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L’evoluzione della specie

Che cosa è l'uomo, se il suo supremo bene e tutto il prezzo


del suo tempo restringesi nel mangiare e nel dormire? Un
bruto, e null'altro. Certo quegli che ne dotò di questa sublime
ragione, che può veder nel passato e nell'avvenire, non ci ha
data questa intelligenza, celeste facoltà, perch'ella in noi si
rimanga inerte. Questo si legge nell'Amleto di William
Shakespeare.
Comprendere la base genetica dei tratti fisici e
comportamentali che distinguono gli esseri umani dagli altri
Primati rappresenta una delle nuove grandi sfide della
biologia. Dei milioni di differenze nelle coppie di basi tra
esseri umani e scimpanzé, quali particolari cambiamenti
hanno contribuito all'evoluzione delle caratteristiche dell'uomo
in seguito alla separazione delle discendenze Pan e Homo
qualche milione di anni fa? Cosa rende gli esseri umani
moderni diversi dalle grandi scimmie antropomorfe e dai primi
Ominidi? In quali Ominidi e quando nel processo evolutivo
sono apparsi i tratti fisici e i comportamenti significativi?
Dove, nei nostri cervelli più grandi, risiedono le facoltà
specifiche degli esseri umani? Si tratta di interrogativi di
vecchia data in paleoantropologia e in anatomia comparata,
fin dai tempi della scoperta dei teschi di Neanderthal e dai
primi studi sulle grandi scimmie antropomorfe nel XIX secolo.
Oggi risolvere il mistero delle origini dell'uomo significa
andare oltre la descrizione e la storia dei suoi tratti distintivi,
indagando i meccanismi genetici che stanno alla base della
loro formazione ed evoluzione. Con la caratterizzazione del
genoma umano, e quella del nostro 'cugino' scimpanzé in
arrivo, le indagini per scoprire la base genetica dei tratti fisici
e comportamentali che ci distinguono dalle altre scimmie
antropomorfe stanno rapidamente acquistando slancio.
I genomi divergono in funzione del tempo e la maggior parte
dei cambiamenti che si accumulano nella sequenza tra due
qualsiasi specie imparentate tra loro sono selettivamente
neutri o quasi neutri, poiché non sembrano contribuire a
creare differenze funzionali o fenotipiche che possano
costituire dei vantaggi adattativi. È molto importante
sviluppare metodi per distinguere le 'prove incontrovertibili'
dell'evoluzione genetica dell'uomo, dovuta soprattutto alla
selezione naturale, dal normale e non significativo ticchettio
dell'orologio dell'evoluzione molecolare. La misura e la
velocità dell'evoluzione morfologica negli Ominidi
suggeriscono molti cambiamenti evolutivi indipendenti e
incrementali che, sulla base delle recenti scoperte in animali
modello, si ritiene siano di natura poligenica e regolatrice. La
genomica comparativa, la genetica delle popolazioni, le
analisi dell'espressione genica e la genetica medica hanno
iniziato a fare incursioni, in modo sinergico, nella complessa
architettura dell'evoluzione umana. La grande sfida consiste
nello spiegare il numero, l'identità e le funzioni dei geni,
nonché i cambiamenti specifici al loro interno, che hanno dato
forma all'evoluzione dei tratti distintivi del genere Homo e in
particolare di Homo sapiens. Questo traguardo è stato
realizzato solo per alcuni tratti distintivi in sistemi modello: si
tratta infatti di un compito difficile applicare questo tipo di
indagine alle caratteristiche umane sulle quali sappiamo così
poco, e in una prospettiva ampia quanto l'intero arco
dell'evoluzione umana. Jean-Baptiste Lamarck fu il primo a
sviluppare, all'inizio del XIX sec., una teoria concreta
dell'evoluzione graduale, basata sull'eredità dei caratteri
acquisiti e sulla tendenza naturale degli organismi ad andare
verso una maggiore complessità. Il concetto di 'evoluzione' si
impose però solo dopo la pubblicazione nel 1859 dell'opera
On the origin of species di Charles Darwin (1809-1882), in cui
