONESI:


l’ULTIMA SILLABA non può MAI essere ACCENTATA (solo penultima o
terzultima accentate, parole bisillabiche accentate sulla prima sillaba)

LEGGE DELLA PENULTIMA:


se la PENULTIMA è LUNGA porta l’ACCENTO, se è BREVE ricade sulla TERZULTIMA

LEGGE DELL’ENCLISI:
la PAROLA ENCLITICA si appoggia a quella precedente (prive di accento per
esiguità del corpo fonetico – monosillabi- o per accessorietà della funzione
semantica – congiunzioni e particelle)
nasce un nesso che richiede un nuovo accento-> ACCENTO D’ENCLISI con sede obbligatoria
nella sillaba precedente l’enclitica nesso ha valore semantico nuovo e unitario → nuova
parola sotto la legge
della penultima (epectasi = estensione)
es. denique (de + enclitiche ne + que)

PARTICOLARITÀ
Tipo Valeri:
nomi della II declinazione tema in –io: vocativo Vàleri oppure Valèri.
Caso del genitivo impéri Valéri-> uso grafico unificava le due i etimologiche

Composti di facio:
- composti apofonici (conficio)-> unione di facio + preverbi = apofonia latina
- composti non apofonici (calefacio)-> giustapposizione di facio + avverbi o temi verbali=
rimane vitale solo facio

Ossitonie secondarie:
gli ossitoni (parole con accento sull’ultima sillaba) sono risultato di un
fenomeno secondario-> parole in origine accentate sulla penultima subiscono la caduta
dell’ultima sillaba in una fase in cui l’accento si è fossilizzato=
penultima diventa ultima e conserva accento senza infrangere la baritonesi

Tipo Volucres:
nesso muta + liquida oscilla nei contesti metrici-> se riguarda la penultima sillaba coinvolge la
posizione dell’accento (vòlucres/volùcres)

Tipo Abiete:
parole proceleusmatiche (4 brevi) non potrebbero entrare nell’esametro ma Virgilio ne fa uso
sfruttando la tendenza di i interna prevocalica ad assumere la caratteristica di consonante propria
della i iniziale prevocalica-> passaggio da i
vocale a i consonante provoca riduzione di una sillaba e trasformazione della sillaba precedente
da aperta e breve in chiusa e lunga (àbiete)
CAPITOLO IV – PROBLEMI DI FONETICA
L’APOFONIA INDOEUROPEA (o alternanza vocalica) è la VARIAZIONE DEL
TIMBRO VOCALICO che MODIFICA LA FUNZIONE MORFOLOGICA E SEMANTICA
DELLA PAROLA-> è regolata secondo una gradazione quantitativa e timbrica

L’APOFONIA LATINA si riscontra solo nella lingua latina e NON COMPORTA


ALTERAZIONI MORFOLOGICHE O SEMANTICHE DELLA PAROLA Riguarda le vocali brevi in
sillabe aperte che inizialmente occupano una posizione iniziale o finale e che in seguito si
trovano nel mezzo di parola

L’APOFONIA INDOEUROPEA È FUNZIONALE (investe allo stesso tempo il dominio fonetico e quello
morfologico-semantico) MENTRE l’APOFONIA LATINA È MECCANICA
NON è una LEGGE, ma una TENDENZA DELLA LINGUA-> attorno al III secolo a.C
» voc. breve in sill. aperta subisce evoluzione verso ĭ oppure ŏ
» in sill. chiusa voc. breve si arresta a forma ĕ mentre forma ŭ si
ottiene da ŏ

I dittonghi (solo se interni) sono sillabe chiuse con vocale breve quindi:
ai>ei> ī au>eu>ū da timbri chiari a timbri più scuri

Dettata dall’accento (intensivo) che in epoca preletteraria era posto sulla prima sillaba della
parola→ SEDE TIPICA DELL’APOFONIA È LA SECONDA SILLABA

Fatti di vocalismo:
- legge dell’abbreviamento giambico= parole bisillabiche giambiche
(breve/lunga) tendono a trasformarsi in pirrichi (breve/breve)

- Vocalis ante vocalem corripitur= voc. lunga si abbrevia se seguita da altra voc.

