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La biologia studia gli esseri viventi e il loro funzionamento.

Gli aspetti fondamentali che distinguono gli esseri


viventi sono:
 gli organismi possiedono l’informazione genetica contenuta nei geni, formati in tutti gli organismi
(tranne alcuni virus) da DNA;
 gli organismi regolano il loro metabolismo, sono in grado di cambiare materia ed energia con
l’ambiente (=sistema aperto). Le reazioni metaboliche sono regolate per mantenere l’omeostasi, la
stabilità delle condizioni interne dell’organismo;
 gli organismi rispondono agli stimoli che provengono dall'ambiente esterno;
 gli organismi crescono e si riproducono garantendo così la perpetuazione della specie a cui
appartengono;
 le popolazioni di viventi sono soggette a evoluzione, le caratteristiche delle popolazioni cambiano nel
tempo adattandosi all'ambiente;
 ogni organismo vivente ha una gerarchia strutturale, cioè è composto da diverse parti che cooperano
in modo armonico. Salendo di gerarchia si riscontrano un maggior numero di proprietà;

atomo →molecola →macromolecola→ cellula→ tessuto→ organo→ sistema/apparato→


organismo →popolazione →comunità →ecosistema →biosfera
 gli organismi sono formati da cellule.

Teoria cellulare
Il dogma centrale della biologia afferma che il flusso dell’informazione genetica è monodirezionale. Per
esprimere un’informazione genetica il DNA viene trascritto in RNA e poi tradotto in proteine.
Il termine “cellula” fu introdotto per la prima volta nel 1655 da Robert Hooke per descrivere piccole cavità
osservate all'interno di una sezione di sughero con un microscopio rudimentale di ingrandimento 30x. Da
allora la cellula è stata studiata in dettaglio e oggi è il protagonista di una teoria universale:
1. tutti gli organismi viventi sono dotati di cellule (unità elementari);
2. la cellula è l'unità di base della struttura degli organismi;
3. tutte le cellule derivano da cellule preesistenti.

Tale teoria venne formulata da Schleiden-Schwann-Virchowi intorno alla metà del XIX secolo.
Successivamente, nel 1830 Robert Brown osservò il nucleo. La tassonomia raggruppa gli esseri viventi in
domini, a loro volta comprendenti diversi regni di organismi unicellulari o pluricellulari, in grado di generare
energia necessaria per la sopravvivenza.

sei regni

NB. 1mm=1000m=1000000nm
1mm=103m=106nm
1m=103nm=10-3mm=10-6m
1nm=10-3m=10-6mm=10-9m
bacteria ed archaea dim. 0,1-5m
eukarya dim. 10-100m
(globuli rossi dim. 7m)
Microscopi
Il primo strumento in grado di amplificare la capacità risolutiva dell'occhio umano fu realizzato nel 1600. Il
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potere risolutivo umano è circa mm, al di sotto di 0,1 mm sarà impossibile distinguere due punti. Per
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avviare a questo problema nella storia sono stati utilizzate prima le lenti di ingrandimento e poi i microscopi:
- ottico→ dotato di due sistemi di lenti: l'obiettivo e l'oculare. Il preparato viene attraversato da un
fascio di luce (riflesso da uno specchio), l'obiettivo riflette un'immagine ingrandita verso l'oculare che
la ingrandisce a sua volta.
ingrandimento 1000-1500x
potere risolutivo fino a 0,2m
- elettronico→ esso si basa sull'utilizzo di un fascio di elettroni, i quali hanno una lunghezza d'onda più
breve di quella della luce (ciò permette di ottenere un maggior potere risolutivo). Esistono due tipi di
microscopio elettronico: il TEM (a trasmissione) e il SEM (a scansione).
ingrandimento fino a 100’000x
potere risolutivo fino a 0,2 nm
- a forza atomica→ ha un braccio mobile con un atomo sulla punta che scorre sulla superficie e traccia
il suo profilo atomico. La cellula emette e riceve delle onde armoniche→ sonobiologia

Cellule
Le cellule si dividono in eucariotiche (uni/pluricellulari) e procariotiche (unicellulari).

cellula eucariotica cellula procariotica

- nucleo con più molecole di DNA lineare; -non ha nucleo, ma ha il nucleoide (regione che
-organuli per la divisione delle funzioni; contiene una molecola di DNA circolare);
-ha una membrana esterna fluida; -non ha organelli;
-ha bisogno del citoscheletro (impalcatura protei.); -poche proteine;
-può scambiare con l’esterno grandi quantità di -ha la parete cellulare per formare una struttura
materia, grazie alla plasticità della membrana; rigida e per proteggere la cellula;

(esocitosi/endocitosi)

Evoluzione procarioti-eucarioti
La cellula procariote nasce circa 3,9 miliardi di anni fa, mentre 2,1 miliardi di anni fa nasce la cellula eucariote. I
procarioti all’inizio erano eterotrofi e anaerobi (si cibavano con il nutrimento ricavato dagli autotrofi e
non avevano bisogno di ossigeno).
Per permettere di cibarsi persero la parete cellulare e ciò aumentò le dimensioni della cellula. Di conseguenza,
si formarono introflessioni, da cui passarono sostanze esterne all’interno= endocitosi o fagocitosi→ si
formano così gli organelli. Il citoscheletro si forma poiché la cellula diventa talmente grande che deve
evolversi.
La degradazione interna forma il DNA e il nucleo (non si sa precisamente come).

I cianobatteri (2,4 . 109 anni fa) hanno evoluto la capacità di usare determinate molecole. Svolgevano una
reazione che liberava O2 (ossigeno molecolare) in atmosfera. Dunque, si accumula ossigeno
morivano

batteri aerobi batteri anaerobi vivono in zone senza O2


(non riescono a vivere con cellule
O2 in atmosfera)
Nasce il processo di endosimbiosi con un batterio aerobio e una cellula: il batterio entra nella cellula e forma
il mitocondrio (che infatti contiene DNA) che utilizzerà l'O2 per produrre ATP.
= origine cellula eucariotica

Evoluzione unicellulare-pluricellulare
Una cellula madre dà origine a tutte le cellule figlie vicine per il beneficio del nutrimento=
(vantaggio per la sopravvivenza):
1. (unione fisica) le cellule sono legate da ponti citoplasmatici;
2. comunicazione/cooperazione fra le cellule
3. specializzazione o differenziazione in vari ambiti
4. separazione interno-esterno

differenziamento= i geni sono uguali in tutte le cellule, ma sono


diversamente espressi in una cellula o in un'altra;

Chimica della vita


composizione della cellula: 70%-80% acqua
20%-30% composti organici
1% composti inorganici
In natura vi sono 92 elementi (sostanza non divisibile in altre componenti), 25 di questi sono essenziali per la
vita e si dividono in:
 elementi plastici primari (96%)→C, H, O, N
 elementi plastici secondari (3,5%)→P, S, Ca, Mg, Na, K, Cl
 elementi oligodinamici (0,01-0,001%)→Fe, Co, Zn, Mn, Mo, Cu, I, F
 elementi accidentali→ Pb

H 2o (molecola polare)
I legami sono di 104,5° poiché l’ossigeno è più elettronegativo rispetto all’idrogeno.
Due molecole d’acqua si attraggono per polarità —> quindi H si legherà a un’altra
molecola grazie ad un legame a idrogeno. L’acqua può fare massimo quattro legami a
idrogeno:
1. stato liquido fa tre legami ad idrogeno (li forma e li disfa contemporaneamente);
2. stato solido→ ha sempre quattro legami stabili;
3. stato gassoso→ fornisce energia, si staccano i legami.

Le molecole d’acqua hanno una grande coesione tra di loro, il legame a idrogeno crea una grande
stabilità anche con altri elementi.
Adesione.
L’acqua ha un alto calore di evaporazione, cioè ha la necessità di tanto calore per passare da liquido a
gas e quindi di rompere i legami. Inoltre, ha la capacità di stabilizzare la temperatura —> le cellule
ricevono calore e riescono a mantenere una temperatura adatta.
Acqua come solvente.

Carbonio (forma i composti organici)


Il carbonio può formare massimo quattro legami covalenti. Concatenandosi ad altre molecole di
carbonio forma le macromolecole: carboidrati, lipidi, proteine, acidi nucleici.
Svolgono reazioni di polimerizzazione: demolizione per idrolisi (+H2O) e sintesi per condensazione
(-H2O). Le molecole organiche hanno la capacità di autoassemblaggio, formando organelli e altre
strutture che costituiscono la cellula.

Le PROTEINE (polimero di aminoacidi) svolgono una funzione strutturale, di deposito, di movimento,


di trasporto, di segnale, di difesa e di regolazione. La proteina presenta quattro strutture:
- primaria→ è una sequenza di aminoacidi legati da un legame peptidico;
- secondaria→ è definita dalla disposizione
spaziale della catena polipeptidica con legami a
idrogeno tra >CO e -HN;
- terziaria→ è definita dalla forma che la proteina
assume dopo essere stata stabilizzata da legami
a idrogeno, di solfuro (S-S molto forti) e altre
interazioni fra aminoacidi;
- quaternaria→ è definita dall’associazione di più catene polipeptidiche, come ad esempio
l'emoglobina. Essa è formata da due subunità α e due subunità β legati a quattro gruppi eme
che contengono gli ioni Fe2+.
proprietà
La proteina si denatura (rottura di legami e cambiamento della struttura che implica la perdita della
sua funzione) con alta temperatura, pH e concentrazione salina. Può rinaturarsi se non è
completamente danneggiata. Ha la capacità di auto assemblarsi, le proteine Chaperon molecolari in
condizioni di stress aiutano la proteina ad avvolgersi. Inoltre, la proteina risente dell'ambiente e può
andare incontro a modificazione post-traduzionale.

Gli ACIDI NUCLEICI sono il DNA e l’RNA. Nel 1952 James Watson e Francis Crick iniziarono lo studio
della struttura tridimensionale del DNA.

- DNA→è un acido nucleico (acido desossiribonucleico) costituito da lunghe catene di


nucleotidi. Ogni nucleotide formato da una base azotata, uno zucchero e un gruppo fosfato

L’adenina e la guanina sono purine formate da un doppio anello,


mentre la timina e la citosina sono pirimidine formate da un anello
singolo. Ogni filamento di DNA (costituito da nucleotidi) è unito da
un legame covalente, legame fosfodiesterico. Il legame che si forma
avviene fra il carbonio in posizione 5’ di uno zucchero e il gruppo
fosfato legato al carbonio 3’.
1. Il gruppo fosfato determina il carattere acido dei polimeri poiché
è di carica negativa;
2. lo zucchero desossiribosio ha cinque atomi di carbonio;
3. le basi azotate sono formate da un anello costituito da atomi di azoto e carbonio, cui sono
uniti i vari gruppi funzionali. Tra lo zucchero e la base si forma un legame
glicosidico.
- RNA→ l’acido ribonucleico è costituito dallo zucchero ribosio. È formato da un
singolo filamento e ha la funzione di intermediario tra il DNA e la costruzione
di proteine specifiche. In posizione 2’ ha un gruppo OH in più del DNA e
presenta una nuova base azotata l’uracile, che ha la struttura simile alla timina.

L’ATP (adenosintrifosfato) è formato dal nucleotide adenina legato a tre gruppi fosfato. Il legame fra
il primo e il secondo fosfato e quello fra il secondo e il terzo è detto legame ad alta energia, poiché la
loro rottura genera grandi quantità di energia. Se viene tolto un gruppo fosfato diventa
adenindifosfato (ADP), mentre se vengono tolti due gruppi fosfato diventa adeninmonofosfato.
Cellula eucariote
La cellula è formata dal nucleo, dalla membrana plasmatica, dagli organuli e dal citoscheletro. Gli
organuli sono immersi in un ambiente acquoso, chiamato citosol.

- R.E. (reticolo endoplasmatico) = può essere liscio o ruvido, vengono chiamati


rispettivamente reticolo endoplasmatico liscio (REL) e reticolo endoplasmatico ruvido (RER).
Il RER è così chiamato poiché sulla sua superficie vi sono gradi quantità di ribosomi. Inoltre,
esso comunica con l’apparato di Golgi attraverso vescicole;
- apparato di Golgi = è posizionato tra il reticolo e la membrana. Questo apparato ha più
funzioni, una delle più importanti è glicosilare il reticolo, ovvero aggiungere zucchero. Inoltre,
produce proteine + grassi che vengono successivamente smistati.
- lisosomi = sono organuli che digeriscono le sostanze che devono essere eliminate.
- mitocondrio = è la sede della sintesi dell’ATP, ed è composta da molecole di DNA
circolare;
- perossisoma = rende innocue delle sostanze pericolose come l’H2O2 (perossido di
idrogeno).

1. CITOPLASMA→ è la porzione interna della cellula che non è occupata dal nucleo. È formato
dal citosol + organelli. Il citosol è un liquido composto per il 70%-90% da acqua, ma anche
sostanze minerali e ioni Na+, K+ e Ca2+.

2. MEMBRANA CELLULARE→ è un sottile involucro di circa 7-9 nm che avvolge la cellula.


funzioni
-di protezione, poiché protegge da agenti esterni;
-trasporto poiché regola gli scambi di ioni e
sostanze fra l'interno ed esterno;
-interazione fra cellule-comunicazione;
-barriera di permeabilità che definisce la struttura
fisica;
-recettori per segnali per il riconoscimento.
È costituita principalmente da fosfolipidi e proteine, ma contiene anche colesterolo e
glicolipidi. (proteine 50%-70%, carboidrati 1%-10%, componente fluida e lipidi 30%-50%)
Nel 1972 venne idealizzato il modello a mosaico fluido da S.J. Singer e G. Nicolson.
I lipidi presenti sulla membrana sono i FOSFOLIPIDI, COLESTEROLO, GLICOLIPIDI.
a. fosfolipidi= sono molecole che derivano dal glicerolo e una
molecola con una regione polare e una apolare (anfipatica).
Il fosfolipide ha una testa polare (composto idrofilo) e una coda
apolare di acidi grassi formati da 12-20 aminoacidi (composto
idrofobo).
Da una parte all'altra della membrana vi sono due tipi diversi di
fosfolipidi: all'esterno vi è la fosfatidilserina fosfatitiletanollamina e
all’interno vi è la fosfatidilcolina sfingomielina.
Questa asimmetria è molto importante poiché favorisce gli scambi
tra sostanze e per una maggiore flessione e rotazione della membrana.
La fluidità della membrana dipende dal tipo di lipidi da cui è composta. Vi è una
temperatura di transizione fra lo stato più gelatinoso o fluido. Nelle membrane gli acidi
grassi dei fosfolipidi variano:
-la lunghezza della catena (catena lunga=gelatinoso e temperatura di transizione minore,
mentre una catena corta=fluido);
-saturo o insaturo (tutti i legami semplici rendono la membrana più gelatinosa, mentre i
doppi legami la rendono più fluida).
b. colesterolo (steroidi)= il colesterolo impedisce l’eccessiva fluidità, quindi regola la
fluidità. Se T<Tm aumenta la fluidità, se T>Tm diminuisce la fluidità.
Gli organismi eterotermi possono modificare la lunghezza degli acidi grassi aggiungendo
legami doppi e trasformandolo in grasso insaturo, oppure aggiungendo colesterolo.
c. proteine= costituiscono il 50% del peso della cellula, sulla membrana si possono
trovare:
-proteine integrali: entrano nel doppio strato fosfolipidico e si dividono in proteine
transmembrana che attraversano la membrana e le proteine monotopiche che si trovano
solo da un lato della membrana;
-proteine periferiche: si aggrappano alle teste dei fosfolipidi formando un legame a
idrogeno (debole);
-proteine ancorate ai lipidi: sono appoggiate esternamente alla membrana e formano dei
legami covalenti (forti) con i lipidi.

L’asimmetria delle proteine conferisce caratteristiche diverse: mobilità limitata dal peso, tra cellule
vi sono giunzioni strette che impediscono il passaggio di fluidi tra una cellula e l’altra e di
conseguenza bloccano anche la mobilità della cellula stessa. Inoltre, le proteine sono fisse, alcune
servono per l’ancoraggio del citoscheletro.

d. glicoproteine e glicolipidi= gli zuccheri contenute in queste sostanze sono


posizionati solo all’esterno della cellula. Possono andare incontro a glicosilazione (:
aggiunta di uno zucchero) nel RER e nel Golgi. Gli zuccheri formano legami covalenti con i
lipidi o con le proteine che si legano o all’ossigeno o all’azoto.

Permeabilità della membrana


Le sostanze possono entrare e uscire dalla cellula in modi diversi. Il trasporto passivo avviene
secondo gradiente di concentrazione, quando cioè una sostanza si sposta da una zona in cui la sua
concentrazione è maggiore a un'altra in cui la concentrazione minore. Questo processo è spontaneo
e non richiede energia.

Il trasporto attivo avviene contro gradiente di concentrazione, quando c'è una sostanza si sposta ad
una zona in cui la sua concentrazione è minore a un'altra in cui la concentrazione è maggiore.
Richiede energia, che viene fornita dall' idrolisi dell'ATP.

La membrana è semipermeabile, ciò significa che può essere attraversata liberamente solo da
piccole molecole non polari (come O2 e CO2), oppure da piccole molecole polari neutre come l'acqua
e urea, mentre non può essere attraversata da grosse molecole polari e dagli ioni. Per regolare
l'entrata e l'uscita delle molecole di dimensioni più grandi di tutti gli ioni sono presenti specifici
sistemi di trasporto.
-La diffusione semplice è il movimento delle particelle da una zona ad alta concentrazione a una
minore concentrazione, avviene secondo gradiente di concentrazione ed è un processo di tipo
passivo.

-L'osmosi è un caso particolare di diffusione e consente nel passaggio di acqua attraverso una
membrana semipermeabile che separa due soluzioni a diversa concentrazione: l'acqua passa
spontaneamente dalla soluzione più diluita (ipotonica) a quella più concentrata (ipertonica).

Le sostanze come gli ioni e gli zuccheri, che non attraversano la membrana per diffusione semplice,
possono essere trasportate mediante proteine di trasporto (transmembrana) che agiscono in modo
specifico per ogni singola sostanza da trasportare. Queste proteine operano secondo due
meccanismi fondamentali: la diffusione facilitata e il trasporto attivo.

Le PROTEINE DI TRASPORTO si dividono in proteine carrier (o trasportatori) e proteine canale. Le


proteine carrier possiedono una regione che riconosce la molecola da trasportare per
complementarità di forma, legano la sostanza e cambiano la conformazione rilasciandola dalla parte
opposta della membrana. Si dividono in uniporto, simporto e antiporto.

Le proteine canale sono canali ionici per il trasporto di ioni. Sono anch’essi selettivi per la molecola.
La loro apertura avviene in seguito a segnali elettrici o legandosi con una molecola specifica. Le
proteine possono essere anche porine, meno selettive. Sono canali per sostanze grandi che non siano
ioni. Si trovano prevalentemente nei batteri e grazie ad essi entrano gli antibiotici.

-La diffusione facilitata consiste nel trasporto di una sostanza secondo gradiente di concentrazione
mediante una proteina di trasporto. È un processo passivo e non richiede energia.

-Nel trasporto attivo le sostanze sono trasportate attraverso proteine di membrana, dette pompe,
che le spostano contro gradiente di concentrazione utilizzando l'energia ottenuta dal l'idrolisi
dell'ATP. Si divide in trasporto attivo DIRETTO e INDIRETTO.

Il trasporto attivo diretto consiste nel portare una molecola contro gradiente con l’aiuto di una
proteina carrier. Si forma un’asimmetria di carica e quindi un potenziale di membrana (-70mV). Un
esempio di trasporto attivo diretto è la pompa sodio-potassio.
Lo ione sodio (Na+) è circa 10 volte più concentrato all'esterno della cellula, mentre lo ione potassio
(K+) è circa 30 volte più concentrato all'interno. questo gradiente di concentrazione prodotto da una
proteina intrinseca, la pompa sodio-potassio ATPasi, che trasporta i due ioni contro gradiente: tre
ioni Na+ all'esterno e due ioni K+ all'interno, utilizzando l'energia prodotta dall' idrolisi dell'ATP. I
gradienti di Na+ e K+ sono i principali responsabili del potenziale di membrana: controllano il volume
cellulare, conferiscono le cellule nervose e muscolari le loro proprietà di eccitabilità e sono coinvolti
nel trasporto di alcune sostanze nutritive come zuccheri, aminoacidi...

