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VALADOS USITANOS

N.108
Semestrale di cultura, politica, economia, edito dal Centro Studi e Iniziative
"Valados Usitanos"

COMITATO DI REDAZIONE

Giuliana Armand
Piero Barale
Ivo Beolè
Silvana Cortona
Marziano Di Maio
Massimo Garavelli
Gianpaolo Giordana
Fausto Giuliano

Hanno collaborato alla redazione di questo numero:

Ivo Beolè, Marziano Di Maio,


Teresa Durbano, Gianpaolo Giordana, Fausto Giuliano
Mario Fantino Grièt, Maria Rosso

Copertina di Tom Cossolo

In copertina. Moschieres (Dronero). Chiesa parrocchiale di Santa Margherita

Stampato da:
Tipografia Baima & Ronchetti, Castellamonte, Torino

Pubblicazione ammessa al parziale finanziamento della Regione Piemonte ai sensi


della L.R.26/90 e successive modificazioni e integrazioni
SOMMARIO

- Editoriale.......................................................................................p. 2

- RICORDANDO COUSTAN REY…......................................................p. 3


- MUSC•RE/MOSCHIERES
APPUNTI PER UNA RICERCA
di Gianpaolo Giordana.….............................................................p. 4
- DIALETTOLOGIA OCCITANA 4 IL GASCON (1A PARTE)
di Ivo Beol•………..…………….....……........................................p. 31
- FRISE ALTRI MOMENTI DI VITA COMUNITARIA
di Maria Rosso……......................................................................p. 50
- UCCELLI DELLA CONCA DI BARDONECCHIA…
di Marziano Di Maio............……..…………………………….…….p. 66
- …E NOMI DI UCCELLI A ROASCHIA
di Mario Fantino GriÄt...................................................................p. 71
- BOVES. MANERE ‘D Dƒ
A
MODI DI DIRE POPOLARI – (4 PARTE)
di Fausto Giuliano….....................................................................p. 74

-Direzione: Comitato redazionale


-Direttore responsabile: Marina Verna
Anno XXXX, 1‚, gennaio - giugno 2016
Autorizzazione del Tribunale di Torino n‚ 3096 del 10/11/81
Redazioni: Torino, Corso XI Febbraio, 27; Paesana, Via Crissolo 9
Indirizzo e-mail: valadosusitanos@libero.it
Sito web: https://valadosousitanos.wordpress.com/

Un numero: 8 € ; Abbonamento annuo: 15 €; Numero arretrato: 12 €


Estero: 14 € ; Abbonamento estero: 17 €; Arretrato estero: 18 €
c.c.p. n† 10430122 intestato a "Valados Usitanos",
Corso XI Febbraio, 27 - 10152 – TORINO

1
EDITORIALE

“Ni•a si ploura”
Dopo Charlie Hebdo, Bataclan, Bruxelles, quello del 14 luglio 2016 a Nizza €
il primo attacco terroristico ‘islamico’ a colpire una cittƒ occitana in questi
due anni (ma giƒ nel marzo 2012 era stata colpita Tolosa). I blog dei periodici
occitanisti francesi ne hanno parlato: la citazione nel titolo proviene dal sito di
Aquƒ d’aqu…. Dopo gli attacchi di Berlino e di Istanbul bisognerebbe dire:
L’Europo si ploura.

Che dire? Si potrebbe essere d’accordo su alcuni punti.


1)Il problema delle periferie (le ‘banlieues’): la generazione dei figli dei
nordafricani immigrati nelle grandi cittƒ soffre il problema di una
disoccupazione cronica che € il terreno fertile, oltre che della criminalitƒ,
anche del terrorismo. C’€ poi il problema dei profughi, che ovviamente non
vanno colpevolizzati.
2)Forse la spiegazione pi„ convincente € che L’Islam non † solo una
religione, ma anche un modo di pensare: anche se il mondo islamico sembra
fare un sapiente uso della tecnologia (televisioni satellitari, internet, il
programma nucleare iraniano), l’impressione € che si sia solo a metƒ del
guado della modernizzazione. Nelle universitƒ musulmane – con significative
eccezioni – si studia per adesso molto Corano e poca scienza, ma non € detto
che in futuro la mentalitƒ scientifica non operi quei cambiamenti che si sono
osservati nell’Occidente (a partire dal processo a Galileo Galilei quante cose
sono cambiate qui da noi). † comunque una situazione in evoluzione, ed €
probabile che la cosiddetta ‘primavera araba’ di qualche anno fa non sia stata
un fuoco di paglia: il problema della modernizzazione forse sta a cuore ai
musulmani pi„ di quanto non pensiamo.

Che ne sar‡ di Valados Usitanos?


Anche la gestazione di questo numero 108 € stata laboriosa: sembra ci sia un
disinteresse generale – speriamo transitorio – per le cose occitane. Tanti
defezionano, lasciando ai pochi rimasti incarichi sempre pi„ gravosi, come se
Valados Usitanos fosse ormai questione di qualche volonteroso che deve
scrivere o molto spesso riscrivere gli articoli, impaginarli, curare i rapporti
col tipografo, distribuire la rivista, tenere il conto degli abbonamenti. Questa
situazione non pu‡ durare, e quindi il nˆ 109 forse non avrƒ forma cartacea,
ma sarƒ scaricabile dal web. Per informazioni, consultare il nuovo sito :
https://valadosousitanos.wordpress.com/ o scrivere al solito indirizzo email (
valadosusitanos@libero.it). L’intenzione € comunque di trasferire i numeri
futuri della rivista interamente su web ma nel solito formato, in modo che chi
vuole se la possa stampare.

2
RICORDANDO
COUSTAN REY

L’or de Brindouira

Su un vecchio numero di Valados Usitanos, il n. 13 del 1982, compariva un


contributo di Coustan Rey, allora non ancora ventenne: Coustan aveva
raccolto a Crissolo da fonti orali una di quelle leggende molto diffuse (da noi
ma anche sul versante francese) su presunti tesori nascosti nelle viscere della
montagna: L'or de Brindouira. Oggi quella leggenda € pubblicata su un sito
web, certo con l'assenso dell'autore (ma per la pubblicazione su quel sito di
molti contributi di altri autori, giƒ comparsi su V.U., non ci risulta sia stato
chiesto il permesso a noi o agli autori). Ci sono anche, sul sito, altre cose di
Coustan, che in questi anni in cui ci siamo persi di vista lui ha scritto: una
dozzina fra racconti e poesie (chissƒ poi se c'€ altro materiale inedito:
saremmo felici di poterlo pubblicare) . Da quel che si pu‡ leggere, ci sembra si
possa affermare che Coustan Rey € uno dei maggiori poeti dell'Occitania
cisalpina, se per poeta si intende non il consumato letterato ma chi sa
comunicare emozioni autentiche. Arte difficile e misteriosa, la poesia. Dono
forse, spesso concesso a chi quell’altra arte (o mestiere) non riesce a
impararla: quella di vivere. Eppure solo la poesia dei veri poeti ci parla, ci
consola: questo vale anche per la poesia di Coustan.

3
Gianpaolo Giordana

Musc€re/Moschieres
Appunti per una ricerca

Abitato di Moschieres. Dava il nome alla Frazione


Le pagine seguenti non hanno la pretesa di essere un lavoro organico ed
esaustivo: esse rappresentano piuttosto un insieme di elementi
conoscitivi, considerazioni, informazioni, curiosit€ e ricordi sulla
frazione pi• montana del comune di Dronero, la cui situazione negli
ultimi decenni ‚ diventata di anno in anno sempre pi• compromessa dal
punto di vista demografico, sociale ed economico.
Questi appunti non son tutta farina del mio sacco, poichƒ se ‚ vero che
ho potuto trarre da ricordi vividi della mia adolescenza (1) tante
immagini e conoscenze risalenti a escursioni nel cosiddetto Vallone

4
della Margherita e alle scoperte che ogni volta le accompagnavano, ‚
altrettanto vero che ho la possibilit€ di attingere a piene mani ad un
lavoro incompleto e tuttora inedito, che se non rammento male dovrebbe
risalire alla prima met€ degli anni ’80.
Promosso e in gran parte realizzato da Antonio Bianco (originario di
S€les/Celle Macra), questo lavoro aveva preso avvio e si era sviluppato
in occasione di due Fiere degli acciugai (2) ma non giunse mai alla fine
malgrado il grande impegno del suo promotore (3).
Scopo dichiarato dell’iniziativa di Bianco era ‘fotografare’ la situazione
demografica e socio-economica dei paesi di provenienza degli acciugai
della Valle Maira cos† come era nell’immediato secondo dopoguerra,
quando lo spopolamento ed il progressivo abbandono non avevano
ancora prodotto i danni irreversibili oggi evidenti e certe conquiste
“minime” del progresso (la luce e l’acqua corrente nelle case, gli
impianti igenico-sanitari ed una rete stradale decente), che altrove eran
quasi ovunque realizzate o in divenire, stentavano ancora molto a farsi
strada.Un lavoro di ricerca dunque e una indagine volta a disegnare, da
diversi punti di vista la memoria di un passato neppure troppo remoto,
ma anche un modo per cercar di confrontare quel passato con un
presente drammaticamente mutato.

La Frazione Moschieres di Dronero (a nosto modo: Mus-c€re) nel


secondo dopoguerra ha subito suo malgrado una profonda
trasformazione demografica che non ha tardato a corrodere anche la
5
toponomastica originale. L’oblio ha iniziato ad avvolgere abbastanza
rapidamente alcuni toponimi, che nel giro di pochi anni hanno mutato
nome, sostituiti da altri nel piemontese pedemontano di Dronero.
• il caso di uno dei principali villaggi del Vallone, quello che era anche
sede parrocchiale, che da la Frid•o (o Fre•dio) s’‚ trasformato in La
Margherita, Santa Margherita, Santa Margherita di Dronero o Localitƒ
Santa Margherita.
Cos„, prevalentemente nella forma “La Margherita” lo conoscono infatti
i cittadini droneresi di ogni etƒ; cos„, per sedici dei venti mesi della
Resistenza e della guerra partigiana, la conobbero i combattenti di
Giustizia e Libertƒ che nelle sue borgate vissero molti di quei mesi, vi
ebbero le loro basi, vi trovarono rifugio, amicizia, ospitalitƒ e calore e
che nel vallone (o ai margini di esso) combatterono in pi‡ occasioni la
guerriglia contro i tedeschi ed i fascisti.
Oggi quelle vicende lontane e in prevalenza dimenticate, che fan parte di
uno degli eventi fondanti della nostra Repubblica e della Costituzione di
questo paese, sono ricordate lass‡ da cippi e da lapidi scolpite nella
pietra e da un bel rifugio alpino inaugurato il 27 giugno 1970 e intitolato
al Comandante della IIˆ Divisione GL Benedetto Delmastro “Detto”.
Ultimo ma non ultimo, a ricordare quelle vicende vi sono anche alcune
sepolture in quella che ‚ conosciuta come “la tomba dei partigiani”, sita
al centro del piccolo cimitero d’la Fre•dio.
Il medesimo processo d trasformazione ha coinvolto la maggioranza
delle borgate e quindi dei toponimi, come nel caso d’la Rƒ„ diventata
Ruƒ dal Prƒ (in italiano Roata Prato), di ko d’Is…rt, I Ass‰rt
(in italiano Assarti), e via discorrendo.

Il vallone di Moschieres si colloca ad ovest dei Tetti di Dronero. Š attraversato in


verticale dai valloni Ghio e Diano (da una cartina del 1987 di Michelangelo Bruno)

6
Vallone Diano.
All’estremitƒ est, la localitƒ S•me/Cime di cui si parla nell’articolo.
(Da una carta geologica del Comune di Dronero dell’ottobre 2009).

7
Vallone Ghio. All’estremitƒ ovest, l’abitato di Moschieres.

8
La frazione era ed ‚ suddivisa in 23 borgate che oggi, ad eccezione di
due o tre, son totalmente disabitate e alcune sono attualmente ridotte ad
un cumulo di rovine.
Nel tempo andato la situazione era profondamente differente: ancor
pochi decenni fa le case (tranne quelle crollate a causa di eventi bellici)
erano prevalentemente in piedi, poich‹ continuavano a fruire di un
minimo di utilizzo temporaneo e di conseguenza di un po’ di
manutenzione.
Rispetto all’antropizzazione l’indagine di Tonino Bianco ci dice ad
esempio che se la situazione demografica degli anni 1945-46 non
corrispondeva pi‡ a quella del periodo di massimo popolamento (ultimi
decenni del 1800), essa non era tuttavia nemmeno lontanamente
paragonabile a quella, assolutamente disastrosa, che sarebbe venuta
determinandosi di li a pochi anni.
L’ultima guerra aveva certamente causato dei vuoti evidenti e si era
lasciata alle spalle drammatiche rovine, ma negli anni iniziali del
conflitto era riuscita a riportar a casa non poche famiglie native del
vallone, in fuga dalle cittƒ bombardate e dai tanti pericoli correlati agli
eventi bellici.
Nei 23 villaggi della frazione (5), tutti indicati nella cartina, nel ‘45
vivevano centoquattro famiglie: un numero giƒ ridotto ma ancora
rilevante.

Particolare della Borgata Mestre (da un disegno di Pier Paolo Pastore)


9
Le tre Scuole Elementari situate nelle borgate la Rƒ„/Roata Prato, lu
Sar†t/Saretto(*) e la Frid‡o / Santa Margherita, erano frequentate
complessivamente da 161 alunni, rispettivamente 39, 60 e 62.
Š significativo sottolineare come il maggior numero di quegli alunni
frequentasse le scuole situate alle quote altimetriche pi‡ elevate, una
delle quali, quella d’la Fr•dio, non era sempre di facilissimo accesso.
In proposito ricordo quanto mi era stato raccontato da un amico,
Chiaffredo Rovera (Fr€du l’anciu-i€r) (7), nato e cresciuto ‘n ko di
Ghiw/Borgata Ghio: in inverno, bambini in etƒ scolare, tempo
permettendo lui e la sorella partivano ogni mattina sulle orme del padre
che saliva lungo il sentiero scalinando sulla neve con gli scarponi allo
scopo di aprir un passaggio che consentisse loro di raggiungere la
scuoletta della Fr•dio.
Oltre alle scuole, nel Vallone v’erano 2 negozietti, commestibili con
rivendita di sale e tabacchi nelle borgate la Rƒ„ e la Frid‡o e due
osterie, che coincidevano con il negozio, nelle stesse borgate. Una terza
osteria-commestibili-tabaccheria, quella del Sar†t era stata distrutta
nell’incendio appiccato per rappresaglia dai nazisti nell’estate del 1944.
In luogo della scuola del Sar€t, distrutta durante la suddetta
rappresaglia, funzion• temporaneamente la scuola sostitutiva nella
borgata Allioni/k‰ d’Al•un (o k‰ d’Ar•un).
Au-
tunno
1944.
Alla
Mar-
ghe-
rita
(La
Fri-
d•o),
sede
del
Co-
man-
do di
GL.

In piedi da sinistra: Aurelio Verra "Aurelio", Alberto Cipellini "Cip",


Margherita Rovera (Tin l'Oste)
Seduti da sinistra: Mario Pellegrino "Grio" e Culin (marito di Tin)

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V’erano mulini funzionanti in Borgata lu Mƒlin/Mulino, poco a monte
della Rƒ„ e di B‡al dal Mƒl‡n/Bedale, in prossimitƒ del bivio per lu
kumbal dal Di…n (vallone laterale che adduce alle borgate ko dar
BŠsk/Bosco e kumbal dar Di…n/Diano, per poi piegare a sinistra verso
le borgate l’ Arm‡ta/ Eremita e Fug•rus/Case Garnerone o proseguire
verso la biforcazione che porta invece a l’All„rd e, pi‡ a destra, verso lu
M‹stre/Mestre.
Altre “macchine ad acqua” erano probabilmente esistite anche in un altro
vallone che piegando a sinistra poco dopo lu B‡al dal Mƒl‡n, porta alla
S‹l†to/Selletta, ai BatŠu (toponimo che suggerisce la presenza di una
pesta per canapa e altro) e infine ai S•me/Cime.

La rete stradale ‚ costituita soltanto da mulattiere e sentieri e la


carrozzabile non asfaltata, che arrivava soltanto a la Rƒ„, non sarebbe
salita alla Frid‡o che fra il 1953 e il 1961, ad esodo pressoch‹ terminato
della popolazione della frazione.

Inesistenti altri servizi pubblici. Bench‹ la distanza tra le diverse borgate


e le Centrali idroelettriche di Dronero e di San Damiano Macra non
fosse che di pochissimi chilometri, l’energia elettrica arriverƒ soltanto
nel 1946, limitatamente alle case di sole 8 (otto!!) borgate (in 3 di queste
solo grazie a turbine autonome!).
L’acquedotto che porterƒ l’acqua corrente nelle abitazioni verrƒ
realizzato sommariamente (sempre limitatamente alle 8 fortunate
borgate) soltanto alla fine degli ‘50.
Per poter disporre di un posto telefonico pubblico a la Rƒ„, l’unico in
tutto il vallone in un’epoca in cui i telefoni cellulari non esistevano
ancora, occorrerƒ attendere fino al 1977!

Rispetto alla media di una valle che, a dispetto di un remoto passato


intessuto di massicce presenze riformate e dunque di eresia, mostrava
un’apparenza di diffusa religiositƒ nel solco della ortodossia cattolica ed
era costellata di chiese e santuari e punteggiata da una miriade di
cappelle (molte assai antiche e di eccellente fattura, spesso impreziosite
da pregevoli affreschi medioevali e tardo medievali), non pare essere
molto estesa nel Vallone neppure la rete della fede e dei conforti
religiosi.
C’‚ la chiesa parrocchiale di santa Margherita alla Frid‡o, c’‚ la cappella
di santa Maria Assunta alla Rƒ„ e vi sono altre due cappelle, quella di

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san Bernardo ‘n ko d’AliŒn/Borgata Allioni e quella della Madonna
della neve ‘n ko di Ghiw/Borgata Ghio.
Inoltre, ecco due o tre manciate di (7), segni sparsi e visibili lungo i
sentieri e su alcune case, di religiositƒ e di credulitƒ popolare; infine due
piccoli cimiteri, anch’essi alla Rƒ„ ed alla Frid‡o. Tutto qui.
I sacerdoti in servizio nel Vallone del dopoguerra erano soltanto due: il
parroco don Rinaudo su alla Fr•dio e don Allemandi alla RŽƒ e ci•
bench‹ siano ancora lontani gli anni in cui la Chiesa avrebbe iniziato
prudentemente a parlare di crisi delle vocazioni.

Lu K‚cƒt: casa con doppia facciata a vela (Archivio L. Massimo)

Poco meno di cinquant’anni prima, a fine ‘800, i nuclei famigliari


residenti erano 198, per un totale di 931 abitanti, ma ‚ possibile che
questi avessero superato il migliaio nel Censimento della popolazione
del 1881, anno in cui venne generalmente rilevato in valle il pi‡ alto
numero di abitanti: era il frutto dell’incremento demografico successivo
agli anni di pace seguiti alla fine delle guerre risorgimentali ed alla quasi
raggiunta unitƒ d’Italia.
In quegli anni di pace, i primi dopo tanto guerreggiare, giravano le ruote
di almeno altri due mulini (con frantoi e peste per canapa e lana), ma
eran anche attivi diversi telai e almeno due fucine di fabbri e maniscalchi
oltre ad alcune botteghe di carradori, di sebri€r (bottai) e di sarti/e.

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Una attivitƒ piuttosto insolita

Il fatto che dei montanari potessero campare ed arricchirsi emigrando


per andare a commerciare pesce di mare conservato rappresenta una
smentita secca per tutti quegli storici (e giornalisti) superficiali che
continuano a sproloquiare sulla emigrazione montana dettata dalla
povertƒ e dal bisogno.
Non dico che siano tutte balle: in molti casi ed in particolari situazioni
climatico-ambientali sarƒ sicuramente stato cos„, ma le nuove tendenze
nella ricerca, pi‡ articolate e interdisciplinari, ci stanno aiutando da anni
a capire come l’emigrazione sia spesso stata una risorsa, capace di
alleggerire per 6-7 mesi l’anno il peso che le bocche di uomini e ragazzi
migranti avrebbero esercitato sulle riserve alimentari accumulate dalle
famiglie per i lunghi inverni.
Senza contare poi altre risorse correlate alla emigrazione: la acquisizione
di nuove conoscenze e di nuovi saperi, l’arricchimento delle competenze
linguistico-dialettali, il risparmio di somme di denaro, accantonate e
portate a casa per destinarle all’acquisto d’una mucca, di un mulo o di un
altro piccolo appezzamento di terreno.
La visione oleografica, forse romantica, di una montagna povera,
affamata, rassegnata ed ignorante, sovente tramandata in modo
autolesionistico, va impietosamente a cozzare contro una diversa realtƒ
diffusa quasi uniformemente lungo tutto l’arco alpino (ma non
sbaglieremmo di molto se dicessimo lungo ogni catena montuosa
antropizzata).
Per restare alle valli occitane del Piemonte, basterebbe fermare lo
sguardo sul passato prossimo per visualizzare la presenza abbastanza
diffusa di piccole scuolette, situate spesso anche nei valloni pi‡ sperduti
(e non parlo solo della particolare realtƒ delle Valli Valdesi).
Anche altrove, anche da noi, dove pi‡ dove meno, le comunitƒ avevan
cura e si preoccupavano dell’istruzione e della conoscenza, veri e propri
strumenti di autodifesa e di autoaffermazione.
Chi pi‡ chi meno, molte delle persone che hanno frequentato archivi di
comuni e di parrocchie in un ambito montano dovrebbero convenire su
di un punto: la bassissima percentuale di croci poste a mo’ di firma su
atti pubblici e privati o sui verbali dei Consigli comunali.
Resta esemplare fra tutti il caso di un piccolissimo comune dell’Alta
valle occitana della Dora Riparia dove i particolari delle due borgate
superiori di Suram•a/Solomiac (oggi ‚ frazione disabitata di Cesana
Torinese), l’Outanha/l’Autagne e Kurumbi€ro/Colombi‚re, (nel
13
1646!!!) erano in lite con il capoluogo per aver pi‡ comoda disponibilitƒ
di un maestro (e ne proponevano una intelligente rotazione), mentre
poco pi‡ di un secolo dopo altri piccolissimi comuni della valle (oggi in
genere ben poco abitati) erano noti anche oltralpe poich‹ esportavano
alfabetizzatori, capaci di insegnare in certi villaggi del brianzonese o in
pi‡ lontani comuni della Dr•me (ben oltre il Rodano) a leggere, scrivere
e a far di conto.

