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Cos lindoeuropeo

Lindoeuropeo una lingua, parlata forse cinquemila anni fa in unarea non


precisamente collocabile (le ipotesi spaziano dallodierna Ucraina al
Caucaso), che si gradualmente differenziata attraverso la comparsa di
isoglosse di innovazione in una serie di lingue, come lindo-ario, il greco,
larmeno, litalico, il balto-slavo, il germanico comune, che a loro volta hanno
dato origine a molte lingue parlate tra lEuropa e lAsia.
La popolazione che parlava indoeuropeo difficilmente sar stata etnicamente
e culturalmente omogenea. Questo punto, come gi la sua collocazione
precisa, resta un enigma, anche perch, dopo le manipolazioni nazi-fasciste,
stata sempre sottoposta al nazionalismo dei paesi moderni.
La prima differenziazione dellindoeuropeo: centum e satem
La prima grande isoglossa che rompe il continuum indoeuropeo lesito delle
consonanti occlusive velari; sappiamo che lindoeuropeo aveva due, forse tre
serie di occlusive velari: le velari pure (del tipo *[k]*[g]*[g
h
]) le labio-velari (del
tipo *[k
w
]*[g
w
]*[gw
h
]) e forse le velari "palatali" (del tipo *[k
j
]*[g
j
]*[g
jh
]; ma
secondo unaltra ricostruzione, erano velari seguite da una vocale palatale [i]
o [e]).
Ad un certo punto, una parte delle popolazioni che parlavano indoeuropeo
cominciarono a "palatalizzare" (cio spostare in avanti, verso il palato,
l'articolazione) le occlusive velari "palatali", che si trasformarono in fricative
post-alveolari o alveolari; questo gruppo di popolazioni dette origine ai gruppi
linguistici indo-ario (le lingue delllndia, prima fra tutte il sanscrito, e dellantica
Persia), armeno e balto-slavo, che dunque condividono uninnovazione forte
che li oppone alle altre lingue indoeuropee. Per indicare i due gruppi si
scelto lesito della parola "cento, che in indoeuropeo era *[k
j
n'tom](o[kn 'tom],
per chi ritiene che la palatalizzazione sia dovuta alla vocale successiva): il
1
gruppo delle lingue che hanno condiviso linnovazione rappresentato
dalliranico antico satem (o dal sanscrito atm), mentre il gruppo
conservativo (che ovviamente molto meno omogeneo, e che comprende il
germanico comune) rappresentato dal latino centum, pronunciato ['kentum],
come era in origine.
Nel gruppo satem, le labiovelari perdono lappendice labiovelare, diventando
velari pure ([k
w
] > [k]); nel gruppo centum, le labiovelari si mantengono
separate dalle velari pure, mentre le velari palatali si assimilano alle velari
pure (oppure, se si tratta di un influsso di vocali palatali successive, non lo
subiscono). ll germanico segue queste lingue: la [k] di [kn'tom], dunque,
evolver regolarmente in [x] (e a [kn'tom] corrisponder ['xunan], da cui
linglese hund-red e il tedesco hund-ert, che originariamente sono composti
con una parola che voleva dire "numero), mentre la [k
w
] di [k
w
is] "chi
diventer la [x
w
] di [x
w
iz], da cui tm. wer, isl. hwer (linglese moderno who
deriva dallags. hwa, con una differente desinenza, analoga al tm. wo).
La particolarit del germanico nel gruppo indoeuropeo
Le radici delle parole indoeuropee erano riconoscibili in base alle consonanti
piuttosto che sulle vocali; questa situazione si conserva ancora nellit. ved-o,
ved-i, ved-a, vid-i , dove le consonanti della radice v.d- restano identiche e
indicano la nozione del "vedere, mentre le vocali (sia della radice, sia delle
desinenze) danno informazioni morfologiche, cio grammaticali (in questo
caso, riguardo al tempo, la persona, il modo del verbo).
ll germanico comune si distingue nel gruppo indoeuropeo, dunque, non tanto
per i pochi fenomeni di evoluzione dei suoni vocalici, quanto per il suo
trattamento particolare delle consonati occlusive, che cambia drasticamente
l'aspetto delle radici.
lnoltre, il germanico subisce una forte riduzione delle sillabe desinenziali,
2
forse perch a differenza dellindoeuropeo aveva un forte accento sulla
radice. Una conseguenza importante sar levoluzione delle lingue
germaniche, che tenderanno nel corso della loro storia a passare dal tipo
linguistico flessivo, in cui le parti nominali del discorso contengono molte
informazioni nella desinenza, tra cui il ruolo sintattico (come nel latino amor
Dei o Petrus Paulam amat) a quello analitico, in cui le relazioni tra parti
nominali del discorso vengono indicate da preposizioni, come nellitaliano
"amor di Dio o dall'ordine delle parole nella frase (come in "Pietro ama
Paola", dove il latino poteva cambiare solo le desinenze e non l'ordine delle
parole, per cambiare il significato: Petrum Paula amat "Paola ama Pietro").
