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L’anatomia patologica è una disciplina che studia le modificazioni indotte in organi e tessuti

in conseguenza di uno stato di malattia (infiammatoria o neoplastica) con finalità di ricerca


scientifica o diagnosi: 1. Riconoscimento del processo patologico; 2. Identificazione della
causa scatenante; 3. Valutazione dell’entità del danno (STADIAZIONE PATOLOGICA); 4.
Indirizzamento della terapia e comprensione della prognosi.

ESAME ISTOLOGICO:
È l’analisi di un frammento di un organo o un tessuto ottenuto mediante biopsia o
asportazione chirurgica, inviato in analisi per via di un sospetto clinico accanto i dati del
paziente e alla sede del prelievo.
La biopsia è il prelievo di tessuto per l’allestimento del preparato istologico. Nell’ambito delle
biopsie si possono eseguire:
1. biopsia endoscopica,
2. ago biopsia,
3. biopsia chirurgica incisionale (asportazione di una piccola parte) ed escissionale (a
porta asportazione di tutta la lesione).
Il materiale campionato giunge quindi al laboratorio all’interno di un contenitore contenente
fissativo, utilizzato per mantenere le caratteristiche morfologiche cellulari inalterate.
Il fissativo più utilizzato è la formalina tamponata al 10% in rapporto di 1:20 con il materiale
bioetico. In alternativa, in situazioni di emergenza, è possibile utilizzare anche l’alcool puro.
Rari sono i casi in cui la biopsia non fissata viene inviata in laboratorio per uno studio a
fresco. Questo è il caso della biopsia estemporanea.
Il pezzo operatorio deve essere analizzato intraoperatoriamente per avere una risposta
rapida che servirà al chirurgo per modificare il suo atteggiamento più o meno
conservativo.questa diagnosi viene chiesta ad esempio nel caso di un linfonodo sentinella o
per la definizione dei Margini di resezione in modo da suo tare la stazione linfonodale e/o
allargare il letto operatorio.
Per dare consistenza al pezzo operatorio non fissato, lo si congela, e si usa il criostato per
l’analisi. Questa dovrebbe avere il vantaggio di dare una diagnosi immediata ma porta con sé
lo svantaggio di essere 1. operatore dipendente e 2. di dover avvenire entro tempi brevi (20
minuti).
In tutti gli altri casi, di fronte al pezzo operatorio bisogna svolgere:
1. Esame Macroscopico
2. Esame Microscopico - Il campione viene diviso in porzioni delle dimensioni di circa 1
cm² e viene processato: prima viene disidratato con dosi crescenti di alcol, poi gli
viene fornita consistenza con XILOLO, un solvente della paraffina, per consentirne il
taglio al microtomo dopo averlo correttamente incluso, ovvero, dopo averlo
correttamente orientato. Le sezioni dello spessore di circa 3-5 micron vengono
disposte sul vetrino, ancora DIAFANE, pronte per la colorazione (con ad esempio,
ematossilina-eosina, PAS, GIEMSA, rosso Congo, ecc.);
3. Indagini Ultrastrutturali - È l’analisi al microscopio elettronico del vetrino, consente di
osservare depositi intracellulari e intercellulari, oggi viene usata solo per alcune
specifiche patologie (ad esempio le glomerulonefriti);
4. Indagini Molecolari - Utili per la ricerca di antigeni cellulari, recettori, geni, ecc.
a. IMMUNOFLUORESCENZA: È una metodica diretta in cui l’anticorpo “sonda” è
già legato al colorante (fluorescina, verde o rodamina, rosso), il vetrino si
osserva con il microscopio in campo OSCURO.
b. IMMUNOISTOCHIMICA: È una metodica indiretta in cui l’anticorpo sonda è
marcato, ma la colorazione avviene secondariamente ed il vetrino può essere
osservato in campo CHIARO (aminoetilcarbanazolo, rosso o
diaminobenzidina, marrone).
Esempi di utilizzo di queste metodiche sono: la ricerca di autoanticorpi anti
membrana basale ed anti doesmosomi nelle patologie cutanee come Pemfigo
Volgare e Pemfigoide Bolloso; la ricerca di positività per la presenza di alcuni recettori
di membrana come HER2, o alla pancitocheratina (filamento citoscheletrico presente
nelle cellule epiteliali).
La FISH (ibridazione fluorescente in situ) è una metodica a fluorescenza usata per analizzare
una sequenza di DNA, usando una sonda (un frammento di DNA le cui basi azotate sono
complementari a quelle del gene che si ricerca. Alcuni usi della FISH sono il sospetto di
sindrome di Down, il riconoscimento di delezioni, traslocazioni ed amplificazioni geniche
(amplificazione del gene che codifica per il recettore HER2 mammario).

ESAME CITOLOGICO:
L’esame citologico insieme all’istologico è di molta importanza in anatomia patologica. I due
si differenziano perché l’istologia permette di osservare le cellule all’interno di un tessuto
per la valutazione della loro citoarchitettura strutturale, la citologia permette di studiare le
caratteristiche morfologiche delle singole cellule.
I vantaggi della citologia sono: il basso costo, la bassa invasività, l’alta specificità.
Gli svantaggi: la scarsa sensibilità e la minore attendibilità (nei casi di dubbio, ma anche di
positività dell’esame citologico, l’esame istologico viene sempre eseguito).
La citologia è usata per screening e follow-up. Altri impieghi possono essere il
riconoscimento di fattori prognostici o fattori predittivi di risposta alla terapia infatti gli
esami di indagine molecolare possono essere fatti anche sulle cellule di un esame citologico.
Esistono varie tecniche per prelevare il materiale citologico:
1. Citologia ESFOLIATIVA: diretta (vescica) o indiretta (cervice), tipicamente usata per
organi cavi.
2. Lavaggio: spesso usato per le vie aeree (BAL, lavaggio bronco alveolare).
3. Citologia PER APPOSIZIONE: eseguita raramente in caso di patologia neoplastica
linfonodale, per dare un primo orientamento grossolano nella ricerca di cellule
linfonodali atipiche.
4. Citologia AGO ASPIRATIVA: utilizzata per gli organi parenchimatosi (distinta dall’ago
biopsia perchè utilizza un ago più sottile).
Per utilizzare un preparato citologico o per formulare un’ipotesi diagnostica sulla base del
reperto osservato bisogna certificare che siano soddisfatti i “criteri di idoneità citologica”,
ovvero bisogna: 1. essere sicuri della sede del prelievo (valutando la presenza di elementi
che confermino la sede anatomica), 2. avere un numero di cellule adeguato, 3. essere certi
che l’allestimento del prelievo sia avvenuto correttamente.
Dopo il prelievo, il campione viene posto sul vetrino o direttamente per striscio (test di
Tzank, PAP test), dopo centrifugazione (esame citologico delle urine).

ALTERAZIONI CELLULARI
Sono le risposte di un organismo ad un insulto di qualsiasi genere, a livello cellulare.
Possono essere:
REVERSIBILI:
1. IPERTROFIA - aumento delle dimensioni delle cellule di un tessuto
fisiologicamente (a seguito di esercizio fisico - aumenta il volume delle cellule
muscolari) o patologico (nel cuore scompensato - le cellule cardiache sono
ipertrofiche);
2. IPERPLASIA - aumento del numero di cellule per aumento della loro
proliferazione;
3. METAPLASIA - è la sostituzione di una popolazione di cellule ben differenziate
con un altra popolazione ben differenziata (metaplasia polmonare, esofagea,
del cavo orale, ecc.);
4. DISPLASIA - è la presenza di cellule con morfologia anomala (displasia lieve,
moderata o severa) in un tessuto, spesso precede la NEOPLASIA;
5. ATROFIA - l’opposto di iperplasia ed ipertrofia, è la riduzione del volume e del
numero di cellule di un tessuto, fisiologica o patologica;
IRREVERSIBILI:
1. APOPTOSI - morte cellulare programmata fisiologica (embriogenesi) o
patologica (associata a flogosi, ad esempio necrosi epatocellulare da HCV);
2. NECROSI - associata a fenomeni infiammatori: colliquativa, coagulativa,
caseosa, steatonecrosi;
CICLO CELLULARE
Il ciclo cellulare è caratterizzato dall’alternanza di diverse fasi: G1, S, G2 ed M. Nel passaggio
tra cui sono inseriti diversi punti di controllo che a partire dalla produzione di proteine
proptosi che favoriscono la proliferazione cellulare o limitano (ad esempio le chinasi A cicline
dipendenti, sempre alterate in patologia neoplastica).
Se si prende in considerazione il ciclo vitale dei tessuti si distinguono quelli a: cellule labili,
cellule stabili, tessuti e cellule perenni (in realtà anche in questi tessuti, come il tessuto
nervoso, esiste un compartimento staminale da cui potrebbe aver origine una
proliferazione/ricambio cellulare).
PATOLOGIA INFIAMMATORIA:
Infiammazione o flogosi è un processo messo in atto dall’organismo in risposta ad una noxae
patogena con lo scopo di eliminarla e rimuovere l’eventuale tessuto lesionato per garantire
un processo di guarigione.

FLOGOSI ACUTA - Si verifica in seguito a infezioni, impostazioni, morte cellulare,


l’ipersensibilità di tipo I o II, processi di auto immunità.
Della flogosi acuta si verifica il progressivo avvicinamento dei granulociti neutrofili dal
torrente sanguigno verso il sito in cui si trova il patogeno (grazie al processo di DIAPEDESI i
granulociti vengono richiamati da mediatori molecolari come le citochine che ne favoriscono
la marginazione). Oltre ai granulociti neutrofili, riconoscibili nel tessuto grazie alla ricerca
immunoistochimica delle mieloperossidasi, nel tessuto sede di flogosi acuta si riconoscono
altre popolazioni di cellule con nucleo reniforme: i macrofagi, le cellule del Langherans, le
cellule dendritiche.
Tra i marcatori cellulari all’immunoistochimica ricordiamo il CD1A per le cellule del
Langherans che possono essere l’origine di tumori del comparto cutaneo (istiocitoma cellule
del Langherans).
La flogosi acuta si può distinguere sulla base de:
1. la causa che la scatenata: infettiva, morfo cellulare, da ipersensibilità;
2. le caratteristiche del suo essudato (uno dei segni cardinali della flogosi acuta insieme
a RUBOR, CALOR, TUMOR, DOLOR, FUNCTIO LESA), che può essere sieroso, fibrinoso,
catarrale, purulento;
3. la cellularità dell’essudato: granulocitario, cronico-riacutizzato;
Nelle reazioni allergiche si riscontra soprattutto la presenza di granulociti eosinofili e
mastociti che contengono loro interno granuli di istamina (CD117 è un marcatore dei
mastociti anche se non specifico che marca anche le cellule di Cajal della mucosa intestinale
da cui possono originare tumori stromali gastrointestinali, GIST, e delle cellule germinali del
testicolo con significato neoplastico di indicativo di seminoma).
I linfociti T e B che costituiscono l’immunità adattativa dove processi di immunità innata si
attivano per contrastare il patogeno creando anticorpi specifici.
Queste popolazioni sono indistinguibili morfologicamente tra loro e solo grazie
all’immunoistochimica i linfociti T e linfociti B possono essere distinti poiché hanno
marcatori diversi tra loro: CD20, CD79A, CD3, CD5, CD7 contro CD38 e CD138. Distinguerli è
di fondamentale importanza per riconoscere la patologia tumorale che colpisce i linfociti, i
linfomi B e T.
La flogosi acuta ha 3 esiti:
1. guarigione con restituzione ad integrum,
2. guarigione per seconda intenzione (processo cicatriziale con perdita di sostanza e
funzionalità),
3. cronicizzazione.
FLOGOSI CRONICA - Cronica si verifica in seguito a infezioni persistenti, ipersensibilità
ritardata tipo III e IV e processi autoimmuni cronici. Questa tende a persistere per un tempo
superiore ai tre-sei mesi.
L’organismo non è in grado di eliminare e il patogeno responsabile dell’infiammazione anche
se nel contempo possono verificarsi dei tentativi di riparazione tissutale.
Esempi di cause di infiammazione cronica sono: infezione da Helicobacter Pylori, TBC, micosi
profonde; patologie autoimmuni come sindrome di Sjogren, tiroidite di Hashimoto; agenti
tossici come asbesto e silicio (asbestosi, silicosi, ecc.).
I protagonisti della flogosi cronica sono: linfociti, macrofagi, eosinofili, mastociti, cellule APC.
Da un punto di vista morfologico si distinguono due tipi di infiammazione cronica:
1. A carattere diffuso;
2. A carattere granulomatoso (con atteggiamento nodulare e accompagnata da necrosi
caseosa - TBC, micosi, leishmaniosi, o meno - sarcoidosi);
La flogosi cronica è responsabile di: distruzione tissutale (ulcera da HP), atrofia (morbo
celiaco), iperplasia rigenerativa (MICI), neoangiogenesi (formazione di tessuto di
granulazione, utile alla riparazione tissutale) e fibrosi (epatiti croniche infettive o epatite
alcolica).