Il trasporto attivo indiretto consiste nel trasporto di due soluti


contro gradiente. A sinistra troviamo un trasporto attivo diretto
che genera un gradiente di un’altra sostanza (H+). A destra
abbiamo un trasporto accoppiato: vanno secondo gradiente H+ e
contro gradiente S.

3. NUCLEO→ è l’organulo caratteristico della cellula eucariotica. È ben


visibile al microscopio ottico (5µm). Può essere di forma sferica,
ellittica o lobulato (tipico dei globuli bianchi).
Di solito in una cellula si ha un nucleo, ma esistono delle eccezioni:
-globuli rossi (eritrociti) non hanno il nucleo poiché sono pieni di
emoglobina per il trasporto di O2
-cellule polinucleate (fibre muscolari). Quando le cellule singole che
si uniscono e hanno più di un nucleo si dice = sincizio.
Il nucleo può trovarsi centralmente (come nei neuroni) o spostato (come negli adipociti).
zone del nucleo
a. involucro nucleare (esterno)→ costituito da due membrane (4 strati fosfolipidici), fra
le due membrane vi è uno spazio detto perinucleare. Sulla membrana vi sono punti di
interruzione = pori nucleari. Il nucleo è in continuità di membrana con il RER, ma ognuno
mantiene la sua funzione. dimensione 10nm-50nm. I pori nucleari sono adibiti per il trasporto
fra esterno-interno e ha un canale di range di apertura di 9-40nm.
permette la diffusione di trasporto passivo trasporto attivo per il
uefhushfuhuofhuoerherhuorhfuhrfudhsjsfjsdflsdjfijsfjiafkjkjkpassaggio di molecole più grandi
come RNA e proteine (nella traduzione)

I pori sono fondamentali per l’espressione genica


poiché permettono l’uscita di RNA e l’entrata di
proteine. Fra un poro e l’altro vi sono filamenti
proteici di lamina nucleare che fanno parte del
citoscheletro (per far si che il nucleo non collassi).
b. nucleoplasma e matrice nucleare (interno)→ sostanza morfa con base acquosa +
cromatina che contiene il DNA;
c. nucleolo (centro)→ serve a sintetizzare l’RNA ribosomiale (rRNA) usato per formare un
ribosoma (non porta informazione genetica). L’RNA si forma per copiatura del DNA.
ribosoma= struttura cellulare (non organulo) costituito da RNA e proteine. Viene
assemblato nel nucleolo→ le proteine entrano nel nucleolo dai pori ed esso forma l’rRNA per
assemblare il ribosoma. L’rRNA promuove la sintesi proteica: azione catalitica di possedere
informazioni.

Organizzazione del DNA


La struttura tridimensionale del DNA venne scoperta nel 1953 da James Watson e Francis Crick. Il
DNA è un acido nucleico (acido desossiribonucleico) costituito da lunghe catene di nucleotidi. Ogni
nucleotide formato da una base azotata, uno zucchero e un gruppo fosfato. (vedi pag. 5)

→ rapporto tra le due dimensioni elevatissimo = alta possibilità di


jsijirottura; per questo il DNA non può rimanere sciolto, ma deve
hfiiorganizzarsi.
Il DNA ha una struttura a doppia elica e i due filamenti sono
antiparalleli con direzione 5’-3’. Le basi si trovono al centro, mentre
all’esterno vi è lo zucchero e i fosfati alternati. I due filamenti si
legano grazie alle basi azotate secondo lo schema (per avere un
diametro costante):
A=T due legami idrogeno
G≡C tre legami idrogeno
La molecola del DNA ha moltissimi legami a idrogeno, quindi il
filamento è estremamente stabile, perché ogni singolo legame è
debole (quindi facili da rompere per separare singolarmente i due
filamenti), ma la moltitudine dei legami lo rende stabile.

Le basi azotate sono quelle che portano l’informazione, poiché sono variabili.
La forma di organizzazione del DNA durante il normale svolgimento delle sue funzioni è
comunemente chiamata cromatina. Una cellula per dividersi si deve organizzare diversamente per
trasmettere alle cellule figlie la propria informazione = si organizza in cromosomi (struttura adatta al
processo di divisione cellulare). Il DNA si organizza all’interno del nucleo in cromatina o cromosoma
in base alle funzioni che deve svolgere la cellula. I cromosomi sono delle strutture estremamente
compatte del DNA che consente alle cellule figlie di ricevere l’informazione genetica senza il pericolo
che il DNA venga danneggiato. Il DNA deve essere sempre in forma organizzata e compatta, ma
esistono gradi di compattazione diversi che vanno dal DNA al cromosoma.
Il DNA come prima forma di organizzazione si deve avvolgere ad un nucleo proteico (proteine
basiche, cariche positivamente) = istoni. Gli istoni si organizzano in ottameri, cioè otto istoni → due
coppie di ciascuna proteina H2A, H2B, H3, H4. Essendo proteine cariche positivamente ed
essendo il DNA carico negativamente, il legame che si forma è ionico.
Questo ottamero di istoni con il DNA che fa due giri su di esso, costituisce l’unità strutturale della
cromatina = nucleosoma (otto istoni e 146 nucleotidi).
Tra un nucleosoma e l’altro vi è un istone H1 che stabilizza il DNAlinker (il DNA non legato agli
istoni).
primo grado di compattazione→ NUCLEOSOMA (di 10nm)
secondo grado di compattazione→ EUCROMATINA (di 30nm)
terzo grado di compattazione→ ETEROCROMATINA (di 700nm)
quarto grado di compattazione→ CROMOSOMI (di 1400nm)

La cromatina ha la funzione di mantenere il DNA compatto in modo che rimanga dentro al nucleo, i
cromosomi hanno la funzione di spartire il DNA quando esso si duplica.
Il DNA è leggibile solo sotto forma di nucleosomi ed eucromatina. Nello stato di eterocromatina e di
cromosoma il DNA non si può esprimere (non funziona), poiché il DNA è molto compatto e le basi
non si riescono a leggere; dunque, in questo stato l’eterocromatina costitutiva ha una funzione
strutturale. L’eterocromatina facoltativa ha la possibilità di diventare eucromatina ed essere
espressa.

Informazione genetica
Il DNA è una molecola informazionale, cioè contiene l’informazione genetica e quello che differisce
da una molecola all’altra è la sequenza di basi azotate. Il concetto di informazione si basa sulla
riduzione dell’incertezza, maggiore è l’incertezza e maggiore è l’informazione. La struttura del DNA
rende conto delle funzioni:
- contenere l’informazione
- trasmettere l’informazione
- esprimere l’informazione
- cambiare l’informazione (mutazione = sbaglio)

contenere l’informazione
L’informazione è contenuta dalla successione di basi, più precisamente nel filamento singolo del
DNA. Se conosciamo un filamento siamo in grado di conoscere anche l’altro per complementarità
delle basi.
trasmettere l’informazione
Il DNA deve essere contenuto in tutte le cellule per trasmettere alle cellule figlie l’informazione
genetica. Quando la cellula si divide per mitosi per dare origine a due cellule figlie, il DNA deve
duplicarsi.
Una mutazione è un errore o un cambiamento nel DNA. Nel momento in cui trasmetto
l’informazione alle cellule figlie e duplico un’informazione sbagliata, con una mutazione, sto
trasmettendo una mutazione. Invece, se una cellula ha un errore e non si duplica, quell’errore non ha
significato. Una mutazione si verifica solo nel momento in cui la trasmetto.
Per la duplicazione è necessario avere un doppio filamento (per controllo, è un sistema di sicurezza
per una trasmissione fedele dell’informazione).

Duplicazione del DNA


La duplicazione de DNA avviene secondo un modello semiconservativo, ovvero si prende la doppia
elica, si apre e ognuno dei due filamenti farà da stampo per i filamenti successivi (chiamati filamenti
nuovi).

Il filamento madre si separa e ognuno dei filamenti figli fa da stampo per un nuovo filamento, in
modo che si ottengano due molecole identiche. La direzione aggiunta di nucleotidi (quindi la
direzione di allungamento del DNA) è sempre da 5’ a 3’.

Per aggiungere un nucleotide alla catena di DNA e quindi formare un legame fosfodiesterico
(legame covalente) è necessaria l’energia. Il nucleotide per potersi attaccare alla catena
polinucleotidica necessita di tre gruppi fosfato, poiché perdendone due libera energia che utilizzerà
per la formazione del legame. Ricaverà gli altri due gruppi fosfati mancanti da due molecole di ATP.

L’enzima che aggiunge il nucleotide alla catena di allungamento si chiama DNA polimerasi, sfrutta
l’energia per catalizzare il legame fosfodiesterico. Il filamento stampo riferisce alla polimerasi a quale
nucleotide attaccarsi attraverso le basi. Solamente il nucleotide con la base complementare, forma
un legame a idrogeno per permettere alla DNA polimerasi di legarsi.

→ma la DNA polimerasi come fa a sapere quale nucleotide aggiungere? I quattro tipi di nucleotidi
sono già presenti nel nucleo e muovendosi sbattono contro il DNA, ma solamente quello che ha la
base complementare al nucleotide che fa da stampo forma il legame a idrogeno.

Il processo ha inizio nei punti di origine (sono sparsi per tutta la lunghezza del filamento), detti ori,
da qui si formano delle bolle di duplicazione. All’estremità di ogni bolla vi è una forca di duplicazione.
Le zone dove vi sono più punti di origine sono ricche di AT e non GC, poiché il legame essendo
doppio e non triplo è più facile da rompere per aprire la doppia elica.

Sui punti di origine si vanno a posizionare tutti gli enzimi necessari per duplicare il DNA. Vi sono
delle proteine (MCM) che segnalano il punto di replicazione e quando quel punto è stato o meno
duplicato. Il DNA per duplicarsi impiega mediamente 6h-8h ed è il tempo più breve possibile per
evitare di formare errori.
1. Il primo enzima che partecipa è l’elicasi che svolge e apre la doppia elica dalla forca,
rompendo i legami a idrogeno. Per evitare che i due filamenti si ricongiungano intervengono
delle proteine destabilizzatrici (che si legano ai singoli filamenti).
2. La topoisomerasi taglia i filamenti di DNA ed impedisce che i filamenti si riavvolgano, quindi
rimuove la torsione. I nuovi filamenti che si formano devono essere complementari rispetto ai
vecchi-stampo, antiparalleli e direzione di allungamento 5’-3’.
3. Prima di sintetizzare il DNA, grazie alla DNA polimerasi (può solo aggiungere nucleotidi ad
un filamento preesistente), interviene un innesco, primer, che serve alla DNA polimerasi per
agganciarsi e allungare la catena. Questo innesco è costituito da RNA costituito da 5-10
ribonucleotidi ed è sintetizzato dalla primasi partendo dall’estremo 3’.
4. La duplicazione del filamento che ha l’estremità 3’ libera
procede senza interruzioni partendo da un solo primer =
filamento veloce, mentre il filamento antiparallelo è detto
filamento lento e procede a ritroso.

La DNA polimerasi aggiunge nucleotidi solo in direzione 5’-


3’nel nuovo filamento di DNA al primer.

L’estremità 3’ rimane non duplicata quindi la primasi sintetizza


un primer, la DNA polimerasi aggiunge nucleotidi formando un
frammento di Okazaki (nome del ricercatore giapponese che li
trovò e sono formati da circa 100-2000 nucleotidi). Quando raggiunge il primer precedente, la
DNA polimerasi si stacca e quando è pronto il primer del pezzo
precedente 2, aggiunge nucleotidi per arrivare a 1.
5. Infine, la DNA ligasi unisce i filamenti 1, 2; quindi catalizza la formazione di legami
fosfodiesterici fra i vari frammenti. Il filamento lento viene completato.

Quando il DNA ha finito la duplicazione, l’RNA del primer viene espulso→ tranne l’ultimo pezzetto
dell’estremità 3’, poiché non vi è l’ancoraggio per la DNA polimerasi e quindi non può essere
sostituito. Questo pezzo andrà perso e ciò implica che i filamenti di DNA si accorceranno ad ogni
duplicazione.

Ma l’informazione genetica non viene compromessa, poiché all’estremità 3’ vi è una molecola detta
telomero, è una breve sequenza ripetuta molte volte che non contiene informazione genetica.

Ad ogni processo replicativo il filamento si accorcia e perde telomeri, una volta persi tutti i telomeri
si inizia a perdere informazione genetica e si va incontro alla morte cellulare= invecchiamento.

Non tutte le cellule si accorciano allo stesso modo, le cellule staminali e germinali (anche cellule
tumorali) contengono un enzima, telomerasi, che contiene un frammento di RNA con una sequenza
complementare a TTAGGG e allunga il filamento di DNA stampo. L’RNA dell’enzima si attacca al
telomero e spostandosi gli fa da stampo, così che il telomero accresce. L’obiettivo dello stampo che
procede —> allungare il filamento di DNA con le basi che non contengono informazione, in modo
tale che si possa inserire un primer, così che la DNA polimerasi riesca ad agganciarsi al primer e
allungare il filamento. A questo punto si crea un filamento più lungo che devo eliminare (attraverso
la telomerasi). Ciò permette di ripristinare la lunghezza dei telomeri grazie alla transcriptasi inversa
(enzima che riesce a riformare il DNA partendo dall’RNA).
L’accuratezza del processo di duplicazione garantisce che tutte le cellule siano uguali, ma vi è la
possibilità che ci siano degli errori. Possiamo dividere gli errori in:
- errori causati dalla DNA polimerasi→ errori fisiologici
La DNA polimerasi durante il processo di duplicazione controlla che ogni nucleotide sia stato
aggiunto correttamente (se vi è un errore nella catena percepisce che si è formata una
1
deformazione del filamento) e ogni 109 nucleotidi trova un errore, fa un passo indietro in
direzione 3’-5’ e rimuove quelli appaiati in modo errato. Dunque, la DNA polimerasi ha anche
la capacità di correggere gli errori tornando indietro, per questo motivo si dice che la DNA
polimerasi ha un’attività esonucleasica in direzione 3’-5’, cioè è capace di tagliare il nucleotide
più esterno.
- errori accidentali
Vi è un sistema di riparazione fatto da una cinquantina di proteine, tra cui enzimi, con la
funzione di scorrere lungo la catena del DNA e percepire le modificazioni di forma=
riparazione per excissione. In questo processo viene tagliato dall’interno il filamento
danneggiato dalla endonucleasi e poi sostituito dalla DNA polimerasi e la ligasi ricostruisce il
filamento corretto.
La cellula è capace di correggere gli errori, ma questi vanno corretti prima che la cellula si duplichi e
che passi l’informazione alle cellule figlie.

→ma la cellula come fa a sapere qual è il filamento giusto rispetto a quello sbagliato? L’unico modo
è quello che si basa sul riconoscere quello che è il filamento più recente. Il filamento vecchio ha una
marcatura, sono presenti gruppi chimici che lo identificano. Ciò esclude di correggere un errore sul
filamento vecchio.

Espressione genica
Il genotipo è l'informazione ereditaria contenuta nel DNA, mentre il fenotipo corrisponde alle
caratteristiche fisiche che si manifestano. Il collegamento fra genotipo e fenotipo è rappresentato
dalle proteine.
Quando la cellula si differenzia utilizza parzialmente l’informazione (spegne dei geni e ne lascia attivi
altri).

DNA→RNA→proteine
Il dogma della biologia afferma che vi sono due fasi nel processo di
passaggio dell'informazione: la trascrizione, ovvero il trasferimento
dell'informazione genetica da DNA a RNA; e la traduzione, cioè l'utilizzo
dell'informazione dell’RNA per costruire una proteina.

Il linguaggio è diverso nelle fasi: il DNA e l'RNA sono polimeri costituiti da monomeri di nucleotidi,
dunque, la trascrizione non implica un cambiamento di linguaggio. Nella traduzione vi è una
conversione dal linguaggio degli acidi nucleici nel linguaggio dei polipeptidi, polimeri costituiti da
monomeri di 20 aminoacidi. L’RNA dovrà fare da messaggero per trasportare l'informazione
genetica del DNA all’esterno del nucleo (mRNA). Devono essere codificati 20 aminoacidi con
quattro basi azotate, quindi mi serviranno 64 combinazioni→43
Come mai l’informazione genetica nel momento in cui deve essere utilizzata ci dà la codifica di
proteine (e non ad altre macromolecole)?
Le proteine hanno delle caratteristiche che da sole sono capaci di portare ad una struttura vivente.
Sono capaci di costituire i filamenti, i tessuti e i componenti anche quando sono sotto forma di
enzimi. Inoltre, sono capaci di essere segnali per definire il piano costruttivo di un vivente.

Gene
Vennero scoperti all’inizio del ‘900. La parola viene coniata per indicare l’unità ereditaria mendeliana
→l’unità di trasmissione di un carattere; era un concetto scoperto da Mendel, perché studiava la
trasmissione dei geni, senza sapere cosa fossero. Il gene è una regione di DNA che codifica (da
l’informazione) per una proteina = definizione secondo il dogma centrale della biologia. Per essere
più precisi, quando si dice che trascrivo vuol dire che copio un pezzo di DNA in RNA. Ma esistono
diversi tipi di RNA:

-mRNA (10%)

-rRNA (70%-80%)

-tRNA (10%-20%)

Quindi dire che il geno è un tratto di DNA che codifica per una proteina, è come limitare la
definizione al 10% dei geni. Dunque, il gene è una regione di DNA che viene trascritta= unità di
trascrizione. Il gene esiste solo nel momento in cui viene trascritto. Le cellule hanno geni espressi
diversamente e si scoprono continuamente dei geni nuovi, perché si trovano condizioni cellulari
sempre nuove.

Trascrizione
La trascrizione è la sintesi di DNA in RNA. Il DNA ha due filamenti, per creare un filamento stampo
userò il 3’-5’ poiché lo stampo è complementare e antiparallelo.

L’RNA è complementare al filamento 3’-5’ che


gli fa da stampo e ha la stessa sequenza
informazionale del 5’-3’ del DNA. Dunque, il
filamento 5’-3’, ha una sequenza che porta
l’informazione uguale all’RNA viene definito
filamento senso. Mentre, il filamento 3’-5’ fa da
stampo è detto filamento antisenso. (servono
due filamenti per una maggior sicurezza)

0. fase iniziale. Il primo enzima che partecipa è l’elicasi che svolge e apre la doppia elica dalla
forca, rompendo i legami a idrogeno. Per evitare che i due filamenti si ricongiungano
intervengono delle proteine destabilizzatrici (che si legano ai singoli filamenti).
La topoisomerasi taglia i filamenti di DNA ed impedisce che i filamenti si riavvolgano, quindi
rimuove la torsione. (procedimento uguale alla duplicazione)
L’inizio della trascrizione è determinato dall’RNA polimerasi che indica da dove partire (= è
l’enzima che sintetizza l’RNA a partire dal DNA).
L’RNA polimerasi ha una lieve capacità di correggere gli errori, ma non è importante che
abbia una capacità così sviluppata, perché si forma un filamento di RNA che andrà eliminato.
L’RNA polimerasi catalizza l’aggiunta dei nucleotidi a seconda della complementarità. Il primo
nucleotide che viene aggiunto ha 3 fosfati perché non ha avuto bisogno di perdere 2 fosfati, in
più non ha bisogno del primer (poiché quest’ultimo è fatto di RNA).
1. prima fase. Prima del gene vi sono delle sequenze regolatrici che indicano qual è l’inizio di
quel gene e tra queste vi è il promotore: è la sequenza che si trova prima del gene. Al
promotore si vanno a legare delle proteine chiamate fattori di trascrizione che entrano nei
solchi del DNA per capire quali basi ci sono all’interno.
Questo insieme di proteine assume una conformazione tale per cui si può legare anche l’RNA
polimerasi: senza tutti questi fattori, l’RNA polimerasi non si lega. Dopo essersi legato si
attiva tutto il complesso.
Il promotore si posiziona sul filamento senso (3’-5’), mentre l’RNA polimerasi su quello
antisenso (5’-3’).
Dunque, nella prima fase, l’RNA polimerasi si unisce al promotore sul DNA e inizia la sintesi
dell’RNA. Su un filamento stampo posiziona dei nucleotidi di RNA per formare l’mRNA.

