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• Dalla cultura all’antropo-poiesi

IL CONCETTO DI CULTURA DI PIETRO ROSSI


Costumi= modi di comportarsi variabili da tempo a tempo, luogo a luogo mentre l'umanità è fatta di leggi universali. Le strutture
umane----> carattere necessario, costumi------> inaffidabili e arbitrari
1. Natura, costumi e cultura ABITUDINI PER INERZIA

Prima di parlare di antropo-poiesi, ci si deve soffermare sul


concetto di cultura e ancor prima s quello di “costumi”: i costumi
hanno un grado di incidenza minore rispetto a quello che poi avrà la
cultura in senso antropologico.
Passaggio da costumi a cultura(3 fasi):
REALTÀ UMANA FORMATA DA DUE
A– quella dei costumi (pensiero moderno) COMPONENTI

La nozione di realtà umana era costituita da due componenti:


natura umana e costumi, concezione stratificata in cui la natura
umana rappresentava lo stato sottostante, fondamentale, mentre i
costumi erano uno strato superficiale, poiché la natura umana è
fatta di principi e leggi universali, mentre i costumi sono variabili.
Oltre che come elemento superficiale, la componente dei costumi
era considerata d’intralcio e fastidiosa, qualcosa di cui liberarsi.
Secondo questa prima visione, liberarsi dai costume vuol dire
dunque poter accedere a un corretto funzionamento delle facoltà
umane.

B– quella della cultura in senso antropologico “prima maniera”


(esponente più rappresentativo: Alfred L. Kroeber)
In questa visione la cultura non è alternativa ai costumi, essa li
ingloba e non sono più considerati “scarti” o elementi superficiali, i
costumi acquistano coerenza.
GLI SCHEMI A E B SONO ENTRAMBI STARTIFICATI

Dal punto di vista del linguaggio antropologico il termine costume


retrocede sempre di più per lasciare spazio a quello di cultura.
Gli schemi A e B sono entrambi stratificati, ma la differenza sta nel
ruolo dei costumi nello schema A e quello della cultura nello
schema B. Nel primo i costumi sono un elemento d’intralcio, nel
secondo la cultura è un “rivestimento” che l’uomo indossa per
vivere meglio nel mondo.
La concezione B è stata formulata da Alfred L. Kroeber, secondo il
quale la cultura emerge come un fattore nuovo che si aggiunge
all’evoluzione organica. Affinché emerga la cultura, occorre che
l’uomo disponga di una posizione eretta: l’ homo sapiens sarebbe il
vero e autentico portatore della cultura.

C– quella della cultura “seconda maniera”


(esponente più rappresentativo: C. Geertz)
La fase C rappresenta il ribaltamento della visione di Kroeber: gli
ominidi che hanno preceduto l’homo sapiens già disponevano di
una cultura, dunque non è vero che essa emerge dopo la completa
evoluzione organica. Rispetto al ruolo che ha nella visione B, qui la
cultura ha un ruolo più incisivo, dalla cultura come adattamento e
sviluppo si passa a un’idea di cultura come fattore che produce
umanità. La cultura si espande e comprime la natura, considerata
elemento insufficiente a sostenere l’uomo.

2. Teoria dell’incompletezza
Clifford Geertz è sostenitore della teoria dell’incompletezza biologicamente
incompleto
organica dell’uomo, in linea con Gehlen e Herder: per tutti questi
autori l’uomo è un essere carente (Herder) e la cultura interviene per
colmare le lacune e porre rimedio alle carenze, appare come
condizione essenziale dell’esistenza umana.
Secondo Geertz l’uomo è un animale incompleto e il più
dipendente dalla cultura: la cultura interviene per modellare non
soltanto idee e emozioni dell’uomo, ma persino il suo organismo,
esso si “rifinisce” tramite un “completamento culturale”.
Ma la cultura che interviene non è una cultura universale dell’uomo,
bensì una cultura particolare che “rifinisce” secondo forme
specifiche: le culture, secondo Geertz, forniscono sempre
informazioni particolari.
Disinformazioni: contenuti culturali riempitivi che offrono soluzioni
illusoriamente positive, le culture possono sbagliare. sempre secondo
Geertz /soluzioni distruttive e
autodistruttive
Teoria alternativa: secondo questa teoria, la cultura non riempie,
ma aumenta l’incompletezza in quanto l’uomo opera una processo
di selezione, alla base di ogni intervento culturale, che determina
l’esclusione di alcune possibilità, si ha dunque un incompletezza
culturale. ció che genera la particolaritá culturale é la selezione alla sua base.
3) Plasticità
Plasticità: la cultura modella e da forma, la sua plasticità è il punto
di incontro tra scienze della cultura e scienze della natura, in
quanto è il luogo di interazione tra la dimensione biologica e quella
culturale. (Favole e Allovio) secondo Alberto e Anna Oliviero la plasticitá é una caratteristica di
tutte le cellule nervose dotate del potenziale di reagire a stimoli
Antropo-poiesi/antropo-plastica.
Parlare di plasticità dell’essere umano può avere due significati
diversi:
A– Uno coincide con l’idea che l’essere umano sia un essere
plastico, poiché subisce l’azione di fattori modellanti esterni, si ha
un ruolo passivo dell’individuo e una molteplicità di elementi che
costituiscono un esperienza plastica.
L’esperienza plastica: insieme di processi e contesti che incidono
sugli aspetti plastici degli individui, lasciandovi dei segni
Antropo-poiesi passiva. gemelli omozigoti: stesso patrimonio genetico ma modellamento cerebrale
differenti in quanto hanno vissuto ambienti e esperienze differenti
B– L’altro significato è quello di un antropo-poiesi che comprende
l’intenzionalità di modellamento da parte di qualcuno Antropo-
poiesi attiva. nella prima categoria il modello di plasmazione é abbastanza casuale mentre nella
seconda categoria é intenzionale

Werner Jaeger, filologo: parla di plasticità umana. Egli riconosce


nell’educazione una “volontà di vita plastica”, la comunità fa valere
la propria forza per plasmare gi individui secondo la propria iea di
soltanto in Grecia non sussistono----> popolo antropoplasta per eccellenza---->modellano
umanità. l'uomo secondo la sua vera umanitá----> l'idea che la comunitá greca imprime nell'individuo
corrisponde alla vera natura dell' uomo
Due rischi di fallimento: da un lato, oscillazioni e incertezze nei
modelli di umanità e, dall’altro, un loro eccessivo irrigidimento. stato greco:
plasmatore o
modellatore
4) Inventare o scoprire? dell'uomo

Secondo Jaeger, vi sono tre diversi livelli di umanità:


A– i popoli primitivi che non coltivano alcuna forma di umanità e
non si pongono il problema della plasmazione dell’essere umano.
B– i popoli che hanno raggiunto un certo grado di sviluppo, cercano
di riprodurre una forma di umanità e si pongono il problema
dell’educazione e plasmazione dell’essere umano.
C– i popoli che dirigono i loro sforzi antropo-poietici nel plasmare
una forma di umanità universale, secondo Jaeger “noi occidentali”
i greci seppero arrivare alla vera struttura insita e originaria dell'essere , hanno afferrato le leggi profonde della natura
umana. I Greci non soltanto furono i primi a comprendere come l'uomo avesse bisogno di essere plasmato ma anche che
questa plasmazione avviene secondo le direttive della natura umana. Noi europei, occidentali siamo simili ai greci e
completamente diversi rispetto ai popoli orientali, per non parlare degli uomini primitivi
e i Greci, poiché abbiamo saputo combinare invenzione e scoperta
dell’uomo.
— mancano 5) e 6) —

• Temi, nodi, ipotesi: la struttura a rete dell’antro-poiesi


l'evoluzione non é un processo dritto, perfetto che culmina in un'unica soluzione, ossia l'homo sapiens ma
si ramifica,stratifica,portando a varie soluzioni-----> qui i due termini non sono usati in senso filogenetico
(formazione della specie) bensí ontogenetico (formazione dell' individuo e dell'essere umano)

3. Terminologia

Antropo-poiesi fa parte di una famiglia di termini che ruotano


attorno all’idea di genesi dell’essere umano. Il termine più vicino è
quello di antropo-genesi che, insieme ad antropo-poiesi, richiama a
un processo di formazione: il “cammino verso l’umanità”.
2) Fonti
Il concetto di antropo-poiesi è stato esposto ufficialmente per la
prima volta da Remotti nel 1996, precisamente nell’introduzione a
Le fucine rituali. E’ stato poi presentato in sede internazionale in
occasione del convegno La fabrication de l’homme dans les cultures
et l’anthropologie, nel 1997. LE FUCINE RITUALI
Antropo-poiesi: è una parola composta dalla combinazione di
anthropos (essere umano) e poiesis
(fabbricazione, dal verbo poiein, fare, modellare, fabbricare).
Questo concetto nasce da tre fattori: a) il paradigma
“costruttivistico”, in quale utilizza idee come costruzione,
invenzione, immaginazione e finzione; b) l’ideologia mediante la
quale molte società studiate interpretano i loro riti di iniziazione,
PARADIGMA COSTRUTTIVISTICO FONDATO SU IDEE DI COSTRUZIONE, INVENZIONE,
IMMAGINAZIONE+ IDEOLOGIA MEDIANTE LA QUALE SOCIETÀ STUDIATE...+TEORIA
DELL'INCOMPLETEZZA DI GEERTZ
ruotante anch’essa attorno all’idea di generare e costruire essere
umani; c) la teoria dell’incompletezza originaria dell’essere umano,
esposta prima.
4. Quante nascite? / 4) Antropo-genesi / 5) Riti antropo-genetici

La nascita di un essere umano è, per noi occidentali, strettamente


collegata al momento del parto. Ma l’idea di nascita può subire
delle trasformazioni significative a seconda delle culture, si può
distinguere da un lato nascita biologica e dall’altro un diverso tipo
di nascita.
Esempio: Nell’India antica, cerimonia upanayana attraverso un
processo di rinascita, il ragazzo coinvolto nella cerimonia diventa
dviyati, “due volte nato”. bisogna distinguere le nascite in base al prodotto che
esse generano

L’espressione antropo-genesi si riferisce alle nascite che mettono


capo a “esseri umani”, con la possibilità che possano esserci anche
nascite che generano qualcosa d’altro.