PATOLOGIA NEOPLASTICA:
La neoplasia è caratterizzata da crescita tissutale progressiva, relativamente autonoma
(richiede il supporto vascolare).
La proliferazione si altera per difetti che nascono su due fronti: stimoli ambientali alterazioni
genetiche.
Gli stimoli ambientali sono tutta quella serie di fattori esogeni che concorrono all’instaurarsi
del fenotipo neoplastico come: sostanze chimiche, radiazioni, infezioni virali, stimoli
ormonali, cronica.
Le alterazioni genetiche possono riguardare l’alterazione di oncogeni, geni onco-soppressori,
geni proapoptotici, DNA repair. Gli oncogeni (ERGF, KRAS, ecc.) sono geni che svolgono una
funzione recettoriale per i fattori di crescita. Gli onco-soppressori (p53, APC, Rb) agiscono in
maniera opposta quando la cellula riconosce una mutazione che causerebbe la
slatentizzazione del fenotipo neoplastico causando arresto del ciclo cellulare e avvio verso
l’apoptosi.
I geni DNA repair correggono errori del DNA come mismatch, rotture del doppio filamento,
dimerizzazione delle pirimidine (danni tipici da esposizione a raggi UV).
L’alterazione di questi geni si ha per mutazioni puntiformi che determinano l’espressione di
una proteina non funzionante o di una proteina diversa, o per amplificazione genica, in cui la
sequenza del gene oncogene appare ripetuta e la proteina, iperespressa.
I tumori familiari costituiscono solo una piccola parte della patologia neoplastica in cui
mutazioni ereditarie di geni (come BRCA1 e 2) espongono all’aumentato rischio di sviluppare
un determinato tumore.
PATOLOGIA AUTOIMMUNITARIA:
L'autoimmunità è una reazione immune diretta contro antigeni Self, i quali non essendo
eliminabili causano una flogosi cronica.
La tolleranza immunologica è quel fenomeno che impedisce la risposta immune nei
confronti dell’organismo ed è il risultato di 3 diversi meccanismi:
1. Tolleranza Centrale (in sede timica le APC espongono antigeni non Self ai linfociti in
maturazione)
2. Tolleranza Periferica (per cui i cloni autoreattivi linfocitari vanno incontro ad
apoptosi);
3. Immunosoppressione (operata dai linfociti T);
Nelle patologie autoimmuni avremo linfociti T autoreattivi è produzione di autoanticorpi da
parte di linfociti B maturati in plasmacellule. Le patologie autoimmuni solitamente si
innescano a causa di uno stimolo ambientale o stressogeno e sono correlate ad alterazioni
genetiche che riguardano l’HLA umano.
Si distinguono in generale due grandi gruppi di malattie autoimmuni: organo specifiche e
sistemiche.
I meccanismi patogenetici alla base di entrambi tipi sono: lisi cellulare anticorpo mediata,
interferenza con recettori di superficie di un autoanticorpo e emozioni di immunocomplessi.
Tra le ORGANO SPECIFICHE ricordiamo:
Sindrome di Sjogren - La sindrome di Sjögren primaria è una malattia immunologica
caratterizzata principalmente da secchezza orale e oculare, ma può coinvolgere anche altri
organi e apparati, come il sistema nervoso centrale e periferico e le articolazioni. La malattia
colpisce più frequentemente le donne, soprattutto fra i 30 e i 50 anni, con un rapporto
maschi:femmine di 1:20. Alla base della diagnosi vi è la sintomatologia tipica persistente, la
dimostrazione dell’alterata secrezione di lacrime e saliva e la presenza di anticorpi come
ANA, anti-SSA, anti-SSB e il fattore reumatoide.
FORMA PRIMITIVA
È la forma che compare in modo isolato, senza associazione con altre malattie.
FORMA SECONDARIA
Si tratta della forma che compare in associazione con altre malattie autoimmuni, quali:
Artrite reumatoide, Lupus eritematoso sistemico (LES), Sclerodermia, Cirrosi biliare primitiva,
Tiroidite di Hashimoto, Connettivite mista, Vasculiti sistemiche.
XEROSTOMIA - È la riduzione della secrezione di saliva. Pertanto, la mucosa della bocca
risulta secca. Inoltre, muta anche la consistenza del liquido salivare: esso diventa viscoso,
denso e contiene meno lisozima. Tutto ciò si traduce in una difficoltà a mangiare cibi secchi,
nella necessità di bere frequentemente (anche di notte), in una diminuzione del gusto, nella
formazione di fessure sulla lingua o in un impedimento a parlare velocemente e per lunghi
periodi di tempo.
I pazienti colpiti da sindrome di Sjögren sono particolarmente soggetti a complicazioni, quali
carie dentarie e candidosi orale. Ciò è dovuto al fatto che nella saliva sono contenute delle
immunoglobuline di tipo A (IgA), che svolgono una funzione protettiva nei confronti dei
batteri del cavo orale.
XEROFTALMIA - È l'alterazione della secrezione lacrimale. Le lacrime, infatti, hanno un minor
contenuto di acqua e assumono un aspetto viscoso e denso. Questa condizione pone le basi
per sviluppare la cosiddetta cheratocongiuntivite secca, infezioni oculari, danni alla cornea,
ecc.
La sindrome di Sjögren non colpisce soltanto le ghiandole esocrine. Infatti, lo stato di salute
del paziente si complica ulteriormente quando l'infiltrato linfocitario va a intaccare anche
alcune porzioni extraghiandolari (si possono avere polmoniti, nefriti, paresi neurologiche,
gastriti, tiroiditi, atralgie, fenomeno di Raynoud e manifestazione linfoproliferative - linfomi,
che coinvolgono sia i linfociti B sia i linfociti T -).
Tiroidite di Hashimoto;
Morbo di Basedow;
Pemfigoide Bolloso;
Pemfigo Volgare;
Tra le SISTEMICHE ricordiamo:
LE - Tra questi ricordiamo il LE discoide e subacuto che coinvolgono per lo più il distretto
cutaneo:
- il subacuto determina la comparsa di vesciche dopo l'esposizione solare; Possono
comparire chiazze arrossate ad anello o chiazze simili alla psoriasi su braccia, viso e tronco. Il
LECS differisce dal LED perché raramente causa cicatrizzazione. In genere, le persone affette
lamentano affaticamento e dolori articolari, ma di solito non presentano danni gravi agli
organi interni, come può avvenire con il lupus eritematoso sistemico.
- il discoide provoca un'eruzione cutanea permanente: eruzioni tondeggianti, rosse e in
rilievo, che a volte progrediscono fino a perdita di cute con cicatrizzazione e perdita di capelli
nelle aree colpite. Le eruzioni sono disposte a grappolo sulle aree della cute esposte alla
luce, come il viso, il cuoio capelluto e le orecchie. A volte un’eruzione o le ulcere colpiscono
anche le mucose, specialmente della bocca. Evolve nel 10% dei casi in LES.
Il terzo tipo LE, il lupus eritematoso sistemico è caratterizzato da lesioni multidistrettuali
(renali, cutanee, articolari, cardiache, polmonari, del tratto gastrointestinale) causate dalla
deposizione di immunocomplessi e dall'infiammazione cronica.
Un esame del sangue può rilevare anticorpi antinucleo (ANA), presenti in quasi tutti i
pazienti con lupus. Tuttavia, questi anticorpi compaiono anche in altre malattie. Pertanto, se
vengono individuati ANA, si effettua un esame per gli anticorpi anti-DNA a doppia elica: un
livello elevato di questi anticorpi anti-DNA supporta fortemente la diagnosi di lupus, ma non
tutte le persone affette da lupus li presentano.
Il trattamento dipende dall'entità dei sintomi e dagli organi colpiti. I farmaci che si utilizzano
sono: FANS, idrossiclorchinina (antimalarico), corticosteroidi e famrmaci biologici
(rituximab).
Sclerodermia e Morfea -
PATOLOGIA DELLE GHIANDOLE SALIVARI
Le ghiandole salivari sono distinte in ghiandole salivari maggiori (extramurali: parotide,
sottolinguale, sottomandibolare) e ghiandole salivari minori (intramurali: palatine, labiali,
malari, linguali), la funzione delle quali è produrre la SALIVA: utile a lubrificare le pareti del
cavo orale, dare consistenza al bolo alimentare, operare una prima digestione degli zuccheri
grazie all’amilasi salivare e operare una funzione antibatterica grazie al contenuto di IgA.
Da un punto di vista istologico le ghiandole salivari sono ghiandole tubulo acinari complesse
a secrezione sierosa, mucinosa o mista.
PATOLOGIA INFIAMMATORIA:
SIALOLITIASI
È la formazione di calcoli nella ghiandola formati da sali di Ca e detriti cellulari. Con il loro
effetto massa possono impedire il corretto drenaggio del secreto ghiandolare con ristagno
salivare che favorisce infezioni batteriche. La patologia tende al cronico e l’insulto flogistico
causa la metaplasia dell’epitelio colonnare del dotto ghiandolare in epitelio più resistente,
squamoso (pavimentoso pluristratificato).
SIALOADENITE
E’ l’infezione delle ghiandole salivari, può essere ACUTA, causata da batteri o virus come
Paramixovirus, agente eziologico della parotite (“orecchioni”), o CRONICA, come nella
sindrome di Sjogren (in cui autoanticorpi anti SSA e SSB causano la distruzione della
componente acinare ghiandolare, esito in xerostomia).
PATOLOGIA NEOPLASTICA:
BENIGNA
MUCOCELE: tumore di riscontro in età pediatrica localizzato alle ghiandole salivari minori
(più spesso alle labiali). E’ una neoformazione rotondeggiante con mucosa normale, le
cellule del dotto hanno aumentato il loro calibro. Necessita di intervento chirurgico per
scongiurare le recidive.
ADENOMA PLEOMORFO: tumore che si localizza principalmente alla ghiandola parotide e
colpisce i soggetti di età compresa tra 50 e 60 anni, specie se predisposti da esposizione alle
radiazioni ionizzanti. Viene chiamato anche TUMORE MISTO per la sua doppia componente:
epiteliale e starò male (che può organizzarsi a formare tra eccole, lamiere, ecc.).
Origina dalle cellule mioepiteliali o dalle cellule duttili di riserva. Si presenta come una massa
asintomatica, se il paziente presenta ALGIA essa è più che altro riconducibile
all’infiammazione.
La prima indagine strumentale è l’ecografia, seguita da un agoaspirato per la valutazione
citologica che può autorizzare un intervento di asportazione della parotide: parotidectomia.
All’esame anatomopatologico, già macroscopicamente il tumore è visivamente benigno, ben
capsulato, liscio, solido con aree grigie (Stromali) e aree bianche (Epiteliali). L’epitelio si
studia all’immunoistochimica attraverso l’EMA (antigene epiteliale di membrana), la
pancitocheratina e l’indice proliferativo Ki67, basso. Le cellule stromali sono positive alla
vicentina (il suo colore grigiastro è dato dai glicosamminoglicani GAG presenti nella matrice
mixoide).
L’adenoma pleomorfo di vecchia data può accrescersi e creare sottili propaggini di
infiltrazione capsulare che anche a seguito di intervento chirurgico potrebbero recidivare o
andare incontro a trasformazione maligna.
TUMORE DI WARTHIN: è un altro tumore benigno delle ghiandole salivari che origina
dall’epitelio ghiandolare con evoluzione cistica. L’eziologia è sconosciuta ma le radiazioni
ionizzanti ed il fumo di sigaretta sono fattori predisponenti. È più frequente nei soggetti di
sesso maschile tra i 50 ed i 70 anni.
Viene anche chiamato CISTOADENOMA PAPILLIFERO LINFOMATOSO per il suo caratteristico
aspetto istologico: avremo infatti una componente LINFOCITARIA richiamata in sede dalle
citochine rilasciate dalle cellule epiteliali che si dispongono a formare PAPILLE (similmente al
carcinoma papillare della tiroide) in doppio strato di celllule (cuboidi) attorno all’asse
vascolare. La caratteristica di tali cellule è la METAPLASIA OSSIFILA, ovvero la ricchezza in
mitocondri che le rende intensamente eosinofile.
MALIGNA
CISTOADENOMA MUCOEPIDERMOIDE: è un tumore maligno molto aggressivo (specie se
poco differenziato). L’eziologia è sconosciuta ma le radiazioni ionizzanti predispongono
all’insorgenza di tale patologia. In genere è asintomatico e compare l’algia nel caso di
infiltrazione del nervo facciale (la paralisi sopraggiunge negli stadi terminali). L’aspetto
macroscopico è vagamente capsulato, ben circoscritto ma con piccole propaggini di
infiltrazione nel tessuto adiposo circostante.
Devono essere distinti per valutare la prognosi del paziente i tumori di basso grado e i
tumori di alto grado (90% a cinque anni versus 50% a cinque anni).
I tumori di basso grado sono ben differenziati con cellule con rare atipie, rare mitosi, indice
proliferativo basso ed elevata componente mucinosa.
I tumori di alto grado sono scarsamente differenziati e la componente mucinosa è scarsa
(tant’è che per verificarne la presenza anche per porre una diagnosi differenziale con un
tumore squamoso epiteliale si usa la colorazione PAS o Alcian), le mitosi e le atipie sono più
frequenti.
CARCINOMA ADENOIDOCISTICO: è un tumore maligno che colpisce la ghiandola
sottomandibolare, sottolinguale o le ghiandole salivari minori e interessa entrambi i sessi in
egual misura con picco di incidenza a 50 anni.
L’aspetto macroscopico è di un nodulo ben circoscritto con piccole propaggini infiltrative al
tessuto fibroadiposo circostante.
L’aspetto tipico delle cellule epiteliali e che creano dei ponti con pattern cribriforme,
tubolare o solido.
L’invasione perineurale è tipica di questo tumore che similmente ad altre patologie
neoplastiche con basso grado di atipie (come l’adenocarcinoma pancreatico) è maligno e
particolarmente aggressivo.
PATOLOGIA CARDIOVASCOLARE
IPERTROFIA CARDIACA:
Il cuore viene detto ipertrofico a seguito di un aumento del suo volume dato dall’ipertrofia
delle sue cellule muscolari. Questa ipertrofia può essere data dall’aumento del volume del
sangue che “irrora il cuore“. Questo può avvenire per diversi motivi ad esempio a seguito di
insufficienza valvolare aortica o mitralica, viene detta eccentrica. L’ipertrofia data da un
aumento di pressione per aumento delle resistenze da vincere con me in caso di stenosi
valvolare aortica causa ipertrofia concentrica.
LE PATOLOGIE CARDIACHE POSSONO ESSERE CLASSIFICATE IN BASE A:
La presenza di aumento o riduzione volumetrica (ipertrofia concentrica e eccentrica) a cui
può essere associata la presenza di scompenso cardiaco, a seconda della risposta
ventricolare ed atriale. Oltre all’ipertrofia, lo scompenso può nascere a seguito di patologie
restrittive, con riduzione della distensibilità delle camere e deficit della compliance.La
classificazione delle patologie cardiache avviene tramite una distinzione in parti del cuore,
abbiamo malattie coronariche che possono essere causate da vasculiti o da malattia
ateromasica o da patologia ostruttiva congenita e malattie valvolari.
Le malattie coronariche causano in genere un deficit perfusivo del miocardio e sono distinte
in: cardiopatia ischemica cronica (angina stabile, angina microvascolare, angina variante,
cardiomiopatia dilatativa post ischemica), cardiopatia ischemica acuta (IMA, angina instabile,
insufficienza cardiaca acuta, morte improvvisa).
INFARTO DEL MIOCARDIO: Per definizione l’infarto del miocardio deve essere
macroscopicamente evidente, coinvolgere cioè un’aria superiore ad 1 cm². Per osservare
l'area infartuata conto del colore che da color carne diviene pallido, discromico.
Il danno ischemico ischemico dipende dal tempo intercorso prima della riperfusione, se
passano meno di cinque minuti non ci saranno eventi irreversibili che compaiono con
certezza dopo 20-30 minuti sopraggiunge quindi la necrosi che causa il collasso degli
organelli intra citoplasmatici e causerà un deficit strutturale e funzionale per cui il cuore che
perde di elasticità e acquisisce una forma ondulata.
L’infarto inizialmente causa ipossia tissutale, aumento di volume delle cellule causato dal
deficit di pompa sodio potassio (degenerazione idropica) e il deficit energetico mitocondriale
(i mitocondri si modificano, perdendo le creste mitocondriali e si compiono accumulando
ioni). In seguito alla morte cellulare per necrosi all’interno della miofibrilla avviene la
contrattura per sovrapposizione delle bande Z che restano incastrate tra loro. L’ipossia le
alterazioni della pompa sodio potassio possono causare al contempo il brocco contrattile
della cellula che diventa ARITMICA dissociandosi elettromeccanicamente. Mi ha più tenuta è
la fibrillazione ventricolare che può provocare morte improvvisa. Altre complicanze
dell’infarto del miocardio sono lo shock cardiogeno, la rottura di una parete libera del cuore
con emopericardio il tamponamento cardiaco.
L’infarto può essere suddiviso a seconda del coinvolgimento parietale in subendocardico
(non STEMI) e transmurale (STEMI) in cui c’è oltre al pallore il tessuto assume un colorito
giallo ocra che nasce dall’infiltrato infiammatorio che viene richiamato nell’area necrotica.
Dopo l’infarto si attivano i meccanismi di riparazione che dovrebbero restituire l’integrità al
tessuto: i neutrofili giungono dopo 24-48 ore dall’evento e rimuovono e lisano le cellule
necrotiche, i macrofagi dopo 4-5 giorni attivano il drenaggio linfatico e sono carichi di
emosiderina, i fibroblasti producono collagene per la formazione di tessuto cicatriziale. Il
tessuto cicatriziale non è funzionale da un punto di vista contrattile o elettrico, se il tessuto
sostituito è molto consistente si potrebbe creare tramite questo un locus di minore
resistenza, un aneurisma.
MORTE IMPROVVISA: Può essere una conseguenza dell’infarto del miocardio acuto, le
statistiche dicono che nel 90% dei casi la morte improvvisa è dovuta a problematiche
coronarica.
Può avvenire a seguito di:
1. necrosi massiva del miocardio che porta ad asistolia con deficit di pompa, shock
cardiogeno e fibrillazione ventricolare.
2. senza necrosi.
Prima di confermare una morte improvvisa per causa cardiovascolari e si devono escludere
le cause extracardiache: encefaliche, tossicologiche, ecc.
Esistono comunque cause vascolari extracardiache di morte improvvisa come la trombo
embolia polmonare e la dissezione aortica.
MALATTIA ATEROMASICA: L’aterosclerosi è una patologia multifattoriale sinergica causata
dalla presenza di più fattori fattori causali o di rischio (diabete, obesità, fumo, alcol,
ipertensione arteriosa, dislipidemia), che si presenta con due modalità diverse nel paziente
giovane e nel paziente anziano.
Nei giovani la placca prolifera velocemente, il cappuccio fibroso è costituito da una
componente lei e muscolare è una matrice fibro mixoide con cellule muscolari che
proliferano velocemente.l’occlusione del vaso può sopraggiungere non avendo sviluppato
circoli con la federali ed era sintomatologia ischemica precoce anche con una patologia
meno avanzata rispetto all’anziano.
L’ateroma è la massa necrotico lipidica causa di aterosclerosi, nasce quando le cellule
endoteliali per qualsiasi stimolo stressogeno (shear stress) si scollano dal vaso stimolando il
sistema della coagulazione: le piastrine richiamano fattori di crescita come PDGF e TNF che a
loro volta richiameranno citochine, linfochine e cellule infiammatorie.