Ma torniamo a quella attivitƒ insolita: se ‚ vero che, per chi ne senta


parlare per la prima volta, pu• apparire curioso il fatto che il commercio
del pesce conservato in buona parte dell’Italia settenarionale (e non solo)
fosse in mano a qualche decina di famiglie di alpigiani provenienti da 4
o 5 paesi della Valle Maira, ‚ altrettanto vero che tutti coloro che quel
mestiere praticavano, padroni, padroncini, coadiuvanti e garzoni,
dovessero sapere non solo leggere e scrivere ma anche fare di conto per
potersi destreggiare tra i cambi (ufficiali e non), i prezzi dei prodotti, le
ordinazioni, i conti, le operazioni bancarie e quant’altro.
Ed ‚ proprio grazie a questi e ad altri ambulanti (basti pensare ai cavi€
d’Elva, agli ombrellai della Val Vigezzo o di Casteldelfino, agli arrotini
della Varaita o della Val Soana, ai burna e ai rƒga (rispettivamente
spazzacamini e stagnini) delle valli Orco e Soana ed ai loro saperi, che
son stati faticosamente spazzati via stereotipi falsi ed offensivi come
quello dei cretini delle Alpi (per intenderci, quelli con il gozzo od altre
tare!), a lungo propinati da viaggiatori, studiosi e giornalisti d’accatto
poich‹ facevan tanto colore locale.

Ma torniamo a noi: per la cronaca e per la storia mancano elementi certi


e inconfutabili che consentano di stabilire periodo e cause dell’inizio
dell’attivitƒ degli acciugai. Per quanto non sia possibile escludere in
futuro indizi pi‡ precisi, a tutt’oggi le ricerche effettuate non hanno
fornito uno straccio di prova: nulla, nessun documento, nessuna
concessione di licenze di commercio ambulante da cui partire… Solo
ipotesi, voci colte qua e lƒ da studiosi (non si sa quanto affidabili e
quanto fantasiosi) o vecchie storie, ben sedimentate nella tradizione del
mestiere, ma anche lontane da qualsiasi fondamento documentabile.
Insomma, lungo il terreno delle prove non ci si discosta troppo dalle
storie che ci narrano (forse abbastanza credibilmente) di periodi in cui
gli alti costi doganali del sale avevan suggerito ai mercanti valmairesi di
celarlo in barili, ben nascosto sotto uno spesso strato di acciughe salate.

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La serietƒ di una ricerca vorrebbe che, su questo scivoloso terreno dei “si
dice ma non si pu• provare”, ci si arrestasse qui.

Acciugai a Saluzzo, Porta S.Maria

Tuttavia, malgrado le origini del mestiere rimangano sostanzialmente


poco definite e l’attivitƒ degli acciugai cos„ com’‹ venuta strutturandosi,
sia quasi certamente pi‡ recente di quanto da molti sostenuto, resta il
fatto che sullo sviluppo del commercio delle acciughe e sull’area di
diffusione del medesimo, sulla inevitabile sua evoluzione e sui suoi tanti
personaggi di rilievo, manchi tuttora una indagine conoscitiva accurata e
veritiera. Ma torniamo alla Val Maira ed al Vallone di Moschieres.

Le famiglie di acciugai di Moschieres operavano principalmente in


Piemonte: la memoria collettiva (dove certi ricordi sono ben
sedimentati) e i documenti tramandano nomi di luogo come Torino, Ca-
nale d’Alba, Alba, Acqui, Asti, Biella, Vercelli, Ivrea, Castellamonte,
Mathi, Nole Canavese e tanti altri ancora. Chi scrive ricorda come, fino
a non moltissimi anni fa, sui mercati della Val Chisone e Germanasca

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fosse attivo un banco di acciughe e pesce conservato appartenente a una
famiglia di cognome Pomero.
Di certo v’era chi si spingeva fino ad alcune note localitƒ provenzali;
altri arrivavano fino al piacentino ed altri ancora in Liguria.
Le relazioni con le cittƒ del mare, Genova e Savona in primo luogo,
erano ovviamente strette poich‹ lƒ arrivava il pescato, avvenivano gli
acquisti e venivano immagazzinate le acciughe.
Gli affari con le cittƒ e cittadine portuali erano cos„ intensi da suggerire
la fondazione di una banca, tuttora esistente, la Banca Ghio di Chiavari.
In molte cittƒ piemontesi esiston tuttora banchi di vendita del pesce
conservato i cui titolati arrivano dal Vallone. E ad Alba ed Asti, per
esempio, vi si trova ancora la robusta carta (papier ma‘s) in cui venivano
avvolte le acciughe. Carta forte, porosa, oggi piuttosto ricercata da taluni
che si dilettano di pittura. Laddove l’attivitƒ non esiste pi‡ ne rimane
tuttavia un tenace ricordo.
Fino a pochi anni fa al mercato di Porta Palazzo di Torino (uno dei
maggiori d’Europa) i proprietari dei banchi d’anciu€ avevan quasi il
medesimo cognome, Rovera, ed erano in prevalenza originari d’en ko di
Gh•w/Borgata Ghio: stando alle statistiche ufficiali, nel 1945 in borgata
ci vivevan ancora 11 famiglie, ma all’inizio del 1900 erano ben 27
quelle che esercitavano l’attivitƒ di anciu•er ed un capofamiglia
dell’epoca, Giacomo Rovera (N€t), aveva banchi di mercato e depositi in
Alessandria grazie a cui serviva ben 200 acciugai, avendo 56 garzoni
alle sue dipendenze. Sembra non fosse un caso isolato!

Su una cosa paiono esser tutti d’accordo: nell’assegnare la primogenitura


del mestiere agli acciugai di Moschieres: nessuno contesta
quest’assunto, neppure in altri paesi della Val Maira dove, come a Celle,
Lottulo e Macra, altri valligiani si sono distinti nella medesima attivitƒ e
sono riusciti anche a diventare pi‡ “potenti” e benestanti.
Un altro ricordo personale, risalente a non troppi anni fa, non fa che
confermare l’opinione corrente sulla intraprendenza e la “modernitƒ”
degli acciugai di Moschieres.
Nelle rare occasioni in cui avevo modo di incontrare la mamma di un
caro amico (nativa di Pai€re/ Paglieres) che per molti anni aveva gestito
con il marito un banco di acciughe e pesce conservato al mercato rionale
torinese di Corso Spezia, la signora si rammentava delle mie origini
droneresi e non dimenticava di raccontarmi con una metafora di quanta
considerazione godessero nell’ambiente gli acciugai del vallone di
Moschieres: diceva infatti che “l’er€n b€n ‘n piŠto ak‹i d’ Musc€re:
16
av•en gi‰ i chaŒsies kuro nuzauti purtav€n ‘n-ka i sŠkes!” (erano
proprio in gamba quelli di Moschieres: avevano giƒ le scarpe quando noi
usavamo ancora gli zoccoli!).

L’organizzazione del lavoro: considerazioni

La organizzazione dei mestieri ambulanti dell’ emigrazione, soprattutto


di quelli che coinvolgevano direttamente la vita di intere comunitƒ e non
solo quella di alcune famiglie, era raramente lasciata al caso. Al
contrario, era invece accuratamente programmata e le norme precise
(non scritte ma rigorosamente osservate) che la regolavano definivano
con precisione minuta itinerari, sedi e spazi operativi. Venivano
utilizzate le conoscenze ed i contatti preesistenti ed era preso in
considerazione ogni possibile “posto tappa” lungo gli itinerari prefissati.
I pi‡ anziani d’attivitƒ, spesso i pi‡ abbienti, gestivano direttamente gli
acquisti di pesce conservato, stivati nei grandi depositi liguri e
piemontesi (questi ultimi, in genere, posti in localitƒ di pianura appena
oltre la catena appenninica). Qui confluivano i pi‡ “piccoli”, sovente i
garzoni, che avrebbero poi dovuto occuparsi della vendita al dettaglio.
Muniti di carŒss (carretto) confluivano verso i depositi per caricare i
barili, i mastelli e le secchie a doghe (barlet?, sibbr‹ e sibrŠt)
contenenti il pesce e ripartivano verso destinazioni e mercati, con la
scorta di papier ma‘s per i cartocci e l’immancabile eskand…i per pesare
la merce.
Carretti, barili e in qualche caso anche i basti e “collane” per gli asini o i
muli che tiravano i carŒss non erano di importazione, anzi! C’era in Val
Maira un indotto in sedicesimo, che riforniva gli ambulanti: i carŒss
verniciati d’azzurro (mare?) eran fabbricati ai T€c (T‹it/Frazione Tetti di
Dronero) nelle botteghe di provetti artigiani; barili e barilotti (poco a
poco sostituiti nel secondo dopoguerra dalle tŠle in lamiera) venivan
fabbricati dai rinomati sebr•er (bottai) a L’Arbar€ (Albaretto); i basti,
le collane e i finimenti per i pazienti e intelligenti equini “minori”, asini
e muli), erano fabbricati a La M…rmu/Marmora).

17
Da anni ormai quel mondo ‚ finito e le attivitƒ artigianali correlate al
lavoro degli acciugai sono da tempo svanite. Tutto un modo di lavorare
(e d’affrontare la fatica, la vita, il mondo) ‚ profondamente cambiato:
resta il mestiere del commercio del pesce conservato (cui son venute
aggiungendosi le olive ed altre merci) ma sui mercati sta poco a poco
cambiando anche la provenienza geografica dei commercianti di
acciughe.
Basta recarsi al grande mercato torinese di Porta Palazzo, uno dei
maggiori d’Italia, per rendersene conto: molti dei venditori italiani sono
di origini meridionali (in genere siciliani) ma iniziano ad affacciarsi
anche banchi di vendita di acciughe gestiti da commercianti maghrebini.
Rimane solo la memoria, ma anche questa va perdendo rapidamente
frammenti importanti a dispetto delle lodevoli iniziative dell’AVALMA,
e rimangono le fotografie del tempo in cui la montagna, e non soltanto
quella di provenienza degli acciugai, era popolata, viva, piena di attivitƒ,
percorsa da rumori, pervasa da odori e colori oggi scomparsi e
probabilmente rimpianti!

Ora ‚ tutto vuoto e silenzio, i soli rumori presenti nei villaggi


abbandonati sono quelli dell’acqua e del vento, sono il canto degli
uccelli che fan festa cibandosi di quel poco che resta sui tralci delle viti
abbandonate da decenni, sono i versi ed i richiami dei selvatici che,
insieme a piante e ad arbusti, stanno ripopolando (un po’ troppo
selvaggiamente) le terre abbandonate dall’uomo.

Non sempre i tedeschi vengono per nuocere

La valle, ‚ vero, ‚ percorsa da diversi anni (soprattutto nella sua parte


pi‡ alta) da turisti che amano scarpinare o pedalare nella natura, lungo
sentieri e percorsi sovente non asfaltati. Lungo quegli stessi percorsi si
imbattono in inopinabili espressioni di arte pittorica e di architettura
medievale, ma anche nelle espressioni pi‡ severe (e non aliene da
soluzioni sorprendenti) delle case tradizionali della valle, costruite in
pietra e legno e spesso caratterizzate da singolari invenzioni edilizie:
basti pensare alle diffusissime e singolari colonne rotonde in pietra a
secco e alle ancor pi‡ sorprendenti case villaggio come quella dell’Ubak
di Canosio, delle borgate del Pr‹it o di quelle sulla strada che salendo
tortuosamente sale al Col di San Giovanni.

18
Non solo: sempre da anni ed ancor pi‡ numerosi, giungono in valle
appassionati di trekking e di sci-alpinismo, di marcia sulle racchette da
neve (le ingegnose e pratiche chastŒos di un tempo) e di pedalate e
arrampicate in mountain-bike: arrivano da lontano (alcuni si
fermano,contribuendo allo sviluppo della valle ed al buon restauro di
case e villaggi).
Spesso parlano la lingua ostica dei Germani, la stessa dei militari nazisti
che nei durissimi mesi del 1944-45 bruciarono case ed interi paesi,
fucilarono, impiccarono ed uccisero decine di combattenti partigiani e di
persone, il pi‡ delle volte ignari civili innocenti.
Forse la valle ha faticato un po’ inizialmente ad accettare quell’idioma di
ritorno, ma oggi quegli infaticabili camminatori e pedalatori tedescofoni,
in genere discreti e rispettosi, amanti dell’arte e della natura fanno parte
a pieno titolo di quanto di buono si muova oggi in Val Maira.

San Martino sottano: copertina della brochure realizzata per i


venticinque anni dalla fondazione del Centro Culturale Borgata di
Maria Schneider (www. borgata-sanmartino.eu)

Nella pagina seguente: La popolazione del Vallone, suddivisa per


borgate e per famiglie, nel 1945 e nel 1988 e gli alunni delle Scuole
elementari negli stessi anni
19
20
I capifamiglia

I cognomi pi‡ diffusi sono indubbiamente Rovera, Ghio, Pomero,


Simondi e Chiappello. Il cognome Chiapello (con una sola p) ‚ stato
rilevato, ma ‹ minoritario a Moschieres, mentre ‚ ben pi‡ diffuso ’n
Braca/Regione Bracca, ‘n Ark€/Archero e in altre borgate situate all’
ub…c/opaco di Dronero.
Altri cognomi, come ad esempio Falco potrebbero essere originari di
alcune borgate del confinante Comune di Castelmagno; un paio di
cognomi di evidente origine “forestiera”, eran probabilmente stati
“importati” per via matrimoniale. I cognomi infine dei due sacerdoti non
paiono essere “locali” ma tradiscono una probabilissima origine
valligiana

La R‚„ (Roata Prato), m 805 s.l.m.

ALLEMANDI don ….. (sacerdote e maestro)


CHIAPELLO Antonio (Brunda)
GHIO Giacomo
GHIO Giovanni (Gi…n)
OLIVERO Giovanni (Gi…n Cantone)
OLIVERO Giuseppe (N†tu)
NASARI Barberina
NASARI Giovanni (Gi…n di Nas€)
NASARI Giovanni (Pust•n)
SIMONDI Matteo (Mat€rin)
…………………… (Pinassa)
………… Giuseppe (Pin de L•n)

Bial dal Mulin (Bedale), m 801 s.l.m.

CHIAPPELLO Costanzo

Lu Mulin (Mulino), m 800 s.l.m.


21
BARBERO Alessandro (Sandru)

La S‡letto (Selletta), m 1044 s.l.m.

(tre famiglie, poi emigrate in Francia, di cui non ‚ emerso il cognome)

I Bat†u (BatŠu, Battitoi, Peste per canapa e lana), m 1070s.l.m.

GHIO Maurizio

I Sime (Cime), m 1100 s.l.m.

GHIO Giovanni (Gi…n di Sime)


GHIO Giorgio

Lu B†sk (Bosco), m 860 s.l.m.

………. Spirito (Prit de bl€)


………. Giacomo (Kulin)

Kumbal dal Di…n (Diano), m 900 s.l.m.

BIANCO Giovanni
CHIAPPELLO Antonio

L’Arm•to (Eremita), m 944 s.l.m.

GHIO Giacomo
22
GHIO Maria (Mar‰et)
GHIO Spirito (Pritin de Gianƒt)

Fugirus (Case Garnerone), m 966 s.l.m.

GHIO Costanzo (T…n)


GHIO Giuseppe (Pin†tu)

L’Alard (Allardo), m 1075 s.l.m.

COSTA Antonio
GHIO Michele

Lu M‡stre (Mestre), m 1220 s.l.m.

GHIO Antonio
GHIO Giorgio
GHIO Giuseppe (Pinƒt)

La Grang€to (Grangetta), m 933 s.l.m.

GHIO Spirito (d’ ko di Mewd), presente solo in estate

Ko di Mewd (Meodo), m 938 s.l.m. (bruciata dai tedeschi nel 1944)

GHIO Spirito (vedere La Grang€to)


ISOARDI Battista (Berg•e)
ROVERA Antonio
ROVERA Giovanni (Gi…n)
ROVERA Spirito
23
SIMONDI Stefano

Lu Sarƒt (Saretto), m 1046 s.l.m. (parzialmente bruciata dai tedeschi nel


1944)

BELTRAMO Pietro (Piƒtru Tist†t)


COSTA Giuseppe (B…cu)
POMERO Antonio (Toni la font)
POMERO Antonio (Salin)
POMERO Baldassarre
RICCIARDI Giovanni (Gi…n d’Anna)
RICCIARDI Giuseppe (B€lo)
RICCIARDI Giuseppe (d’la kurt„so)
ROVERA Anna
ROVERA Giovanni (Gi…n de Nƒno)
SIMONDI Stefano (St€ve ‡letric)

Ko d’Ari€ro/d’Ar‚€ro (Rovera), m 1060 s.l.m.

POMERO Giacomo (Giaculin l’…)


ROVERA Antonio
ROVERA Giovanni (Gianƒt Toni No..)
ROVERA Lorenzo
ROVERA Stefano
ROVERA Antonio (Toni Talu)
SIMONDI Antonio (fra•re d’ Tan†t)

Ko d’Ari‹n (Allioni), m 1071 s.l.m.

AGNESE Giacomo
POMERO Antonio (Tun•n Leuna)
ROVERA Giacomo

24
Ko di Fark‹n (Falcone), m 1094 s.l.m.

ROVERA Giovanni
ROVERA Giuseppe (Gƒppu)
ROVERA Teresa
SIMONDI Costanzo (Tan†t)
SIMONDI Costanzo (cugino di Tan†t

La Frid•o/Freid•o (la Margherita), m 1324 s.l.m.

CHIAPPELLO Pietro (quel di sei dita)


RINAUDO don Giuseppe (sacerdote)
ROVERA Giovanni (Gi…n de Lino)
ROVERA Margherita (Tin l’oste)
ROVERA Spirito (Pr•t la porto)

Ko di Gh•w (Ghio), m 1240 s.l.m.

CHIAPPELLO Costanzo (Kust…n)


CHIAPPELLO Giacomo (L•n)
CHIAPPELLO Giovanni (Gi…n)
CHIAPPELLO Spirito (Pr•t)
GHIO Antonio d’en Gƒrp/Gerbido (Val Grana)
GHIO Giovanni (barbo Gianƒt)
POMERO Giovanni
ROVERA Antonio
ROVERA Giovanni (Gianƒt)
ROVERA Giuseppe (Pinin)
ROVERA Magno

La K‹mbo (Comba), m 1310 s.l.m.

AGNESE Antonio
AGNESE Giovanni
25
AGNESE Giuseppe (Pinƒt de l’aire)
CHIAPPELLO Giorgio (Gi†rs de Chel•n)
MINOTTI Giuseppe
ROVERA Battista (T•sto d’la Kumbo)

Ko d’Is…rt (Assarti), m 1408 s.l.m.

BELTRAMO Antonio
FALCO Giorgio (Gi†rs)
FALCO Luigi (L‚•s)
GARNERONE Giovanni Battista (Tisto)
GARNERONE Giuseppe (Marc…nt)
RICCIARDI Costanzo (Tan†t)
ROVERA Giovanni (d’la c„ r‹so)
………… Giovanni (Gianƒt di but‹n)

Lu K‚cƒt (Cuccetto, Cucchietto?), m 1276 s.l.m.

BRENTA Lazzaro (Z…ro) (v. immagine)

GHIO Bernardo (Nad•n)


26
Musc€re (Moschieres), m 1163 s.l.m.

POMERO Antonio
POMERO Giovanni
SIMONDI Antonio
SIMONDI Giacomo
SIMONDI Stefano

Note
(1) Non ho mai vissuto in alcuna borgata di Moschieres, ma in giovent‡
ne ho percorso in lungo e in largo i sentieri, i valloni e i crinali, quelli
che portavano in Val Grano come quelli che immettevano a Kartinh…n,
a San Dumian ed a Pai†res.
Una frequentazione fatta con discreta continuitƒ soprattutto negli anni
compresi fra il 1954 e il 1959 e poi mantenuta, bench‹ sempre pi‡
sporadicamente, anche negli anni successivi.
Ricordo di essere sempre partito in bicicletta: percorrevo la allora
sterrata vio di T€c fin oltre Ponte Olivengo; dopo il ponte e il tornantino
in salita la strada proseguiva per la frazione Tetti e poi fino a Roata Prato
dove finiva la strada.
Lasciato il mezzo, dopo una sosta per rifornirmi al negozietto della
borgata proseguivo, ovviamente a piedi: lunghe camminate, talvolta
risalendo la destra orografica del vallone, in direzione della cresta
condivisa con la Valle Grana, ma il pi‡ delle volte verso la Frid•o.
Un’ altra sosta, questa volta da Tin (quattro parole con birra e gazzosa) e
poi su superando il cimitero, in direzione del colletto, per continuare
talvolta verso gli Assarti e le grange di Cauri; altre volte, invece,
aggiravo la montagna per scendere alle borgate all’adrech di
Castelmagno, mentre altre volte ancora scendevo dal Kƒc€t verso
Moschieres, proseguivo lungo la Combamala, oppure prendevo il lato
opposto per percorrere uno sentiero ombroso (lungo il quale rammento
d’aver visto spesso le salamandre) ed arrivare alla Rƒ„, la Borgata
Bedale di Pai€re/Paglieres.