-La prima nascita è un fatto biologico e fisiologico;


-Una seconda nascita invece consiste in un rituale di natura sociale
processo culturale costruito e programmato, “finto”. processo che é finto nella nascita
sociale-----> upanayana= il
precettore trasforma il ragazzo in
embrione. Per Eliade= la doppia
nascita si ispira agli uccelli che
6) Antropo-genesi e antropo-poiesi prima fueriescono sottoforma di
uovo dal grembo della genitrice e
Possiamo distinguere due diverse prospettive:
poi si schiudono-----> ma qui é
tutto biologico

A– la seconda nascita è un evento che deve avvenire in un certo


periodo dell’esistenza degli individui, questa prospettiva si limita ad
non ci dice peró quale entitá faccia rinascere socialmente uomini o donne (anche se soprattutto uomini)

affermare che uomini e donne hanno da nascere o ri-nascere


socialmente. Antropo-genesi
fabbricazione B– sono gli uomini stessi a “fabbricare” altri esseri umani, questa
finzione
invenzione seconda prospettiva sottolinea il tema del “fare”, “costruire” esseri

umani. Antropo-poiesi per entrambi permane il dubbio riguardo chi affidare l'incarico della
generazione e formazione: entitá sacre, divine o extraumane o entitá e
processi rigorosamente umani?
7) Finzioni
Questo “fare l’uomo” è poi davvero nei poteri degli esseri umani o si
tratta di un ‘auto-esaltazione? Una sorta di hybris (dal greco,
"far nascere" é una fandonia? é un'illusione dovuta alla
eccesso, superbia) antropo-poietica? fede in entitá sovraumane o una sopravalutazione dei
poteri dell'uomo nella societá
8) Modernità/tradizioni / 9) Critica di Eliade
Secondo Eliade, nell’epoca moderna l’uomo avrebbe operato un
processo di desacralizzazione che avrebbe reso possibile la
“scoperta” dell’esistenza puramente biologica dell’uomo.
Nell’epoca moderna l’uomo accetta di nascere una sola volta e fa
fuori i riti antropo-genetici e antropo-poietici, che sono modelli
per i premoderni: l'uomo é fatto ritualmente e non solo biologicamente
sempre impregnati di sacro. e la 2 nascita non coicnide con quella biologica
Nella modernità verrebbe meno, secondo Eliade, il principio del
“fare l’umanità” come opera divina, sostituito dall’idea di un essere
umano sostanzialmente biologico. Remotti prende le distanze da Eliade in quanto utilizza
categorie di distinzione ormai obsolete in antropologia:
societá moderna e premoderna
10), 11), 12), 13) cose già dette nel primo capitolo:
per Eliade antropopoiesi e antropogenesi sono fattori non culturali ma cultuali
M. de Montaigne: l’uomo si realizza attraverso i costumi.
Herder: i costumi diventano la cultura, che colma il vuoto dell’uomo
(essere carente).
La cultura riempie, forma e modella.
SECONDA GENESI

14) Herder e la prospettiva antropo-poietica


Verso la fine del Settecento Herder aveva formulato gran parte dei
temi di una prospettiva antropo-poietica. La cultura è definita da
Herder una seconda genesi dell’uomo, che nasce biologicamente,
ma poi ha da generarsi e completarsi affidandosi alla cultura.
Il compito antropo-poietico è affidato dunque alla cultura, che
porta al manifestarsi della molteplicità dell’uomo, caratterizzato
dalle sue diverse forme di vita non esiste un’unica forma di
umanità, esistono gli uomini. l'antropopoiesi é un compito irrinunciabile, dal carattere quotidiano
e incessante e non si realizza in un unico come nel rito di Eliade

15) Considerazioni biologiche


Clifford Geertz, negli anni ’70 del Novecento, aveva collegato la
teoria dell’uomo come animale incompleto alle più recenti scoperte
della paleo-antropologia e della neurologia. Decisiva fu la scoperta
della preesistenza della cultura allo sviluppo del cervello.
Il cervello è ciò che ha consentito lo sviluppo della cultura, ma è a
sua volta un prodotto culturale: il cervello e l’organismo richiedono
un ambiente sociale e culturale per poter funzionare. l'espansione corticale umana ha
inizio con lo sviluppo culturale.

16) Rifiuto del determinismo biologico e del determinismo


culturale
Tesi di S. Rose (neurobiologo), R. Lewontin (genetista) e L. Kamin
(psicologo) contro il determinismo non solo biologico, ma anche
culturale: «l’unica cosa ragionevole che si possa dire sulla natura
umana è che è “insito” in essa costruire la propria storia», gli
individui costruiscono di volta in volta i loro ambienti sociali e
culturali, continuando a riorganizzarli e ridefinirli.
La nostra biologia ci ha trasformato in creature che ricreano i propri
contro determinismo biologico che vuole il senso della realtá umana nel suo contenuto genetico
ambienti psichici e materiali, dunque è la nostra biologia a renderci
liberi.

17) Capacità di auto-plasmazione (auto-poiesi) e grado di libertà


L'uomo é condannato ad essere libero
Il tema della libertà, l’essere in qualche modo “consegnati” a se
stessi, è assolutamente centrale nel discorso antropo-poietico.
La libertà antropo-poietica può essere intesa come:
-grandezza dell’essere umano (umanesimo e rinascimento) che
opera un auto-plasmazione di se e del suo ambiente culturale.
–mancanza di modelli fissi (esistenzialismo di Sarte) si propende a
dotare tali modelli di indipendenza autonoma, rinnegando la libertà
originaria grazie alla quale sono stati costruiti, Sarte parla infatti di
mascheramento della libertà. libertá significa mancanza di modelli fissi ,predeterminati e
assolutamente certi dunque se l'uomo plasma se stesso,dove puó
rieperire i modelli di umanitá a cui ispirarsi?

18) Ineludibilità dell’ideologia


Nei processi antropo-poietici si ha inevitabilmente una componente
ideologica, che è presente fin da subito nel discordo antropologico.
attribuzione a qualcuno all'infuori di noi della responsabilitá della nostra plasmazione
–ideologia di de-responsabilizzazione: riduce o maschera la libertà
originaria e si può spingere fino alla negazione dell’antropo-poiesi
stessa. 1)"inventare modelli di umanitá che non sono reperibili da nessuna altra parte"
–ideologia opposta: la libertà originaria viene esaltata e la capacità
questo avviene nei rituali di costruzione dell'umanitá in
di auto-plasmazione sopravvalutata. cui, mentre si fanno gli uomini, si provvede anche a
definire e stabilire certi tipi di potere come uomo>donna
e adulti>giovani
19) Fecondità dell’ipotesi antropo-poietica
Si hanno due ipotesi (riferimento al punto 10, sul libro):
partendo dall'idea(Herder) che l'uomo ha da affrontare costantemente il compito di reinventarsi si puó facilmente capire come
tale compito venga spesso affidato ad altri, ad altre entitá umane,sovraumane o extraumane: sarebbe invivibile un'esistenza
dove il compito antropopoietico fosse tenuto costantemente presente , di continuo ad ogni istante-----> l' insostenibilitá del
compito antropoietico porta a relegarlo in un determinato periodo circoscritto e culturalmente definito----> i rituali di iniziazione
o seconda nascita.
a) antropo-poiesi come compito costruttivo a cui non ci si può
sottrarre
b) antropo-poiesi come finzione
Entrambe sono conciliabili se si pone come presupposto l’ipotesi a,
che può rendere conto anche di ciò che si occupa l’ipotesi b.
L’antropo-poiesi è un processo a partire dal quale possono scaturire
tutti gli aspetti con cui gli esseri umani danno forma al loro essere.

20) Casualità, arbitrarietà, senso delle possibilità


per sopportare l'insostenibilitá di un compito antropopoietico ci si affida ad altri, attenuandosi l'Angoscia della Libertá (sartre)
ci sono vari Un dato su cui occorre riflettere è l’insistenza del tema della
modi per
scampare al casualità, dell’accidentalità e dunque di arbitrarietà, che affiora

affidarlo a indagando sulle origini dei rituali antropo-genetici in molte società


ruolo antr.:

divinitá,
societá, che Eliade avrebbe definito pre-moderne.
spiriti o
natura opp
Una conferma di questa arbitrarietà si ha, ad esempio, con i Dìì del
si giunge
alla sua
Camerun, i Gisu dell’Uganda e i Kaliai della Nuova Britannia: si
negazione ricorre a agenti o entità extra-umani a cui addebitare il carico di
o la ritualitá
comporta responsabilità antropo-poietica, ma una traccia della libertà
una riduzione.
originaria è difficile che non venga conservata, prendendo la forma
di un riconoscimento dell’arbitrarietà originaria.
21) Umorismo
Questo paragrafo non è nemmeno degno di essere letto!
22) Riflessioni e senso critico
I rituali si configurano spesso come “spazi di riflessione” su ciò che
si sta attuando: una finzione di umanità nel duplice senso che essa
riveste:
-da un lato ci si accinge a costruire, a fabbricare e modellare esseri
umani
-dall’altro, e nello stesso tempo, si finge l’inevitabilità del modello
antropo-logico adottato
La prospettiva antropo-poietica è in grado di comprendere
entrambi gli aspetti. Si è tenuti, “condannati”, all’antropo-poiesi e
quindi a fingere (costruire, modellare). Ma questa finzione
costruttiva se ne trascina dietro altre.