(Nel gene ci sono delle sequenze regolatrici anche molto distanti dall’inizio della trascrizione.
Il gene non ha inizio e fine definiti, ma c’è un inizio e una fine del tratto che viene trascritto.)

L’mRNA che si forma grazie all’RNA polimerasi si chiama trascritto primario di mRNA.
→questo trascritto primario è così chiamato, poiché non è ancora pronto per uscire dal
nucleo, deve subire un processo di maturazione sempre all’interno del nucleo.
La maturazione coinvolge tre processi: CAP in 5’, POLI-A in 3’, splicing.

° CAP in 5’
Al primo nucleotide viene aggiunto un nucleotide modificato la settemetilguanosina in 5’. Ci sono
tre gruppi fosfato, a questi è stato aggiunto il nucleotide modificato.
→settemetilguanosina poiché è stato aggiunto un gruppo metile e guanosina poiché c’è una guanina.
Le funzioni principali del CAP sono di riconoscimento dell’estremità 5’, protezione e per far attaccare
il ribosoma in modo corretto nella traduzione.

° POLI-A in 3’
Sull’estremità 3’ viene aggiunta una coda di poli-A, cioè dei nucleotidi con l’adenina. Questi
nucleotidi possono essere da 50 a 250. Le funzioni sono analoghe a quelle del CAP: riconoscimento
dell’estremità 3’ e protezione dell’RNA. Inoltre, ha un ruolo molto importante nella traduzione (nella
sintesi delle proteine). Quando l’mRNA è presente viene letto dalle proteine e viene sintetizzato nei
ribosomi. Viene degradato a partire dal 3’, se la coda di poli-A è più lunga, l’mRNA “vive di più”. I
poli-A decide quanto vive questa proteina.

° splicing
Lo splicing è un fenomeno che avviene esclusivamente negli organismi superiori = ci fa capire che
questo tipo di maturazione caratterizza l’evoluzione genetica degli eucarioti.
È un rimaneggiamento di tutto il gene. Il trascritto primario contiene delle regioni che contengono le
informazioni degli aminoacidi, ma ci sono delle regioni che non contengono informazione e che
devono esser rimosse = queste regioni sono chiamate INTRONI (non portano informazione per
aminoacidi). Quelle che contengono l’informazione vengono chiamati ESONI.
Lo splicing è un meccanismo per cui nel trascritto primario vengono rimosse tutte le regioni che non
contengono l’informazione per creare la proteina e cucire insieme tutti gli esoni, grazie all’enzima
RNA ligasi.

La rimozione degli introni e la cucitura degli esoni è compiuta da un complesso di proteine associate
a piccoli RNA che riconosce le parti da tagliare, chiamato spliceosoma. È sconosciuto come lo
spliceosoma sia in grado di riconoscere le parti da eliminare, ma si è trovato con certezza che gli
introni cominciano tutti con GU e concludo con AG.

Inoltre, gli introni sono molto più grandi degli esoni: la materia che elimino è molto più grande
rispetto a quella che rimane all’interno. Le parti che vengono eliminate (introni) dopo l’eliminazione
vengono riciclati.

Il locus genico è il luogo in cui si trova un gene, l’informazione genetica. Una scoperta recente ha
mostrato che da un gene si formano più prodotti genici (cioè più RNA maturi pronti per essere
tradotti). Tutti gli step visti in precedenza possono avere delle forme alternative.

→ Trascrizione alternativa: abbiamo detto che la trascrizione parte da un promotore, ma si


è visto che gran parte dei geni possiedono più di un promotore. Questo comporta che essi si
possono legare a più fattori e quindi a più polimerasi. Avendo più promotori la trascrizione
comincia in punti diversi e l’mRNA porta ad avere un mRNA maturo lungo o corto.

→ Splicing alternativo: si è osservato che i geni sono capaci di fare più forme di splicing a
partire dallo stesso gene.
In un gene, dove si alternano esoni e introni, può accadere che vengano considerati degli
esoni e introni alternativi rispetto alla forma canonica.
esempio. Può accadere che l’esone2 venga considerato
parte dell’introne e quindi non venga tenuto. Dunque, la
forma matura dell’mRNA è formata solo dall’E1+E3+E4
(senza E2).

In media ogni gene può fare quattro splicing alternativi. Può essere specifico per cellule
diverse o anche per la stessa cellula in circostanze diverse.
Forme di RNA maturi diversi formeranno proteine mature diverse.
Spesso gli esoni codificano per i domini (parte proteica con un ruolo preciso e una struttura
propria).
Lo splicing alternativo dallo stesso gene produce proteine diverse, quindi ottengo mRNA
diversi e di conseguenza proteine diverse.

→ Poliadenilazione alternativa: il trascritto può iniziare o finire più indietro a seconda di


quando viene aggiunta la coda di poli A.

caratteristiche del gene


dimensione media del gene: 27000kb (kilo basi)
numero medio di esoni: 8,8
numero minimo di esoni: 1
dimensione media esone: 145 paia di basi
dimensione media introne: 3500 paia di basi
dimensione media mRNA maturo: 2875 paia di basi
lunghezza media di una proteina: 450 aminoacidi
distanza tra i geni: 108 kilobasi (sono molto distanti, questo ci fa capire che tutti gli errori hanno
poca probabilità di trovare un gene).
Inoltre, esistono geni sovrapposti o un gene dentro l’altro.

Codice genetico
Per comprendere con quali modalità l'informazione genetica passa dal genotipo al fenotipo bisogna
capire in che modo il linguaggio chimico del DNA viene tradotto nel linguaggio chimico delle
proteine. Questo linguaggio è costituito da simboli o segni che hanno un significato, ma bisogna
conoscere anche delle regole per passare da un linguaggio all’altro (un codice=codice genetico).

Il codice genetico è l’insieme di regole che mette in relazione il linguaggio del DNA e quello delle
proteine. Vi sono due tipi di linguaggio: quello del DNA formato da quattro segni (basi azotata) e il
linguaggio delle proteine formato da 20 amminoacidi.
Il codice è composto da 3 basi = numero minimo di basi che combinate tra loro superano i 20
amminoacidi (fa 64 combinazioni). Così hanno costruito una tabella, il vero codice genetico che
associa a tre basi con un aminoacido (può essere espresso con una lettera o con tre).

Il codice genetico è formato da triplette, tra queste vi sono tre triplette che non codificano per
nessun aminoacido e sono chiamate triplette di stop (UAA, UAG, UGA).
ed è formato da diverse caratteristiche:
1. è ridondante o degenerato, in quanto sono presenti più triplette di basi per uno stesso
aminoacido;
2. è universale, in quanto è condiviso da tutti gli organismi;
3. non è ambiguo, poiché ad una tripletta corrisponde un solo aminoacido.
ATG codifica per la metionina (Met)= tripletta o codone di inizio, è sempre il primo aminoacido di
tutte le proteine.
Il codice viene utilizzato sull’mRNA maturo.
Traduzione
Il messaggio dell'mRNA deve essere prima interpretato dall'RNA di trasporto (tRNA), che converte
le sequenze di tre lettere (codoni) dell’mRNA nelle sequenze di una sola lettera (aminoacidi).
Nel citoplasma sono presenti forniture di aminoacidi prodotti ad esempio dal cibo. Il compito del
tRNA è di abbinare gli aminoacidi ai rispettivi codoni. Per fare ciò i tRNA devono:
1. unirsi agli aminoacidi giusti;
2. riconosce sulla mRNA i codoni;
3. interagire con i ribosomi.
Il tRNA è formato da un singolo filamento di RNA di 80 nucleotidi.
Avvolgendosi su sé stesso, forma

dei legami a idrogeno tra le basi complementari. Ad un'estremità ripiegata,


vi è l'anticodone che è complementare al codone dell'mRNA. All'altra
estremità vi è il sito di legame per l'aminoacido. Il complesso può aggiungere
il suo amminoacido alla catena polipeptidica. I tRNA carichi, si chiamano
aminoacil-tRNA. Esiste un enzima che si chiama aminoacil-tRNA sintetasi
che è capace di associare il tRNA all’aminoacido corrispondente. Esistono
tanti enzimi quante sono le coppie tra tRNA e aminoacido specifico.

I ribosomi sono gli organismi che si trovano nel citoplasma e che coordinano il funzionamento di
mRNA e tRNA.
Esso consiste in due subunità una maggiore ed una
minore, ciascuna formata da proteine e dall'RNA
ribosomiale (rRNA). La subunità maggiore ha tre
diversi rRNA, mentre quella minore ha una molecola
di tRNA. Queste due subunità sono unite solo quando
i ribosomi svolgono la sintesi proteica. Vi sono anche
dei ribosomi all’interno del nucleo (oltre che nel RER e
nel citosol), che svolgono la funzione di controllo
prima che mRNA maturo esca e che si sia formato
bene. Ogni ribosoma ha un sito di legame per l’mRNA e tre siti di legame per il tRNA:

-sito A (amminoacidico) è il sito di attacco dell'anticodone del tRNA;


-sito P (peptidico) è il sito di attacco per l'aminoacido trasportato dal tRNA;
-sito E (exit site) è il sito di distacco per il tRNA scarico di aminoacidi.

Nella traduzione vi sono tre fasi:


1. fase di inizio, dove l'mRNA entra in contatto con il tRNA che trasporta l'aminoacido e avviene
l'attacco delle due subunità. Questa fase ha la funzione di stabilire esattamente dove ha inizio
la traduzione. Una molecola di mRNA si unisce alla subunità ribosomiale minore, mentre uno
speciale tRNA si lega al codone di inizio AUG. Il tRNA di partenza ha l'anticodone UAC che
trasporta l'aminoacido metionina.
La subunità maggiore si unisce a quella minore formando il ribosoma, qui il tRNA scorre nel
sito P e il sito A scorre verso il secondo codone di mRNA, pronto ad accogliere altri tRNA.
2. fase di allungamento, dove vengono aggiunti nuovi aminoacidi alla sequenza, secondo un
processo di allungamento che si svolge nella subunità maggiore e avviene in tre tappe: (a)
riconoscimento del codone, (b) formazione del legame peptidico, (c) traslocazione del tRNA.

3. fase di terminazione. L'allungamento continua finché nel sito A del ribosoma giunge un
codone di arresto (UAA, UAG, UGA) che interrompe la traduzione. Al codone di arresto si lega
una proteina=fattore di rilascio. Il peptide completo si stacca e abbandona il ribosoma e le due
subunità si separano. Ogni peptide si avvolge e si ripiega si forma una sequenza segnale.

L’insieme di tutti i ribosomi che leggono lo stesso mRNA prende il nome di polisomi. La coda di poli
A decide quante volte deve essere letto quel ribosoma.

Il ribosoma inizia a tradurre dall’ATG e alla fine ci sarà una regione non tradotta fra il CAP 5’=
regione UTR (regione non codificante) e una regione UTR in 3’ non tradotta.
Da AUG a stop è la parte che darà origine alla proteina.
Gli RNA si dividono in mRNA, tRNA, snRNA, snoRNA.
Come per la trascrizione, alla fine della traduzione la cellula svolge dei controlli. Vi sono due
approcci:
-agisce sulla coda di poliA (sul gene specifico). La coda di poliA determina l’attività e la stabilità
dell’mRNA;
-attraverso una regolazione generale della cellula, aumentando o diminuendo il numero dei
ribosomi, oppure producendo una maggior quantità di fattori di sintesi proteica.

controllo dell’espressione genica:


1. trascrizioni alternative che riguardano l’RNA: splicing alternativo….
2. fattori di trascrizione
3. le proteine una volta tradotte possono essere modificate= modificazioni post traduzionali
4. epigenetica→ branca della biologia che riguarda lo studio della cromatina (dei cambiamenti
fenotipici ereditabili da una cellula in cui non si verifica un cambiamento del genotipo).

Genoma umano
Il genoma umano è il complesso di tutta l’informazione genetica (DNA) contenuto nella cellula. La
genomica studia la struttura, la funzione e le differenze fra genomi.
In ogni organismo servono informazioni proporzionali alla
complessità dell’organismo, dunque esiste una proporzionalità
fra quantità di genoma e la complessità dell’organismo, ma una
non proporzionalità tra la complessità dell’organismo e
grandezza del genoma.
Nel nostro genoma ci sono circa 21000 geni che codificano per
proteine. Il genoma è organizzato in cromosomi. In ogni cellula
abbiamo 46 cromosomi (=filamenti di DNA). Abbiamo 22 coppie
di cromosomi e due cromosomi sessuali X e Y. I cromosomi
dall’1 al 22 li abbiamo in duplice copia. Oltre ai 46 cromosomi (23
coppie) ho anche genoma mitocondriale.
Un genoma singolo formato da 23 cromosomi sono 3,2 miliardi di basi (quindi nel genoma completo
vi sono 6,4 miliardi di basi). Il genoma mitocondriale ha un numero preciso = 16.569.
In ogni cellula si hanno circa 2m di DNA che pesa 7pg.
nucleare
organizzazione del genoma umano
mitocondriale
Il DNA mitocondriale da un contributo al DNA totale dello 0,5%. Del DNA nucleare solo il 27% del
genoma è costituito da sequenze correlate ai geni, mentre i ¾ del genoma è detto DNA extragenico
(veniva definito DNA spazzatura, ma si scoprì che era importante dal punto di vista strutturale).
Di quella parte di 27% solo il 10% è codificante.
Il nostro genoma è stato sequenziato (un cromosoma per tipo) nel febbraio 2001. Nel 2007 è stato
sequenziato il genoma diploide (due coppie per ogni cromosoma).
Tra due esseri umani ci deve essere un 0,1% di differenza, quindi 6 milioni di basi diverse, numero
piccolo, ma sufficientemente grandi per corrispondere tutti alla stessa specie.
Funzioni dei geni: L’mRNA tradotto in proteine→ metabolismo 22%, informazione genetica 25%,
struttura 20%, segnalazione cellulare 12%, funzioni tessuto-specifiche 20%.

Il genoma è l’insieme del DNA, trascrittoma è l’insieme degli RNA, proteoma è l’insieme di tutte le
proteine della cellula. Tutte le cellule di una stessa specie hanno uguale genoma, ma diverso
trascrittoma e proteoma. Ogni tipo cellulare sintetizza uno specifico gruppo di proteine:
1. proteine comuni a tutte le cellule. Possono essere proteine abbondanti (quelle che si trovano
nel citoscheletro, nei cromosomi, nel reticolo endoplasmatico, nel Golgi e nel ribosoma) e
proteine non abbondanti (come, ad esempio, gli enzimi per le reazioni centrali del
metabolismo);
2. proteine specifiche per le singole cellule (trascrittoma e proteoma saranno specifici di quelle
cellule). In una cellula vi sono circa 10.000-20.000 proteine differenti, ma solo alcune centinaia
di proteine che distinguono-differenziano una cellula da un’altra.

Il destino delle proteine


I ribosomi che sono la sede della sintesi proteica si trovano o nel citosol o nel RER. Le proteine che
vengo sintetizzate nel citosol vengono destinate agli organelli solo quando sono state
completamente sintetizzate. Le importazioni verso gli organelli possono essere:
importazione post-traduzionale vs co-traduzionale
1. importazione post- traduzionale dei ribosomi citoplasmatici.
La proteina contiene una sequenza segnale specifica,
contenuta nei primi 20 aminoacidi che ne determinano la
“meta”. I possibili destini a livello del citosol sono: mitocondri,
nucleo o perossisomi.
Come fa a sapere dove deve andare?
Sparso nel citoplasma vi è un recettore che incontra il
segnale della proteina, quando incontrano l’organulo corretto
esso grazie alla proteina traslocatrice che riconosce la
sequenza segnale si unisce per complementarità di forma.
Una peptidasi taglia la sequenza segnale.
2. importazione co-traduzionale dei ribosomi del reticolo. Nel
citosol il ribosoma sintetizza una proteina che contiene una
sequenza segnale che viene letta da un recettore detto RSP.
Questa sequenza segnale viene riconosciuta dal recettore,
mentre la proteina si sta traducendo. Tutto l’insieme si sposta
nel citosol fin quando non trovano una proteina traslocatrice
nel reticolo ruvido. A questo punto si lega tutto al reticolo,
compreso il ribosoma, e la proteina finisce di essere tradotta
dentro al reticolo ruvido. I ribosomi sul reticolo ruvido si
trovano lì perché sono stati portati mentre stavano portando
una proteina.
Le proteine sintetizzate nel reticolo si spostano nell’apparato
di Golgi, qui possono essere distribuite o nella membrana plasmatica o portate fuori dalla
cellula o portate al lisosoma.
Una volta che le proteine vengono tradotte e sintetizzate (sequenza di aminoacidi) per essere
pronte possono avvenire una serie di modificazioni post-traduzionali. Possono essere:
-rimozione della prima metionina (AUG è un segnale molto forte, ma può non servire e viene
tagliato);
-taglio della sequenza segnale (grazie alla peptidasi);
-da una proteina grande si tagliano tante catene funzionali;
-rimozione di parti interne (=inteine) è come uno splicing proteico, ma è una condizione rara;
-aggiunta di carboidrati formando le glicoproteine (che si andranno a posizionare anche sulla
membrana);
-aggiunta di lipidi formando le lipoproteine;
-modificazioni chimiche come la metilazione (aggiunta di un gruppo metile -CH3), fosforilazione,
acetilazione o l’unione di più subunità;
-equilibrio sintesi/degradazione, infatti è in grado di sintetizzarsi o degradare quando è necessario =
plasticità della cellula.

4.ENDOMEMBRANE→
a. reticolo endoplasmatico (RE) è una
rete estesa di canali e cisterne appiattite
estremamente plastiche che è
direttamente collegato con l’involucro
nucleare. Nella cellula eucariote esistono
due tipi di reticolo endoplasmatico: liscio
che ha un aspetto uniforme dovuto
all’assenza di ribosomi e ruvido (in
continuità di membrana con il nucleo) che
presenta sulla superficie una grande
quantità di ribosomi.
La parte interna del reticolo è detto lume.

Il reticolo endoplasmatico ruvido svolge due importanti funzioni: amplia la superficie delle
membrane interne della cellula producendo nuovi fosfolipidi e incorporandoli nella propria
membrana. Porzioni della membrana del reticolo ruvido si staccano sottoforma di vescicole che si
fondono con le altre parti del sistema di endomembrane. In secondo luogo, i ribosomi ancorati al
reticolo partecipano alla sintesi delle proteine di membrana o destinate ad altri organuli oppure a
essere secrete dalla cellula.
Nelle cellule dove ci sarà bisogno di sintetizzare un gran numero di proteine ci sarà un reticolo più
sviluppato ed esteso. Nel reticolo ruvido avvengono la maggior parte delle modificazioni post-
traduzionali: modificazioni chimiche, rimozione della sequenza segnale (N-term), taglio della
metionina, ripiegamento della proteina.
Sono presenti disolfuri isomerasi che catalizzano il legame ponte disolfuro delle proteine.
Nel reticolo avviene la prima fase della glicosilazione (aggiunta di zuccheri→ glicoproteine).
Inoltre, nel reticolo avviene il controllo del ripiegamento corretto delle proteine, poiché le proteine
se entrano in condizione di stress (aumento di temperatura, pressione…) possono ripiegarsi male.
Ad esempio, l’Alzheimer è causato da un accumulo di proteine ripiegate non correttamente. Vi sono
due sistemi:
-UPR (unfolded protein response)→ blocco della sintesi proteica e attivano gli chaperon
molecolare per ripiegare correttamente le proteine;
-ERAD (degradazione associata al RE)→ questo sistema mira al riconoscimento di proteine
mal ripiegate e alla loro demolizione.
Una proteina con zone idrofobiche deve ripiegarle all’interno, se è flessa nel modo sbagliato e la zona
viene esposta rischia di attirarne altri che si aggregano e si accumulano (prioni).
Le patologie che insorgono a seguito di un accumulo di proteine mal ripiegate sono:
-l’Alzheimer è causata dall’accumulo di proteine beta-amiloide piegate in modo anomalo nel cervello
dei pazienti affetti. Con l’invecchiamento cellulare diminuiscono le funzionalità dei sistemi di
controllo;
-la malattia di Creutzfeldt-Jacob (o della mucca pazza) dipende dall’accumulo di una forma mal
ripiegata e aggregata di una particolare proteina, chiamata PrP (proteina prionica).
Il reticolo endoplasmatico liscio possiede sulla membrana importanti enzimi che hanno un ruolo
fondamentale nella sintesi dei lipidi (fosfolipidi, glicolipidi, colesterolo) e sono la fonte del
rinnovamento della membrana della cellula. Un’altra importante funzione svolta dal reticolo
endoplasmatico liscio è di immagazzinare ioni calcio indispensabili (es. per la contrazione muscolare).

