Sei sulla pagina 1di 5

Omologie ed analogie - caratteri plesiomorfi e apomorfi

La classificazione si basa sull’assunto che due nuove specie si formino per separazione da un antenato
comune, anziché da un graduale cambiamento evolutivo. Tali relazioni sono illustrate dai cladogrammi,
diagrammi formati da unsistema di ramificazioni dicotomiche. Ciascun punto di ramificazione rappresenta
una divergenza da un antenato comune. Linee filetiche discendenti dallo stesso ramo, derivati da un
progenitore comune, si dicono gruppi monofiletici

Filogenesi e cladistica

Cladistica di Hennig (1913-1976) è un metodo di ricostruzioni filogenetiche e per classificare gli esseri
viventi utilizzando i cladi, gruppi monofiletici, comprendenti un antenato comune e tutti i suoi discendenti.
Nel costruire una filogenesi vengono utilizzati una serie di caratteri, questi possono essere: morfologici,
genetici, comportamentali etc

 Le relazioni evolutive, secondo il principio della cladistica, si basano sull’identificazione di caratteri


condivisi, omologie, presumendo che esse stiano ad indicare un antenato comune.
 Strutture omologhe in diversi organismi hanno un'origine comune, anche se non necessariamente
la stessa funzione.
 Le omologie si contrappongono alle analogie (o omoplasie). Due caratteri sono analoghi quando
non hanno un'origine comune, ma condividono la stessa funzione (ali uccello e pipistrello).
 E’ necessario determinare la polarità di tali omologie (Importanza delle datazioni!), cioè si assume
che gruppi di organismi di più recente parentela condividano caratteri omologhi derivati.
 Questi caratteri derivati si sono originati da una forma ancestrale di quei caratteri, presente prima
delle diramazioni che hanno dato origine al gruppo di organismi in studio.

Per stabilire quale sia la forma ancestrale e derivata di un carattere si identifica un outgroup, cioè un
gruppo di organismi esterno al gruppo in studio, perché originato da un antenato più antico, ma più vicino
dal punto di vista evolutivo al gruppo in studio più di qualunque altro gruppo esterno.

Per ogni carattere possiamo avere due condizioni: plesiomorfia e apomorfia:

1. il carattere presente nell’outgroup viene considerato ancestrale (plesiomorfo)


2. le caratteristiche derivate dal carattere ancestrale presenti sono le apomorfie .

Plesiomorfia

Condizione primitiva di un carattere, la presenza di un carattere ancestrale che rappresenta una evoluzione
innovativa in comune. Colonna vertebrale rappresenta ottimo esempio di carattere plesiomorfo per tutto il
subphylum dei Vertebrata. La plesiomorfia non aggiunge informazioni aggiuntive sul grado di parentela tra
due specie prese in esame.

Apomorfia

E' un carattere nuovo, una novità evolutiva, una condizione derivata di un carattere comparso
recentemente nella linea filetica. L'apomorfia è quindi un carattere presente nell'antenato comune più
prossimo, quando si considera una clade. Le apomorfie ricoprono un ruolo più importante in quanto
permettono di stabilire il momento in cui avvenne il distacco di una specie dall'antenato comune.

Esempio: il cranio allungato dei Neandertaliani è un carattere plesiomorfo perché presente anche in forme
che li precedono cronologicamente, mentre è un carattere apomorfo il grande volume di capacită cranica. Il
bacino nell’uomo moderno presenta sia caratteri plesiomorfi che apomorfi. Quelli plesiomorfi
corrispondono a un grande diametro biacetambulare e a un ramo pubico lungo (questi caratteri derivati in
presenza di encefalizzazione o aumento della taglia corporea suggeriscono che l’evoluzione del bacino sia
legata a esigenze di locomozione e non ostetriche). Quelli apomorfi invece, condivisi con homo, sono l’ala
iliaca verticale e l’ischio più corto; analizzando le mutazioni del cromosoma y si può osservare che sono
comuni a qualcuno mentre ad altri no (si può dunque costruire un albero basato su questa o su un’altra
parte del nostro genoma).

La Filogeografia è l’analisi della distribuzione geografica delle diverse linee di una filogenia. La filogenia
fornisce una dimensione temporale ed evolutiva che è combinata con la dimensione spaziale della
geografia. Quest’ultima è davvero un elemento molto importante.

Se infatti la biodiversità umana è data da una parte dalla componente filogenetica, non dobbiamo
dimenticare la componente adattativa.

la genetica di popolazione è la disciplina che ci permette di studiare le basi genetiche dell'evoluzione a


livello di popolazione (micro-evoluzione). L'evoluzione genetica può essere definita come la variazione delle
frequenze alleliche e genotipiche nel corso del tempo.