Il sistema fonologico dell'indoeuropeo
L'indoeuropeo ricostruito (o almeno, la sua versione pi vicina al germanico
comune, che aveva gi creato un buon numero di isoglosse di innovazione)
aveva un sistema fonologico piuttosto semplice, ma con delle differenze
profonde dalle lingue germaniche moderne, alcune delle quali risalgono ad
una serie di isoglosse che si verificarono presso i germani, modificando la
lingua al punto da crearne una differente, che appunto chiamiamo
convenzionalmente germanico comune.
L'indoeuropeo ragionava per radici consonantiche in cui le vocali davano
essenzialmente indicazioni morfologiche, sia pure in modo assai meno
regolare che nelle lingue semitiche. Un esempio sono i preteriti italiani del
tipo vid-i (presente ved-o).
Accento
L'accento dell'indoeuropeo era libero e tonale.
"Libero" vuol dire che non si trovava sempre in una determinata sillaba della
parola, dando origine a differenze di significato: una situazione simile anche
3
all'italiano, dove esistono coppie minime distinte solo dall'accento come
l'italiano pri ['pe:ri] (plurale di pero) vs. per [pe:'ri] (voce del verbo perire).
Molte lingue indoeuropee, invece, oggi pongono l'accento in una posizione
fissa: per esempio il francese, che ha l'accento regolarmente sull'ultima
sillaba della parola. Ci avvenuto anche in germanico comune, dove
l'accento di norma si fissa sulla radice della parola (nel caso di radici
plurisillabiche, sulla prima sillaba), una regola cui poi la storia avrebbe dato
numerose eccezioni (in tedesco quelle apparenti dei prefissi atoni come in be
'gi nnen, ver'lieren e dei verbi divisibili del tipo 'bersetzen "trasporre " vs.
ber'setzen "tradurre", in inglese molte di pi, a causa del gran numero di
parole francesi che entrarono nella lingua successivamente, come tradition).
Ci che distingueva fortemente l'accento indoeuropeo delle lingue europee
moderne, compreso l'italiano, la sua natura di accento tonale (o " ad
intonazione"): la sillaba colpita da accento aveva un'intonazione differente
dalle altre, ma non era pronunciata con pi forza. L'italiano invece una
lingua ad accento "espiratorio" o "di intensit", in cui la sillaba accentata
viene pronunciata con pi energia espiratoria rispetto alle altre. Tuttavia, in
greco (e, per influsso di questo, nei dialetti pugliesi), si mantiene un residuo
di intensit sulla sillaba accentata, che conferisce al parlato un andamento
che i parlanti italiano standard avvertono come "altalenante".

Vocali e semivocali
L'indoeuropeo possedeva undici o quindici vocali, a seconda del modo di
classificarle: infatti aveva [a][e][i][o][u] con le corrispondenti forme lunghe [a:]
[e:][i:][o:][u:],
1
oltre ad una vocale centrale solo breve [o], chiamata anche
1
L'origine di queste ultime ancora controversa: verosimile che l'allungamento sia
dovuto all'assimilazione di suoni consonantici, verosimilmente fricativi, caduti molto presto
in indoeuropeo. La ricostruzione di questi suoni, chiamati "laringali" (ma che fossero
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"schwa indoeuropeo".
L'indoeuropeo aveva poi le approssimanti [j] e [w], che nella fonetica
dell'italiano sono spesso chiamate "semivocali", ponendo l'accento sulla
corrispondenza tra questi suoni consonantici e le vocali articolate nella stessa
posizione, cio rispettivamente [i] e [u].
2
ln realt, in indoeuropeo possiamo ricostruire che anche le nasali [m] [n], la
vibrante [r] e la laterale approssimante [l] come semivocali, perch avevano
delle vocali corrispondenti [l][m][n][r]. Queste forme vocaliche si chiamano
tradizionalmente "sonanti" ed erano destinate a scomparire in quasi tutte le
lingue europee (ma alcune si conservano tuttora; per esempio nel croato
smrt "morte", la [r] considerata vocale).
ln indoeuropeo possiamo poi ricostruire almeno sei dittonghi discendenti,
composti di una vocale breve seguita da una semivocale, formati dalle tre
vocali brevi [a] [e] [o] seguite da [j] o da [w]: [aj] [ej] [oj] [aw] [ew] [ow].
Consonanti
L'indoeuropeo possedeva dodici consonanti occlusive, divise per tre luoghi di
articolazione semplici (bilabiale, alveolare e velare) e uno complesso (labio-
velare: consonanti velari seguite da una appendice labiovelare, come la [k
w
]
di quando o la [g
w
] di guerra). Queste articolazioni davano consonanti
differenti, distinte in base al grado di sonorit (sordo o sonoro) e, nel caso
delle sonore, anche per l'eventuale presenza di una appendice glottidale (le
cosiddette "aspirate", che vanno pronunciate con i due elementi staccati: b-h,
effettivamente fricative laringali un dato controverso) occupa gli storici della lingua da
decenni, ma non ha grandi conseguenze sulla nostra ricostruzione, dato che questi suoni
scomparvero dall'indoeuropeo molto prima del suo passaggio al germanico.
