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Lezione 4 – 19/10/2021

LA APOPTOSI
LA STORIA DELLA SUA SCOPERTA
Vogt nel 1842 osservò come alcuni processi di morte cellulare fossero parte normale dello sviluppo.
Lockshin e Williams nel 1965 proposeto il termine “morte cellulare programmata” osservando che alcune
cellule destinate a morire durante la metamorfosi di anfibi e insetti sembrano essere guidate da un
programma intrinseco alla cellula stessa.
Horvitz e Sulston alla fine degli anni ’70 caratterizzarono geneticamente le componenti critiche che
regolano i meccanismi di apoptosi in C. elegans. I due osservarono come durante lo sviluppo di C. elegans si
formano 1090 cellule: di queste 959 cellule post-mitotiche (ovvero cellule che perdono la capacità di
rinnovamento) restano a fare parte del verme adulto, 131 vanno incontro a morte cellulare per apoptosi. Si
cercarono (anche attraverso induzione artificiale mediante esposizione a mutageni) mutazioni genetiche
nelle cellule di C. elegans che portassero ad un cambiamento del pattern di sviluppo e consentissero di
identificare geni che regolano il processo di apoptosi. Una volta identificati si cercò di trovare omologia di
questi geni in organismi complessi.
I geni che essi identificarono come fondamentali furono:
- Ced-3 e Ced-4: le mutazioni che inattivano questi geni portano alla conservazione di tutte le 131 cellule
che altrimenti verrebbero eliminate con apoptosi;
- Ced-9: mutazioni che inattivano il gene portano ad un aumento della morte cellulare, tanto che spesso il
verme muore nel corso dello sviluppo.
Queste osservazioni ci aiutano a comprendere come esistano 2 categorie di geni coinvolti nella regolazione
del processo apoptotico: alcuni sono necessari al processo di apoptosi (geni pro-apoptotici), altri bloccano
l’apoptosi (geni anti-apoptotici).
Sulla base di questo possiamo ipotizzare che in tutte le cellule questi geni sono in azione e:
- La sopravvivenza cellulare sia risultato della prevalenza dei geni anti-apoptotici sui pro-apoptotici;
- La morte cellulare risulti dalla prevalenza dei geni pro-apoptotici sugli anti-apoptotici.
Nota: venne osservato come questi geni siano conservati anche nei Mammiferi e in tutti gli organismi
pluricellulari in cui compare apoptosi. Geni con funzioni simili sono stati ritrovati anche in organismi
monocellulari: si pensa che l’apoptosi batterica sia un meccanismo di difesa contro infezioni virali.

IL PROCESSO
Definiamo apoptosi un processo di “morte cellulare programmata” o “suicidio” della cellula che implica
una reazione attiva da parte della cellula, la quale esegue il programma necessario a portare avanti il
processo di apoptosi anche servendosi di ATP. Il piano attivato dalla cellula dipende da elementi genetici
espressi dal genoma cellulare, quindi identificando tali elementi possiamo utilizzarli come target
farmacologici.
La morte cellulare per apoptosi può verificarsi sia in seguito a stimoli endogeni (l’apoptosi è alla base del
turnover cellulare, differenziamento terminale, rimodellamento in sviluppo e morfogenesi) ma anche
stimoli esogeni (agenti chimici, fisici, ormoni, citochine e farmaci portano alla morte attivando il
programma di apoptosi).

Come detto prima l’apoptosi si snoda attraverso una serie di reazioni che si susseguono con un ordine
stereotipato al fine di terminare la vita cellulare. Molte di queste reazioni sono “bloccabili” in punti precisi
sia dall’esterno (mediante farmaci o inibitori sintetici) che dall’interno (modulazione da parte di prodotti
genici endogeni).
Nota: molti farmaci vengono utilizzati come terapia anti-tumorale per indurre la morte cellulare. In altre
patologie (come quelle neurodegenerative, in cui l’apoptosi è responsabile della morte dei neuroni
caratteristica della malattia) i farmaci vengono utilizzati per bloccare l’apoptosi.

