Sei sulla pagina 1di 72

PA R T E P R I M A - L A G R A N D E

PARTIZIONE

CONTRO LA NATURALIZZAZIONE

1. UNA DISCIPLINA SCHIZOFRENICA - Perché soggetto e


oggetti coincidono. Perché considerando le altre discipline,
come possono non essere ‘antropologiche’? In più è scissa:
antropologia biologica e antropologia culturale.
[storia naturale dell’uomo; usi e costumi delle popolazioni
‘altre’). In realtà si potrebbero ‘ricomporre’ nella stessa figura:
la produzione culturale come produzione di un bios.
In realtà questa divisione ricalca una divisione precedente:
quella fra scienze hard e scienze umane. La quale a sua volta
si basa su una ancora più fondamentale, uno dei presupposti
fondamentali della cosmovisione occidentale: la separazione
natura/cultura.
Questa divisione è antica: da Parmenide (essere/non essere) a
Descartes (res extensa/res cogitans): nasce poi, insieme alla
scienza, alle prime esperienze coloniali e alla profonda
ristrutturazione antropologica che apre la modernità.
La strutturazione ontologica dell’uomo, come si auto-
percepisce ed auto-narra, ovvero con una parte ‘condivisa’ con
il resto del creato [hard] ed una parte LIBERA [soft], è alla
base.

Gli umani sono continuamente costituiti come individui dalla


comunità cui appartengono. La plabsmazione culturale, inoltre,
è rilevabile a fondo anche nei suoi effetti ‘hard’, genetici, etc.
L’unico tratto che universalmente lega tutte le culture umane è
quello di ‘lavorare i piccoli’, farli accedere ad una specifica
forma di vita.

NATURALIZZAZIONE - Violenza Teorica —> ridurre qualcosa


al ‘naturale’, è un po’ come ridurlo al ‘biblico’ nel medioevo. Per
esempio i bambini con ADHD: se non ci si interroga sulla
possibile origine culturale della tendenza psichica, è una
pratica tranquillizzante… è così, bisogna solo curarla.

UN RAGIONAMENTO ANTROPOLOGICO: “DIVENTARE


UMANI” - A differenza delle altre specie, negli umani non basta
la ‘biologia’ per diventare adulti. Come soltanto i mammiferi
superiori, gli umani hanno bisogno di cure: speciale però la
durata straordinaria di queste cure.

OMINAZIONE - Quando il ‘dato biologico’ originario della


specie Homo ha smesso di essere sufficiente nella
s p e c i fi c a z i o n e d i u n a d u l t o ? D o b b i a m o s t u d i a r l o
evolutivamente: questa è una cosa unica nelle specie. E’
proprio questa l’ANTROPOPOIESI: diventare umano per via
filogenetica. Solo per gli umani è previsto dall’evoluzione il
diventare ciò che si può essere facendosi attraversare da una
cultura. [nessun umano esiste in via ‘solo naturale’ —> il
bambino senza cultura muore].
Il processo di produzione di individui compatibili ad una cultura
si chiama proprio antropopoiesi; la cultura imprime il suo segno
fin nelle cellule (epigenetica).

Diciamo di più: gli umani sono prodotti di specifiche “verità”


consensuali. Non sono solo teorie alternative: questa è una
produzione che si insinua fin nelle cellule. E questa verità per
l’occidente è IL SISTEMA SCIENTIFICO. Esattamente come
quello teologico nel medioevo, oggi l’occidentale è
impossibilitato ad attribuire un valore di verità al di fuori di
questo.

PARTE SECONDA - IL QUADRO EVOLUZIONISTA

L’evoluzionismo è un paradigma storicamente


determinato. Spesso poi lo si ‘contrappone’ ad un
precedente “fissismo” [progetto divino, Catena
dell’essere, essenzialismo…]. Questo lo si fa in un
ottica di nuovo di normalizzazione, assolutizzazione…
p i ù c h e a l t r o p e r m a g n i fi c a r e l a p r o p o s t a
evoluzionista. Si dovrebbe piuttosto abbandonare
l’approccio progressivo alla scienza: cioè
riconoscere che in ogni epoca ci sono state persone
con una logica, un’intelligenza, una prospettiva
potenti, e non si può “squalificare” quella prospettiva,
rendendola “primitiva” o sempre uguale fino alla
moderna scienza.

Assi portanti della “filosofia naturale” tra 1600 e


1700 - periodo che precede la teoria evolutiva.
Essenzialismo: fino ai presocratici, la PHYSIS di una
cosa era il suo divenire, mutare, il processo delle
cose; da Platone ed Aristotele, la cosa in sé dipende
sostanzialmente dalla sua “essenza”: qualità specifica
della cosa stessa.
Brevità del tempo storico: metà Seicento, arcivescovo
James Usher: calcola biblicamente la creazione nel
giorno domenica 23 ottobre dell’anno 4004 a.C..
Certo, era un calcolo estremo… ma il punto era la
percezione di una relativa brevità del tempo… Le
cose cambiano radicalmente quando si “scopre” la
preistoria…
Unicità dell’uomo —> di matrice biblica (?) infatti poi
portata al massimo dal cristianesimo (?) - uomo come
differenza
Progetto intelligente —> dal Timeo all’ argomento
dell’orologiaio di William Paley 1802.
Catena dell’essere [scala naturae] —> anche questa
da Platone. Presuppone una continuità di gradi di
perfezione: tassonomia “statica”: l’uomo è al centro tra
la perfezione celeste e l’imperfezione sublunare.

Teorie dell’ereditarietà - Se dalla domesticazione


l’ereditarietà è un fatto conosciuto e sfruttato, le teorie
che vi soggiacciono nei secoli sono principalmente
tre: pangenesi, epigenesi, preformazione
PANGENESI —> corpus hippocraticum - tutte le parti
del corpo, generano dei ‘semi’ che si concentrano poi
negli organi sessuali.
EPIGENESI —> deriva dalla teorica ilemorfica di
Aristotele: ma la forma è superiore nel processo alla
materia, e la forma la da il maschio, la femmina la
materia. Accettata sostanzialmente dalla Chiesa
[animazione al 40esimo giorno etc]. ATTENZIONE:
non si parla di spermaTOZOI e OVULI.
PREFORMAZIONE —> 1600, sviluppi della
microscopia: nelle teste degli spermatozoi, si ravvede
un homunculus. Questo ricalca un po’ il “primato”
maschile, completandolo nell’idea della pre-
formazione.
Epigenesi (cioè che ‘parte’ da informazioni genetiche,
ma si sviluppa secondo altro) e preformazione, come
elementi intrinseci, sono dure a morire… Quanto è
‘pre-determinato’ l’individuo? domanda persistente.

UN’EPOCA DI TRANSIZIONE

Crolli e ricostruzioni della Scala Naturae - nel


1700, scoperte geografiche, nuove specie animali,
nuovi umani con caratteristiche che interrogano,
scoperta dei fossili… crisi del modello classico.
Come già la fisica, nel modello scientifico post-
galileiano non c’era posto per eventi non-osservabili
come la ‘volontà divina’—> entra in crisi la varietà
delle forme viventi come dipendente da quella.
L’esponenziale crescita di specie osservate (e
pensiamo anche alla microbiologia) mette in crisi il
paradigma ‘scalare’, e rende necessarie
classificazioni più articolate. Da una classificazione
“lineare” a una “gerarchico-inclusiva”

Visioni di noi stessi: alle origini del razzismo


moderno - Se con le scoperte geografiche (esempio
America) si sono trovati sempre e solo umani
fisiologicamente ‘compatibili’ con l’europeo, si è
arrivati anche da parte della Chiesa (Paolo III) a
confermare l’idea di un’unica razza - ben serviva, in
opposizione al concetto ebraico di ‘popolo eletto’. Ma
chi aveva interesse nello sfruttamento delle colonie,
operò un riorientiamento: sembrano umani ma non lo
sono davvero. Teologicamente: non hanno anima [ma
poi…… anima?? ma quale cristiano può averlo
detto???]
Famosa controversia di Valladolid - Juan Gines de
Sepulveda contro Bartolomé de las Casas - il primo
difende la posizione inferiore sulla scala, per la quale
[l’ho cercato: gli europei si devono comportare come
l’anima con il corpo: informandoli]; de las Casas
invece dice: piena umanità.
Il razzismo moderno nasce proprio come
argomentazione giustificatoria dietro alla possibilità di
mettere in pratica una supremazia tecnologica. Viene
giustificato sempre secondo l’idea della scala: ok figli
di uno stesso dio, stessa razza, ma ingenui, meno
sviluppati, costumi immorali…
I principali naturalisti rifiutarono i raggruppamenti
sovraspecifici (Buffon) oppure li pensarono come un
criterio che non invalidasse comunque la generica
Scala Naturae (Linneo).
Nel 1735 Lamarck inserì (pur ponendoli al vertice del
regno animale) negli ‘antropomorpha’ l’uomo,
sottoinsieme dei ‘quadrupeda’. Inoltre, al nome
generico Homo non segue alcun nome specifico:
accanto a Homo riporta “nosce te ipsum”; nelle
successive edizioni, introduce Sapiens - che in effetti
lo compendia.

La questione della specie: Lamarck - Se Linneo


aveva rifiutato la Scala e mantenuto l’essenzialismo,
Lamarck fa il contrario: la prima teoria evoluzionista
moderna è sua (1809 - Philosophie Zoologique).
Alla base del suo sistema l’idea della generazione
spontanea della vita. Idea antica e dura a morire, di
due tipi: abiogenesi, eterogenesi [da materiale non
biologico, a-bio..; da materiale biologico]. Lamarck
lega la generazione spontanea degli organismi
semplici a quella dell’evoluzione. Ogni organismo può
evolvere lungo la scala, fino all’uomo, il più simile al
divino. La difformità di gradi è data dall’origine più o
meno recente.
La somiglianza tra specie che in Linneo fonda i gruppi
tassonomici, in Lamarck è solo progressione sulla
scala.
Introduce due regole: 1) uso e disuso degli organi: più
una specie usa un organo, più lo sviluppa; meno lo
usa, più lo atrofizza; 2) eredità dei caratteri acquisiti:
le modifiche introdotte con uso e disuso sono oggetto
di eredità.
Fino a poco tempo fa, ‘lamarckismo’, spregiativo,
intendeva: pensi che non esista una barriera tra
caratteri genetici e somatici! Oggi, caratteri epigenetici
e processi di metilazione…).