La genetica di popolazione ha sviluppato modelli teorici per spiegare il pattern di variabilità genetica
osservata entro o tra popolazioni o specie.

Diversamente dalla genetica delle piante e degli animali, lo studio della genetica umana non può utilizzare
gli incroci sperimentali tra organismi secondo schemi preassegnati.

Gli accoppiamenti tra uomini sono basati sulla scelta spontanea e consapevole del coniuge. L'ipotesi più
semplice è che essi avvengano a caso, senza alcuna scelta preferenziale. Se l'ipotesi è valida, si possono
prevedere sia il comportamento dei geni nelle popolazioni che le frequenze dei vari genotipi.

Come si può verificare se i coniugi si scelgono in modo casuale? L'ipotesi è ragionevole ?

Per rispondere a questi quesiti è stato necessario mettere a punto strumenti con i quali leggere la variabilità
genetica ed elaborare dei modelli per spiegarne il mantenimento e i meccanismi nelle popolazioni.

La popolazione umana mondiale è strutturata in popolazioni mendeliane (modello astratto)

POPOLAZIONI MENDELIANE

dette anche DEMI O SUBPOPOLAZIONI sono gruppi di individui di una stessa specie che vivono in uno area
geografica sufficientemente ristretta da permettere l'incrocio con ciascun altro membro (di sesso
opposto...!).

Le leggi di Mendel spiegano la distribuzione delle frequenze genotipiche/fenotipiche nella progenie.

il modello del pool genico

Il primo importante contributo della genetica di popolazione è stato quello di definire le condizioni in cui il
pool genico (insieme di varianti genetiche) di una popolazione ideale rimane invariato da una generazione
all'altra. Finché i presupposti di quella che comunemente viene definita come legge dell'Equilibrio di
Hardy-Weinberg (HWE) sono soddisfatti, non si verifica nessun cambiamento (in termini di frequenze
alleliche e genotipiche) nella composizione della popolazione. Al contrario, se osserviamo un cambiamento
della composizione genetica nel tempo, sappiamo che uno degli assunti di base previsti dal modello ideale
dell'equilibrio non è stato rispettato.
La prima assunzione dell'equilibrio è l'unione casuale tra gli individui (panmissia). Questa prevede che la
possibilità di una data unione sia unicamente funzione della probabilità statistica, senza che il partner
riproduttivo venga scelto sulla base di caratteristiche (fenotipiche, genotipiche o meno). Nelle popolazioni
umane reali la panmissia può venire a mancare particolarmente in presenza di consanguineità e inbreeding.

Il secondo assunto della legge di HWE prevede che una popolazione sia molto grande. Al contrario,
processi che determinano o hanno determinato una riduzione delle dimensioni nelle popolazioni umane
reali sono alla base dell'azione della deriva genetica.

Un'altra condizione della legge di HWE è che non vi siano migrazioni, e cioè che il pool genico di una
popolazione sia influenzato esclusivamente dalle dinamiche interne, senza che si verifichino spostamenti di
individui (e geni) da una popolazione all'altra. Anche in questo caso, è facile pensare come le popolazioni
umane reali non siano sistemi chiusi, ma al contrario si siano incontrate e mescolate nel tempo con ovvie
conseguenze sulla biodiversità attuale.

L'ultimo aspetto dell'equilibrio prevede che gli individui abbiano la stessa probabilità di sopravvivere e
riprodursi in un determinato ambiente; in altre parole le popolazioni dovrebbero sperimentare assenza di
pressioni selettive.

Le principali deviazioni dall'equilibrio che caratterizzano le popolazioni umane reali rappresentano le forze
evolutive che hanno determinato il cambiamento nel tempo. Alcune di queste forze (inbreeding,
isolamento, deriva genetica e migrazione) hanno influenzato la «storia demografica», sono dunque
variazioni che non influenzano la capacità degli organismi di sopravvivere e riprodursi. Altre forze evolutive
(in particolare la selezione naturale) sono invece responsabili della << storia adattativa >> delle popolazioni
umane, e cioè di come le popolazioni umane abbiano dovuto fare fronte a particolari pressioni selettive in
relazione ad un determinato contesto ambientale, plasmando la variabilità attuale.

Consanguineità e inbreeding

L'unione non-casuale all'interno di una popolazione può risultare dal fatto che gli individui scelgano il
proprio partner riproduttivo attraverso una valutazione della similarità reciproca. Se gli individui scelgono
il loro partner sulla base di caratteristiche fenotipiche condivise si parla di accoppiamento assortativo. Al
contrario, se gli individui scelgono il partner sulla base di caratteristiche fenotipiche differenti
l'accoppiamento è detto disassortativo. Se il criterio si basa non sulla condivisione di certe caratteristiche
fenotipiche ma su relazioni di parentela fra gli individui, si parla di inbreeding e outbreeding. In particolare,
da un punto di vista genetico quando parliamo di inbreeding ci riferiamo a livelli stretti di parentela fra i due
partners, dovuti alla presenza di antenati comuni nel giro di poche generazioni.