27
Sempre con zaino e sacco a pelo “a mummia”, di provenienza militare,
quasi sempre pranzo o cena al sacco e pernottamenti di fortuna. Il
mattino succesivo ‘n tok ‘d p…n e tumo e una tazza calda di Nescaf‹
(sul fornelletto a Meta) per colazione.
Ricordo di avere pi‡ volte incrociato i miei passi (timidamente ed in
silenzio, tanto mi intimidiva la presenza di quella persona all’apparenza
introversa e problematica ) con quelli di I.M., giƒ partigiano di GL, ex
deportato in Germania, gran camminatore solitario, sciatore ma anche
rocciatore sulle nostre e su altre montagne.

(2) Organizzate dall’AVALMA (Acciugai Valle Maira, la Associazione


di categoria)

(3) La lodevolissima indagine, per una somma di motivi complessi ed


ormai difficili da sintetizzare, rimase purtroppo incompiuta, forse anche
per aver troppo preteso.
Anzich‚ limitarla infatti ai soli paesi d’origine degli acciugai (si sarebbe
giƒ trattato di un bel lavoro articolato e difficile), la si volle invece (e
forse incautamente) estendere ai comuni della intera Valle Maira. Forse
manc• il tempo per portarlo a termine, ma non soltanto.
Probabilmente ebbe una certa importanza anche quella diffidenza, molto
valmairese, verso gli estranei (anche verso chi estraneo non ‚), spesso
considerati dei ficcanaso che volevano metter becco nei fatti altrui.
Tutto ci• fin„ probabilmente per negare a Tonino alcune collaborazioni,
promesse ma non mantenute, e cos„ l’importante ed ambizioso progetto
dovette inevitabilmente essere abbandonato.

(4) Originario di S€les/Celle Macra e figlio di acciugai, “Tonino” Bianco


(che risiede in Lombardia) ‚ stato indubbiamente una delle prime, rare
persone operanti nei variegati confini dell’ associazionismo culturale
occitanista, a intuire l’importanza dell’inchiesta, delle indagini socio-
economico e demografiche, dell’uso di questionati elaborati ad hoc, non
tanto o non solo per inseguire (come era di moda allora) i sogni di una
autonomia etnico-politico-amministrativa basati su una impossibile
rinascita demografica ed economica delle Valli, quanto piuttosto
indirizzata ad una conservazione documenta della memoria.
A lui devo un grazie di cuore per avermi autorizzato ad utilizzare quel
suo vecchio ma non dimenticato lavoro.

28
(5) Rƒ„/Rƒ„ dal pr„ (Roata Prato), la S‹l‹to/Selletta, i BatŠu/Batou, i
Sime/Cime, Bial dal Mulin / Bedale, lu Mulin/il Mulino, ko dal
BŠsk/Bosco, kumbal dal Di…n/Diano, l’Armita/Eremita e Fugirus /
Case Garnerone, ko di Meud/Meodo, Sar†t (Sar†t d’is…i e Sar†t
d’il…i)/Saretto (Saretto di qua e di lƒ), ko d’Ariera/Rovera,
Farkun/Falcone, ko d’Al•un/Allione, la Freid•o/Santa Margherita, lu
Kƒc‹t/Cucetto, Musc€re/Moschieres, la Kumbo/Comba, ko
d’Is…rt/Assarti, lu M‹stre/Mestre, ko di Ghiw/Ghio, l’Alard/ Allardo.

(6) Verso il finire degli anni ’90 del ‘900 (se non rammento male)
ritorn• a stabilirvisi una famiglia che era emigrata in Val Pellice,
probabilmente a Luserna San Giovanni

(7) Devo allo studioso e ricercatore dronerese Luigi Massimo molta


gratitudine, per il consenso ad utilizzare alcune fotografie tratte dal suo
straordinario ed enciclopedico archivio sulla architettura e l’arte in Valle
Maira.

(8) Chiaffredo Rovera, per tutti Fr€du, classe 1937. Ci eravamo


conosciuti a Dronero negli anni in cui, da ragazzi, giocavamo “a
pallone” e lui era un giovanissimo portiere senza paura, uno di quelli ca
‘s campavu fin s’le p€re.
Per tanti anni ci siamo incontrati il 1’ novembre davanti all’ingresso del
cimitero, poi… acciacchi e altri cambiamenti indotti dall’etƒ hanno finito
per cambiare certe abitudini. Vado ancora al cimitero di Dronero, ma
non pi‡ con la regolaritƒ di un tempo, sicch‹ con dispiacere non ho pi‡
visto Fr€du.

Bibliografia

AA VV
Indagine demografica-statistica sui luoghi di origine degli acciugai, a
cura di Tonino Bianco
Dronero, schede manoscritte inedite, 1989

CHEGAI, Milli – CORDERO, Mario


29
Guida ai luoghi, alla storia, alla gente di una vallata alpina
Cuneo, L’Arciere, 1996

CRESTANI, Diego
Anciu†e e caviƒ †d la Val Mairo. Mestieri dell’emigrazione alpina
Cuneo, L’Arciere, 1992

MASSIMO, Luigi
Chaminar, itinerari architettonici in Val Maira,
Dronero, Ed. Il Drago – Ousitanio Vivo, 1997 (2Œ edizione

OLIVERO, Roberto
Macchine ad Acqua. Mulini in Valle Maira…
Dronero, I Libri della Bussola, 2009

PASTORE, Pier Paolo


Valle Maira: 100 disegni a china
Torino, Edito in proprio, 2011

PASTORE, Pier Paolo


Valle Maira: le nostre case, 100 disegni a china
Torrino, edito in proprio, 2013

ROVERA, Giovanni (sac.)


Anciuƒ! Anciuƒ!
s.l.. s.ed., s.d. (prob.1990), stampa LCL-Busca

30
Ivo BeolÄ

Dialettologia occitana 4
Il gascon (1a parte)
Riprende il viaggio fra i dialetti occitani in Francia, Spagna e Italia (ini-
ziato nel n€ 93 di V. U.), ma cambia d’ora in poi il metodo di esposizione: inve-
ce che parlare in generale del dialetto in questione, descriver‚ uno specifico
sottodialetto (in questo caso l’aran€s) che abbia una forte identitƒ e sia molto
eccentrico rispetto agli standard della regione, per vedere poi nella seconda
parte le altre varianti regionali. Lo scopo „ evitare di disperdersi fra le tante va-
rietƒ del gascon, e di concentrarsi invece sui suoi caratteri essenziali.

La grafia utilizzata
L’aran€s si avvale di una normalizzazione linguistica molto attenta al-
le sue particolarit• (v. l’opuscolo del 1982, N•rmes ortogr‚fiques der ara-
n€s, pubblicato dalla Generalitat de Catalunya), e quindi non ci sono grossi
problemi di lettura dei testi scritti in grafia normalizzata. Viene per‚ anche usa-
ta a volte una grafia basata sullo spagnolo, che verranno trascritti nel modo
solito, cioƒ: grafia dell'Escolo d„u Po con qualche adattamento.
Semivocali
[i] [ou] quando sono semivocali o semiconsonanti vengono scritte in
uno stile tipografico diverso: iƒro, aouro (oppure i„ro, aouro).
Consonanti
[ch] fricativa prepalatale sorda: it. pesce, fr. chat
[tch] affricata corrispondente: it. pece, sp. mucho
[j] fricativa prepalatale sonora: fr. jaune, portoghese janela
[dj] affricata corrispondente: it. gelo, ingl. jeep

31
[ts] affricata alveolare sorda: it. zucchero, antico sp. ca…ar
[dz] affricata alveolare sonora: it. zeta, antico sp. razon
[th] consonante palatalizzata come nel gascon beth
[b] la fricativa bilabiale (come nello sp. cantaba) ƒ stata resa con una
semplice b perch† anche in gascon, come in languedocien o in guyennais, ha
questa pronuncia. Quando invece si ha il passaggio – maggioritario in aran…s
– del /b/ intervocalico alla semiconsonante /w/, questa viene scritta con stile ti-
pografico diverso: deouant, bˆouer (davanti, vivere: deuant, vˆuer in grafia
normalizzata).

I confini linguistici dell’aran€s


Ancora una volta seguo la carta dell’Occitania elaborata da Fran…ois
Fontan, che ƒ molto utile perch† i confini fra le 7 regioni occitane – sia esterni
che interni – si basano su fatti perlopi‰ linguistici. Fontan colloca l’aran…s
nell’ambito del commingeois (secondo la Nation occitane, ses fronti„res, ses
r…gions, gli altri sotto-dialetti guasconi sono: armagnacais, b…arno-bigourdan,
landais, bordelais).

Il Comminges (da una cartina di F.Fontan).


In realt•, il dialetto della Val d’Aran si inserisce molto bene
nell’insieme dei dialetti guasconi. Questi dialetti risultano avere tratti pi‰ o me-
no tipici a seconda della loro collocazione geografica: si potrebbe dire che
l’originalit• linguistica del gascon aumenta man mano che ci si sposta, a parti-
re da Bordeaux, in direzione sud e, partendo dal Languedoc, in direzione o-
vest. Analogamente, vedremo che le particolarit• linguistiche della Val d’Aran
vanno da un massimo di somiglianza col gascon a nord (Boss‚st) a un mas-
simo di influenze iberiche a sud (Naut Aran).
Il gascon pi‰ tipico non ƒ quello che si parla (parlava) nel capoluogo
della regione: a Bordeaux la particella ‘que’, usata un po’ come pronome sog-
getto atono (que soui = io sono), ƒ sconosciuta, come risulta dalla seguente

32
carta (tratta da Toponymie gasconne, di B. e J.J. F†ni†, 1992 ed. SUD-
OUEST)

Una volta quindi che si sono individuati come ‘essenziale’ il bordelais


(che ha solo sei dei dodici tratti che caratterizzano il gascon) e come ‘centrali’
i dialetti b…arno-bigourdan (Pau, Tarbes) e armagnacais (Auch) rimane da dire
qualcosa sul landais, il dialetto delle Lanos (in francese Landes), che si esten-
dono fino a Bayonne). Questo dialetto viene definito parlƒ n…gue, cioƒ dialetto
nero – scuro –, a causa del modo ‘indistinto’ di pronunciare le vocali atone. Ma
di questi sotto-dialetti parleremo pi‰ approfonditamente nella seconda parte
della trattazione del dialetto gascon.
Ritorniamo ora all’aran…s: per comprenderne meglio le dinamiche lin-
guistiche bisogna dare qualche informazione sulla storia e sulla geografia della

33
Val d’Aran. ‹ una ‘comarca’ a statuto speciale della Generalitat de Catalunya
(provincia di Lleida), con 9000 abitanti distribuiti in 9 comuni (35 p‚bles) rag-
gruppati dal 1313 al 1834 in tre ter†ons (dal secolo XVI ogni ter†on si suddivi-
se in due sester†ons): Boss•st nella bassa, Vielha nella media e Gar•s
nell’alta valle. Questi ter†ons (simili agli escartouns delle valli occitane) erano
previsti da uno statuto di autonomia concesso alla Valle dal re Giacomo II
d’ Aragona

La suddivisione in sester†ons a partire dal XVI secolo


Fonte: Wikipedia (V.Riullop)
appunto nel 1313. Ecco la lista completa dei ‘pobles’ della valle, ognuno inseri-
to nel suo sester†on:
Pobles
Puj•lo Montgarri, Bagergue, Tred‚s, SalardŒ, Unha, Gessa

Arties e Gar•s Arties, Gar‚s

Casti„ro Casarilh, Escunhau, Betren, Vielha, Casau, Gausac , Mijaran

Marcatosa Vilac, Mont, Montcorbau, Betlan, Vila, Aubƒrt, Arr‚s

(La)irissa Vilam‚s, Ben‚s, Beg‚s, Arr‚, Es B‚rdes, Arres de Sus, Arres de Jos

Quate L•cs Boss‚st, Les, Bausen, Canejan, Pontaut, Sant Joan de Toran

34
Sant Andreu a Salard‡ (Fonte: Wikipedia, archivio Ainhoa,Catalunya)

Nei secoli precedenti, due avvenimenti storici sono da ricordare: l’avvicinarsi


della Valle all’eresia catara (nel 1167 si ha notizia dell’elezione di un vescovo
cataro in Val d’Aran), e la disfatta degli stessi catari nella non lontana Muret
nel 1213, evento che segn‚ la fine della politica espansionistica ‘occitana’ del
casato di Aragona (nonch† la morte del re Pietro II d’Aragona). Di questo mo-
mento storico si parla in “…C”, romanzo sulla Val d’Aran di una storica catala-
na, Griselda Lozano. Pubblicato nel 2013 in spagnolo (in occasione dell’ottavo
centenario della battaglia di Muret), ƒ stato tradotto in occitano aran…s con il
sostegno del Conselh General d’Aran e ripubblicato alla fine del 2014 (ƒ di-

35
sponibile in edizione elettronica): pi‰ avanti ne tradurremo in italiano la pagina
iniziale.

Il romanzo di Griselda Lozano

L’aran…s ƒ oggi lingua ufficiale in Val d’Aran. Ci‚ ha comportato e comporta


un sempre maggior impegno nel pubblicare libri in aran…s. Si ƒ passati dai
primissimi libri (in genere letture per la scuola primaria, o la collana di libri in
aran…s dell’editore catalano Pagƒs, Garona Ficcion) pubblicati a ridosso della
Lei 16/1990 de Regim Especiau dera Val d’Aran, alla produzione attuale, in
grado di soddisfare un pubblico pi‰ diversificato ed esigente.
Della collana Garona Ficcion i primi due libri sono Racondes bracs, racconti
horror tradotti da Poe e Nerval e Arreperveris, una raccolta di proverbi. Poi ri-
cordiamo l’ottavo libro: Preso‚rs dera mar gelada, di un autore che ƒ anche
un uomo politico molto noto (ex Sindic d'Aran ed ex senatore dello stato spa-
gnolo nella X legislatura): Franc†s Boya Al„s. In Preso„rs dera mar gelada
l’autore ricrea l’ambiente dei primi tentativi (ottocenteschi) di ascensione sulle
cime pirenaiche. Nel 2010 ne ƒ stata fatta un’edizione digitale, e questo si pu‚
quindi considerare il primo libro elettronico in occitano. Invece il primo roman-

36
zo ‘giallo’ in aran…s ƒ En vacances della scrittrice e poetessa T‚ni Escala,
pubblicato da Pagƒs nel 2007.

Un’importante strumento di consultazione per lo studio dell’aran…s ƒ


costituito dal sito http://publicacions.conselharan.org sul quale ƒ accessibile la
versione elettronica di decine di opuscoli, tutti in aran…s, di dimensioni variabili
che vanno dalle 20 alle 200 pagine, e che trattano i pi‰ disparati argomenti:
letteratura, letture per la scuola, teatro, storia, arte, linguistica, diritto (c’ƒ posto
addirittura per i fumetti). Tutto questo fa s• che chi vuole studiare questa varie-
t• di guascone possa consultare senza problemi moltissime pagine, probabil-
mente qualche migliaio: quante altre variet• di guascone, anzi di occitano go-
dono di questo privilegio?

Vediamo ora le (poche) varianti interne all’aran…s, facilmente inqua-


drabili in base a criteri geografici (maggiore vicinanza alla Catalogna o alla
Guascogna).

Tratti particolari dell’aran€s.

•Articolo plurale (maschile e femminile) in es. L’articlo singolare si


mantiene fedele al guascone pirenaico: eth/era (al di fuori di B†arn/Bigorre si
ha invece lou/la).
•L’aspirazione dell’H derivata da F latina ƒ ancora percepibile solo nel
nord della Valle (zona pi‰ direttamente a contatto con le parlate guasconi dello
stato francese), a Canejan e Bausen.

37
•Passaggio dei dittonghi €i, •u a €, •: auri‚, b‚, v‚ < auri‚u, b‚u, v‚u;
dret, lhet, net < dreit, lheit, neit (tratto in comune con alcune parlate guasconi,
soprattutto della Bigorre e del gruppo sud-orientale).
•Passaggio di „i finale a „: tornar„ deman. ‹ una caratteristica (dovuta
al contatto con le parlate ibero-romanze?) anche del gascon sud-orientale
(Comminges, Couserans).

Un’opera storica e un libro di letture per la scuola, entrambi disponibili in for-


mato PDF sul sito del Conselh Generau d’Aran

•Passaggio di /b/ intervocalico a /w/ (deuant, vˆuer) tranne che a Puj‚-


lo nell’alta Val d’Aran (il gascon oscilla fra mantenimento di /b/ e passaggio a
/w/).
•Plurale in -es dei nomi femminili: es p„ires (come a Luchon nel Com-
minges).
•Pronuncia /a/ della a atona finale (tratto comune con Luchon e con
alcune zone della Bigorre e del Bearn).
•Pronuncia di n finale, in consonanza con il guascone (che tende a
pronunciarlo come vocale nasalizzata: †, ‡ ecc.). Ma a Puj‚lo n finale ƒ muta
(ˆ) come in catalano: pan, vin, man = pƒ, v‰, mƒ.
•Pronuncia non palatalizzata del gruppo th nella maggioranza dei casi
(ved„th = ved„t) e palatalizzata in pochi altri (c‚th = c‚tch: collo). La pronun-
cia di questo gruppo ƒ varia in Guascogna: generalmente si ha la pronuncia
non palatalizzata (t), o debolmente palatalizzata (ty), ma nelle regioni pirenai-
che ƒ pi‰ diffusa la pronuncia tch, come succede – limitatamente alla Val
d’Aran – a Bausen e Canejan, dove la pronuncia palatalizzata ƒ generale.

38
Fonte: rielaborazione da Wikipedia (V.Riullop)

Prestiti e calchi nel lessico e nella coniugazione del verbo.

gascon aran€s catal‚ gascon aran€s catal‚


imperfetto futuro
cantavi cantaua cantava cantarƒi cantarƒ cantarƒ
cantavas cantaues cantaves cantar•s cantar•s cantar•s
cantava cantaue cantava cantar• cantar• cantar•
cant•vam cant•uem cant•vem cantaram cantaram cantarem
cant•vatz cant•uetz cant•veu cantaratz cantaratz cantareu
cantavan cantauen cantaven cantar•n cantaran cantaran

p. remoto condizionale
cantƒi cantƒ cant• cantarˆ cantaria cantaria
cantƒs cantƒs cantares cantar†s cantaries cantaries
cantƒ cantƒc cant• cantar† cantarie cantaria
cantƒm cantƒrem cant•rem cantarem cantarˆem cantarˆem
cantƒtz cantƒretz cant•reu cantaretz cantarˆetz cantarˆeu
cantƒn cantƒren cantaren cantar†n cantarien cantarien

39
La tabella qui sopra illustra in modo immediato i termini del problema:
il verbo aran…s si discosta dal guascone medio e tende ad assomigliare molto
al verbo catalano. In un certo senso si pu‚ affermare che esiste, fra aran…s,
catalano e spagnolo, lo stesso rapporto che c’ƒ fra occitano alpino, piemontese
e italiano: anche qui la lingua regionale (il catalano) ha operato
un’assimilazione per contatto che risale molto indietro nel tempo. Viceversa lo
spagnolo si sta imponendo sempre pi‰ negli ultimi tempi, con moltissimi neo-
logismi (ad es. abantes per abans o despu‚s per demp‡s).

Un’opera di consultazione linguistica, anch’essa di-


sponibile sul sito del Conselh Generau d’Aran

Ci sono poi caratteristiche dell’aran…s, dovute alla sua iberizzazione,


che ne fanno un dialetto unico nell’insieme occitano, come l’uso della terza
persona singolare per la forma di cortesia (in occitano si usa sempre senza
eccezioni la seconda plurale), o la preposizione “a” che precede il complemen-
to oggetto diretto degli esseri animati (aperar ar amic = chiamare l’amico).

40
Una grammatica dell’aran…s pubblicata dll’editore catalano Pag„s

Moneta francese da 15 denari (Luigi XIV) trovata a Es Bƒrdes


Fonte: Mus„u dera Val d’Aran

Paradigmi verbali.

Ecco i paradigmi delle coniugazioni regolari e di alcuni verbi irregolari molto


comuni:

41
42
43
44
45
Testi in aran€s

Diamo la traduzione degli incipit di un romanzo e di un racconto in aran…s. Il


primo ƒ tratto da “…C”, il romanzo di Griselda Lozano pubblicato nel 2013 in
spagnolo e tradotto in aran…s (con il sostegno del Conselh Generau d’Aran)
nel 2014. Il secondo ƒ la traduzione di un racconto di Herman Melville: Bar-
tleby, The Scrivener. A Story of Wall-Street.