La questione dei fossili: Cuvier - Linneo aveva


accantonato la Scala; Lamarck l ha recuperata; ma il
colpo di grazia glielo da il barone di Cuvier
(1769-1832). Il problema sono i resti fossili di specie
scomparse.
Cuvier parte dalla percezione/concezione del vivente
come unità integrata: ogni parte porta il segno
dell’intero, è un tutto funzionale. Posso ricostruire
l’animale anche da un fossile parziale. Da questa
concezione, divide gli animali in quattro “branche” che
portano una conformazione evolutivamente
divergente, non compatibile: Vertebrata, Articulata,
Mollusca, Radiata. Le somiglianze non sono derivate
da antenati comuni, ma da funzioni adattive simili.
Capisce che la “scala” non tiene perché ogni specie è
adattiva rispetto al suo proprio ambiente!
Per continuare ad aderire però ad un creazionismo,
spiega i resti fossili come catastrofismo: ci sono state
catastrofi progressive, che hanno portato estinzioni.
Specie animali diverse sono state create in tempi
diversi, adattate ad ambienti differenti.

Lyell e la struttura del tempo - Lyell, geologo.


Teoria dell’uniformità delle cause: i processi fisici che
hanno portato le modificazioni nel passato, che hanno
come risultato il presente, procedevano in egual
modo: quindi, bisogna rigettare i “6000 anni” di tempo
massimo (biblici), e passare a tempi… geologici.

Intersezioni pericolose: Malthus - 1798 pastore


anglicano Thomas Maltuhs pubblica “An essay on the
Principle of Population” - inizio moderna demografia.
Fin dall’età medievale c’era il “dibattito sui poveri”:
semplificando —> vanno aiutati o è peggio?
Malthus procede con andamento matematico: 1) il
cibo è necessario all’esistenza umana; 2) la
popolazione tende a crescere a ritmo maggiore delle
risorse alimentari [esponenziale]; 3) gli effetti di
queste due crescite vanno mantenuti uguali; 4)
siccome gli umani non limitano la crescita
volontariamente, ci pensano guerre, carestie, malattie
ricorrenti.
Risultato: risoluta condanna agli aiuti. Malthus è il
primo a teorizzare la ‘crescita demografica come freno
allo sviluppo’: alta fertilità, se aumenta il lordo, tende
comunque a diminuire il procapite.

IL SISTEMA (INSTABILE) DI DARWIN

MOLTI PADRI E DUE TEORIE CORRELATE -


L’opera di questo gigante è in realtà frutto di istanze
già in fermento all’epoca. Darwin raggiunge questo
risultato attraverso la correlazione organica di due
diverse teorie:
1) tutte le specie sono imparentate tra loro e
discendono da un unico antenato comune
2) le specie evolvono attraverso il meccanismo della
‘selezione naturale’.
In sostanza quindi Darwin sposta uno schema logico
(classificazione gerarchica di Linneo) in uno schema
storico. E il suo meccanismo storico è la selezione
naturale.

ORIGINE UNICA DELLA VITA - Rasoio di Occam —


> l’origine della vita da elementi abiotici si deve
supporre come molto improbabile, quindi —> questo è
il modo per cui si debba avere questa origine una
sola volta, e tutto discenderebbe da qui. Attenzione:
ovviamente ‘altamente improbabile’ non vuol dire
impossibile.

LA VARIABILITà E LA SELEZIONE NATURALE -


Anche Darwin si trova a dover spiegare e articolare
due meccanismi: 1) produzione modificazioni adattive;
2) trasmissione differenziale alle generazioni
successive.
Nell’Origine della specie, Darwin tratta solo la
trasmissione, e non la produzione della variabilità.
Il nocciolo della Teoria: in ogni popolazione, minuscole
differenze tra individui; vengono selezionate quelle più
adattive.
Si noti: Darwin, in altri libri (L’origine dell’uomo e la
selezione sessuale) propone altri meccanismi paralleli
di selezione, e diversi: ad esempio la selezione
sessuale: le femmine della specie trovano più
appetibili certi caratteri nei maschi a un certo punto,
anche se non ci sono ragioni adattive (es: coda del
pavone).

LA SPECIE E LA FILOGENESI - con la sua enfasi


sulle variabilità, la teoria dell’evoluzione per selezione
naturale diede colpo di grazia all’essenzialismo:
l’impianto dell’essenzialismo privilegiava le
caratteristiche morfologiche statiche; Darwin, quelle
variabili e dinamiche: sposta la definizione di “specie”
da una serie di invariabili a un assetto di meccanismi
dinamici.
Il concetto di filogenesi, impensabile prima di Darwin,
è la classificazione gerarchica come schema storico di
ascendenza-discendenza fra le specie. Nello studio
della natura, entra di diritto la Storia.

UNA TEORIA DELL’EREDITA’ - La pubblicazione


dell’ Origine della specie convinse gran numero di
naturalisti: era già nell’aria, che le specie si
modificassero nel tempo. Quello che non convinse
molto fu il meccanismo. Se il ‘progredire’ delle specie
poteva mantenere un’ottica di progetto intelligente,
una selezione casuale su pressioni dell’ambiente
sembrava minare ogni teleologico.
In realtà, per la trasmissione, Darwin rispolvera la
pangenesi ippocratica: gli organi producono delle
gemmule che circolano nel sangue fino agli organi
riproduttivi.
La vera novità è il suo sottolineare il ruolo
dell’ambiente: l’azione ambientale modifica
attivamente - non solo come azione selettiva ma
anche come pressione ambientale sugli organi.

PIEGHE IDEOLOGICHE

BESTIE DI RAZZA - Certo, la teoria dell’evoluzione


per selezione naturale ha spostato verso una visione
processuale e storica anziché determinata
teologicamente ab initio. Però non è caduto, per
quanto riguarda la storia delle idee, l’elemento
funzionale/teologico dell’apologia dell’esistente: si è
spostata la Scala Naturae, da un parametro di
“perfezione” a un parametro di avere “di più” - più
cervello, più complessità, più DNA…
Non è un caso che di li a pochi decenni sia apparso
un “darwinismo sociale”: alcune razze/società/civiltà
sono più evolute, adattate, forti, quindi nobili, e hanno
il diritto di comandare sulle primitive. E… su che basi,
questo “più”? ovviamente, su criteri culturali
Europei….. allora si “confrontano” le razze, ma il
metro e il parametro è delineato sull’europeo…
La stessa unitarietà dell’Homo Sapiens viene messa
in dubbio: i poligenisti ipotizzarono che la separazione
tra razze umane fosse un differenziamento profondo,
se non ancora una differenza tra razze. Lo stesso
termine “razza” (introdotto da Buffon per indicare le
differenti morfologie umane), ha qui assunto termini
sclerotizzati, a giustificare comportamenti razzisti.

VERSO LA GENETICA MODERNA

EREDITà CONTINUA E DISCONTINUA - Per poter


funzionare la selezione naturale aveva bisogno di
tratti di discontinuità: un tratto mutato doveva
conservarsi, non ‘fondersi’ e appiattirsi. Galton, cugino
di Darwin, con trasfusioni su conigli cercò di verificare
le gemmule [che era trasmissione per gemme portate
dal sangue]: non ottenendo risultati.

MENDEL - Negli stessi anni, il monaco Gregor


Mendel, applica matematica e statistica alla ricerca
biologica (pur rimanendo ignoto a tutti per 30 anni,
anche Darwin e Galton). Statisticamente, scopre i
caratteri dominanti e recessivi, ipotizza gli alleli - due
varianti dello stesso gene che porta il carattere,
appaiate), e definisce il fenotipo (manifestato) e
genotipo (conformazione allelica).

FRA GENI E CELLULE - Fine 800, Weismann taglia


la coda a 21 generazioni di topi. Alla 22esima dice
“Non passa”. Quindi: ci sono cellule somatiche e
cellule germinali, e queste non vengono intaccate
dalle modifiche. Poi dice “secondo me sono i
cromosomi le cellule germinali”. Rimase inascoltato,
fino alla citogenetica.
Intorno al 1900, l’idea che le specie evolvessero era
molto accettata. Rimaneva dibattuto il come:
gradualista (darwin) o discontinua (mendeliani)?
Capo dei discontinui: Richard Goldschmidt, sviluppa
l’idea dell’hopeful monster.
Genetica e citologia erano ben separate: all’inizio del
900 esce l’idea che i geni fossero collocati sui
cromosomi —> teoria cromosomica dell’eredità.
Nuova disciplina —> citogenetica.

GLI ESPERIMENTI DI MORGAN - Con la


Drosophila Melanogaster —> “versione complicata” di
quelli di Mendel.
[ciclo di vita rapidissimo, soli otto cromosomi belli
grandi con eterosomi X e Y ben distinti fra loro].
Studia il gene occhi rossi, scopre correlazioni col
carattere “sesso”…

LA SINTESI MODERNA

LE FORZE EVOLUTIVE E L’EQUILIBRO DI HARDY-


WEINBERG - Anni 30-40 del novecento, lavoro
corale. Fusione teoria dell’evoluzione per selezione
naturale di Darwin con genetica Mendeliana. Unità
base dell’evoluzione è il gene.
- l’evoluzione è prevalentemente statistica, legata alla
distribuzione degli alleli nelle popolazioni.
- Perché vi sia evoluzione occorrono mutazioni, e che
si diffondano.
- le mutazioni sono errori di duplicazione del DNA o
ricombinazioni di sequenze cromosomiche durante la
meiosi
- la selezione diminuisce la variabilità della
popolazione, permettendo solo a certe varianti di
sopravvivere
- la deriva genetica diminuisce la variabilità della
popolazione (motivi statistici: pochi individui isolati,
tendono ad appiattire la variabilità di una popolazione
ampia)
- il flusso genico aumenta con introduzione di nuove
popolazioni
STRATEGIE ADATTIVE E RIPRODUTTIVE -
Adattive - 1) Specie “specializzate” - legate a doppio
filo ad un habitat specifico [efficace in condizioni
stabili, fatale in mutamenti repentini]; 2) Specie
“generaliste” - sopravvivere in varietà di ambienti.
Riproduttive - strategie R e K. R) produrre quanta
più prole possibile sperando che sopravviva (salmoni
500.000.000 uova); K) poca prole, prendersene cura
a lungo - fino età adulta.