23) Altre finzioni


Ulteriori finzioni:
a) far credere che non siamo “noi” ma sono “altri” a provvedere al
compito antropo-poietico (antenati, divinità…)
b) far credere che ciò che si è finto non sia un particolare tipo di
umanità, ma l’autentico modello di umanità
c) ritenere che ciò che si finge ritualmente sia davvero una rinascita
(antropo-genesi) o una fabbricazione (antropo-poiesi)
d) dimenticare che costruire l’umanità non riguarda solo i rituali ma
anche gli aspetti più minuti della vita quotidiana
24) Livelli e modi diversi di fare umanità:
a) antropo-poiesi anonima, continua, inconsapevole.
Antropo-poiesi inconsapevole nel flusso comportamentale si
formano delle derive antropo-poietiche, movimenti non voluti, che
conducono alla formazione di tipi di umanità. Per capire meglio si
può ricorre alla metafora di una mano impersonale che modella in
modo tacito menti, corpi, comportamenti: una invisibile mano
antropo-poietica.
25) Livelli e modi diversi di fare umanità:
b) antropo-poiesi programmata, discontinua, consapevole.
Antropo-poiesi consapevole esiste un altro modo di fare umanità,
quello di assumere esplicitamente il compito antropo-poietico,
tentando di realizzarlo in contesti, luoghi e tempi decisi. Si passa
dunque da una modalità inconsapevole ad una consapevole, da
una modalità continua a una programmazione che interrompe
periodicamente la “vita quotidiana”.
26) Eterogeneità e contrasto tra le due modalità antropo-
poietiche
I due modelli sopra descritti sono radicalmente diversi: il primo può
essere definito come un continuo modellamento che i soggetti
subiscono o a cui si adeguano, per il semplice fatti di essere immersi
nella vita sociale; il secondo è invece costituito da un sapere
antropo-poietico a cui si accede grazie all’esperienza critica dei
rituali di iniziazione.
27) Come si fa a “fare umanità”?
Ai livelli a e b se ne può aggiungere un terzo, inerente alla
consapevolezza di come si possano inventare e costruire forme di
umanità nuove, aprendosi al tema della creatività antropo-poietica.
Le società hanno bisogno di sviluppare un sapere approfondito
relativo al fare umanità: l’antropo-poiesi è un compito irrinunciabile
per ogni società, ciò comporta che le società stesse investano
risorse per lo sviluppo di questo sapere.
I rituali sono momenti in cui si prende coscienza critica delle proprie
forme di umanità e ci si pone la domanda relativa al come fare per
fare umanità.
28) Irreperibilità dei modelli di umanità
Il sapere antropo-poietico è fatto di molte incertezze e di molti
interrogativi, il più drammatico è “un uomo che cos’è?”, domanda di
carattere universale.
L’essere umano impiega la sua cultura per dare forma a se stesso,
da sempre gli esseri umani si sono posti il problema dei modelli di
umanità da adottare nelle loro vite, nelle loro società.
Ma non ci sono modelli saldi e definitivi, si ha dunque una
irreperibilità degli stessi e una precarietà antropo-poietica da cui
possono scaturire due reazioni:
a) la prima consiste nell’accettare il compito antropo-poietico nella
sua precarietà di fondo
b) la seconda consiste invece nel celare questi limiti e sostenere che
la prospettiva antropo-poietica che abbiamo fatto nostra è la
vittoria sulla precarietà umana: questa sarebbe davvero hybris sul
piano antropo-poietico (punto 7)
29) Accettazione della precarietà antropo-poietica (reazione a)
Molti rituali antropo-poietici perseguono lo scopo dello svelamento
delle finzioni su cui si regge la società. Ad esempio per i giovani
della regione Kaliai la maturità sta nel riconoscimento
dell’inevitabilità sociale delle finzioni, a cui può essere accostato il
riconoscimento della casualità e dell’arbitrarietà delle istituzioni
antropo-poietiche.
Un altro esempio ci viene dagli Ndembu con il mukanda, rituale
difficile e pericoloso che porta i giovani proprio a svelare la sua
caratteristica di arbitrarietà e precarietà e a penderne
consapevolezza.
30) Celare la precarietà antropo-poietica (reazione b)
Si può raggiungere lo scopo di celare la precarietà dell’antropo-
poiesi coinvolgendo le divinità, credendo che i problemi antropo-
poietici siano già stati ab origine dalla nostra divinità. Questa
soluzione antropo-teologica richiede la formulazione di due articoli
che richiedono un “atto di fede”:
a) noi siamo stati fatti da Dio Ebraismo, cristianesimo
b) Dio ci ha fatti simili a lui e modernità.
31) Diventare più simili a Dio
L’idea del progressivo “assomigliamento” a Dio si spinge oggi fino al
punto di volere conquistare con la tecnologia l’immortalità eterna;
non è più Dio che si è fatto uomo, l’uomo che ritiene di aver
acquisito poteri antropo-poietici sempre più simili a quelli un
tempo attribuiti solo a Dio.

32) Antropo-poiesi trans-umanistica


E’ molto diffusa, nelle diverse società, l’idea di intervenire sul
proprio corpo con l’inserimento di corpi estranei o con la
sostituzione di organi artificiali in grado di imitare le funzioni
biologiche. Questi interventi possono spesso essere interpretati
come lotta contro il tempo: ad attenuare questa potenziale hybris si
affaccia la consapevolezza delle finzioni a cui ci si adatta. Nella
modernità più spinta emergono però progetti antropo-poietici da
cui è esclusa l’idea frenante della finzione. Ad esempio molti
movimenti trans-umanisti, che si rifanno al pensiero di Teilhard de
Chardin, teorizzano la possibilità dell’uomo di trans-umanizzarsi
grazie alla tecnologia e di avviare un processo evolutivo guidato
dall’uomo stesso.

33) Completezza o incompletezza antropo-poietica


Eric Steinhart, riflettendo sulle convergenze tra il pensiero di
Teilhard de Chardin e i trans-umanisti,pone in luce l’idea di
completezza e incompletezza come criterio per distinguere due
concezioni diverse di antropo-poiesi:
–completezza: antropo-poiesi che trascende i limiti della condizione
umana (la morte, la biologia…)
–incompletezza: i programmi antropo-poietici non travalicano quei
limiti e tale consapevolezza si manifesta attraverso l’idea della
finzione, del dubbio.
La distinzione tra i due tipi di antropo-poiesi sta proprio nella
superabilità o insuperabilità dell’incompletezza:
a) un’antropo-poiesi segnata dalla propria hybris
b) un’antropo-poiesi contraddistinta dalla consapevolezza della
propria miseria
34) Deificazione o dèbrouillardise antropo-poietica?
L’ipotesi a non è esente da ambizione di deificazione, idea della
“divinità dell’uomo”; l’ipotesi b potrebbe essere descritta invece
con un termine usato da chi per le strade di Kinshasa esercita l’arte
dell’arrangiarsi in francese se dèbrouiller, da cui deriva il termine
dèbrouillardise. Quella dell’arrangiarsi è un arte costantemente
accompagnata dalla consapevolezza del rischi di fallimento. Il
principio dell’incompletezza comporta da un lato l’esigenza
dell’antropo-poiesi e, dall’altro, la precarietà dei mezzi con cui
tentiamo di porvi rimedio.
35) L’inizio a cui aggrapparsi
Facendo riferimento alle riflessioni di Hanna Arendt, si potrebbe
dire che le soluzioni totalitarie, definitive e deificate costituiscono
«un’evasione suicida da questa realtà». Invece di pensare alla
creazione di un “uomo nuovo”, sarebbe più ragionevole
aggrapparsi all’idea di inizio di cui ogni dèbrouillardise si avvale e
che Hanna Arendt elogia alla fine del suo libro sul totalitarismo: una
possibilità che torna costantemente a ripetersi, la suprema capacità
dell’uomo che si identifica con la libertà umana garantita ad ogni
nuova nascita; l’inizio, così si conclude il suo libro, «è in verità ogni
uomo». uomo nuovo: un' umanitá che grazie a dio o alla tecnologia abbia risolto il problema antropopoietico

Fare-disfare corpi
III. L’enigma dell’ornamento. Prologo darwiniano
1) Debolezza e successo biologico della specie umana
Charles Darwin non viene preso molto in considerazione dagli
antropologi, ma nonostante ciò ha molto da insegnargli, se non
altro a proposito del suo lungo giro attorno al mondo. Ciò di cui
vogliamo occuparci in relazione alle teorie darwiniane riguardano la
domanda: cosa fanno gli esseri umani del loro corpo in vista di fini
estetici?
Se n’è occupato Darwin, ponendo a confronto specieumanae specie
animale, in The Descent of Man and Selection in Relation to Sex,
pubblicato nel 1871 (stesso anno di edizione di Primitive Culture di
Taylor, libro fondamentale per la storia dell’antropologia).
La sua riflessione antropologica verte su due approcci diversi:
-essere umano collocato nel contesto generale della natura,
rimarcando la somiglianza con gli altri mammiferi
-inevitabile riconoscimento delle peculiarità della condizione
umana
In particolar modo viene messo in luce un aspetto peculiare: se si
pone l’essere umano a confronto con gli altri primati non può non
colpire la nudità della pelle. Darwin ritorna spesso su questo
carattere ponendolo in relazione a due tematiche divergenti:
A– il carattere inerme dell’uomo
B– il rilievo che assume l’ornamento per l’uomo
A: come per Herder e Geertz, anche per Darwin l’essere umano è
caratterizzato da mancanze e penurie, lo studioso britannico
prende infatti in considerazione le tesi del duca di Argyll secondo
cui «l’uomo è una delle creature più prive di aiuto e di difesa del
mondo», lo stato nudo dell’uomo va ad aggiungersi alle altre
mancanze. Nella tesi del duca di Argyll fragilità e debolezza
dell’uomo divengono sempre maggiori quanto più procede la sua
evoluzione, ma non decretano la scomparsa della specie. Questa
mancanza si traduce, per Darwin, in «un immenso vantaggio»
poiché costringe l’uomo a puntare su alcune qualità che lo
contraddistinguono.
Il nesso tra debolezza organica e forza organizzativa è data, per
Darwin, da tre fattori:
a) sviluppo di facoltà intellettuali, che si esplicano nel linguaggio
articolato: capacità di osservazione, memoria, curiosità,
immaginazione, ragione.
b) incidenza di costumi sociali: la socialità prende forma attraverso
la simpatia e l’amore verso i proprio compagni, sviluppando
solidarietà e reciproco aiuto
c) particolarità della struttura fisica: alcuni degli aspetti fisici
dell’uomo ne hanno determinato il successo, soprattutto l’uso di
una mano perfetta (che si deve anche all’acquisizione del
bipedismo).

2) Un ponte tra animali ed esseri umani: la cultura


Un qualunque antropologo avrebbe aggiunto, ai tre fattori elencati
prima, la nozione di “cultura”. Quando Darwin parla dei fattori che
portano l’uomo al successo, descrive anche le condizioni attraverso
le quali gli antenati degli esseri umani sono diventati animali
culturali.
La cultura è il nesso tra la penuria dell’uomo e il suo successo, ma
Darwin non ne parla in senso antropologico e usa il termine solo nella
sua accezione tradizionale: la cultura degli uomini colti, che si
differenziano dai barbari. Questa mancanza terminologica è dovuta
al fatto che la più famosa definizione antropologica di cultura si trova
nel libro di Taylor uscito in contemporanea a quello di Darwin (vedi
paragrafo precedente):
«La cultura, o civiltà, è quell’insieme complesso che include la
conoscenza, l’arte, le credenze, la morale, il diritto, il costume e
qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo in quanto
membro di una società»
La concezione antropologica di cultura non poteva certo essere
familiare a Darwin, non poteva accettare l’idea che la specie umana
costituisse un dominio a sé poiché questo avrebbe rappresentato la
negazione di tutti quei legami e di quelle continuità con le altre
specie animali. Nelle argomentazioni di Darwin il concetto di
cultura potrebbe inserirsi purché esso non sia considerato
patrimonio esclusivo dell’umanità, bensì come risorsa già presente
in natura.
-pagine 68 e 69 mancanti-
3) Il senso del bello. Come spiegarlo?
La seconda tematica affrontata da Darwin riguardo alla nudità
dell’uomo è quella che prende in considerazione l’importanza
dell’ornamento (vedi paragrafo 1):
B: per riflettere sull’importanza estetica dell’ornamento, è bene
partire da alcune considerazioni sul linguaggio, in particolare sul
linguaggio articolato: esso, secondo Darwin, non è un istinto ma
un’arte da apprendere; la tendenza istintiva, infatti, è una base
necessaria, ma non sufficiente. Inoltre, ciò che viene appreso nel
linguaggio articolato dell’uomo, non è una lingua universale, ma
lingue e dialetti particolari.
L’osservazione che ci porta al tema dell’ornamento riguarda «la
costruzione perfettamente regolare e magnificamente complessa
dei linguaggi di molte nazioni barbare».
Dopo aver considerato la varietà delle lingue umane, Darwin, non
può non affrontare il tema del senso del bello suoni, forme, colori
possono produrre un piacere estetico, che ritroviamo tanto negli
uomini quanto negli animali.
Il senso della bellezza determina nell’uomo cambiamenti di
costume e, Darwin, rimane colpito dal piacere che tutti gli esseri
umani provano nel recitare, dipingere o tatuare e decorare il
proprio corpo.
E’ l’ornamento e il piacere dell’uomo nell’adornarsi ciò che
inizialmente attrae l’attenzione dello studioso britannico,
successivamente emerge invece il tema opposto, quello del dolore.
Le sofferenze causate dalle mutilazioni corporali e dagli interventi
estetici, sono notevoli; ci dev’essere una profonda convinzione della
loro necessità. Piacere e dolore sono le due dimensioni soggettive
dell’ornamento: se l’ornamento da piacere, il dolore è il prezzo da
pagare per averlo.
La ricerca della bellezza è uno dei temi fondamentali di The Descent
of Man, tema articolato su due piani: a) universalità dell’esigenza e
b) particolarità delle realizzazioni
Tutti gli esseri umani ricercano la bellezza (hanno bisogno di
bellezza), ma i modelli di bellezza che inventano e realizzano sono
spesso divergenti.