Bartleby, eth copista (disponibile sul sito del Conselh Generau d’Aran)

Da ‘OC’, di Griselda Lozano

Lugdunum, 20 calendas de deseme deth 1103


Un ambient estatic e tenebr„s enrodaue aquera hereda maitiada. Una capa
d'espessa broma baisha caperaue dƒs eth solƒr tot …‚ qu'era guardada podie
art†nher. Solet era tor dera n‚sta abadia subergessie nƒta e fƒrma ath miei
d'aquera silenciosa e inquietanta opacitat. Dera b‚rda estant, podˆ veir auan…-
ar, coma un espƒctre, era siloeta de quauquarr†s qu'entraue ena n‚sta encen-
cha. A mida que s'apressaue, vedˆ que se tractaue d'un monge que, damb
passi trantalhants e en.honsant es s‚ns pƒs ena hanga dera corsƒra, s'enfilaue
de cap ath n‚ste monastƒri. De ressabuda abandonƒ eth cubƒrt e an† a cercar
a frai Pƒire, er encargat deth cerƒr, qu'en aqueth moment se trapaue endrabat
damb er inventari des aprovediments entara n‚sta comunautat. Damb ua gra-
na agitacion l'anonciƒ era naua e, en deishar eth recompte a mans d'un frair
la‘c, toti dus gess†rem ath c„rrer deth cerƒr negat de flaira de vin e horment
ent• arribar …‚ de mƒs lƒu possible ena sala vestibulara.
Quan arribƒrem ena nƒira, enten†rem a quauquarr†s que tustaue tu per tu era
p‚rta […].
Alavetz frai Pƒire s'apressƒc tath petit hiestron dera nƒira e lo comencƒc a
daurir. Tant que hƒge c„rrer era bauda, entenˆ un long e shordant tartalh lƒu

46
ath madeish temps que despareishie dera mia vista era tonsura de frai Pƒire e
ath s‚n l‚c campaue, jos ues poblades e escures celhes, era sua fulminanta
guardada blua de uelhs redons.
Que siguec alavetz quan, coma un pericle, venguec entara mia ment er espol-
set de seda de p‚rc e era bacina arr•s de greish de shivau qu'uns dies endar-
rƒr eth madeish m'auie balhat en tot que m'encomanaue damb insist†ncia eth
prƒtzhƒt de greishar es gahons. Que passƒ uns moments de p‚ur, pr'amor que
coneishia era rudesa deth s‚n caractƒr e me cranhia …‚ de pejor mƒs, erosa-
ments ent• jo, frai Pƒire se lheuƒc de nau […].
Frai Pƒire dauric damb rapiditat era pesada p‚rta e deishƒc entrar a un monge
de pƒs nuds que portaue ua hlassada mulatƒra sus es espatles. Barrƒc de nau
era p‚rta e, quan se virƒc, jo profitƒ ent• amagar-me darrƒr eth s‚n robust c‚s
en tot tier-me damb ua des dues mans ath sarrat cordon que servie de sup‚rt
ara sua generosa bodena. Dej• laguens, eth monge se treiguec era capucha
en tot deishar eth s‚n esblancossit e prim r‚stre ath descubƒrt e s'ajoquƒc
dauant frai Pƒire prononciant un "pax Dei".

Lugdunum, 20 calende di dicembre del 1103


Un'atmosfera immobile e cupa avvolgeva quella fredda mattinata. Una spessa
coltre di nebbia bassa copriva tutto quanto, dalla terra in su, l'occhio poteva
vedere. Solo la torre della nostra abbazia emergeva limpida e ferma in mezzo a
quell'opacitƒ silenziosa e inquietante. Dalla stalle, dove mi trovavo, potevo ve-
dere la sagoma di qualcuno che, avanzando come uno spettro, entrava nel
nostro recinto. Mentre si avvicinava, vidi che era un monaco che, con passo
incerto e affondando i piedi nel fango del sentiero, si dirigeva al nostro mona-
stero. Subito lasciai il riparo della tettoia e andai in cerca di Fratello P„ire, il cel-
lararius, che in quel momento era impegnato con l'inventario degli approvvigio-
namenti per la nostra comunitƒ. Con grande agitazione gli annunciai la notizia
e, lasciando il conteggio nelle mani di un frate laico, entrambi corremmo fuori
dalla dispensa impregnata dell'odore del vino e del grano per andare il piŠ pre-
sto possibile nella sala vestibolare. Arrivati all’ingresso, sentimmo che qualcuno
bussava insistentemente sulla porta […].
Allora il fratello Peire si avvicin‚ al piccolo pannello del portone e cominci‚ ad
aprirlo. Mentre faceva scivolare il fermo, sentii un lungo e fastidioso stridio qua-
si nello stesso tempo che scompariva dalla mia vista la tonsura di frate Peire e
al suo posto appariva, sotto sopracciglia nere e folte, il fulminante sguardo dei
suoi grandi occhi azzurri. Fu allora che, in un lampo, mi vennero in mente la
spazzola di setole e la bacinella straripante di grasso di cavallo che mi aveva
dato il frate qualche giorno prima, raccomandandomi caldamente di ingrassare
i cardini del portone. Trascorsero un paio di momenti di panico, perch… cono-
scevo la durezza del suo carattere e temevo il peggio, ma fortunatamente per
me, fratello Peire si rialz‚ [...].
Fratello Peire apr‰ rapidamente il pesante portone e fece entrare un monaco
scalzo che portava sulle spalle una coperta per muli. Chiuse di nuovo la porta
e, quando si gir‚, ne approfittai per nascondermi dietro il suo forte corpo te-
nendomi con una mano alla stretta cintura che serviva di sostegno alla sua ge-
nerosa pancia. Una volta dentro, il monaco si tolse il cappuccio, lasciando sco-

47
perto il volto pallido e magro, e si inchin‚ davanti a frate Peire pronunciando un
"pax Dei".
Da ‘BARTLEBY’, di H. Melville
S‚ un ‚me pro gran. Enes darrƒri trenta ans, era natura des mies activitats
m’a metut en contacte mƒs qu’ordinari tamb un interessant e un shinhau singu-
lar grop d’‚mes, qu’enquia a on mjo sabi, non s’a escrit jamƒs arren: parli des
copistes o escrivans.
N’ƒ coneishut un pialƒr, a tˆtol professionau e en privat, e poiria condar diuƒr-
ses ist‚ries que harien a arrir as cavaliƒrs de bona volontat e plorar as animes
sensibles. Mƒs ren„ncii as biografies de toti es auti escrivans per quauqui pas-
satges dera vida de Bartleby, eth copista mƒs estranh qu’ƒ vist o qu’ƒ entenut
a parlar-ne jamƒs. Des auti escrivans poiria escrˆuer era vida sancƒra, mƒs de
Bartleby non se p‚t hƒr arren de semblant. Non i a materiau ent• ua biografia
complƒta e satisfact‚ria d’aguest ‚me: ua pƒrta irreparabla entara literatura.
Bartleby ƒre un d’aqueri ƒsters des que non se p‚t assegurar arren, se non ei a
compdar des h‚nts originaus, e en s‚n cas son f‚r…a escasses. De Bartleby
non sabi mƒs que …‚ que vederen es mƒns uelhs estonats, trƒt d’un laugƒr ru-
mor que recuelherƒ en epil‚g.

Abans de presentar ath copista, talaments coma lo vedˆ per prumƒr c‚p, que
me cau hƒr bƒra mencion dera mia persona, des mƒns employ…es, deth mƒn
neg‚ci, deth mƒn estudi e deth mƒn cercle en generau; perque aguesta de-
scripcion ei indispensabla ent• ua comprenen…a avienta deth protagonista de-
ra ist‚ria.
En prumƒr l‚c: s‚ un ‚me que, des dera joenessa, ƒ agut era prigonda convic-
cion qu’era vida sense complicacions ei era mielhor. Per aguesta arrason, en-
cara que pertanhi a ua profession proverbiauments energica e nerviosa, a
c‚ps enquiara turbul†ncia, jamƒs ƒ permetut qu’arren pertorbƒsse era mia
patz. S‚ un d’aqueri avocats sense ambicion que jamƒs s’adrece a un jurat, ne
sage d’atirar er aplaudiment public de bƒra manƒra; mƒs ena serena tranquilli-
tat d’un retirament confortable, hƒsqui un neg‚ci facil tamb es obligacions, es
ipotƒques e es tˆtols de proprietat des arriqui. Es que me coneishen me consi-
dƒren un ‚me eminentaments segur […].

Quauque temps abans dera ep‚ca qu’arringue aguesta istorieta, es mies au-
cupacions auien aumentat f‚r…a. M’auie estat conferit eth vielh cargue, ara su-
primit en Estat de New York, de Secretari dera Canceleria. Non ƒre un trabalh
guaire complicat, mƒs ‚c que n’ƒre, de ben remunerat […].
Eth mƒn estudi ƒre en un pis deth numƒro… de Wall Street. Per un costat
daue tara paret blanca der espaci„s pati de lums que horadaue er edifici de
naut en baish. Aguesta vista, mancada de …‚ qu’es pa‘satgistes diden “vida”,
se podie considerar mƒs lƒu eng“egiua que ua auta causa.
Mƒs encara que siguesse atau, era vista der aute costat der estudi aufrie, au-
mens, un contrast. En aquera direccion es hiƒstres dominauen sense obsta-
cles ua paret nauta de malons, ennerida pes ans e pera ombra perpƒtua; t•
guardar es bereses amagades d’aguesta paret non calie lunetes, perque, t•

48
benefici des espectadors vistacuƒrti, se lheuaue a dƒtz pƒs des veires des
mies hiƒstres.

Sono un uomo di una certƒ etƒ. Negli ultimi trent’anni, la natura delle mie attivi-
tƒ mi ha messo in continuo contatto con una serie di personaggi interessanti e
in qualche modo singolari di cui, per quanto ne so, non si „ mai scritto niente:
parlo dei copisti degli studi legali.
Ne ho conosciuti moltissimi, professionalmente e privatamente, e potrei rac-
contare diverse storie, che farebbero ridere le persone di spirito, e piangere le
anime sensibili. Ma rinuncio alle biografie di tutti gli altri copisti a favore di alcu-
ni passaggi della vita di Bartleby, il copista piŠ strano che io abbia mai visto, o
di cui abbia mai sentito parlare. Degli altri suoi colleghi potrei scrivere l’intera vi-
ta, ma di Bartleby non si pu‚ fare niente del genere. Non c’„ materiale suffi-
ciente per una biografia completa e soddisfacente di quest’uomo, ed „ una
perdita irreparabile per la letteratura. Bartleby era uno di quegli esseri di cui
niente „ verificabile, se non a partire da fonti originali, e nel suo caso le fonti di-
cono molto poco. Di Bartleby – con l’esclusione di una vaga diceria che riporte-
r‚ nell’epilogo – altro non so se non quello che hanno visto i miei occhi stupiti.

Prima di presentare il copista, esattamente come lo vidi per la prima volta, „


opportuno dare qualche informazione su di me, sui miei dipendenti, sulla mia
attivitƒ, sull’ufficio dove lavoro, e in generale sul mio ambiente; perch… la de-
scrizione di tutto ci‚ „ indipensabile per capire a sua volta il protagonista di
questo racconto.
Innnanzitutto: sono un uomo che fin da giovane ha avuto la profonda convin-
zione che la vita senza complicazioni „ la migliore. Di conseguenza, anche se
esercito una professione proverbialmente energica e nervosa, a volte persino
turbolenta, mai ho permesso che niente turbasse la mia pace. Sono uno di
quegli avvocati non ambiziosi che mai si rivolge direttamente a una giuria, n…
mai in alcun modo ricerca l’applauso del pubblico; ma nella serena tranquillitƒ
di una posizione ritirata faccio un’agevole compravendita di obbligazioni, ipote-
che e titoli di gente ricca. Chi mi conosce mi considera un uomo eminentemen-
te affidabile […].

Il mio studio era al primo piano del numero… di Wall Street. Da una parte dava
su un cortile spazioso e illuminato dall’alto, delimitato da una parete bianca.
Questa vista, priva di quella caratteristica che i pittori paesaggisti chiamano ‘vi-
ta’, si poteva considerare piŠ che altro insulsa o banale.
Tuttavia, la vista dall’altro lato dello studio offriva, almeno, un contrasto. In
quella direzione le finestre incombevano su una parete di mattoni molto alta,
annerita dagli anni e dall’ombra perpetua; per spiare le bellezze nascoste di
questa parete non ci volevano binocoli perch…, a beneficio di spettatori con la
vista corta, si trovava a tre metri di distanza dai vetri delle mie finestre.

49
Maria Rosso

FRISE:
ALTRI MOMENTI DI VITA
COMUNITARIA

Pubblichiamo la seconda parte del lavoro sul Ciclo della vita


e dell’anno e sulle Istituzioni comunitarie a Frise (comune di
Monterosso, Val Grana), ricavato dalla nostra collaboratrice Teresa
Durbano dalle interviste fatte alla madre, Maria Rosso (al lavoro ha
collaborato anche il padre di Teresa Durbano, Durbano Giovanni
Battista). Il questionario usato aveva come obiettivo la ricerca
sistematica di testimonianze relative alle Istituzioni Comunitarie
nelle Valli Occitane: ru€ides, panificazione, veglie, ciclo della vita e
dell’anno. Queste istituzioni comunitarie hanno comportato per
secoli una partecipazione collettiva alla vita del singolo, costituendo
un fondamentale elemento di coesione interna, utile alle nostre
popolazioni per sostenere la sfida di un ambiente naturale spesso
ostile. La presente seconda parte del lavoro di Maria Rosso tratta le
istituzioni comunitarie propriamente dette: veglie, ru•ides e
panificazione.

50
Per cenni biografici su Maria Rosso e sul marito Giovanni
Battista Durbano si veda lo scorso numero di V. U.

La grafia usata
L’ autrice ha usato la grafia mistraliana (con qualche incoerenza). Il testo ‚
stato quindi corretto seguendo le norme di questa grafia, che usa in genere le
convenzioni grafiche del francese, con queste eccezioni:

ch c palatale come in "ciliegia"


sh sc(i) italiana
• o tonica chiusa
‚ o tonica aperta
lh l palatale come in "paglia"
s s dolce, s aspra se preceduta da consonante
ss s aspra
h non ha valore fonetico: indica iato derivato (in genere ma
non sempre) da caduta di l palatale

Accento tonico
Cade sulla penultima sillaba nelle parole terminanti con vocale o (nei plurali)
con vocale+s, ma:
a, i, u sono toniche se in fine di parola

Accento grafico
Indica un'alterazione della naturale tonicitƒ, ma:
ƒu, „u, €u corrispondono a ƒou, „ou, €ou ecc. della grafia Escolo
…u, ‚u d•u Po

LE VEGLIE
3.1.1. In che periodo si tenevano?
Le veglie si tenevano a partire dal mese di novembre, fino al
mese di marzo. Si diceva andasse bene fino al 25 marzo che era il
giorno dell’Annunciazione.
Il detto era “l’Anunsi‚ crƒpo la vih‚” (L’Annunciazione fa
morire la veglia).

3.1.2. Dove si svolgevano? A casa di chi? Si andava a vegliare


anche in case lontane?

51
Le veglie si svolgevano sempre nelle stalle che era l’unico luogo
della casa riscaldato dalle bestie, le cucine erano fredde. Si
facevano a casa di amici, parenti, vicini di casa.
Si andava pure a vegliare in altre borgate, se c’era la luna piena si
camminava bene, ma quando era buio pesto si portava il “lantern…n”
(la lanterna – vedi foto).

Lanterna a petrolio

3.1.3. Ci si scambiava la veglia?


Ci si scambiava la veglia anche all’infuori della propria borgata.

3.1.4. A che ora cominciavano le veglie? A che ora finivano?


Le veglie cominciavano subito dopo cena, verso le 19-19,30 e
finivano verso le ore 11-11,30

52
3.1.5. Qual era il numero dei partecipanti?
Il numero dei partecipanti alla veglia dipendeva dalle serate: se
c’erano ragazze e ragazzi le stalle si riempivano e i proprietari delle
stalle non avevano sedie per tutti. Allora andavano a prendere tre o
quattro “gerbo†n” (1) di paglia, la si allargava per terra e gli uomini
e i giovanotti si stendevano sopra, le donne e le ragazze che
lavoravano a filare e fare maglia stavano sulle sedie.

3.1.6. Come cominciava e finiva la veglia? Si faceva una


richiesta formale per essere ammessi alla veglia?
Non c’erano modi particolari di iniziare o finire la veglia, ma
c’era sempre qualche buontempone tra i ragazzi che prima di entrare
faceva un po’ di baccano o confusione per farsi invitare alla veglia.

3.1.7. Si faceva qualcosa di particolare in occasione della


prima veglia dell'anno? E dell'ultima?
No, non si faceva nulla in particolare.

3.1.8. C'erano nel corso dell'anno delle veglie particolarmente


importanti? Quali?
Non c’erano veglie particolarmente importanti.

3.1.9. Chi partecipava alle veglie? Vecchi? Giovani? Donne?


Uomini? Bambini?
Alle veglie partecipavano tutti: vecchi, vecchie, donne, uomini,
ragazzi, ragazze, bambini.

3.1.10. C'erano veglie specifiche per i giovani? Che cosa vi si


faceva? Le ragazze ci andavano da sole?
No, non c’erano veglie solo per i giovani.

3.1.11. C'era l'abitudine di contraffare la voce per chiedere di


essere ammessi alla veglia?
No.

3.1.12. Qual’ era il posto occupato alla veglia da ciascuno dei


partecipanti? Chi si metteva vicino al fuoco?
Vicino al fuoco non c’era nessuno perch€ le veglie si facevano
sempre nelle stalle, che erano riscaldate dalle bestie. Se qualcuno

53
aveva da fare qualche lavoro si metteva vicino al lume a petrolio per
vedere bene a lavorare.

3.1.13. Come si assicurava l'illuminazione del locale? Si


contribuiva alle spese per l'illuminazione e il riscaldamento?
Il locale era solo illuminato dal lume a petrolio(vedi foto),
ultimamente si aveva gi… la lampada a carburo.

Lume a petrolio

3.1.14. Alla veglia si lavorava? Durante tutta la durata della


veglia o durante una parte soltanto? Quali lavori?
Durante la veglia le ragazze e le donne lavoravano tutta la sera: a
fare maglia, filare, cucire. Le ragazze si preparavano il corredo (“lou
f‚rdel”). Gli uomini invece lavoravano per aggiustare gli attrezzi da

54
lavoro per l’estate, cambiavano i manici ai tridenti, alle zappe, ai
rastrelli, “destihavoun lou charbou” (stigliavano la canapa) che poi
veniva battuta, pettinata e filata. (Ci si rivolgeva poi a chi aveva i telai
per far fare le:
“tese de telo” per preparare i corredi e la biancheria per la casa)

3.1.15. Che cosa si mangiava? Che cosa si beveva?


A volte si mangiavano le “barote” (‘ballotte’ - castagne bollite),
mele, noci e nocciole, ma comunque sempre di rado. Si beveva acqua.

3.1.16. Che giochi si praticavano? Chi partecipava a questi


giochi?
La gioventˆ giocava a carte, al gioco del maiale, “man chaudo”
(mano calda), indovinelli.

3.1.17. Alla veglia partecipavano persone estranee al paese


(mendicanti, braccianti, ambulanti...)? Ci si ricorda di questi
personaggi? Che cosa raccontavano?
Qualche volta alla veglia poteva partecipare l’ombrellaio, “lou
magn…n” (lo stagnaio, quello che riparava e stagnava le pentole),
“l’amoulƒt” ( l’arrotino). Si fermavano qualche giorno tra le borgate
per il loro lavoro e la gente dava loro un piatto di minestra e li faceva
dormire nella stalla. E qualche storiella la raccontavano pure loro, del
loro paese.

3.1.18. Di che cosa si parlava durante la veglia? I bambini


avevano diritto alla parola? Si parlava per gruppi separati?
Durante le veglie si parlava un po’ di tutto: del tempo, del lavoro;
ricordo che un nonno ci raccontava storie, ne sapeva tante, lunghe e
molto belle.
Ma sovente si parlava di masche, draghi, “faiƒte”, “sarvan‡t”,
cose che impressionavano noi bambini.
Se dopo dovevamo uscire un momento per fare la pipƒ si aveva
molta paura.
I bambini parlavano, ma se erano troppo rumorosi si zittivano.
Si parlava sia tutti insieme che a gruppi separati, se in
quell’occasione le persone erano sedute un po’ distanti .

3.1.19. Si raccontavano fiabe, favole, leggende...?

55
Si raccontavano favole e fiabe ai bambini.

3.1.20. Si cantava? In quale lingua? Ci si ricorda di qualcuna


di queste canzoni?
Durante le veglie non si cantava, ma mentre si andava da una
borgata all’altra i ragazzi sovente cantavano. Ricordo ancora qualche
canzone, erano molto belle e la gente era molto piˆ contenta e unita di
adesso.
Le canzoni erano in genere in italiano, non ricordo le parole, ma
alcuni titoli:
Piemontesina bella, Campagnola bella, A turin a la rosa
bianca, Il cacciator del bosco, ecc….

3.1.21. A che data si ƒ cessato di vegliare?


Si cessavano le veglie annualmente verso fine marzo perch€ la
gente incominciava a lavorare in campagna e la sera erano tutti
stanchi, non avevano piˆ voglia di vegliare.
Sono poi definitivamente terminate quando le persone sono
emigrate in Francia, Torino e altre citt…, dal 1965 circa in poi.

* * * * *
(1) – gerbo†n – bracciata di paglia legata con un legaccio sempre
fatto di paglia.

LA PANIFICAZIONE

3.2.1. Frequenza ed epoca della panificazione.


A quanto ricordo la panificazione avveniva ogni 15 giorni , sia in
estate che in inverno. Ma ho sentito raccontare dagli anziani che
molto tempo addietro il pane lo facevano solo d’inverno, e ne
preparavano per tutto l’anno. Lo mettevano al secco, sopra una specie

56
di scala fatta appositamente, appesa ad un soffitto e lo mangiavano
duro per tutto l’anno.

3.2.2. Localizzazione e propriet‚ del forno. Aveva una o pi†


bocche? Quanti pani conteneva? Di quali strumenti e arredi
era dotato?
Nelle borgate c’erano uno o due forni, i cui proprietari erano gli
abitanti della borgata stessa. Il forno aveva una solo bocca e
conteneva su per giˆ 30 – 35 pani.
Gli strumenti del forno erano:
- un lungo bastone, “lou frigo†n” , che serviva per smuovere ogni
tanto la legna nel forno affinch„ bruciasse bene.
- un altro lungo bastone . “l’escoubass dal fourn”, con attaccati
in punta parecchi stracci che venivano bagnati al momento di
usarlo e serviva a spostare tutta la brace da un lato del forno e a
pulire bene il “pavimento” del forno prima di mettere i pani a
cuocere.