La Specie è l’unico insieme di enti reali della


classificazione linneiana. E’ quindi la specie a fondare:
regni, generi, livelli gerarchici intermedi… Quindi
servirebbe una buona definizione! Ma è da tempo
dibattuta…
L’idea che esistano gruppi di organismi simili fra loro
sembra semplice, ma a seconda dello sguardo
cambia moltissimo.
1) Definizione tipologica, o platonica —> gruppo di
individui sufficientemente conformi a un insieme fisso
di proprietà
2) Definizione morfologica —> set minimo di caratteri
sufficienti
3) isolazionista o biologica —> gruppo di popolazioni
invereconde e riproduttivamente isolate da altri gruppi
4) definizione di riconoscimento —> individui che si
riconoscono come potenziali partner sessuali
5) coesionale o ecologica —> gruppo di organismi
adattati a una particolare nicchia ecologica
6) definizione evolutiva, o filogenetica —> gruppo di
organismi con antenato comune e come linea
evolutiva che mantiene la sua coerenza nel tempo

LA SPECIAZIONE - Nella Sintesi moderna,


abbandonato ogni hopeful monster, viene anch’essa
posta sotto l’insegna del gradualismo.
Dobzhansky: identificò i meccanismi di isolamento
riproduttivo come fattori essenziali non solo nel
mantenimento, ma nello stesso processo di
formazione della specie. Due meccanismi in grado di
isolare popolazioni appartenenti a un unico gruppo
iniziale: geografici e fisiologici. Con selezione e deriva
genica (fisiologici) può succedere che un sesso del
gruppo 1 non trovi più compatibile l’altro del gruppo 2,
o con organi sessuali evoluti in modo
morfologicamente non compatibile. SPECIAZIONE
ALLOPATRICA - SPECIAZIONE SIMPATRICA -
SPECIAZIONE PARAPATRICA (compromesso: ai
margini).
L’IMPATTO DELLA GENETICA MOLECOLARE -
1953 = Watson e Crick vincono il Nobel per aver
descritto la struttura a doppia elica che caratterizza la
molecola di DNA. La genetica molecolare studia il
DNA contenuto nei cromosomi. Per molti anni, un
assunto fondamentale: il DNA è sequenza di
istruzioni, i geni, e ogni gene codifica la struttura di
una singola proteina. Utile semplificazione didattica,
ma non è così semplice.

GENOMA, GENI E PROTEINE: LA VERSIONE


DIDATTICA - Genoma = dotazione completa di
materiale genetico (DNA) di una cellula. Più in
particolare, si intende di solito quello contenuto nel
nucleo - cromosomi. [nelle cellule c’è anche quello dei
mitocondri..].
Acido deossiribonucleico. Due filamenti di polimeri,
legati da legami a idrogeno a 4 basi complementari
(adenina guanina timina citosina).
Nel nucleo, il DNA non è una unica lunghissima
sequenza, ma diverse catene - ognuna è un
cromosoma.
La quantità di DNA presente nel nucleo nelle diverse
specie è paradossale rispetto alle nostre aspettative.
Perché avvenga la traduzione da gene a proteina,
occorre una serie complicata di passaggi: “lettura” del
DNA, trascrizione dell’informazione, assemblaggio
delle proteine.
Dogma di Crick - la lettura del DNA procede in
un’unica direzione —> smentito dai retrovirus, per
esempio… Poi, in alcuni procarioti si osserva
trasmissione di informazione genetica “orizzontale”
cioè da un organismo ad un altro, che non è ‘figlio’ del
primo.
Qui viene di solito introdotta l’idea di gene: dal punto
di vista chimico fisico è una porzione di DNA; dal
punto di vista logico, sequenza di informazioni che
codifica una proteina. [è una distinzione importante…]
Le proteine sono costituite da amminoacidi (sequenze
di). I quattro nucleotidi A T G C sono letti in sequenza
di tre, detti triplette o codoni.
Nella traduzione, l’RNA messaggero entra nei
ribosomi e qui viene tradotto in amminoacidi. Questi
amminoacidi formano le catene peptidiche, poi
ripiegate in proteine.
Mutazione: ‘puntiforme’, —> ogni volta che la
sequenza delle basi di un gene cambia. Esito
estremamente variabile…

LA TEORIA DELL’EVOLUZIONE NELLA SECONDA


META’ DEL NOVECENTO - L’incrocio fra la Sintesi
moderna e la genetica molecolare sembrava aver
fornito un modello forte in grado di spiegare la base di
tutti i fenomeni biologici: il genoma è un programma, i
geni sono porzioni funzionali del genoma, specificano
i singoli caratteri e sono soggetti a mutazioni. Rispetto
all’evoluzone ipotizzata da Darwin nell’Origine, quella
della Sintesi moderna presenta notevoli differenze:
principale è lo sganciamento della variazione
dall’influsso ambientale. La Nuova sintesi è molto più
darwinista di darwin.
Nella Sintesi moderna, si ’separano’ i due momenti
del processo evolutivo, storicizzandoli: prima, la
comparsa casuale di nuovi caratteri, poi la selezione
causale degli stessi: si è parlato infatti di “Caso e
Necessità”.

IL NEO-RIDUZIONISMO - A partire da metà anni 70


l’evoluzionismo “forte” del caso e della necessità si
impone, e ancora oggi molti lo sottointendono come
orizzonte di senso.
1966 Williams Adaptation and Natural Selection ;
1976 Richard Dawkins Il Gene Egoista —> il soggetto
dell’evoluzione sono gruppi di individui imparentati; /
il vero soggetto è il genoma. Il DNA propaga sé
stesso, è il suo scopo.
Wilson fonda la “sociobiologia”: spiegare
comportamenti umani attraverso il confronto
‘filogenetico’ con quelli degli animali - [le costanti
comportamentali quali aggressività, attaccamento
parentali, impulso sessuale - hanno origine evolutiva,
non culturale —> quindi forniscono vantaggi in termini
di sopravvivenza.

L’EVOLUZIONE PLURALE

CONTRAVVELENI - I testi di Dawkins e Wilson


sono stati la prima cassa di risonanza del
riduzionismo adattazionista, che si è imposto in modo
forte: appiattire l’intera evoluzione sopra le sue
condizioni minime, senza tenere conto della variabilità
(sia inter che intra popolazionistica) e del fatto che
l’evoluzione stessa si è modificata nel tempo.
Criticarlo, vuol dire portare la biologia ad essere una
“scienza storica”: analisi dei fattori contingenti.
L’evoluzione è comunque fatta di individui [quindi ha
sia una linea filogenetica che una ontogenetica], ha
avuto tante forme quante specie esistite.

ALCUNE COSE IN PIù CHE SI SANNO DEI GENI -


Progetto Genoma (anni 90), stimava di identificare
250-500mila geni. I geni del genoma umano invece
sono circa 24.000, meno di un decimo. Si è dovuto
ripensare il funzionamento del modello —> un gene
non codifica strettamente una proteina.
Altro fatto: fino al 90% del DNA non codifica proteine,
e veniva chiamato junk DNA. Ora si sa che ha
funzione fondamentale di supervisione; e l’RNA non è
solo messaggero, ma funzioni regolative.
Ancora molti misteri, che non permettono le
semplificazioni della vulgata —> per esempio, cosa
‘chiede’ al gene di partire con la trascrizione. E’ la
cellula stessa, con stimolazioni esterne quindi. Ma i
fattori di innesco vengono espressi da altri geni,
attivati da altri fattori di trascrizione…
Una delle principali sorprese della genetica di fine
Novecento è venuta dallo studio della drosophila di
nuovo: gli Homeobox, sequenze altamente
conservative di DNA, lunghe circa 129 basi. Si è
notato che questi sono presenti un po’ ovunque dai
funghi ai mammiferi, e hanno funzioni basali,
architettoniche.
Poi ci si è messa l’epigenetica: i tratti epigenetici sono
cambiamenti ereditari nell’espressione del genoma
che non dipendono dalla modificazione della
catena di DNA. Spesso sono processi che
avvengono a livello cromosomico: l’epigenetica, infatti,
ha cominciato a esistere proprio a partire dagli studi
sul processo di metilazione, che consiste
nell’aggancio di un gruppo metile alle citosine del
DNA, e rende silenti intere porzioni genomiche. Il
quadro genetico è stato descritto come una specie di
impronta che modifica l’espressione del DNA,
trasmissibile nelle generazioni.

MICRO E MACRO-EVOLUZIONE - Sintesi moderna,


pensava il processo evolutivo come lento e continuo.
Quindi spiegava le macromutazioni come una serie di
micromutazioni accumulate. Nella ricerca sul campo,
questo modello incontra un problema: non ci sono
spesso gli anelli di congiunzione. Si osservano
piuttosto passaggi bruschi. La Sintesi moderna: le
stratigrafie sono incomplete!
Punto di vista diverso arriva da Elderedge e Gould,
1972, che fondava il puntuazionismo come alternativa
al gradualismo. Partendo dal ‘prendere sul serio’ le
stratigrafie, osservano che ci sono periodi lunghi di
mutazioni quasi zero, e periodi rapidi di mutazioni
importanti.
Da queste riflessioni, si è cercato di far discendere un
nuovo modello, con nuovi concetti, come quello di
TREND EVOLUTIVO —> tendenze generali,
sovraspecifiche, che si osservano talvolta nelle serie
fossili, che accomunano specie apparentate in una
medesima direzione evolutiva. Questo poi punterà al
concetto di Bauplan.
L’EVOLUZIONE DELL’EVOLUZIONE - Le modalità
evolutive non sono state sempre le stesse.
Fondamentale una divisione in due: Fra le prime
forme viventi monocellulari, c’era la trasmissione
orizzontale di geni - geni e frammenti di genoma
venivano trasmessi da una cellula all’altra senza che
tra le due vi fosse relazione di ascendenza-
discendenza.
Pare che l’esplosione cambriana stessa sia stata resa
possibile dall’emergere della riproduzione sessuata, e
dall’incremento nella variabilità individuale che questa
permette [la riproduzione sessuata ha in sé la
ricombinazione da due corredi differenti, le mutazioni
sono molto più frequenti].
BAUPLAN - Nella biologia evolutiva è stato
recentemente ripreso il concetto di Bauplan, ovvero
l’insieme delle proprietà che le specie facenti parte di
un gruppo sistematico hanno in comune e che ne
condizionano l’assetto generale e le linee di sviluppo.
Quindi, il Bauplan non è la ‘somma’ delle
caratteristiche di un gruppo, ma descrive il piano
generale in cui il gruppo si sviluppa —> una formula
coerente di realizzare delle modifiche unitarie, non un
adattamento specifico all’ambiente.

CATASTROFI E ATTRATTORI STRANI - La scienza


positiva dell’Ottocento procedeva secondo linearità, il
Novecento si è caratterizzato per l’accogliere la non
linearità, il caos, modelli di previsione della
discontinuità, etc. Fenomeni dove al sommarsi
progressivo di piccole modificazioni si vede il
‘passaggio scalare’, con un assetto che si ribalta in
modo repentino - ed in modo magari non adattivo,
come nella catastrofe.
Questo tipo di modelli ha aiutato per esempio a
superare la differenza tra gradualismo e
puntuazionismo - un organismo subisce piccole
modifiche, fino a quando la successiva non si ‘realizza
su un altro livello scalare’, e causa una rapida
ristrutturazione complessiva.
Collegato a quello di catastrofe, il concetto di
attrattore: (in matematica) insieme verso il quale un
sistema, in un tempo sufficiente, evolve. Gli organismi
evolvono anche secondo linee di coerenza sistemica
interna - tendono a restare in equilibrio: se l’equilibrio
si rompe (tra due sedie) cercano rapidamente un
equilibrio nuovo. Quindi l’ambiente non è solo il
selezionatore, ma anche ciò che spinge al
disequilibrio.