2
L'italiano non distingue neanche graficamente le vocali dalle approssimanti
corrispondenti, scrivendo <i> in ira come in ieri, <u> in uno come in uomo. Le grafie lPA
mostrano invece la differenza di articolazione: ['i:ra] vs. ['jc:ri], ['u:no] vs. ['wo:mo].
5
d-h, g-h, g
w
-h; cos va pronunciata, oggi la <dh> di Gandhi), secondo il
seguente schema:
bilabial
e
alveolare
(dentale)
velare labiovelare
sorda semplice p t k k
w
sonora semplice b d g g
w
sonora aspirata b
h
d
h
g
h
g
wh
Di fronte a questa abbondanza di occlusive, la lingua possedeva una sola
consonante fricativa, l'alveolare sorda [s].
lnoltre, come si gi detto in precedenza, l'indoeuropeo aveva altre sei
consonanti, tutte sonore, che fungevano da semivocali: [j] (approssimante
palatale) e [w] (approssimante labiovelare), [m] (nasale bilabiale), [n] (nasale
alveolare), r (vibrante alveolare) [l] (approssimante laterale alveolare).
Le principali isoglosse del germanico comune
1. Vocali
a Il passaggio a-o
Sembra probabile che le vocali lunghe fossero pi tese delle brevi
corrispondenti, e dunque suonassero pi chiuse: quindi [c] vs. [e:], [o] vs.
[o:].
3
3
Ancor oggi, rispetto alle vocali lunghe e brevi del latino, l'italiano standard ha di norma [c]
[o]incorrispondenzadi,brevidellatino,ed[e][o]incorrispondenzadi,lunghedel
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Questa caratteristica si accentu in germanico, dove la breve e la [o] si
aprirono tanto da confondersi con [a], mentre la [a:] si chiuse fino a
confondersi con [o:].
! La mutazione dei dittong"i
Dal momento che i dittonghi dell'indoeuropeo avevano tutti la vocale breve,
[oj] ed [ow] si confusero con [aj] e [aw]. lnoltre, per un fenomeno di
assimilazione abbastanza intuitivo, il primo elemento del dittongo ej si
assimil al secondo, finendo per fondersi ad esso in una vocale lunga: ie.
*[ej] > [ij] > g.c. *[i:].
ll risultato fu che in germanico comune rimasero solo tre dittonghi: *[aj] [aw]
[ew].
c L'esito delle sonanti
Le semivocali [l][m ][n][r] svilupparono una vocale breve "di appoggio" di
timbro [u], e cos si trasformarono:
ie.*[l][m][n ][r]>g.c.*[ul][um][un][ur]
per es. i.e. *[kn'tom] "cento" > g.c. *[xun'am] (cio il primo elemento di
hundred; cfr. lat. centum).
#. Consonanti
a $utazione consonantica germanica %o &'rima Legge di (rimm&
ln germanico il sistema delle occlusive indoeuropee si ristruttura sulla base di
principi di economia fonetica:
1) le occlusive sorde perdono l'occlusione, trasformandosi nelle fricative dello
stesso luogo di articolazione: [p] [t] [k] [k
w
] > [] [0] [x] [x
w
]
molto presto la [] pass a [f] per una elementare adeguamento
(l'articolazione labiodentale sorda pi facile da pronunciare e pi nitida,
latino.
7
dunque pi economica in termini di energia articolatoria); molto pi tardi, alla
fine del periodo comune, anche la [x] non seguita da consonante sub un
indebolimento in [h], passando dall'articolazione velare a quella glottidale.
2) Una volta scomparse le consonanti occlusive sorde, le consonanti
occlusive sonore semplici non avevano pi bisogno della sonorit e persero
la vibrazione delle corde vocali, trasformandosi nelle sorde corrispondenti: [b]
[d] [g] [g
w
] > [p][t][k][k
w
].
3) lnfine, a questo punto le consonanti occlusive sonore aspirate non
avevano pi bisogno dell'aspirazione per opporsi alle sonore semplici,
dunque si trasformarono in occlusive pure: [b
h
] [d
h
][g
h
][g
wh
] > [b][d][g][g
w
].
per es. ie. *['b
h
ra:te:r] > g.c. *['bro:0e:r]
lnoltre, quando si trovavano in posizione interna, soprattutto tra vocali, si
indebolirono fino a trasformarsi nelle fricative corrispondenti (in modo analogo
a quello che successo al latino rubus nel passaggio all'italiano rovo):
[b
h
] [d
h
][g
h
][g
wh
] > [b][d][g][g
w
] > [] [][y][y
w
]
per es. ie. *[dhrejbh-] > g.c. *[dri:-] (im. drive).
! )ccezioni alla mutazione consonantica germanica
ll germanico comune non consentiva gruppi di due consonanti fricative, per
cui i gruppi con [s] + [p][t][k] non potevano mutare in **[s][s0][sx].