- semivocali (o semiconsonanti) = i ed u sia fonemi consonantici (iam) sia fonemi vocalici


(ita)-> natura consonantica di i ed u dettata dalla posizione occupata nella parola e dalla
natura dei fonemi vicini

Fatti di consonantismo:
- rotacismo (IV secolo a.C.) = modifica di una -s- intervocalica in -r-s- intervocalica
originaria inizialmente sorda-> si sonorizza e muta in –r-

- -s caduca (età arcaica) = nella scansione metrica non si calcola la –sfinale purché non
seguita da voc.
In età classica –s- in fine di parola è ristabilita
- -m caduca= –m- in posizione finale tende a scomparire per tutto l’arco della latinità
cade davanti a voc. e si conserva davanti a cons. per intrinseca evanescenza nella pronuncia

CAPITOLO V – PROBLEMI DI MORFOLOGIA


RADICE= ELEMENTO IRRIDUCIBILE (per le consonanti) comune ad ogni parola appartenente alla
medesima famiglia e NE PORTA IL SIGNIFICATO-> vocali possono cambiare ma è solo apofonia
(qualitativa e/o quantitativa)

DESINENZA= FORMA VARIABILE che indica la FUNZIONE DELLA PAROLA nella proposizione
(se manca è definita desinenza zero e parola ridotta al tema)

TEMA= FORMA DI BASE della flessione della parola-> è formato da radice + uno/più suffissi
vocale che termina il tema-> è detta VOCALE TEMATICA

LA FLESSIONE NOMINALE:
elemento distintivo della flessione è il tema-> si ricava togliendo desinenza – (r)um del gen.
plur. 5 declinazioni:
1) temi in –a
2) temi in –o/e
3) temi in –i + temi in cons.
4) temi in –u
5) temi in –e

Anomalie nella flessione nominale:


Genitivo singolare in -as dei temi in -a- (I declinazione) = genitivo indoeuropeo con
rarissime attestazioni-> gen. in -ae nasce per analogia dal gen. in -ī dei temi in -o/e- (prima
attestazione attorno al 188 a.C)
Genitivo plurale in -um dei temi in -o/e- (II declinazione) = forma originaria mentre quella in
-orum è analogica a quella dei temi in -a-
Il vocativo di deus = fino ad Augusto nessuna attestazione, da Orazio in poi compare dive,
vocativo di divum, in epoca imperiale vocativo è uguale al nominativo deus
I plurali eterogenei dei temi in -o/e-= originaria opposizione tra plur. singolativo (in -i) e
plur. collettivo (in -a) in latino si perde Vis, sus, bus:
Vis e robur hanno significati simili ma non complementari= vis è forza dinamica, robur è forza
statica-> coincidono solo al plur. collettivo e concreto
Sus= tema in -u- con doppia formazione del dat-/abl. plur. subus
(etimologica)/suibus (analogica sost. della III)
Bos= tema in -ou- con doppio gen. plur.-> boum (forma fonetica)/bovum
(forma analogica)
Parisillabi e imparisillabi= i temi in -i hanno stesso n° di sillabe al nom.
e al gen. sing., mentre i temi in consonante con nom. sigmatico hanno il gen. con una sillaba
in più.