A differenza della necrosi i frammenti cellulari restano in situ e vengono eliminati molto velocemente dai
fagociti professionali e non, evitando l’innesco di una reazione infiammatoria. Questo ha un motivo
fisiologico: il processo di apoptosi è anche fisiologico e avviene in continuazione nei tessuti soggetti a
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rinnovamento. Se avessimo innesco di infiammazione ad ogni apoptosi saremmo continuamente soggetti a


reazioni infiammatorie.

Ma perché una cellula dovrebbe suicidarsi?


Da quanto abbiamo detto possiamo dedurre che l’apoptosi sia un evento positivo per l’organismo:
1. L’apoptosi è richiesta per un normale sviluppo embrionale: per quanto preciso possa essere, spesso lo
sviluppo embrionale presenta degli errori. La morte cellulare programmata elimina queste cellule
“errate”;
2. L’apoptosi è necessaria alla distruzione di cellule che rappresentano una minaccia per l’integrità
dell’organismo: una cellula normale può accumulare mutazioni che la convertono in una cellula
neoplastica; l’apoptosi viene utilizzata per eliminare queste cellule e bloccare sul nascere eventi di
cancerogenesi.

Lo sviluppo embrionale e il differenziamento


L’apoptosi è molto utile per regolare:
- Sviluppo: un esempio significativo è quello della morte per apoptosi delle cellule che compongono gli
spazi interdigitali che uniscono tra loro le dita nelle prime fasi dello sviluppo. L’apoptosi è anche
fondamentale per la generazione di appropriate sinapsi neuronali poiché elimina i neuroni che non sono
parte di sinapsi adeguate;
- Metamorfosi: ad esempio nella metamorfosi del girino, la coda viene persa mediante una serie di eventi
apoptotici;
- Differenziamento: le cellule mature nei tessuti adulti sono soggette ad un “turnover”. Le cellule
invecchiate vengono eliminate per apoptosi e sostituite da nuove cellule.

L’apoptosi e la difesa dell’organismo


Meccanismi apoptotici attivati dai linfociti T citotossici sono alla base della morte di cellule infettate da
virus e delle cellule in cui si verifica danno al DNA che potenzialmente potrebbero essere convertite in
cellule tumorali.
Anche nella maturazione dei linfociti T e B l’apoptosi gioca un ruolo chiave perché permette di eliminare le
cellule autoreattive che attaccherebbero antigeni self determinando l’insorgenza di malattie autoimmuni.

Alcuni dettagli sulle neoplasie


Le cellule tumorali
Il tumore viene considerato una malattia data dall’alterata
proliferazione cellulare. In una condizione di salute si ha un
bilanciamento tra proliferazione cellulare e morte cellulare per
apoptosi. In questo modo il numero delle cellule in un tessuto viene
mantenuto costante e adeguato. Delle mutazioni a carico di geni
coinvolti nella regolazione della proliferazione e dell’apoptosi sono alla
base dello sviluppo delle neoplasie; in particolare, un’aumentata
proliferazione e/o una diminuzione della morte cellulare determinano
la proliferazione incontrollata delle cellule e alla formazione della
neoplasia.

LE CARATTERISTICHE morfologiche DELL’APOPTOSI


la cellula in apoptosi subisce modificazioni morfologiche e biochimiche che portano alla sua
frammentazione e ne favoriscono la fagocitosi. Nelle cellule apoptotiche possiamo individuare alcune
caratteristiche peculiari:
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- Diminuzione del volume cellulare (shrinking) causata da una perdita di liquidi dovuta a processi attivi
mediati da pompe di membrana;
- Condensazione e marginalizzazione della cromatina e conseguente frammentazione della stessa;
- Formazione di protuberanze (blebs) citoplasmatiche delimitate da membrana e che contengono
frammenti di cromatina e organelli cellulari. Si tratta delle regioni che poi si staccano dalla cellula a
formare i corpi apoptotici. Vengono eliminati, come detto prima, dai fagociti e possono essere riciclati
da cellule vicine.

Nota: l’apoptosi è un processo rapido.