Conseguentemente, rimangono invariati: per questo l'inglese sta e il tedesco
stehen corrispondono all'italiano stare.
Per lo stesso motivo, nei gruppi consonantici [pt] [kt] non potevano mutare
entrambi gli elementi; quando il primo si fu trasformato, il secondo rimase
bloccato.
8
Quindi ie. *[pt] [kt] > g.c. *[t][xt] (e non **[0] [x0]).
ie. *[kapt-] > g.c. *[xat] (da cui ted. mod. ver-haften)
ie. *[nokt-] > g.c. * [naxt-] (da cui ted. mod. Nacht)
c La Legge di Verner
ll linguista danese arl erner scoperse poi un altro correttivo alla mutazione
consonantica germanica; le consonanti fricative sorde del germanico comune
si sono trasformate in sonore quando si trovavano 1) all'interno di parola, 2)
in contesto sonoro (tra vocali eo semivocali) e 3) l'accento della parola non
cadeva sulla sillaba precedente, per un semplice processo di assimilazione
(le corde vocali dovevano vibrare prima e dopo il suono in questione, quindi
tendevano a restare in vibrazione). Questo fenomeno interess tanto le
consonanti fricative prodotte dalla mutazione consonantica germanica,
quanto l'unica fricativa indoeuropea; dunque non solo ie. *[] [0] [x] [x
w
] > g.c.
*[] [] [y] [y
w
], ma nelle stesse condizioni anche ie. *[s] > g.c. *[z].
d La fissazione dell'accento
Sappiamo che in germanico comune mut il sistema accentuativo
dell'indoeuropeo, fissando l'accento sulla sillaba radicale (rizotonia) e
trasformandolo da tonale in espiratorio. Ma il fatto che la posizione
dell'accento fosse fondamentale nella legge di erner indica che quando
avvennero la mutazione consonantica germanica e poi la Legge di erner il
germanico manteneva ancora l'accento libero indoeuropeo. Quindi possiamo
stabilire una cronologia relativa tra questi tre fenomeni.
Meno certo quando l'accento germanico divenne espiratorio, ma un fatto
che in tutte le lingue germaniche, anche il gotico che la pi anticamente
attestata, notiamo la tendenza a ridurre le vocali delle sillabe atone (got.
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wulfs ie. *['lpos]). radizionalmente, questo fenomeno sembra potersi
spiegare con la fissazione di un forte accento espiratorio sulla sillaba
radicale, che ha portato ad articolare con sempre minore forza le sillabe
atone.

La prima divisione del germanico: il germanico nordoccidentale


ll germanico nordoccidentale si distingue da quello orientale per una serie di
isoglosse di innovazione, sia fonetiche sia morfologiche.
1 Apertura di *+e:, indoeuropea e creazione di *+e:, germanica
Tra le prime, la pi importante sicuramente l'evoluzione del g.c. *[e:].
Questo fonema si era gradualmente aperto in [c:] e poi in [:], dato che non
aveva pi bisogno di distinguersi dalla [a:] come in indoeuropeo (quest'ultima,
infatti, si era trasformata in [o:] con il passaggio a-o). Per es., il verbo g.c.
*['le:tan] "lasciare" si trova in gotico come letan, ma nelle lingue germaniche
nordoccidentali come *['la:tan] (cfr. ted. mod. lassen, isl. lta; l'inglese let un
caso a parte, perch la [a] passata ad [e]).
ll gruppo nordoccidentale si sarebbe creato successivamente una nuova [e:],
pi chiusa della precedente, nel preterito di alcuni verbi (per esempio, lo
stesso *['le:tan], che in gotico era un verbo con preterito raddoppiato ['lclo:t] e
che nelle lingue nordoccidentali ottiene un preterito ['le:t] da cui liess del
tedesco, let dell'inglese e lt dell'islandese) e in alcuni prestiti dal latino (lat.
volg. *spegulum > g.occ. ['spe:gul]).
Per brevit, le due e lunghe sono spesso indicate come
1
ed
2
.
# Alternanza grammaticale
Nel solo gruppo nord-occidentale resta una traccia della Legge di erner
4
Una tendenza simile, sia pure meno marcata, si ritrova nelle lingue romanze; nell'italiano
standard stata meno violenta che nei dialetti pugliesi, dove la parola [ftcnd] pu
diventare monosillabo, rispetto al trisillabo italiano fetente.
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allinterno del paradigma dei verbi: infatti nei verbi si alternavano forme con
accento radicale (del tipo amo) ad altre ad accento desinenziale (del tipo
am). Dunque nei verbi che hanno una fricativa sorda nella radice del
germanico comune, questa fricativa tende a sonorizzarsi nelle forme ad
accento desinenziale.