IV. Interventi estetici sul corpo

1) La dimensione estetica e i suoi confini


racconta la storia di Ermia, Lisandro, Demetrio, Egeo, Teseo

- Ammettere la dimensione estetica di qualsiasi intervento antropo-poietico significa riconoscere l'onnipresenza del corpo in
ogni intervento. Anche quando il corpo viene trascurato o condannato subisce effetti estetici di indubbio rilievo: il rifiuto di
curare l'estetica del corpo e comunque una scelta di tipo estetico. Per quanto non si perseguano obbiettivi di bellezza, non si
esce affatto Facendo un parallelismo con alcuni versi di Sogno d’una notte di
da un'
estetica del mezza estate di Shakespeare (vedi libro), Remotti mette in evidenza
corpo.
una serie di temi rilevanti dal punto di vista antropo-poietico:
1) l’essere umano deve essere plasmato può o deve essere plasmato
2) essendo una sostanza malleabile, esso richiede un intervento che
gli dia una “forma” paragonato a cera
3) l’intervento del plasmatore è di tipo estetico: ha a che fare con la
“bellezza” data la mancanza di forza originaria
4) l’intervento del plasmatore una faccenda di potere nel caso di Ermia--->potere padre
5) plasmare un essere umano è un potere enorme e terribile tale che il padre di Ermia
può affermare che gli appartiene
6) chi detiene un tale potere è assimilabile a un “dio”: potere di
natura divina
7) ci si può ribellare a questo potere, sfuggire alla sua presa e
modellare diversamente se stessi. come Ermia
Il lavoro antropo-poietico può inoltre dirigersi prevalentemente
verso questo o quell’aspetto della realtà umana, può dare, per
esempio, maggiore importanza al modellamento molare o
all’educazione intellettuale, curare maggiormente il corpo rispetto
allo spirito. Ma anche quando l’antropo-poiesi si concentra sulle
dimensioni spirituali vi è un’estetica dello spirito, dunque l’estetica
non si riduce alla cura del corpo.
Ogni progetto antropo-poietico comporta necessariamente una
qualche dimensione estetica, questa passa attraverso una qualche
scelta estetica relativa al corpo, che può essere conforme ai canoni
di bellezza di una determinata società, oppure contraria e
alternativa ad essi.
Tale scelta può configurarsi:
a) come una scelta di conformità ai canoni estetici comunemente
non ci si può sottrarre al compito all'antropo-poiesi ed al modellamento, ogni intervento per il fatto di modellare e dare forma ha
carattere estetico: colui (Dio o uomo) che modella si imbatte nel modello della forma e dunque della sua bellezza, grazia,
appropriatezza oltre che alla sua funzionalità. Gli effetti estetici possono risultare secondari rispetto alla funzionalità ma
ineludibili perché connaturati all'idea di forma, immagine e modello.
Il non-intervento rientra nella categoria di SOSPENSIONI CULTURALI ossia quando gli individui decidono di arrestare
l'esercizio di attività che contraddistinguono la loro cultura---> come i banande che sospendevano la loro attività di
disboscatori in alcune aree del loro territorio oppure come sospendevano le attività di coltivatori in occasione della morte dei
loro capi.
SOSPENSIONI CULTURALI

accettati: gli individui si impegnano a realizzare sul proprio corpo


modelli diffusi nella loro società.
b) come una scelta alternativa rispetto ai canoni di bellezza vigenti:
gli individui ricercano modelli di bellezza difformi rispetto a quelli
vigenti.
c) come una scelta di non-intervento: gli individui si spingono ai
limiti della stessa estetica del corpo scegliendo il non-intervento.
Gli interventi estetici sul corpo (IEC) possono essere classificati
secondo una tipologia più o meno estesa, ma possiamo ipotizzare
tre diversi generi di situazioni: società che tendono ad accumulare
tutti i possibili tipi di IEC; società che adottano soltanto alcuni tipi di
IEC; società che rifiutano ogni tipo di IEC. Decisamente più
probabile è la situazione intermedia.
2) Tipologia (categorie I-XIX) – da IV a XVI si fa riferimento agli studi
di Chippaux, vedi libro.
Remotti rinuncia a dare un impianto sistematico alla categorizzazione degli IEC per mostrare la loro vastità e varietà
Una tipologia, per quanto sistematica, ubbidisce a determinati
criteri: Remotti individua 21 categorie contro le 14 precedenti e approfondisce il focus su quelle
TANATOLOGICHE, ossia legate alla morte
– considerare il corpo nelle sue tre principali condizioni: corpo vivo,
corpo morto e corpo distrutto
– cono da considerare poi gli IEC i cui effetti non sono percepibili
alla vista (es. III, VIII e IX)
– un altro dei criteri più adoperati stato quello del progressivo
passaggio dall’interno all’esterno dell’organismo. questa classificazione implica anche la
reversibilità o irreversibilità dell'intervento= più esterno é più reversibile é, più interno é meno reversibile é. É molto presente la
dimensione del dolore rispetto al piacere per gli IEC+ non privilegiare solo interventi percettibili visivamente come la
profumazione e il modellamento del comportamento.
• Oggetti esterni
per quanto sia teoricamente possibile il realizzarsi dell' opzione 1 e 3, la situazione più probabile è la seconda ossia adottare
un numero limitato di IEC. Le società si distinguono anche in base alla tipologia e quantità di IEC adottati:
1)Le società con prospettive antropo-poietiche barocche tendono ad accentuare palesemente l'intervento estetico sul corpo,
modificandolo
2)Le società con prospettive antropo-poietiche scarne tendono a ridurre al minimo gli IEC o se ne astengono
C'é poi il concetto di DENSITÀ RELATIVA, ossia culture più o meno dense rispetto agli interventi estetici sul corpo.
Le società possono inoltre sperimentare vari tipi di IEC con fluttuazioni ed abbandoni.
Un primo tipo di interventi estetici consiste nel far indossare al
corpo oggetti che possono essere sia raccolti nell’ambiente che
appositamente costruiti. La categoria degli oggetti è molto ampia,
perché comprende tutti i generi di abbigliamento, tutti gli
ornamenti che possono essere posti sul corpo, nonché le varie
specie di maschere. Si è voluto però mantenere l’unità di questa
categoria sulla base di alcuni presupposti:
-i diversi generi di abbigliamento, oltre che avere una funzione
protettiva, hanno un valore simbolico e comunicativo.
– gli oggetti considerati hanno tutti una serie di caratteristiche
comuni: sono visibili, vengono selezionati o costruiti
appositamente, vengono fatti indossare o togliere secondo le
diverse occasioni.
Questi IEC avvolgono il corpo e ne costituiscono un prolungamento.
Le coordinate della dimensione estetica di questi IEC coincidono
con il coprire e lo svelare: coprire e svelare il corpo, così come
scoprire e velare condizioni sociali.
E’ dunque importante considerare che ci sono società “nude” e
società “coperte”, società per le quali è sufficiente deporre sul
corpo un ornamento e società che invece tendono a coprire il più
possibile il corpo.