3.2.3. Criteri di prenotazione del forno.


Nella borgata si cercava sempre di chiedere tra vicini chi aveva
bisogno di panificare per primo, poi si continuava con gli altri che
avevano necessit… di fare il pane.

3.2.4.
 Quali erano le fasi di preparazione del lievito e
dell'impasto?
 Gli ingredienti.
 Quali recipienti e strumenti erano impiegati?
 Accadeva che estranei alla famiglia collaborassero?
 Nella distribuzione dei diversi compiti, si seguiva uno
schema particolare (ad esempio, le donne piˆ anziane
impastavano e le piˆ giovani facevano le forme)?
 Durante la lievitazione c'era qualche atteggiamento
particolare da tenere, pena una cattiva lievitazione (ad
esempio, il piˆ assoluto silenzio)?
 In che locali della casa si procedeva alle diverse operazioni?

57
Per la preparazione del pane si preparava una parte di impasto la
sera prima con un po’ di farina, acqua salata e il “creissent”, una
pagnotta di impasto della precedente panificazione, tenuta in cantina,
al fresco, con sopra del sale (il lievito come usano adesso non si
usava).
Al mattino si aggiungeva altra farina ed altra acqua fino ad
arrivare alla quantit… di impasto desiderato.
Come recipiente veniva usata la madia, sia per far lievitare
l’impasto che per impastare poi.
Non c’erano estranei ad aiutare. Se avevano tempo erano gli
uomini che impastavano perch€ era faticoso, ma tante volte lo
facevano anche le donne piˆ giovani. L’ho fatto anche io (Maria
Rosso) diverse volte, su al Frise.
Si portava la madia, piena fino a met… di impasto pronto, vicino
al forno e le forme di pane venivano preparate man mano che si
mettevano a cuocere.
Per avere una buona lievitazione d’inverno si portava la madia
nel tepore della stalla, d’estate invece si portava in cucina.
Si faceva sopra l’impasto con la “redo†iro” (in italiano
‘radimadia’: ‚ un raschietto di circa 15 cm. usato per staccare i
rimasugli di pasta dalla superficie di legno su cui ‚ avvenuto
l’impasto, n. d. r.) una croce perch€ lievitasse bene.

Redo†iro: forma approssimativa

3.2.5. Con la seconda farina che tipo di pane si preparava?


(pan buli...). Attraverso quale procedimento? Da chi e in che
occasioni era consumato?
Non sempre, ma a volte si faceva qualche pagnotta con la farina
della polenta (farina di mais) e piaceva molto a tutti.

3.2.6. Denominazioni del pane, a seconda degli ingredienti o


della forma.

58
I pani erano tutti uguali e si chiamavano “panˆt”, erano di forma
rotonda e abbastanza grandi.
Poi si faceva il pane di castagne, un pane un po’ piˆ piccolo che
veniva preparato mettendo castagne bianche dentro l’impasto (messe
prima in ammollo affinch€ cuocessero col pane). Era il regalo per noi
bambini.
Alla fine si raschiava bene la madia, con quel po’ di pasta rimasta
si faceva un piccolo panino, il “couloumbˆt”, per il cane.
3.2.7. Che piatti si preparavano con la pasta del pane?
Non ricordo preparazioni di piatti con la pasta del pane.

3.2.8. Si confezionavano pani particolari per i bambini? (a


forma di bambola....)
Si confezionava il “ciciu (chƒchou)”, pane a forma di ometto , per
i bambini, specialmente per capodanno.

3.2.9. Preparazione del forno: chi ne era incaricato?


 Quantit‚ e forma della legna impiegata per riscaldare
il forno.
 Accensione del forno.
Preparare la legna per accendere il forno era compito degli
uomini. Mettevano due o tre fascine di legno piccolo per una facile
accensione, poi sopra legna piˆ grossa, quasi sempre faggio o
frassino.
Quando l’impasto era ben lievitato ed era ora di accendere il
forno, se c’erano gli uomini a casa lo facevano loro, se invece non
arrivavano in tempo lo facevano anche le donne.

3.2.10. Trasporto delle forme dalla casa al forno.


Si portava la madia al forno con dentro l’impasto e si
preparavano le forme lƒ sul posto.

3.2.11. Marche sul pane. In che momento erano apposte?


Non si mettevano marche sul pane.

3.2.12. Espedienti per una buona cottura: metodi impiegati


per valutare la temperatura all'intero del forno.
Per valutare la temperatura del forno quando era ora di infornare
il pane, ricordo che sia mio suocero (Durbano G.B. nato nel 1883)

59
che mio marito (nato nel 1928) prendevano una manciata di crusca e
la gettavano nel forno. Se bruciava subito voleva dire che il forno era
troppo caldo. Riprovavano 5 minuti dopo, se tardava qualche secondo
a bruciare era ora di infornare il pane.

3.2.13. Conseguenze di un'errata cottura.


Le conseguenze di una errata cottura potevano essere:
 forno troppo caldo: il pane diventava nero sopra e le croste
erano molto dure.
 forno non abbastanza caldo: il pane era piˆ pallido e crudo
dentro, pesante, ammuffiva e si deteriorava prima.

3.2.14. I pani cotti dov’erano sistemati, all'interno del forno?


I pani cotti li mettevano su un tavolo in una camera, tutti
appoggiati uno all’altro, diritti.
Invece in tempi piˆ remoti li mettevano su una apposita scala
appesa, al secco.

3.2.15. Trasporto a casa del pane.


Il pane appena tolto dal forno veniva portato a casa nella
“sabaco” (gerla).

3.2.16. C'era l'usanza che i giovani tentassero di rubare un


pane durante il trasporto? C'era l‘usanza di fare altri scherzi
durante la panificazione?
Non c’era l’usanza di rubare un pane durante il trasporto e
neppure di fare altri scherzi.

3.2.17. Metodi per la conservazione del pane in casa.


Per conservare il pane, specialmente d’estate che tendeva ad
ammuffire, si procedeva in questo modo:
quando qualcuno della borgata panificava, appena toglieva il
pane dal forno ed il forno quindi era ancora caldo, si prendeva il pane
che tendeva a guastarsi, si bagnavano le pagnotte nell’acqua e si
mettevano nel forno per 10-12 minuti. Si diceva che si faceva
“bisc‡ie lou pan”. Cosƒ non ammuffiva piˆ.

60
3.2.18. 11 consumo dei pani avveniva secondo certi criteri di
successione?
Non c’erano criteri di successione per il consumo del pane.

3.2.19. Con il pane raffermo si preparavano dei piatti?


Con il pane raffermo si faceva “la pan‚do” per cena (pane,
acqua, latte, panna, una specie di minestra).

3.2.20. La sacralit‚ del pane emergeva in qualche modo? (ad


esempio si tracciava una croce prima di tagliarlo o si faceva un
segno di croce sulla pasta perchˆ lievitasse bene, o un segno di
croce sul forno?)
La sacralit… del pane era molto rispettata. Si faceva il segno della
croce prima di incominciare a impastare, poi la croce sull’impasto in
modo che lievitasse bene.

3.2.21. Lo spreco del pane era riprovato?


Lo spreco del pane veniva molto rimproverato, guai se un
bambino avesse sprecato un pezzetto di pane.

3.2.22. Che cosa si diceva a proposito del pane tagliato male?


Per il pane tagliato male non ricordo detti, ma mai posare il pane
sul tavolo girato sottosopra.
Se succedeva, ci rimproveravano.

3.2.23. Durante quali celebrazioni religiose si distribuiva ai


fedeli pane benedetto?
Che io ricordi, nella nostra valle non c’erano celebrazioni
religiose durante le quali si distribuiva pane benedetto ai fedeli.

3.2.24. C'era l'abitudine di dare una parte del pane sfornato


ai poveri?
Una volta passavano tanti poveri a chiedere qualcosa da
mangiare. Se capitava che avessero il pane appena sfornato, davano
loro un pane o mezzo pane. Si usava anche scambiarsi il pane fresco
(“lou pan m‡l”) tra vicini di casa.

61
1994 – Damiano G.B. (nato nel 1927) – Borgata Menardi di
Frise – Ultimo a panificare regolarmente ogni 15 giorni (essendo
rimasto l’unico abitante della borgata e non potendo quindi portare la
madia al forno, preparava in casa le pagnotte e le metteva su un’asse
che poi portava al forno per la cottura).

62
ROYDE O CORVÄES
(in Valle Grana erano chiamate “journ‚ ‘d prestasio†n”)

3.3.1. Per quali lavori erano disposte? (apertura e manutenzione


di strade, sgombero della neve, riparazione di edifici pubblici....)
Le cosiddette “giornate di prestazione” si effettuavano per apertura e
manutenzione di strade, sgombero neve ed anche riparazione di
edifici pubblici, in particolare per chiesa e cimitero.

3.3.2. Chi le decideva? (l'autorit‚ municipale, un'assemblea di


borgata....)
Le decideva l’autorit… municipale se si trattava di lavori piˆ
imponenti.
Ma per esempio per lo sgombero della neve era il parroco che al
mattino, per avvisare la gente che c’erano le strade da aprire, suonava
le campane.

3.3.3. Come avveniva la chiamata?


La chiamata avveniva tramite il messo comunale per la riparazione
delle strade. Per lo sgombero neve tramite il suono delle campane.

3.3.4.Chi vi partecipava?
Partecipavano tutte le famiglie della zona, nella misura di una persona
per famiglia.

3.3.5. La partecipazione era obbligatoria? Chi non vi partecipava


doveva pagare una penalit‚? Era possibile una sostituzione?
La partecipazione era obbligatoria, ma se per caso qualcuno non
poteva andare, non ricordo fosse penalizzato.

3.3.6. Da chi erano diretti i lavori?


I lavori non erano diretti da una sola persona, di volta in volta c’era
sempre qualcuno che li sapeva organizzare al meglio.

3.3.7. I partecipanti erano divisi in gruppi?


Si, i partecipanti si dividevano un po’ i lavori organizzandosi in
gruppi di 3-4 persone, chi con “palo e p…os”, chi ricostruendo i muri
crollati.

63
3.3.8. Accanto alle royde che impegnavano soltanto una borgata,
c'erano royde che impegnavano l'intero comune? O viceversa
royde di un solo quartiere?
Le royde che impegnavano una sola borgata erano quelle per spalare
la neve d’inverno. La gente di una borgata faceva la strada fino alla
borgata successiva, quelli di quest’ultima continuavano fino ad
un’altra e cosƒ via. Poi si continuava tutti insieme fino al fondovalle,
c’erano a volte 90 – 100 uomini che lavoravano.

3.3.9. Se il capo famiglia moriva, la vedova veniva aiutata nei


lavori della campagna mediante prestazioni collettive?
Se il capo famiglia moriva, la vedova era aiutata, specialmente nel
periodo della fienagione. Alla domenica c’era sempre un gruppetto di
uomini e giovani che andavano a falciarle uno o due prati oppure ad
aiutarla a togliere il fieno.

3.3.10. La famiglia che perdeva una mucca o un mulo poteva


contare sulla solidariet‚ della borgata?
Se una famiglia perdeva una mucca oppure il mulo o l’asino, la gente
della borgata se poteva l’aiutava, imprestandole il proprio mulo o
asino per portare a casa il fieno, portare via il letame, andare al
mulino a portare la segala o il grano a macinare.
Spesso la famiglia cui moriva una mucca magari ne aveva solo due,
per cui rimaneva senza latte. I vicini le davano ogni tanto una toma e
un po’ di latte per i bambini.

3.3.II. C'era un giorno dell'anno (ad esempio i Santi) in cui la


famiglia pi† povera riceveva un regalo dalle altre famiglie del
paese?
Non ricordo un giorno particolare dell’anno, ma le famiglie povere
passavano una o due volte all’anno nelle altre borgate a chiedere
generi alimentari, in special modo patate, pane e castagne.

3.3.12. Le famiglie che costruivano una casa, potevano contare su


prestazioni collettive per il trasporto del colmo, della sabbia, etc.?
Come erano denominate questa prestazioni?
Se una famiglia si costruiva una casa oppure rifaceva un tetto, se
c’era da aiutare per trasportare la sabbia o la calce quasi sempre i
vicini andavano con i loro muli o asini a farle un viaggio di

64
materiale. Quando c’era da mettere il colmo al tetto o altri legni
pesanti si chiedeva l’aiuto di tutti gli uomini giovani delle borgate che
non dicevano mai di no. I proprietari alla fine offrivano da bere a tutti
coloro che erano intervenuti. Il prossimo che aveva bisogno
procedeva di nuovo allo stesso modo.

3 .3 .I3. Esistevano forme di pascolo in comune, lavori agricoli


comunitari?
No

3.3.14. La manutenzione e l‘uso dei canali irrigui come erano


regolati?
Per i pascoli o prati da falciare che si potevano irrigare, in primavera i
proprietari si mettevano d’accordo ed andavano a pulire e riparare le
“bialere”.
Poi durante la primavera e l’estate ognuno irrigava i propri prati, ma
sempre d’accordo tra di loro.
Si dividevano i giorni, ognuno andava quand’era il suo turno, a volte
anche solo per qualche ora.



65
Marziano Di Maio

UCCELLI DELLA
CONCA DI
BARDONECCHIA…

Valados Usitanos sul n. 43 del 1992 aveva pubblicato un arti-


colo di C. Salvagno sui “Nomi di uccelli a Bernezzo”; sul n. 47 del
1994 uno di I. Beol‚ e C. Lorenzati su “Nomi di uccelli a Paesana”;
sul n. 66 dell’anno 2000 un terzo di G. Ribetto e D. Libralon sugli
“Uccelli della Val Chisone e della Val Germanasca”. Con questo
quarto articolo ornitologico ci spostiamo ora in Alta Dora per i nomi
di uccelli dei paesi della conca di Bardonecchia, paesi costituiti dal
capoluogo pi„ gli ex-comuni di Melezet (con Les Arnauds), Millaures
e Rochemolles, paesi tutti dove in molti casi uno stesso volatile ha
nomi diversi.
Non si tratta di elenchi corposi, perch… ci troviamo in un territorio
montano che va dai 1250 metri in su e perch… purtroppo non poche
denominazioni certamente sono andate perdute. Sopravvivono oltre
60 nomi diversi relativi ad una cinquantina di uccelli (una specie pu†
avere nomi diversi a seconda dei paesi, cos‡ come un nome pu† desi-
gnare pi„ di un uccello, ad esempio pik-bō sono i vari picchi dei tron-
chi, cicigh… sono pi„ specie di cince e affini, la cioia sono sia le cor-
nacchie che i gracchi). Quasi la met‰ degli uccelli presenti non ha
nome in patu‰, ma molti probabilmente non l’hanno avuto mai.
Il numero di termini raccolti nella conca di Bardonecchia non ‚ di-
sprezzabile. Nei precedenti articoli su Valados Usitanos sono nomina-
ti 65 uccelli per Bernezzo, 54 per Paesana e 78 per le valli Chisone e
Germanasca, su una fascia altitudinale ben pi„ estesa. Il dizionario di

66
Clelia Baccon riporta per Salbertrand una trentina di volatili selvatici.
50-60 nomi (sia occitani che piemontesi) sono elencati per il Parco
Orsiera-Rocciavr… da G. e R. Ribetto, 36 dal dizionario della Val
Germanasca di T. Pons e A. Genre. Inarrivabile ‚ il magistrale “B…-
stie, besti…tte, bestiŠs” di F. Delpiano e F. Giuliano che di uccelli nel-
la parlata bovesana ne riporta all’incirca 130, sia pure su un territorio
che scende sino a 500 m. di altitudine. Delle Alpi fuori Piemonte sia-
mo edotti soltanto della sessantina di nomi del dizionario valdostano
di A. Chenal e Vautherin con il 3‹ supplemento dello stesso Vauthe-
rin dedicato proprio ai nomi di uccelli della Regione, e di altrettante
denominazioni raccolte da R. Gabrielli nella parlata ladina fodonia di
Livinallongo.
Rispetto a un tempo non pochi cambiamenti hanno condizionato
l’avifauna. L’abbandono delle campagne e il conseguente aumento
delle aree a boscaglia e cespugliame nonch… dei boschi maturi o in
formazione, hanno senz’altro favorito gli uccelli di bosco rispetto ad
altri, ma senza gli incrementi numerici che ci si potrebbe aspettare.
Fattori limitanti sono facilmente individuabili nell’incremento pi„ che
proporzionale di certi predatori, nel disturbo del turismo soprattutto
con le piste da sci e MTB e con le moto da cross (particolarmente im-
pattanti i fuoripista in sci e in moto), ma un forte ruolo ‚ stato deter-
minato da drastici mutamenti ambientali, vedi ad esempio la scom-
parsa negli ultimi decenni del ‘900 di oltre 700 ettari a campi di cui la
met‰ a cereali.
Tra le cause negative la caccia ricopre solo un’influenza marginale,
dal momento che il cacciatore locale non ha mai fatto carniere di pic-
coli uccelli e ben poco di quelli di media taglia, limitandosi pi„ che
altro al gallo forcello e alle pernici che indubbiamente ha decimato.
Quanto ai predatori, quelli pi„ attivi ormai non sono i rapaci tradizio-
nali. In primo luogo imperversano le gazze, che qui un tempo non esi-
stevano e che spiano i nidi dei piccoli uccelli per saccheggiarli, i cor-
vidi tra cui ‚ in aumento il corvo imperiale, e il cinghiale di moderna
reintroduzione che intercetta volentieri i nidi degli uccelli terricoli.
Le piste da sci hanno fatto rarefare sulla costiera del Colomion-
Mulattiera soprattutto il gallo forcello che gi‰ aveva i suoi problemi
di sopravvivenza, come li hanno il gufo reale, la pernice bianca, la
quaglia e i granivori privati del tutto dei campi di segale.

67
Se in estese aree pesa il disturbo da parte di sciatori, di rumorosi e-
scursionisti, motocrossisti, cercatori di funghi, in altre per contro ‚
confortante osservare pi„ che in passato condizioni di wilderness.
Negli ultimi secoli si sono estinti il gallo cedrone, il gipeto, il franco-
lino. Sono scomparsi da poco la starna e la pernice rossa. Del maesto-
so gipeto reintrodotto sulle Alpi e che ogni tanto appare anche nel cie-
lo di Bardonecchia, ‚ rimasto il nome nel toponimo VutÄu.
Oltre alla gazza che ormai ‚ stabilmente insediata, e agli storni di pre-
senza sempre pi„ frequente, nuove specie non si trattengono molto e
non nidificano, come l’airone cinerino che si spinge sino in Valle
Stretta anche d’inverno, o come i gabbiani di cui ‚ rimasta memorabi-
le nel 1997 la caduta sui tetti delle case di Bardonecchia di esemplari
morti, forse rimasti fulminati durante un temporale. L’elegante bian-
cone faceva fugaci apparizioni, ma in quest’anno 2016 ha nidificato.
Periodicamente si fa vedere il beccofrusone: straordinaria la sua nu-
merosa migrazione di met‰ febbraio 2005. Ultimamente ha fatto la
sua comparsa nell’alto vallone di Rochemolles il grifone, di cui avevo
avuto occasione nel 2014 di sorprendere ben 18 esemplari sulle mon-
tagne di Modane presso una pecora morta; proveniente dalle Alpi Ma-
rittime, sta estendendo il suo areale.
I nomi che si sono potuti raccogliere sono dovuti essenzialmente alla
cortesia e alla memoria di Dino Foray (1924-2012), Livio Bosc
(1927), Enrico Bussi (1926), Bruno Souberan (1946), Cesare Gerard
(1931-2016), Lorenzo Vallory (1923-2011), Luciano Souberan
(1929), Gustavo Guiffrey (1926).
Ho tenuto conto delle risultanze dell’intervista rilasciata da Augusta
Gleise (classe 1925) all’ALEPO, pubblicate su “Il mondo animale”
(2013) dell’Atlante stesso. Essendo peraltro evidenti le discordanze
con le informazioni di altri paesani esperti nonch… le discrepanze di
ordine linguistico, ho riportato solo qualche termine seguito dalla si-
gla AG.