Questo sviluppo doveva essere comune a tutte le lingue germaniche, ma in
gotico non ne resta traccia: evidentemente fu livellato dallanalogia, come poi
successo nelle lingue germaniche moderne. Le lingue antiche del gruppo
germanico nordoccidentale, avevano ancora la differenza tra [] [0] [x] [s]
nelle forme con accento originario radicale e [] [] [y] [z] nelle forme con
accento originario desinenziale, per cui uno stessa radice verbale ie. *w.rt-
aveva nel germanico nordoccidentale la forma di infinito *[wer0an] e di
preterito singolare *[war0] la forma di preterito plurale *[wurun].
- .otacismo
ll germanico nordoccidentale trasforma le fricative alveolari sonore [z] esito di
Legge di erner in [r]. Laddove, dunque, nei verbi esisteva un'alternanza
grammaticale tra forme con accento radicale fin dall'indoeuropeo e forme che
prima avevano avuto l'accento desinenziale, l'alternanza nelle lingue
germaniche nordoccidentali antiche fu tra [r] e [s]: per esempio, le due forme
del preterito moderno del verbo "essere" in inglese, was e were (< wezun)
derivano entrambe da una radice *wes- ancora conservata nel tedesco
wesen, con g.c. [z] > [r]. Lo stesso fenomeno si conservato in nl. was -
waren, mentre tm. war al singolare rifatto per analogia sul plurale waren:
prima di Lutero, il preterito singolare del verbo era comunemente was anche
in tedesco.
Allo stesso modo, im. loose "perdere" e forlorn "smarrito (in senso
metaforico)" derivano dallo stesso verbo, con radice g.c. * [lews-]. Anche in
questo caso, il tedesco ha regolarizzato le forme nel paradigma: oggi il verbo
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"perdere" verlieren, participio verloren. Ma si veda l'infinito aat. furliosan,
participio furloran.
Questo succede anche per parole isolate, come il g.c. *[majz-a] "maggiore, di
pi, g.nord-occ. *[majr-], da cui isl. meir, ags. mr (oggi more) e aat. m r
(oggi mehr).
ln nordico, questo succede anche per le desinenze: per esempio il g.c.
*[dayaz] si trasforma in isl. dagr, mentre ags. dg e aat. tag sono derivati da
una forma g.occ. *[day] in cui la z era gi caduta.
/ $etafonie
Si tratta di processi assimilativi avvenuti in tutte le lingue nordoccidentali ma
con modalit differenti, in base ai quali la vocale della sillaba radicale si
assimila parzialmente o totalmente ad una vocale "estrema" (i, u, a) o
semivocale (j, w) di una sillaba successiva. La metafonia da ij viene anche
detta "palatale" (perch questi suoni si pronunciano al livello del palato duro),
mentre la metafonia da uw detta "velare" (perch sono articolati nel palato
molle, o velo). La metafonia da [a], che apre le vocali, quella meno
regolare, eppure si ritrova in alcuni casi antichi come la parola g.c. *['wiraz] >
g.c. *['weraz] "uomo" (cfr. latino vir "uomo", da cui italiano "virile"; la parola
scomparsa nelle lingue moderne, anche se sopravvive in molti nomi di luogo:
per esempio il nome antico di Canterbur era ags. Cant-wera-burg "
roccaforte degli uomini del ent"), dove [i] si apre in [e], o in molti participi del
tipo g.c. *[gabu'ranaz] da cui isl. borinn, im. born e tm. geboren, dove [u] si
apre in [o].
Per esempi di metafonia palatale: la parola g.c. *['gro:ni] "verde" > ags. grn
e poi gre n; in un primo momento la vocale posteriore semichiusa
arrotondata [o:] subisce l'influsso dell'anteriore [i], spostando la sua
articolazione verso il palato (per questo la metafonia da i o da j viene
chiamata palatale), diventa cos una anteriore semichiusa arrotondata [:],
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ma perde presto l'arrotondamento, diventando una anteriore semichiusa non
arrotondata [e:] (da cui inglese moderno green). Anche in nordico antico
succede la stessa cosa, e la forma diventa grn (pronunciato [gr:n]). ln
tedesco antico questa metafonia non ancora avvenuta; avverr solo nella
fase media, dopo che la [o:] si era trasformata nel dittongo [wo]; aat. gruoni
diventer dunque gren(e), da cui tm. grn. ll tedesco antico ha solo la
metafonia palatale (cio da i) di [a] in vocale breve, in plurali del tipo aat. hant
- henti, dove il plurale derivato dal g.c. *['xand-iz] (cfr. tm. and, pl. nde).
La parola g.c. ['kuningaz] "re" > ags. cning ['kning], in cui la posteriore
chiusa arrotondata [u] subisce l'influsso della successiva anteriore chiusa non
arrotondata [i] e diventa anch'essa anteriore, ma conservando
l'arrotondamento almeno in un primo momento (ma poi esso scompare nella
fase media kining > im. king). La forma dei manoscritti in tedesco antico
ancora aat. kuning, ma la pronuncia doveva essere gi [kning], altrimenti
non si spiegherebbe il tm. knig.