• Toilette

Gli IEC di questa categoria si rivolgono direttamente al corpo, alla


sua epidermide. Il contatto col corpo si traduce in escreti e secreti, il
corpo può essere lavato, strofinato o raschiato e occorre ricordare
anche che, oltre all’uso di acqua e sapone, in certe zone si ricorre ad
altre sostanze detergenti, come bacche, frutti e radici di alcune
piante. Ma non è soltanto questione di mezzi e di metodi, infatti la
pulizia del corpo ha un significato anche “culturale”: l’igiene è parte
integrante della nostra educazione, è l’espressione di una visione
del mondo, della società e del corpo.
III. Profumazione
Questa categoria si distingue per il fatto di mettere o aggiungere al
corpo sostanze “bene” odoranti, ciò in relazione a quanto in una
cultura è considerato “buono” o “cattivo” dal punto di vista
dell’olfatto. DASSANETCH DELL'ETIOPIA
Il modellamento estetico dell’essere umano non è dunque soltanto di
natura visiva e tattile.
IV. Cosmesi, coloritura e pitture corporali
Anche questa categoria richiede un intervento diretto sulla pelle, su
cui si spalmano sostanze di vario genere in modo uniforme o secondo
particolari disegni, inoltre, la cosmesi richiede un lavoro di pittura
accurato sul corpo e sul viso: ad esempio le donne Caduveo che
dipingono dei disegni geometrici sul volto, per conferire
all’individuo la sua dignità di essere umano. Questi sono interventi
estetici effimeri che richiedono quindi di essere ripetuti e, per
questo, permettono l’utilizzo di una gamma variegata dei colori
usati, e dunque una maggiore ricchezza di mezzi espressivi e
simbolici.
Questa categoria è da integrare con la coloritura dei capelli, la
laccatura delle unghia e la coloritura dei denti, che sono però
interventi permanenti. Vediamo dunque coabitare, nella stessa
categoria, tendenze opposte: quella che produce segni effimeri e
quella che produce segni indelebili.
V. Modellamento di annessi della pelle (peli, unghie, capelli)
Anche questi interventi operano all’esterno del corpo, ma che
consistono spesso in processo di eliminazione che necessitano di
strumenti che “tagliano”. Gli strumenti moderni ci fanno dimenticare
che altrove la depilazione è una vera e propria mutilazione: coltelli
poco affilati o frammenti di vetro sono i mezzi con cui per lo più si
procede alla “tortura della depilazione”.
Esempi vari:
-in Polinesia la rasatura ha lo scopo di aumentare la superfice del
volto da ornare con tatuaggi
-i Sikh dell’India non intervengono in alcun modo a tagliare la
barba, che viene poi annodata sotto a un turbante
-i mandarini cinesi facevano crescere le unghia, fino al punto di non
poter utilizzare le mani
-gli Omaha si radevano parzialmente il capo così da rappresentare
l’animale totemico
-i Pawnee si acconciavano in modo da avere un ciuffo eretto e
appuntito
VI. Modellamento di struttura muscolare
Qui si agisce ancora all’esterno, ma gli interventi non riguardano più
la pelle ma ciò che sta sotto, il tessuto muscolare.
Si trovano molti esempi a proposito: in Amazzonia si assiste alla
deformazione di braccia e polpacci attraverso fasciature molto
strette portate per anni; ma anche nella nostra società abbiamo degli
esempi, come l’atletica o il body building con cui si modella la
struttura muscolare. Queste però non raggiungono mai uno stato di
irreversibilità.
VII. Modellamento di struttura ossea
Ancora una volta ci troviamo di fronte a interventi esterni, che però
prolungano i loro effetti ancora più all’interno, interessando la
struttura ossea e provocando effetti irreversibili.
L’azione principale è la compressione, che modifica per lo più la
struttura ossea di cranio, collo, torace e piedi.
-Cranio: si può avere una modellamento tabulare fronto-parietale,
che appiattisce la parte frontale, o un modellamento circolare, che
produce un allungamento verticale del cranio. Per i Mangbetu il
modellamento del cranio era segno di nobiltà e tra gli Amerindiani
del Nordamerica una pratica vietata agli schiavi; tra gli Inca la testa
arrotondata era ritenuta adeguata ai guerrieri, mentre la testa
piatta era caratteristica delle popolazioni sottomesse.
-Collo: presso i Padaung tra Cina e Birmania troviamo gli esempi più
vistosi di allungamento del collo, ottenuto tramite progressiva
aggiunto di anelli.
-Torace: l’uso di corsetti rigidi per assottigliare la cassa toracica
delle donne è un intervento estetico tipico dei secoli della
modernità in Europa, comparso nel XV secolo e poi vietato, è
ritornato di moda nell’Europa della Belle Epoquè.
-Piedi: la riduzione dei piedi femminili nella Cina dell’ultimo
millennio prevede un intervento precoce, a partire dai quattro o
cinque anni di età. Si tratta di far ruotare la parte anteriore del
piede attorno al primo metatarso, così che la faccia frontale venga
trasformata in plantare. Questo costume ha una motivazione sia
estetica che erotica.
In questa categoria, gli effetti invalidanti sono particolarmente
evidenti e dolorosi.
VIII. Modellamento del comportamento
Questa categoria comprende un’ampia serie di interventi volti a dare
forma estetica al comportamento, alle azioni e ai gesti. Nelle
categorie precedenti vediamo gli esseri umani usare il corpo come
oggetto da abbellire, adornare, pulire; qui invece vediamo il corpo
agire e gli esseri umani ingegnarsi per imprimere una forma estetica
alle loro azioni (es. le donne maori e il loro modo di camminare). Nei
rituali il gesto è artefatto, in quanto costrutto culturale. L’attività
che più di altre coincide con la massima efficacia estetica è la
danza: tratto praticamente universale.
IX. Modellamento della voce
L’importanza del modellamento della voce appare già a livello
fonetico, in quanto esso dà luogo a una selezione di possibilità
foniche. Si interviene sulla voce in modo simile all’adozione di un
particolare stile di camminare; come il modellamento estetico del
movimento si esprime attraverso la danza, quello della voce si
esprime attraverso il canto (es. i Suya del Brasile).
X. Tatuaggi
Per quanto riguarda i tatuaggi, ci si ingegna a far penetrare, appena
al di sotto dell’epidermide, sostanze coloranti al fine di elaborare
disegni o pitture permanenti.
Questa categoria ha tre principali caratteristiche:
-i disegni vengono prodotti sul corpo
-sono realizzati attraverso la penetrazione nel corpo di particolari
strumenti e di sostanze
-i disegni prodotti sono indelebili e permanenti
La parola inglese tatoo, riproduce i termini polinesiani tattow, tatau,
tattaw, derivanti dalla radice ta che vuol dire “battere”. Le tecniche
per tatuare consistono sostanzialmente nell’uso di strumenti affilati
tramite cui si introducono sostanze colorate sotto la pelle.
Esempi:
-Tra i Maori, il tatuaggio (moko) era riservato agli uomini nobili e
liberi, ed era collegato all’acquisizione di un grado più completo di
umanità. Il primo tatuaggio veniva fatto in occasione della pubertà,
ma passavano anni prima che venisse completato.
-In Polinesia i capi venivano distinti dalla gente comune proprio
grazie al tatuaggio iscritto sui loro corpi.
XI. Scarificazioni
A differenza del tatuaggio, le scarificazioni sono prodotte da tagli
profondi ottenuti con rasoi, lame, coltelli, vetri. Non è
necessariamente un incisione, infatti il risultato può essere ottenuto
anche con l’escissione di una zona di pelle strappata, per esempio,
con un amo: ci si può qui riferire agli Americani del nord che, durante i
rituali di tipo estatico, si strappano la pelle dal petto appendendosi a
dei ganci.
Si devono però distinguere le scarificazioni in cui si persegue
l’obbiettivo del disegno artistico da quelle effettuate per “atto di
coraggio” (es. Mensur, duello all’arma bianca con cui studenti
tedeschi si procuravano cicatrici).
Quest’arte chirurgica prevede anche l’inserimento nella ferita di
sostanze che favoriscono l’iperplasia di uno dei costituenti della
cicatrizzazione, così da ottenere motivi decorativi. Tra le sostanze
da inserire nelle ferite vi sono i pigmenti, tramite cui si ottiene una
categoria ibrida: scarificazioni tatuate (Maori).
Tra i Tiv della Nigeria le scarificazioni sul volto e sul corpo sono
analoghe a una forma di iniziazione: il corpo diventa il canovaccio
su cui imprimere la definizione culturale del genere maschile e del
genere femminile. La scarificazione totale può richiedere anche
venticinque anni per essere completata.
Tra i Tiv la scarificazione femminile si configura come un “archivio
vivente della storia patrilineare e della mitologia collettiva”.
In questo tipo di interventi estetici la componente del dolore è
fondamentale, per i Tiv infatti bellezza e umanità possono essere
acquisite soltanto con la sofferenza.
Dolore non solo come componente inevitabile, ma anche come
evento ricercato, voluto.
XII. Bruciature e marchiature della pelle
Un intervento da considerare in questa categoria è l’abbronzatura
che modifica la coloritura della pelle e, se si supera una certa soglia
di esposizione, produce una bruciatura. Le bruciature da insolazione
ci avvicinano alle marchiature fuoco, intervento che serve per
segnare, distinguere e separare certi individui. Vi sono poi le
bruciature come tecnica di tatuaggio, deponendo una sostanza
colorante nella piaga. Da ricordare è anche il branding, a cui oggi
nella nostra società fanno ricorso a scopo ornamentale, lasciando
dei segni indelebili sul proprio corpo, simili a quelli delle
scarificazioni.
XIII. Perforazione e inserimento di oggetti esterni
Le perforazioni sono interventi con cui si creano fori di dimensioni
sufficienti per alloggiarvi diversi tipi di oggetti ornamentali. La
perforazione è un mezzo che permette al volto di divenire una specie
di portagioie.
-La perforazione delle labbra ha la funzione di offrire un
alloggiamento per oggetti ornamentali. Tra i Sara del Tchad le
donne portavano spesso piattelli alle labbra, l’uso è attestato anche
in Kenya, Tanzania e Niger. Questo tipo di interventi sono
disfunzionali sia sul piano masticatorio che fonatorio.Per quanto
riguarda le donne Sara del Tchad, il rituale prevede che sia il
fidanzato a perforare il labbro della futura sposa, inserendovi pezzi
di legno sempre più grandi, sino a potervi collocare il piattello
adatto. Mantenere i piattelli in pubblico è una questione di pudore,
una volta rimasta vedova la donna abbandona i piattelli.
-Le società europee condividono con altre società un interesse per
l’ornamento delle orecchie, la perforazione del lobo consente
l’inserimento di oggetti via via più grandi o più pesanti che
allungheranno progressivamente quella parte. Presso gli Inca la
perforazione del lobo veniva eseguita dall’Inca sui giovani delle
famiglie nobili come forma di iniziazione e il disco inserito nel foro
del giovane iniziato ne faceva un uomo.
-Nelle società occidentali il body piercing è stato proprio della
cultura punk come un esplicito mezzo di protesta sociale contro un
uso standardizzato del corpo. Il piercing è anche manifestazione del
primitivismo moderno, simbolo di disagio nei confronti della cultura
contemporanea e ricorso a pratiche ritenute “esotiche”.
XIV. Intaglio dei denti
I denti sono oggetto di molti tipi di intervento che comportano un
modellamento massiccio: non più quello dello scultore che spalma
sostanze colorate sul corpo, ma quello dello scultore che intaglia la
forma, togliendo materia. L’intaglio assume diverse forme e
comporta interventi estetici diversi: dall’amputazione della corona al
taglio dell’angolo distale degli incisivi, dal taglio a punta al taglio ad
ascia…ecc. Limatura, scheggiatura e abrasione sono le tecniche più
ricorrenti, oltre che molto dolorose e disfunzionali per la
masticazione.
Secondo i Tiv della Nigeria, avere i denti scheggiati aiuta a imparare
le lingue, altre che essere un segno di bellezza, l’intervento estetico
può essere dunque dannoso per certi aspetti ma utile per altri.
XV. Amputazioni
Abbiamo diversi esempi di amputazione: tra i Sioux il giovane offre
un dito al sacrificatore per essere considerato adulto, presso i Teda
del Tchad si amputa l’ugola per evitare di inghiottire la saliva
durante il ramadan, nelle isole Sandwich si amputava un orecchio
in segno di lutto, a Vanuatu insieme alla circoncisione del ragazzo si
effettua l’avulsione dei due incisivi superiori (rottura con il mondo
dell’infanzia e entrata nella comunità degli adulti). Tra i vari
interventi, l’amputazione è forse il più semplice ma
chirurgicamente aggressivo e irreversibile.Le amputazioni non
riguardano solo dita e denti, ma pure gli organi genitali.
XVI. Chirurgia genitale
Si pensa che si faccia ricorso alla chirurgia genitale dove il
modellamento del corpo viene avvertito come qualcosa da cui non
cui si può sottrarre, che assume un significato decisivo. Questi tipi di
interventi sono forse i più estremi.
A) Interventi femminili
Riguardo agli interventi femminili bisogna considerare prima di tutto
l’imene e le scelte opposte che le società adottano: in alcune società è
la madre che si incarica di deflorare la figlia in modo indolore sin da
piccola (Sinti e Rom); in altre la deflorazione della ragazza pubere
avviene con un allargamento energico della vagina (alcuni
aborigeni in Australia) e, in alcuni casi, con uno stupro collettivo.
Anche per quanto riguarda clitoride e labbra ci sono posizioni e
scelte diverse: da un lato l’allungamento del clitoride (Yoruba della
Nigeria) e delle piccole labbra (Gisu, Luba, Venda), dall’altro la loro
escissione. La clitoridectomia è presente in molti parti dell’Africa,
della Malesia, in Pakistan e in alcuni gruppi aborigeni dell’Australia.
Anche in Europa si è verificato questo tipo di intervento: il medico
Ysaac Backer Brown riuscì a convincere il mondo medico
anglosassone a praticare la clitoridectomia come rimedio contro la
masturbazione femminile; anche in America per lo stesso motivo la
clitoridectomia era spesso praticata.
Un altro tipo di intervento sui genitali femminili è l’infibulazione,
che consiste nella cucitura delle piccole labbra, a seguito di
escissione, lasciando un foro per le orine e per il flusso mestruale.
Attestata sia nell’africa orientale sia nell’africa occidentale,
rappresenta una condizione estrema di verginità femminile,
necessaria per accedere al matrimonio.
B) Interventi maschili
L’intervento sui genitali maschili più comune è la circoncisione,
effettuata mediante un taglio del prepuzio: troviamo testimonianze
che riguardano Sumeri, Fenici, Siriani, Egizi, Ebrei e Arabi. Per gli
Ebrei la circoncisione è l’unico taglio consentito e rappresenta
l’alleanza tra l’Israele e Dio. Il Cristianesimo rifiuta invece la
circoncisione, a partire da San Paolo, dandone un’interpretazione
puramente spirituale. L’Islam fa propria l’idea di circoncisione come
mezzo per ottenere la purezza del corpo.
A parte la circoncisione ebraica, quasi tutti i casi di circoncisione
riguardano rituali di passaggio dalla pubertà all’età adulta. Si tratta
in ogni caso di significati culturalmente profondi: appartenenza
religiosa o etnica, acquisizione di uno status sociale maggiore,
seconda nascita, ecc…
Un altro intervento è quello della subincisione, taglio longitudinale
nell’uretra, che faceva parte di un rituale di iniziazione, in aggiunta
alla circoncisione. L’operazione modifica l’organo maschile creando
una sorta di vulva ambivalenza sessuale.
L’intervento più drastico è quello della castrazione, spesso inflitta ai
nemici vinti, ai criminali o agli schiavi. In altri casi si tratta di
produrre eunuchi destinati agli harem in Oriente. In Italia e in
Spagna dal XVI al XVIII era frequente il modellamento a fini estetici
dei castrati utilizzati per il bel canto.
Automutilazione: nella Russia del XVIII secolo il movimento degli
Skopzi (eunuchi), una setta di flagellanti cristiani, rifacendosi ai
Vangeli praticavano l’automutilazione.
XVII. Chirurgia estetica moderna
La chirurgia plastica di tipo estetico è un invenzione del Novecento,
fonda le sue radici nel periodo successivo alla prima guerra
mondiale, per rimediare a traumi e disabilità subite in guerra. Al
contrario degli interventi chirurgici esaminati finora, la chirurgia
moderna cerca di attenuare il dolore con l’anestesia e opera in
ambienti asettici. L’obbiettivo della chirurgia moderna è duplice:
quello della trasformazione e quello della naturalità, ciò che si
realizza è alla fine un gioco di “finzioni”; la chirurgia opera “come se”
i suoi obbiettivi rispondessero a canoni di bellezza naturali.
Naturalità finta, artefatta.
XVIII. Alimentazioni e diete
E’ la categoria i cui effetti sono meno immediati: una volta introdotto
il cibo, si tratta di un agire all’interno e dall’interno che provoca
trasformazioni o effetti di tipo metabolico. L’alimentazione è il “fare
umanità” più elementare, da ciò che si ingurgita dipende in maniera
sostanziale l’essere umano, anche dal punto di vista estetico. C’è a
riguardo una vera e propria “moda” antropo-poietica: sono
significativi i modelli di magrezza nelle società occidentali;
all’opposto alcune popolazioni coltivano invece il culto della
grassezza (in Mauritania le ragazze vengono sottoposte a precoce
ingrassamento, segno di ricchezza e prestigio).
XIX. Interventi chimici e ormonali
La società contemporanea dispone di diversi mezzi chimici per gli
interventi estetici, come per le iniezioni sottopelle della tossina
botulinica. Tra i mezzi chimici più rilevanti troviamo gli ormoni: usati
per processi di femminilizzazione/mascolinizzazione, per la crescita
o anabolizzanti per lo sviluppo delle masse muscolari.