Il reticolo endoplasmatico liscio del fegato, reni e intestino partecipa al metabolismo degli zuccheri.
In questi organi, il glicogeno viene scisso e diventa glucosio-6-fosfato + H2O, ma per andare in
circolo è necessario un enzima che si trova nel reticolo liscio (glucosio-6-fosfatasi) che toglie il
fosfato in modo che riesca ad entrare nel flusso ematico.
Nelle cellule del muscolo e del cervello non è presente il reticolo endoplasmatico liscio, poiché è
necessario avere in circolo dei gruppi fosfati liberi.
L’alcol, i farmici e i veleni raggiungono il fegato dove avviene la reazione di idrossilazione per
eliminazione, cioè avviene la rimozione di essa grazie all’urea. Quando assumiamo alcol, la risposta
dell’organismo è la produzione di più reticoli endoplasmatici lisci ed enzimi provocando assuefazione
o resistenza ad altri farmaci. La plasticità può innescare il meccanismo dell’assuefazione.

b. apparato di Golgi è un organulo cellulare che prende il nome dal


biologo che per primo lo osservò all’interno delle cellule nel 1898 con
il microscopio ottico. È costituito da un insieme di cisterne
appiattite contornate da vescicole, che hanno la proprietà di potersi
fondere. L’apparato di Golgi costituisce una sorta di stabilimento per
la lavorazione finale e lo smistamento dei prodotti provenienti dal
reticolo endoplasmatico. Il Golgi è diviso in tre regioni:
-faccia cis è rivolta verso il reticolo endoplasmatico e serve da “ricevimento merci” e accoglie
le vescicole di trasporto prodotte dal reticolo. Queste vescicole vengono incorporate nella
membrana dell’apparato di Golgi dove formano una nuova cisterna;
-centro è la regione mediana
-faccia trans è rivolta verso la membrana e può essere paragonata ad un “magazzino
spedizioni” dove le molecole finite vengono impacchettate in vescicole e trasportate in altre
sedi.

Questa direzionalità del Golgi è in relazione alla sua funzione. Le vescicole si staccano per
gemmazione dai due reticoli e portano il loro prodotti (proteine o lipidi) alla faccia cis del Golgi. Il
prodotto lo attraversa (faccia cis, regione mediana e faccia trans) e quando arriva nella faccia trans
forma delle vescicole che si staccano e vengono direzionate nelle varie parti della cellula (membrana
plasmatica, all’esterno o ai lisosomi).
I prodotti semilavorati che giungono dal reticolo endoplasmatico subiscono vari tipi ti
trasformazioni. In primo luogo, avviene la seconda fase della glicosilazione e la sintesi dei glicolipidi
(vengono aggiunti altri zuccheri). Il Golgi ha anche la funzione di smistamento dei prodotti finali.
Vi sono due modelli di interpretazione di questo apparato:
-modello delle cisterne stazionarie→ il trasporto delle proteine dentro al Golgi è gestito dalle
vescicole (che sono rivestite da sostanze che danno la direzione);
-modello di maturazione delle cisterne→ è un meccanismo secondo cui le cisterne maturano
spostandosi dal lato di entrata a quello di uscita e modificano i prodotti trasportati lungo il
percorso.

Le proteine e i lipidi che vengono prodotti raggiungono la membrana plasmatica per poi uscire dalla
cellula o diventare parte della membrana stessa o di altri organuli. Non tutti i prodotti sono smistati,
ma possono rimanere all’interno del Golgi.

Il trasporto di materiale verso l’interno o l’esterno


-esocitosi→ è un processo che avviene rilasciando all’esterno il prodotto del reticolo
endoplasmatico o del Golgi. Le vescicole si fondono con la membrana e rilasciano all’esterno le
sostanze. Questo processo genera sulla membrana un aumento di volume. È necessario ristabilire
l’equilibrio con endocitosi-endocitosi.
L’esocitosi rilascia le cellule all’esterno grazie alle cellule secretrici, che si dividono in:
→ secrezione costitutiva: è un processo che avviene costantemente (es. ghiandole epidermide che
devono produrre grasso);
→secrezione regolare: è un processo per cui la cellula produce il proprio secreto, lo trattiene e solo
nel momento del bisogno si fonde con la membrana e lo rilascia all’esterno (es. neurotrasmettitori o
enzimi digestivi).
Quando una vescicola fa esocitosi si fonde con la membrana; quindi, per portare una proteina o
glicoproteina sulla membrana è necessario che la vescicola abbia sulla sua membrana queste
sostanze.

-endocitosi→ è un processo per cui un’introflessione


della membrana plasmatica, racchiude il contenuto e
forma una vescicola che si riversa all’interno. Può essere
di tre tipi:
• fagocitosi: riguarda la capacità di portare
all’interno sostanze grandi solide o ad altre cellule
come batteri. I neutrofili e i macrofagi eliminano
per fagocitosi la sostanza. Fanno parte del sistema immunitario. La cellula deve formare delle
‘braccia’ per cambiare la forma della cellula = pseudopodi (interviene citoscheletro). Per digerire
quello da eliminare la vescicola viene direzionata ai lisosomi;
• pinocitosi: è la formazione di una introflessione che porta all’interno gocce di fluido che si
trovano all’esterno della cellula con formazione di vescicola. È un trasporto aspecifico di
sostanze, vengono anche fatti per compensare una esocitosi attiva;
• endocitosi mediata da recettori: è la formazione di una vescicola con recettori=proteine che
legano in modo specifico una sostanza. È il trasporto specifico di una sostanza poco
concentrata. Dal momento che i recettori sono anche strutture più vicine per rendere efficiente
il sistema, sotto ai recettori vi è un rivestimento detto clatrina (per irrobustire la membrana e
definire la direzione delle sostanze all’interno);

5. LISOSOMA → tutte le sostanze che entrano nella cellula e che devono essere demolite sono
destinate al lisosoma. Il lisosoma è un organulo con una struttura sferica, sono in numero
variabile che dipende dal bisogno della cellula (in media 300). Hanno una singola membrana che la
circonda e hanno la principale funzione di digerire le sostanze.
Per digerire una sostanza il lisosoma deve “rompere”
i legami fra le molecole, per fare ciò al suo interno è
necessario che abbia degli enzimi specifici=idrolasi
acide (nucleasi, lipasi, proteasi, glicosidasi, fosfatasi,
solfatasi, fosfolipasi…). Si dicono acide poiché
lavorano solo in ambiente acido, si attivano con
pH<7, quindi con una maggiore concentrazione di H+
rispetto al compartimento citosolico dove il pH è circa neutro (pH=7,2).
Il meccanismo che permette il passaggio degli ioni attraverso la membrana è il trasporto attivo. I
lisosomi hanno sulla loro membrana una grande quantità di pompe protoniche, cioè trasportatori
attivi=proteine carrier che portano ioni H+ contro gradiente, per fare in modo che il pH sia circa
uguale a 5. Il pH ha un’acidità tale da attivare determinati enzimi digestivi. Ciò comporta che se si
dovesse rompere un lisosoma gli enzimi digestivi nel citosol non si attivano, perché incontrano un
pH basico. La presenza di questo pH acido che attiva gli enzimi fa sì che dentro al lisosoma venga
digerita anche la membrana del lisosoma; infatti, all’interno del lisosoma vi è un rivestimento di
glucidi per proteggere il lisosoma da un’autodigestione. Il lisosoma ha il compito di digerire le
molecole rompendo i legami per permettere il riciclo di esse.
Il lisosoma si costruisce grazie a proteine o
glicoproteine che subiscono le maturazioni tipiche del
reticolo liscio e ruvido e dell’apparato di Golgi. Il Golgi
dalla faccia trans libera delle vescicole per permettere
loro di compiere l’esocitosi, ma libera anche vescicole
per rifornire il lisosoma dei suoi enzimi e
glicoproteine.

Il lisosoma può avere anche un altro modo per formarsi e mantenersi. Infatti, nel momento di
bisogno si forma l’endosoma. L’endosoma precoce è la vescicola che si forma a seguito di
un’endocitosi e contiene sostanze da digerire. Esso può diventare lisosoma se riceve dall’apparato di
Golgi gli enzimi digestivi e sviluppare la capacità di portare all’interno ioni H+. Nel momento in cui
l’endocitosi diventa fagocitosi si parla di fagosoma.
Una ricerca recente ha mostrato che nella cellula esistono degli organuli circondati da due
membrane che dopo qualche tempo “scomparivano”. La cellula ha sviluppato un sistema per digerire
i propri organuli quando non c’è più bisogno di essi (quando sono danneggiati o quando sono in
quantità troppo elevate). Questo meccanismo si chiama autofagia, cioè autodemolizione e l’organulo
è chiamato autofagosoma= è una vescicola formata e circondata dal reticolo liscio che contiene la
parte cellulare da demolire. Per essere demolito completamente, l’autofagosoma si deve fondere con
il lisosoma.
La cellula vive in un bilanciamento costante di sintesi-demolizione.
Una scoperta recente ha notato che nei liquidi extracellulari esistono delle microvescicole che si
trovano all’esterno della cellula. Queste microvescicole sono di diverse dimensioni, possiamo trovare
una suddivisione di questi organelli in base alla loro grandezza:
-grandi (0,1-2 µm)
-piccole (30-100nm) = esosomi
La loro principale funzione è di entrare e comunicare con altre cellule (trasporto di molecole
racchiusa da una vescicola). Per entrare utilizza diversi metodi: per endocitosi, oppure si lega a
recettori che entrano mediante endocitosi o per fusione della membrana della vescicola a quella
della cellula. Gli esosomi possono trasportare, oltre a proteine, glucidi e lipidi, anche acidi nucleici.
È per questo che si possono trovare all’interno molecole di RNA.

6. PEROSSISOMI→ i perossisomi hanno una struttura simile ai lisosomi, sono per lo più sferici e
hanno un diametro medio di 0,5 m. Anch’essi si formano e si demoliscono in base alla presenza.
Sono degli organuli presenti in tutte le cellule, ma in particolar modo nelle cellule del fegato e nel
rene. Si formano a partire dal reticolo endoplasmatico liscio e sono capaci di aumentare di
dimensioni o di dividersi a metà. La loro capacità di aumentare di numero è data dalla loro
capacità di crescere e di scindersi.
Ci sono diverse reazioni biochimiche, che sono utilizzate dalla cellula per smaltire delle sostanze
tossiche o estranee, che per rendere queste sostanze utilizzabili devono eliminare come prodotto
di scarto il perossido di idrogeno (H2O2, acqua ossigenata). Questi composti attraverso dei
percorsi di ossidazione, grazie a degli enzimi chiamati ossidasi, danno come prodotto di scarto
l’ossigeno e il perossido di idrogeno. L’acqua ossigenata è una molecola reattiva e tossica, ed è
necessario che la molecola diventi innocua. Ci sono degli enzimi specifici chiamata catalasi che
scindono in acqua e ossigeno. Il perossisoma è un organulo deputato a rendere innocuo il
perossido di idrogeno, grazie alla presenza all’interno dell’organulo di catalasi.
reazione 2H2O2 →O2 +2H2O

7. MITOCONDRI→ il mitocondrio nasce per endosimbiosi e


ha una forma e dimensione variabile (1-10 m). Presenta
due membrane, una interna e una esterna. La membrana
interna è ripiegata in creste mitocondriali, ciò comporta
che ci sia una maggior superficie che svolge la sua
funzione principale (sintesi di ATP). Mentre, la membrana
esterna è molto diversa rispetto a quella interna, poiché è
una membrana molto permeabile, con una grande quantità di porine che permette lo scambio di
sostanze con il citosol. Fra le due membrane lo spazio è molto simile al citosol ed è chiamato
spazio intermembrana. Mentre dentro la membrana interna vi è una matrice mitocondriale ed
ha delle caratteristiche specifiche. All’interno della matrice troviamo il DNA mitocondriale, di
origine batterica, numerosi ribosomi liberi e molti enzimi necessari per catalizzare le reazioni che
avvengono all’interno. Qui avviene anche una trascrizione e traduzione per sintetizzare proteine
specifiche del mitocondrio, ma la maggior parte di proteine vengono sintetizzate e importate dal
citosol grazie ad una sequenza segnale.
I mitocondri sono gli organuli in cui l’energia chimica contenuta negli alimenti, come gli zuccheri,
viene convertita nell’energia chimica di ATP. Questo processo prende il nome di respirazione
cellulare. La funzione del mitocondrio (=la sintesi dell’ATP), avviene grazie ad una serie di reazioni
che avvengono grazie ad enzimi che si posizionano sulla membrana interna del mitocondrio. Il
mitocondrio è capace di dividersi nel momento del bisogno.

L’ossidazione del glucosio e degli acidi grassi libera degli


elettroni. Nella membrana interna dei mitocondri vi
sono delle proteine (che formano la catena di trasporto
degli elettroni) che gestiscono gli elettroni provenienti
dalla demolizione del glucosio e degli acidi grassi.
Le proteine sfruttano il passaggio di questi elettroni per
spingere gli ioni H+ dalla matrice mitocondriale fino allo
spazio intramembrana generando un potenziale.
Il gradiente protonico fa sì che gli ioni H+ tendano a spostarsi spontaneamente dalla parte
intramembrana verso la matrice mitocondriale con un’energia potenziale data dal gradiente.
Questa energia viene sfruttata dalla proteina ATP sintasi per unire ADP e un gruppo fosfato
e formare l’ATP. Gli ioni alla fine della loro catena di trasporto devono essere incanalati in una
molecola d’acqua.
8. CITOSCHELETRO→ Il citoscheletro è costituito da
un fitto intreccio di filamenti che irrobustiscono la
cellula conferendole resistenza meccanica,
determinando una forma, controllando gli
spostamenti dei cromosomi e permettendo i
movimenti cellulari. È costituito da proteine e da
filamenti di diverse dimensioni. Possiamo
riconoscere:
-microfilamenti di actina (sono i più sottili, hanno un diametro di 7-9nm),
-filamenti intermedi (hanno un diametro intermedio 10 nm),
-microtuboli (più spessi 24nm).

MICROFILAMENTI DI ACTINA
I microfilamenti sono filamenti di actina, una proteina coinvolta anche nella contrazione muscolare.
I microfilamenti sono fibre flessibili e solide di diametro di circa 6-7nm e costituiti da due siringhe
intrecciate. Essi sono coinvolti nei processi di movimento, permettono gli spostamenti degli organuli
all’interno della cellula e la formazione di pseudopodi (estroflessioni che consentono la fagocitosi). I
filamenti di actina si legano l'un l'altro e ad altre proteine per formare fasci di fibre che conferiscono
il supporto meccanico a diverse strutture cellulari.
Il monomero è chiamato G-actina e ha la capacità di legare una molecola di ATP. Questa capacità
conferisce alla molecola una polarità e una direzione. Il polimero è chiamato F-actina.
L’idrolisi dell’ATP serve per stabilizzare la struttura del filamento. Inoltre, il filamento è detto
dinamico, poiché non mantiene sempre una lunghezza fissa, ma può polimerizzarsi o
depolimerizzarsi in entrambe le direzioni (sia all’estremità +, sia all’estremità -). La differenza si nota
nella velocità di reazione, in quanto all’estremità + ha una velocità di polimerizzazione di circa 5-10
volte maggiore.

formazione di un filamento di actina


Nel momento in cui la cellula ha bisogno di formare il citoscheletro (ad esempio per formare gli
pseudopodi) sintetizza dei monomeri di actina e li assembla.
• prima fase → nucleazione: dove avviene l’incontro dei primi
monomeri di actina che iniziano ad unirsi;
• seconda fase → allungamento: dove il filamento continua ad
aggiungere monomeri, avviene la polimerizzazione in entrambe le
direzioni;
• terza fase → stazionaria: dove il filamento non accresce in numero di
monomeri, poiché si aggiungono e staccano monomeri in
proporzione. La fase stazionaria si raggiunge nel momento in cui la
concentrazione critica è in equilibrio = concentrazione di monomeri
liberi che fa sì che i monomeri nel filamento siano in equilibrio.
Quando ho una concentrazione critica minore della concentrazione il
filamento rimane costante e tenderà a polimerizzarsi, al contrario il
filamento depolimerizza.
L’estremità + polimerizza 5 o 10 volte più velocemente dell’estremità -, quindi nonostante entrambe
le estremità abbiano la capacità di polimerizzare, nella fase stazionaria l’estremità + polimerizza
completamente, mentre l’estremità – depolimerizza. Questo fenomeno è chiamato treadmilling.

L’actina proprio per la sua instabilità e per il fatto che è formata da monomeri, è coadiuvata da molti
tipi di proteine:
- proteine di frammentazione: tutto il citoscheletro, oltre ai filamenti di base, è costituito da
proteine accessorie che aiutano il citoscheletro nella gestione della struttura. Queste proteine si
infilano in un filamento e lo separano quando ho bisogno di frammentare dei filamenti;
- proteine incappuccianti: si attaccano o da una parte o dall’altra del filamento e bloccano la
polimerizzazione e depolimerizzazione;
-proteine accessorie: legano un filamento con l’altro
Vi sono delle regioni dove ci sono tutti i filamenti paralleli o altri in reti. Queste disposizioni sono
tenute insieme
È possibile avere un’organizzazione spaziale dei filamenti grazie alla presenza di altre proteine
accessorie = proteine di legame.

La disposizione dei filamenti di actina può essere a fasci o a rete intrecciati. La struttura a fasci la
possiamo trovare nei microvilli, sono delle estroflessioni che si rivolgono verso il lume intestinale e
servono per l’assorbimento degli zuccheri dei nutrienti. I microvilli nel momento in cui si formano,
polimerizzano e spingono la propria forma verso l’esterno, avranno i filamenti con estremità +
all’esterno. La struttura a rete ha la funzione di sostegno della cellula, ancorando il citoscheletro alle
proteine della membrana plasmatica.