La divisione del germanico occidentale da quello settentrionale ancora pi
netta nel caso della metafonia palatale, che in nordico ha una diffusione
molto maggiore. Per esempio i femminili in -o ,cheinnordicoeraevolutain
u prima di scomparire, rispondono regolarmente chiudendo eo arrotondando
le vocali della radice: isl. fr "viaggio" (pronunciato originariamente forse
prima [fr], poi [fr]) dal germanico settentrionale *far-u. Stessa cosa per la
semivocale: il verbo g.c. *['singwan] "cantare" diventa il nordico sngva,
mentre in im. sing e in tm. singen la [w] scompare senza lasciare traccia.
Il germanico occidentale
L'ambito germanico che a noi interessa di pi chiaramente quello
occidentale, perch ne derivano inglese e il tedesco (ma anche il
nederlandese e frisone) moderni.
Condivide alcuni tratti comuni: per esempio, un ulteriore indebolimento
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delle desinenze. ln particolare delle vocali desinenziali; lecito pensare che
le vocali non radicali intorno al 1 si fossero per lo pi ridotte a [o], infatti
nella grafia si confondevano l'una con l'altra (il tedesco opporr pi resistenza
dell'inglese e del frisone a questa tendenza generalizzata). Le principali
isoglosse tuttavia sono le seguenti:
1 )sito di g.c. *0 1 d
ln germanico occidentale, la fricativa dentale sonora del germanico
comune si rafforza e torna occlusiva, mentre in germanico settentrionale
resta fricativa. Per es., g.c. *['go:-az] d isl. gr e ags. gd. ln alcuni casi,
questo rafforzamento si poi perso in inglese, per esempio ags. fder,
moder > father, mother con []. Gli esiti del tedesco antico (per mutazione
consonantica tedesca) fatar, muotar (da cui vater, mutter) sono invece esiti
regolari della [d]. Le altre fricative sonore del germanico comune restano
invariate e sono alla base della differenza, ad esempio, tra l'inglese seven e il
tedesco sieben, entrambi dal g.c.*[se'un], ma in cui il secondo rafforza
sempre le fricative in occlusiva.
# (eminazione consonantica
ll germanico occidentale tende a raddoppiare una consonante seguita
da una semivocale; questo spiega per esempio la geminazione dell'inglese
apple, cui in islandese corrisponde la forma epli, o nel tedesco Acker, rispetto
al lat. ager.
Questo sviluppo particolarmente regolare davanti a [j], e visto che
moltissimi verbi avevano la desinenza -jan, essi cambiano la forma radicale.
Per cui abbiamo uno stesso verbo in gotico come satjan (praticamente
identico al tardo germanico comune), in nordico antico setja (con metafonia
palatale di [a]), in ags. settan (con metafonia e geminazione, da cui moderno
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set). La forma tedesca antica sezzan ['setsan] (da cui moderno setzen) deriva
anch'essa da geminazione, ma la [t:] ha seguito la mutazione consonantica
tedesca.
Anglo2frisone
1 Vocali
Le vocali dell'anglo-frisone cambiano molto rispetto all'indoeuropeo.
a) lnnanzi tutto, i gruppi di vocale + nasale + fricativa sorda ([f, 0, x, s]) si
semplificano in vocale lunga nasalizzata + fricativa sorda (in realt, a + n + x
si era probabilmente semplificato fin dal germanico comune).
b) La [a] tende a chiudersi in [] o addirittura in [c]: g.c. *[fa'e:r] > ags.
fder.Questafenomenononavvieneperal[a]nasalizzata([]),chelefonti
inglesi addirittura tendono a scrivere <o>: per es. ags. lond, mon (moderno
land, man). Questa [o] si conserva quando era atona (per es. nella
preposizione on, cfr. tedesco an) o quando era lunga, esito di una
semplificazione di un gruppo come a + n + x, un fenomeno antichissimo,
avvenuto gi in germanico comune (come in alcuni preteriti quali 0anxta, da
cui moderno thought, cfr. isl. tti; il tedesco qui ha perso la nasalizzazione:
dachte) o da fenomeni pi recenti (cfr. ingl. antico gs, moderno goose, da
g.c. *['gans-iz]; la forma del tedesco Gans molto pi conservativa).
c) l dittonghi germanici con primo elemento [a], vale a dire [aj] e [aw], si
modificano drasticamente. ll primo subisce la cosidetta monottongazione: [aj]
> [a:], che resiste alla palatalizzazione (g.c. *['stain-az] > g. occ. ['stain] > ags.
stn "pietra, cfr. inglese stone e tedesco stein), mentre [aw] > [][],
scritto <ea> (g.c.g.occ. *[kaup-] > ags. ceap- "comprare, cfr. inglese cheap
"economico", originariamente "acquisto a buon mercato, affare" e tedesco
kaufen). L'altro dittongo [eu] si trasforma in [e], scritto <eo>: g.c. *['lewsan] >
ags. leosan "perdere (loose, cfr. tedesco moderno ver-lieren con rotacismo).
