QUANTITÀ E L’ACCENTO
L’ACCENTO ha il compito di fornire un CONTRASSEGNO FORMALE AD UN’UNITÀ
GRAMMATICALE (parola) INTERMEDIA FRA L’UNITÀ GRAMMATICALE MINIMA
(morfema) E L’UNITÀ GRAMMATICALE MASSIMA (frase)
L’accento ha una FUNZIONE CENTRALIZZANTE-> è il motore della generazione della parola (anima
vocis)
1) INTENSITÀ
2) ALTEZZA
Si distingue tra:
» LINGUE AD ACCENTO INTENSIVO (italiano) e
» LINGUE AD ACCENTO D’ALTEZZA O MELODICO (latino)
La SILLABA è un SEGMENTO DELLA CATENA PARLATA costituito da-> una vocale + che può
combinarsi con una consonante precedente/seguente/tutte e due insieme
Fono. dei Latini-> erano percepite le durate della vocale + della consonante di chiusura che
assumevano valore distintivo e si traducevano in quantità
Regola generale:
È BREVE LA SILLABA APERTA CON VOCALE BREVE
TUTTE LE ALTRE SILLABE SONO LUNGHE
IL DITTONGO È SEMPRE LUNGO (è una sillaba lunga chiusa cioè vocale sillabica
+ vocale asillabica)
Leggi dell’accento
LEGGE DEL TRISILLABISMO:
l’accento NON può risalire OLTRE LA TERZULTIMA SILLABA
LEGGE DELL’ENCLISI:
la PAROLA ENCLITICA si appoggia a quella precedente (prive di accento per
esiguità del corpo fonetico – monosillabi- o per accessorietà della funzione
semantica – congiunzioni e particelle)
nasce un nesso che richiede un nuovo accento-> ACCENTO D’ENCLISI con sede obbligatoria
nella sillaba precedente l’enclitica nesso ha valore semantico nuovo e unitario → nuova
parola sotto la legge
della penultima (epectasi = estensione)
es. denique (de + enclitiche ne + que)
PARTICOLARITÀ
Tipo Valeri:
nomi della II declinazione tema in –io: vocativo Vàleri oppure Valèri.
Caso del genitivo impéri Valéri-> uso grafico unificava le due i etimologiche
Composti di facio:
- composti apofonici (conficio)-> unione di facio + preverbi = apofonia latina
- composti non apofonici (calefacio)-> giustapposizione di facio + avverbi o temi verbali=
rimane vitale solo facio
Ossitonie secondarie:
gli ossitoni (parole con accento sull’ultima sillaba) sono risultato di un
fenomeno secondario-> parole in origine accentate sulla penultima subiscono la caduta
dell’ultima sillaba in una fase in cui l’accento si è fossilizzato=
penultima diventa ultima e conserva accento senza infrangere la baritonesi
Tipo Volucres:
nesso muta + liquida oscilla nei contesti metrici-> se riguarda la penultima sillaba coinvolge la
posizione dell’accento (vòlucres/volùcres)
Tipo Abiete:
parole proceleusmatiche (4 brevi) non potrebbero entrare nell’esametro ma Virgilio ne fa uso
sfruttando la tendenza di i interna prevocalica ad assumere la caratteristica di consonante propria
della i iniziale prevocalica-> passaggio da i
vocale a i consonante provoca riduzione di una sillaba e trasformazione della sillaba precedente
da aperta e breve in chiusa e lunga (àbiete)
CAPITOLO IV – PROBLEMI DI FONETICA
L’APOFONIA INDOEUROPEA (o alternanza vocalica) è la VARIAZIONE DEL
TIMBRO VOCALICO che MODIFICA LA FUNZIONE MORFOLOGICA E SEMANTICA
DELLA PAROLA-> è regolata secondo una gradazione quantitativa e timbrica
L’APOFONIA INDOEUROPEA È FUNZIONALE (investe allo stesso tempo il dominio fonetico e quello
morfologico-semantico) MENTRE l’APOFONIA LATINA È MECCANICA
NON è una LEGGE, ma una TENDENZA DELLA LINGUA-> attorno al III secolo a.C
» voc. breve in sill. aperta subisce evoluzione verso ĭ oppure ŏ
» in sill. chiusa voc. breve si arresta a forma ĕ mentre forma ŭ si
ottiene da ŏ
I dittonghi (solo se interni) sono sillabe chiuse con vocale breve quindi:
ai>ei> ī au>eu>ū da timbri chiari a timbri più scuri
Dettata dall’accento (intensivo) che in epoca preletteraria era posto sulla prima sillaba della
parola→ SEDE TIPICA DELL’APOFONIA È LA SECONDA SILLABA
Fatti di vocalismo:
- legge dell’abbreviamento giambico= parole bisillabiche giambiche
(breve/lunga) tendono a trasformarsi in pirrichi (breve/breve)
- Vocalis ante vocalem corripitur= voc. lunga si abbrevia se seguita da altra voc.