PATOLOGIA DELL’APPARATO GENITALE MASCHILE


TESTICOLO:
CRIPTORCHIDISMO - È la mancata discesa del testicolo nel sacco scrotale (di uno o
entrambi), questa patologia oltre a rischio di infertilità, espone il paziente il rischio di
sviluppare un tumore del testicolo a carico delle cellule germinali, un seminoma.
Anche se il criptorchidismo coinvolge solo un testicolo il rischio di tumore è aumentato
anche nel testicolo controlaterale probabilmente perché è l’anomalia maturativa ad essere
associata ad una suscettibilità genetica aumentata verso questa patologia. Le gonadi
possono arrestare la loro discesa in addome, lungo il canale inguinale oppure nella porzione
alta della borsa scrotale (più frequentemente). Testicolo arresto e la sua maturazione e i
tubuli seminiferi appaiono vuoti, mentre aumentano le cellule del Leydig.
PATOLOGIA DELLE TONACHE TESTICOLI - I testicoli sono avvolti da due tonache la tonaca
vaginale e la tonaca albuginea, tra di esse vi è un sottile strato di liquidò.quando il suo
volume aumenta per essudazione o trasudazione a una patologia che prende il nome di
idrocele, con spermatozoi si tratta di spermatocele, se c’è sangue di ematocele, se c’è
dilatazione del plesso venoso di varicocele (l’aumento della temperatura e le modificazioni
dell’apporto vascolare possono essere causa di sterilità).
INFERTILITÀ’ - È associata a varie condizioni come l’oligospermia (ridotta presenza di
spermatozoi), l’oligoazoospermia (arresto maturativo degli spermatozoi), azoospermia
(mancata produzione degli spermatozoi, sindrome di Klinefelter o sindrome da sole cellule
del Sertoli, secondaria a radioterapia o idiopatica), torsione testicolare con conseguente
infarto testicolare.
ORCHITE - È la patologia infiammatoria infettiva del testicolo organismi responsabili
ricordiamo: Escherichia Coli, Pseudomonas Aerugginosa, gonorrea, tubercolosi, sifilide. Negli
ultimi due casi si riscontrano granulomi con o senza necrosi caseosa.
PATOLOGIA TUMORALE:
TUMORI SEMINOMATOSI: Il seminoma è un tumore solido non molto aggressivo, le forme in
situ vengono dette neoplasie tubulari a cellule germinali e presentano cellule germinali
atipiche all’interno dei tubuli seminiferi. La forma in situ non ha attività invasiva nello stroma
circostante. La diagnosi delle forme in situ non è facile poiché le altre cellule non sono
coinvolte e non si ha invasività. Alcuni marcatori sierici aumentati del seminoma sono l’HCG
e l’alfa feto proteina. Un marcatore immunoistochimico di tumore seminomatoso è la
fosfatasi alcalina placentare.
Nell’ambito dei semi nomi esistono tre istologiche:
1. Classico: Si contraddistingue per la presenza di cellule dal citoplasma chiaro positive
per CD 117 (marcatore delle cellule del Cajal e dei mastociti).
2. Anaplastico: Con grado di atipia elevata, ma prognosi invariata.
3. Spermatocitico: Si riscontra nel soggetto anziano, la prognosi è comunque buona.
TUMORI NON SEMINOMATOSI:
1. CARCINOMA EMBRIONARICO: È un tumore aggressivo di piccole dimensioni. Il
tumore è di consistenza molla e non capsulata con necrosi ed emorragie. Può
avanzare sia localmente invadendo la tonaca vaginale e albuginea a distanza. Al
momento della diagnosi possiamo riscontrare già metastasi linfonodali, polmonari ed
epatiche. Le cellule sono fortemente atipiche con nuclei dismorfici e vescicolosi, scuri
e con molte mitosi. Le cellule del carcinoma embrionario sono positive per il
marcatore CD30 espresso anche dai linfociti tumorali del linfoma di Hodgkin. Il
trattamento è chirurgico e chemioterapico, la sopravvivenza è del 35% a 5 anni.
2. CORIOCARCINOMA: Si caratterizza per elementi del citotrofoblasto e del
sinciziotrofoblasto. Si tratta di un tumore molto aggressivo, è il più maligno con
sopravvivenza due anni inferiore al 5%. Le cellule hanno grandi ATP e Nike Rossi, le
metastasi sono spesso il primo segno clinico e si verificano a polmoni, fegato o
cervello. Colpisce i soggetti giovani tra la seconda e la terza decade di vita. L’HCG
aumenta nel sangue.
3. TERATOMA: Trae origine dall’Ector derma, meso derma ed endoderma con variabile
grado di differenziazione. Va distinto in maturo ed immaturo nella donna il maturo a
un’evoluzione cistica mentre nel maschio entrambe le varianti sono maligne con
elevato rischio di sviluppo di metastasi a distanza. Il tumore che si sviluppa può
partire da un epitelio ben differenziato come un carcinoma squamocellulare su un
epitelio squamoso, un oligodentrocitoma, un carcinoma papillare della tiroide, ecc. e
può essere positivo ai markers istochimici del tessuto in cui si differenzia, ad esempio
gli elementi neuroblastici sono positivi per S100. Si tratta con asportazione
chirurgica, RT e CT.
4. TUMORE DEL SACCO VITELLINO: O tumore del seno endodermico è un tumore che
nasce da una struttura primordiale di maturazione, è positivo all’alfa feto proteina
che incrementa nel sangue. È caratteristico per il riscontro dei corpi di Schiller Duval,
strutture vascolari su cui si accrescono le cellule neoplastiche. All’istologia la
struttura ricorda quello del glomerulo renale. È un tumore molto aggressivo con
sopravvivenza cinque anni dal 50% nonostante i trattamenti chemioterapici.
5. TUMORI A CELLULE DEL SERTOLI E DEL LEYDIG: Possono essere secernenti e causare
ginecomastia e pubertà precoce o non secernenti. Il loro marcatore specifico:
l’inibina.
PROSTATA:
PATOLOGIA INFIAMMATORIA:
PROSTATITI BATTERICHE ACUTE - Da Escherichia coli, streptococco, gonorrea e altre
patologie sessualmente trasmissibili.causano febbre e dolore si presentano con infiltrato
granulocitario. La biopsia solitamente non si fa visto la sintomatologia dolorosa.
PROSTATITI ABATTERICHE E BATTERICHE CRONICHE - Tendono a persistere nel tempo. La
causa più comune sono le forme a batterica ma gli stessi agenti eziologici delle prostatite
acuta possono causare una prostatite cronica.
PROSTATITI GRANULOMATOSE - A specifiche o tubercolari la flogosi è accompagnata dalla
presenza di cellule epitelioide che si organizzano a formare i granulomi.
PATOLOGIA NEOPLASTICA:
IPB: L’iperplasia prostatica benigna colpisce oltre il 90% degli uomini over 70. Lo Gia è
sconosciuta ma sembra essere dovuta ad uno squilibrio ormonale tra androgeni ed
estrogeni. Spesso asintomatica ma quando la prostata si ingrandisce a tal punto da
comprimere il canale uretrale causa difficoltà nella minzione. La vescica per vincere le
resistenze uretrali va incontro ad un notevole ispessimento della tonaca muscolare
assumendo l’aspetto particolare di “vescica a colonna“. Se l’ostruzione è severa si possono
verificare modificazioni a monte su tutta l’apparato escretore (dilatazione progressiva delle
unità calico pieliche) e possibilità di causare IRA.Una prostata di grandi dimensioni potrebbe
essere rimossa anche se non c’è il sospetto di carcinoma prostatico (o trattata con terapia
farmacologica), con TURP o adenectomia su cui si farà un esame istologico per chiarire la
benignità.
CARCINOMA PROSTATICO: È un tumore con alta incidenza (anche per lo screening del PSA
consigliato agli uomini sopra i cinquant’anni). Il PSA o antigene prostatico è usato nello
screening della patologia neoplastica della prostata ma un suo innalzamento al di sopra di
quattro ng/ml non è indice assoluto di adenocarcinoma: un PSA alto si riscontra anche
durante patologie infiammatorie ad esempio in soggetti giovani con prostatite. Per questo
sono stati introdotti nuovi parametri come la PSA ratio (rapporto tra PSA totale e libero), PSA
density e PSA velocity. Tutti questi parametri non sostituiscono il valore diagnostico della
biopsia prostatica che si concentra sulla regione perferice (più spesso sede di patologia
neoplastica).
Si eseguono da 12 a 24 prelievi su cui si identifica il grado di differenziazione e di atipie per il
calcolo del Gleason Score. Tanto maggiore è il grado di differenziazione, tanto minore è lo
score di Gleason e viceversa: più è alto più alto è l’indice di malignità.
Prima di procedere all’intervento chirurgico ovviamente il quadro deve essere completato
dalle immagini tac e risonanza magnetica dell’organo, per capire se la patologia è avanzata.
In alcuni casi si può decidere di non operare ma di effettuare una terapia medica di
castrazione chimica.
Nel grado 4 e 5 di Gleason cosa si vede? Una scarsa differenziazione in cui si produce un
atteggiamento cribriforme per cui le cellule stromali epiteliali e ghiandolari proliferano
costituendo dei ponti (come nel carcinoma lobulare della mammella). In questi casi può
essere difficile per il patologo non confondere gli elementi epiteliali del carcinoma con gli
elementi epitelioidi di una prostatite granulomatosa aspecifica, per questo
immunoistochimica che con l’uso di CD68 e pancitocheratina distingue l’elemento epiteliale
dall’elemento epitelioide.
Il carcinoma prostatico così come per altri tumori è una continuità tra l’iperplasia prostatica
benigna e l’adenocarcinoma. Già sulla base dell’aspetto macroscopico si possono
differenziare l’IPB dal carcinoma prostatico. L’iperplasia prostatica benigna può essere ad
origine ghiandolare con la formazione di noduli giallastri o stromale, di noduli bianchi (più
solitamente è mista). L’entità intermedia tra iperplasia prostatica e carcinoma e la PIN ovvero
la neoplasia prostatica intraepiteliale.
Un tempo la PIN veniva divisa in basso grado e alto grado.
Oggi, vista l’incertezza del PIN di basso grado di evolvere in carcinoma, solo il PIN di alto
grado viene attenzionato. Se alla biopsia a un PIN di alto grado ma non si riscontra tumore,
la biopsia si ripete perché il PIN di alto grado è spesso associato ad un focolaio di tumore in
vicinanza, che bisogna trovare.