LA FLESSIONE VERBALE:
due tipologie di verbi: 1) tematici= voc. di collegamento tra radice e desinenza e
2) atematici= manca voc. di collegamento

1) FREQUENTATIVI (iterativi/intensivi) = verbi in -a- derivati dal tema del supino (valore
sussiste solo se affiancato al verbo primitivo)
2) INCOATIVI= verbi della III coniugazione con suffisso –sco-> indicano inizio di una
azione/progressivo cambio di stato (reso con l’aggiunta di suffissi)
3) DESIDERATIVI= verbi con valore conativo/volitivo formati in due modi: -
(s)sĕre / –ŭrĭre
4) CAUSATIVI (o fattivi) = verbi in tema -e- con vocalismo radicale in o che fanno fare l’azione
indicata dalla radice del verbo.
“far fare” un’azione a qualcuno si rendeva in altri tre modi: a) composti di facio, b) verbi di
vario significato c) perifrasi di facio + verbo dell’azione

LA FORMAZIONE DEL PERFECTUM:


Il PERFECTUM è FORMA SINCRETICA CHE UNISCE DUE FORME INDOEUROPEE->
PERFETTO + AORISTO = indica azione compiuta e si oppone all’infectum
(=indica l’azione nel suo svolgimento)
1) Perfetto in –ui= formazione più tipica del latino-> è propria di temi in voc.
lunga + suffisso con funzione semivocalica e di verbi con radice in voc. lunga che formano
l’infectum con suffissi

2) Perfetto a raddoppiamento= -e- è la originale vocale di raddoppiamento

3) Perfetto ad alternanza vocalica= alternanza qualitativa o quantitativa o entrambe

4) Perfetto sigmatico= corrisponde all’aoristo greco (presente in pochissimi verbi che hanno
tema in consonante velare, dentale, labiale, sibilante e nasale)

I VERBI ANOMALI sono i VERBI ATEMATICI E I LORO COMPOSTI-> forme


atematiche attestate alla II e III p.s. e II p.p. di indicativo, imperativo e futuro presente, infinito
presente e imperfetto congiuntivo
Il congiuntivo è formato con suffisso –im (originaria forma dell’ottativo)

1) Sum e possum=
» Sum ha 3 caratteristiche: a) desinenza -m alla I p.s. b) apofonia della radice (e/grado 0)
c) perfectum derivato da forme di radice indoeuropea del “divenire”
» Possum è derivato di sum + radice indoeuropea potis (potente)

2) Volo, nolo, malo= nolo e malo sono composti di volo.


Volo ha 2 caratteristiche: a) alternanza vocalica radicale (e/o) dovuta alla
-l- palatale o velare b) suppletivismo della II p.s. del presente indicativo

3) Fero= verbo atematico che presenta il perfectum suppletivo dal verbo tollo che modifica il
perfectum da tuli a sustuli (subs+tuli)

4) Eo, nequeo, queo= eo presenta apofonia radicale (ei-/ĭ) e nel grado pieno è presente
un’alternanza latina (e-, ī-)

5) Edo= primo verbo anomalo regolarizzato nelle forme atematiche ma le lingue romanze
hanno comunque preferito il composto comĕdo o sinonimo manduco

CAPITOLO VI – PROBLEMI DI SINTASSI


LOCATIVO-> genitivo e locativo non hanno alcun legame
L’INDOEUROPEO aveva un proprio caso (LOCATIVO) che SERVIVA A
LOCALIZZARE NEL TEMPO E NELLO SPAZIO
In lat-> questa funzione assorbita dall’ablativo= Desinenza caratteristica è –ĭ
(mutata in -e nei temi in -a-)
Locativo ora limitato a forme fossili avverbiali

PRONOMI INDEFINITI:
numerosi in latino per supplire alla mancanza dell’articolo
L’INDEFINITO ORIGINALE è quis (risale all’indoeuropeo)
a) quidam: individua ma non specifica
b) aliquis = indica esistenza di qualcuno o qualcosa non individuabile
c) quispiam= legato alla probabilità, ridotto a forme fossili
d) quis= indefinito della pura possibilità che si lega a particelle eventuali
e) quisquam= è in discussione l’esistenza di qualcuno o qualcosa

FACIO CON INFINITO:


attestato dall’antichità sia in poesia sia nella lingua d’uso latina mentre nella prosa non è
presente
È surrogato dei verbi causativi-> verbi causativi poco produttivi quindi si predilige perifrastica
facio ut.