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Questi dittonghi si monottongheranno alla fine del medioevo in modo non
regolare (deop > dp>deep[di:p], ma leosan > lsen>loose[lu:s]; heah >
hieh > hh [hj], ma ags. ear > r>ear[i:]).
d) Le vocali dell'inglese moderno non corrispondono quasi mai a quelle
dell'inglese del periodo anglosassone, perch all'inizio dell'et moderna
avvenuta una trasformazione completa delle vocali (Grande spostamento
vocalico o Great owel Shift) per cui le vocali lunghe [i:] e [u:] si sono
trasformate in dittonghi (per es. ags. s, ms> im. wise, mouse), le vocali
lunghe [e:] ed [o:] si sono chiuse in [i:] [u:] (per es. ags. scp, sn > im.
sheep, soon), e la [a:] a seconda del contesto fonetico si chiusa in [e:] o in
[o:], che si potevano poi ulteriormente dittongare (per es. ags. las, stn >
im. ales, stone). La grafia dell'inglese moderno, per, in gran parte risale a
prima dello spostamento vocalico e non si mai adattata.
# Consonanti
L'innovazione pi evidente nell'inglese antico la palatalizzazione delle
consonanti velari in contiguit di un suono palatale, un fenomeno simile a
quello per cui il latino centum pronunciato ['kcntum] diventa l'italiano
cento. Cos nell'ags. cin "mento la pronuncia passa da [kn] a [tjn] (cfr.
tedesco inn). A differenza dell'italiano, un simile fenomeno avviene anche
quando il suono palatale precede la velare: cos, nell'ags. ric "ricco, la
pronuncia passa da [ri:k] a [ri:tj]. lnoltre la palatalizzazione avviene sempre
nel gruppo consonantico [sk] > [j] (g.c. *skir-az > ags. *scir > sheer; qui il
tedesco ha lo stesso sviluppo, come si vede dalla parola schier).
Mentre la palatalizzazione di [k] si ferma a [tj], quella di [g] (che poi
spesso era la fricativa [y], dunque articolata con minor forza) deve essere
passata assai presto da [d] a [] e poi [j]. La pronuncia 'storica' di <g>
palatale in inglese antico infatti [j]: l'ags. dg si pronunciava gi [dj] (gi
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alla fine del periodo anglosassone pu essere scritto anche dei; la grafia
moderna parzialmente etimologica). Si noti che questo indebolimento non
si verifica per consonante intensa: la [g] di g.occ. *leggjan > licgan (dove
<cg> la grafia normale di [d]).
Tra le nuove consonanti esito di palatalizzazione e le vocali palatali
successive si inseriscono vocali di transizione, chiamate 'glide': per cui g.occ.
*geldan > *gieldan pronunciato [jicldan] "pagare, offrire (eld), che
ovviamente viene dalla stessa radice di gold "oro (questi glides si trovano
anche davanti a [j] originaria: si veda inglese moderno ear < ags. gear <
anglo-frisone *[j:r], mentre in tedesco la forma Jahr conserva la vocale del
germanico nordoccidentale, corrispondente al g.c. *[je:r]).
b) Le fricative sonore
Gi in inglese antico la fricativa bilabiale sonora del germanico occidentale []
poteva essere scritta <f> (ags. sefon > im. seven), confondendosi con la
pronuncia sonora che [f] aveva assunto tra vocali (il tipo wulfas > im. wolves).
Nel periodo medio anche la [y] si trasforma, facendosi assorbire dalla vocale
precedente, per es. ags. brohte [bro:xt] > im. brought [browt], ags., niht [nixt]
> im. night [njt] (attraverso una fase intermedia [ni:t]).
3edesco
Vocali
a 3endenza alla monottongazione di +a4, +a5,
ll gruppo del tedesco tende a mantenere la [a] del germanico occidentale. Nei
dittonghi [aj] ed [aw], i due elementi tendono ad avvicinarsi.
Nel gruppo basso-tedesco subiscono regolarmente monottongazione in
vocale lunga [e:] [o:] (g.occ. * [stajn] > nederlandese moderno steen "pietra",
g.occ. *[bawm] "tronco, albero" > nederlandese boom). ln alto-tedesco questo
fenomeno avviene solo in determinati contesti.
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ln alto-tedesco, il dittongo [aw] viene scritto <ou> (pronunciato [ow] o forse
[ow]), ma nella fase media della lingua i due elementi torneranno distinti [aw],
andandosi a confondere con gli esiti (moderni) di [u:] (g.occ. *[awy-on] > aat.
ouga, tm. Auge, con [aw] come tm. aus < g.occ.aat. [hu:s]). Laddove
seguono alcune consonanti, il gruppo [aw] tuttavia si monottonga. Per es. g.
occ. *[awz-on] > aat. ra, tm. Ohr, identico nella pronuncia al nl. oor.
ll dittongo [aj] diventa solo [ej], scritto <ei> e si ferma cos: g.occ. [stajn] > aat.
stein, mod. Stein, che nella pronuncia (ma non nella notazione) evolve in [aj]
andandosi a confondere con gli esiti (moderni) di [i:] (tm. weise < aat. ws <
g.occ. [wi:s], cfr. im. wise). Di nuovo, esistono alcuni casi di assimilazione in
determinati contesti fonetici: g.occ. *[ajr-ist] > aat. rist "il pi avanti; il
primo" (nl. eerst).