CELLULA MUSCOLARE
La cellula muscolare può essere di tre tipi: scheletrica, cardiaca o liscia. Le cellule del muscolo
scheletrico sono i miociti, chiamati anche fibre muscolari. Sono lunghe cellule cilindriche fusiformi
con lunghezza variabile da pochi mm a diversi cm. Le cellule sono polinucleate, contengono cioè
numerosi nuclei, in quanto ogni fibra deriva dalla fusione di numerose cellule indifferenziate durante
la fase di sviluppo.
Le fibre muscolari sono racchiuse da una membrana cellulare chiamata sarcolemma, che delimita il
citoplasma, detto sarcoplasma, il quale è riempito quasi completamente dalle miofibrille, che
rappresentano l’apparato contrattile della cellula. Le miofibrille sono strutture proteiche cilindriche e
allungate disposte in modo ordinato parallelamente all’asse di contrazione della fibra. Viste al
microscopio mostrano un’alternanza regolare di bande chiare e bande scure, che costituiscono la
tipica struttura striata. Le miofibrille sono composte dal ripetersi di unità di base detto sarcomero.
Nel poco citoplasma non occupato dalle miofibrille sono addensati gli organuli e le altre strutture
cellulari. I nuclei sono posti in posizione periferica, immediatamente sotto al sarcolemma e
protrudono verso l’esterno. Inoltre, vi sono numerosi mitocondri che possono trovarsi sotto la
membrana o in mezzo alle miofibrille a stretto contatto con i sarcomeri. All’interno delle cellule sono
presenti due sistemi di membrana altamente specializzati: il reticolo sarcoplasmatico e il sistema dei
tubuli T.
Il reticolo sarcoplasmatico forma dei tubuli longitudinali paralleli alle miofibrille che confluiscono e si
allargano nelle cisterne terminali, la cui funzione è quella di liberare ioni Ca 2+ nel citoplasma durante
la contrazione e di riassorbirlo nel rilassamento.

Il sarcomero è delimitato da due linee Z. Nei pressi delle linee Z vi sono delle zone chiare, banda I,
mentre la parte centrale del sarcomero è occupata da una banda scura, banda A, la quale ha al centro
una zona leggermente più chiara, banda H, a metà della quale si nota una linea scura, linea M.
Questa struttura è dovuta alla particolare disposizione regolare dei filamenti proteici che la
compongono. I filamenti sottili, formati principalmente da actina, sono ancorati alla linea Z e si
estendono verso la fine del sarcomero. I filamenti sottili sono costituiti da proteine:
- actina, il filamento principale
- tropomiosina
- troponine, piccole proteine globulari che si dividono in tre tipi: troponina I (inibitoria), troponina C
(lega il calcio) e la troponina T (lega la tropomiosina).

Mentre i filamenti spessi, costituiti per la maggior parte da miosina di tipo II, sono posti
centralmente nel sarcomero ancorati al
centro della linea M.
I filamenti si sovrappongono nelle zone
più scure della banda A, mentre nella
banda I ci sono solo filamenti sottili e
nella banda H solo filamenti spessi. Le
miosine si dispongono con le code
verso l’interno, in modo che la zona
centrale sia costituita tutta di
code. Mentre sull’estremità sporgono le
teste, in modo che ci sia una regione
ampia di teste sporgenti e sono quelle
che permettono all’actina di muoversi.
Il sarcomero, oltre ad essere formato da queste proteine, è formato da proteine accessorie. La prima
è attaccata da una proteina alle linee Z e si chiama T-tina, essa serve per agganciare i filamenti
spessi alle linee Z per evitare che si strappino durante gli stiramenti muscolare. Un’altra proteina è
la tropomodulina è una proteina incappucciante.
Per bloccare la polimerizzazione, è importantissimo che i filamenti di actina nel sarcomero abbiano
una lunghezza definita. Da una parte si agganciano alla linea Z e dall’altra parte hanno una proteina
incappucciante chiamata tropomodulina che evita di polimerizzarsi e depolimerizzarsi.

La cellula muscolare è la cellula che per genera degli impulsi meccanici che devono essere attutiti
sulla membrana, grazie ad una proteina intermedia chiamata distrofina.
Le cellule muscolari a seguito di un intenso sforzo fisico producono delle microlesioni e mettono in
atto una rigenerazione = maggiore produzione dei fasci: ipertrofia muscolare. È proprio la distrofina
che attutisce lo stress meccanico, affinché queste microlesioni abbiano il tempo di essere riparate.
Nella distrofia muscolare si hanno delle mutazioni a livello del gene, una mutazione della distrofina,
che quindi genera una proteina sbagliata. Una persona affetta da distrofia muscolare, ma non riesce
a riparare tutte le microlesioni che si formano, per la mancanza di distrofina o per l’inefficienza della
distrofina.

Il movimento cellulare viene generato con due meccanismi:


1. capacità di assemblaggio e disassemblaggio dei filamenti (polimerizzazione/depolimerizzazione)
2. motori proteici

L’actina è in grado di generare movimento anche mediante i motori proteici. Il motore proteico
dell’actina è la miosina, proteina che è in grado di generare movimento (actina è il filamento del
citoscheletro e la miosina e la miosina è la proteina che funge da motore.
Esistono diversi tipi di miosine specializzate per le diverse funzioni cellulari. La struttura è molto
simile l’una dalle altre, hanno:
• una testa (o due) globulare,
• un collo che è una regione piccola e molto mobile ad -elica;
• una coda allungata.

La proteina ha una direzione NH2-COOH. La testa si trova dalla parte aminoterminale, mentre la
coda dalla parte carbossiterminale. La testa ha due funzioni: legare l’ATP per generare il movimento,
ma ha anche un sito di legame specifico per l’actina. Il collo è costituito da catene leggere e
proteiche che permettono di essere molto mobili. La coda è capace di legare strutture diverse, ha
un’attività specifica per ogni contesto.

La miosina è un motore proteico capace di utilizzare l’energia liberata dall’idrolisi di ATP


per generare movimento sull’actina con un processo ciclico che dura 50 millisecondi.
L’energia necessaria per far contrarre i muscoli proviene dall’ATP.
a) Nel momento in cui la testa della miosina si lega ad una molecola di ATP, esso si idrolizza in
ADP + fosfato, liberando energia necessaria per estendere la testa verso il filamento sottile di
actina.
b) La testa della miosina si protende ulteriormente (assume una conformazione per cui si va a
legare in un punto spostato verso l’estremità +) per legarsi al sito specifico presente su una
molecola di actina.
c) Una volta formato il legame, l’ADP e il fosfato vengono liberati e la testa della miosina ruota
all’indietro verso la propria configurazione a bassa energia = colpo di potenza. Questa azione
spinge il filamento sottile verso il centro del sarcomero. Tale configurazione si mantiene
finché un’altra molecola di ATP si lega alla testa della molecola di miosina.
funzioni dei microfilamenti di actina:
→ funzione strutturale, è data dalla disposizione a rete sotto la membrana che si agganciano
alla membrana stessa.
→ capacità di movimento, le cellule si muovono continuamente e in modo differente fra loro. Vi
sono cellule che producono solamente piccole vibrazioni, oppure cellule che migrano. Un
esempio sono i neuroni, che devono modificarsi quando i loro prolungamenti si devono
agganciare ad una cellula o un’altra. Un altro esempio sono le cellule del sangue (più
specificamente i neutrofili), che rotolano nei vasi sanguigni e quando una di queste cellule
avverte un sito infiammatorio, si appoggia al vaso e si infila tra le cellule.

I passaggi per la MIGRAZIONE delle cellule cominciano con l’emissione di protrusioni chiamati
lamellipodi o filopodi. La formazione di questi filopodi è dovuta all’actina che polimerizzando induce
un cambiamento di forma e una formazione di un piede che va verso avanti.

Nel secondo step delle proteine chiamate integrine legano il substrato. Sono delle proteine
transmembrana che si attaccano a quello che si trova fuori dalla cellula. Il substrato può essere
rappresentato da cellule o da matrice cellulare.

Il terzo step è il corpo cellulare che si sposta in avanti e si ha per una sorta di contrazione del corpo
dove intervengono l’actina e la miosina. L’avanzamento del corpo cellulare si ha per un meccanismo
per contrazione, quindi l’actina non agisce per polimerizzazione, ma agisce con il suo motore
proteico → la miosina.

Il quarto step è lo staccamento dell’adesione posteriore, quindi le integrine che si trovavano dietro si
staccano e si tengono quelle davanti. Il movimento delle cellule è guidato dall’actina.

→ Anche i batteri sfruttano l’actina quando si devono muovere dentro le nostre cellule. I batteri
sono capaci di produrre una proteina che richiama i monomeri di actina e sfrutta la nostra
capacità di formare questi polimeri di actina per farsi spingere dentro alla cellula.

→ L’actina svolge un ruolo molto importante per la formazione di giunzioni cellulari specifiche,
che si chiamano giunzioni aderenti e serve a due cellule per rimanere attaccate. Le giunzioni
aderenti hanno una struttura molto simile alle reti. Vi sono i filamenti di actina dentro le due
cellule che si devono legare, e ciò avviene attraverso una proteina di congiunzione alle
proteine transmembrana (caderine). Questi tipi di giunzioni rendono il tessuto molto plastico.

→ Un’altra funzione fondamentale dell’actina è svolta durante la divisione cellulare. L’actina, in


questo caso, agisce insieme alla miosina e tutte le volte che una cellula si deve dividere in due
cellule, deve formare un anello contrattile che strozza la cellula al centro fino a quando non si
separare in due cellule figlie.
Questo anello contrattile è formato da actina e miosina in una vera e propria contrazione.
Quando una cellula si deve separare in due cellule figlie esegue un processo
chiamato citodieresi o citocinesi che non è altro che la strozzatura della cellula al suo centro
fino a separare le due cellule.

→ Inoltre, il citoscheletro fa da binari per le vescicole, ed esse camminano su di esso grazie al


motore proteico. Le teste della miosina camminano sui binari di actina e la coda della miosina
si ancora alla vescicola.
CONTRAZIONE MUSCOLARE (muscolo scheletrico)
Un muscolo è formato da fasci di fibre muscolari paralleli tra loro e immersi in una matrice
extracellulare, attraversata da nervi e vasi sanguigni.
Attraverso i nervi arriva l’impulso nervoso che causa la contrazione coordinata dei miociti. Ciascuna
fibra viene in contatto con le terminazioni nervose provenienti da un motoneurone attraverso una
giunzione neuromuscolare, analoga alla sinapsi.
I vasi sanguigni, invece, formano una fitta rete di capillare che arriva a circondare ogni singola fibra,
garantendo l’apporto di ossigeno, sostanze nutrienti e ormoni.
I sarcomeri non possono contrarsi in modo autonomo, ma occorre un segnale emesso dal sistema
nervoso centrale e trasportati dai motoneuroni. L’assone di un motoneurone si divide in terminali
sinaptici che si avvicinano al sarcolemma della fibra muscolare, che è elettricamente eccitabile, e
formano con esso una giunzione neuromuscolare. Il sarcolemma si estende all’interno della fibra
muscolare, penetrando in profondità e formando pieghe trasversali chiamati tubuli T. Grazie ai tubuli
T, il potenziale d’azione che arriva alla fibra muscolare può diffondersi nell’intero volume della
cellula. Quando il potenziale d’azione raggiunge i terminali sinaptici sulla fibra muscolare, questi
liberano il neurotrasmettitore acetilcolina, che determina la depolarizzazione del sarcolemma,
generando potenziali d’azione che attraversano tutta la cellula. I tubuli T sono in stretto contatto
con il reticolo sarcoplasmatico, il potenziale d’azione determina l’apertura dei canali ionici nel
reticolo, inducendolo a rilasciare nel citoplasma ioni Ca 2+.
Quando una fibra muscolare è a riposo, i siti di legame per la miosina, che si trovano sulle molecole
di actina nei filamenti sottili, sono bloccati da due proteine regolatrici, la troponina e a tropomiosina.
Unendosi alla troponina, gli ioni Ca2+ rilasciati dal reticolo sarcoplasmatico determinano lo
spostamento della tropomiosina dai siti di legame per la miosina, consentendo il legame miosina-
actina.
Quando il potenziale d’azione cessa di propagarsi dai motoneuroni alle fibre muscolari, il reticolo
sarcoplasmatico riassorbe gli ioni Ca 2+, i siti di legame sulle molecole di actina vengono nuovamente
bloccati, i sarcomeri smettono di contrarsi e il muscolo si rilassa.
La velocità di contrazione è di circa centinaia di nanometri in 1 millisecondo.

contrazione a livello della giunzione


Il segnale che arriva dal sistema nervoso e percorre tutto il neurone è un segnale elettrico e si
chiama potenziale d’azione e percorre tutto il neurone. I neuroni sono delle cellule che hanno i
prolungamenti che portano al neurone l'informazione. Inoltre, ogni neurone ha un assone che porta
l’informazione fuori dal neurone.
Il potenziale d'azione permette di mantenere una differenza di concentrazione ionica da una parte e
dall'altra della membrana, nel momento in cui mando il segnale, apro il canale e il segnale è
immediato (secondo gradiente), poiché la cellula tende ad arrivare ad uno stato di equilibrio = la
membrana si depolarizza. Questo processo viene chiamato depolarizzazione e rappresenta il
segnale elettrico (potenziale d’azione).

La depolarizzazione (potenziale d'azione) serve alla terminazione nervosa a rilasciare il


neurotrasmettitore grazie a vescicole per esocitosi. Queste vescicole che sono prodotte dal
motoneurone rimangono ferme alla fine della terminazione nervosa fino a quando non arriva un
segnale elettrico= esocitosi regolata da segnale elettrico.
Il rilascio del neurotrasmettitore acetilcolina avviene mediante esocitosi regolata. L’acetilcolina è
una molecola racchiusa in una vescicola (trasportata dall’apparato di Golgi), che grazie all'esocitosi
viene portata fuori.
L’acetilcolina si lega ai canali (proteine canali) del sodio sul sarcolemma, cioè sulla membrana
plasmatica della fibra muscolare. Essa regola i canali del sodio e permette la loro apertura, come un
interruttore.
Se i canali si aprono, il sodio si trasferisce all'interno della cellula, andando verso un equilibrio e
depolarizzando la membrana della fibra muscolare. Il potenziale d'azione si trasmette attraverso
tutta la fibra cellulare.
La depolarizzazione sul sarcolemma si trasmette in tutta la membrana e arriva anche nei tubuli T
(regioni a contatto con il reticolo sarcoplasmatico). In questa regione, la depolarizzazione induce nel
reticolo un'apertura dei canali per il calcio.
Il calcio esce dal reticolo sarcoplasmatico, si posiziona all’interno della fibra muscolare e si lega alla
troponina C.
Prima che arrivi il calcio (e quindi un impulso) actina e miosina non si possono legare poiché sul sito
di attacco vi è la tropomiosina.
Dopo l’arrivo del calcio che si lega alla troponina C e modifica la conformazione del filamento sottile.
Questo cambio di conformazione arriva anche alla tropomiosina, che si sposta per far sì che miosina
e actina si leghino. Senza il calcio non si ha contrazione.

muscolo cardiaco e muscolo liscio


Il muscolo cardiaco, involontario e striato si contrae 40 milioni di vote all'anno. La differenza fra il
cardiaco e lo scheletrico è che le cellule muscolare cardiache sono singole (mononucleate), invece la
cellula scheletrica è un sincizio. Dunque, la depolarizzazione della cellula non può essere trasmessa
come nella fibra muscolare liscia lungo una distanza così ampia. Le cellule riescono a mettersi in
comunicazione tra loro attraverso un nuovo tipo di giunzioni: giunzioni comunicanti.

Le giunzioni comunicanti sono come dei grandi pori (connessoni) in


corrispondenza delle due cellule vicine, in modo da creare un unico
canale tra una cellula e l’altra. Esse uniscono le cellule da un punto di
vista chimico = per permettere la trasmissione della depolarizzazione
in modo rapido. Le giunzioni sono formanti da due connessoni e ogni
connessone è formato da sei proteine transmembrana chiamate
connessine.

Al contrario il muscolo liscio è involontario e non striato e actina e


miosina sono disposte non in modo ordinato, ma libere nel
citoplasma, non sono organizzate in sarcomeri.
Dal momento che queste cellule hanno una contrazione disorganizzata e più lenta, sono aiutate nel
loro meccanismo di contrazione da filamenti che si chiamano filamenti di desmina e vimentina.
Anche il muscolo liscio ha delle giunzioni comunicanti che mettono in continuità elettrica le cellule
proprio per ricevere il segnale elettrico = l'impulso nervoso o segnale ormonale.

La miosina è tutta ripiegata e per funzionare le miosine nel citosol devono distendersi. Si distendono
solo quando arriva un segnale dall'esterno = calcio.
Dunque, esso non è racchiuso in una cisterna come il reticolo sarcoplasmatico, ma dev'essere
richiamato dall'esterno. Quando è dentro la cellula si lega ad un'altra proteina che si chiama
calmodulina che attiva, insieme al calcio, un enzima = CHINASI, che aggiungono un fosfato alla
miosina e solo quando si distende può funzionare → avviene la contrazione.
MICROTUBULI
I microtubuli sono gli ultimi componenti del citoscheletro. Essi hanno un diametro di 25nm e hanno
la forma di un vero e proprio tubo.
Hanno doppia funzione, come l’actina: sia di struttura che movimento. Il microtubulo un polimero,
non di un unico monomero, ma di un DIMERO di tubulina (tubulina α e tubulina β).
Anche i dimeri legano un nucleotide: GTP. Uno di questi GTP è capace di idrolizzare in GTP+fosfato,
come fa monomero di actina. Il polimero che ne consegue è un vero e proprio tubulo - ha
un’estremità che chiamiamo + e una - (proprio come l'actina). L'estremità + polimerizza di tre volte
più velocemente dell’estremità -.

Il meccanismo di polimerizzazione è quasi lo stesso rispetto all'actina → i dimeri si avvicinano, si


uniscono (come la nucleazione), si allungano, si forma il tubulo e si allungano fino alla fase di
equilibrio (in cui si ha una concentrazione critica di dimeri liberi, se la concentrazione diminuisce, il
filamento depolimerizza e viceversa). Come avviene nel trademilling.

La particolarità dei microtubuli è quella di possedere un punto in cui si formano e si dispongono a


raggiera nella cellula. Il centro in cui si formano è detto centrosoma. Nel centrosoma ci sono due
strutture perpendicolari gli uni agli altri chiamati centrioli. Essi sono il centro da cui si dipartono
questi microtubuli.
I microtubuli hanno una direzione, ovvero l’estremità + si trova verso l'esterno, mentre l’estremità -
verso il centrosoma (interno).
I microtubuli non si riescono ad organizzare senza delle proteine accessorie, chiamate PROTEINE
ASSOCIATE AI MICROTUBULI (MAP), che servono ad essi per organizzarsi nello spazio. Essi
permettono un’organizzazione spaziale andando a frammentarli, a bloccarli nella polimerizzazione e
depolimerizzazione o a unirli tra loro (come l’actina).

Quando abbiamo strutture molto delicate, come i prolungamenti dei neuroni, la struttura viene
tenuta salda da questi microtubuli che la percorrono. I microtubuli, oltre a mantenere una struttura
grazie alle proteine MAP, hanno una polarità coerente con la loro funzione. Nei neuroni, i
prolungamenti che portano l’informazione dentro il neurone chiamati dendriti, hanno i microtubuli
con una polarità mista + e -; mentre gli assoni (i prolungamenti che portano l’informazione fuori dal
neurone) hanno i microtubuli con una polarità che va dal – al +, verso l’esterno della cellula. Se una
proteina MAP dovesse mutarsi o danneggiarsi, i microtubuli perdono l’orientamento e il neurone
perde la capacità di inviare informazioni. (es. Alzheimer)
I motori proteici dei microtubuli sono due: chinesina e dineina sono formati
molto simili alla miosina. Hanno una testa, un collo e una coda. La testa lega
l'ATP e i microtubuli, la coda può legare
vescicole, proteine e organuli.
Dunque, questi motori nei microtubuli spostano organuli, vescicole e aggregati
proteici. I microtuboli diventano i binari per organuli e vescicole poiché hanno
sviluppato due motori proteici che si spostano in modo opposto: la chinesina si
sposta verso l’estremità + (fuori), mentre la dineina verso il – (verso il
centrosoma).

Inoltre, i microtubuli sbolgono un’importante funzione anche nella DIVISIONE CELLULARE.