Di solito, più che il coefficiente di inbreeding associato ad un singolo individuo, quello che interessa è la
quantità totale di inbreeding in una popolazione. È anche possibile ottenere una stima dell'inbreeding in
una popolazione osservando con quale frequenza gli sposi hanno lo stesso cognome (isonimia).

Un aspetto molto importante che è necessario tenere presente quando parliamo di inbreeding a livello di
popolazione, sono quelle che vengono definite la componente casuale (Fr) e non casuale (Fn)
dell'inbreeding. Se l'inbreeding non casuale può essere definito come il livello di inbreeding effettivamente
determinato da certe preferenze matrimoniali, la componente casuale dell'inbreeding è invece il livello
atteso in base alle dimensioni della popolazione. Questi aspetti sono particolarmente rilevanti se si
considera che le diverse culture umane differiscono notevolmente nella tendenza (spesso legata a fattori
socio-culturali) di consentire o evitare matrimoni consanguinei, e che da un punto di vista demografico,
nelle piccole popolazioni può succedere più frequentemente che vengano a mancare partner potenziali che
non siano in qual che modo più strettamente imparentati tra loro.
Se passiamo ora a considerare qual è l'impatto dell'inbreeding sulla variabilità genetica all'interno di una
popolazione, possiamo facilmente intuire che in presenza di livelli crescenti di inbreeding si verifica
progressivamente un aumento in frequenza degli omozigoti e una riduzione degli eterozigoti. L'effetto
dell'inbreeding è quindi quello di una progressiva riduzione della variabilità.

I più alti livelli di consanguineità sono segnalati in Africa settentrionale, nelle popolazioni del vicino Oriente
e dell' Asia occidentale e in alcune aree dell'India. In Europa i valori più elevati di inbreeding sono stati
riscontrati nella Penisola Iberica, e in Italia sono tendenzialmente maggiori al Sud rispetto al Nord.

Così come la consanguineità varia nello spazio, è possibile registrare anche significative variazioni
temporali. L'utilizzo di fonti storico-demografiche ha infatti permesso di individuare un tipico trend storico
dell'inbreeding che prevede valori relativamente bassi fino alla prima metà dell'Ottocento, cui segue un
marcato incremento fino a raggiungere un picco intorno all'inizio del Novecento e una brusca decrescita
negli anni successivi.

Isolamento e deriva genetica

Come abbiamo visto, una delle assunzioni principali alla base del modello di popolazione i ideale è che le
sue dimensioni siano «infinitamente» grandi. In realtà le popolazioni umane hanno dimensioni finite.
Questo fa sì che, ad ogni generazione successiva, la composizione genetica di una popolazione rappresenti
solo un sottocampione finito della variabilità presente nella generazione precedente. Unicamente per
effetto del caso, la composizione di tale campione può quindi differire da quella parentale, e questo può
determinare una variazione nelle frequenze alleliche che possono andare “alla deriva” in maniera casuale,
potenzialmente fino a raggiungere la fissazione di una certa variante o al contrario la sua sparizione dal
pool genico della popolazione. Questo processo stocastico di sotto-campionamento casuale da una
generazione all'altra prende il nome di deriva genetica.

Gli effetti della deriva genetica dipendono dalle dimensioni della popolazione, e sono tanto maggiori
quanto minori sono le dimensioni.

Gli effetti che la deriva genetica può avere sulla variabilità delle popolazioni umane attuali sono
strettamente legati al concetto di dimensione effettiva della popolazione (Ne), intesa come il numero di
individui di una popolazione ideale in grado di rappresentare tutta la variabilità genetica; infatti si dice che,
data la sua elevata omogeneità, l'umanità ha, nel suo complesso, una variabilità piuttosto bassa.

Esistono in particolare una serie di fattori che caratterizzano non solo le popolazioni umane moderne, ma
anche quelle del passato, e che hanno influenzato in maniera importante i pattern di variabilità attualmente
osservabili. Se consideriamo infatti che le dimensioni delle popolazioni umane raramente si mantengono
costanti nel corso del tempo, possiamo pensare che la variabilità delle popolazioni attuali sia stata
influenzata dalle piccole dimensioni delle popolazioni ancestrali del passato. Questo aspetto ci introduce a
due importanti processi di popolazione.