PATOLOGIA DELL’APPARATO GENITALE FEMMINILE


CERVICE UTERINA:
Il canale cervicale o cervice uterine è una porzione anatomica dell’utero costituita da due
rivestimenti diversi:
1. Esocervice con un epitelio squamoso (pavimentoso pluristratificato, come cute e
cavo orale, particolarmente resistente che non a caso ricopre queste zone a rischio
trauma e infettivo aumentato).
2. Endocervice con un epitelio colonnare ghiandolare.
Sopra il canale cervicale si trova la cavità endometriale.
Durante la vita della donna le componenti epiteliali si alternano nel senso che per tutta l’età
puberale si mantiene un epitelio endocervicale colonnare ma nella menopausa questo va
incontro a metaplasia squamosa in cui l’epitelio colonnare verrà sostituito da epitelio
pavimentoso.
Le più comuni patologie della cervice uterina a prescindere dalle neoplasie sono:
CERVICITI: Patologia infiammatoria del canale cervicale più frequentemente a carico
dell’endocervice causa sintomi tipici come prurito dolore e leucorrea. Queste patologie non
devono essere trascurate perché potrebbero risalire al lago cose endometriale ed
interessare tube e ovaie determinando la malattia infiammatoria pelvica con esiti fibrotici e
aderenziali causa di sterilità.
Si riconoscono cause infettive (papilloma virus, sifilide, gonorrea, gardnerella vaginalis,
clamidia, trichomonas, candida) e non infettive non dovute a trasmissione sessuale come
l’utilizzo di metodi contraccettivi interni (spirale, diaframma).
POLIPI: Il polipo del canale cervicale è una struttura con aste fibro-vascolari rivestita da
cellule epiteliali della cervice.i polipi a questa localizzazione hanno di solito natura
infiammatoria e non neoplastica, sono dei reperti Benigni. Tuttavia soprattutto nelle donne
giovani possono sanguinare.
Al PAP test si può sospettare la presenza di un polipo ma per visualizzarlo e rimuoverlo
bisogna fare un’isteroscopia.il polipo da sempre analizzato dopo la sua asportazione perché
anche se non sede diretta di patologia neoplastica potrebbe essere stato colonizzato da un
carcinoma endometrioide ad esempio.
IPERPLASIA MICROGHIANDOLARE: È un’alterazione ghiandolare fisiologica reversibile che è
sotto stimolo ormonale causali iperplasia delle cellule epiteliali ghiandolari dell’endocervice.
FIBROMI: O leiomiomi sono tumori benigni riscontrati a livello uterino o cervicale.
CONDILOMATOSI: È una condizione in cui a livello delle suocere micia si formano dei condili
causati da infezione da HPV. Sono lesioni benigne (verruche genitali) ma possono avere
trasformazione maligna.
Il PAP TEST È un esempio di esame citologico esfoliativo indiretto utile per studiare l’aspetto
morfologico e citologico delle cellule prelevate per riconoscere l’eventuale presenza di
patogeni o di atipie. Il nome PAP deriva dalla colorazione di Papanicolaou che è usata nel
PAP test e permette di colorare le cellule in base al loro stadio maturativo: le cellule basali
vengono colorate in blu, sono cellule immature, le cellule superficiali vengono colorate in
rosa. A parte le cellule squamose, il PAP test raccoglie (alla giunzione squamo colonnare)
anche le cellule colonnari ghiandolari.
Qualora queste non fossero presenti, potrebbe darsi che l'epitelio pavimentoso abbia
sovrastato quello colonnare anche causando difficoltà al drenaggio del secreto ghiandolare
conformazione delle cisti di Naboth.
A livello di questa zona di metaplasia squamosa potrebbe originare un carcinoma in situ o un
carcinoma infiltrante.
Si può decidere di ripetere l’esame o di passare ad un esame più invasivo come
un’isteroscopia con prelievo bioptico.
Anche se lo striscio è ematico il test dovrebbe essere ripetuto.
Il pap-test riconosce tra gli altri microrganismi responsabili di patologie infiammatorie, la
presenza del papilloma virus con genotipo ad alto rischio (16 e 18) responsabili della
neoplasia intraepiteliale cervicale (il luogo preferito di “ancoraggio” del papilloma virus è
proprio la giunzione squamocolonnare).
I genotipi a basso rischio invece causano condilomi piani, condilomi acuminati e le verruche
piane.
La proliferazione cellulare stimolata dalla presenza dell’HPV è correlata alla sua azione sulla
proteina del retinoblastoma.
Esiste una forma di prevenzione primaria del tumore intracervicale uterino: il vaccino contro
il papilloma virus.
I risultati del pap-test, in genere consegnati dopo due settimane, vanno innanzitutto distinti
in:
1. Pap-test negativo: le cellule epiteliali del collo dell'utero prelevate durante il test
sono risultate normali; di conseguenza non è necessario alcun trattamento; la
paziente viene comunque invitata a ripetere il pap-test dopo il lasso di tempo
concordato con il medico
2. Pap-test anormale (positivo): nelle cellule epiteliali del collo dell'utero prelevate
durante l'esame è possibile evidenziare delle anomalie.
Il sistema Bethesda (TBS - The Bethesda System) è un sistema per la compilazione
standardizzata delle diagnosi di citopatologia cervicale o vaginale, usato per refertare i
risultati degli strisci di PAP test.
I risultati anomali includono:
- cellule squamose atipiche:
1. cellule squamose atipiche di significato non determinato (ASC-US)
2. cellule squamose atipiche - non si esclude HSIL (ASC-H)
- lesione intraepiteliale squamosa di basso grado (LGSIL o LSIL)
- lesione intraepiteliale squamosa di alto grado (HGSIL o HSIL)
- carcinoma delle cellule squamose
- cellule ghiandolari atipiche non altrimenti specificate (AGC-NOS)
- cellule ghiandolari atipiche, sospetto per AIS o cancro (AGC-neoplastic)
- adenocarcinoma in situ (AIS)
I risultati LSIL possono essere gestiti con una semplice filosofia "osserva e aspetta".
Comunque, poiché c'è un 12-16% di possibilità di progressione verso una displasia più
severa.
HSIL non significa che il cancro è presente. Tra tutte le donne con un risultato HSIL, il 2% o
meno, presenta cancro cervicale invasivo, ma senza trattamento circa il 20% potrebbe
progredire verso un cancro cervicale invasivo quindi un HSIL è generalmente seguito da una
immediata colposcopia con biopsia, per avere un campione oppure per rimuovere il tessuto
displastico. Il tessuto viene analizzato per una verifica, ed eventualmente per assegnare una
classificazione istologica.
Il trattamento di HSIL implica la rimozione o distruzione delle cellule affette, di solito tramite
LEEP. Altri metodi includono la crioterapia, la cauterizzazione oppure l'ablazione laser, ma
nessuna viene eseguita in caso di gravidanza.