IL GENOMA E’ UN PROGRAMMA? - No.


Innanzitutto, la correlazione fra osservazione empirica
(del fenotipo) e gene che starebbe ‘alla base’ non
dispone di pattern per i quali, alla modifica del gene,
prevediamo una modifica formalmente analoga del
fenotipo.

IL POSTO DEGLI
UMANI NELLA NATURA

NOTE EPISTEMOLOGICHE - Il ruolo che, nella


Scala, era giocato dall’idea di “perfezione”, è oggi
preso dal concetto di “complessità”.

FORME DELLA VITA

L’ORIGINE DELLA VITA - 13,7 miliardi di anni —>


universo.
4,6 miliadi —> Terra.
4, 1 —> crosta solidificata
4 —> molecole alla base della vita
L’origine della vita a partire da materia inorganica
(abiogenesi) è un tema capitale di cui si sa poco. Molti
modelli ipotizzano che il primo passo siano stati gli
amminoacidi a partire da elementi abiotici.
3,9 —> prime cellule simili a procarioti
3,5 —> presunto antenato universale. Prima forma
vivente, antenato dei viventi… Non si tratta della
prima cellula in ordine di tempo, né di una cellula
singola, ma dell’ultimo insieme di cellule
comunicanti fra loro tramite trasmissione
orizzontale di geni, a partire dal quale si
formarono comunità distinte che diedero poi
origine ai grandi assi organizzativi della vita sulla
terra.

RAMI E FOGLIE DI UN UNICO ALBERO (O NODI DI


UN’UNICA RETE) . L’abiogenesi ‘unica’ è ipotesi. Ci
sono però elementi a sostegno:
- altamente improbabile (Occam);
- tutta la vita sulla terra presenta la stessa
organizzazione fisico-chimica, sfruttando le proprietà
del carbonio;
- e tutte ottengono energia dalla “nanomacchina ATP
sinteasi”;
- altrettanto universale, il codice genetico.
Forse è meglio passare da un diagramma ad albero
ad uno ad arbusto, per evitare l’impressione
teleologica, scala gerarchica [specie viventi - foglie;
estinte e antenati comuni - rami; tronco - origine]
Risalendo alle prime fasi (radici) però, dovremmo
passare a una ‘rete’, piuttosto - per scambio
orizzontale. L’antenato unico è in realtà un insieme
unico di antenati interconnessi.
Solo quando la discendenza verticale diventa molto
più importante di quella orizzontale - esplosione
cambriana - si passa all’arbusto.

PRIMI ASSI DEL DIFFERENZIAMENTO - Antenato


comune - scambio orizzontale. Comunità del cellule al
suo interno si differenziano, sviluppando
caratteristiche peculiari. Evolvendosi separatamente,
arrivano a non poter più scambiare orizzontalmente
all’esterno del gruppo.

Le specie viventi classificate sono 1.600.000,


potrebbero essercene 6 volte tante. Ma con la
difficoltà di definire la specie, la classificazione è dura.
La prima grande classificazione divide cellule dei
batteri e quelle di altri organismi: procarioti ed
eucarioti.
Prive di nucleo, le cellule dei procarioti dispongono di
un unico cromosoma ad anello. Riproduzione
asessuale, anche possibile lo scambio orizzontale.
Fossile procariote: 3,5 miliardi di anni fa.
Eucariota: circa 2 miliardi di anni fa.

REGNI E RADIAZIONI - Gli Eukaryota sono divisi in


quattro regni: Protista, Fungi, Plantae, Animalia.
I protista sono ‘gli avanzi’ - raggruppamento spurio.
Organismi semplici, uni o pluricellulari (protozoi e
alghe per esempio).
Funghi - originariamente nelle piante, oggi considerati
più vicini agli animali in quanto usano carbonio fissato
da altri organismi.
Plantae - vegetali. Cellula rivestita di membrana di
cellulosa, sono autotrofi (ottengono energia
autonomamente)
Animalia - pluricellualri, eterotrofi, digeriscono cibo in
camere interne, dotati di motilità, orientamento
cefalocaudale. Membrana cellulare ma niente parete
cellulare. La maggior parte compare nella esplosione
cambriana, 540 milioni, una radiazione adattiva che li
favorisce.

VIVENTI CHE SI MUOVONO:


GLI ANIMALI

ANIMALI - Si distinguono oltre 30 phyla. Ciascuno


corrisponde a un particolare piano di costruzione del
vivente. La nostra specie fa parte del phylum dei
Chordata, gruppo di oltre 65.000 specie marine,
fluviali, terrestri, del primo Cambriano. Diviso in tre
subphylum: noi siamo Vertebrata - notocorda
sostituita da vertebre cartilaginee o ossee, e il tubo
neurale si differenzia in cervello e corda spinale, e la
testa è molto sviluppata.
Vetrebrata - suddivisi in 6 classi: Chondrithyes
(squali), Osteichtyes (pesci con ossa), Amphibia,
Reptilia, Aves (uccelli), Mammalia.

LA CLASSE - I Mammalia sono pochi, circa 5000


specie. Caratteristiche: omeotermia, ghiandole
mammarie per allattamento, pelo, sistema circolatorio
con cuore a quattro camere; presenza neocorteccia.
La transizione filogenetica da rettili a mammiferi,
lunga, è una delle meglio studiate. 240 milioni di anni
fa, si sono ordinate le prime forme di mammiferi, i
Triconodonti. Questi restano un ordine di piccoli
mammiferi insettivori e notturni a lungo - omeotermia:
occupano nicchia ecologica non disponibile ai rettili.
La radiazione adattiva dei mammiferi avviene solo alla
fine del Cretaceo, quando l’estinzione dei sauri lascia
grandi spazi.
I mammiferi sono animali generalisti. La loro
locomozione permette andature differenti (pensiamo
anche a mammiferi che nuotano bene!). Riproduzione
per strategia K. Notevole sviluppo organi di senso e
grado di encefalizzazione - capacità di
apprendimento: evolutivamente importante
l’adattamento cognitivo!
I PRIMATI

L’ORDINE SENZA QUALITA’ - I mammiferi


placentati sono suddivisi in 17 ordini, in base alla
presenza di caratteri qualificanti. Solo i primati sono
un ordine che non ha una qualità comune. Soluzione
anomala.
I primati hanno:
- struttura corporea primitiva (non specializzata) -
molti manifestano tendenza alla postura eretta della
parte superiore del corpo.
- struttura degli arti generalizzata: praticare diverse
forme di locomozione
- dita mobili, cinque, pollice opponibile (pentadattilia,
unica eccezione la scimmia-ragno)
- artigli sostituiti da unghie
- muso accorciato
- vista binoculare, orbite frontalizzate
- schema dentario semplice e generalista (diete
variabili)
- cervello grande rispetto alla dimensione corporea, e
complesso
- periodo di gestazione lungo rispetto alla taglia
- ciclo di vita lungo

STREPSIRRHINI E HAPLORRINI - L’antica divisione


comprendeva due sottorini: Prosimii [antiche
“proscimmie”, ora Strepsirrhini] e Anthropoidea.
Il sottordine Haplorrhini comprende le specie di
Tarsius e tutte le specie di scimmi, incluse grandi
antropomorfe e umani.
Quindi, negli Haplorrhini abbiamo i Tarsius da una
parte, poi gli altri divisi in Platyrrhini (scimmi del
Nuovo Mondo) e Catarhini (scimmie del Vecchio
Mondo)

I PARENTI PROSSIMI

ALBERO EVOLUTIVO DI FAMIGLIA - Fra i Catarrhini,


la superfamiglia degli Hominoidea include le piccole
antropomorfe, grandi antropomorfe, esseri umani
[nonché tutte le specie che compongono la sequenza
evolutiva a partire dall’ultimo antenato comune a tutte
le specie di Hominoidea attualmente viventi].
Fra 11 e 18 milioni di anni fa la linea della grandi
antropomorfe si separa dalle piccole antropomorfe. La
prima a separarsi è Pongo; poi Gorilla; poi Homo e
Pan.
Gli Hominidae comprendono tutte le grandi
antropomorfe. Al di là dei nomi e dei raggruppamenti,
ciò che risulta evidente è che mano a mano che ci si
avvicina alla nostra specie, le classificazioni si fanno
progressivamente meno neutre.

DIVENTARE UMANI PER VIA


FILOGENETICA

NOTE EPISTEMOLOGICHE - Le caratteristiche


biologiche della nostra specie, come quelle di
qualsiasi altro vivente, hanno coerenza strutturale e
sono l’esito di un lungo processo evolutivo. Derivano
da un movimento evolutivo che, a partire dalla classe
dei mammiferi, passando per l’ordine dei primati e
arrivando alle grandi antropomorfe, rende sempre
meno vincolante l’adattamento ambientale, sempre
più deciso lo sviluppo di facoltà generiche
(apprendere, comunicare, inventare…) anziché di
“risposte specifiche”. La nostra struttura biologica non
è un insieme di vincoli adattivi, ma un complesso di
possibilità che da un certo punto in avanti richiedono
strutturalmente la cultura.
La cultura non si ‘aggiunge’ come un vestito dove
fi n i s c e l a ‘ n a t u r a ’ . C E R C H I A M O D I
RICOMPRENDERE LA CULTURA NON COME UN
EPIFENOMENO NATURALE, MA LO ‘SPAZIO
ENTRO IL QUALE LA NOSTRA EVOLUZIONE E’
STATA POSSIBILE’.

VISIONI DEL MONDO, VISIONI DELL’ANTHROPOS


- IMPLICAZIONI ESPLOSIVE - 1856, grotta nella
valle di Neander, presso Dusseldorf Germania,
individuo con caratteri anatomici strani. “E’ un
cosacco”; “è un subnormale”… è un Homo
neanderthalensis.
La sua parentela con le grandi antropomorfe è stata
confermata geneticamente.

BANALIZZARE PER NON VEDERE - Nella sua


vulgata, la teoria dell’evoluzione sembra oggi proporre
una soluzione unica a tutti i problemi della filogenesi e
ontogenesi: che qualsiasi tratto e carattere variabile
siano frutto dell’adattamento biologico/genetico —>
PAN-ADATTAZIONISMO.
Notiamo che proprio la paleoantropologia recente si è
dogmaticamente sclerotizzata, nel tentativo inconscio
di mantenere le distanze dalla puzza del
trascendente.
E’ quindi comune nei manuali leggere che questo o
quel tratto si è sviluppato PER questo motivo, etc,
dimenticando che l’evoluzione darwiniana non ha
alcuno scopo e nessuna teleologia.
Con questo ‘dogma del solo aumento della fitness’,
praticamente la scienza diviene fede.
L’IDEA CHE OGNI CARATTERISTICA DEGLI
ESSERI VIVENTI SERVA ALLA SOPRAVVIVENZA
AMBIENTALE TRADUCE IN TERMINI BIOLOGICI
L’IMPOSTAZIONE NEOLIBERISTA STA ALLA BASE
NON SOLO DELL’ECONOMIA CONTEMPORANEA,
MA ANCHE DEL MODO CON CUI GLI INDIVIDUI
SONO INVITATI A PENSARE ALLA LORO VITA: LE
S O M I G L I A N Z E F R A L’ “ A M B I E N T E ” D E I
S O C I O B I O L O G I E I L “ M E R C ATO ” D E G L I
ECONOMISTI SONO STRAORDINARIE.