Uccelli Bardonecchia Melezet Millaures Rochemolles

Anatidi di lu canar lu can€u - lu canar sovajje


passo suvagge
Aquila reale aigl• aigl• ‚igl• €igl• (pl. ‚igla)
Poiana puian• puian• - puian• o €igl•
Sparviero eparvƒ• ep•rvƒ• ep•rvƒ• epařvƒ•
Astore - gro ep•rvƒ• - gřo epařvƒ•

68
Gheppio l’eparvƒ• dla pci-t- tursl† cřivella
languta ep•rvƒ•
Falco - - tursl† -
(generico)
Pernice giarabr• giaabbr• p•rdrƒ jařiabr•
bianca blanc•
Gallo cok fezan cok ‘d cok o fezan
forcello muntanh•
Fagiano di fezan fezan fezan fezan
lancio
Coturnice p•rdrƒ p•rdrƒ griz• p•rdrƒ pardrƒ
griz•
Pernice - - p•rdrƒ ru- -
rossa y•
Quaglia lˆ calh• (pl. lu calh• calh• (pl. calh•
calhu) lu calha)
Beccaccia b•cas• b•cas• b•cas• -
Piccione sel- pingiun pingiun pingiun pinjun
vatico e co- suvagg•
lombaccio
Colombo pingiun pingiun pingiun culumb
Cuculo cucu cucu cuc‰; ci‹ciǜ
cucǜ AG
Gufo reale d‹k-du-ci€ d‹k-do-ci€ ciuk da nŒ d‹k-do-cha
Gufo d‹k d‹k ciatuan (non c’‚)
comune AG
Civetta ca- niturr• niturr• niturr• o nitur•
pogr. nitur•
Rondoni al- la virundella lu ratlƒ• - lu mařtl†s
pini
Upupa proc‹r•u du - l• j‹pp• (non c’‚)
murinĥ AG
Picchi pik-bō pik-bō pik-bō pik-bō
Picchio - - pik vē AG -
verde
Allodola - - uriv•tt• -
AG
Rondine virundell• girundell• irundell• irundēll•
Corvo impe- curb€ s. curb€, pl. curb€ cořb€
riale curb€u
Cornacchie cioia cioia cioi•, pl. chauvi•,
nere cioia pl. ch•uvia
Gazza - - giai; -
gialhē AG
Nocciolaia - pl. laz l• (non c’‚)
alhasa bicherol•
Ghiandaia ‘l giai pl. lu giai pl. lu giai ‘l jai
Gracchi cioia cioia cioia ch•uvia

69
Cinciallegra cicigh† cicigh† cicik† cicigh†
Cince di piÄ cicigh† cicigh† cicik† cicigh†
specie
Picchio - pik-p•i• - pik
muraiolo
Scricciolo cuk•tt• cuk•tt• cuk•tte cokk•
Merlo - lˆ plumb• - la plumb•
acquaiolo
Tordi di piÄ la griva la griva la griva la gřīva
specie
Tordela lˆ griv• ‘l turdu l• griv• la gřīv•
Merlo merl• merl• merl• mēřl•
Merlo dal - merl• dlˆ merl• dl• -
collare cravatt• culan•
Codirosso cuˆ-rus• curs† - cu• řui•
Usignolo ˆrzinhol• - ˆrzinhol• -
Pettirosso pitr•r‰ pci curs† pitr•r‰ pitř•-řū
Spioncello - lu tˆrasō teras•, la tarasor•
(pl.) t•rasun
Ballerine balein• bˆl•in• balerin• lā bařjera,
balerin•
Verdone v•rdun v•rdun - -
Cardellino cˆrdlin k•rd•in - -
Fringuello tintuin, cinciun tintuis, cinciun, fin-fin
b•rtabiciu barabiciu
Passero pas•r• pass•r• pass•r• pasar•,
pl. pasar•s
Fringuelli luz alpin luz alpin - luz alpin
alpini

Gallo g•lh€ g•lh€ giˆlh€ ja, pl. jau


Gallina g•rin• g•in• giarin• jarīn•
Oca ok• ok•, pl. oca ok• ōk•
Anatra anh• can€, canar canař
pl. can€u
Tacchino pitu pitu pitu pitu
Faraona faraun• - - faraun•
Colombo pingiun pingiun pingiun pinjun,
dom. curumb•
Canarino canarin k•nain - canarin

70
Mario Fantino GriÄt

…E NOMI DI UCCELLI
A
ROASCHIA

Una breve raccolta di nomi dialettali riferita agli uccelli nella parla-
ta di Roaschia curata ancora una volta da Mario Fantino GriÄt -
fedele collaboratore della rivista e attento studioso della cultura
locale del paese dei origine dei suoi genitori: Roaschia, comune
della bassa valle Gesso.

La grafia adottata si basa sulle convenzioni valide per l’italiano, con la


precisazione che:

- z va letta come s dell’italiano rosa


- y va letta come i dell’italiano ieri (o come in mai, vai, sai)
- Å va letta come eu francese
- Ç, É corrispondono a e muta e u francesi.

Acuila (akwuila) : aquila


Airun (ayrun) : airone
Arsign•l (arsinhÅl) : usignolo
B‚rta (bÇrta) : gazza
Cardlin (kardlin) : cardellino
Cavarca babi (kavarka babi) : succiacapre
Ciol• – Vir•r (tÉolÅ - virÅr) : gracchio
Ciuch (tÉuk) : gufo

71
Ciur‚y (tÉurÇy) : allocco, barbagianni (?)
Cruvas gris (kruvas gris) : cornacchia grigia
Cuaia (kwaya) : quaglia
Curnaias (kurnayas) : corvo, cornacchia
Farch‚t (farkÇt) : falco
Fazan (fazan) : fagiano
Fola (fola) : allodola

Fola (allodola)

Gh‚e (gÇe) : ghiandaia


Gh‚e ‘d muntagna (gÇe d muntanha) : nocciolaia
Griva (griva) : cesena
M‚rlu dar cularin (mÇrlu dar kularin) : merlo dal collare
M‚rlu pescatur (mÇrlu peskatur) : merlo acquaiolo
Pasarot / Passarot (pasarot - passarot) : passero
Pernis bianca (pernis byanka) : pernice bianca
Pernis griza (pernis griza) : pernice
P‚trus (pÇtrus) : pettirosso
Picatas russ (pikatas russ) : picchio minore
Picatas v‚rd (pikatas vÇrd) : picchio maggiore

72
Picatas v‚rd (picchio maggiore)

Picca m…ray•s (pikka mÑrayÅs) : picchio muratore


Pitav•ya (pitavÅya) : cinciallegra
Pitav•ya bianca (pitavÅya byanka) : ballerina bianca
Pitav•ya giauna (pitavÅya djawna) : ballerina gialla
Pundr† - Puiana (pundra - puyana) : poiana
R‚ c…calla (rÇ kÑkalla) : scricciolo
R‚ ciot (rÇ tÉot) : scricciolo
Rucas‡l (rukasÖl) : balestruccio
Rundulina (rundulina) : rondine
Rundun (rundun) : rondine di monte
Situla (situla) : civetta
Sparv‚y (sparvÇy) : sparviere
Turtura (turtura) : tortora
Uri‡l (uryÖl) : rigogolo
Verdun (verdun) : verdone

73
Fausto Giuliano

BOVES
MANERE ‘D D• (modi di dire popolari)
(4a parte)

(- segue - continua dai numeri precedenti…. )

lettera P
p€’ ‚se galƒp m„ piazey l… b†n ! : non essere goloso ma piacergli la roba
buona, essere goloso
pag€ne na s‡ppa : pagarne una zuppa, pagare un bel mucchio di denaro,
pagare una bella cifra
pag€ne n'est‡a : pagarne una stufa, pagare un bel mucchio di denaro
pag… a pes d'or : pagare a peso d’oro, pagare a caro prezzo, al prezzo
dell'oro
panai… tƒt.... : ripulire tutto 1, mangiare tutto (anche un patrimonio oltre
che il cibo)
pande au ci… : appendere al chiodo, non pi• usare, dimenticarsi di avere,
non praticare pi• qualcosa, non avere pi• una passione

1
panai… ‚ un verbo derivato dal termine pan€i (fruciandolo, spazzatoio per forno),
l’attrezzo che serve per ripulire da brace e cenere la superficie del forno prima di
cuocere il pane (una sorta di rudimentale scopa fatta con stracci legati all’estremit„ di
una lunga pertica)
74
parai tƒt i foi.... ! : cos• tutti gli scemi, cos… son tutti capaci, a quelle
condizioni tutti ne sarebbero capaci....
parde la br‡€gna : perdere l’impeto, non aver pi• un punto d’appoggio su
cui fare forza per poter continuare l’azione intrapresa
parde la tramunt€na : perdere la tramontana, imbestialirsi, andare su tutte
le furie…. o perdere l'orientamento, perdere il bene
dell'intelletto
parde u fi€’ : perdere il fiato, morire, essere gravemente malato
parde u rizultu : perdere l'orientamento / il lume della ragione, perdere
l’autocontrollo per la felicit„ provata, perdere il bene
dell'intelletto, impazzire di felicit„ o essere estremamente
confuso
parde u tr‚nu : perdere il treno, perdere l'occasione propizia, arrivare in
ritardo, lasciarsi sfuggire l'opportunit„

Parde u tr‚nu

p€rles du lˆ.... e u lˆ ar‡va ! : parli del lupo… e il lupo arriva, parlare di


qualcuno che poco dopo compare come se avesse sentito che
si stava parlando proprio di lui!
parl… a void : parlare a vuoto, parlare a vanvera, dire cose insensate
parl… 'd ciap‡i : parlare di lass•, parlare un dialetto arcaico, un dialetto dei
paesi di montagna
parl… du diau : parlare del diavolo, parlare di qualcuno che poco dopo
compare come se avesse sentito che si stava parlando proprio
di lui!
parl… spici€’ : parlare schiacciato/stretto, parlare in dialetto molto stretto
parl… stravac€’ 't S‰n Giacu : parlare stravaccato di San Giacomo,
parlare in stretto dialetto di S.Giacomo
p€rla p€’ ! (p€rl-ne p€’ !) : non parlare!, sta solo zitto (frase di meraviglia
e stupore)
p€rte a cav€l e turn… a p‚ : partire e cavallo e ritornare a piedi, andare di
male in peggio, andare in rovina

75
p€rte b‚gn cuni€’ : partire ben “incuneato” 2, andarsene ben servito,
conciato per le feste
pas€la vola : passarla vola (?), andare in bianco, non ottenere alcun
risultato, non avere ci† che ci si aspettava, fallire
clamorosamente (ad es. trascorrere un inverno senza neve,
passare una notte insonne, ecc.... )
pas… a la caserola : passare alla casseruola, uccidere in modo violento,
eseguire una pena capitale
pas… da na p€rt a l'auta : passare da una parte all’altra, morire
pas… en ('t) desmanti (en desm‚nti) : passare nel dimenticatoio, passare di
mente, dimenticarsi di qualcosa
pas… i p€ste : passare i pasticcini, picchiare qualcuno, dargli il ben-
servito
pas… per u pert‡s 't l'ƒvia : passare per il buco dell’ago, cavarsela per un
pelo, farcela all'ultimo istante
pas… u lavur : passare lo strato di terreno arato/arabile, passare lo strato
arato o arabile (ad es. la pioggia caduta in rilevante quantit„)
p€zi m„ na culumba : calmo/pacifico come una colomba, pacifico e
tranquillo
p€’ / p‰ d‡bi che… : non/pi† dubbio che, non ‚ pi• successo, non c'‚ pi•
stato verso di…
p‰ mach bun : poi solamente buono, molto buono, buonissimo
p‰ mach gram : poi solamente cattivo, molto cattivo, pessimo
p‰ pu‰ defegine : non poter pi† sfuggire, non poter pi• restarne senza
p‰ pu‰ s-ciarye : non poterli pi† vedere/mettere a fuoco, non sopportarli
pi•, averli in odio
p‰ sav‰ c… f… prim : non saper pi† cosa fare per primo, aver un mucchio di
lavoro da fare
p‰ sav‰ unda sb€te ‘t la testa : non saper pi† dove battere la testa, non
saper pi• cosa fare a forza che si ha lavoro
p‰ v‚ghe la vaca : non vedere pi† la mucca, essere spossati, sfinito per la
fatica, oppure essere ubriaco fradicio
penten… chiycƒgn : pettinare qualcuno, maltrattare qualcuno, dargli il
benservito
pentŒ a mort : pentito a morte, amaramente pentito

2
l’aggettivo cuni€’ (incuneato) deriva dall’utilizzo dei cuni (cunei), usati per fissare e
fermare qualcosa di traballante o sbilenco, oppure per aprire un passaggio (ad es. i
cunei di ferro usati per spaccare longitudinalmente i tronchi di legno)
76
P‡ v‚ghe la vaca

per beve che vign lŒ cutarŒa f… b‡t… i m€ni au tavu : per bere quel vino
bisognerebbe far mettere i manici al tavolo, dover bere un
vino pessimo, aspro come aceto per cui occorrerebbe che il
tavolo avesse delle maniglie a cui sostenersi mentre lo si
sorseggia
per gn‚nt fau s‚nsa testa - che ndazŒa m€l - Nusgnˆ l'€ fat s‚nsa
cugnisi†n! (s‚nsa serv‚l) : per non farlo senza testa – che
andava male – Iddio lo ha fatto senza cognizione (senza
cervello), si dice di persona stolta e sconsiderata, ottusa e
insensata
per la cumpagnŒa figna u preve ‘d Ru€s-cia s’‚ mari€’ : per la compagnia
perfino il prete di Roaschia si ‚ sposato, si dice di persona
che ha segue la massa come una pecora, che fa quello che
fanno gli altri senza porsi domande
per na cutl… t'ufandes....3 ! : per una coltellata ti offendi!, come sei
suscettibile, come sei permaloso!
perfund… tƒt : delapidare tutto, scialacquare, mangiarsi tutto il patrimonio
pes (pezant) m„ 'n gogiu : pesante come un ?, molto pesante
pŒ spas che la cauna : pi† spesso della canapa, spesso, ruvido, grossolano
pi€ne ƒgn per b€te l'aut : prenderne uno per battere l’altro, non sai chi sia
il peggiore, sono tutti due della stessa forza
3
questo modo di dire ‚ attribuito agli abitanti di Vignolo (i vignul‡gn) che a Boves
avevano fama di essere particolarmente litigiosi e permalosi…
Un loro presunto e ironico modo di dire
(ƒh l„, per na cutl„ t’uf‚ndes? = oh-l‰, per una coltellata ti offendi?) confermerebbe
il fatto che essi erano talmente avvezzi ai litigi che una banale coltellata non era
sufficiente a scalfirne la suscettibilit„… ragion per cui non doveva essere neanche
motivo di proteste da parte di chi l’aveva ricevuta!

77
pi€se a burŒ : prendere a ??, avere in odio, azzuffarsi, bisticciare

Pes m‰ 'n gogiu

pi€se a pignoche (a gnoche) : prendersi a sberle, picchiarsi, menarsi


pi€se / vir€se a s-ci•p : prendersi / girarsi a botte, picchiarsi, usare i modi
violenti, rivoltarsi violentemente
pi€se chi c€t estr€s : prendersi quei quattro stracci, andarsene con la coda
tra le gambe, prendersi la propria roba ed andarsene via mogi
mogi
pi€se la breia : prendersi l'incombenza, prendersi la soddisfazione,
prendersi la briga, accollarsi l'incarico
pi€se 'n b‚l ci‡tu : prendersi una bella lavata di capo, prendersi una bella
romanzina, venire ridimensionato
pi€se 'n cicat : prendersi un cicchetto, prendersi una bella lavata di capo
pi€se 'n pl‡ch‰gn : prendersi un ?, prendersi una bella lavata di capo
pi€se na lurda : prendersi una sbronza, sbronzarsi, ubriacarsi
pi€se na piumba : prendersi una sbornia, sbronzarsi, ubriacarsi
pi€se per i d‚nt : prendersi per i denti, bisticciare, accapigliarsi
pi€se u piazŒ : prendersi il piacere, togliersi la voglia, togliersi lo sfizio
pi€se v€rda (pi€se b‚gn v€rda) : prendersi guardia (?), guardarsi bene da,
fare ben attenzione a
pici… l'‡va : pestare / spremere l'uva, pestare l’uva per farne vino
pic… m„ n'alman : picchiare come un tedesco, essere violento e manesco
pi‰gn a la randa 4: pieno fino all’orlo

4
randa s.f [dal gotico randa]. – orlo, margine estremo, spec. di cosa circolare o quasi
circolare (da Wikipedia)
78
pi‰gn m„ 'n berlat : pieno come un barilotto, sazio, satollo e gonfio per il
tanto mangiare
pient… baraca e b‡rat‰gn : piantare 5 baracca e burattini, mollare tutto sul
pi• bello ed andarsene lasciando tutto com’era
pient… d'arb•t : piantare dei rimbalzi, scalpitare, fare dei grandi ed elastici
salti
pient… na b‚da : rifilare una sberla, dare un colpo, urtare fortemente e con
rumore
pient… na bign‰tta : piantare una frittella 6, fare un macello, ridurre in
briciole, maciullare
pient… na cum‚dia : piantare una commedia, fare un gran clamore, destare
scalpore, fare un casino infernale
pient… na ghiga : piantare una sberla, rifilare/dare una sberla, dare un
forte colpo, urtare violentemente

PientŠ na ghiga

pient… na mina : rifilare/dare una sberla, dare un colpo, urtare fortemente


pient… na t‡ba : fare un gran fumo (o una gran quantit„ di vapore)
pient… 'n fraciam : fare un macello, fare una strage

5
il verbo pient… (piantare) viene usato spesso con diverse sfumature di significato:
ad es. nei modi di dire seguenti indica e si sostituisce a verbi quali rifilare/dare, fare,
provocare/produrre, mollare/lasciare, ecc….
6
bign‰tta indica sia una poltiglia informe, schiacciata e maciullata e deriva il suo nome
dalla pappetta che ‚ la base per la preparazione di un semplice dolce casalingo, una
sorta di frittella ottenuta amalgamando uova, zucchero, farina e spesso anche con
l’aggiunta anche di mele (i bign‡tte)
79
pient… 'n pacioch : fare un pastrocchio, un pasticcio, un affare
ingarbugliato e difficile da districare
pient… 'n tumign : piantare un tomino, rifilare/dare una sberla
pient… n'escufiot : piantare un ceffone, rifilare/dare una sberla
pient… rab‚l : fare baccano, fare casino, fare rumore
pient… sƒ en carant•t : piantare su un quarantotto, sollevare un polverone,
piantare un gran trambusto, un gran casino cercando tutte le
scuse e gli appigli possibili
pient… sƒ en pi€t e 'n tund : piantare su un piatto piano ed un piatto
profondo, sollevare un polverone, piantare un gran trambusto,
un gran casino cercando tutte le scuse e gli appigli possibili
pient… tƒt su trantƒgn : mollare tutto sul trentuno, mollare tutto sul pi•
bello, nel momento cruciale lasciando gli altri negli impicci
pi… a bota : prendere a cottimo, eseguire un lavoro a cottimo
pi… ai bune : prendere alle buone, dire con buone maniere, dolci melense
ed accattivanti
pi… ai m€le : prendere a male parole, prendere di brutto, con decisione e
risentimento
pi… a nira : prendere in odio, avere in odio qualcosa
pi… a p‚ nt'u c‡l : prendere a piedi nel sedere, prendere a calci, prendere a
pedate

PiŠ a p‚ nt'u c‹l

pi… cun na rama (na rama fƒi‡a) : prendere con un ramoscello (un
ramoscello con foglie), prendere a frustate, picchiare
pi… cun na varga : prendere con una verga, prendere a frustate, picchiare
pi… cun na verz‚la : prendere con un ramoscello verde, prendere a
frustate, picchiare

80
pi… cun n'eli•ura : prendere con una ramoscello 7, prendere a frustate,
picchiare
pi… cun en barot : prendere con un randello, prendere a bastonate,
picchiare

PiŠ cun en barot

pi… cun en bast†n : prendere con un bastone, prendere a bastonate,


picchiare
pi… cun en faz‡l‰ : prendere con una pertica 8, prendere a bastonate,
picchiare
pi… cun en fuat : prendere con una frusta, prendere a bastonate, picchiare
pi… cun en vir…u : prendere con un randello, prendere a bastonate,
picchiare
pi… da scaci†n : prendere di nascosto, prendere senza farsi accorgere
pi… en b€la : prendere in palla, cogliere sul fatto, prendere in fallo
pi… en cast€gna : prendere in castagna, cogliere sul fatto, scoprire e
mettere in luce qualcosa
pi… / serc… i sord en sacocia ai patanƒ’ : prendere / cercare i soldi in tasca
ai nudi, rubare i soldi, essersi fatto i soldi rubandoli, facendo
qualunque cosa pur di guadagnare, tanto da cercare di
prenderli perfino nelle tasche a un uomo nudo, cercare di
spillare soldi dove non si possono trovare
pi… la r€ia : prendere l’irraggiamento, cogliere i raggi pi• caldi del sole
per scaldarsi
pi… la ser‚na : prendere la rugiada, mettere della roba fuori la notte a far
prendere la rugiada

7
l’eli•ura ‚ un ramoscello flessibile (solitamente di salice, ma anche di altre essenze,
ad es. di castagno, betulla) usato per legare le fascine
8
i faz‡l‰ sono le pertiche usate quali sostegno per far arrampicare le piante di fagiolo
81
pi… la vŒa di varne : prendere la strada degli ontani, rincasare, tornare a
casa, andare a dormire a casa
pi… per u col : prendere per il collo, 1) ribellarsi violentemente a qualcuno
2) far pagare qualcosa caro e salato, essere uno strozzino, un
usuraio profittatore
pi… per u c‡l : prendere per il sedere, prendere per i fondelli, deridere o
imbrogliare
pi… u guid†n : prendere il posto di comando/la guida, assumere il comando
di una situazione
pi… u vir logn.... : prendere il giro lontano, tenersi alla larga (o tenersi sul
vago durante una conversazione)
piƒr… m„ na pentenera : piangere come una pettinatrice (?), piangere a
dirotto
piƒr… m„ n'epciot : piangere come un bambino, piangere a dirotto
piƒr… mizerie : piangere miserie, lamentarsi di una immaginaria povert„
piƒu bagn€’ : piove bagnato, piovere
piƒu che DŒu la manda : piove che Dio la manda, piove a dirotto
piƒu gros m„ na magn : piove grande come una mano, piove a dirotto
piƒve a curd‰tte : piovere a cordicelle, piovere a dirotto
pis… pŒ c‡rt : pisciare pi† corto, non darsi arie, moderarsi, non esagerare
raccontando cose fantasiose per pavoneggiarsi e farsi belli
piuma gn‚nt ‘d nus per ‘d c‡c€le : non prendiamo noci per bolle d’aria,
non prendere lucciole per lanterne
piuma l… chi v‚gn : prendiamo quello che viene, prendiamo la vita con
filosofia, accontentiamoci, quello che capita capita
piuma tƒt per b†n : prendiamo tutto per buono, prendiamola con filosofia,
accontentiamoci, quello che ci capita lo accettiamo
piy-la pŒ b€sa ! : prendila pi† bassa, calmati! datti una calmata!
piy-me gn‚nt per n'aut : non prendermi / non confondermi con un altro,
sta attento ! non sai con chi hai a che fare…
pl… i sord : pelare i soldi, essere un gran risparmiatore, un avaro, capace di
cavare il sangue dalle rape, quasi capace di pelare il denaro
prima di darlo via!
pƒs f… f… en c€dre : puoi far fare un quadro, l’hai scampata bella, puoi
ringraziare Iddio del miracolo che ti ha fatto
pƒs gn‚nt encuntrau : non puoi incontrarlo, ‚ molto irascibile,
suscettibile, meglio non averci a che fare assieme
pugnant m„ na vespa : pungente come una vespa, capace di provocare con
parole nel punto giusto