3) Intermezzo sulla moda e sulla morte


Occorre separare gli interventi sui corpi vivi da quelli sui corpi morti,
che verranno affrontati nel paragrafo successivo.
E’ importante considerare inoltre la connessione “IEC-dolore” e
“IEC-piacere”: è fondamentale, per comprendere le due
connessioni, tener conto delle due fasi in cui si articolano gli IEC
(esecuzione e risultato). Se si conferisce molta importanza all’esito
estetico, allora questo è in grado di compensare il dolore della fase
preparatoria e esecutiva, questo verrebbe spiegato come passaggio
obbligatorio e apprezzato dal punto di vista estetico e sociale.
Tenendo conto delle due fasi degli IEC, possiamo sintetizzarli così:
A) IEC che sia nella fase1 che nella fase2 lasciano il corpo indenne,
essendo interventi esterni
B) IEC che comportano dolore nella fase1, ma che determinano
piacevolezza nella fase2 (tatuaggi e scarificazioni)
C) IEC che prevedono dolore nella fase1 e modifiche di organi nella
fase2, senza che vengano però compromesse le loro funzionalità
(modifica dei lobi auricolari)
D) IEC che provocano dolore nella fase1 e modifiche strutturali e
disfunzionanti nella fase2 (piattelli labiali, amputazioni, interventi
sui genitali…)
Ci si chiede allora perché l’uomo intervenga sul proprio corpo fino
al punto di comprometterne la sua funzionalità: molti antropologi
pensano che per l’uomo sia più importante il riconoscimento
sociale che la sua forma di umanità socio-centrismo.
Nel “modellare”, gli esseri umani spesso fanno violenza e talvolta
distruggono, la violenza è connaturata nel “fare umanità”.
Modellare è nel contempo fare e disfare, costruire e distruggere:
attività che ha dunque molto a che fare con la morte, oltre che con
la vita.

4) Tipologia (categorie XX-XXIII)


Secondo la tesi di France Barel i vari tipi di IEC finora considerati
possono essere concepiti come una lotta contro il tempo e contro la
morte. Il tempo però non è una dimensione che si lascia
semplicemente modellare, il tempo è inesorabile e al suo svolgersi
c’è inevitabilmente la morte, che pone fine a tutti i progetti
antropo-poietici.
Secondo Jan Assmann che«ogni cultura ha il suo centro nel
problema della mortalità» e sostiene che il «desiderio di
immortalità» funzioni come «generatore di cultura».
XX. Interventi in vista della morte
Questa categoria ha a che fare con la morte ma vede i vivi come
protagonisti e soggetti attivi. Un primo esempio è quello dei baNande
del Nord Kivu: era previsto che il carattere di una persona si
addolcisca man mano che l’età avanza e ci si avvicina alla morte,
raggiungendo un senso di pace e calma che i baNande collegano
alla morte. Si procede allora a sistemare il corpo del malato in una
posizione mortuaria ancor prima del trapasso: si assiste dunque a
una sorta di anticipazione della morte.
Mente l’anziano baNande si limita a vivere il senso di calma prima
della morte, gli eremiti miira del Giappone rinunciavano alla parola,
alla scrittura, al cibo, fino ad arrivare al digiuno totale.
Nella stessa posizione troviamo i monaci buddisti della Cina, gli
asceti rinuncianti dell’India e i monaci dei primi secoli del
Cristianesimo.
La mortificazione del corpo si configura come una battaglia contro la
morte: i monaci della Siria non si rassegnavano a morire di morte
naturale, ma cercavano di autodistruggersi. Mentre per i monaci
della Siria puntavano alla dissoluzione del corpo, i miira mortificano
il loro corpo per conservarlo il più integro e intatto possibile.
XXI. Trattamento del cadavere
Per parlare di IEC post morte è importante considerare le tre fasi
“naturali” a cui il corpo del defunto va incontro: a) pre-
decomposizione, b) putrefazione, c) mineralizzazione.
Nella fase di per-decomposizione le società si affrettano di solito a
provvedere alla toilette del defunto, alla sua vestizione e
profumazione. Ad esempio i Bijagò della Guinea Bissau adornano il
cadavere che viene fatto sedere nella sua veranda per accogliere gli
ospiti, per inscenare una finzione, come se il defunto fosse ancora in
vita.
Nelle isole Marchesi, dove il tatuaggio costituiva una seconda pelle,
le donne approfittano del periodo di pre-decomposizione per
detatuare il defunto. La tatuazione invita e la detatuazione post
mortem fanno parte di un unico progetto antropo-poietico, di
costruzione prima e di distruzione poi.
Adriano Favoleindividua 5 modalità con cui le culture affrontano la
putrefazione:
a) evitare (cremazione)
b) accelerare (esposizione defunto a eventi atmosferici)
c) dissimulare (inumazione/sepoltura)
d) rallentare (imbalsamazione parziale)
e) bloccare (mummificazione o criogenizzazione)
La soluzione a) rappresenta l’azzeramento dell’antropo-poiesi
perché non lascia traccia di alcuna umanità.
La soluzione e), al contrario, è quasi un tentativo di prolungare
l’antropo-poiesi al di là della morte, un voler evitare i processi della
putrefazione mantenendo intatto il corpo e le sembianze umane: la
morte ideale.
Per i miira del Giappne era importante l’integrità del corpo dopo la
morte, infatti si procedeva alla scopertura della tomba dopo tre
anni e se il corpo era integro veniva affumicato, laccato e ricoperto
di foglie d’oro.
Si possono inoltre evidenziare due estremi: un atteggiamento
interventista e un altro che riduce a poco o a nulla gli interventi. Tra
i baNande del Nord Kivu ci si affretta a deporre il corpo del defunto
nella tomba, allo stesso modo la cremazione nelle società
occidentali riduce al minimo gli interventi. Al contrario, la sepoltura
nella nostra società prolunga la finzione: il cadavere viene vestito,
sistemato, trattato come se fosse vivo.
Tutti gli interventi sono divisibili in tre dimensioni: conservazione,
distruzione e trasformazione.
XXII Produzione e trattamento dei resti umani
Un’ultima possibilità di intervento post mortem è relativa ai “resti”
del cadavere,che hanno un grande valore simbolico, in quanto
traccia e testimonianza del defunto. Ci si deve soffermare a riguardo
su due fasi: produzione dei resti e loro utilizzazione.
Gli Aztechi erano grandi produttori di resti: i sacrifici umani possono
infatti essere interpretati come separazione e distribuzione di entità
che si trovavano in diverse arti del corpo (cuori estratti e conservati
in appositi recipienti, teschi collocati nelle rastrelliere, femori
trasformati in strumenti musicali).
Nelle isole Trobriand quello che rimane del defunto viene riesumato
due volte, viene tagliato a pezzi così da ricavare reliquie, da lasciare
ai familiari, che diventeranno ornamenti, recipienti o oggetti di uso
culinario.
Questi usi non si riducono a un macabro utilitarismo, è da
considerare anche la sfera affettiva e simbolica di queste pratiche.