Non tutte le cellule vanno in apoptosi contemporaneamente e non tutte nello stesso tessuto vanno in
apoptosi.
La frammentazione della cromatina
Abbiamo detto che la frammentazione della cromatina è una delle principali caratteristiche delle cellule
apoptotiche.
Sappiamo che il DNA viene organizzato in nucleosomi, costituiti da 8 istoni attorno al quale è avvolta una
porzione di DNA, che sono separati tra loro da DNA linker. La frammentazione nei processi apoptotici
interessa proprio le regioni del DNA linker: è qui che viene effettuato il taglio. Le nucleasi tagliano nelle
regioni linker in maniera aspecifica → si generano molecole di DNA frammentato di lunghezza diversa.
Ne consegue che se sottoponiamo un campione di DNA frammentato in apoptosi ad elettroforesi, le
molecole al termine della corsa elettroforetica si organizzano in modo da formare dei gruppi discreti che
corrispondono alla lunghezza di x nucleosomi (questi occupano circa 150 nucleotidi e sono protetti dalla
degradazione quindi il taglio avviene ogni 150 nucleotidi).
Questo differisce dai processi necrotici in cui la frammentazione cromatinica prevede che il DNA venga
degradato anche a livello dei nucleosomi, quindi sottoposto ad elettroforesi non genera gruppi discreti.
Possiamo osservare dall’immagine il risultato di elettroforesi condotta su DNA marcato con
etidio bromuro prelevato da cellule normali, apoptotiche e necrotiche:
- A 🡪 cellule sane: il DNA è organizzato in cromosomi, delle strutture molto grandi. Quindi
in gel viaggia poco;
- B 🡪 cellule apoptotiche: osserviamo la formazione di una “scaletta” di frammenti di DNA.
Per ogni “gradino” la distanza dal punto di partenza dipende dalla dimensione dei
frammenti di DNA, quindi sono multipli alla lunghezza del nucleosoma.
- C 🡪 cellule necrotiche: in questo caso non si generano frammenti discreti di DNA quindi
vediamo uno smeare continuo dato che i frammenti possono avere numerosissime
dimensioni.

Vediamo negli schemi sottostanti le principali differenze necrosi-apoptosi nelle cellule:


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COSA SUCCEDE QUANDO L’APOPTOSI NON FUNZIONA?


Sviluppo embrionale
Il KO del gene Apaf-1, codificante per un prodotto genico fondamentale per l’esecuzione dell’apoptosi,
determina l’arresto dello sviluppo embrionale. Nella tabella vediamo cosa accade in tempi diversi in
organismo con genoma differente:

Secondo una distribuzione mendeliana dovremmo avere 50% eterozigoti (+/-), 25% omozigoti KO (-/-) e
25% di omozigoti wt (+/+). Osserviamo:
- Nella fase iniziale sembra che Apaf-1 non abbia importanza rilevante, infatti possiamo osservare una
mancanza di embrioni anormali;
- Dopo un paio di giorni vediamo il mantenimento di una distribuzione mendeliana, ma tutti gli omozigoti
KO sono anormali;
- Procedendo con i giorni, il numero di embrioni anormali continua ad aumentare, mentre si perde la
distribuzione mendeliana dei genotipi;
- Osserviamo infine la presenza di 0 embrioni anormali e 0 embrioni KO per Apaf-1. La perdita di questi
ultimi dipende dal fatto che gli embrioni muoiono.
Le osservazioni permettono di comprendere che Apaf-1, ad un certo punto nello sviluppo, ha un ruolo
fondamentale per lo sviluppo embrionale

Tra le anomalie derivanti da KO di Apaf-1 abbiamo:


- Mantenimento delle porzioni interdigitali;
- Alterazioni allo sviluppo della neuroretina. Notiamo che essa si
organizza a formare un tessuto molto frastagliato che porta ad uno
sviluppo grossolano dell’occhio;
- Aumentiamo la sopravvivenza cellulare nel cervello dei topo KO.
Questo viene visualizzato marcando la caspasi 3 ATTIVA,
fondamentale nell’apoptosi: osserviamo che le cellule + alla caspasi,
in assenza di Apaf-1, sono quasi inesistenti (immagine a lato).
Questo determina il mantenimento delle cellule errate. Il TUNEL
assay è un altro saggio che viene utilizzato per verificare la presenza
di fenomeni apoptotici;
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- Possiamo poi osservare che le cellule KO per Apaf-1, trattate in vitro con un lipide che stimola apoptosi,
non muoiono. In ogni caso se aggiungiamo STS possiamo indurre la morte di queste cellule per necrosi.