Il primo, definito effetto a collo di bottiglia, è il risultato di un evento catastrofico che determina la
riduzione improvvisa delle dimensioni di una singola grande popolazione iniziale, per cui una quota
significativa degli individui non sopravvive o viene comunque esclusa dalla possibilità di riprodursi e
contribuire alla variabilità della popolazione nelle generazioni successive.

Il secondo, noto come effetto del fondatore, è invece legato ad un processo di colonizzazione, per cui un
sottoinsieme di individui si separa dalla popolazione originaria e ne fonda una nuova.

Sebbene per motivi diversi, il risultato di entrambi questi processi è del tutto simile: la variabilità nella
nuova popolazione sarà diminuita perché solo un numero ridotto di individui (superstiti o fondatori)
daranno origine alla nuova popolazione, e conseguentemente avremo che la diversità della nuova
popolazione dipenderà esclusivamente dalla variabilità sotto-campionata rimasta.

Esiste un altro aspetto importante che riguarda la deriva genetica e che è strettamente legato al concetto di
isolamento: l'effetto che essa ha non solo sulla variabilità entro popolazione, ma anche sulla variabilità tra
popolazioni. Il parziale isolamento tra demi (cioè sottogruppi nella popolazione separati per questioni
geografiche o culturali) può far sì che i membri di una sotto-popolazione tendano ad essere, in media, più
simili tra loro rispetto a quanto non lo siano con i membri di altri demi. L'isolamento genetico, favorendo
l'azione della deriva genica e l'endogamia, agisce come uno dei principali fattori della diversità biologica
all'interno e tra i gruppi. gli isolati facilitano l'identificazione di varianti genetiche associate non soltanto a
malattie semplici, ma anche a malattie complesse e multifattoriali come quelle associate al rischio
cardiovascolare o di carattere neuro-degenerativo.

Migrazione e flusso genico

Il modello teorico di riferimento definito finora dalla legge di HWE presuppone, come abbiamo visto, che
una popolazione non sia in contatto con altre. Da un punto di vista evolutivo, la migrazione ha conseguenze
sulla variabilità (cambiamento delle frequenze alleliche), se gli individui una volta migrati contribuiscono
anche al pool genico della nuova popolazione nelle generazioni successive. Non basta quindi che vi sia
solamente uno spostamento di individui tra popolazioni, ma è necessario che questo si traduca in flusso
genico, inteso come scambio di materiale genetico da una popolazione all'altra.

Contribuendo con nuove varianti alleliche alla composizione genetica di una popolazione, il flusso genico
oltre che concorrere ad aumentare la variabilità presente entro una data popolazione, può avere anche
l'effetto complessivo di ridurre le differenze tra gruppi: se le sotto-popolazioni di una meta-popolazione
non sono completamente isolate tra loro, la migrazione tra demi provoca la riduzione delle differenze e
l'omogeneizzazione dei pool genici, rendendo cioè la composizione genetica di popolazioni diverse
progressivamente più simile in termini di frequenze alleliche. L'estensione di quanto detto finora a livello
popolazionistico definisce quello che è noto come modello delle isole (island model), che rappresenta
anche il più semplice tra i modelli di migrazione proposti. In particolare, questo modello prende in
considerazione una meta-popolazione, suddivisa in una serie Isotto-popolazioni (o isole) di uguali
dimensioni, che scambiano geni le une di con le altre secondo un processo bidirezionale, con lo stesso tasso
di migrazione per generazione. Sulla base di questo modello le forze opposte di migrazione e deriva
genetica possono raggiungere uno stato di equilibrio in cui il grado di differenziamento tra
sottopopolazioni rimane costante nel tempo. Benché questo modello sia utile, nelle popolazioni reali
esistono ulteriori fattori di complicazione da valutare. Un secondo modello che cerca di far fronte a questo
aspetto delle popolazioni reali è conosciuto come modello dell'arcipelago (stepping- stone model), e
prevede appunto la presenza di una strutturazione geografica, per cui il flusso genico può avvenire solo tra
sotto-popolazioni adiacenti (cioè tramite step successivi che dipendono dalla distanza che le separa). Un
ulteriore aspetto che è alla base del modello di isolation by distance è quello che individui geograficamente
vicini avranno maggiore probabilità di essere più simili rispetto ad individui lontani tra loro.

I fenomeni migratori sono pervasivi nella storia umana e hanno spesso presentato dinamiche molto
complesse. Un tipico esempio di tali complicazioni è la possibilità di avere movimenti migratori asimmetrici,
legati ad esempio al sesso di coloro che si spostano (sex-based migration). Pattern di questo tipo, prolungati
per secoli, si traducono in una maggiore omogeneità dei marcatori genetici associati alle donne (ad es.
mtDNA) rispetto a quelli maschili (cromosoma Y).

Potrebbero piacerti anche