XXIII. Dissoluzione
Un ultimo gesto è quello che porta alla dissoluzione: sono interventi
sul corpo volti a formare intenzionalmente il nulla, la negazione di
qualsiasi forma umana.
In Africa si è potuto assistere non solo alle uccisioni indiscriminate,
ma anche all’immondo trattamento dei cadaveri, mutilati, spolpati,
cannibalizzati, gettati nelle latrine e consegnati al nulla.
In occasione della morte le società hanno da sceglire su ciò che
rimane e su ciò che scompare del corpo del defunto: con gli ultimi
interventi gli esseri umani possono trasformarsi in spiriti o in
reliquie, in antenati o in beni materiali.
I baNande un tempo pensavano che l’anima si dissolvesse nel nulla,
come il corpo: ciò accadrà quanto non vi sarà più nessuno tra i vivi a
ricordare il defunto.
I Tasmaniani distruggevano col fuoco i loro cadaveri e ne
dsperdevano le ceneri.
In India c’è la convinzione che la dissoluzione debba essere l’esito
finale, coincidente con il nirvana, l’estinzione, e il mukti, la
liberazione.
Dunque anche lo “scomparire” può essere un’aspirazione umana,
che trova soluzioni culturali.
Gli Achè del Paraguay mangiavano tutti i loro morti come gesto di
onoranza nei loro confronti: il corpo veniva interamente mangiato
dal gruppo, affinchè l’anima se ne vada per sempre. Il cannibalismo
capodanno di stoccolma 1956- Nostalgia del non umano- modo di controllarlo- nelle società premoderne c'era il rito

era quindi usato come difesa contro le anime dei morti, che
possono essere eliminare solo mangiandone il corpo.
-PARTE TERZA-
Le tragedie delle certezze e il respiro del dubbio
V. Furori antropo-poietici
1) Sul furore Nostalgia del non umano: impulso che porta a spegnere il lume della coscienza e
annientare ciò che nell'uomo e attorno a lui testimoni a favore dell'umanità stessa

Nell’antropologia italiana la nozione di furore rimanda a Ernesto de


Martino, che descrisse i cinquemila giovani che nel capodanno del
’56 misero a soqquadro Stoccolma come «adolescenti in furore».
Gruppi di giovani si riunivanoe formavano gruppi temporanei, che si
scioglievano lasciandosi dietro soltanto la traccia della loro carica
distruttiva.
Questo furore distruttivo è riconducibile per de Martino alla
«nostalgia del non-umano», che dev’essere fronteggiata e
controllata dalle società, che hanno il compito di “fondare un
umanità”. Le società moderne si rivelano però impreparate a
questo compito hanno sottovalutato l’impegno antropo-pietico.
La polemica della modenità ai riti antropo-poietici sono dovuti
fondamentalmente da tre presupposti: Società antiche= rito, la società moderna non ce la fa
a) l’esistenza di una natura umana stabile, universale
b) se si deve parlare di antropo-poiesi, la “nostra religione” ci ha
insegnato che è Dio che foggia l’uomo e ne definisce la natura.
c) se non c’è Dio a risolvere i nostri problemi antropo-poietici, la
modernità fa intervenire la storia del genere umano, che unifica le
varie diramazioni in cui nelle varie epoche si era suddivisa.
Certezze antropo-poietiche della modernità
Per De Martino il furore umano è un impulso distruttivo tipico della natura umana che non viene sufficientemente
controllato dalla cultura mentre per Remotti è l'atteggiamento tipico di chi pensa di detenere certezze antropo-poietiche e
le mette in atto con grande determinatezza, chi cerca in tutti i modi di fare umanità
De Martino afferma citando il terzo reich che qualcosa sembra ormai somigliare nella modernità alla furia cannibalica degli
iniziati kwakiutl---> questa concezione che vede il nazismo come un'interruzione della società moderna, parentesi nella
quale riaffiorano furori primitivi ed aggressivi è ripresa da vari studiosi tra cui Norbert Elias il quale concepiva la modernità
come un controllo progressivo degli impulsi aggressivi e irrazionali dell'uomo, dove contrapponeva l'atteggiamento civile e
pacifico degli europei contro le tendenze barbare e belliche degli avversari abissini---> soldati italiani che mostrano le teste
degli etiopi come premio=Enzo Traverso. Secondo questa concezione il furore non appartiene a noi ma agli altri e se giunge
nella Furore
società
moderna
è per una Il furore deriva prorpio dalle certezze che la modernità ha, dalla

coscienza determinazione con cui vengono realizzati i modelli che la società


cerisi di

delle faldepersegue.
o per

di apertura
da dove
L’impreparazione di cui parla de Martino può essere allora
entrano
tendenze
concepita in due modi:
barbare a) derivante dalla sottovalutazione del compito antropo-poietico
che
fanno b) derivante da un programma antropo-poietico dagli obbiettivi
parte
del eccessivamente elevati.
passato
fascismo e
nazismo –futore antropo-poietico: eccesso di determinazione nella
= esterno
costruzione degli esseri umani
–furore anti/antropo-poietico: stesso eccesso nel distruggere ciò che
altri hanno cercato di realizzare in campo antropo-poietico
Per de Martino vi è per natura un impulso distruttivo, che può
assumere forme cannibaliche, in ogni essere umano, e i rituali tipici
delle società arcaiche avrebbero la funzione di controllare tale
impulso.
Per Combo, al contrario, il furore non appartiene alla natura umana
ma fa parte del rito. Kwakiutl, naro, Karo
Molti rituali antropo-poietici mettono in scena la disumanità, in
quanto per molte culture si diventa uomini capendo e
rappresentando la disumanità. pedagogia del furore= sperimentare drammaticamente ciò che è
disumano per diventare uomini.
2) Sradicare e sopprimere
Il filosofo inglese Francis Bacon esprime la consapevolezza di
appartenere a un tempo nuovo, nella lunga storia del genere
umano sono stati pochi i periodi di sviluppo del sapere scientifico e
La modernità è avversa alle forme di teatralità e finzione , soprattutto applicate in campo antropoietico ossia forme di umanità
e civiltà dominate da costumi e tradizioni.
I periodi sono greco, romano e europei. L'atto di purificazione coincide con lo sradicamento degli idoli dalla mente umane=
opinioni e convenzioni non basate su alcun fondamento di verità radicati nell'intelletto dell'uomo---> forti radici--->
sradicamento costante---> si interpongono tra l'intelletto e la realtà, non permettendogli di cogliere le IDEE VORACI ossia i
segni che Dio imprime sulle cose create---> idolatria dei costumi e tradizioni----> la lotta contro i costumi non prevede di
sostituire quelli correnti con altri nuovi ( é inoltre una lotta contro tutti i costumi, non solo alcuni) ma si deve abbatterli tutti per
entrare in una
nuova del progresso (Novum organum, 1620).
dimensione
dominata Delineando questi periodi il filosofo li delimita anche
dalla
razionalità geograficamente, riferendosi a “noi europei”, “noi occidentali” che
domina
il viviamo in un epoca pronta a consentire «l’ingresso nel regno
sapere
certo dell’uomo», questo richiede in atto di purificazione.
perché
si adegua Occorre provvedere a una distruzione degli idoli, per accedere al

e alle sue regno dell’uomo bisogna demolire gli idoli della mente umana.
alla natura

universali C’è un idolatria nei costumi delle società umane di cui occorre
leggi

liberarsi per accedere alla salvezza.-


Per Bacon gli idoli non sono atro che convenzioni e pregiudizi, e ne
individua 4 tipi:
-idoli della tribù, quelli comuni a tutto il genere umano che
derivano dalla conformazione di esso
-idoli della spelonca, che derivano dall’esperienza personale e
dall’educazione
-idoli della piazza, quelli del linguaggio e della vita sociale
-idoli del teatro, quelli delle tradizioni e delle opinioni che si fanno
valene nella scena pubblica
Questi idoli si pongono tra l’intelletto umano e la realtà, impedendo
di cogliere i segni che Dio ha impresso nelle cose.
Anche per Francia Renè Descartes occorre liberarsi dai costumi per
entrare in un a nuova epoca: il sapere tradizionale, fatto di
convenzioni e costumi, è paragonato alle città antiche; le nuove
città corrispondono nell’immaginario di Descartes al pensiero che
ha saputo liberarsi dei costumi, e hanno le stesse caratteristiche del
regno dell’uomo di Bacon. L'ingegnere può costruire liberamente seguendo i dettami della logica
La via della salvezza proposta da Bacon non è ancora stata percorsa
dagli esseri umani, ma dato che “noi europei” abbiamo trovato il
colonialismo e dialogo con Zebedeo+ appello alla Bibbia: antropo-poiesi divina= è dio che fa l'uomo e non l'uomo che fa
sé stesso o gli altri----> è creato a immagine e somiglianza di Dio dunque ha il diritto di dominio sulla terra, possono
perderlo discostandosi da Dio e qui hanno un ruolo gli idoli. La somiglianza con Dio= ragione naturale

metodo tramite cui accedere al regno dell’uomo, siamo in una


posizione disuperiorità rispetto alle altre culture.
Il senso di superiorità innalza l’uomo al punto che esso si tramuta in
un “Dio”, che ha il potere di distruggere gli idoli e le forme di
umanità che gli altri si sono dati. Saggio di Bacon nel 1622
Nel 1620, già da più di un secolo, gli europei stavano distruggendo il
Nuovo Mondo e le sue culture, società, lingue e civilità.
Persistente furore disumano. Antropofagesi e sacrifici umani= meno simili a dio

3) Il regno diell’uomo-dio
L’antropo-poiesi divina che troviamo nella Genesi è un importante
spunto di riflessione, nella descrizione di questa troviamo alcuni
aspetti fondamentali:
a) l’antropo-poiesi è nelle mani di Dio. E’ Dio che fa gli uomini, non
sono gli uomini che fabbricano se stessi o altri uomini. Ma la tesi
dell’antropo-poiesi divina non è ovvia: sono infatti molte le societò
che ritengono sia al contrario una faccenda umana.
b) non solo Dio fa l’uomo, ma lo fa a sua immagine. L’uomo è il
prodotto di un’antropo-poiesi divina, non solo perché viene
compiuta da Dio, ma anche perché consiste nella riproduzione della
natura divina.
c) se l’uomo è fatto simile a Dio, allora anch’egli esercita un dominio
sulla natura. Dio è padrone dell’universo e l’uomo è il signore-
padrone della terra.
Si tratta di una sorta di hybris, in quanto questo dominio non solo
viene concesso da Dio, ma conferisce agli uomini un potere simile a
quello della divinità. il dominio dell'uomo sulla natura non é solo una sua caratteristica peculiare ma il
suo obbiettivo. Eldredge, paleontologo americano ha dimostrato come la
dichiarazione
contenuta nella Genesi non sia semplicemente di indipendenza rispetto la natura ma la rende un nemico da
assoggettare----->banande disboscatori di alberi----De Vattel e la sua teoria riguardo l'obbligo e dovere imposto dalla natura,
oltre che diritto, di coltivare una terra fertile, azione vista come atto di umanità (vedi libro). Le droit de gens, ou principe de la loi
naturelle
Avevamo visto come il filologo Werner Jaeger i greci fossero il popolo antropoplasta per eccellenza e noi europei moderni
siamo il popolo a loro più simile perché siamo riusciti entrambi ad applicare forme di umanità ispirandoci alla vera natura
dell'uomo. Per Jaeger il cristianesimo ha un ruolo in tutto questo----> la concezione antropo-poietica dei primi secoli cristiani
con la paideia accumunata agli insegnamenti divini della Bibbia e del Vangelo (vedi libro).