Ruolo dell’apoptosi nella tumorigenesi


Moltissimi tumori umani derivano dalla mutazione dell’oncosoppressore p53, si tratta di un fattore di
trascrizione che regola risposta a danni al DNA e l’apoptosi.
Altri tumori derivano invece da mutazioni che determinano aumento dell’espressione di geni anti-
apoptotici (come Bcl-2) , oppure downregolazione di geni pro-apoptotici e perdita di espressione di fattori
che attivano apoptosi (come Apaf-1).
Esempio: nel melanoma il gene Apaf-1 viene mutato e inattivato. Questo determina la mancata morte
cellulare per apoptosi.

L’AIDS
Malattia associata ad aumento dell’apoptosi delle cellule TCD4+ in seguito ad infezione virale.

Malattie neurodegenerative
Malattie come morbo di Alzheimer, Parkinson e Huntington sono associate ad aumento apoptosi in cellule
del SNC.

Altre condizioni patologiche come malattie autoimmuni e infezioni virali da Herpesvirus, poxvirus e
adenovirus sono invece associate ad un’inibizione dell’apoptosi.

L’apoptosi è, quindi, un processo altamente regolato e bilanciato. La perdita dell’omeostasi porta allo
sviluppo di patologie.

LE FASI DEL PROGRAMMA APOPTOTICO


1. Decisione se iniziare o meno la procedura di apoptosi: induzione
La cellula decide se innescare o meno l’apoptosi. In questa fase dei recettori per molecole segnale
interagiscono con i loro ligandi e vengono attivati. questo tuttavia non è sufficiente ad innescare l’apoptosi:
la cellula verifica se il segnale sia sufficiente o meno per iniziare apoptosi .

2. Passaggio del punto di non ritorno: “commitment”


Prima di questo punto la cellula può revertire il programma di apoptosi. Ad esempio, un danno al DNA
determinerebbe l’attivazione di un processo apoptotico, ma se la cellula ripara DNA prima di raggiungere la
fase di commitment, la cellula può interrompere il processo.

Nella regolazione del passaggio dalla prima alla seconda fase intervengono una serie di proteine
regolatorie hanno il compito di integrare (fare una “sommatoria”) segnali pro- e anti-apoptotici e, a
seconda delle circostanze, intra- ed extra-cellulari. In questo modo esse possono stabilire se sia adeguato o
meno avviare l’esecuzione a seconda che prevalgano gli uni o gli altri. Esse sono, quindi, in gradi di regolare
la funzionalità mitocondriale: l’attivazione del mitocondrio determina la formazione di canali da cui
fuoriescono delle molecole che continuano con l’apoptosi.

3. Esecuzione
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Completiamo l’apoptosi determinando la formazione di corpi apoptotici e la morte e scomparsa della


cellula.

Esistono 2 meccanismi che portano all’ attivazione dell’apoptosi nella cellula.


Il primo meccanismo, più studiato e diffuso, è la VIA INTRINSECA
che viene attivata quando la cellula subisce uno stress.
L’innesco è a carico di proteine appartenenti alla famiglia di BCL-
2, infatti il commitment di questa via dipende dalla regolazione
del mitocondrio prima accennata: alcune proteine pro-
apoptotiche della famiglia di BCL-2 permettono la formazione di
canali sulla membrana esterna del mitocondrio dai quali escono
molecole che:
- Bloccano inibitori citoplasmatici dell’apoptosi (anti-
apoptotici);
- Attivano proteasi e nucleasi (caspasi) che funzionano come
esecutori.