! 6ittongazione di +e:,7 +u:,
Le vocali lunghe [o:] e [e:] si dittongano in tedesco in [wo] ([wo]? spesso
scritto <ua>) e [jc] ([j]? spesso scritto <ia>). Poi questi dittonghi si
monottongheranno di nuovo in et moderna, in [u:], [i:] (il primo di norma
scritto <u>, come in bruder da aat. bruodar < g.c.g.occ. *['bro0er], il secondo
<ie> come in aat. spiegal < g.occ. *['spe:gul].
Consonanti: la mutazione consonantica alto2tedesca
Nel gruppo tedesco notiamo il rafforzamento della pronuncia di tutte le
consonanti. Questo rafforzamento, che comporta una esplosione maggiore
dei suoni sordi (che per ne vengono intaccati, diventando affricate laddove
erano articolate con maggior forza, e fricative intense dove erano pi deboli)
porta ad una nuova mutazione consonantica, che parte dai dialetti meridionali
del tedesco e tocca l'area centrale solo in parte. Nel basso-tedesco non
arriver mai.
Questa mutazione consonantica, chiamata alto-tedesca o "Seconda Legge di
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Grimm", stabilisce che le occlusive sorde del germanico occidentale cambino
in questo modo:
germanico
occidental
e
esito in posizione iniziale,
postconsonantica
(postnasale)
o intensa
esito in posizione interna (tra vocali)
o in finale postvocalica
p pf ff
t ts (grafia: <tz> <zz>) ss (grafia: <zz>)
k kx (grafia: <ch>) xx (grafia: <hh>)
Questo fenomeno regolare in alto-tedesco superiore, ma non in alto-
tedesco medio (o centrale): qui infatti la [k] non muta in posizione forte, ma
solo in posizione debole.
Naturalmente, le consonanti dei nessi *[sp] [st] [sk] [ft] [xt] nella seconda
mutazione non mutano per non creare combinazioni impronunciabili come
**[spf], [sts] [skx] [fts] [xts]. La stessa cosa succede anche al nesso *[tr], per
gli stessi motivi. Per es. g.occ. [trew] "fedele" > aat. treu (cfr. im. true "vero",
che ha conservato il significato originario nel sintagma true to one's word).
Ess.
lat. papa "prete, papa" > aat. pfaffe "prete, parroco"; g.occ. [stump] "zoppo" >
aat. stumpf (cfr. im. stump) g.occ. *[appul] "mela" > aat. apfel; g.occ. *[twaj]
"due" > aat. zwei; g.occ. *[sattjan] > aat. sezzan [setsan] (im. set); g.occ.
[etan] > aat. ezzan [essan] (im. eat); g.occ. [wurt] > aat. wurz "pianta, radice"
(cfr. im. wort); g.occ. [ko:ni] > aat. kuoni (ma aat. superiore *chuoni [kxuoni])
> mod. khn "prode" (cfr. im. keen "acuto"); g.occ. [bo:k] "libro" > aat. buoh >
tm. Buch (cfr. im. book).
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Le occlusive sonore del germanico occidentale, come nella precedente
mutazione, non trovando pi sorde a cui opporsi, tendono a perdere la
sonorit:
[b] > [p]
[d] > [t]
[g] > [k]
Tuttavia, questo fenomeno avviene regolarmente solo per la [d] (unica tra le
consonanti sonore a non avere pi un corrispettivo fricativo), mentre [b] e [g]
mutano solo in alto-tedesco superiore e quando avevano subito la
geminazione; comunque il tedesco rafforza sempre in occlusiva [][y] > [b][g].
Per es.
g.occ. [bard] "barba" > aat. bart (im. beard), aat. superiore part;
g.occ. [seun] "sette" > aat. sibun (im. seven), aat. superiore sipun;
g.occ. [day] "giorno" > aat. tag (im. da), aat. superiore tac;
g.occ. [god] "dio" > aat. got > tm. Gott (im. God), aat. superiore kuot;
g.c. *[sejo] > g.occ. *[sejo] > aat. sippa "clan, famiglia allargata" (dall'ags.
sibb[e] deriva il moderno sibling "fratello eo sorella").
g.c. *[ayjo] "spigolo, margine" > g.occ. *[ayyjo] > aat. ekka > tm. Ecke
"angolo" (im. edge "margine").
Una volta che g.occ. *[d] > [t], l'alto-tedesco trasforma in occlusiva anche la
fricativa g.occ. *[0] > [d], un fenomeno dunque conseguente alla mutazione
consonantica tedesca.
per es. g.occ. *[0at] > aat. daz > tm. dass (im. that).
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