Quando la cellula si divide, la cellula deve duplicare il suo DNA, sottoforma di cromosomi, in modo
che ad una cellula figlia arrivi un cromosoma e all’altra cellula un altro cromosoma. I cromosomi
durante la divisione cellulare si dispongono al centro della cellula. Il centrosoma si duplica e si
ottengono due centrosomi posti ai due poli della cellula. Dai due centrosomi si formano i
microtubuli.
Questa struttura formata da due centrosomi e tutti i microtubuli al centro della cellula è chiamata
fuso mitotico.
Quando i microtubuli arrivano al centro della cellula si agganciano ai cromosomi: inizia il
meccanismo di polimerizzazione. Per portarli ai due poli della cellula depolimerizzano i microtubuli
che non si agganciano ai cromosomi, ma si agganciano al centro della cellula->servono per spingere i
due poli della cellula per allungarla.
Quindi, alcuni microtubuli si attaccano ai cromosomi per tirarli verso i due poli, altri microtubuli si
incontrano al centro della cellula per allungarla e per poi strozzarla al centro.

L’ultima funzione dei microtubuli è quella di permettere il movimento anche a


CIGLIA E FLAGELLI.
Le ciglia e i flagelli pur avendo una struttura e un tipo di movimento diverso e
pur essendo presenti in cellule diverse, hanno la stessa struttura di microtubuli
= assonema (questa gli consente il movimento). La struttura dell'assonema è
una struttura 9+2, dove il 9 si riferisce alle coppie di microtubuli che si trovano
attorno e 2 microtubuli staccati al centro.
Queste coppie di microtubuli si agganciano al centro dell’assonema mediante
dei raggi e si agganciano tra loro grazie a delle proteine chiamate nexine. Le
braccia di dineina sono il motore proteico che permette il movimento delle
ciglia o del flagello. Nella struttura dell’assonema il motore proteico genera un
movimento sui microtubuli, in modo che l’assonema vada a compiere un
movimento ondulatorio che può fare solo perché tutte le coppie di microtubuli
sono strettamente collegate al centro e fra di loro. Si genera un movimento
ondulatorio.
FILAMENTI INTERMEDI
I filamenti intermedi sono l’ultima categoria del citoscheletro non
deputata al movimento. I filamenti intermedi hanno funzione di
resistenza meccanica e strutturale. Essi vengono chiamati intermedi,
poiché le loro dimensioni sono intermedie fra i microtubuli e i
microfilamenti, di circa 10nm. Sono caratteristici degli organismi
pluricellulari e hanno una distribuzione ampliata su tutta la cellula.
Sono strutture filamentose e allungate, prive di polarità.

I filamenti intermedi sono costituiti da diversi tipi di proteine (più di


cinquanta) specifiche per i singoli tessuti. Sono così resistenti che la
specificità viene trasmessa anche durante una differenziazione cellulare. Le proteine associate ai
filamenti intermedi (IPAF) sono proteine che aiutano i filamenti a connettersi con il resto della
cellula, in particolarità con il citoscheletro.

I filamenti sono classificati in sei classi:


➢ prima classe e seconda classe: racchiudono le CHERATINE (occupano due classi poiché sono
molto abbondanti). Troviamo le cheratine basiche e quelle acide.
Le cheratine sono i filamenti intermedi dei cheratinociti = le cellule che formano l’epidermide
umana. La cheratina è una proteina molto resistente che forma i capelli, le unghie, i peli…
L’epidermolite bollosa semplice è una mutazione del gene della cheratina che rende il filamento
debole o inattivo.

I filamenti intermedi formano delle giunzioni ancoranti che


tengono salde due cellule tra loro oppure una cellula alla matrice
extracellulare. La giunzione ancorante che unisce due cellule è
detta DESMOSOMA e ha una struttura simile alle giunzioni
comunicanti. All’interno delle due cellule il citoscheletro si
attacca alle proteine di congiunzione che anch’esse si uniscono
a delle proteine transmembrana chiamate caderine. Gli
emidesmosomi sono delle giunzioni che avvengono fra la cellula
e la matrice extracellulare.

➢ La terza classe è costituita dai filamenti che si trovano nelle cellule muscolari. In particolare,
vimentina è un filamento intermedio delle cellule muscolari lisce e la desmina è il filamento
intermedio delle cellule muscolari striate che stabilisce la struttura del sarcomero,
agganciandosi alle linee Z.
➢ La quarta classe è composta da filamenti intermedi presenti nei neuroni = neurofilamenti. I
neurofilamenti consentono, assieme ai microtuboli, di mantenere una forma e una direzione
neuronale.
➢ La quinta classe riguarda le lamine nucleari, dei filamenti che permettono al nucleo di non
collassare.
➢ Nella sesta classe sono stati racchiusi tutti i filamenti intermedi con una forma diversa dalle
altre (a collana di perle). Sono stati trovati nel ristallino dell’occhio o nell’embrione durante lo
sviluppo.
Le giunzioni cellulari
Le adesioni cellulari avvengono tra le proteine transmembrana quando due cellule si legano fra loro,
è un contatto che prevede dei legami, ma è un’unione transitoria, mentre la giunzione è una
struttura che unisce in maniera più forte due cellule.
Le adesioni cellulari sono dovute a legami transitori fra le proteine transmembrana o glicoproteine
transmembrana di due cellule vicine. Le interazioni possono essere date da due proteine uguali =
omofile, oppure da proteine transmembrana diverse = eterotrofe, oppure mediate da proteine
intermedie. Le interazioni possono avvenire quando due cellule devono comunicare o riconoscersi.
es. globuli bianchi rotolano nei vasi sanguigni, formando brevi interazioni per capire se vi è
un’infiammazione per poi aderire al vaso.

Le giunzioni cellulari sono di tre tipi:


• giunzioni occludenti (tight junction)
• giunzioni ancoranti, aderenti, desmosomi, emidesmosomi. viste con i microtubuli
• giunzioni comunicanti, gap junction, sinapsi chimiche. viste nei microfilamenti

Le giunzioni occludenti permettono una strettissima connessione tra le membrane di cellule vicine e
hanno il compito di chiudere il passaggio fra di esse.

Le comunicazioni cellulari
La comunicazione cellulare è quell’insieme di eventi che fanno sì che due cellule comunichino tra
loro chimicamente, attraverso delle molecole.
Ogni cellula per svolgere tutti i compiti deve ricevere costantemente dei SEGNALI.
Come prima cosa la cellula deve PRODURRE UN SEGNALE (es. una proteina deve essere
sintetizzata, spedita al Golgi e al reticolo e poi uscire per esocitosi). Il segnale deve essere poi
trasportato ed entrare nella cellula bersaglio.
Il segnale può entrare nella cellula bersaglio attraverso la membrana (apolari, idrofobici e piccoli)
oppure mediante un recettore. Il recettore si lega al segnale e innesca una serie di eventi che si
innescano nella cellula = trasduzione del segnale.
La comunicazione cellulare può essere classificata in base alla distanza fra la cellula che produce il
segnale o la cellula bersaglio:
• la comunicazione è definita ENDOCRINA quando le cellule sono troppo lontane, tanto che il segnale
arriva mediante il flusso ematico, attraverso i vasi sanguigni;
• la comunicazione è detta PARACRINA quando le due cellule si trovano vicine e il segnale può
passare attraverso il fluido extracellulare;
• la comunicazione è detta AUTOCRINA quando la stessa cellula produce il segnale e i recettori per
riceverlo (es. cellula che deve proliferare molto, produce fattori di crescita);
• la comunicazione NEURONALE o sinaptica che coinvolge i neuroni come produttore di segnale;
• la comunicazione è definita CONTATTO-DIPENDENTE quando il segnale non viene rilasciato, ma si
trova sulla membrana della cellula. Ciò implica che le due cellule devono necessariamente entrare
in contatto (es. rotolamento dei leucociti);
• la comunicazione INTRACRINA avviene quando il recettore si trova nel nucleo e il segnale deve
entrare nella cellula.

La cellula riceve molti segnali ed è capace di modularli in base al tipo di RECETTORE e in base al
tipo di cellula inducendo una risposta diversa. Lo stesso segnale in cellule diverse con recettori
diversi indice risposte diverse. Il recettore è una proteina o glicoproteina che è capace di legare un
recettore ligando con un’alta specificità, che deriva dalla forma. Essi si riconoscono per
complementarità di forma e quando ciò accade si legano, cambiando forma e inducendo una
trasduzione del segnale. I legami fra il segnale e il recettore non sono legami covalenti; quindi,
saranno legami deboli poiché l’interazione deve garantire una costante dissociazione.
I recettori sono di quattro tipi:
-intracellulare,
-a canale ionico,
-associato a proteina G,
-con attività enzimatica.

Il recettore intracellulare è un recettore che si trova dentro la cellula, più precisamente nel citosol o
nel nucleo; quindi, per essere attivato il ligando deve necessariamente attraversare la membrana
plasmatica. (es. ormoni steroidei). Il recettore appena entra in contatto con il ligando, cambia la sua
conformazione e si attiva.
La risposta indotta dal recettore attivato può essere di due tipi. Nel primo caso accende dei geni: il
recettore attivato diventa un fattore di trascrizione che si lega al promotore del gene e induce la
trascrizione. La seconda possibilità è che il recettore attivato si leghi ad un enzima, che a sua volta si
attiva per svolgere la sua funzione.

Il recettore a canale ionico è un canale ionico che si trova sulla membrana plasmatica. Esso ha un
sito di legame specifico per un ligando che permette una variazione di forma del recettore per far sì
che il canale si apra o si chiuda.

Il recettore associato ad una proteina G si trova sulla membrana plasmatica. Le proteine G sono dei
recettori che hanno una parte extracellulare che lega il segnale, una parte transmembrana per
ancorarsi alla membrana e una parte intracellulare che si affaccia dentro la cellula con un cambio di
conformazione. Prima di entrare nella cellula ci deve essere una molecola piccola non proteica che fa
da anello di congiunzione tra il recettore e il contenuto della membrana = secondo messaggero.
Dentro la cellula avviene la trasduzione del segnale → insieme di eventi che portano ad una risposta.

Il recettore è accoppiato ad una proteina G, una proteina capace di legare GTP o GDP. Il cambio di
conformazione è necessario per l’attivazione della proteina G che, nel momento in cui si attiva,
comincia a spostarsi e a sbattere contro un enzima sulla membrana, che si attiva anch’esso. Da qui
l’enzima inizia a produrre il secondo messaggero.

L’enzima che viene attivato sulla membrana può essere:


• l’adenilato ciclasi sintetizza un secondo messaggero, chiamato AMP ciclico = è il secondo
messaggero ed è la prima molecola che entra nella cellula. Esso è un nucleotide di ATP che ha
perso due gruppi fosfati. La presenza del AMP ciclico attiva dentro la cellula l’enzima chinasi →
proteina chinasi A.
• la fosfodilasi C sintetizza il deacilglicerolo oppure l’inositolo trifosfato.

Tutte le nostre ricezioni sensoriali, che noi percepiamo come immediate sono mediate da recettori
associate a proteine G. le risposte necessitano di decine di reazioni chimiche a catena molto veloci.
Infine, il recettore con attività enzimatica solitamente è una chinasi, cioè un enzima capace di
fosforilare. Dunque, il legame segnale-recettore fa si che da inattiva diventi attiva nel momento in
cui il ligando si lega.
Un esempio è il recettore accoppiato a tirocin chinasi, un enzima che fosforila a livello
dell’aminoacido tirosina. Il recettore quando non lega il segnale è separato, quando lega il segnale si
dimerizza cioè si ricompone. Solo quando le due parti sono ricomposte diventa attivo e può
fosforilare sé stesso = autofosforilasi, aggiunge gruppi fosfati al recettore stesso.
Il recettore autofosforilandosi fa si che nella parte interna del recettore stesso venga riconosciuto da
proteine citosoliche, per complementarità di forma, si legano e cambiano forma attivandosi e
producono una serie di risposte.

La RISPOSTA FINALE è data dalla trasduzione del segnale, che amplifica il segnale, poiché aumenta
il numero di molecole implicate. Inoltre, permette un maggior controllo. Esso può essere di due tipi:
- una risposta che attiva un enzima, per avere una risposta serve una trasduzione del segnale.
Questa è costituita da una serie di eventi a catena che vengono attivati da un enzima A, poi un
enzima B e poi C fino ad arrivare all’ultimo enzima che sarà colui che avvierà la risposta.
- una risposta che attiva un gene. A seguito di una trasduzione del segnale, un fattore di
trascrizione si lega al promotore del gene e induce la trascrizione.

L’ultima fase della comunicazione cellulare è lo SPEGNIMENTO DELLA RISPOSTA. Ad ogni step
della comunicazione è importante che il segnale non sia costante, per potersi regolare.

Il cariotipo umano
Il cariotipo di una cellula è il suo corredo cromosomico. La ploidia è l’assetto cromosomico che si
indica con la lettera ‘n’, esso rappresenta quanti cromosomi diversi abbiamo in ogni cellula = 23. Il
contenuto del DNA è indicato con la lettera C = 3,5 pg (= 10-12 g).
Le cellule che contengono un numero di cromosomi pari a n si chiamano cellule aploidi= le uniche
cellule nel nostro organismo con 23 cromosomi sono i gameti (cellula uova e spermatozoo). A
seguito della fecondazione, la cellula uovo e lo spermatozoo si uniscono e danno origine alla prima
cellula dell’organismo (zigote) che contiene un assetto cromosomico pari a 2n = 46 cromosomi. Lo
zigote è una cellula diploide.

I cromosomi di una cellula diploide si trovano a coppie, ricevute 23 dal padre e 23 dalla madre =
cromosomi omologhi.
Ogni cromosoma omologo è identico poiché contiene le stesse informazioni nelle stesse posizioni
(chiamati loci), ma hanno una specifica diversa dell’informazione. Tra un gene e l’altro vi possono
essere delle differenze che derivano da una diversa formazione di basi azotate.

I cromosomi sono visibili solo quando la cellula inizia la divisione (solo in quel caso il DNA si
compatta in cromosomi), mentre quando la cellula non è in divisione si dice che è in interfase.
Quando la cellula si deve dividere i 46 cromosomi rimangono tali, quello che cambia è il contenuto
del cromosoma che diventa da 2C a 4C.
I due filamenti di un cromosoma che derivano dalla duplicazione del DNA sono identici e vengono
chiamati cromatidi fratelli.
Per realizzare il cariotipo di un individuo, i biologi utilizzano di solito il DNA estratto dai linfociti
seguendo un determinato processo:
-scegliere un tipo cellulare specifico (linfociti, poiché è facilmente
reperibile);
-stimolazione alla divisione cellulare, in modo che si notino i
cromosomi;
-bloccare in metafase;
-inserire la cellula in soluzione ipotonica (meno concentrata) per
spezzare il nucleo;
Si ottiene una rappresentazione ordinata dei cromosomi, dal più
grande al più piccolo, che costituisce il cariotipo.

Il cromosoma più grande è il cromosoma 1, mentre il più piccolo è il cromosoma 21 (il 22 è


leggermente più grande). La ventitreesima coppia è il cromosoma sessuale (XX nella donna e XY
nell’uomo). X e Y sono i cromosomi sessuali molto diversi tra loro, la ventitreesima coppia maschile
non ha due cromosomi omologhi.

Il corredo cromosomico umano femminile è rappresentato con la formula 46, XX oppure 46, XY per
quello maschile.

forma del cromosoma


Il cromosoma è costituito da due cromatidi fratelli tenuti insieme in una regione chiamata
centromero. Si identificano due braccia del cromosoma: p e q. Il cromosoma è formato da telomeri,
le parti terminali. Il centromero ha una regione specifica in cui sono identificati dei cinetocori, a cui si
agganciano i microtubuli del fuso mitotico. Il centromero può essere o al centro = cromosoma
metacentrico; quindi, le braccia sono di uguale dimensioni, o più spostati = cromosoma
submetacentrico. Il cromosoma acrocentrico ha uno delle due braccia molto più piccola dell’altra e il
cromosoma telocentrico, quando il centromero si trova all’estremità su un telomero.

I cromosomi acrocentrici 13, 14, 15, 21, 22 contribuiscono a formare il nucleolo. Contengono
l’informazione per l’RNA ribosomiale.

Il cariotipo con 47 cromosomi si scrive 47, XXY sindrome di Klinefelter


Quella con 47, XY + 21 ha il cromosoma 21 doppio = trisomia 21

L’epigenetica
L’epigenetica è la modalità di espressione non codificata dal DNA, un’integrazione dell’espressione e
regolazione genica. Il DNA si organizza in nucleosomi, eucromatina, eterocromatina e cromosoma. Si
avvolgono per una maggiore protezione. La diversa compattazione del DNA va a modulare
l’accessibilità del DNA: più esso è compattato e meno è accessibile.
È importante che la cellula trovi un modo per regolare la compattazione e decompattazione del DNA
→ vuol dire poter usare o meno il DNA nella duplicazione, trascrizione, replicazione, riparazione
degli errori e ricombinazione.
Il passaggio da una fase all’altra (es. da nucleosoma a eucromatina) provoca un rilassamento delle
fibre (decondensazione) e un allontanamento dei nucleosomi.
All’interno del nucleo, la cromatina varia nello spazio e nel tempo (: decide le regioni che devono
essere compattate o decompattate agendo sui nucleosomi). Il nucleosoma è modificabile secondo
due modalità:
1. complessi di rimodellamento
2. modificazioni enzimatiche

I complessi di rimodellamento sono dei complessi


proteici che possono andare a spostare i nucleosomi:
scivolamento, trasferimento, rimodellamento. Il
complesso va ad agire sulla stabilità di interazione tra il
DNA e l’ottamero di istoni. Essendo il DNA di carica
negativa e gli istoni di carica positiva i legami tra loro
sono piuttosto stabili. Il complesso di rimodellamento
sono proteine che agiscono sul legame fra gli istoni per
modularne lo spostamento.

Oltre al sistema di rimodellamento, vi sono delle modificazioni enzimatiche. Gli istoni posseggono
delle code di aminoacidi che sporgono e servono al nucleosoma per tenersi saldo e attaccarsi agli
altri nucleosomi per formare le fibre di cromatina. Alle code di istoni possono essere aggiunti/tolti
dei:
-gruppi metili = metilazione, utilizzata nelle molecole vitali;
-acetilazione,
-gruppi fosfato = fosforilazione, che attiva o inattiva delle proteine;
-ubiquitinazione.

Per permettere al DNA di essere più o meno accessibile, vengono aggiunti o tolti dei gruppi per
permettere agli istoni di compattarsi o rilassarsi maggiormente. Se si compattano di più viene
impedito l’accesso al DNA e se si rilassano sarà favorito l’accesso ad esso.
L’acetilazione è la modificazione chimica del DNA che lo rende accessibile, destabilizzando la
struttura della cromatina. Il codice istonico (o epigenetico) rivela se un gene può essere espresso o
meno.

L’architettura del nucleo


Quasi un secolo fa si pensava che la cromatina fosse disposta nel nucleo in modo casuale. A seguito
di esperimenti e scoperte specifiche avvenute negli anni ’80, si scoprì che le cellule hanno una
disposizione specifica e vi erano dei cambiamenti nella posizione dei cromosomi rispetto alle cellule
diverse, allo sviluppo dell’individuo e rispetto alle condizioni cellulari.

= territori cromosomici che cambiano da una cellula all’altra e da condizioni diverse delle cellule.
Vi è quindi una relazione tra posizione e attività delle cellule.

Studiando vari tipi di cellule, si è scoperto che i geni che si trovano al centro della cellula erano in
forma attiva, mentre quelli in periferia erano in forma inattiva (eterocromatina). Alla periferia vi
sono le lamine nucleari che hanno anche la funzione di agganciare i cromosomi.
Infatti, ci sono delle patologie chiamate laminopatie per cui i soggetti affetti hanno diverse
problematiche dovute alla inefficacia delle lamine nucleari. Ciò comporta un collasso del nucleo, non
sono capaci di tenere la posizione corretta della cromatina → quindi cambia l’attività delle cellule.

Tutti gli enzimi che servono a far funzionare ed esprimere il DNA si trovano al centro del nucleo,
nella transcription factory per ottimizzare i processi.