Aspetto verbale:
Gli antichi latini-> concepivano tempo = un flusso continuo
L’ASPETTO definisce il processo verbale in rapporto alla durata è percepibile in
un SISTEMA DI OPPOSIZIONI che in latino sono 2:
a) INCOMPIUTO/COMPIUTO: azione che si sta svolgendo in antitesicon quella
giunta a compimento-> su cui si basa morfologia del
verbo latino= bipartita in infectum/perfectum
b) DURATIVO/MOMENTANEO: oppone azione limitata ad unmomento ad
azione che dura per un lasso di tempo

La PARATASSI (giustapposizione o accostamento) DENOTA L’ASSENZA DI OGNI INDIZIO DI


COLLEGAMENTO grammaticale fra due proposizioni contigue->il rapporto sintattico resta implicito

Quod è il NEUTRO DEL PRONOME RELATIVO (in origine accusativo di relazione)

Quia è il NEUTRO PLURALE DEL TEMA IN –I DEL RELATIVO-INDEFINITOINTERROGATIVO (valore


causale)

Cum < quom è DI ORIGINE RELATIVA (val. temp. “dal momento che”, “quando” + val. caus. “dal
momento che”, “poiché” + val. concessivoavversativo)

quoniam < *quom-iam EREDITA IL VALORE CAUSALE DI CUM (tracce del val. temp. nel latino
arcaico)

Quin è DI ORIGINE INTERROGATIVA composto da qui ablativo del tema in -i


+ particella interrogativa ne poi apocopata (val. interr. “come no?”, “perché no?” in
interrogazioni retoriche volitive)

Quominus è un GIUSTAPPOSTO DI ORIGINE RELATIVA (“per cui (quo) non


(minus)”)
È un ORIGINARIO AVVERBIO DI MODO e ha 3 valori:1) Interrogativo, 2) Relativo
3) Indefinito
Ognuno di essi è alla base degli usi ipotattici di ut (da val. rel. derivano comparativo ita…ut,
dichiarativo-causale e limitativo, temporale + indicativo)

Ne è una FORMA RAFFORZATA DELLA PARTICELLA NEGATIVA –NE


(negazione volitiva)

Dum è una PARTICELLA TEMPORALE INDICANTE LA DURATA (in enclisi negli avverbi inter-dum,
non-dum, uixdum e negli imperativi age-dum, mane-dum, tace-dum)

Donec < doneque è connesso con denique (val. congiunzionale di


“finchè” deriva da quello avverbiale di “alla fine”)

Simul è AVVERBIO INDICANTE CONTEMPORANEITÀ che collega due proposizioni concomitanti

Modo < modo, è L’ABLATIVO DI MODUS USATO AVVERBIALMENTE (val. condizionale di “purchè”)

Licet è DI ORIGINE VERBALE unito paratatticamente a un congiuntivo concessivo (val. di


congiunzione concessiva)

Si < sei è una PARTICELLA DI ORIGINE PRONOMINALE (primo significato “così” conservatosi
nella formula si dis placet (“così piace agli dei”) è passato al composto sic < *sei-ce)
È È IL PUNTO DI PARTENZA PER LO SVILUPPO DEL VALORE IPOTETICO ED IPOTATTICO DI “SE”
Il periodo ipotetico può essere: »
dell’oggettività (I tipo) » della
soggettività:
- della possibilità (II tipo)
- dell’irrealtà (III tipo)

Ni < *ne-i è COMPOSTO DALLA CONGIUNZIONE NE + PARTICELLA EPIDITTICA –I


È una negazione rafforzata presente nel secondo elemento di quid-ni (“perché no?”) e nel primo
di ni-mirum (“non è strano”)

Nisi < *ne-sei è la NEGAZIONE PREMESSA E CONGLOBATA A SI (nega l’ipotesi in blocco)