SCIMMIE BIPEDI O UMANI QUADRUPEDI? LA


BEFFA DI PILTDOWN - Il primo passo evolutivo
della nostra linea filogenetica, quello che ha permesso
tutti i salti successivi, è sempre tendenzialmente stato
legato intuitivamente al cervello. Invece sono i piedi:
piedi specializzati che permettono la postura eretta.
Boccone indigesto, rinunciare al cervello… Charles
Dawson, disse di aver trovato 1911 un cranio ominide
“anello mancante” con le grandi antropomorfe: un
cranio sviluppato con mascella scimmiesca. Perfetto!
E… inglese. Era una truffa. Soprattutto nel continente,
invece, si continuava a trovare bipedi con cervellini
piccoli… 1953 smascherata la truffa!!! Era un collage.
PROBLEMI TECNICI E
INTERPRETATIVI

LA DATAZIONE DEI FOSSILI - I metodi di datazione


relativa: comparare noto a non noto. In particolare la
stratigrafia. Strati uno sopra l’altro, ordine di
antichità. —> stratigrafia paleontologica detta
biostratigrafia.
Seriazione: sequenze di manufatti di una stessa
cultura.
Datazione assoluta: caratteristiche fisiche intrinseche
degli oggetti (es radiometriche), come la datazione al
carbonio 14, isotopo instabile cel C 12, entra nella
dieta animale attraverso le piante. Decadendo
“regolarmente”, fino a 40mila anni teoricamente lo
datiamo.
Dendrocronologia. Termoluminescenza.

I CONFINI FRA LE SPECIE FOSSILI - Una grande


difficoltà è quella della parzialità dei reperti, e del loro
‘inserimento’ in un quadro di specie che è già molto
problematico di per sé a livello sistematico e perfino
definitorio! A seconda di come ‘organizzo’ i reperti che
vado via via scoprendo, inserisco i nuovi in un punto o
nell’altro… ma questo può indurre errori. Inoltre, nella
paleoantropologia, ci sono altri meccanismi di
difformità che mettono in difficoltà: processo evolutivo,
età, dimorfismo sessuale, luogo geografico,
condizioni…
SE A TUTTO SI AGGIUNGE CHE PER UN
PALEOANTROPOLOGO IL TOP è DARE IL NOME A
UNA NUOVA SPECIE….

QUESTIONI DI VOCABOLARIO - C’è un ulteriore


problema, che risiede fin nel linguaggio… Spesso
nell’organizzare i reperti e le specie, si tende a vedere
il “punto di arrivo di tutto” nella specie esistente,
dandogli un finalismo… Gli aggettivi “primitivo, antico,
moderno”, non sono innocui…
Ancora: si tende al confronto con le grandi
antropomorfe attuali, specie lo Scimpanzé, come
“modello” delle forme antiche! Ma non abbiamo prove
che l’antenato comune a Homo e Pan assomigliasse
più a questo che a quello…….

PIOVE SUL BAGNATO, OVVERO LA QUESTIONE


DELL’OUT OF AFRICA - Nella seconda metà del
Novecento, la storia coloniale ha portato a
concentrare scavi in africa orientale. Modello imposto!
Fino a pochi anni fa, la paleonatropologia dava per
scontato: 1) un primo lungo periodo evolutivo africano
[7-1 milione anni fa]; 2) prima diffusione fuori
dall’africa, Out of Africa I —> Homo erectus,
attraverso Medio oriente in Asia e europa occidentale;
3) Out of Africa II —> 100mila anni fa, Homo sapiens,
che avrebbe soppiantato gli Herectus.
Le scoperte recenti, molti altri Homo.. tipo l’Homo
georgicus, hanno mostrato che la “culla dell’umanità”
forse è un concetto da rivedere…
Homo georgicus: georgia, 1,7 milioni anni fa —> out
of africa molto prima, quindi Homo abilis, nemmeno
herectus…

DALL’ALBERO AL CESPUGLIO - Dagli anni 90,


descritte almeno una dozzina di nuove specie ominidi.
Prima si pensava un’unica linea portatrice
dell’evoluzione. Potrebbe essere invece una
profusione di specie presenti contemporaneamente
anche in un medesimo areale evolutivo.
R I P E N S I A M O L’ E V O L U Z I O N E C O M E U N A
SEQUENZA NON LINEARE DI EVENTI.

LA GALLERIA DEGLI
ANTENATI

AUSTRALOPITHECUS AFARENSIS (“Lucy”) -


Kenya. Molti fossili di cui uno completo al 40% - lucy -
somigliano a grandi antropomorfe. Non lasciano dubbi
su un completo bipedismo.

AUSTRALOPITHECUS AFRICANUS - Il primo


australopitecina scoperto. Sudafrica.

LA BIFORCAZIONE - E’ comunemente accettato che


la linea evolutiva delle ominine suscisce, dopo A.
Africanus, una biforcazione che separa Homo dalle
cosiddette “australopitecine robuste”: si tratta di tre
specie di australopithecus.
Di fatto, con la separazione tra Homo Habilis e la
prima delle australopitecine robuste (Homo
Aethiopicus), si assiste allo sviluppo di strategie
evolutive differenti: Homo da inizio a una progressiva
encefalizzazione, mentre le australopitecine evolvono
una dieta folivora specializzata.
E’ proprio la modificazione DELLA DIETA a rendere
necessario un apparato di masticazione più
ROBUSTO, con una “cresta sagittale” a cui si
attaccano i potenti muscoli masticatori.

HOMO HABILIS - 2,4/2 milioni di anni fa. Fino agli


anni 60 non si conoscevano specie fossili del genere
Homo diffuse in Africa, ma solo in Europa e Asia. Poi
nel 1960 in Tanzania si trova sta nuova specie, detta
Habilis. Habilis per la sua associazione alla prima
industria litica: fabbricare attrezzi per lo scavenging
delle carcasse. Non si sa se sia antenato umano
diretto. La posizione filogenetica è assai dibattuta.
Potrebbe anche avere Wolpoff che dice che tutto il
materiale Habilis, Rudolfensis, Ergaster/Erectus,
appartenga a un’unisca specie estremamente
variabile e ampiamente distribuita geograficamente.

HOMO RUDOLFENSIS (ex homo habilis) - scoperto


dopo, cranio più capace. Non si sa quali siano le
relazioni, erano probabilmente contemporanei, né si
sa quale è l’antenato di Erectus.

HOMO GEORGIANUS (erectus?) - Datato


prestissimo, 1.8 milioni, in georgia, discendente di
Habilis e antenato dell Erectus asiatico. Potrebbe
essere il primo Out of Africa, verso l’Europa,
strappando a Ergaster il primato.

HOMO ERGASTER (ex homo erectus) - 1.9 milioni in


Africa. Praticamente precederebbe di poco l’Erectus,
e ha minor capacità cognitiva. Ergaster significa
Erectus Africano, e infatti lui vive stabilmente in Africa,
Erectus colonizza mezzo mondo. Può anche darsi che
non siano specie separate.

HOMO ERECTUS - Si intende fossili europei e


asiatici che condividono caratteristiche anatomiche,
compresi tra 1,5 e 0,2 milioni. Dimensioni corporee
simili al sapiens, così come l’avambraccio e i denti.
Mascella più rientrata, naso prominente. C’è una
protuberanza occipitale (toro trasverso). Fuoco e
primo rudimentale linguaggio.

HOMO HEIDELBERGENSIS - 600.000 / 200.000 ,


Europa e Africa. Intermedio fra Erectus e Sapiens.
Potrebbe essere il primo a seppellire i morti.

HOMO NEANDERTHALENSIS - 1856, pezzetti vari


+ teca cranica. Pensarono prima a un orso, poi un
cosacco minorato.
400.000 / 24.000 da Spagna a Uzbekistan. Due
grosse glaciazioni. Il Neanderthal è diviso in periodi,
quindi gruppi, e l’ultimo praticamente convive col
Sapiens che forse arriva dall’Africa. Le differenze
anatomiche col sapiens ci sono, specie nel cranio
(superiore appiattito, toro sopraorbitale, poco mento e
mascella forte, apertura nasale larga e rotonda), ma
alcuni dicono: stessa specie, adattata a luoghi e climi
differenti.
Usavano pietra e legno (paleolitico medio), ma
l’avanzamento più significativo (che giustifica anche i
numerosi ritrovamenti) è che seppellivano i morti con
un CULTO: accuratamente disposti, trovati anche dei
FIORI.
Vivevano a lungo (trovato uno di 45 anni circa) e la
complessità della loro industria e cultura fa pensare a
un linguaggio articolato.

UNA O DUE SPECIE - Sapiens e Neandertal, sono


gli stessi? Francia, Dordogna, ricca di grotte: tracce
di lunga convivenza. 45.000/30.000 anni fa,
Neanderthal scompare improvvisamente. Diverse
ipotesi:
- estinti per uccisione dai Sapiens
- scarsa competitività culturale - estinti
- culturalmente ‘colonizzati’
In effetti, si stanno trovando forme ibride.

HOMO FLORESIENSIS [uomo di Flores] - Isola di


Flores in indonesia. Donna sui 30 anni, alta un metro,
cranio piccolo: potrebbe discendere da Herectus
come il Sapiens, ma essere una “specie-sorella”
rispetto al Sapiens, cioè linea evolutiva differente. In
effetti, queste isole sono già state indicate come casa
di derive genetiche di specie animali e vegetali altrove
estinte, e tendenti al nanismo.
Cosa ci insegna? La probabilità dell’evoluzione non-
lineare, l’importanza del mono/poliregionalismo

HOMO SAPIENS - Siamo noi! compare 200.000


anni fa. Struttura scheletrica più leggera,
ingrandimento dell’encefalo [1400 cm cubi medi],
mento prominente, niente toro occipitale, volta cranica
alta.
Ipotesi poliregionalista: Sapiens deriverebbe
dall’evoluzione parallela di Erectus, Neandertalensis,
Heidelbergensis, poi unificate per fusione continuo
mescolamento genetico. La prova sarebbe la
somiglianza fra alcune popolazione in determinate
regioni attuali e i loro antenati Erectus del luogo!
Ipotesi monoregionalista: Sapiens si sviluppa in Africa
200mila anni fa in un luogo preciso, poi colonizza.
Quindi, la variabilità presente oggi nella specie
sarebbe un fenomeno recente.