La COLPOSCOPIA ci permette di effettuare una biopsia nel canale cervicale in tutti quei casi
in cui il PAP test abbia osservato atipie significative, per avere una conferma istologica delle
lesioni e della loro gravità (CIN1-2-3).
UTERO:
CAUSE DI SANGUINAMENTO UTERINO ANOMALO:
1. DISFUNZIONALI: Il sanguinamento non è dovuta ad una causa organica ma è il
risultato di cicli a un ovulatori, stimolazione estroprogestinica abnorme con
conseguente mancata corrispondenza tra la fase ormonale e mestruale (causando
iperplasia endometriale responsabile di sanguinamento), fase luteinica insufficiente
(causata da bassi livelli di progesterone).
2. ADENOMIOSI: La presenza di mucosa endometriale nel contesto del mio meglio che
sanguina in modo anomalo e causa dolore. Questa non è altro che è una forma di
endometriosi che potrebbe comunque localizzarsi anche in altri distretti: ovaie, tube,
retto, cavità peritoneale, ecc. (l’endometriosi è una delle cause più frequenti di
sterilità. L’ipotesi patogenetica è il rigurgito verso le tube di cellule endometriali, una
metaplasia o una disseminazione linfatico ematica di cellule endometriali in altri
distretti).
3. POLIPI: iperplastici (età fertile) o atrofici (post-menopausali) Sono una causa
frequente di emorragia. Raramente cancerizzato meno del 3% dei casi ma sei di
dimensioni considerevoli possono torcersi e lo strozzamento del peduncolo vascolare
causare necrosi.
4. IPERPLASIA ENDOMETRIALE: E di tipo ghiandolare si assume atipie può precedere un
adenocarcinoma. Ci sono tre varianti: quella tipica, con dissemina con dismetria
nucleare e altre alterazioni indici della perdita di controllo sulla proliferazione
cellulare; quella complessa, un po’ più controllata in cui si formano nidi solidi e si può
perdere la differenziazione cellulare; quella semplice. Dal punto di vista eziologico le
cause dell’iperplasia sono la iper stimolazione estrogenica che si può verificare anche
per l’aumento del tessuto adiposo, per la presenza di tumori ovarici secernenti o per
la PCOS (sindrome di Stein Leventhal). Se si trova una donna in menopausa con
sanguinamento ed iperplasia si può decidere di procedere ad una isterectomia e
annessectomia preventiva. In una donna in età fertile con sanguinamento è
iperplasia endometriale si fanno follow-up periodici.
5. ADENOCARCINOMA ENDOMETRIALE: Esistono tre Isto tipi caratterizzati da prognosi
diversa: il carcinoma si è roso ed il carcinoma a cellule chiare che hanno un
comportamento più aggressivo (e alterazione di p53) e la variante endometrioide
meno aggressivo (associato a mutazione di RET, RAS e PTEN). L’adenocarcinoma
endometriale si è roso può essere presente nella variante papillare in cui le cellule
neoplastiche si organizzano in papille attorno all’asse fibro-vascolari, questo tumore è
molto aggressivo e da metastasi a distanza. La diagnosi non è così semplice perché il
sintomo principale, il sanguinamento, è piuttosto tardivo. La progressione del tumore
nei suoi stadi di sviluppo è importante per definire la prognosi e per scegliere la
terapia: lo stadio uno è il più a prognosi migliore in cui il tumore interessa solo il
corpo uterino e non si estende alla cervice o alle altre strutture circostanti. Inoltre è
importante capire il grado di infiltrazione della parete uterina stessa infatti se il
tumore si ferma prima della prima metà del miometrio, le metastasi sono più rare,
viceversa saranno più probabili/più precoci.
6. TUMORI MESENCHIMALI: come il leiomioma ed il leiomiosarcoma (benigno e
maligno tra cui si colloca lo STUMP, potenzialmente maligno, entità intermedia).
OVAIE:
Cisti funzionali: responsabili di produzione estroprogestinica:
1. CORPO LUTEO CISTICO: Hanno un rivestimento arancione poiché le cellule che lo
compongono sono ricche di lipidi per la sintesi di ormoni.
2. CISTI TECOLUTEINICA
3. CISTI FOLLICOLARE: Il follicolo va incontro ad un abnorme dilatazione compresa tra
uno e 5 cm (sotto il centimetro si parla di follicolo cistico). L’epitelio di rivestimento di
una cisti follicolare è formato da cellule della granulosa e cellule della teca.
4. PCOS: È una patologia in cui sia una iper produzione ormonale di androgeni con un
quadro di irsutismo, acne, resistenza insulinica associata di infertilità.
Altre cisti ovariche:
1. CISTI PARATUBARICA: Originano dall’epitelio tubarico in prossimità della tuba uterina.
La cisti ha superficie liscia formata da epitelio colonnare ciliato del tutto identico
all’epitelio tubarico.
2. CISTI DA ECHINOCOCCO: Oggi sono di raro riscontro, specie in sede ovarica mentre
sono più comuni nel fegato. La patologia viene trasmessa attraverso animali come
pecore e cani..
3. CISTI ASCESSUALE: Si formano a seguito di processi flogistici infiammatori di natura
infettiva.
4. CISTI CIOCCOLATO: Sono cisti che includono focolai ectopici di tessuto endometriale
nel contesto dello stroma ovarico normale, la colorazione è dovuta dal
sanguinamento i globuli rossi vengono infatti digeriti dai macrofagi e donano il
caratteristico colore.
PATOLOGIA NEOPLASTICA:
Benché nella maggioranza delle volte la patologia neoplastica ovarica sia benigna e sarà
presenta una frequente causa di morte in rapporto al fatto che i tumori vengono
diagnosticati tardivamente, o in età avanzata, sono bilaterali. Io voglio e posso anche essere
sedi di tumori secondari. È possibile distinguere tumori benigni, circa l’80% da tumori
maligni circa il 20% ma anche tumori borderline che rispetto ai benigni hanno vegetazioni e
endoluminali e sulla superficie ovarica cellulari ma non hanno attività invasiva come i
maligni.
Il riscontro di un’entità borderline fa scattare la ricerca di eventuali IMPIANTI (CON IL
SAMPLING PERITONEALE) perché nonostante non sia invasivo nel contesto ovarico può dare
metastasi peritoneali (ciò autorizza una chemioterapia più aggressiva). Gli impianti nel cavo
peritoneale possono riconoscersi perché quando avvengono in passivamente causano una
reazione desmoplastica in cui il tessuto circostante circoscrive la zona (prognosi migliore). A
volte gli impianti avvengono non invasivamente senza suscitare la reazione desmoplastica e
devono essere ricercati considerando che il loro aspetto è simile a quello ovarico ovvero di
proliferazioni papillari con crescita endofitica.
Tumori DELL’EPITELIO CELOMATICO: sono distinti in benigni (cistoadenoma), borderline (il
concetto di borderline è dato dal riscontro di atipia ma assenza di invasività stromale o del
peduncolo vascolare) e maligne (cistoadenocarcinoma) tra cui ricordiamo 3 varianti:
1. Sieroso - Qualora l’epitelio sia cilindrico ciliato. Sono distinti in tumori sierosi di alto
grado e di basso grado (quello di basso grado evolve da un tumore borderline, quello
di alto grado nasce come tale ed è più aggressivo e si presenta con area necrotica). Il
tumore è associato a mutazioni genetiche della linea germinale dei geni BRCA1 e 2 e
di p53 (ma anche KRAS). Si potrebbe fare un ovariectomia profilattica se si è a
conoscenza della mutazione che nel caso deve essere estesa alle tube (salpingo
ovariectomia) perché i tumori di alto grado in realtà originano dall’epitelio tubarico.
2. Mucinoso - A sua volta si distingue in una varietà intestinale e in una endocervicale.
Quando è bilaterale il tumore è più frequentemente maligno. Qualora il contenuto si
riversi all’interno del cavo peritoneale determina lo sviluppo di uno pseudo mixoma
peritonei infatti la MUCINA causa una reazione infiammatoria con formazione di
aderenze ed incarcerazioni che possono risultare letali per la paziente bloccano gli
ureteri (si può verificare anche se il tumore è benigno).
3. Endometroide - In cui abbiamo tessuto simile endometrioide, in questo caso bisogna
comprendere se si tratta di un tumore primitivo o secondario a partenza uterina
(endometriale). Per valutarlo si campiona l’endometrio alla ricerca dell’eventuale
tumore primitivo.
Tumori GERMINALI: Tra questi ricordiamo il teratoma ovarico, origina da cellule Totti potenti
e qualunque tipo di tessuto può formarsi al suo interno, solitamente si tratta di tessuto
adiposo ma anche osso, cartilagine, tessuto tiroideo secernente, ecc.
Tumori STROMALI: Sono molto rari e sono responsabili come le cisti funzionanti di sindrome
paraneoplastica causata da iperproduzione ormonale.
Metastasi: tumori secondari dell’ovaio che originano da utero, seno, colon o stomaco.