Un altro COMPOSTO DI SI è quasi < *quam-sei (val. comparativo-ipotetico “come se”)


CAPITOLO VII- FONDAMENTI DI METRICA
Metrica come ars
La metrica è solo observatio carmine, indagine a posteriori, scoperta razionale delle leggi insite
nel linguaggio dei poeti Metrica è arte della misura

Rhythmus= “numero” e “misura”


ritmo = “ordine del movimento” -> movimento regolato da una misura interna

RITMICO è il DISCORSO UMANO IN QUANTO È UNA CATENA DI SILLABE determinata dall’alternarsi


di sillabe accentate e inaccentate (RITMO ACCENTATIVO) o di sillabi breve o lunghe (RITMO
QUANTITATIVO)

RITMO POETICO è rapporto sintagmatico (frasi sono dei versi e il discorso è poetico)
RITMO NELLA PROSA è rapporto paradigmatico

IL RITMO LATINO
Il latino (lingua quantitativa) -> ebbe versificazione basata sulla quantità a partire dal verso
indigeno (il saturnio) -> vennero assunti gli schemi metrici
greci, quantitativi, nei diversi generi letterari
Con affievolirsi del senso quantitativo-> i versi latini legarono il loro ritmo alle sedi dell’accento di
parola-> facendo prevalere il ritmo accentativo nelle lingue che sorsero dallo sfaldamento
dell’unità politica e linguistica dell’impero romano (italiano)

All’interno del verso considerato come FRASE = RITMICO SEGMENTO DI CATENA SILLABICA DEL
TUTTO UNITARIO A SÉ STESSO- non esistono intervalli/pause

La concatenazione tra parola e parola all’interno della catena sillabica provoca


modificazioni/adattamenti fonetici tra sillaba finale di parola e sillaba iniziale della successiva
(termine sanscrito sandhi= collegamento)

I PIEDI
Il PIEDE è FORMATO DA UN GRUPPO DI DUE O PIÙ SILLABE BREVI E LUNGHE che costituiscono la
misura del verso

negli esametri: — ∪ ∪ (dattilo) oppure — — (spondeo)

IL TEMPO PRIMO (“MORA”)


La sua UNITÀ DI MISURA è la stessa che è alla base del sistema quantitativo latino-> cioè la
SILLABA BREVE (quantità lunga è il suo doppio)
In sede metrica prende il nome di tempo primo
I piedi si possono classificare in base alla somma dei tempi primi in essi contenuti

IL METRO
IN QUANTO È MISURA DEL RITMO, IL PIEDE È UN METRO
Caratteristica del metro-> è la sua articolazione nei DUE MOVIMENTI
COSTITUTIVI DELL’UNITÀ RITMICA: lo slancio e la posa
In metrica i due movimenti vengono indicati con i termini di ARSI e TESI

costituiscono i DUE MOMENTI FONDAMENTALI DEL METRO-> dalla cui ripetizione SI GENERA IL
RITMO
arsi: tempo forte (=sollevare) su cui cade l'accento
tesi: tempo debole (=porre) su cui non cade l'accento

I METRI che INIZIANO IN ARSI sono detti DISCENDENTI, quelli che INIZIANO IN TESI sono detti
ASCENDENTI
ESAMETRO
L’esametro latino è un VERSO DATTILICO COMPOSTO DI SEI METRI

a) primi 4 metri possono sempre sostituire le 2 brevi della tesi con 1 lunga
(il dattilo con lo spondeo) b) il 5°
metro è un dattilo
c) il metro finale spesso è uno spondeo (meno spesso trocheo) cioè può sostituire con 1 lunga
anche la tesi di 1 sola breve