Il ciclo cellulare
Tutte le volte che la cellula va incontro ad una divisione cellulare, deve compiere un ciclo chiamato
ciclo cellulare. Ciascun cromosoma è fatto da due cromatidi fratelli (identici). La riproduzione
cellulare è quel meccanismo per cui da una cellula madre ottengo due cellule figlie. Quando ho un
organismo unicellulare, la riproduzione cellulare coincide con la riproduzione dell’organismo.
Quando si parla di un organismo pluricellulare, la cellula si moltiplica per diversi motivi:
-per uno sviluppo o accrescimento del numero delle cellule;
-per il rinnovamento (es. cellule della pelle o del sangue);
-per ripararsi

Il ciclo cellulare è quella serie di eventi che preparano la cellula alla divisione e comprende la
divisione stessa. Il ciclo cellulare viene rappresentato con un cerchio.
La fase di divisione cellulare è chiamata mitosi (fase M) ed
è l’ultima fase del ciclo cellulare. La fase precedente che
prepara la cellula alla divisione è chiamata interfase.
L’interfase comprende la fase G1, S, G2.
Nell’interfase il DNA si trova sotto forma di cromatina,
mentre i cromosomi si vedono soltanto sono nella fase M
(porta alla formazione di due cellule figlie e i cromosomi si
decompattano subito in cromatina).

Nella fase G1, la cellula al suo interno possiede un corredo


cromosomico diploide. La fase S è la fase della
duplicazione del DNA, per avere un doppio patrimonio da
passare alle cellule figlie. Nella fase G2 avviene l’ulteriore
accrescimento della cellula e la preparazione finale alla
divisione.

Nella divisione cellulare separo due cromatidi fratelli che vengono distribuiti alle cellule figlie, in
modo che siano identiche alla cellula d’origine.
L’accrescimento della cellula (che ha luogo per sintesi proteica) avviene nella fase G1 e G2. Nella
fase S la cellula deve duplicare il proprio DNA. Quando una cellula duplica il proprio DNA non fa
sintesi proteica perché è impegnata nella moltiplicazione, a eccezione degli istoni che servono per
gestire il DNA duplicato.

Prendiamo una cellula che si duplica ogni 24h. La fase di divisione cellulare è la fase più breve 1h
(5%) per evitare che ci siano degli errori. La fase G1 dura circa 10-11 h, la fase S 7-9h e la fase G2
dura circa 3-4h.
Ciascuna di queste fasi ha dei punti di controllo, per verificare che ci siano tutti i parametri corretti
prima di passare alla fase successiva: se la duplicazione è avvenuta in modo corretto (in fase S =
controllo S), se la grandezza cellulare è stata raggiunta nel modo giusto (fattori di crescita, sintesi
proteica… = controllo G1). I danni del DNA hanno significato solo se esso viene trasmesso. La
regolazione del ciclo cellulare è uno dei processi più regolato e controllato. La regolazione viene
regolata da enzimi chinasi che sono dipendenti da una proteina chiamata ciclina (chinasi - ciclina
dipendente). La chinasi nelle varie fasi regola mediante fosforilazione. La ciclina si forma e si
distrugge in maniera ciclica.

+P Rb

= Cdk-ciclina G1

La chinasi in G2 va a fosforilare la cromatina compattandola in cromosomi => azione epigenetica. In


un secondo momento, va a fosforilare le lamine nucleari per fare in modo che si disgreghino e il
nucleo collassi. Infine, fosforila le proteine accessorie dei microtubuli MAP per aiutare la formazione
del fuso mitotico. La chinasi in G1 va a fosforilare una proteina Rb per innescare un’attivazione di
tutti i geni che producono gli enzimi per la duplicazione → in modo che avvenga in modo corretto la
fase S.

+P Rb

Dalla fase G1 la cellula può decidere di non continuare la divisione = fase di stasi cellulare
(permanente o momentanea è chiamata G0).
Le cellule perenni si trovano sempre nella fase G0, non si dividono mai = neuroni o cellule muscolari
del cuore). Le cellule stabili sono cellule che non si dividono, ma all’occorrenza sono in grado di
rimettere in moto il loro ciclo cellulari (es. cellule del fegato). Infine, vi sono le cellule labili che sono
sottoposte ad usura e si moltiplicano sempre (es. cellule del sangue e dell’epidermide).
Le cellule staminali sono cellule indifferenziate che hanno una capacità proliferativa. Le possiamo
trovare in ogni tessuto (nicchia di cellule staminali), pronte ad una necessità di autoguarigione.
Quando un tessuto ha bisogno, escono dalla loro quiescenza, proliferano ed aumentano il numero di
cellule per riparare il tessuto per differenziare il tessuto stesso.

La divisione cellulare
La divisione cellulare, chiamata mitosi, è compiuta dalle
cellule somatiche, cioè tutte le cellule del corpo ad
eccezione delle cellule germinali, che si riproducono con
la meiosi. La divisione viene compiuta da una cellula
diploide, per generare due cellule geneticamente
identiche alla cellula madre, anch’esse diploidi. Durante
questo processo il nucleo e il suo contenuto si dividono
e si distribuiscono in modo equilibrato ai poli opposti
della cellula. Per distribuire il proprio DNA la cellula lo
duplica, per ottenere due molecole di DNA identiche.

Nell’INTERFASE l’attività metabolica della cellula è


molto elevata: vengono sintetizzate una grande quantità
di proteine per formare nuovi organuli.
• La cellula duplica gran parte degli organuli e
compaiono i centrosomi che si duplicano nel citoplasma;
• all’interno del nucleo i cromosomi sono già duplicati,
ma si trovano ancora sottoforma di cromatina;
• nel nucleo sono evidenti uno o più nucleoli perché la
cellula sta attivamente producendo proteine.
Da ogni centrosoma si formano lunghi fasci di microtubuli si chiamano aster.

La prima fase della mitosi si chiama PROFASE. Durante questo stadio si verificano cambiamenti sia
nel nucleo, che nel citoplasma:
• nel nucleo le fibre di cromatina si spiralizzano e condensano formando cromosomi distinti;
• scompaiono i nucleoli;
• ciascun cromosoma duplicato è formato da due cromatidi fratelli uniti a livello del centromero;
• nel citoplasma incomincia a formarsi il fuso mitotico: i microtubuli vengono rapidamente
assemblati a partire dai centrosomi, che si allontanano l’uno dall’altro.

La seconda fase si chiama PROMETAFASE. Durante la prometafase:


• l’involucro nucleare si frammenta (si formano delle vescicole che conservano ogni pezzo);
• ciascun cromatide è unito a una struttura proteica chiamata cinetocore, a livello del centromero;
• i centrosomi si trovano ai poli della cellula si polimerizza il fuso mitotico;
• il fuso mitotico guida i cromosomi al centro della cellula. Si formano dei microtubuli cinetocorici
che incontrano i cromosomi e li agganciano oppure microtubuli non cinetocorici che non
incontrano i cromosomi, ma aiutano nel fuso mitotico;
• i microtubuli cinetocorici raggiungono i cromosomi, si attaccano e li iniziano a spostare verso il
centro della cellula;

La terza fase è detta METAFASE. Durante questo stadio:


• i cromosomi sono disposti lungo la piastra metafasica. È la fase dove i cromosomi sono
compattati al massimo (è possibile eseguire il cariotipo cellulare). In metafase vi è un importante
punto di controllo che riguarda il corretto allineamento dei cromosomi sulla piastra metafasica.

La quarta fase è detta ANAFASE:


• i microtubuli cinetocorici agganciati ai cromosomi li tirano verso i poli della cellula, andando a
separare i cromatidi fratelli una da una parte e uno dall’altra
→il meccanismo dei microtubuli è la depolimerizzazione.

La quinta fase è chiamata TELOFASE:


• nella telofase continua l’allungamento della cellula;
• ai due poli cominciano a formarsi i due nuovi nuclei. Le vescicole contenenti l’involucro nucleare
della profase si rompono e rilasciano il materiale. Nel momento in cui si forma l’involucro
nucleare, i cromosomi se decompattano e diventano nuovamente sotto forma di cromatina;

L’ultima fase è la CITODIERESI, è la fase finale che separa le cellule e porta alla formazione di due
figlie. Si forma un anello contrattile, formato da actina e miosina (miosina II non muscolare), che si
contrae in modo da strozzare e spaccare la cellula nel mezzo. Il citoplasma viene separato in modo
casuale.

La morte cellulare
La cellula eucariotica può morire in due modalità: per necrosi o per apoctosi.
La necrosi avviene per morte accidentale, viene subìto passivamente dalle cellule, è causata
dall’esterno (taglio, bruciature, mancanza di ossigeno…) e coinvolge un gruppo di cellule. Quando la
cellula si rompe rilascia degli agenti pro-infiammatori che induce un’infiammazione (meccanismo
che serve alla guarigione). Questo tipo di morte genera un danno a tutte le cellule vicine.
Mentre, l’apoctosi, o morte cellulare programmata, è un tipo di morte che ha diversi risvolti. È un
evento che la cellula programma, la cellula decide di andare incontro a morte e scatena la morte in
modo attivo, spingendo la cellula ad utilizzare energia per suicidarsi (‘suicidio cellulare’).

primo caso: sviluppo


Quando gli organismi si sviluppano, vi sono dei momenti in cui delle cellule devono sparire, come ad
esempio le dita palmate. Un altro evento accade quando si formano i neuroni. Devono formarsi molti
di più di quelli realmente utili, essi formano delle giunzioni per le connessioni nervose e le cellule che
non riescono a collegarsi vanno incontro ad apoctosi.

secondo caso: omeostasi (equilibrio) del numero di cellule


Ogni giorno nel nostro corpo si formano tante cellule (sangue, epidermide…) quante vanno in
apoctosi. In un anno abbiamo un numero di cellule morte pari al nostro peso corporeo. È importante
che nel nostro organismo vi sia un equilibrio fra mitosi e apoctosi, poiché senza questo equilibrio si
possono avere due situazioni:
- patologie che nascono da una carenza di cellule;
- patologie per proliferazione incontrollata delle cellule → cellule tumorali.

terzo caso: meccanismo di difesa dai danni.


Quando la cellula subisce un danno al DNA tutti i meccanismi con cui può rispondere sono la DNA
polimerasi, riparazione grazie ad enzimi. Ma se il ciclo cellulare non riesce a fermarsi, la cellula va in
apoctosi per evitare che il danno al DNA venga trasmesso alle cellule figlie. La cellula tumorale ha un
meccanismo che le impedisce di andare in apoctosi. Se facesse questo la massa tumorale si
autodistruggerebbe. Oppure quando una cellula viene infettata da un virus, va incontro ad apoctosi
per evitare che intacchi il virus alle cellule vicine.

In generale, una cellula induce la sua morte quando rileva che il danno è troppo esteso e
incontrollato dalla cellula stessa e per evitare che il danno venga passato ad altre cellule vicine la
cellula decide di andare in apoctosi = morte altruistica della cellula.

Le proteine che guidano la cellula alla sua morte sono dette caspasi. Perché una cellula vada in
apoctosi vi è un processo di induzione = 1. segnalazione (esterna o interna). Quando la segnalazione
arriva dall’esterno si dice segnalazione estrinseca, cioè un segnale extracellulare che parte dal
mitocondrio, si lega al recettore e con una trasduzione del segnale porteranno essa all’interno.
La 2. fase di esecuzione utilizza la propria energia per iniziare ad attivare dei geni specifici. Vi è una
fase di trascrizione e traduzione delle proteine che servono per autodistruggere la cellula stessa.
Quando la cellula riceve un segnale, la trasduzione del segnale porta ad una risposta che è
l’attivazione di geni e proteine grazie alla caspasi.

L’attivazione porta alla traduzione di eventi proteolitici = si attivano delle proteasi che tagliano le
proteine cellulari, oppure eventi nucleotidici = si attivano le dnasi che tagliano i nucleotidi del DNA
della cellula.
Le caspasi possono agire sulle chinasi. Esse rompono le giunzioni che si trovano tra il citoscheletro e
la membrana = la cellula diventa sferica e perde il suo differenziamento, il DNA viene tagliato e la
cromatina si compatta, tutta la cellula frammentata viene racchiusa in vescicole dette corpi
apoptotici = per una maggiore facilità nella fagocitosi.
I fosfolipidi di membrana erano disposti in modo asimmetrico, sono diversi dalla parte interna ed
esterna della membrana. Nei corpi apoptotici che sono circondati da membrana si perde questa
asimmetria e i fosfolipidi che erano all’esterno si trasferiscono all’interno = segnale che il macrofago
riconosce. In particolare, la fosfaditilserina durante la formazione dei corpi apoptotici viene portato
all’esterno. I macrofagi riconoscono i corpi apoptotici da fagocitare e li fagocitano senza rilasciare
nessun tipo di agente.

La riproduzione
La riproduzione è la formazione di un nuovo organismo, mentre la sessualità è il rimescolamento
genico diverso rispetto a quello dei genitori. La riproduzione può essere asessuata o sessuata.
Nella riproduzione asessuata si hanno organismi figli identici, ma manca il concetto di sessualità. La
riproduzione sessuata è geneticamente diversa dai genitori, i genitori contribuiscono mediante i
gameti (cellula uovo e spermatozoo), alla formazione di un nuovo e diverso organismo, avviene
quindi un rimescolamento genico.

La riproduzione asessuata è una riproduzione agamica, cioè non utilizza i gameti. Questa
riproduzione è tipica di organismi procarioti che devono scindersi, in modo che le due cellule figlie
abbiano una molecola di DNA identica a quella della cellula madre. La riproduzione può avvenire per
scissione, dove un individuo generante produce individui assolutamente identici tra di loro
attraverso la divisione del suo corpo; oppure per gemmazione, prevede la formazione di gemme
laterali che fuoriescono dalla parete dell'individuo; oppure per frammentazione in cui una parte
dell'organismo che si distacca rigenera un individuo completo.
I vantaggi di questo tipo di riproduzione saranno la velocità con cui avviene, può essere favorevole
per organismi fermi o isolati perché è necessaria la presenza di un altro organismo.

La riproduzione sessuata (gamica) prevede la partecipazione di cellule specializzate per questa


funzione, i gameti, prodotti generalmente da due individui di sesso diverso. I gameti mediante un
processo di fecondazione portano alla formazione di un nuovo organismo. La fecondazione può
essere esterna come nei pesci, oppure interna come negli esseri umani, ma vi possono essere delle
eccezioni: la partenogenesi è una riproduzione gamica, ma asessuata. La partenogenesi è la
formazione di un individuo da parte dei gameti femminili senza fecondazione, in cui una cellula uovo
prolifera e forma un organismo. = come avviene in un gruppo di api o nei rettili
L’ermafroditismo è un caso particolare che si ha in alcuni organismi, in cui lo stesso organismo ha
entrambi gli apparati riproduttori (maschile e femminile). La riproduzione può avvenire per
autoriproduzione oppure per fecondazione incrociata. Vi sono degli organismi con ermafroditismo
sequenziale, in cui per una parte della loro vita utilizzano l’apparato riproduttore maschile e
successivamente quello femminile (e viceversa).

La riproduzione ha luogo quando il gamete maschile si fonde con quello femminile e dalla loro
fusione ha origine lo zigote, che rappresenta la prima cellula del nuovo organismo, da cui si formerà
l’individuo adulto, attraverso una serie di divisioni mitotiche successive. Nelle gonadi si producono i
gameti, (gonadi femminili = ovaio e gonadi maschili = testicoli). Le cellule germinali (cellula uovo e
spermatozoo) si uniscono in un processo chiamato fecondazione per
dare origine allo zigote (diploide). Il processo che porta alla formazione
dei gameti è chiamato gametogenesi, mentre il meccanismo che
permette la formazione delle cellule aploidi, gameti, è detta meiosi.

Nelle gonadi sono contenute cellule specializzate diploidi (2n), chiamate


gametociti, che vanno incontro alla meiosi dando origine ai gameti
aploidi (n). Il processo consiste in due divisioni cellulari successive che,
a partire da una cellula diploide, ne producono quattro aploidi. Le due
divisioni (meiosi I e meiosi II) sono simili a due mitosi, ma solo la prima
è preceduta dalla replicazione del DNA. Dopo la meiosi I da una cellula
diploide (2n) si ottengono due cellule aploidi (n), questo tipo di
divisione è chiamato riduzionale ovvero avviene un dimezzamento del
patrimonio cromosomico. In seguito, avviene la meiosi II, detta
riproduzione equazionale poiché non si ha alcuna variazione del numero
cromosomico.
Le quattro cellule che si ottengono sono tutte geneticamente diverse tra loro e dalla cellula madre.

La meiosi I è la divisione che conferisce più particolarità a questo tipo di divisione, poiché rimescola il
patrimonio genetico. La PROFASE della prima fase mitotica è un processo lungo che occupa il 90%
del tempo richiesto per l’intera meiosi. Viene suddivisa in cinque stadi: il leptotene durante il quale il
materiale genetico si condensa e avviene la compattazione della cromatina, la zigotene è la
formazione completa dei cromosomi distinti. I due cromosomi omologhi di ogni coppia (dopo essersi
riconosciuti per forma e lunghezza) si avvicinano e si appaiano per formare le tetradi = quindi ogni
coppia di cromosomi omologhi appaiati risulta formata da quattro cromatidi ed è chiamata sinapsi (è
il primo appaiamento). X e Y hanno una piccola regione di omologia che gli permette di appaiarsi.
Nella pachitene si ha un completo appaiamento dei cromosomi omologhi
e avviene il crossing-over = è il primo evento di rimescolamento genico
che conferisce variabilità negli esseri umani.
Il crossing-over è uno scambio di segmenti in punti corrispondenti di
cromatidi che appartengono ai due cromosomi omologhi appaiati. Il
crossing-over avviene tra due cromatidi non fratelli di una coppia di
omologhi e non tra i cromatidi fratelli dello stesso cromosoma, perché se
no sarebbero identici).
Nella diplotene i due cromosomi si separano rimanendo uniti solo nei
punti dove è avvenuto il crossing-over, questi punti sono chiamati
chiasmi. In questo momento i cromosomi hanno un’intensa attività
metabolica e c’è la possibilità di esprimere dei geni (prevalentemente
nella cellula femminile). Nell’ultima fase, detta diacinesi, i cromosomi si
ricompattano (sono ancora uniti mediante i chiasmi), l’involucro nucleare
si dissolve e si inizia a formare il fuso mitotico.

Nella METAFASE i cromosomi si allineano sulla piastra


metafasica della cellula assieme al loro omologo e ogni coppia di
cromosomi omologhi si attacca ad una fibra del fuso mitotico. I
cinetocori (4) si posizionano verso l’esterno, verso i poli della
cellula = la loro disposizione è molto importante per le fasi
successive.

Un altro punto di variabilità è caratterizzato dall’assortimento indipendente che rappresenta la


distribuzione casuale del cromosoma materno e paterno verso un polo o verso l’altro → 223
combinazioni possibili.

Nell’ANAFASE avviene la separazione dei cromosomi omologhi a seguito della rottura dei chiasmi. I
cromosomi omologhi si separano e si muovono verso i due poli opposti della cellula grazie
all’accorciamento delle fibre del fuso (che depolarizzano). A questo punto, ognuno dei due è ancora
formato da due cromatidi fratelli uniti a livello del centromero. La TELOFASE è il processo identico
alla telofase della mitosi e, infine, la CITODIERESI ottengo due cellule figlie, ciascuna contenente un
numero aploide di cromosomi dicromatidici (corredo cromosomico © dimezzato). Una cellula ha
normalmente un corredo cromosomico monocromatidico, lo ha dicromatidico solo se il DNA viene
duplicato. Nella meiosi II i cromosomi sono già aploidi, ma deve far si che il corredo cromosomico
diventi monocromatidico = con il meccanismo di mitosi.
La meiosi II è come una normale mitosi. Nella profase II i centrioli
migrano ai poli opposti della cellula e si riforma l'apparato del fuso.
Nella metafase II i cromosomi si allineano sul piano equatoriale della
cellula. Nell’anafase II i cromatidi fratelli di ogni cromosoma si
separano e si muovono verso i due poli opposti della cellula,
diventando i nuovi cromosomi delle cellule figlie. Nella telofase II si
formano due nuclei e si ha la citodieresi con la formazione di due cellule figlie.