Anche presso altre società si può riscontrare, insieme al dominio


sulla natura, un vero e proprio furore distruttivo: i baNande hanno,
per esempio, disboscato i loro territori esercitando il loro furore
nella guerra contro la foresta e dichiarandosi orgogliosi di essere
abbattitori di alberi. Alla base della loro cultura non c’è una divinità,
ma tante sono state le società che hanno posto la parola di dio a
fondamento delle loro imprese e del loro furore.
Gli europei hanno imposto la loro fede antropo-poietica: un regno
dell’uomo fatto a somiglianza di Dio e che l’uomo cerca di realizzare
con furore tipicamente moderno.
La paideia cristiana---> non morphosis ma metamorphosis, prevede un rinnovamento dello spirito
Critica alla paideia giudaica, cristianesimo più vicino a Dio attraverso Gesù -----> prova della somiglianza di Dio all'uomo

4) L’idea dell’uomo nuovo


Secondo un opinione diffusa tra cristianesimo e modernità c’è
discontinuita, ma in realtà entrambi si fondano su una concezione
universalistica, cioè dall’idea di possedere una verità universale
sulla natura umana, in entrambi i casi c’è una diffidenza verso i
costumi e l’idea di un “uomo nuovo”.
Paolo Tarso, contemporaneo di Gesù e grande teorizzatore
cristiano dell’uomo nuovo, adottò un atteggiamento di diffidenza
verso le tradizioni umane, ad esempio combattendo la convinzione
che la circonzisione fosse un rito irrinunciabile. Con la svalutazione
della cultura e dei costumi vi è anche la negazione di ciò che l’uomo
può fare di se stesso: la salvezza viene infatti da Dio, l’uomo nuovo è
totalmente opera di Dio.
Spunti a partire dal prototipo di uomo nuovo teorizzatto da San
Paolo:
1) l’idea di uomo nuovo implica una dimensione antropo-poietica:
La circoncisione degli ebrei é soltanto una pratica umana, esterna, antropo-poietica che é propria solo di una cultura particolare
e non può porsi alla base dell'uomo nuovo perché non ha carattere universale. Fondamentale per l'uomo nuovo e la venuta di
Gesù che ha riunito circoncisi e incirconcisi, dimostrando come l'importante non sia la ritualità, un costume, un atto di tradizione
applicato su sé stessi bensì cosa si ha dentro. Tutti hanno eguale diritto alla parola di Dio
L'uomo nuovo non si forma per un processo di formazione graduale ma per un evento in particolare scandito in due episodi:
crocifissione e resurrezione di Cristo. Questo evento può sembrare per i pagani stoltezza mentre per i giudei uno scandalo ma
per Paolo= intero significato della religione e venuta di Gesù sulla terra. Con la resurrezione di Gesù nasce l'uomo nuovo. È con
la morte di G. che muore l'uomo vecchio e con la resurrezione nasce quello nuovo perché si passa da mortalità a immortalità.
per Paolo é solo un atto di fede, non va in giro a raccogliere prove ma per lui questo racchiude il vero senso della religione ossia
credere nella resurrezione, se non si ha fede in ciò allora non si crede realmente. Paolo di Tarso fa coincidere la nascita
dell'uomo vi è una trasformazione dell’essere umano.
nuovo con
la resurrezione2) occorre porsi la domanda sulle novità della trasformazione.
di Gesù in
quanto si 3) si ipotizza dunque una gradualità della trasformazione dell’uomo
impone una
nuova forma nuovo.
di umanità
non diversa 4) per determinare l’incidenza trasformativa dell’uomo nuovo
rispetto ad
una o l' occorre individuare le condizioni rispetto alle quali la novità viene
ma rispetto affermata.
altra forma

cui l'umanità 5) si devono inoltre prendere in cosiderazione i soggetti o le entità a


alla forma in

aveva fino ad
allora
cui si fa risalire la formazione dell’uomo nuovo.
vissuto
ossia il
6) quando si parla di uomo nuovo, di solito si allude a una capacità
peccato.
Gesù
trasformativa particolarmente accentuata.
impersona 7) non tutte le situazioni inedite dal punto di vista storico e
l'uomo nuovo
avendo antropologico corrispondono a modelli di uomini nuovi.
sconfitto la
morte e 8) l’idea di uomo nuovo risulta essere un eccezione, piuttosto che
questo
rappresenta una regola; quest’idea manifesta un hybris particolare, applicata
la novità
più grande alla trasformazione dell’essere umano.
per gli umani
ossia la 9) l’idea di uomo nuovo richiede un’aplicazione particolarmente
sconfitta della
morte. decisa
10) essendo un programma antropo-poietico molto impegnativo,
l’idea di uomo nuovo suscita la percezione di ostacoli che ne
impediscono la realizzazione.

5) Tragedie dell’uomo nuovo (paragrafo super-ripetitivo!-.-)


La modernità è dunque presa dalla voglia di realizzare un uomo
nuovo: con questa idea gli europei hanno intrapreso la conquista
del Nuovo Mondo. Si può fare riferimento anche ala Rivoluzione
francese per comprendere quanto questa idea abbia ispirato la
“furia” distruttrice che l’ha caratterizzata, furia che è divenuta poi
Emilio Gentile: la guerra é molto correlata all'idea di uomo nuovo, alla rigenerazione dell'umanità facendola rinascere. Per questo
grande e inedito risultato occorre una grande e inedita trasformazione ossia una grande guerra, che sia mondiale dato che la
trasformazione che conduce all'uomo nuovo coinvolge tutta l'umanità. Le nazioni avevano già abbracciato l'idea della guerra
come rigenerazione dell'umanità e avevano reso i loro nemici quelli dell'umanità. Benedetto Croce pone alla testa degli eserciti
che combattono in guerra Dio, si tratta di una missione divina in quanto é lo stesso Dio che sorveglia e desidera questo processo
di cambiamento dell' umanità----> stavolta si sacrificano i soldati, gli uomini che assumono lo stesso ruolo di Gesù non essendo
più semplicemente beneficiari ma protagonisti della realizzazione dell'uomo nuovo= parallelismo sacrificio guerra e crocifissione
sacrificarsi li rende più simili a Dio----> la grande tragedia della prima guerra mondiale.

modello per altre rivoluzioni.


Un particolare periodo in cui si assiste alla diffusione dell’idea di
uomo nuovo in tutta Europa fu quello della prima guerra mondiale,
in cui questa si fonde con la concezione della guerra come qualcosa
che fa nascere la nuova umanità.
Lo storico Jacob Burckhardt parlò addirittura di «azione benefica
della guerra», poiché da essa scaturisce la virtù eroica dell’uomo, il
vero rinnovamento della vita.
Anche per lo scrittore Fëdor Dostoevskij la guerra è una cosa
utilissima, in quanto rinfresca gli uomini, dà sollievo all’umanità.
Il culmine è rappresentato da Friedrich Nietzsche, il quale invoca la
costruzione di un uomo nuovo, per il quale «conquista, avventura,
pericolo, dolore sono diventati bisogno», per il quale la guerra è un
atto indispensabile.
Tutti sanno che le guerre portano morte e distruzione, ma permane
la voglia di guerra come mezzo per produrre un uomo nuovo,
rigenerato.
Rudolf Eucken parla di furia rigeneratrice della guerra.
la guerra si
differenzia
anche dalla La Grande Guerra assume dunque l’aspetto di un rituale di
iniziazione, poiché da inizio a una nuova epoca dell’umanità. A
concezione
cristiana di
uomo nuovo
perché differenza dei rituali antropo-poietici “non-moderni”, la Grande
l'agape di
Paolo di T.
Guerra non è stata affatto un rituale, ma un’enorme carneficina.
é sostituito da
violenza e Nonostante non sia stata un rito, la Grande Guerra è stata vissuta
distruzione.
come un esperienza di margine (secondo lo schema dei riti di
passaggio separazione, margine, aggregazione): ha tutte le
caratteristiche del margine, è infatti un esperienza di “sospensione
dell’umanità”, con il dolore, la violenza, la sofferenza. Arnold Van Gennep
La guerra ha rappresentato un grande esperimento che ha lasciato sul territorio e sugli uomini che vi hanno partecipato caos,
incertezza e disgregazione. Per rispondere alla domanda che si pone Simona Forti---->nascita ideologia totalitarismi e
ricostruire ex novo l'umanità é spiegabile con l'esperienza di margine della guerra (vedi libro)

CERTEZZA CHE CI FA SENTIRE SICURI DA MORIRE----> APPADURAI


VI. Ma un uomo, che cos’è?
1) Meditazioni da un piccolo angolo di mondo
In ogni gesto antropo-poietico c’è sempre un po’ di furore, una
determinazione. C’è ad esempio furore durante il rito di iniziazione
dei nande, l’olusumba (circoncisione).
Nell’olusumba la divinità non interviene per niente e lascia agli
esseri umani il compito antropo-poietico, con i loro dubbi e le loro
incertezza. Chi interpreta la religione come dispensatrice di
certezze ha sempre inferiorizzato le religioni africane tradizionali,
chi invece ritiene il dubbio e l’incertenzza caratteri apprezzabili può
cogliere nell’olusumba nande un nuovo modo di interpretare
l’antropo-poiesi. Il dubbio è ciò che rende umana l’antropo-poiesi:
è un compito a cui gli uomini non possono sottrarsi.
I baNande sonoun etnia della parte inferiore della Repubblica
Democratica del Congo, coltivatori di lingua bantu, la cui
caratteristica principale è stata quella di essere distruttori di foresta
(abakondi). Come in altre società, anche tra i baNande la
circoncisione è un segno distintivo, oggi si pratica però negli
ospedali mentre un tempo veniva praticata dai circoncisori in
foresta, l’ultimo olusumba risale agli anni ’40 del novecento.
L’olusumba può essere uno spunto di riflessione sul confronto e lo
scontro tra la religione baNande e il cristianesimo: due progetti
antropo-poietici totalmente divergenti; si è trattato di uno scntro da
cui la visione nande è uscita soccombente, nessuno oggi è in grado,
in una cultura cappillarmente cristianizzata, di rivendicare la dignità
dell’olusumba.
Questo capitolo è il recupero culturale di un tratto di storia ormai
sepolto tra le macerie della modernità: tra i ricordi che riguardano
l’olusumba è stato trovato un canto che i circoncisori rivolgevano a
Katonda, la loro divinità, sotto forma di preghiera. L’analisi di
questo canto fa emergere una inaspettata visione antropologica
nande.

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