PATOLOGIA DELLA MAMMELLA


La mammella è la ghiandola posta davanti i muscoli pettorali, organizzata in lobi e costituita
da componente ghiandolare e stromale (formata da tessuto fibroadiposo). Le ghiandole
hanno struttura ramificata in cui la componente duttale è particolarmente complessa, i dotti
originano terminalmente per aumentare di calibro e sfociare (aprirsi) in corrispondenza del
capezzolo.
Nel soggetto giovane con preponderanza di tessuto ghiandolare la mammella si studia con
indagine ecografica, piano con mammografia.
La ghiandola si accresce durante la pubertà e va incontro a completa maturazione a seguito
della gravidanza con l’allattamento.
La ghiandola mammaria risente di stimolazione ormonale, infatti le cellule in corrispondenza
dei nuclei presentano il recettore nucleare per gli estrogeni. Le cellule inoltre mantengono
adesione tra loro grazie ad una proteina di membrana: l’E-Caderina.
CAPEZZOLO SOPRANNUMERARIO - È un capezzolo situato lungo le linee del latte. È
un’anomalia congenita che non necessita di interventi chirurgici (se non a scopo estetico).
RETRAZIONE DEL CAPEZZOLO - Può essere solo un inversione per la forma del capezzolo
della paziente oppure essere un segno di patologia neoplastica che esercita un effetto di
retrazione sul capezzolo.
SINTOMI COMUNI della patologia mammaria
1. SECREZIONE: Per quanto riguarda la secrezione questo principio generale: se è
monolaterale, ematica e sospetta molto più della secrezione lattescente e bilaterale.
Motivo per il quale si esegue lo striscio della secrezione del capezzolo (insieme al
globuli rossi possono essere presenti cellule epiteliali e brutali lesione pupillare che
viene confermata con la galattografia). La secrezione lattescente potrebbe anche
essere causata da un adenoma ipofisario secernente prolattina.
2. ALGIA: Di solito orienta verso uno stato infiammatorio come una mastite. Se alla
sintomatologia dolorosa però si associa un reperto palpabile di nodulo allora il
sospetto e di patologia neoplastica. Nel soggetto giovane potrebbe comunque
trattarsi di un tumore benigno come un fibroadenoma.
PATOLOGIA INFIAMMATORIA: La patologia infiammatoria mammaria può avere cause
infettive (stafilococchi, TBC), autoimmune (sarcoidosi), post traumatica.La sintomatologia
può aiutare nel sospetto di mastite: si ha algia, eritema e desquamazione.
La flogosi infiammatoria può far scaturire una metaplasia squamosa dei dotti galattofori: le
cellule cilindriche si trasformano in cellule epiteliali squamose venendo meno alla loro
funzione di drenaggio, si dilatano e rilasciano cheratina (che causa ascessi). La flogosi
infiammatoria è anche caratterizzata per la presenza di istiociti schiumosi ovvero macrofagi
richiamati in campo per digerire la galattorrea.
- Nella mastite postraumatica il trauma causa rottura degli adipociti che rilasciano
lipidi all’esterno causando una reazione infiammatoria con esito calcifico e
steatonecrosi.
- La mastite autoimmune può essere una mastite linfocitaria in cui si formano noduli
linfocitari oppure nel caso della sarcoidosi a una mastite granulomatosa.
- Se la mastite granulomatosa è associata a presenza di tubercolosi allora sì a caseosa.
- Le infezioni da stafilococco spesso avvengono durante l’allattamento per le
fessurazioni.
- Esiste anche la mastite carcinomatosa che si verifica nel carcinoma della mammella
di alto grado in cui si possono formare degli emboli neoplastici che si accumulano nei
vasi linfatici creando edema.
PATOLOGIA TUMORALE:
BENIGNA:
FIBROADENOMA - È una neoplasia benigna della mammella che colpisce le donne giovani.
Origina dall’unità terminale della ghiandola mammaria ed è costituita da una doppia
componente stromale ed epiteliale.Si presenta come un nodulo circoscritto di consistenza
elastica e di dimensioni variabili, la resezione chirurgica è consigliata se il nodulo è di grandi
dimensioni (ad esempio nel fibroadenoma giovanile può raggiungere anche 10-15 cm e la
crescita è più rapida). La classificazione istologica in passato divideva i fibroadenomi dei due
pattern di crescita:
1. Pericanalicolare (attorno ai duttuli, comprimendoli)
2. Intracanalicolare (senza compressione)
Questa classificazione è stata abbandonata perché non ha finalità prognostiche.
TUMORE FILLOIDE - E così chiamato per il suo pattern di crescita fogliaceo, entra in diagnosi
differenziale con il fibroadenoma giovanile di grandi dimensioni. È un tumore benigno ma
esiste anche una variante borderline ed una maligna che può dare metastasi. La diagnosi
differenziale si fa con istologia: il fibroadenoma a una componente stromale molto
abbondante, e solido e a pochi spazi cistici; il tumore filloide ha uno stroma più concentrato
(con maggiore componente fibroblastica) e la componente epiteliale di accresce con aspetto
fogliaceo.
INTERMEDIA:
LESIONI PAPILLARI E PAPILLOMATOSE: Sono lesioni della mammella con un incerto
potenziale (categoria diagnostica B3 della core biopsy). Le lesioni papillari sono divise in:
1. lesioni benigne (papilloma intraduttale, papillomatosi),
2. atipiche (papilloma e papillomatosi atipica),
3. maligne (carcinomi papillari invasivi o non invasivi).
PAPILLOMA INTRADUTTALE - Ha sede nei dotti principali ed è responsabile di secrezione
ematica del capezzolo laterale. Il papilloma intraduttale è macroscopicamente benigno, la
conferma istologica della sua natura si fa colorando con ematossilina eosina: questa
colorazione rivela cellule disposte ordinatamente attorno ad un core fibrovascolare senza
attività invasiva. Queste cellule sono positive per P63 e miosina, marcatori delle cellule mio
epiteliali, segno di differenziazione e benignità.
Nel papilloma si possono riscontrare fenomeni di fibrosi (simili a ciò che si vede
nell’Adenomatosi Sclerosante, un processo infiammatorio in cui alcune cellule rimangono
intrappolate nel contesto del tessuto fibroso) o di metaplasia (senza significato neoplastico)
di tipo apocrifo, mucinoso, squamoso, a cellule chiare, calcifico.
PAPILLOMATOSI - CENTRALE E PERIFERICA La prima è più frequente e si riscontra più
facilmente perché da prova di sé con la secrezione. La papillomatosi periferica invece è più
che altro un reperto incidentale.
PAPILLOMATOSI ATIPICA - È un’entità intermedia caratterizzata da proliferazione cellulare
senza infiltrazioni o metastasi.
CARCINOMA PAPILLARE - INFILTRANTE E NON INFILTRANTE Si sviluppa all’interno del dotto,
viene detto invasivo quando supera l’epitelio duttale e invade lo stroma (a prognosi
peggiore).
MALIGNA:
TUMORI IN SITU
DUTTALE: Quando si parla di tumori della mammella si deve distinguere tra carcinoma
invasivo e carcinoma in situ perché è diverso il significato prognostico. Il carcinoma in situ
dotale può essere suddiviso a sua volta il carcinoma di alto grado e di basso grado.
1. Esiste poi uno stadio che precede la nascita del carcinoma in situ, similmente a quanto
visto nella prostata può avere una iperplasia epiteliale (tipica o atipica, quella atipica è molto
simile al carcinoma in situ ma per definizione colpisce meno di due spazi duttili e ha
dimensioni inferiori a 2 mm, quella tipica può essere florida o solida).
E della variante cribriforme iperplasia epiteliale simula in tutto e per tutto il carcinoma in
situ epiteliale: forma ponti e micropapille.
2. Il carcinoma in situ duttale di BASSO grado è simile all’iperplasia epiteliale ma ha
dimensioni superiori ai 2 mm o occupa più di due spazi duttali.
3. Il carcinoma in situ duttale di ALTO grado presenta focolai di necrosi comedonica
(caseosa?) e focolai di micro invasione della membrana basale (potrebbe fare metastasi
linfonodali). Per questo motivo si fa il linfonodo sentinella.
LOBULARE: Il carcinoma lobulare in situ no no capacità metastatica si differenzia dal
carcinoma duttale per la morfologia, infatti è multifocale, non forma noduli e le cellule
crescono a filiera (alla mammografia spesso non si riesce a riconoscere) e le sue cellule sono
caratteristiche perché perdono la E-Caderina. Le cellule (sparpagliate) devono essere viste ad
alto ingrandimento per cogliere le atipie che le caratterizzano.
TUMORI INFILTRANTI (sarcomi, linfomi, tumori secondari, tumore filloide e carcinomi)
CARCINOMA DUTTALE INFILTRANTE: Questo è il tumore che alla più alta incidenza nelle
donne con due picchi a 40 e sessant’anni. Il rischio di morte stimato è del 20% ma la
sopravvivenza sta aumentando sempre di più grazie agli screening che possono riconoscere
tumori in situ di piccole dimensioni. Il carcinoma duttale infiltrante non altrimenti specificato
(detto così perché le cellule hanno un’organizzazione estremamente variabile) e aggressivo
se non trattato e causa metastasi a distanza (linfonodi, polmone, osso, cervello, fegato).
Radiologicamente alla mammografia ha un aspetto stellato perché in risposta
all’impossibilità di queste cellule, il tessuto circostante va incontro a reazione desmoplastica,
sviluppando tessuto fibroso con l’intento di incapsularlo.
I fattori di rischio sono: una stimolazione estrogenica e progestinica elevata (menopausa
tardiva e menarca precoce), prima gravidanza in età avanzata, nulliparità, presenza di lesioni
papillari atipiche o iperplasia duttale atipica, radioterapia, carcinoma della mammella
controlaterale, obesità o altri fattori come la terapia estroprogestinica e alcune mutazioni
genetiche come quelle della linea germinale ai geni BRCA1 e 2.
La localizzazione è più frequente dei noduli del carcinoma duttale invasivo è il quadrante
supero esterno della mammella.
Oggi l’approccio terapeutico è molto cambiato: prima si tendeva ad una chirurgia
estremamente demolitivo e radicale. La chirurgia non è più così estesa perché
effettivamente a cambiare la prognosi esistono terapie audio avanti molto efficaci.
Riguardo al linfonodo sentinella se mi si riscontrano metastasi parcellari si può anche
scegliere di non svuotare il cavo ascellare mentre se è totalmente metastatico allora si
procede a linfadenectomia.
In generale per i noduli di dimensione inferiore ai 2 cm la chemio terapia la radioterapia
sono post chirurgia, se invece il modulo a dimensione superiore ai 2 cm sono anche le odio
avanti per cui si fa un esame istologico utile a conoscere la positività del tumore ai recettori
per gli estrogeni e ad HER2.
Possiamo avere tumori:
- LUMINAL A triplo positivi;
- LUMINAL B HER 2 negativi;
- HER2 positivi, E -, P-;
- Triplo negativi;
Per la valutazione del pattern recettoriale si effettua l’esame istologico la ricerca genetica
che l’amplificazione del gene HER2, nel caso di dubbio.
Trattandosi di un tumore maligno è importante effettuare un grading (SCORE DI
NOTTHINGAM) che tenga conto del grado di differenziazione, del pleomorfismo e della
conta mitotica. A questi parametri si dà un punteggio di 1, 2 o 3 se più o meno differenziato
(più o meno ghiandole), meno o più pleomorfo (nuclei), a più basso o alto indice
proliferativo. Maggiore è il punteggio, peggiore è la prognosi.
CARCINOMA LOBULARE INFILTRANTE: Valido è il discorso fatto parlando del carcinoma
lobulare in situ, questo tumore tende a disseminare a singole cellule a filiere o a bersaglio.
CARCINOMA MIDOLLARE: Si presenta come un nodulo ben circoscritto in cui le cellule
neoplastiche sono ammassate è molto variabili, è presente un infiltrato linfocitario.
CARCINOMA MUCINOSO: C’è produzione di muco in cui sono immerse le cellule
neoplastiche. E’ un nodulo molle con aspetto gelatinoso. Ha una buona prognosi.
CARCINOMA TUBULARE: Si presenta con aspetto stellato com’è il carcinoma di tale ma è
ben differenziato con scarsa atipia nucleare, la prognosi è migliore.

PATOLOGIA TIROIDEA
PATOLOGIA INFIAMMATORIA:
TIROIDITE ACUTA - È caratterizzata da una durata clinica inferiore ai sei mesi è un decorso
acuto il riscontro istologico tiroideo e di infiltrato granulocitario neutrofilo. I sintomi sono
febbre malessere e dolore (per questo si effettua raramente agoaspirato agobiopsia). Gli
agenti eziologici che possono causare sono batteri come streptococchi e stafilococchi, miceti
come candida e virus come citomegalovirus.
La più comune forma di tiroidite acuta è la TIROIDITE SUBACUTA GRANULOMATOSA:
Processo auto risolutivo che insorge in soggetti di età compresa tra i 30 e di cinquant’anni in
seguito a infezione delle alte vie respiratorie poiché i virus che causano infezione causano
anche la formazione di anticorpi accendendo la risposta infiammatoria nel corpo. Si avrà
come conseguenza un ipotiroidismo.
All’esame istologico si osservano cellule giganti multinucleate organizzate a formare
granulomi (colorazione di Papanicolaou).
TIROIDITE CRONICA - Tra le tiroiditi autoimmuni ricordiamo:
1. La tiroidite di Hashimoto caratterizzata da ipertiroidismo e auto anticorpi anti
tireoglobulina ed anti tireoperossidasi. Questa patologia è associata a familiarità per
altre patologie autoimmuni (vitiligine, diabete, ecc.) e nella patogenesi sono coinvolti
linfociti T, B e plasmacellule. All’esame istologico i tireociti formano strutture
follicolari con metaplasia oncocitaria (cellule di HURTLE con citoplasma eosinofilo
(ossifile, oncocitarie) per la ricchezza i mitocondri). I linfociti sono disposti a creare
aggregati, disposizione follicolare (la tiroide sembra un grande linfonodo).
Macroscopicamente la patologia è diffusa e dona alla tiroide un ingrandimento
diffuso della ghiandola senza nodularità, ad organizzazione parenchimatosa. Il rischio
a cui si va incontro è che a partire dai linfociti nasca un linfoma B.
2. La tiroidite fibrosante di Riedel sembrerebbe avere anche eziologia autoimmune ma
la causa è sconosciuta. Si ha una sostituzione del tessuto ghiandolare con tessuto
fibroso, è una fibrosi spontanea della tiroide non legata a un processo flogistico. Può
mimare una neoplasia maligna perchè la fibrosi causa dispnea, disfagia e displasia
(entra in DD con il tumore anaplastico che da anche sintomi da compressione).
3. Il morbo di Basedow è un ipertiroidismo in cui si ha la presenza di autoanticorpi
diretti contro il recettore del TSH con edema pretibiale ed esoftalmo (per accumulo
di GAG prodotte dai fibroblasti). La tiroide iperfunzionante, all’istologia, appare
TARLATA per la presenza di vacuoli di colloide per l’aumentata produzione ormonale.
L’istologia del morbo di Basedow, anche chiamato gozzo tossico diffuso, è comune
alla sindrome di Plummer in cui si ha multinodulare tossico.
Qualora il gozzo non sia funzionante si parla di gozzo non tossico, il gozzo non tossico
nodulare si deve distinguere dal nodulo tiroideo (neoplasia contro iperplasia): un nodulo è
sospetto se è solito, di grandi dimensioni, ipoecogeno, cresce velocemente, se è solitario, se
lo troviamo in un paziente che non ha avuto storia pregressa di gozzo tiroideo.
NODULI TIROIDEI
Sono tumefazioni localizzate nel contesto di una ghiandola tiroidea apparentemente
normale. In maggioranza i noduli sono benigni (il nodulo pseudotumorale per eccellenza è
quello iperplastico del gozzo), dati da: gozzo nodulare, cisti, tiroiditi croniche. L’1% è
rappresentato da tumori maligni.
INDAGINI:
- Palpazione
- Ecografia, per verificare il numero dei noduli, se ipoecogeni (forse neoplastici) o
anecogeni (dati da aree colloidocistiche di gozzo), se vi sono microcalcificazioni o
vascolarizzazione intramodale (suggestivi di neoplasia maligna)
- Dosaggio ormoni tiroidei
- Scintigrafia (ipercaptaizione per noduli caldi, ipo per i freddi)
- Ago Aspirato, permette di fare l’esame citologico (suggestivi di neoplasia maligna
sono nuclei variabili, l’overlapping (cioè la sovrapposizione di nuclei per l’intensa
proliferazione), gli inclusi nucleari (cellule a nuclei chiari sono indice di K papillare).
Una volta prelevato il liquido, se ne poggia una goccia sul vetrino, si striscia a 45°, si
fissa e si esamina:
- TIR1 = non diagnostico
- TIR2 = benigno come in Hashimoto, o gozzi nodulari
- TIR3 = è dubbio: 3A incidenza di alta benignità, 3B bassa benignità
- TIR4 = dubbio maligno
- TIR5 = lesione maligna con incisure nucleari (GROOVES) e nuclei vuoti
Un nodulo può essere:
- RIGENERATIVO/IPERPLASTICO = non capsulato, aspetto colloidocistico, solitamente
multipli;
- NEOPLASTICO = capsulato, parenchimatoso, solitamente singolo;
PATOLOGIA NEOPLASTICA:
BENIGNA -
ADENOMA FOLLICOLARE: È dato dalla presenza di un nodulo capsulato più frequente nelle
donne (fattore di rischio principale: l’esposizione a radiazioni ionizzanti) generalmente
asintomatico caratterizzata da un incremento della cellulari ta dei tirocini di che si
organizzano in strutture microfollicolari (le strutture macrofollicolari sono tipiche
dell’iperplasia gozzigena) che possono comprimere le strutture circostanti con effetto
ischemico dei tireociti circostanti che formano una capsula fibrosa a circoscrivere il tumore.
Il tumore non invade la capsula in quanto è benigno.
ADENOMA A CELLULE DI HURTHLE: È un tumore benigno che presenta similmente a la
tiroidite di Hashimoto una metaplasia oncocitaria.
MALIGNA -
CARCINOMA PAPILLARE: È la neoplasia più frequente della tiroide tra le maligne interessa i
soggetti di età giovane tra i 20 e di quarant’anni. E’ correlato all’esposizione a radiazioni
ionizzanti e dal punto di vista molecolare si riscontrano 2 mutazioni genetiche: 1.
traslocazione del gene RET o mutazione puntiforme di BRAF (anche nel melanoma B600E). Si
osserva la presenza di un nodulo singolo parenchimatoso cioè solido, con un asse vascolare
attorno a cui le cellule neoplastiche si accrescono di questo tumore esistono alcune varianti:
capsulata, follicolare, a cellule alte, sclerosante diffusa. Le cellule sono atipiche con nuclei
iperintensi (occhi dell’orfanella Annie), ingranditi con contorno irregolare, in mitosi, con
nuclei a vetro smerigliato, e invaginazioni citoplasmatiche caratteristiche viste come pseudo
inclusioni nucleari, e corpi XAMOMATOSI (calcificazioni lamellari, i corpi xamomatosi si
riscontrano anche a livello cerebrale come nel meningioma xamomatoso e nei tumori
dell’epitelio celomatico superficiale di tipo sieroso dell’ovaio).
La prognosi è buona anche in presenza di metastasi ai linfonodi loco regionali.
CARCINOMA FOLLICOLARE: A prognosi più favorevole, in base dei capsula e bassi (il
patologo ricerca di solito l’invasione vascolare) e spesso non ha atipie cellulari.
CARCINOMA ANAPLASTICO: E tipico della popolazione anziana e a prognosi infausta. Infiltra
le strutture circostanti causando dispnea e disfagia. Viene detto anaplastico perché è poco
differenziato, si associa alla mutazione di p53.
CARCINOMA MIDOLLARE: rappresenta il cinque-10% dei tumori tiroidei può essere
sporadico o familiare associato a mutazione RET e a sindrome MEN 2a e 2b (per questo da
un paziente zero con diagnosi si valutano i familiari).
Questo tumore nasce dalle cellule C parafollicolari che intervengono nel metabolismo del
calcio producendo calcitonina, la neoplasia quindi all’immunoistochimica è positiva alla
calcitonina e i marcatori neuroendocrini come cromogranina e sinaptofisina. Le cellule
neoplastiche crescono a TRAVATE e con la colorazione rosso Congo si evidenziano i depositi
di AMILOIDE tra le cellule, tipica caratteristica di questo tumore.