lo scienziato teorizzò il meccanismo della 'selezione naturale'.
La teoria dell'evoluzione ha finalmente consentito di
sviluppare una concezione unitaria di tutti gli organismi viventi
e più di ogni altro concetto scientifico ha contribuito alla
comprensione dell'uomo. Il termine evoluzione implica un
mutamento graduale, generalmente orientato in una
determinata direzione. Più precisamente, l'evoluzione
biologica si definisce come 'mutamento nella diversità e
adattamento di popolazioni di organismi'. Essa riguarda tutti
gli aspetti degli organismi, ossia strutture, percorsi di
sviluppo, funzioni, specie ed ecosistemi interagenti.
Quando Lamarck e Darwin proposero le loro idee, si parlava
di 'teoria' dell'evoluzione percepita, dunque, nel suo carattere
ancora ipotetico. Oggi l'evoluzione è invece un dato
assolutamente certo, quanto il fatto che la Terra gira intorno
al Sole o che la Terra è sferica e non piatta. Le prove a favore
dell'evoluzione sono varie e tutte schiaccianti: tra queste, per
esempio, le serie di fossili incluse in strati geologici
accuratamente datati mediante precisi metodi di misurazione
della radioattività. L'evoluzione è anche comprovata dallo
studio del fenomeno dell'ereditarietà, che ci ha insegnato che
a ogni generazione si forma un nuovo assortimento di
genotipi, e dalle ricerche di biologia molecolare, che hanno
consentito la ricostruzione di mutamenti succedutisi nel
tempo in determinate molecole, mutamenti cui hanno fatto
riscontro quelli di certe caratteristiche strutturali, scoperti da
anatomisti e tassonomisti. Vi sono comunque alcuni specifici
problemi evolutivi che devono ancora essere risolti e
generano controversie anche aspre; tuttavia queste
controversie non mettono assolutamente in discussione
l'evoluzione come dato di fatto.
È stato a partire dagli anni Quaranta del XX sec. che le
posizioni, precedentemente avversate, dei biologi evolutivi
hanno ricevuto un ampio consenso, confluendo in quella che
Julian Huxley ha chiamato la 'sintesi evolutiva', che
costituisce ancora oggi il quadro concettuale della biologia
evoluzionista. L'evoluzione, secondo la teoria sintetica, è
provocata dalla produzione incessante di variazione genetica,
attraverso processi casuali, e dal diverso grado di
sopravvivenza e di riproduzione dei nuovi individui,
geneticamente unici, prodotti da questo processo. Il successo
riproduttivo differenziale degli individui è ciò che Darwin ha
chiamato 'selezione naturale'.
Il processo di selezione ha comunque limiti, che derivano
soprattutto dalla precedente storia evolutiva degli organismi.
Questi infatti sono, a ogni livello, dal genotipo al fenotipo,
sistemi altamente integrati, per cui ogni cambiamento si
riflette su tutte le parti del sistema. Cambiamenti drastici sono
quindi esclusi dal consueto corso dell'evoluzione, che sulla
normale scala temporale della microevoluzione sarà lento e
graduale. Il valore scientifico di lamarck nella storia della
biologia risiede nell’importanza da lui attribuita all'ambiente
come causa delle trasformazioni riguardo all’evoluzione degli
esseri viventi. Ci sono tante specie di viventi che si sono
modificate e diversificate con la spinta dei mutamenti
ambientali , per la necessità di adattarsi ai diversi ambienti.
Con le modifiche ambientali c’è lo sviluppo degli organi
particolarmente utili per la sopravvivenza ; Queste
modificazioni fisiche adattano gli individui alle condizioni
ambientali come ad esempio la giraffa , sforzandosi raggiunge
le fronde più alte degli alberi così ha sviluppato il suo collo e
con l’allungamento delle zampe anteriori.Le anatre hanno
sviluppato zampe palmate più adatte al nuoto ; le talpe ,
vivendo nel buio sotterraneo , sono diventate completamente
cieche .

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