La FISSITÀ DELL’ARSI e la VARIABILITÀ DELLA TESI nei primi 4 metri ->


CONSENTE AL RITMO DI EVITARE LA MONOTONIA alternando CON DIVERSE
POSSIBILITÀ DI COMBINAZIONI il dattilo e lo spondeo-> che A UN’UGUALE
MISURA DI TEMPO (isocronia) fanno corrispondere UN DIVERSO NUMERO DI SILLABE (quindi
diversa velocità di dizione): presto nel dattilo e largo nello spondeo

La TENDENZA A MANTENERE TRISILLABICO IL 5° METRO -> determina una CADENZA FINALE


Il BISILLABISMO DEL METRO FINALE può spiegarsi come-> ORIGINARIA SCELTA DELLO SPONDEO
cioè spontaneo concludersi del ritmo in un movimento di largo

Gli ESAMETRI (rari) che anche nel 5° metro SOSTITUISCONO IL DATTILO CON
LO SPONDEO-> sono detti SPONDIACI
non è quasi mai usato consecutivamente e si trova ISOLATO IN UNA SERIE DI
VERSI REGOLARI-> RALLENTAMENTO DELLA SUA CADENZA FINALE (particolare ethos)

La CESURA si ha ogni volta che LA PAROLA TAGLIA IL METRO


- MASCHILE O FORTE quando ripartisce esattamente il metro fra
l’arsi e la tesi
- FEMMINILE O DEBOLE quando incide la tesi (detta trocaica) Quando LA
FINE DELLA PAROLA COINCIDE CON LA FINE DEL METRO si ha DIERESI perché il suo effetto è di
isolare ritmicamente le singole unità semantiche

Gli antichi -> distinguevano 2 MEMBRI O COLA GIUSTAPPOSTI (denominati dal n° di SEMIMETRI
che li componevano)

La CESURA dopo il colon di 5 semimebri è PENTEMÍMERE o semiquinaria (più usuale)


Meno frequente e legata a motivi stilistici è la CESURA EFTEMÍMERE o semisettenaria
Alla semisettenaria si accompagna con precisa funzione equilibratrice un’ulteriore CESURA nella
parte iniziale del verso detta TRITEMÍMERE o semiternaria
La dieresi bucolica giungendo dopo la centrale, distingue il quarto dal quinto metro e i primi due
metri dagli ultimi due, cioè dalla cadenza finale.

PENTAMETRO
Dall’esametro (per catalessi in syllabam del terzo e del sesto metro) discende il pentametro che
POSSIEDE SEI ARSI (sei metri)

a) come sequenza di 5 metri= 2 dattili + 2 anapesti inframezzati da 1 spondeo


b) come raddoppio di un emistichio d’esametro determinato dalla cesura pentemimere

La FISSITÀ RITMICA DEL PENTAMETRO avrebbe generato un’ECCESSIVA


MONOTONIA nell’uso in serie continuata-> poeti greci e latini lo usarono quasi esclusivamente IN
COPPIA CON L’ESAMETRO a formare il DISTICO ELEGIACO

IATO= mancato annullamento di vocale finale davanti a vocale iniziale

Allungamento in arsi davanti a cesura= una sillaba che alla normale scansione fonosintattica
risulta breve può occupare la posizione di una lunga

-s caduca= latinità classica restaurò –s- non solo nella versificazione ma nella normale parlata fino
ai poetae novi che ne sanciscono il rifiuto

ESAMETRI IPERMETRI= sembrano eccedere di una sillaba la giusta misura la sillaba eccedente
è in sinalefe con la vocale che inizia il verso successivo
(enjambement)

LE CLAUSOLE ECCEZIONALI:
Finali quadrisillabiche e monosillabiche vengono evitate per opposti di motivi di convenienza
ritmica: le une occupano da sole l’intera cadenza finale appesantendo troppo il ritmo mentre le
altre incidono l’ultimo metro frantumando la cadenza

La COINCIDENZA DI ACCENTO E ARSI NELLA CADENZA FINALE DELL’ESAMETRO viene addotta


come prova determinante di un ictus vocale e intensivo nella
recitazione ritmica

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