PATOLOGIA CUTANEA
NEVI:
Sono divisi in: nevi giunzionali, composti e intradermici.
Oppure in:
NEVI CONGENITI: I nei congeniti sono degli elementi amartomatose perché si riscontrano
follicoli piliferi. Tanto è vero che la caratteristica fondamentale è quella che i melanociti si
distribuiscono lungo i follicoli piliferi che arrivano al derma reticolare e sono nei PELOSI.
Trattando il nevo con laser terapia si rischia che esso si ricostituisca (e diventi un nervo
ricorrente). Il neo congenito può raggiungere anche dimensioni importanti finiscono di
grande dimensione superano il CUT-OFF di 6 cm associa la possibilità di evolvere in
melanoma.
NEVI ACQUISITI: È un reperto molto comune con le sue varietà istologiche:
1. NEVO BLU - Prende il nome dal fatto che il pigmento melanico è situato in profondità
è per effetto Tyndall di rifrazione della luce appare di colorito blu.
2. NEVO DI SPITZ - Veniva in passato chiamato melanoma giovanile perché clinicamente
che istologicamente simula il melanoma, spesso la lesione non è pigmentata ma a
rapida crescita e all’arma i genitori. Il melanoma in età pediatrica è un’entità molto
rara per questo di solito il nevo di Spitz si tiene sotto controllo ma non si rimuove
necessariamente.
3. NEVO DI SUTTON - Anche detto Halo Nevus, si riscontra in età pediatrica in soggetti
con familiarità per VITILIGINE (patologia a carattere autoimmune in cui la flogosi
determina distruzione dei melanociti e aree acromiche simmetriche in certe zone del
corpo, gomiti, regione oculare, ecc.).
4. NEVO MORIFORME DI UNNA - È un neo rilevato a volte presente a livello del cuoio
capelluto, l’aspetto rigonfio e indice di edema e non di proliferazione cellulare, è
assolutamente benigno la benignità è dimostrata dal fatto che i melanociti in
profondità tendono a maturare (sono sempre più piccoli).
MELANOCITOSI DERMICHE (proliferazioni melanocitarie del derma profondo che donano un
colorito bluastro a particolari zone della cute):
- NEVO DI OTA - In sede oftalmico mascellare,
- NEVO DI ITO - In sede acromioclavicolare,
- MACCHIA MONGOLICA - In sede sacrococcigea.
NEVO DISPLASTICO: È un’entità intermedia tra i nevi ed il melanoma, spesso i portatori di lei
displastici hanno una vera e propria sindrome (sindrome del nevo displastico) e vengono
sottoposti a follow-up semestrali.
MELANOMA: il melanoma è un tumore maligno di frequente riscontro nella popolazione
caucasica. Il fattore di rischio correlato maggiormente all’insorgenza di melanoma è la
radiazione ultravioletta UVB. I soggetti più a rischio sono quelli di fototipo 1 e 2, fototipo
chiaro secondo la classificazione di FitzPatrick e con storia di ustioni solari in età pediatrica.
Aldilà dei fattori ambientali il rischio aumenta per la presenza di sindromi genetiche come
xeroderma pigmentoso e la sindrome del nevo displastico.
La maggior parte dei melanomi nascono come nuove entità ma esiste il caso in cui un neo
acquisito o congenito si trasformi in melanoma. Per questo bisogna attenzionare ogni
lesione di dimensioni superiori ai 6 mm basandosi sulla regola ABCDE: asimmetria, bordi,
colore, dimensioni, evoluzione.
Sempre valido è il segno del brutto ANATROCCOLO.
Esistono quattro varianti cliniche del melanoma:
1. Superficial spreading melanoma (localizzato sul tronco nel maschio e sugli arti nelle
femmine).
2. Lentigo maligna (localizzata al volto e nelle regioni fotoesposte).
3. Melanoma nodulare (localizzato ovunque compreso alle mucose).
4. Melanoma acrale lentigginoso (localizzato nelle sedi palmo plantari, spesso
trascurate).
Queste varianti cliniche hanno due fondamentali pattern di crescita:
1. orizzontale;
2. verticale (tipico della variante nodulare).
Il compito del patologo e misurare lo spessore di Breslow, i livelli di Clark ed eventualmente
analizzare il linfonodo sentinella.
Lo spessore di BRESLOW misura dallo strato granuloso l’epidermide fino al punto di massima
infiltrazione delle cellule neoplastiche, se è maggiore di 0,8 mm si fa la ricerca del linfonodo
sentinella: sulla cicatrice chirurgica sinistra del colorante come il blu di metilene più spesso
un tracciante radioattivo. Il primo linfonodo drenante del distretto cutaneo interessato viene
asportato e si osserva la presenza al suo interno di cellule neoplastiche. La positività del
linfonodo sentinella cambia la terapia del melanoma. Si eseguirà una chemioterapia
adiuvante nel caso di positività o anche nel caso in cui linfonodo non abbia metastasi ma sia
sede di infiltrato infiammatorio.
I livelli di CLARKE analizzano l’infiltrazione del melanoma in 5 livelli, tanto è maggiore il
livello di infiltrazione, tanto peggiore sarà la prognosi:
1. Confinato all’epidermide
2. Invasione del derma superficiale
3. Invasione del derma papillare
4. Invasione del derma reticolare
5. Invasione del sottocute
Marcatori melanocitari specifici sono HMB-45 e MART-1, utili per la valutazione di metastasi
melanocitarie a distanza.
TUMORI CUTANEI:
CARCINOMA BASOCELLULARE: È il primo in ordine di frequenza, viene definito così per il
suo atteggiamento bassa ioide. Origina dal follicolo pilifero, dal compartimento staminale.
Veramente da metastasi perché ha una crescita orizzontale. Ma può manifestare la sua
malignità in sede e con il tempo infiltrare e demolire anche i piani ossei sottostanti. Si
distingue una forma piana che all’aspetto di una chiazza eritematosa ed una forma nodulare.
CARCINOMA SQUAMOCELLULARE: origina dai cheratinociti sia cutanei che del cavo orale,
può nascere a partire da una lesione precancerosa come cheratosi attinica e che Rita
attinica, morbo di Bowen ed eritroplasia di Queyrat (sinonimi di carcinoma squamocellulare
in situ).
Questo tumore può metastatizzare, la crescita è verticale e quando lo spessore supera i 10
mm la prognosi è sfavorevole.
Il grado di differenziazione viene definito e sul grado di cheratinizzazione, più l’epitelio è
cheratinizzato migliore è la prognosi.
Alcol, infezione da papilloma virus, e fumo di sigaretta sono fattori di rischio per il riscontro
di carcinoma squamoso in sede orale.
CARCINOMA NEUROENDOCRINO DI MERKEL: È un tumore che nasce come lesione
nodulare non pigmentata ma nonostante l’apparenza banale è un tumore a piccole cellule
molto aggressivo che già al momento della diagnosi presenta lesioni metastatiche. E’ un
tumore neuroendocrino e con la colorazione cromogranina all’indagine immunoistochimica
si ha conferma di ciò.
ISTIOCITOSI A CELLULE DEL LANGHERANS: è un tumore raro partenza dalle cellule
dell’Langherans, cellule cutanee con ruolo di APC.