Fatti di consonantismo:
- rotacismo (IV secolo a.C.) = modifica di una -s- intervocalica in -r-s- intervocalica
originaria inizialmente sorda-> si sonorizza e muta in –r-
- -s caduca (età arcaica) = nella scansione metrica non si calcola la –sfinale purché non
seguita da voc.
In età classica –s- in fine di parola è ristabilita
- -m caduca= –m- in posizione finale tende a scomparire per tutto l’arco della latinità
cade davanti a voc. e si conserva davanti a cons. per intrinseca evanescenza nella pronuncia
DESINENZA= FORMA VARIABILE che indica la FUNZIONE DELLA PAROLA nella proposizione
(se manca è definita desinenza zero e parola ridotta al tema)
TEMA= FORMA DI BASE della flessione della parola-> è formato da radice + uno/più suffissi
vocale che termina il tema-> è detta VOCALE TEMATICA
LA FLESSIONE NOMINALE:
elemento distintivo della flessione è il tema-> si ricava togliendo desinenza – (r)um del gen.
plur. 5 declinazioni:
1) temi in –a
2) temi in –o/e
3) temi in –i + temi in cons.
4) temi in –u
5) temi in –e
LA FLESSIONE VERBALE:
due tipologie di verbi: 1) tematici= voc. di collegamento tra radice e desinenza e
2) atematici= manca voc. di collegamento
1) FREQUENTATIVI (iterativi/intensivi) = verbi in -a- derivati dal tema del supino (valore
sussiste solo se affiancato al verbo primitivo)
2) INCOATIVI= verbi della III coniugazione con suffisso –sco-> indicano inizio di una
azione/progressivo cambio di stato (reso con l’aggiunta di suffissi)
3) DESIDERATIVI= verbi con valore conativo/volitivo formati in due modi: -
(s)sĕre / –ŭrĭre
4) CAUSATIVI (o fattivi) = verbi in tema -e- con vocalismo radicale in o che fanno fare l’azione
indicata dalla radice del verbo.
“far fare” un’azione a qualcuno si rendeva in altri tre modi: a) composti di facio, b) verbi di
vario significato c) perifrasi di facio + verbo dell’azione
4) Perfetto sigmatico= corrisponde all’aoristo greco (presente in pochissimi verbi che hanno
tema in consonante velare, dentale, labiale, sibilante e nasale)
1) Sum e possum=
» Sum ha 3 caratteristiche: a) desinenza -m alla I p.s. b) apofonia della radice (e/grado 0)
c) perfectum derivato da forme di radice indoeuropea del “divenire”
» Possum è derivato di sum + radice indoeuropea potis (potente)
3) Fero= verbo atematico che presenta il perfectum suppletivo dal verbo tollo che modifica il
perfectum da tuli a sustuli (subs+tuli)
4) Eo, nequeo, queo= eo presenta apofonia radicale (ei-/ĭ) e nel grado pieno è presente
un’alternanza latina (e-, ī-)
5) Edo= primo verbo anomalo regolarizzato nelle forme atematiche ma le lingue romanze
hanno comunque preferito il composto comĕdo o sinonimo manduco
PRONOMI INDEFINITI:
numerosi in latino per supplire alla mancanza dell’articolo
L’INDEFINITO ORIGINALE è quis (risale all’indoeuropeo)
a) quidam: individua ma non specifica
b) aliquis = indica esistenza di qualcuno o qualcosa non individuabile
c) quispiam= legato alla probabilità, ridotto a forme fossili
d) quis= indefinito della pura possibilità che si lega a particelle eventuali
e) quisquam= è in discussione l’esistenza di qualcuno o qualcosa
Aspetto verbale:
Gli antichi latini-> concepivano tempo = un flusso continuo
L’ASPETTO definisce il processo verbale in rapporto alla durata è percepibile in
un SISTEMA DI OPPOSIZIONI che in latino sono 2:
a) INCOMPIUTO/COMPIUTO: azione che si sta svolgendo in antitesicon quella
giunta a compimento-> su cui si basa morfologia del
verbo latino= bipartita in infectum/perfectum
b) DURATIVO/MOMENTANEO: oppone azione limitata ad unmomento ad
azione che dura per un lasso di tempo
Cum < quom è DI ORIGINE RELATIVA (val. temp. “dal momento che”, “quando” + val. caus. “dal
momento che”, “poiché” + val. concessivoavversativo)