Gametogenesi
Il processo di formazione dei gameti è detto gametogenesi e avviene nelle gonadi. Negli animali i
gameti sono gli spermatozoi e quelli femminili sono le cellule uovo. La gametogenesi maschile è detta
spermatogenesi e quella femminile è detta ovogenesi. Sono processi che coinvolgono, oltre alla
meiosi, il processo ormonale e tissutale.

La spermatogenesi è un processo che dura esattamente 64 giorni in modo continuo e avviene nei
testicoli, nei tubuli seminiferi. Nei tubuli seminiferi avviene
la sintesi degli spermatozoi e la sintesi di androgeni (ormoni
maschili). I tubuli seminiferi sono dei tubi cavi che
producono spermatozoi, nella quale sono attaccati sulla
parete interna le cellule del Sertoli. Esse sono cellule molto
grandi che contengono al loro interno delle cellule che
diventeranno poi spermatozoi.
Tra i tubuli è presente il compartimento interstiziale, spazio
tra i vari tubuli in cui sono comprese le cellule del Leydig
che producono gli ormoni maschili, in particolare il
testosterone. Dentro al tubulo vi è un compartimento
basale che si trova subito dopo la parete del tubulo. Infine, vi
è il compartimento adluminale dove si trovano le cellule del
Sertoli e intorno vi è il lume che contiene gli spermatozoi
appena formato.

La spermatogenesi è divisa in tappe e partendo dalle cellule germinali, presenti già al terzo mese di
sviluppo della vita intrauterina (durante lo sviluppo embrionale del maschio). Queste andranno a
posizionarsi in quelli che saranno i testicoli. Le cellule che iniziano la spermatogenesi vengono
chiamati spermatogoni e si trovano dentro le gonadi maschili, già all’inizio della vita embrionale. Gli
spermatogoni si trovano nel compartimento basale dei tubuli seminiferi e rimangono in interfase (=
fermi nella loro divisione) fino alla pubertà. Questi sono chiamati spermatogoni A o spermatogoni
bruni per la loro colorazione.
1.Essi dalla pubertà in poi cominciano il processo della spermatogenesi diventando spermatogoni di
tipo A1 e compiono sei mitosi (in sedici giorni) = spermatociti primari. Non tutte queste cellule si
attivano assieme, ma gli altri spermatogoni si attivano all’occorrenza per permettere una continua
spermatogenesi.
Gli spermatociti primari sono cellule capaci di compiere la meiosi e si spostano dal compartimento
basale a quello abluminale. Tra i due compartimenti vi sono delle giunzioni occludenti = barriera
emato-testicolare che bloccano il passaggio di fluido (in particolare di sangue che si trova all’esterno
dei tubuli), perché le cellule che compiono la meiosi potrebbero essere riconosciute dal sistema
immunitario come cellule estranee (il rimescolamento genico induce le cellule a esprimere anche
antigeni diversi) → reazione autoimmunitaria.
2.Nella seconda fase avviene la meiosi nel compartimento abluminale e dura esattamente 24 giorni.
Gli spermatociti primari cominciano la meiosi I e si formano due spermatociti secondari che
andranno a compiere la meiosi II producendo gli spermatidi (4 cellule aploide con corredo
monocromatidici). ✓
3.La terza fase è chiamata spermiogenesi ed è una fase di differenziamento (no divisione). Dagli
spermatidi si formano gli spermatozoi a seguito di un processo di differenziamento che dura 24
giorni. La cellula spermatozoo deve essere più piccola e leggera possibile per
conferire ad essa una velocità più sviluppata: la cromatina si compatta in
eterocromatina, perché non ha bisogno di esprimere altri geni. Inoltre, a partire
dall’apparato di Golgi si forma l’acrosoma, una specie di lisosoma molto grande
che si posiziona sopra alla testa dello spermatozoo (sopra al nucleo) → per
digerire nella fecondazione. Per essere più veloce e leggero lo spermatozoo deve
perdere ed eliminare tutto il citoplasma e gli organuli non necessari e che lo
appesantiscono = nel corpo residuo. Infine, la coda si differenzia in flagello.
Lo spermatozoo è formato da una testa (costituito da nucleo e acrosoma), da
un collo (parte intermedia costituita da un mitocondrio avvolto attorno che
conferisce energia al flagello) e da una coda (cioè il flagello formato da
microtubuli). L’ATP che si genera dal mitocondrio si lega alla dineina, il motore
proteico che fa muovere il flagello.

La spermatogenesi coinvolgono non solo le cellule che vanno incontro alla formazione dei gameti,
ma anche le cellule del tessuto circostante e gli ormoni che derivano dal sistema nervoso centrale, in
particolare dall’ipotalamo e dall’ipofisi.
Gli ormoni che presiedono alla regolazione del sistema della gametogenesi maschile sono l’FSH e
l’LH prodotti dall’ipofisi (ghiandola del sistema nervoso centrale). Questi due ormoni hanno due
cellule bersaglio diverse all’interno del testicolo. L’FSH si lega alle cellule del Sertoli e le induce a
funzionare (= cioè accogliere le cellule della spermatogenesi e indurle a produrre il fluido tubulare
dove sono immersi gli spermatozoi nel tubulo seminifero). Le cellule del Leydig ricevono l’ormone
LH e induce queste cellule a sintetizzare gli androgeni, in particolare il testosterone (ormoni
maschili). 1. Gli androgeni si dirigono alle cellule del Sertoli, ma essendo lipidi attraversano la
membrana e la giunzione emato-testicolare e arrivano nel fluido tubulare = sono ormoni che
favoriscono anche la maturazione degli spermatozoi che avviene nel fluido tubulare.
2.Come seconda funzione, gli androgeni vanno a sviluppare e mantenere i caratteri sessuali maschili
secondari. In entrambi i casi ormonali, il sistema funziona sempre con delle regolazioni per bilanciare
gli effetti positivi e negativi.
Gli androgeni vanno ad inibire l’ipofisi, così anche le cellule del Sertoli inibiscono l’ipofisi nella
produzione di FSH, chi riceve lo stimolo lo inibisce anche = feedback negativo (segnale di
inibizione). Ciò significa che il feedback negativo va a regolare la giusta dose di ormoni. Infatti, gli
androgeni fino alla pubertà inibiscono molto l’LH, mentre dopo la pubertà l’azione di feedback
negativo diminuisce enormemente, poiché l’LH deve essere in quantità maggiore per innescare tutti
i meccanismi di spermatogenesi e di differenziamento dei caratteri sessuali maschili.

L’ovogenesi è un processo che coinvolge sia il tessuto circostante ovario che gli ormoni. Quando la
donna è in uno sviluppo intrauterino ha un differenziamento delle gonadi (ovaie) a partire dalle
cellule germinali. Le cellule germinali vanno a formare l’ovaio e una parte di esse va a costituire gli
ovogoni = gruppo di cellule che incominciano l’ovogenesi.
Nell’ovogenesi, che comincia al quinto mese di gravidanza, gli ovogoni acquisiscono la capacità di
andare incontro a meiosi e assumono il nome di ovociti primari. Il follico è insieme della cellula uovo
e delle cellule che si trovano attorno che formano l’unità funzionale del processo di ovogenesi.

Il follicolo nella vita intrauterina, quando abbiamo l’ovocita primario si chiama follicolo primordiale.
Ha una cellula molto grande all’interno (ovocita primario). Attorno vi sono le cellule follicolari e
attorno ad esse c’è una membrana detta membrana propria = glicoproteine che protegge il follicolo.

Dentro alle ovaie allo stato embrionale, nel follicolo comincia la meiosi che viene interrotta in
diplotene = fase finale della profase I. il diplotene è l’unica fase dove i cromosomi possono esprimere
dei geni. Si ferma perché deve accrescersi. La donna ha una riserva di cellule che parte dalla vita
embrionale e il numero di cellule che possono trasformarsi in cellula uovo sono limitate e rimangono
inattive fino alla pubertà.

Dalla pubertà alla menopausa un gruppo di queste cellule si riaccende e grazie ad ogni ciclo ovarico si
va a maturare una cellula uovo.

Il ciclo ovarico, che avviene 450 circa nella vita di una donna, è il tempo che intercorre tra
un’ovulazione e quella successiva, ma visto che il tempo di ovulazione è molto variabile, si utilizza
come riferimento la mestruazione. Il giorno 1 è il primo giorno della mestruazione, mentre il 28esimo
giorno è il girono prima della mestruazione. Dunque, è più semplice definire il ciclo ovarico come lo
spazio di tempo che intercorre tra una mestruazione e l’altra. Al 14esimo giorno si colloca
l’ovulazione. Per la donna, a differenza dell’uomo, i tempi sono molto variabili.

Il ciclo ovarico si suddivide in due fasi: fase follicolare nei primi 14 giorni e la fase luteinica dal giorno
15 al 28.

La fase follicolare è governata dagli estrogeni, mentre nella seconda fase l’ovaio produce
progesterone. La fase follicolare è costituita da tre fase:
a. fase preantrale: ha una durata variabile dai 3 ai 5 giorni ed è l’unica fase non governata dagli
ormoni. Il follicolo assume una struttura che prende il nome di follicolo primario (10-20
follicoli primordiali ad ogni ciclo ovarico). È costituito dall’ovocita, circondato dalle cellule
follicolari che costituiscono il follicolo primordiale, si moltiplicano e che formano lo stato della
granulosa. Tra la granulosa e l’ovocita c’è una membrana glicoproteica che si chiama zona
pellucida = glicoproteine prodotte dalla granulosa e proteggono la cellula uovo. Al di fuori
della granulosa si trova la teca, un ulteriore strato che ricopre il follicolo. Lo stroma è il
tessuto dell’ovaio.
Alla fine di ogni fase le cellule si preparano per la fase successiva. Alla fine della fase
preantrale le cellule iniziano a produrre recettori che servono per la fase successiva. In
particolare, le cellule dello strato della granulosa sintetizzano i recettori per l’FSH e le cellule
della teca iniziano a sintetizzare i recettori per l’LH (ormoni ipofisari).

b. fase antrale: ha una durata molto variabile dai. Il follicolo è chiamato secondario. Questa fase
è governata dall’LH e dall’FSH, va avanti solo se ho le dosi adeguate di ormoni. L’FSH si
posiziona sullo strato di granulosa e induce queste cellule a proliferare = aumentano di
numero. Inoltre, le cellule della granulosa sono indotte a produrre un liquido che si immette
interno del follicolo chiamato antro, regione chiara. Il cumulo ooforo è la porzione di spazio
attorno dall’ovocita, fa parte dello strato della granulosa.
L’altro effetto dell’FSH sulla granulosa è che essa comincia a diventare una ghiandola. Le
cellule della granulosa producono gli estrogeni (ormoni delle gonadi femminili) a seguito della
stimolazione di FSH. L’FSH e gli estrogeni sono gli ormoni che arrivano ai follicoli ed essi
andando a legarsi con i recettori alla granulosa inducono la granulosa a produrre più recettori.
Ciò comporta un maggior legame con l’FSH e gli estrogeni = si innesca un meccanismo a loop
positivo. A questo punto avviene la selezione della cellula uovo che andrà avanti dei dieci
follicoli.
Se un follicolo ha prodotto più recettori, produce quindi più ormoni. Uno di quei follicoli si
distacca dagli altri in modo esponenziale ed è l’unico che proseguirà il ciclo ovarico = follicolo
dominante, mentre gli altri vengono riassorbiti e vanno a far parte dello stroma.
Alla fine di questa fase la granulosa inizia a prepararsi alla fase successiva, calano il numero
dei recettori dell’FSH e aumentano i recettori dell’LH. Calano i valori degli estrogeni e viene
prodotto il progesterone.

c. fase preovulatoria: dura esattamente 37 ore. È una fase caratterizzata prevalentemente da


gonadotropine (FSH e LH). Vi è il picco dell’LH = grande concentrazione in poco tempo. L’LH
induce la granulosa (che ha aumentato i recettori per l’LH) a produrre un fattore che fa
riattivare la meiosi dell’ovocita che si trova nel follicolo dominante. La cellula riparte con la
meiosi I, ma al momento della citodieresi l’anello contrattile è spostato tutto da una parte in
modo che le due cellule abbiano una solo il nucleo (globulo polare) e l’altra con tutto il
citoplasma e un nucleo (ovocita secondario, destinato a nutrire le prime fasi dell’embrione) =
separazione asimmetrica, perché la cellula uovo è necessario che sia grande. L’ovocita
secondario continua con la meiosi, ma si ferma in metafase II = il follicolo ha raggiunto i 2cm
ed è chiamato follicolo terziario.

d. ovulazione: è il momento in cui la cellula uovo esce dall’ovaio, il follicolo è di 2cm ed è pieno
di liquido antriale che fa pressione e c’è la presenza di enzimi che vanno a lavorare sul
follicolo. La parete dell’ovaio ha una protuberanza dell’ovaio = stigma viene rotta da questi
enzimi e il follicolo si rompe, la pressione dell’antro aiuta questa rottura e la cellula uovo esce
dall’ovaio. La cellula uova quando esce si porta dietro le cellule della granulosa che aveva
attorno ed esse prendono il nome di corona radiata, che lo proteggono.
Dall’utero, dove si trovava precedentemente la cellula uovo, si dipartono le tube di Falloppio
che terminano con una parte allargata = fimbre dell’ovidutto. Entra nell’ovidutto, dove
potrebbe avvenire l’ovulazione. Le gravidanze intrauterine avviene quando la cellula uovo
cade nella cavità addominale e gli spermatozoi percorrono nell’ovidutto e fecondano la cellula
uovo nella cavità addominale = sede in cui non può avvenire una gravidanza.
Il follicolo si rompe ed esce, le altre cellule si mescolano e si forma un coagulo, un grumo =
corpo luteo di 3cm, una ghiandola presente in tutti i 14 giorni successivi.

e. fase luteinica: fase in cui prevale l’LH. Il corpo luteo produce progesterone che inibisce
ipotalamo e ipofisi. In particolare, rallenta la produzione di FSH per permettere la
fecondazione e impedire che ricominci un altro ciclo ovarico = meccanismo con cui agiscono
le piccole anticoncezionali (evitano che si passi ad una fase follicolare).
f. Se non c’è la fecondazione, dopo i 14 giorni il corpo luteo va incontro a luteolisi =
autodistruzione e viene assorbito nello stroma, tessuto ovarico. Cala la quantità di
progesterone e riparte il ciclo ovarico con la mestruazione.

g. In caso di gravidanza, non cala la quantità di progesterone e il corpo luteo è spinto a vivere
nove mesi. Nelle primissime fasi dello sviluppo embrionale, ci sono delle cellule dell’embrione
dette cellule del Corion che producono un ormone per impedire la luteolisi. L’ormone
gonadotropina corionica viene sintetizzato circa dopo la fecondazione = è l’ormone rilavato
durante il test di gravidanza. Il progesterone rimane sempre ad alti livelli, se calasse si
potrebbe avere un’ulteriore gravidanza, evento molto raro.

Oltre a queste modificazioni uterine, avvengono anche in tutto l’organismo. La parte più interna
dell’utero che dovrà accogliere l’embrione è detto endometrio che subisce delle modificazioni in
parallelo al ciclo ovarico. Al giorno 1 avviene la mestruazione, che demolisce la parte più superficiale
dell’endometrio = perdite.
I primi 14 giorni del ciclo ovarico, nell’utero c’è un grande proliferazione dovuto al fatto che c’è una
rottura del tessuto. Nella seconda parte del ciclo ovarico, fino al 28esimo giorno, in caso di
fecondazione nell’utero arriva l’embrione che si impianta = avviene la fase di secrezione, si produce
un ambiente idoneo per accogliere e nutre l’embrione.

La fecondazione è quell’evento in cui si uniscono due cellule aploidi per dare origine a una cellula
diploide, lo zigote = prima cellula del nuovo organismo. Gli spermatozoi iniziano il loro percorso nei
tubuli seminiferi. Gli spermatozoi, 50milioni per ml, quando vengono sintetizzati dai tubuli seminiferi
non sono ancora in grado di muoversi autonomamente = movimento passivo. Dopo i tubuli
seminiferi, gli spermatozoi vanno nell’epididimo (parte sopra la gonade maschile) e impiegano 1-2
settimane per fare 7m. Durante il percorso per arrivare all’epididimo essi maturano e cominciano a
far muovere il flagello → favorito dagli androgeni. In questo percorso viene riassorbito il fluido in
modo che gli spermatozoi siano più concentrati e diventano 5miliardi per ml. Nel loro percorso
incontrano le tre ghiandole del sistema riproduttore maschile e si fermano nel dotto deferente. A
questo punto, gli spermatozoi o escono con l’eiaculazione o con l’urina oppure vengono riassorbiti.
Un seme sano composto da 300milioni spermatozoi e il 75% non deve avere anomalie.

Quando gli spermatozoi entrano nelle vie femminili formano un coagulo, perché il pH nelle vie
maschili è basico e in quelle femminili è acido, che grazie alla presenza di enzimi in 1h viene sciolto.
Gli spermatozoi per raggiungere le tube di Falloppio hanno un impedimento fisico, ovvero il collo
dell’utero o cervice uterina = solo l’1% degli spermatozoi riesce a superare il collo dell’utero. Nel collo
vi sono delle cripte che contengono una sostanza (muco cervicale) che blocca gli spermatozoi e li
nutre (in modo che lo spermatozoo possa sopravvivere qualche giorno). In seguito, arriva all’ovidotto
(o destro o sinistro). Negli ovidotti gli spermatozoi rimangono vivi al massimo 48h e si ha la
capacitazione degli spermatozoi = essi diventano capaci di fecondare. La fecondazione avviene
nell’ampolla degli ovidotti ed è necessario che esso si attivi. La reazione acrosomiale è
l’avvicinamento attivo della testa dello spermatozoo alla cellula uovo. La cellula uovo è protetta dalla
corona radiata e dalla zona pellucida. Quando l’acrosoma si rompe, nelle vicinanze della cellula uovo,
vengono rilasciati da esso degli enzimi idrolitici (come quelli del lisosoma) riescono a superare la
corona radiata. A questo punto, si possono avvicinare le due membrane, fino a quando lo
spermatozoo incontra la zona pellucida (fatta di glicoproteine). Su questa membrana, la cellula uovo
ha dei recettori chiamati ZP3 esposti all’esterno e lo spermatozoo sulla sua superficie ha una
proteina bindina che si lega a questi recettori. movimento a colpi di frusta
Le due membrane si fondono e lo spermatozoo fa entrare nella cellula uovo il nucleo. Avviene il
blocco della polispermia = per evitare che entrino altri spermatozoi, la cellula uova mette in azione
due meccanismi: produce dei granuli corticali che escono dalla membrana plasmatica e produce una
ulteriore membrana di fecondazione. Inoltre, vengono rimossi i recettori ZP3. In questo momento si
conclude la meiosi II e durante la citodieresi forma un globulo polare = cellula di solo nucleo e poco
citoplasma che andrà eliminato. Dentro una cellula fecondata si ritrovano due nuclei aploidi e
monocromatidici. I due nuclei si fondono e diventa diploide monocromatidico.
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Caso particolare: una donna porta più di una cellula uovo all’ovulazione. Due cellule uovo vengono
fecondate separatamente da due spermatozoi e si sviluppano due zigoti e danno origine a due
gemelli eterozigoti = nel processo del ciclo ovarico si sono selezionati più follicoli. Mentre, quando
una cellula uovo viene fecondata, inizia le sue mitosi e se nelle primissime fasi della mitosi lo zigote
si separa in due parti (due cellule da una parte e due dall’altra = sono cellule con una capacità di
totipotenza di dare origine ad un organismo intero), ciascuna di queste due parti di cellule dà origine
a due gemelli omozigote, cioè condividono lo stesso patrimonio genetico.

Ascoltare che non ho voglia

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