QUESTIONI APERTE NELLA


FILOGENESI UMANA

L’ANELLO MANCANTE CONTINUA A MANCARE -


Prima delle tecniche molecolari, si stimava che la
divergenza dagli scimpanzé potesse essere 7 milioni
di anni. Oggi si è arrivati: fra 5 e 7 milioni, in Africa è
vissuto un primate all’origine di due linee evolutive:
una che attraverso le specie dei generi Ardipitecus,
Australopitecus, Homo, arriva all’uomo; l’altra porta
alle due specie di scimpanzé attualmente viventi.
Ha giocato molto un pregiudizio: premettere che la
nostra è quella che si è evoluta di più: quindi,
guardando agli scimpanze, pensiamo che
“assomiglino di più” al genitore comune. Questo si è
manifestato soprattutto nell’ipotesi del momento di
comparsa del bipedismo: se pensiamo che, se noi
siamo bipedi e gli scimpanzé no, allora il bipedismo è
nostro peculiare, quindi l’antenato comune non lo
aveva. Nel frattempo abbiamo trovato Ardipitecus
Ramidus, Orrorin Tugenensis, Saelantropus
Tcadensis, che sembrano già parzialmente bipedi:
allora sono nostri antenati!
Ma… o abbiamo sviluppato il bipedismo
rapidissimamente dopo la separazione, oppure…
abbiamo già trovato l’anello di congiunzione e non
l’abbiamo riconosciuto.

IL DIBATTITO SULLA NEOTENIA - Molte riflessioni


autorevoli anche filosofiche a riguardo. Ne ha parlato
diffusamente Louis Bolk: negli stadi adulti dell’umano
permangono caratteristiche che sono proprie dello
stadio fetale delle grandi antropomorfe. Nei primi
decenni del Novecento si pensava che le somiglianze
si spiegassero con il principio della Ricapitolazione:
l’embrione si sviluppa (ontogenesi) ripercorrendo le
tappe della filogenesi. L’ipotesi della fetalizzazione di
Bolk si contrappone notando che l’adulto umano
mantiene caratteristiche filogeneticamente antiche dei
nostri parenti prossimi… insomma, che nello sviluppo
ontogenetico umano ci sia un rallentamento

L’EVOLUZIONE DEL
CERVELLO UMANO

CENNI ANATOMICI - Il cervello dei vertebrati è


complesso da molti punti di vista. Tre gruppi di animali
dispongono di cervelli complessi: artropodi,
cefalopodi, vertebrati. Artropodi e cefalopodi lo hanno
che si sviluppa a partire da due corde di nervi che si
estendono in tutto il corpo; i vertebrati a partire da
un’unica corda dorsale.
Nello sviluppo dell’embrione umano, l’ontogenesi
dell’encefalo ripercorre in larga misura la filogenesi.
Verme - pesce - mammifero - primate, poi
prosencefalo (in particolare corteccia) e cervelletto,
che sono caratteristiche unicamente umane.

CENNI SULLE SPECIALIZZAZIONI


DELL’ENCEFALO UMANO - In sezione sagittale,
l’encefalo è quindi composto da una successione di
strati, eventi struttura e funzione diverse, la cui
stratificazione ripercorre in larga misura la filogenesi
con gli strati più antichi in posizione profonda e quelli
più recenti in posizione superficiale.
Esistono due grandi teorie sul funzionamento del
cervello: secondo la prima, modello aerale, ciascuna
parte è specializzata in un’unica funzione. Le funzioni
cognitive avanzate emergono come articolazione di
funzioni specializzate. Quindi, il processo cognitivo è
l’articolazione complessa e di secondo grado di
funzioni basilari specializzate: quanto più queste sono
precise e strutturate, tanto la cognizione sarà potente.
Il secondo modello, “modello unitario”: nelle funzioni
avanzate, il cervello si comporta in modo unitario. Alla
base, la notevole plasticità della neocorteccia:
abbiamo prove che se lesionata in un punto, è
possibile che la funzione venga trasferita in un’altra
zona cerebrale.
Oltre a questo, si è osservata una specializzazione
funzionale delle prestazioni cognitive avanzate:
l’emisfero destro controlla le ricezioni e risposte di tipo
olistico, spaziale ed emozionale, il sinistro le
analitiche, sequenziali, linguistiche. Però è osservata
anche la vicariazione di funzioni, in caso di
danneggiamento di uno o dell’altro.
In ciascun emisfero, quattro lobi: parietale
[associazione sensoriale], frontale [controllo del
comportamento motorio], temporale [memoria],
occipitale [visione]. All’interno dei lobi, diverse aree
preposte a funzioni specifiche.

CERVELLO E LINGUAGGIO - Nella competenza


linguistica in generale, il cervello si comporta come
organo unitario. Due aree deposte specificamente:
Broca e Wernicke.

Il carattere peculiare del genere Homo è una marcata


tendenza all’ìncremento delle dimensioni encefaliche.
Questa è stata una vera e propria tendenza evolutiva
p e r d u e m i l i o n i d i a n n i . L’ i n c r e m e n t o d i
encefalizzazione ha portato modifiche conseguenti:
assottigliamento della scatola cranica, appiattimento
del volto, denti più stretti tra loro (meno spazio) bocca
più piccola…

SOLO UNA QUESTIONE DI DIMENSIONI?


L’ENCEFALIZZAZIONE RELATIVA - La
proporzionalità cervello/dimensioni corporee ha una
certa costanza nei mammiferi inferiori, ma non è
rispettata dai Primati, più ricchi di massa encefalica.
Se il cervello aumenta in sovrannumero rispetto
all’aumento evolutivo della massa corporea, un po’
sarà appunto dedicato al controllo delle nuove
caratteristiche degli organi sviluppati, ma avrà dei
neuroni in sovrannumero che possono organizzarsi in
schemi più complessi.

ENCEFALIZZAZIONE SELETTIVA - Alcune parti in


una specie possono essersi sviluppate più di altre:
negli umani si è sviluppata di più la neocorteccia
(funzioni superiori) per esempio a scapito dei lobi
occipitali (vista).

L’EVOLUZIONE DEGLI ALTRI APPARATI DI


GESTIONE DEL LINGUAGGIO - L’innervazione dei
muscoli toracici e addominali per esempio si è molto
sviluppata: probabile per sostenere un controllo della
respirazione a riposo che permette l’articolazione del
linguaggio.

GLI STRUMENTI LITICI

UNA SELVA CLASSIFICATORIA - Paleolitico,


mesolitico, neolitico designano proprio tappe
progressive dell’evoluzione tecnica del nostro genere.
E’ bene precisare che non si tratti di culture, ma di
modi tecnici, impiegati da gruppi diversi, forse anche
da specie diverse e perfino - per un certo momento -
da generi diversi.
Si seguono per complessità, questo è evidente.
Gli scimpanzé e altre grandi antropomorfe e alcuni
mammiferi, usano regolarmente attrezzi: alcuni trovati,
altri preparati consapevolmente.

PA L E O L I T I C O I N F E R I O R E , I N D U S T R I A
OLDUVAIANA - La prima industria ominide, attrezzi
in pietra scheggiata. Il candidato più probabile resta
Homo Habilis, ma non è certo. Fioritura: Africa 2,4 /
1,7 milioni di anni. Estremamente semplice:
sfruttamento di bordi taglienti [riduzione litica].
Quarzo, basalto, selce. Servivano nella lavorazione
del legno, della pelle, macellazione.

PA L E O L I T I C O I N F E R I O R E , I N D U S T R I A
ACHEULEANA - Sviluppata in Africa, associata a
Ergaster, Erectus, Heidelbergensis e prime forme
Neandertalensis. 1, 6 milioni / 100.000. Si
sovrappongono largamente a quelli olduvaiani, e poi
ai musteriani (niente vieta di continuare a produrre
attrezzi più semplici anche dopo!). Come
l’oluduvaiana, scheggia la pietra-base, ma poi la
lavora con martelli di osso e corna. Lo lavora
simmetricamente e su entrambe i lati. Non sono
ancora attrezzi “specializzati” - vengono usati per
varie funzioni.
Secondo alcuni la complessità presume una certa
articolazione linguistica, ma è un’ipotesi.
PALEOLITICO MEDIO, INDUSTRIA MUSTERIANA -
A differenza delle altre, lavora non solo la pietra base,
ma anche le “schegge” che saltano via, facendo
attrezzi più piccoli con potenziale diverso (raschiatoi,
attrezzi denticolati..)

PALEOLITICO SUPERIORE - 40.000 / 10.000


associato al solo Homo Sapiens. Rottura con i
precedenti. Però un dato: Homo Sapiens compare
circa 200.000, mentre il Paleolitico superiore comincia
a produrre reperti nel 40.000 —> per lunghissimo
tempo Homo Sapiens non ha prodotto segni della sua
superiore capacità cognitiva! L’innovazione tecnica
principale è la produzione di strumenti specializzati, in
relazione a tecniche (esempio di caccia) specifiche.
Il dato fondamentale: a un certo punto c’è il
“passaggio” al simbolico: se un raschiatoio ha una
funzione immediata, la “statuetta” o l’ornamento non
paiono averne; e così strumenti musicali, dipinti…
diverse ipotesi
a) rivoluzione culturale avvenuta a un certo punto tra i
Sapiens
b) scarto nell’evoluzione cerebrale - non a livello
macro-anatomico
c) processo graduale
d) analoghe tendenze culturali erano anche tra i
neandertal

ARTE
RUPESTRE

Cioè che ha come supporto la roccia. Particolare


densità in Spagna cantatrice e Francia sud-ovest. Si
pensava che fossero dei falsi, perché male si
accordavano con l’idea di ‘primitivo’ data al loro
bellezza… I più antichi scoperti: sudafrica 75.000
anni. Particolarità in europa: sorta nel periodo di
compresenza Sapiens/Neandertalensis.

DATE CHE SLITTANO - Enorme difficoltà di


datazione: possibilità di contaminazioni successive;
problema del C14 —> può calcolare solo quei colori
che contengono carbonio… Le prime manifestazioni
potrebbero anche essere neandethaliane.
Termina intorno al 10.000 quando vengono fondati i
primi villaggi agricoli —> concomitanza fra rivoluzione
NEOLITICA e abbandono arte rupestre.

CARATTERISTICHE - Vanno osservati nella luce in


cui sono stati eseguiti: le torce. Assenti elementi di
paesaggio. Soprattutto grandi mammiferi, disegnati in
modo realistico, mentre gli umani sono stilizzati!
Segni geometrici ricorrenti, anche e soprattutto
all’ingresso delle grotte (rituali? pannelli di
indicazione?)