82
PŒs fŠ fŠ en c•dre

pul‚nta a l'€ria 'd l'‡s : polenta all’aria dell'uscio, polenta senza


condimento, condita solamente con l’aria della porta
d’entrata della cucina

Pul‚nta a l'•ria 'd l'‹s

pulita la meza ! : pulita la mezza, basta!, finito cos…!, questo ‚ tutto, belle
che fatto
pulit m„ s‰ : pulito come qui, ben pulito, scopato e rassettato
p‡m… i galine s‚nsa f€le cri… : spennare le galline senza farle gridare,
fare qualcosa di negativo in modo indolore, senza farsi
accorgere dagli altri, in modo subdolo, plagiare qualcuno
raggirandolo in modo da annientarne la personalit„ e poterlo
assoggettare al proprio volere
purt… chiycƒgn en magn : portare qualcuno in mano, tenere in gran
considerazione qualcuno, tesserne elogi e lodi spropositate
purt… p€ia : portare paglia, preparare il nido, prepararsi per sposarsi,
mettere su casa

83
PurtŠ chiycŒgn en magn

lettera R
rande u pagn d‡r : rendere il pane duro, vendicarsi, rendere pan per
focaccia, farla pagare cara
raviul€se m„ i grign en la pauta : rotolarsi per terra come i maiali nel
fango, insozzarsi
rengi… da feste : aggiustare per le feste, dare il fatto suo, conciare per le
feste
rengi… y ƒu en la cav€gna : aggiustare le uova nella cesta, riappacificarsi,
riaggiustare le cose, cercare un compromesso

RengiŠ y Œu en la cav•gna

rengui… (t‡se) m„ 'n ch‚gn m€rs : spasimare (tossire) come un cane


marcio, tossire, rantolare
respunde piche : rispondere picche, negare in modo assoluto, non
accettare per niente una proposta

84
rincr‚se u s‚nch du cƒr : rincrescere il sangue del cuore, rammaricarsi,
rincrescere enormemente, provare un gran rammarico
robe 'd mascarŒa : robe di stregoneria, sortilegi, cose di magia,
incantesimi
r‡d… ent'en ci… : incornare in un chiodo, intestardirsi, scornarsi, piuttosto
farsi del male ma non cedere
r‡mi… t‡ta la n•t : ruminare tutta la notte, passare la notte in bianco per
non aver digerito
rumpe en tanti t•ch : rompere in tanti pezzi, fare a pezzettini, spaccare,
rompere per la disperazione
rus m„ 'n biru : rosso come un tacchino, rosso in viso
rus m„ 'n puwr†n : rosso come un peperone, rosso (per timidezza di
solito)
rus m„ 'n viribich : rosso come un tacchino (?), rosso fiammante, rosso di
vergogna o timidezza
rus m„ u f• : rosso come il fuoco, rosso fiammante, rosso di vergogna o
timidezza

lettera S

sach m„ 'n pui : secco/magro come un pidocchio, striminzito, patito


sal€’ m„ 'd salamuera : salato come salamoia, molto salato
sal€’ (am€r) m„ la pucia : salato (amaro) come la ??? 9, molto salato o
molto amaro
sampe ciuch e m€i malavi : sempre ubriaco e mai malato, sempre in
forma, in gamba e in salute (anche grazie all’aiuto di un po’
di buon vino!)
sampe ‚se 't runda : sempre di ronda, essere sempre in giro, sempre fuori
di casa
sante m„ na carogna : puzzare come una carogna, puzzare terribilmente
sante m„ na p‡t€na : essere profumato come una baldracca, essere molto
profumato, cosparso di profumo
sapiant m„ la marda du cucƒ’ : sapiente come la merda del cuculo, essere
saccente, sapientone
s€s gn‚nt che t€la d€i : non sai che tara (??) dargli, non sai che senso
dargli
9
la pucia forse sta ad indicare un intingolo, una salsa particolarmente gustosa, dove si
puccia /si intinge un alimento o una verdura (una specie di pinzimonio)
85
s€s gn‚nt l… che l'‚ b†n ! : non sai ciŠ che ‚ buono, non conosci ancora le
cose buone da mangiare
s€s gn‚nt m„ b‡t€i nom : non sai come mettergli nome, non sai come sia
possibile, ‚ inspiegabile, non capisci il motivo nˆ sai a cosa ‚
dovuto
s€s p€’ se l'‚ a l'endrit o a l'envars : non sai se ‚ al diritto o al rovescio,
non sai come prendere la situazione, non sai cosa pensarne
saut… a p‚ giunt : saltare a piedi giunti, saltare con le due gambe e i piedi
uniti
saut… la baraca : saltare la baracca, restare senza pranzo, restare digiuni,
saltare il pasto
saut… m„ n'arich (m„ n'arigu) : saltare come un ariete, scalciare, saltare e
dimenarsi come un ossesso
saut… m„ n' escuriƒl : saltare come uno scoiattolo, essere estremamente
lesto, agile e veloce
saut… si p‡me: saltare sulle piume, attaccare violentemente qualcuno… ed
(anche) accoppiarsi con una bella ragazza
saut… sƒ’ : saltare su, andare su tutte le furie, ribellarsi
saut… u ticchio : saltare il tich, venire l'idea, venire il pallino, avere uno
sfizio, una fissazione in mente
sav‰ 'd che gamba ƒgn sopŒa : sapere di che gamba uno zoppica,
conoscere quali sono i difetti e le lacune di qualcuno,
sbagli€’ en pi‰gn : sbagliato in pieno, completamente sbagliato, da rifare
sbalŒu figna i preve a dŒ m‰ssa : sbagliano perfino i preti a dire messa,
tutti possono sbagliare.... perfino i preti a celebrare messa

Sbal•u figna i preve a d• m‡ssa

86
sbatisne i ciap : sbattersene i cocci10, fregarsene
sbign€’ m„ na bign‰tta : schiacciato come una poltiglia (di frutta),
schiacciato, pestato, ridotto in poltiglia
sb‡ie u s‚nch : ribollire il sangue, restare agghiacciato per il gran
spavento, avere orrore
scapes p€’ da scola : non scappi da scuola, ‚ cos…, fai come vuoi ma non
c'‚ niente da fare, non pu† essere diversamente, non c’‚ via
d’uscita
scapu… ent'u pi€t unda l'€s sampe mengi€’ : sputare nel piatto dove hai
sempre mangiato, essere irriconoscente
sc€rpe 'd prima cius‡ra : scarpe di prima calzatura (?), un paio di scarpe
nuove
scaud€se u pis : scaldarsi il piscio, infervorarsi, preoccuparsi, darsi da fare
per qualcosa
scaud… i gagnaule (i mengioire) : scaldare le ganasce (le mascelle),
piccante, forte, che brucia
scaud… u b‚nch : riscaldare il banco, non essere uno scolaro diligente, non
imparare nulla a scuola

ScaudŠ u b‚nch

10
qui forse sarebbe pi• giusto intendere ciap non come “cocci di una stoviglia rotta”,
ma come ciape,-natiche - quindi praticamente sarebbe una variante del comune modo
di dire sbattersene le balle
87
s-ciatuni€se b‚gn : accapigliarsi per bene 11, bisticciare, prendersi per i
capelli
scrive (scrive m€l) m„ na galŒna : scrivere male) come una gallina, avere
una pessima calligrafia

Scrive m•l m‰ na gal•na

scrus m„ la dr‡gia : sporco come il letame, zozzo, lurido


scrus m„ u giuch : sporco come il trespolo delle galline, zozzo, lurido
sc‡r da gn‚nt v‚ghe a bestemi… : scuro da non vedere a bestemmiare, buio
pesto
sc‡r (ner) m„ la bucca du lˆ : scuro (nero) come la bocca del lupo, buio
pesto
s‰ e l€ e l‚na : qui e l‰ e l‚na, modo popolare per cercare scuse, tirarla per
le lunghe con i "se" e i "ma"
se en d‰ deveisi perdime.... veni p‰ gn‚nt a sercame a T‡r‰gn! : se un
giorno doveste perdermi… non venite poi a cercarmi a
Torino (o in altro posto che non si ama ed in cui non ci si
abiterebbe mai… a Boves per alcuni pu† essere il mare, per
altri l’alta montagna o la grande citt„)
secund chi ar‡va prim! : secondo chi arriva primo (cio‚: chi ‚ primo ‚
secondo…. gioco di parole basato su un modo di dire
comune: a seconda di chi arriva per primo)
se f€’ caut parai.... stuma frasch ! : se fa caldo cos•… stiamo freschi!, sar„
dura resistere se fa cos… caldo (gioco di parole scherzoso)

11
il verbo s-ciatuni… deriva dal termine dialettale ci€t (gatto) ed indica l’azzuffarsi, il
prendersi per i capelli di due litiganti in una baruffa simile a quelle che fanno i gatti tra
loro
88
se feise en lˆ t'arŒa gi€’ mengi€’ ! : se fosse un lupo ti avrebbe gi‰
mangiato, ‚ in vista, ‚ solo l… da prendere e non lo riesci a
vedere…
se im b‡teise a f… capei la giant nasarŒu s‚nsa testa ! : se mi mettessi a
fare cappelli la gente nascerebbe senza testa, qualunque cosa
faccio mi va sempre male, sbaglio sempre il momento e la
situazione
se i feise Nusgnˆ a st'ura u sarŒa gi€’ cal€’ giƒ’ : se ci fosse il Signore a
quest’ora sarebbe gi‰ sceso gi†, se ci fosse Dio di fronte a
una tale cosa sarebbe gi„ sceso dal Paradiso per fare giustizia
se i pand la maranda.... la pia p‰ ! : se gli appende la merenda… non la
prende pi†!, si dice di persona di alta statura che se avesse la
perfidia di appendere la merenda di qualcun altro lo
priverebbe del pasto….
se i vei vegheisu.... : se i vecchi vedessero…, il mondo ‚ cambiato
tantissimo (spesso in peggio) tanto che se i vecchi
risorgessero non potrebbero credere ai propri occhi nel
vedere com'‚ diventato....
se l’‚ gn‚nt en lˆ l’‚ en ch‚gn b‚gn gros! : se non ‚ un lupo ‚ comunque
un cane ben grosso, potrei sbagliarmi ed esagerare ma ‚
comunque una cosa grande (…o pericolosa, …o paurosa)
cos… come dico….
se la tara tagn.... la forsa m‚nca gn‰nt! : se la terra tiene la forza non
manca!, si dice quando si sta compiendo un grande sforzo nel
sollevare o smuovere o cercare di forzare qualcosa che fa
resistenza
se lu l€su parl….... lu mpicu gn‚nt! : se lo lasciano parlare… non lo
impiccano!, si dice di uno che non sta mai zitto un attimo, un
gran chiacchierone
se vƒs mengi….... desn… gau-te i d‚nt ! : se vuoi mangiare altrimenti togliti
i denti!, c'‚ questo da mangiare.... fai come vuoi, se lo mangi
bene, altrimenti aggiustati!
se y escapa la brunsa la f€’ p‰ la pul‚nta ! : se gli scappa il paiolo non la
fa pi† la polenta, ‚ un postaccio, ripido e malagevole, non in
una posizione bella per abitarci
s‚nch 'd cav€l : sangue di cavallo, indica un vino forte e corposo, molto
scuro e colorato come fosse sangue
serc… cun u lantern‰gn : cercare con il lanternino, ‚ una cosa molto rara
da trovare, non c'‚ l'uguale
serc… 'd gr€te : cercare grane, cercare rogne
89
serc… 'd rinfule : cercar pretesti (per bisticciare o non fare una cosa),
cercare scuse per non fare qualcosa
serc… la varga a f€se fr‡st….... : cercare la verga per farsi frustare,
cercare o sfidare la buona sorte fino a farsi cogliere con le
mani nel sacco, fino a farsi del male da soli

SercŠ la varga a f•se fr‹stŠ

serc… l'€zu e ‚se a cav€l : cercare l’asino ed essere a cavallo, non


avvedersi della fortuna che si ha, non rendersi conto di
quanto si ‚ fortunati, cercare qualcosa di ancor migliore di
quanto gi„ si possiede
serc… u lˆ su cr‡vart : cercare il lupo sul tetto, volere una cosa impossibile
da trovare
s'‚gn dubi‚ prast : ci hanno piegati presto, ci hanno messi fin da piccoli a
lavorare
's f€’ sante figna dai ciorgn ! : si fa sentire perfino dai sordi, ‚ molto
freddo, fa un freddo cane, un freddo che si fa sentire
sgunfi… i t‡bu : sgonfiare i tubi, rompere le scatole, seccare, importunare
s-giaf a magn arvarsa : schiaffo a man rovescia, schiaffone, manrovescio
sicch-che l'‚ v‰e.... : s• che ‚ vero…., ‚ un bel guaio, se ‚ per davvero cos…
stiamo freschi!
sig‡r m„ dumagn : sicuro come domani, certo, sicuro
sig‡r m„ l'or : sicuro come l’oro, certo, sicuro
sin… b‚gn chiycƒgn.... : cenare bene qualcuno, dargli il fatto suo,
maltrattarlo, dargli il benservito
si 't dŒ-cche.... : se ti dico che, ma guarda, ma pensa un po’…

90
smangia m„ u sid‚ntu (m„ l'asid‚ntu) : prude come l’accidente, prude
terribilmente
smŒa che ch‰rpe a mƒre : sembra che crepi a morire, non vuol saperne di
morire!, detto scherzoso per uno che gode di ottima salute o
per qualcosa che non vuole spegnersi, come ad es. per un
fuoco che brucia…
smia che dugnes et l… t… : sembra che tu dia del tuo, non sei molto
generoso, sei uno spilorcio
smŒa che i m‚nche la tara suta i p‚ : sembra che gli manchi la terra da
sotto i piedi, ‚ estremamente impaziente come se la terra gli
crollasse da sotto i piedi
smŒa che l'abe gi‡r€’ u faus : sembra che abbia giurato il falso, ‚
magrissimo, estremamente patito e consumato
smŒa che l'abe i Tedesch ai truse : sembra che abbia i Tedeschi alle
calcagna 12, ‚ di corsa, in modo molto frettoloso
smŒa che l’abes da f… u gi€s : sembra che abbia fare il sacco amniotico,
smettila di gemere e lamentarti…
smŒa che lu pelu vŒu : sembra che lo pelino vivo, detto di qualcuno che
urla e piange ad alta voce come se lo stessero pelando vivo!
smŒa che u diau lu porte via : sembra che il diavolo lo porti via, non vuole
fare una determinata cosa in nessun modo, scansa tale lavoro
come se fosse una maledizione
smia 'd l'empusibu (empusibul) : sembra l’impossibile, sembra incredibile
una tal cosa
smŒa 'd mengi… na rava : sembra di mangiare una rapa, ‚ insapore, col
gusto di una rapa
smŒa 'd tri‰tta : sembra tri‡tta 13, alimento duro, cibo immangiabile
smŒa la c€’ 'd Cinciav‰tta : sembra la casa di Cinciav‡tta 14, ‚ proprio una
casa di matti
smia n'est€la : sembra una stalla, locale sporco disordinato e puzzolente
smŒa na coza : sembra una cosa, ‚ una cosa disdicevole, non so se riesco
ad osarmi a fare una cosa cos…, ‚ un vero affronto fargli
questo…

12
le truse sono i grossi fasci di fieno (opportunamente legati) che venivano scesi a
valle dai prati e pascoli posti in quota, trascinandoli sulla neve nella stagione invernale
fino agli spiazzi (cariŽu) destinati al carico sulle brasere (grosse slitte da trasporto)
13
tri‰tta: alimento per maiali fatto di scarti vari confezionato in grossi pani tondi,
secchi e duri
14
Cinciav‰tta : probabile personaggio di qualche storia o favola locale di cui non ci
sono note le vicende (forse un altro nome di Cinciota , la protagonista di una delle pi•
conosciute favole bovesane ….)
91
smŒa R‚ Menelich : sembra re Menelik 15, detto di persona superba e
altezzosa, che si d„ un sacco d’arie
smŒ… a bun€nima du m‚ buch : assomigliare alla buonanima del mio
caprone, riferito a persona brutta, sporca e dimessa
smŒ… a 'd b‰rle et crava : assomigliare ad escrementi di capra, detto di
qualcosa di piccolo e schifoso
smŒ… a 'd l‡m€se : assomigliare a lumache, cibo molliccio e bavoso, per
niente appetitoso (ad es. gli spaghetti troppo cotti)
smi… a na cuspia : assomigliare ad una cuspia 16, essere raggomitolato su
sˆ stesso, curvo e piegato, con una postura non diritta
smi… au catŒu ladr†n : sembrare il cattivo ladrone, essere mal messo, mal
vestito, sporco
smi… 'd lasne : assomigliare a lesine, avere capelli lunghi e perfettamente
diritti e lisci
smi… la mort che camina : assomigliare alla morte che cammina, detto di
persona malconcia, malaticcia, mezza morta
smi… la regina Taitˆ : assomigliare alla regina Taitu 17, essere molto
vistosa ed elegante, donna che si fa notare, che non passa
inosservata
smi… na fent€sma : assomigliare ad un fantasma, vestito in modo strano ed
eccentrico
smi… u ciuch su putag‰ : sembrare il gufo sulla stufa, essere inebetito, a
disagio, frastornato e senza parole
smune i p€t‚le / i p€ste : offrire/minacciare le botte / i pasticcini,
minacciare botte a qualcuno
sƒli m„ la magn : liscio come la mano, liscio, scivoloso
sƒli m„ 'n bili€rd : liscio come un biliardo, liscio, piano
sortes m€i-p‰ cun y ƒi sƒt.... : non ne esci mai pi† con gli occhi asciutti, ne
esci malconcio, pentito e annientato da una tale situazione
sƒs m€i b†n! : (intercalare intraducibile) ma pensa un po’, ascolta qui
quello che ‚ capitato, a quel punto c’‚ stata una tale
reazione…!, ‚ andata cos…....
s…-sŒ v€’ mach b‚gn a tai… la tuma : questo va bene solamente a tagliare
la toma, coltello o altro attrezzo che non taglia pi• per niente

15
Menelik : imperatore, negus dell’Etiopia
16
cuspia : listello di legno (solitamente di castagno) sottile e flessibile usato per la
produzione artigianale di cesti e gerle
17
Taitˆ Batˆl (Sole, Luce di Etiopia), pi• nota in Italia come regina
Tait† fu imperatrice consorte d'Etiopia (1889-1913), moglie del negus Menelik II (da
Wikipedia)
92
SŒli m‰ 'n bili•rd

spande sord m„ 'n magn‰gn : spendere denaro come uno stagnino,


sperperare, spendere senza ritegno
spas m„ i d‰ 't la magn : spesso come le dita di una mano, molto fitto,
pieno di piante
sp‚ta a cunt… i sord : aspetta a contare i soldi, i giochi non sono ancora
fatti, non cantare vittoria troppo presto
spet… la m€na : aspettare la manna, non darsi da fare per niente, attendere
che le cose si risolvano da sole
stes e precis : uguale e identico, tale quale
stes m„ beve en bicer d'eva : uguale come bere un bicchiere d’acqua,
semplicissimo da fare, cosa semplice anzi perfino ridicola
stes m„ f… 'n g€rb en l'eva : uguale a fare un buco nell’acqua, inutile
come fare un buco nell'acqua
stim… pŒ pocc che n'escapƒ’ : considerare meno di uno sputo, tenere in
scarsa considerazione, non avere stima di qualcuno
st… arsai€’ : restare senza fiato, stupefatto ed inebetito, frastornato da non
riuscire neanche pi• a respirare
st… b‚gn m„ u Papa : stare bene come il Papa, stare meravigliosamente
bene
st… cetŒ : star zitto, zitto ed in silenzio
st… enrein€’ : restare senza parole, senza saper pi• cosa dire e cosa fare,
impantanato, senza riuscire pi• ad andare nˆ avanti nˆ
indietro con il discorso (come se si fosse esposti su una
cengia in montagna 18)
st… l‰ cun i d‚nt en bucca : restare l• con i denti in bocca, restare inebetito,
senza saper pi• cosa fare cosa dire, non saper che

18
la parole reina indica in bovesano una cengia su una parete rocciosa
93
comportamento tenere o che decisione prendere, essere
semplice spettatore
stufi… figna i sant : stufare perfino i santi, tediare, stufare a morte
stun€’ m„ na cioca ruta : stonato come una campana rotta, stonato
st‡pid m„ bur€cc : stupido come bur•cc (?). molto stupido, scemo
sua m€re l'era c… gi€’ parai.... : sua madre era anche gi‰ cos•!, detto di
cosa brutta, malfatta, difettosa (ad es. il tronco di una pianta)
suma m€i ndat en past‡ra ens‚m : non siamo mai andati al pascolo
assieme, non prenderti troppa confidenza
suma s‰ suta u tend†n grand : siamo qui sotto il tendone grande (il cielo),
siamo vivi, tiriamo avanti
suma s-gnur figna en sima 'd la testa : siamo ricchi fino sopra la testa,
siamo fortunati, siamo ricchi, siamo signori
s‡tta m„ 'n branch : asciutta come un branch (?), asciutta, prosciugata,
senza latte (ad es. una capra)

lettera T
tac€’ au trav€i m„ u ci€t a la c€rn : attaccato al lavoro come il gatto alla
carne, essere un gran lavoratore
tac€s-lu a l’ƒrŒa (a n’ƒrŒa) : attaccarselo all’orecchio (ad un orecchio),
ricordarselo, tenerselo a mente per sempre in futuro
tac… u mund a l'encuntr€ri : iniziare il mondo al contrario, detto di cose
che non vanno per il verso giusto, fatte malamente, fatte al
contrario di come dovrebbero venir fatte
tai€’ cugn l'apiot (cugn l'apia) : tagliato con l’accetta (con la scure),
rozzo, grossolano