La seconda via di attivazione dell’apoptosi è la cosiddetta VIA ESTRINSECA. Essa dipende dall’azione dei
DEAD-receptor. Si tratta di recettori che riconoscono segnali di morte tra i quali ricordiamo il TNF (Tumor
Necrosis Factor): l’interazione dei recettori con il ligando determina l’induzione dell’apoptosi. Questi
recettori attivano delle proteine citoplasmatiche che formano delle strutture macromolecolari che attivano
delle caspasi diverse da quelle attivate dalla via intrinseca. Esse degradano selettivamente alcune
componenti della cellula e portano alla formazione di corpi apoptotici.

IL RUOLO DEL MITOCONDRIO


Il mitocondrio ha un ruolo chiave anche nell’apoptosi.
Nelle fasi iniziali il mitocondrio deve essere funzionante, altrimenti la cellula non fa partire il programma di
apoptosi. Nonappena il commitment determina il rilascio delle proteine mitocondriali (tra cui citocromo C e
Smac), anche il mitocondrio viene danneggiato, infatti le caspasi che da esse sono attivate colpiscono anche
esso. In questa fase il mitocondrio smette di funzionare e va incontro alla fissione in cui i mitocondri si
frammentano e vengono integrati poi nei corpi apoptotici.

Il citocromo C
Si tratta di una molecola che ha un ruolo chiave nell’apoptosi.
Normalmente risiede nello spazio intermembrana del mitocondrio ed è coinvolto nel pathway di
respirazione mitocondriale.
Esso viene rilasciato dai mitocondri nel corso del commitment. Esso nel citosol forma un complesso
chiamato APOPTOSOMA con la molecola Apaf-1 e pro-caspasi 9 (forma inattiva della caspasi 9 presente nel
citosol in condizioni fisiologiche) in presenza di ATP. Nell’apoptosoma, la vicinanza delle pro-caspasi tra
loro, permette l’attivazione mediante cleavaggio della caspasi 9 che determina il passaggio alla fase di
esecuzione e alla degenerazione della cellula con formazione dei corpi apoptotici.

Come viene rilasciato il citocromo C?


Il rilascio avviene prima dei cambiamenti morfologici del mitocondrio. Si tratta di un fenomeno tutto-o-
nulla della durata di 5 minuti massimo.
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Come studiamo la fuoriuscita del citocromo C e altre molecole dal mitocondrio durante apoptosi?
Possiamo utilizzare delle tecniche di imaging che si servono della proteine GFP.

Quello che si è fatto è stato prendere la sequenza genica che codifica per citocromo C e generare un gene di
fusione con il gene per la GFP. In questo modo possiamo visualizzare l’espressione di tale proteine:

- Cellula normale: i mitocondri (verde per via dell’associazione di citocromo C alla GFP)
formano un network attorno al nucleo. Il Citocormo C rimane nel mitocondrio, tra due
membrane del mitocondrio;

- Cellule apoptotiche: trattiamo le cellule con farmaco che induce apoptosi. Vediamo
dalle immagini (prese prima del trattamento e a tempi diversi dal trattanento)
vediamo che progressivamente si perde il network di mitocondri visualizzato in
verde a favore della formazione di strutture più disperse che danno un segnale
diffuso. Semplicemente si tratta della conseguenza del rilascio di citocromo C dal
mitocondrio.

Come studiamo la funzione dell’apoptosoma?


La microscopia crio-elettronica permette di visualizzare la funzione dell’apoptosoma. Prevede che il
campione venga preparato in vuoto assoluto e a temperature bassissime (-200/-150°C). Congelando
rapidamente il campione evitiamo la formazione di cristalli nelle cellule (che le distruggerebbero) quindi
preserviamo una struttura simile a quella fisiologica della cellula in vivo.
Otteniamo delle immagini simili a quelle che otteniamo con cristallografia a raggi X. Visualizziamo dei
complessi proteici.

Possiamo usare anche delle tecniche di immagine che possono essere usate per la visualizzazione di
proteine già conosciute nella cellula.
Questa tecnica ha permesso l’analisi dell’apoptosoma: Apaf-1 ha la funzione di formare uno scheletro sul
quale si innestano le molecole di pro-caspasi e il citocromo C formare una sorta di “tappo”.

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