INTERPRETAZIONI - Classica: pratica esoterica e


propiziatoria: i cacciatori maschi si riunivano in luoghi
segreti nel cuore della montagna per propiziare la
caccia disegnavano per analogia.
Moderna: si è osservato che non sono scene di
caccia. Da qui, poi, non si sa molto… però occhio al
luogo comune. E’ possibile che l’arte rupestre fosse
un fatto comune, quotidiano, e che quei luoghi fossero
abitazioni.

DIVENTARE UMANI
PER VIA ONTOGENETICA

NOTE EPISTEMOLOGICHE: LE DUE


ANTROPOLOGIE CONVERGONO - Nel capitolo
precedente, dopo aver analizzato i dati della
paleoantropologia, abbiamo concluso che non è
l’anatomia in sé ad averci fatti umani, neanche quel
particolare tratto anatomico delle dimensioni
encefaliche. Il processo di ominazione non è
estrinseco all’umanità: non c’è l’emergere di una
cultura a un certo punto, indossata come un abito.
Biologia e cultura sono nella nostra filogenesi recente,
coestensive: l’umanità come la conosciamo compare
quando la mera appartenenza alla specie non è piu
sufficiente a garantire la sopravvivenza.
Questa interpretazione dei dati dell’antropologia
biologica è confermata dall’altro corno della disciplina:
l’antropologia culturale. La principale invariante
ricavata dall’antropologia culturale è la necessità per
ogni gruppo umano secondo linee che non sono
rigidamente pre-scritte da uno sviluppo biologico
rigido. “Lavorare i piccoli” per farli diventare adulti.
Possiamo pensare alla biologia umana come una
configurazione altamente potenziale, che ha bisogno
di plasmazione.
Lo sviluppo ontogenetico non può essere separato né
dalla storia nella specie né dalla storia del contesto-
Per cominciare, c’è una storia filogenetica: una
configurazione che non ha obbedito ad alcun
finalismo.
Poi, c’è una storia ontogenetica: le condizioni
particolari dello sviluppo individuale.
Gli umani diventano umani specifici: anche all’interno
di contesti molto ristretti, come quello famigliare,
perché ogni individuo riceve stimoli differenti.

ESOGESTAZIONE

PREMATURI E MOLTO LENTI - L’ontogenesi


umana è lenta. Gli individui della specie Homo
impiegano tempi lunghi per diventare adulti.
Mammiferi superiori, in particolare i primati, sono
lunghi. Se passiamo alle grandi antropomorfe, ancora
di più. Gli Homo, più di tutti (anche se relativamente
poco di più dei Pan).
E’ lento, per cominciare, lo sviluppo ontogenetico
intrauterino: 7 mesi e mezzo per i Pan, 9 noi. Anche
dopo la nascita, gli scimpanzè un po’ più veloci:
adolescenza a 8 anni. Noi 10-12 fino ai 16 (culturale,
la fine!).
A cosa serve un tempo di accrescimento così lungo?
A cosa serve l’infanzia?
La biologia teorizza le differenze riproduttive in
strategia r e strategia K. La strategia K, da un punto di
vista adattazionista, è assurda! A meno di fare
intervenire la cultura. Fare intervenire la cultura nella
filogenesi ed ontogenesi di una specie significa uscire
dalla schizofrenia “natura e cultura”, fra processo
anatomo-fisologico e processo emotivo-cognitivo.
L’infanzia è proprio questo: la testimonianza della
storicità del divenire della specie.

QUEL CHE SERVE PER CRESCERE - Dopo il


parto, c’è ancora una esogestazione. I neonati umani
sono “aperti”, poco definiti: il debole confine fra uomo
e ambiente, resta a lungo tempo sfumato. Per tutto
questo periodo, è il contesto a dover garantire che il
bambino non abbia a patire minacce esterne come
minacce di presa di forma per dispersione (vuoto
relazionale). L’esogestazione continua a provvedere
di tutto ciò che fino al parto era garantito dalla
gestazione: nutrimento, calore, protezione… Ma
anche, la messa in forma psichica, collettiva,
culturale.
Spesso si sono appiattite le cure parentali sopra
quelle materiali: in realtà, su molti livelli, la fisiologia
umana dipende dall’ambiente affettivo, psichico,
culturale, sociale.
Aneddoto di Federico II.
Ancora: Lytt Gardner, ha mostrato il nanismo per
deprivazione affettiva.
Studi sugli orfanotrofi: la qualità delle cure è più
importante, per sopravvivenza e sviluppo, della qualità
del cibo.
Se nei primi mesi di vita non vengono esposti al
linguaggio, non lo apprendono più (feral children).

PLASMAZIONI

SECULAR TRENDS - Negli ultimi 100 anni la statura


media degli italiani è cresciuta 11 centimetri. Troppo
rapida per pensare mutazione. Spiegazioni
interlacciate: alimentazione, condizioni generali di vita,
igiene… Ma luce elettrica: attiva la produzione di GHT,
ormone della crescita, prolungando giornalmente la
fase favorevole alla crescita.

IL CORPO CHE FUNZIONA - Per quanto riguarda


l’anatomia, la conformazione muscolo scheletrica
degli occidentali dipende da un lunghissimo
allenamento alla posizione seduta: preferenza per
attività intellettuali, 10 anni minimi di scuola
dell’obbligo…

ALIMENTAZIONE - Le pratiche alimentari “fanno” i


soggetti in profondità. La differenza tra edibile e
commestibile, è culturale: edibile (si può mangiare a
livello fisiologico); commestibile: la nostra cultura lo
mangia, lo trova appetibile. E la storia culturale di un
popolo - quindi dei suoi individui - plasma anche dal
punto di vista genetico. Esempio emblematico la
lattasi.
Fallimento degli aiuti di latte in polvere agli africani…
hanno addirittura peggiorato la situazione.
Quel che mangiamo ci fa ‘bene’ soprattutto se siamo
abituati ontogeneticamente a mangiarlo. La
“dietologia” andrebbe definita: studio delle ‘buone
pratiche’ alimentari occidentali.
Così, diete e digiuni ci sembrano pratiche mortificanti,
correlate a un cristianesimo oscurantista, legate alla
diffidenza cristiana per la materia, e proiettiamo anche
su altre popolazioni! Non vediamo più l’esercizio
ascetico: modificazione del corpo, dello stato mentale
e di concentrazione…

TECNICHE DEL CORPO - Come si fanno le cose:


come si cammina, come si parla, come si mangia,
sorride, gesticola… Questo insieme è l’habitus
psicologico: che ha ovvie ricadute anche sulla
fisiologia!
Studio di Marcel Mauss “Dove ho visto signorine
camminare come queste infermiere americane… al
cinema! tornato a parigi…”.

LA PROSSEMICA - 1966 Edward T. Hall pubblica


“La dimensione nascosta” testo fondativo della
“prossemica”: studio della percezione dello spazio da
parte degli umani, e analisi dell’organizzazione
spaziale delle interazioni. Se il nostro corpo termina
con la pelle, i suoi confini dinamici e relazionali sono
più ampi e variabili.
Quattro “bolle”:
1. zona intima - avambraccio - circa 50cm. Si sente
l’odore, si vedono le caratteristiche della pelle… zona
dell’abbraccio, del sussurro, della totale intimità.
2. zona personale - braccio teso.
3. zona sociale - distanza con estranei e sconosciuti.
Contatti solo visivi e uditivi.
4. zona pubblica - insegnante che fa lezione… voce
più alta.

TEORIE IMPLICITE

DORMIRE, FORSE SOGNARE - Non c’è alcun


comportamento umano, dal più “percepito come
fisiologico” a quello complesso, che non derivi da una
teoria culturalmente determinata, che ha impresso le
sue insegne sui soggetti che a quella cultura
appartengono.
Pensiamo ad esempio al sonno: il rito preparatorio, le
condizioni della stanza, il genitore che mette a letto il
piccolo, che prima lo fa lavare… Ecco, il contesto
infantile del sonno, si fa, nell’adulto, condizione del
sonno.

STARE FRA GLI ALTRI - La plasmazione investe


anche le cose più invisibili: la struttura pulsionale e
l’impianto emotivo. A lungo certa psicologia ha cercato
le “emozioni nucleari”, universali. Non le ha trovate:
anche le emozioni sono imbevute di cultura. Le
emozioni si costruiscono nella relazione con gli altri,
secondo le specifiche modalità di un collettivo.
Il senso del pudore, evidentemente storico culturale! I
nobili se si mostravano svestiti era un gesto di
benevolenza…
Insomma: l’europeo attuale è pulsionalmente
differente da un europeo del Cinquecento o
Medioevo… Possiamo ripercorrere alcune tappe
storiche del costume, come l’ascesa della borghesia
che si ‘distingue’ dai nobili per raffinamento - ad
esempio nel lavarsi, odorare…

LA FORMA DEI SENSI - Persino percezione e


organizzazione dei sensi, differiscono culturalmente…
Alcuni dicono l’equilibrio è un senso, alcuni olfatto e
gusto sono un senso unico, altri tatto della pelle e
percezione del corpo sono diverse…
NORMA, NORMALITA’, NORMATIVA - Concetto di
“normalità”. Vocabolo semanticamente ambiguo,
trappola semantica che imprigiona concetti differenti.
Di solito: aurea mediocritas, ovvero appartenenza al
gruppo di coloro che non sono stigmatizzabili: cioè,
riconoscimento sociale della stessa!
Se lo trattiamo come concetto statistico, sarà una
curva con accelerazione forte verso i valori mediani.
Allora, normale, è una curva… non ha “confini”.
Ancora: l’individuo che ha tutte le caratteristiche al
centro della curva, è statisticamente anomalo!

PER FINIRE, UNA NOTA - In questo contesto


antropologico di plasmazioni multiple, i dati più recenti
delle neuroscienze assumono il loro pieno valore.
Contro la vecchia idea della tabula rasa: il cervello del
neonato è un potenziale sovrabbondante. Lo sviluppo
sembrerebbe fatto per “sfrondamento” del
potenziale, non per accrescimento.

FRA SALUTE E MALATTIA

NOTE EPISTMOLOGICHE - Nel capitolo precedente


abbiamo visto come e fino a che punto la traiettoria
biografica (e quindi culturale) plasmi il nostro essere,
facendo di noi esseri storici fin nel funzionamento del
genoma. Questo significa, infine, che nessuna
“natura” vergine può essere svestita dai rivestimenti
culturali che la longeva separazione ontologica fra il
corpo (la res extensa naturale) e la mente (res
cogitans variabile, non oggettivabile) non ha più
corso.
Quando parliamo di salute e malattie, spesso diamo
per scontati dei presupposti, quelli della medicina
occidentale - biomedicina, che però ha nei suoi
presupposto l’idea di essere la sola riuscita ad
afferrare la verità naturale soggiacente, le leggi eterne
del corpo.
La medicina nasce nel Seicento sui tavoli dei teatri
anatomici: nasce su corpi morti. Questo da un
imprinting: è a grande agio con patologie organiche
(cioè visibili), molto meno con patologie osservabili nei
sintomi ma non in sé.