quoniam < *quom-iam EREDITA IL VALORE CAUSALE DI CUM (tracce del val. temp. nel latino
arcaico)
Dum è una PARTICELLA TEMPORALE INDICANTE LA DURATA (in enclisi negli avverbi inter-dum,
non-dum, uixdum e negli imperativi age-dum, mane-dum, tace-dum)
Modo < modo, è L’ABLATIVO DI MODUS USATO AVVERBIALMENTE (val. condizionale di “purchè”)
Si < sei è una PARTICELLA DI ORIGINE PRONOMINALE (primo significato “così” conservatosi
nella formula si dis placet (“così piace agli dei”) è passato al composto sic < *sei-ce)
È È IL PUNTO DI PARTENZA PER LO SVILUPPO DEL VALORE IPOTETICO ED IPOTATTICO DI “SE”
Il periodo ipotetico può essere: »
dell’oggettività (I tipo) » della
soggettività:
- della possibilità (II tipo)
- dell’irrealtà (III tipo)
RITMO POETICO è rapporto sintagmatico (frasi sono dei versi e il discorso è poetico)
RITMO NELLA PROSA è rapporto paradigmatico
IL RITMO LATINO
Il latino (lingua quantitativa) -> ebbe versificazione basata sulla quantità a partire dal verso
indigeno (il saturnio) -> vennero assunti gli schemi metrici
greci, quantitativi, nei diversi generi letterari
Con affievolirsi del senso quantitativo-> i versi latini legarono il loro ritmo alle sedi dell’accento di
parola-> facendo prevalere il ritmo accentativo nelle lingue che sorsero dallo sfaldamento
dell’unità politica e linguistica dell’impero romano (italiano)
All’interno del verso considerato come FRASE = RITMICO SEGMENTO DI CATENA SILLABICA DEL
TUTTO UNITARIO A SÉ STESSO- non esistono intervalli/pause
I PIEDI
Il PIEDE è FORMATO DA UN GRUPPO DI DUE O PIÙ SILLABE BREVI E LUNGHE che costituiscono la
misura del verso
IL METRO
IN QUANTO È MISURA DEL RITMO, IL PIEDE È UN METRO
Caratteristica del metro-> è la sua articolazione nei DUE MOVIMENTI
COSTITUTIVI DELL’UNITÀ RITMICA: lo slancio e la posa
In metrica i due movimenti vengono indicati con i termini di ARSI e TESI
costituiscono i DUE MOMENTI FONDAMENTALI DEL METRO-> dalla cui ripetizione SI GENERA IL
RITMO
arsi: tempo forte (=sollevare) su cui cade l'accento
tesi: tempo debole (=porre) su cui non cade l'accento
I METRI che INIZIANO IN ARSI sono detti DISCENDENTI, quelli che INIZIANO IN TESI sono detti
ASCENDENTI
ESAMETRO
L’esametro latino è un VERSO DATTILICO COMPOSTO DI SEI METRI
a) primi 4 metri possono sempre sostituire le 2 brevi della tesi con 1 lunga
(il dattilo con lo spondeo) b) il 5°
metro è un dattilo
c) il metro finale spesso è uno spondeo (meno spesso trocheo) cioè può sostituire con 1 lunga
anche la tesi di 1 sola breve
Gli ESAMETRI (rari) che anche nel 5° metro SOSTITUISCONO IL DATTILO CON
LO SPONDEO-> sono detti SPONDIACI
non è quasi mai usato consecutivamente e si trova ISOLATO IN UNA SERIE DI
VERSI REGOLARI-> RALLENTAMENTO DELLA SUA CADENZA FINALE (particolare ethos)
Gli antichi -> distinguevano 2 MEMBRI O COLA GIUSTAPPOSTI (denominati dal n° di SEMIMETRI
che li componevano)
PENTAMETRO
Dall’esametro (per catalessi in syllabam del terzo e del sesto metro) discende il pentametro che
POSSIEDE SEI ARSI (sei metri)
Allungamento in arsi davanti a cesura= una sillaba che alla normale scansione fonosintattica
risulta breve può occupare la posizione di una lunga
-s caduca= latinità classica restaurò –s- non solo nella versificazione ma nella normale parlata fino
ai poetae novi che ne sanciscono il rifiuto
ESAMETRI IPERMETRI= sembrano eccedere di una sillaba la giusta misura la sillaba eccedente
è in sinalefe con la vocale che inizia il verso successivo
(enjambement)
LE CLAUSOLE ECCEZIONALI:
Finali quadrisillabiche e monosillabiche vengono evitate per opposti di motivi di convenienza
ritmica: le une occupano da sole l’intera cadenza finale appesantendo troppo il ritmo mentre le
altre incidono l’ultimo metro frantumando la cadenza