Tai•’ cugn l'apiot

94
tai… m„ 'n raz…u : tagliare come un rasoio, molto tagliente
tamp au tamp : tempo al tempo, bisogna attendere il momento opportuno,
bisogna avere pazienza
tant n'€s en la testa m„ suta i p‚ ! : tanto ne hai nella testa come sotto i
piedi..., sei un insensato, uno scervellato senza cognizione
t'ar€’ p‰ p€’ su€’ u lat! : non ti avr‰ poi mica prosciugato il latte!, non c'‚
bisogno di spaventarsi cos…, non ‚ mica successo nulla di
irreparabile, non essere sgomento e reagisci!
t‚h, sp‚cc-te s‰ ! : toh, specchiati qui!, guarda qui! guarda cosa sono stato
capace di fare, hai visto che ‚ cos… come dicevo! ammira!
tene a b‚ch e piota : tenere a becco e zampa, accudire qualcuno in modo
ottimo, senza lasciargli mancare assolutamente nulla
tene caut : tenere caldo, seccare, importunare, noiosare
tene m„ 'n bumb†n : tenere come un bombon, tenere bene, con tutte le cure
e le attenzioni possibili
tene pŒ pocc che la marda 'd na galina : considerare meno che la merda di
una gallina, non avere in stima, in considerazione, non
considerare qualcuno facendo come se non esistesse
nemmeno
tene u tal†n : tenere la carta finale buona, la carta che permette di fare
propria l'ultima mano nei giochi di carte
t‚ndre m„ c€i : tenero come caglio, molto tenero, tenero come la cagliata
per fare il formaggio
ten-se (tenise) ai branche : tenersi alle branche, assicurarsi, fare molta
attenzione, stare molto attento, essere cauto ed avveduto
t‰ s‰ che sƒs n'om ! : tu s• che sei un uomo!, tu s… che vali! (detto per†
spesso ad una donna con evidente e comico controsenso)
tir€i ai tre 'd p‰ : tirarci “ai tre di pi†”, lavorare a pi• non posso, lavorare
come un ossesso
tir€i m„ 'n desper€’ : tirarci come un disperato, lavorare come un ossesso
tir€ne fora ‡na garsa : tirarne fuori una storta, dire uno strafalcione, una
cosa insensata
tir… an‚nt la b€rziga (...la baraca) : tirare avanti la baracca, essere alla
guida, provvedere a tutto quanto necessita, essere il
capofamiglia
tir… 'd la p‰nna : tirare della p‡nna (?), suonare una fisarmonica, suonare
un organetto
tir… 'd na gamba : tirare di una gamba, zoppicare
tir… 'd v‰ttule : tirare delle sberle
tir… i p‰ttule : tirare le cuoia, morire
95
tir… la giaca : tirare la giacca, schernire, deridere, prendere in giro
tir… la trƒva per la cua : tirare la scrofa per la coda, fare qualcosa che
non ha alcuna possibilit„ di riuscita
tir… na sabr€gna : tirare una sciabolata, tirare a caso, un colpo o una
stima a casaccio, senza rifletterci troppo su
tir… na sal€gna : tirare una (cosa / cifra)“salata”, effettuare un colpo o
un’azione decisa, dagli effetti pesanti (ad es, chiedendo un
prezzo sproporzionato per un lavoro da eseguire o per un
prodotto in vendita)
tir… na savas€gna : tirare una ??, tirare a caso, un colpo o una stima a
casaccio, senza rifletterci troppo su
tir… na sias€gna : tirare una “setacciata”, un cosa fatta senza pensarci
troppo su agli effetti che provocher„
tir… na trab‡c€gna : tirare una stima a casaccio, tirare a caso una stima/un
colpo dato a casaccio senza rifletterci troppo su, una stima
grossolana fatta basandosi sui trabucchi 19
tir… pere : tirare pietre, sparlare, denigrare qualcuno, sparlare alle spalle
tƒt i furn cƒzu per t‰.... ! : tutti i forni cuociono per te, sei ovunque, sei
ficcato dappertutto, in ogni contesto sei di mezzo, vuoi dire
sempre la tua come se fossi il padrone
tƒt u santu d‰ : tutto il santo giorno, per tutto il giorno, ininterrottamente
tra nd… e vene.... : tra andare e venire, ne passa di tempo.... e di buone
intenzioni non mantenute
tramul… m„ na fƒia : tremare come una foglia
trav€i du p‚ntu : lavoro del pettine, un lavoro stupido e inutile, o un lavoro
mal fatto, mal eseguito
trav€i foravŒa : lavoro extra, lavoro particolare, lavoro fuori dell’ordinario
travai… da 'n ciar a l'aut : lavorare da un chiarore all’altro, lavorare sodo
tutto il giorno, dall’alba al tramonto, finchˆ c'‚ luce
travai… 'd diabolica : lavorare di diabolica, occuparsi/praticare le arti
magiche
travai… 'd fizica : lavorare di fisica, praticare le cose occulte, praticare la
magia e gli incantesimi
travai… y € c… m€i fat m€l ! : lavorare non gli ha anche mai fatto del male,
essere un gran pelandrone

19
trabƒch : sottomultiplo della giornata piemontese
Il trabucco piemontese ‚ un antica misura di lunghezza usata in diverse province della
regione, pari a 3,086 metri, a cui corrisponde, come misura di superficie, il trabucco
quadrato, pari a 9,5259 mq
96
travai… m„ la tempesta : lavorare come la grandine, lavorare
ininterrottamente, senza mai un momento di pausa,
infaticabilmente
travai… m„ 'n sasign : lavorare come un assassino, lavorare come un
ossesso
travai… per la Madona : lavorare per la Madonna, lavorare gratis, senza
alcun ricavo
tre au trƒch : tre punti alla sommit‰ (?) 20, modo di dire nel gioco di bocce
(si usa quando con una bocciata ben eseguita un giocatore
toglie dal gioco una boccia avversaria che impedisce alle
bocce gi„ giocate della propria squadra di ottenere due o tre
punti in una volta sola)
trencuil m„ na P€sca : tranquillo come una Pasqua, tranquillo e pacifico
trencuil m„ 'n Papa : tranquillo come il Papa, tranquillo e pacifico
trencuil m„ 'n puciu (st… da puciu) : tranquillo come un nodo (stare da), 21
stare meravigliosamente bene, in gran comodit„ e tranquillit„
tr‡farŒu Nus-gnˆ se lu ncuntreisu! : trufferebbero il Signore se lo
incontrassero, sono dei veri truffatori
trƒv€se a c€rte vintenƒu : trovarsi a carte ventinove, trovarsi costretto, alla
disperazione, in una situazione di estremo bisogno
tr‡v€se en y embrƒi : trovarsi negli imbrogli, essere nei pasticci, essere nei
guai
truv€se en mes a na via : trovarsi in mezzo ad una strada, essere rovinato,
non avere pi• il becco di un quattrino
tr‡v… i tƒfi‰tte (‚se ent'i tƒfi‰tte) : trovarsi nelle grane, essere nei guai, in
difficolt„
truv… la sua sc€rpa : trovare la sua scarpa, incontrare l'anima gemella
truv… Nus-gnˆ en l'ort.... ! : trovare il Signore nell’orto, avere una fortuna
sfacciata, un gran colpo di fortuna
t‡b… m„ na cimineia : fumare come una ciminiera, fumare come un turco
t‡b… m„ na tabachera : fumare come una tabacchiera, fumare come un
turco
tuc… du d‰ : toccare col dito, verificare, appurare, spesso anche scottarsi
pagando di tasca propria
tuc… la sacocia : toccare la tasca, costoso, caro, che mette in crisi il
portafoglio

20
trƒch: sommit„, cima collinare arrotondata, cresta displuviale tra due versanti
21
puciu: letteralmente un ciuffo, ciocca, fiocco (di corda, di tessuto, di capelli umani o
peli animali, ecc….)…. botanicamente invece, puciu mol =ciuffo molle, ‚ il nome che
indica la nespola e l’albero che la produce….
97
tuc… u portafƒi : toccare il portafoglio, costoso, caro
tuc… u tamp : toccare il tempo, mettere fretta, sollecitare, mettere premura
turuni… t‡t u dŒ : tubare tutto il giorno, borbottare incessantemente per
tutto il giorno
t‡se m„ 'n carbun‰ : tossire come un carbonaio, tossire a pi• non posso

T‹se m‰ 'n carbun‡

t‡t y €gn cuntu ƒgn : tutti gli anni contano uno, ogni anno fa invecchiare
di un poco
t‡ti la vƒlu, gn‡gn la pŒa ! : tutti la vogliono nessuno la piglia, tutti
sembrano volerla sposare per† nessuno la prende veramente
in moglie!

lettera U
u bevarŒa 'd lesi€s : berrebbe del lesi•s 22, ‚ un gran bevitore, un ubriacone
u ch‚gn l'‚ ndat en vie : il cane ‚ andato in veglia, detto quando il cane si
assenta per alcuni giorni da casa per seguire le cagne in
calore
u d‰ che tacu a d€i ai foi l’‚ p‰ mei che taches a cure....! : il giorno che
iniziano a dargli agli scemi ‚ poi meglio che cominci a
correre!, modo gentile per dire a qualcuno che ‚ un vero
stupido!
22
lesi€s : liquido che si ricava dal passaggio dell’acqua bollente sulla cenere durante la
les•a (liscivia), il complesso procedimento usato un tempo per il bucato casalingo,
prima dell’introduzione della candeggina
98
u d‰ che i d‚gn ai foi cal l‰ u v‚gn tƒt bl• ! : il giorno che gli danno agli
scemi quello l• diventa tutto blu (a causa degli ematomi),
altro modo gentile per dire a qualcuno che ‚ uno scemo!
u farŒa gn‚nt la camura d'en sord : non farebbe la camorra di un soldo, ‚
davvero onesto, non si intascherebbe neanche un denaro di
guadagno per sˆ....
u giˆ u munta : il giogo sale, ‚ un pelandrone, non ha voglia di lavorare
u giuarŒa du c‡l set€’ es na br‡stia : giocherebbe col sedere seduto su una
spazzola di ferro 23, detto di un giocatore estremamente
appassionato del gioco delle bocce
u l’€ sampe tenƒ’ cial u m€s : ha sempre tenuto lui il mazzo, ha sempre
parlato lui, ‚ stato l’unico protagonista della serata (come nel
gioco delle carte, solo uno ‚ il mazziere che le distribuisce
agli altri giocatori)
u l'‚ en cam‰gn che i banda ! : ‚ mentre li stringe, ‚ sul punto di morire, ‚
moribondo (oppure sta avendo una grossa paura)
u l'‚ p€’ tƒt en c€dre : non ‚ mica tutto in quadro, non e molto a posto col
cervello, ‚ un po' svitato
u pagn u l'€ tropa farina : il pane ha troppa farina, detto di chi ‚ ingordo
e mangia sŒt (=asciutto, cio‚ solo il companatico senza il
pane di accompagnamento)
u p€re di patanƒ’ / u p€re di m€lvest‰ : il padre dei nudi / il padre dei mal
vestiti, cio‚ il sole

U p•re di patanŒ’

u s'engrap‰tta si veru : si arrampica sui vetri, essere terribilmente avaro


u tamp l’‚ a n’€ria! : il tempo ‚ in aria, non si sa che tempo far„, pu†
anche cambiare e iniziare a piovere
u v‰gn s'asola : il vino decanta
‡gn au bot : uno alla volta

23
br‡stia : scardasso, spazzola di ferro usata per cardare e pettinare la canapa
99
‡gn vir€’ a l'envars : uno girato all’inverso, un omosessuale
unda u vau ? : dove va?
‡nvarn di p…ure : inverno dei poveri, inverno mite e poco freddo tanto da
andar bene anche a coloro che, ridotti in povert„, faticano a
riscaldarsi

lettera V
v€’ a cag… a Biot : va’ a cagare a Biot, ma va’al diavolo, va’ a quel paese
v€’ a cag… a la vigna : va’ a cagare alla vigna, va’ al diavolo, va’ a quel
paese
v€’ a cat€te en cas‡l : va’ a comprarti un mestolo, va’ alla malora, va’ a
quel paese
v€’ a cat€te na mola : va’ a comprarti una mola, va’ alla malora, va’ a
quel paese
v€’ a cugi€te : va’ a coricarti, va’ alla malora, va’ a quel paese
v€’ a f€te benezŒ : va’ a farti benedire, va’ alla malora, va’ a quel paese
v€’ a f€te frize : va’ a farti friggere, va’ alla malora, va’ a quel paese
v€’ a f€te f‡rb : va’ a farti furbo, va’ alla malora, va’ a quel paese
v€’ a pi€t-la en la giaca (v€t-la a pi… en la giaca) : va’ a prendertela nella
giacca, va’ alla malora, va’ a quel paese
v€’ a pi€t-la en ent'u c‡l (v€t-la pi… en ent'u c‡l) : va’ a prendertela nel
culo, va’ alla malora, va’ a quel paese
v€’ a pi€t-la en y organo : va’ a prendertela nell’organo, va’ alla malora,
va’ a quel paese
v€’ a strem€te : va’ a nasconderti, va’ al diavolo, va’ a quel paese
v€’ che br‡za : va’ che brucia, va’ veloce
v€’ che s-ciopa : va’ che scoppia, va’ veloce
v€’ en pal‡dria : va’ in Pal‹dria (?), ma va’ alla malora, va’ a quel paese
v€’ es la buza : va’ sullo sterco di mucca, va’ a quel paese!
v€’ es la marda : va’ sulla merda, va’ a quel paese!
v€’ 's la be€ta : va’ sulla beata (?), va’ al diavolo !, va a quel paese! fatti
furbo !
v€’ 's la furca.... t‰ e chi ‘t vƒl b‚gn ! : va’ sulla forca…. tu e chi ti vuole
bene!, va’ a quel paese, va’ al diavolo tu e chi ti vuole bene!
fatti furbo!
vagn€se u guvarn : guadagnarsi il governo, provvedere per sˆ stessi,
guadagnarsi da vivere, essere autosufficiente
100
v€l 'd menu che na fƒia 'd por : vale meno di una foglia di porro, non vale
niente, non ha nessun valore
vande (cat…) a b€le rute : vendere (comprare) a palle rotte, vendere o
comprare ad un prezzo irrisorio
vande per en toch et pagn : vendere per un pezzo di pane, vendere ad una
cifra irrisoria
vande u sul per cat… la l‡ce : vendere il sole per comprare la luce, fare un
pessimo affare, restare fregato da solo, fare un affare molto
svantaggioso
vard m„ y arbe : verde come le erbe, verde, malaticcio, con una brutta cera
v‚ghe u babuy‰gn en l'amula : vedere il coleottero nella bottiglia, soffrire
le pene dell'inferno, vedere i sorci verdi
v‚gn a b‚gn a dŒ : viene a bene a dire, si fa per dire, cos… per discorrere
vei brƒt e galƒp : vecchio brutto e goloso, cos… si diventa quando si ‚
raggiunta una certa et„
vei fin‰ : vecchio finito, molto vecchio
vei fut‡’ : vecchio fottuto, vecchio spacciato, molto vecchio
v‰i m„ badan : vecchio come Badan (?), molto vecchio
vei m„ croch : vecchio come Croch (?), molto vecchio
v‰i m„ garan : vecchio come Garan (?), molto vecchio
vei m„ u Paternost : vecchio come il Padrenostro, molto vecchio
vei veŒs 24 : vecchio vecchiccio, molto vecchio
vene a t€i : venire a taglio, diventare utile, essere utile nel momento del
bisogno
venŒa che DŒu la mendava.... ! : veniva che Dio la mandava, la pioggia
cadeva fitta, pioveva a dirotto
v‰n-ye en trabƒch 'd fioca : venirne un trabucco di neve, nevicare
abbondantemente, venirne una gran quantit„
veniy-ne na l‰cca : venirne una quantit‰, cadere molta neve
v‚nta b‡tau au p€s : bisogna metterlo al passo, occorre frenarlo, metterlo
agli ordini, ridimensionarlo ed obbligarlo al rispetto ed
all’obbedienza
v‚nta ‚se en due a tenŒu : bisogna essere in due a tenerlo, detto riferito ad
una persona che beve un vino non proprio buono, con pochi
gradi e acidulo come aceto

24
il raddoppio di una parola (solitamente un aggettivo) con la desinenza Œs finale ‚ a
Boves un accrescitivo, un superlativo che rafforza tale qualit„ (es. giaun giaun•s =
molto giallo, vard verd•s = molto verde, mort murt•s = definitivamente morto, sach
sech•s = molto secco, nŒu-n‹v•s = nuovissimo, crŒ-cr‹•s crudissimo, pi‡gn-pien•s =
pienissimo, ecc.)
101
v‚nta gn‚nt as€se cag… es la testa : non bisogna lasciarsi defecare sulla
testa, non bisogna lasciarsi opprimere, non si deve essere
calpestati e tiranneggiati
v‚nta lev€se prast la matign : bisogna alzarsi presto la mattina, bisogna
essere molto svegli, in gamba e furbi per poterne aver ragione

V‚nta lev•se prast la matign

v‚nta ncˆ che nun manges et pul‚nta (...et p€stas‡tta) : bisogna ancora
che ne mangi di polenta (…di pastasciutta), devi ancora
crescere per potermela fare, per poterti prendere gioco di me
v‚nta vir€i cun u trant : bisogna rivoltarli con il tridente, avere molti
soldi, avere molto denaro, un mucchio di bigliettoni che
occorre il tridente per fargli prendere aria
ventarŒa b‡tau en pocc a pich e p€la : bisognerebbe metterlo un po' a
piccone e pala, bisognerebbe metterlo un po' al lavoro
duramente per fargli capire come ‚ la vita
ventarŒa f… bati… n'€zu : bisognerebbe far battezzare un asino, detto di
fatto strano e insolito, qualcosa che meriterebbe di essere
ricordato negli annali
ventarŒa pas€te en p… 'd l€rd : bisognerebbe passarti un po’ di lardo,
bisognerebbe legnarti per bene
vers… tantu 'd che br• : versare tanto di quel brodo, piangere a dirotto,
piangere a lungo
veru s‚gn che.... : vero segno che, ‚ segno che, vuol dire che… quindi
significa che…
vest‰ a tre dubi : vestito a tre doppi, vestito con abiti pesanti, ben coperto
per ripararsi dal freddo
vest‰ m„ 'n p€ge : vestito come un paggio, vestire elegantemente
vira piche : gira picche, va tutto storto, va tutto male
102
Vest‡ m‰ 'n p•ge

vir€’ l'ƒi : girato l’occhio, in un battibaleno, appena levato lo sguardo di


dosso
vir€se a l‰cche : girarsi a botte, rivoltarsi violentemente, in modo manesco
vir€se a m€le parole : girarsi a cattive parole, ribellarsi verbalmente a
male parole
vir€se a pistu : rivoltarsi a pistu 25, rivoltarsi con brutte parole,
bestemmiando
vir… mund e pais : girare mondo e paese, cercare dappertutto, cercare o
girare in lungo e in largo
vir… tƒt u mund e la Ci‡za : girare tutto il mondo e la Chiusa (Chiusa
Pesio), girare dappertutto, cercare ovunque
vir… v‚la : girare vela, il peggioramento della situazione, situazione che
cambia in modo imprevisto e si volge al peggio
vƒi gnanca p‰ v‚ghe m„ l'‚ fata : non voglio neanche pi† vedere com’‚
fatta, non la voglio proprio pi• vedere
vƒl dŒ che y avŒa d‡rm‰ cun i m‡radˆ! : significa che avevo dormito con i
muratori, vuol dire che conosco il mestiere (da muratore),
che non sono un pivellino

25
pistu ‚ una sorta di imprecazione usata spesso per sostituire una bestemmia vera e
propria (quale Cristu! – Cristo!)
103
VirŠ v‚la

vƒs giu… : vuoi giocare, cio‚: vuoi scommettere, scommettiamo che…


vƒz‰ f… creze che Nusgnˆ l'‚ mort 't sogn : voler far credere che il
Signore ‚ morto di sonno, raccontare frottole assurde, menare
per il naso
vƒz‰ f… la c€rta a t‡ti : voler fare la carta a tutti, voler essere pi• furbo e
sapiente degli altri, voler insegnare a tutti
vƒz‰ f… sorte 'd s‚nch dai pere : voler far uscire del sangue dalle pietre,
voler spremere qualcosa per ricavarne tutto l'utile possibile
vƒz‰ must… ai preve a dŒ m‰ssa : voler insegnare ai preti a dire messa,
voler insegnare a chi sa
vugne chiycƒgn : ungere qualcuno, picchiare di santa ragione
vugne i rue : ungere le ruote, dare tangenti, speculare, raccomandare,
spingere una causa usando il denaro
vul… a n'€ria : volare per aria, saltare in aria, esplodere
vul… „ y ƒi : volare agli occhi, aggredire, attaccare, avventarsi contro
vul… lunch e tir€’ : volare lungo e tirato, cadere come un sasso, prendere
un gran ruzzolone

lettera Z
zeru virgola zeru : zero virgola zero, niente di niente, assolutamente nulla

104

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