ANTROPOLOGIA MEDICA - Studio dei concetti


riguardanti le idee di salute e malattia all’interno di
una data cultura. Compare solo negli anni Cinquanta
del novecento. Alla fine della seconda guerra
mondiale, c’era la prospettiva di un mondo finalmente
unificato… impensabile che il timbro non fosse quello
dell’Occidente. E sotto l’egida dell’OMS molti
antropologi furono coinvolti in questa idea di “portare
la salute”.
Il primo ostacolo evidente: non bastava portare i
rimedi: venivano usati ‘integrandoli’ nel loro sistema,
cioè in un modo che all’occidentale sembrava
insensato. Quindi, bisognava rendere adatte queste
culture a riceverle…
Gli oggetti - e le tecniche - non sono neutri. Le idee
stesse di farmaco, di corpo, di dolore, sono produzioni
storiche.

ETNOMEDICINA - L’entrare in contatto con diversi


sistemi terapeutici, portò alla nascita dell’
Etnomedicina. Fondamentale tappa di questo
processo di relativizzazione. Studiando i rimedi
tradizionali… l’occidente trova ciò che è consono alla
sua prospettiva!!! In breve: scova dei nuovi principi
attivi. Ingresso di certe piante nel circuito
farmacologico… popolazioni che si curavano con
quelle, si ritrovano a coltivarle industrialmente, e
magari neppure a poterne più fare un uso libero, per i
copyright industriali…
1978, Conferenza Internazionale sull’Assistenza
Sanitaria di Base ——> “Dichiarazione di Alma Ata”,
pone un ‘vincolo’: sostegno alle medicine tradizionali,
ma….. escludendo le ciarlatanerie!!! E… come
riconoscerle scientificamente?… Passaggio teorico
cruciale. Isolando il principio attivo da tutti gli altri
elementi, tra cui magari la figura del guaritore stesso,
il rituale…
Si apre la questione e riflessione sull’EFFETTO
PLACEBO.

GLI O R I E N TA M E N T I TEORICI
DELL’ANTROPOLOGIA MEDICA - Lungo gli anni
Sessante risultò evidente la necessità di leggere la
malattia secondo una modalità del tutto diversa da
quella della medicina occidentale.
Tre grandi modalità di approccio all’antropologia
medica critica

1) Teoria medico-ecologica - La salute è valutata


come misura di un adattamento ambientale
efficacemente realizzato e può essere studiata
attraverso modelli ecologici. Testimonia lo sforzo degli
antropologi per strappare salute e malattia
all’interiorità dell’individuo

2) Teoria culturale - Modello esplicativo che,


attraverso precise interazioni culturali e sociali,
riunisce una serie di fenomeni disparati (i sintomi) e
da loro un nome collettivo all’interno di un quadro di
senso (malattia). In questo modello la malattia è
conoscibile solo attraverso una serie di azioni
interpretative che presuppongono modalità particolari
di interazione fra biologia, pratiche sociali e sistemi
culturali di significazione.

3) Antropologia medico-critica - aka Political


economy medical anthropology. L’idea secondo cui
l’ineguaglianza sociale e i meccanismi di potere e
sfruttamento costituiscono fattori primari nella
determinazione della salute e dei sistemi di cura, e
quindi anche delle malattie. Condizioni ambientali,
occupazionali, economiche, politiche che determinano
l’insorgenza e il successivo decorso delle patologie.

Esempio lettura dell’ “obesità” —> 1 —> disequilibrio


di adattamento all’ambiente alimentare; 2 —>
condizione patologica in alcuni sistemi, desiderabile in
altri… ; 3 -----> si presenta in modo maggiore nelle
classi a basso reddito…

DISEASE, ILLNESS, SICKNESS - Un’utile


distinzione concettuale è stata introdotta
dall’antropologia medica anglosassone:
- illness: la malattia per come si presenta a chi la
patisce.
- desease: diagnosi, leggibilità della malattia in un
manuale di riferimento
- sickness: dimensione sociale della malattia, il modo
in cui viene recepita, gestita…

UN CASO DI STUDIO: L’ANTROPOLOGIA DEL


DOLORE

CARTESIO, ANCORA - Lo sguardo antropologico


(non dare per scontato il punto di vista come se fosse
assoluto) può essere applicato anche a un fenomeno
in apparenza tutto naturale come il dolore.
Un primo dato sorprendente: l’Occidente
contemporaneo opera un rimozione pressoché totale
del dolore. Il dolore non si condivide, non si mostra. In
occidente, il dolore è un oggetto privo di senso.
Si capisce presto che si tratta di una ‘rimozione’ e non
di un ‘superamento’, da due fattori: diffusione della
sofferenza mentale e assenza di qualsiasi riflessione
sul piacere.
Il dolore per noi è una percezione non passibile di
lavorazione. E’ “sempre gratuito”.
Invece di un superamento della partizione fra dolore
fisico e spirituale che passasse per l’integralità della
storia soggettiva, ci troviamo oggi di fronte a una sorta
di “collasso cartesiano” che riduce tutto il dolore al
polo fisico - ovvero che si presti all’interpretazione
meccanicista.

STORICITA’ DEL DOLORE - Cominciamo dalla


ricca serie di studi che hanno esaurientemente
mostrato la connessione fra la percezione del dolore e
l’antropopoiesi: culturalità del dolore.
L’abitudine cambia la percezione del dolore.
L’inevitabilità e la rassegnazione al dolore lo farebbero
sopportare meglio (studio sugli sherpa e americani in
trekking in Nepal…).
L’ambiente modula il rapporto con cui il malato
“assume” la sua condizione: meno analgesici e tempo
di recupero a una camera d’ospedale con vista sul
parco…
L’ansietà abbassa la soglia di percezione del dolore.
La personalità…
Anestesia da combattimento.
Insomma: il dolore si impara. La plasmazione
culturale ne determina le modalità, sopportabilità e
soprattutto il senso (il quale a sua volta…)

RIMEDI CONTRO IL DOLORE - Il dolore ha


innescato ovunque la ricerca a modi per lenirlo, anche
nelle medicine tradizionali.
ORIZZONTI DI SENSO - Si può andare ancora oltre.
Abbiamo visto come diverse condizioni “culturalmente
determiante” spostino anche drasticamente la soglia
del dolore, restando tuttavia entro la soglia
implicitamente negativa del dolore. Ma il senso può
essere lavorato, fino ad aprirlo a una soglia positiva.
Il dolore può essere:
1) sintomo - di malattia, trasformazione, crisi tra due
momenti di normalità differenti
2) soglia - di accesso a differenti stati di coscienza…
ayahuasca.
3) mezzo . agente positivo di trasformazione,
assunzione di una nuova posizione con maggior
potere.

LA FOLLIA DEGLI
A LT R I : INTRODUZIONE
ALL’ETNOPSICHIATRIA

ALLE RADICI - Se la biomedicina nasce sul tavolo


anatomico come ricerca di oggettività organica, la
disciplina che ha patito di più il raggiungimento
attraverso questa prassi della soglia di “scientificità” è
la psichiatria. Per oltre un secolo, il tentativo di
fondarla su base organica è stato fatto regolarmente e
fallito. Poi, i danni, le malformazioni… sono passate
alla neurologia. Questa distinzione fra scienza hard e
soft ha i suoi segni evidenti: il DSM V ha rinunciato a
qualsiasi ipotesi eziologica sulle malattie psichiche,
limitandosi a descrivere i sintomi.
In generale, a seconda della cultura, il senso che
v i e n e a t t r i b u i t o a l l a s o ff e r e n z a m e n t a l e è
estremamente variabile. Per i Greci la follia non fu
solo il baratro della ragione, ma anche l’incontro con
sfere nascoste della nostra mente.
Mentre l’età moderna è andata verso la prima
interpretazione, altri gruppi umani hanno visto in
queste manifestazioni qualcosa che non rientra nel
nostro concetto di malattia.
L’etnopsichiatria è disciplina non solo di psichiatri, ma
psicologi, etnologi…. proprio per questo crossing di
campi.

PSICHIATRIA, CULTURE E ‘CULTURE BOUND


SYNDROMES’ - La quarta edizione del DSM
introdusse le culture bound syndromes, disordini
culturalmente specifici. Si tratta di sindromi che
combinano sintomi somatici e sintomi psichici
all’interno di un quadro diagnostico, considerate come
malattia riconoscibili solo all’interno di una specifica
cultura o società.
Amok - sud est asiatico: un giovane offeso, non riesce
a metabolizzare. Si isola, prende un’arma rituale,
corre accoltellando la folla, si accascia.
Susto - america latina: uno spavento danneggia chi
lo subisce, strappandogli via un pezzo di spirito.
Sintomi nervosi forti.
Malocchio - Mediterraneo: efficace maledizione
lanciata da sguardo malevolo.

FRA FREUD E MALINOWSKI - Freud tenne in gran


conto il suo complesso di Edipo come punto
nevralgico. In contesti matrilineari Malinowski rilevò le
inadeguatezze del complesso di Edipo, che relegò
alla famiglia patriarcale monogamica.

ERNESTO DE MARTINO: ALCUNI RACCORDI DI


BASE - Importanti connessioni fra antropologia,
psicanalisi, psichiatria, storia delle religioni sono
presenti nell’esperienza di campo e riflessione di
Ernesto de Martino. Il mondo magico - prolegomeni a
una storia del magismo delinea una storia mitico-
esistenziale del magismo, modalità di risposta degli
umani alla crisi della presenza nel mondo. Nelle realtà
contadine del Mezzogiorno: intrecciato di questione di
posizionamento politico.
Come studiare questi oggetti che non ‘stanno’ nelle
categorie della scienza? Quale è il problema
specifico: non si può “ridurre” il ‘magico’ ad altro,
serve un rispetto epistemologico - che per De Martino
non è la parapsicologia della quale dubita. Si avvale di
una raffinata ricerca di equipe multidisciplinare, dove
uno degli oggetti stessi - e preliminare - è la modalità
di ricerca stessa —> superamento delle
compartimentazioni disciplinari.
Tarantismo - Lo studio della tensione fra la
spiegazione biomedica-scientifica e l’ammissione di
variabili di ordine storico-culturale portano de Martino
a riconoscere l’autonomia magico simbolica del
tarantismo. L’etnografo considera il fenomeno in
termini di ethos. Il tarantismo viene descritto come un
dispositivo culturale di sicurezza in grado di
scongiurare la possibilità di perdita della presenza a
seguito di una crisi.
Nascono questioni come: è possibile alla psicologia e
psicanalisi gestire fenomeni così, nati in altri contesti?

Potrebbero piacerti anche