PATOLOGIA DELL’APPARATO DIGERENTE


ESOFAGO - l’esofago, lungo 25-30 cm, congiunge lo stomaco all’epiglottide e può essere
sede di patologia neoplastica infiammatoria. Degne di nota sono anche le anomalie
congenite o acquisite e le sue alterazioni motorie.
ETEROTOPIA TISSUTALE: è la presenza di aree di mucosa gastrica o pancreatica che
solitamente non causano una sintomatologia.
CISTI: sono formazioni rotondeggianti provviste di rivestimento epiteliale, molto più
frequenti sono le cisti acquisite in seguito ad infiammazione.
AGENESIA: è il mancato sviluppo dell’esofago, anomalia congenita incompatibile con la vita.
STENOSI O FISTOLE: sono patologie congenite come le fistole bronco-esofagee.
ACALASIA: è il rilassamento dello sfintere esofageo inferiore LES associato a ridotta peristalsi
e aumento del tono muscolare, e di movimenti non funzionali.
DIVERTICOLOSI: Sono estroflessioni della parete costituite da tutti i suoi strati, i diverticoli
del terzo superiore sono chiamati i diverticoli di Zenker, quelli del terzo medio, diverticoli da
trazione, quelli del terzo inferiore, diverticoli epifrenici.
ERNIA IATALE: l’ernia iatale è la risalita di parte dello stomaco sopra il diaframma, per
scivolamento o rotolamento e causa la malattia da reflusso gastro esofageo con pirosi e
rigurgiti.
GERD: la malattia da reflusso gastroesofageo da un punto di vista endoscopico viene definita
EROSIVA, se vi è la presenza di lesioni erosive, NON EROSIVA, in cui si osserva solo eritema e
flogosi della mucosa e IPERSENSIBILE in cui non c’è presenza di alcuna alterazione ma il
paziente lamenta continui disturbi.
PATOLOGIA INFIAMMATORIA:
Esofagite da reflusso: il contatto della mucosa esofagea con il reflusso acido gastrico (pH <
7), causa l’ispessimento dell’epitelio pavimentoso stratificato come meccanismo protettivo.
Sono presenti i segni della flogosi e riscontriamo granulociti neutrofili ed eosinofili (nelle fasi
iniziali), ectasia vascolare (con eritema). Le complicanze sono l’emorragia, l’ulcerazione e la
stenosi esofagea (per la fibrosi associata alla flogosi cronica al LES). Da attenzionare è la
possibile METAPLASIA colonnare dell’epitelio squamoso (metaplasia GASTRICO o
INTESTINALE - EPITELIO CILINDRICO che costituisce una variante precancerosa
dell’adenocarcinoma esofageo - ESOFAGO DI BARRETT quando c’è, si ha DISPLASIA,
LESIONE PRECANCEROSA).
Il paziente affetto da esofago di Barrett si sottopone a check up endoscopici semestrali con
prelievo bioptico per l’analisi istologica (nel 10% dei casi può evolvere in adenocarcinoma
esofageo).
BARRETT CLASSICO > 3 cm DALLA LINEA Z
SHORT BARRETT < 3 cm
VERY SHORT BARRETT < 1 cm
Esofagite infettiva: di origine batterica, micotica (candidosi esofagea) o virale (erpetica).
L’esofagite virale causa la degenerazione BALLONIFORME delle cellule esofagee con atipia
nucleare per l’inclusione dei virioni.
PATOLOGIA NEOPLASTICA:
Tumori epiteliali Benigni
PAPILLOMA: associato a infezione da HPV o a GERD, è un tumore costituito da proliferazione
cellulare benigna dell’epitelio squamoso con la formazione di una papilla vegetante.
Tumori epiteliali Maligni
CARCINOMA SQUAMOSO: ha come fattori di rischio il fumo di sigaretta, l’iniezione da HPV, il
consumo di alcol, il trattamento radioterapico e la familiarità. È una lesione che causa
disfagia solitamente vegetante (a volte presente nella variante piana) e ulcerata.
Tumori NON epiteliali
LEIOMIOMA, GIST, LIPOMA, MELANOMA.
STOMACO - lo stomaco si estende dall’esofago al duodeno. E distinto in diverse porzioni:
regione cardiale (cellule mucipare), regione del corpo e fundica (cellule principali che
secernono pepsina e cellule parietali che secernono acido cloridrico), regione antrale (cellule
mucipare e cellule G che secernono gastrina). La mucosa è costituita da un comparto
ghiandolare ed uno foveolare.
ETEROTOPIA PANCREATICA: raramente responsabile di sintomatologia o danneggiamento
della mucosa gastrica, è il riscontro di mucosa pancreatica in piccole aree nello stomaco.
CISTI: possono essere congenite o acquisite a seguito di processi infiammatori (a differenza
della pseudo cisti la cisti e rivestita da epitelio).
XANTELASMA: lo xantelasma gastrico è un accumulo di istiociti che digeriscono materiale
lipidico (simili a quelli palpebrali), assumono importanza per via del loro significato di
ipercolesterolemia sospetta.
METAPLASIA PILORICA - frequente negli anziani.
METAPLASIA CILIATA - riscontro di epitelio cutaneo o respiratorio nello stomaco.
METAPLASIA INTESTINALE - osservata frequentemente nelle gastriti croniche indotte da HP,
nasce per proteggere la mucosa gastrica poiché la produzione di sialomucine intestinale crea
un ambiente sfavorevole alla proliferazione di HP.
PATOLOGIA INFIAMMATORIA:
Gastrite ACUTA: erosiva, ulcerativa, necrotizzante causata da agenti infettivi, patologie
autoimmuni (sarcoidosi, morbo di Chron), agenti fisici (radiazioni), alterata circolazione
(ischemica).
Gastrite CRONICA: da agenti infettivi (HP, di cui si rileva la presenza grazie a test anticorpali o
urea breath test), immunitaria (anemia perniciosa, in cui si formano anticorpi anti fattore
intrinseco, anti cellule parietali con ipocloridria e malassorbimento di vitamina B12,
associata ad altre patologie autoimmuni come diabete di tipo 1, Hashimoto, ecc.), o reattiva
(per reflusso biliare). I sintomi sono pirosi, rigurgito, nausea ma non sono gravi come in
acuto e persistono per più di 6 mesi.
L’HP è un batterio gram negativo spiraliforme che viene trasmesso per via oro fecale e si
insedia a livello delle fossette gastriche (specie a livello antrale). Produce tossine CALG A che
hanno un ruolo patogenetico sia per la formazione di ulcere e di degenerazione in
adenocarcinoma gastrico. Poi ritroveremo la presenza di ADESINE e flagelli, le prime sono
utili al batterio per aderire alla fossetta gastrica, mentre i flagelli per il suo movimento. L’HP
produce e rilascia in ambiente gastrico l’ureasi che permette al batterio di scindere l’urea in
ammoniaca e CO2 (principio sfruttato nell’urea breath test).
La biopsia gastrica è utile per delineare la presenza di un processo infiammatorio,
caratterizzare l’agente eziologico (come HP) e stadiare la gravità della flogosi sulla base
dell’infiltrato cronico (linfocitario) e definire se lieve, moderata o grave. Si fanno 5 prelievi: 2
a livello antrale, 2 a livello fundico e 1 a livello della piccola curvatura. Poi si colora con
GIEMSA o colorazione argentica e si osserva il patch isologico: che presenta una lesione
patognomonica con neutrofili intraepiteliali e plasmacellule subepiteliali che presentano una
distribuzione nodulare e una crescita in follicoli. Da un punto di vista endoscopico la mucosa
è particolarmente eritematosa: l’HP si nutre del muco prodotto dalle cellule della mucosa
andando a ridurre i fattori difensivi per l’HCl.
Se abbiamo una gastrite localizzata a livello del corpo-fondo gastrico potrebbe essere una
gastrite AUTOIMMUNE (secondaria ad una patologia autoimmune in cui si ha produzione di
anticorpi anti PPI delle cellule parietali principali e contro il fattore intrinseco di Castle,
questa determina acloridia proprio perchè va a distruggere le cellule principali gastriche che
producono HCl).
ULCERA PEPTICA: acuta o cronica, si viene a formare per un disequilibrio dei fattori protettivi
la mucosa contro i fattori aggressivi (HCl). L’HP sembra essere coinvolto nella patogenesi
dell’ulcera peptica. Le complicanze possono essere emorragia, peritonite, stenosi cicatriziale.
PATOLOGIA NEOPLASTICA:
GASTROPATIA IPERTROFICA: è una malattia rara caratterizzata da gigantismo
CEREBRIFORME delle pliche gastriche. Può nascere nel contesto di una Malattia di Menetrier
con iperplasia cellulare superficiale e atrofia ghiandolare o nella Sindrome di Zollinger
Ellison, in cui si ha iper gastrinemia.
POLIPI: possono essere di natura infiammatoria, amartomatosi (Sindrome di Peutz Jeghers),
iperplastici o ossintici (della mucosa fundica) e sono delle masse cellulari generalmente
benigne asintomatiche, di aspetto sessile o peduncolato che talvolta degenerano in maligne.
TUMORI NON EPITELIALI:
BENIGNI: Leiomioma, Shwannoma, tumore a Cellule Granulose.
MALIGNI: Leiomiosarcoma, Linfoma, GIST, tumori endocrini, sarcoma di Kaposi.
TUMORI EPITELIALI:
BENIGNI: Adenoma gastrico non invasivo.
MALIGNI: Adenocarcinoma Gastrico.
L’adenocarcinoma gastrico un tumore maligno dello stomaco più frequente nel sesso
maschile a prognosi scarsa (20% a 5 anni). A volte può venire diagnosticato in fase precoce di
EARLY GASTRIC CANCER, quando il tumore è ancora limitato alla lamina propria o alla
sottomucosa del viscere (con basso potenziale metastatico).
Questi tumori vengono classificati endoscopicamente in 4 tipi a seconda del loro aspetto
morfologico (Classificazione di Borrman’s): POLIPOIDE, ESCAVATO, ULCERATO-INFILTRANTE e
DIFFUSO. E istologicamente in INTESTINALE, MISTO e DIFFUSO secondo la Classificazione di
Lauren o a seconda del pattern di crescita in ESPANSIVI e INFILTRATIVI (Classificazione di
Ming). La prognosi è peggiore per la varietà ad anello con castone rispetto alla varietà
intestinale, così come la forma infiltrativa è a prognosi peggiore rispetto a quella espansiva.
Quando è diffuso, il tumore causa la cosiddetta LINITE PLASTICA, ovvero le cellule
neoplastiche che sono presenti diffusamente nella mucosa gastrica, rendono la parete più
ispessita/aumentata di consistenza.
TUMORI MALT - sono associati alla presenza di HP, è un tumore a cellule T che si sviluppa
sulla base di una infezione cronica. La flogosi cronica può causare una mutazione di NFKB
che causa una iperproliferazione cellulare: linfociti a livello della lamina propria e delle
ghiandole e presenza di Monocitoidi ovvero cellule con citoplasma pallido e
patognomoniche sono anche le ulcere a vulcano (con i bordi molto alti), inoltre si
riscontrano lesioni intraepiteliali (i linfociti T attaccano le ghiandole oltre che la lamina
propria). I markers dei linfociti T ci aiutano a riconoscere le cellule: CD19 e CD20.
INTESTINO - diviso in tenue e crasso, l’intestino in tutte le sue porzioni può essere sede di
patologie meccaniche, infiammatorie e neoplastiche. L’epitelio del colon è una superficie
villosa costituita da enterociti e cellule caliciformi mucipare, al di sotto di cui si osservano:
una lamina propria, una muscolaris mucosae, una sottomucosa (con ricco plesso vascolare),
una tonaca muscolare e la sierosa peritoneale. A livello della lamina propria si osserva una
popolazione linfocitaria del tutto normale infatti la presenza del microbiota intestinale viene
mantenuta dall’azione immuno-equilibrante dei linfociti nelle placche di Peyer.
OCCLUSIONE INTESTINALE: Può nascere a partire da ERNIE, ADERENZE(che possono essere
causate da un intervento chirurgico dovuto alla presenza di tessuto endometriale che non
presenta all'immunoistochimica l'antigene di superficie specifico per l'epitelio ghiandolare
colico CDX2), VOLVOLO (fenomeno di torsione), INTUSSUSCEZIONE, TUMORI, INFARTI
INTESTINALI (causati da: aterosclerosi, aneurismi, assunzione di contraccettivi orali, vasculiti
da CMV), MICI (il morbo di Chron può causare aderenze e stenosi).
COLITE: Pseudo membranosa o ischemica, causa lo sfaldamento della mucosa colica con
formazione di fibrina e richiamo di granulociti neutrofili. Anche il trattamento radioterapico
può causare un enterocolite attinica in cui fibroblasti hanno caratteristiche atipiche, ma non
neoplastiche.
La celiachia è una malattia infiammatoria autoimmune reversibile caratterizzata dalla
presenza di anticorpi anti gliadina e anti transglutamminasi che causa atrofia dei villi
intestinali, reversibile con l’eliminazione del glutine dalla dieta.
MICI: morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa sono le principali malattie croniche
infiammatorie intestinali, simili dal punto di vista clinico (sintomatologia: febbre, stipsi
alternata a diarrea) ma diverse dal punto di vista macroscopico e microscopico con un
decorso cronico-recidivante (favorite da fattori scatenanti psicologici come lo stress).
Il Crohn interessa qualunque porzione del tratto digerente dalla cavità orale all'ano, con
lesioni a salto "skip lesion" e un coinvolgimento TRANSMURALE, cioè interessa la parete a
tutto spessore (per questo può essere causa di fissurazioni e perforazioni, fibrosi, stenosi,
aderenze, fistolizzazioni, ecc.). Inizialmente si presenta con ULCERE AFTOIDI che tendono a
diventare serpiginose (a ciottolamento romano). Si possono avere GRANULOMI non
necrotizzanti.
La rettocolite ulcerosa interessa retto e colon e le lesioni sono continue (tendono ad
espandersi in senso ascendente). Si parla di proctite ulcerosa se le lesioni interessano solo il
retto. Sono tipiche le ulcere e gli PSEUDOPOLIPI infiammatori. La cripta e gli ascessi criptici
presenti anche nel morbo di Crohn tendono ad essere più marcati nella rettocolite ulcerosa.
La complicanza può essere lo sviluppo di un megacolon tossico. Entrambe le MICI
predispongono all'insorgenza di tumore del colon retto.
POLIPI: Si definisce polipo intestinale una qualunque neoformazione, o massa protrudente
nel lume intestinale.
Ne riconosciamo due tipi: polipi sessili e polipi peduncolati, quelli sessili nel tempo possono
divenire peduncolati anche se fintanto che rimangono adesi alla parete intestinale con larga
base di impianto possono risultare più difficili da asportare endoscopicamente, dato che è
spesso richiesta l'asportazione endoscopica per valutare l'eventuale natura maligna (i polipi
maligni colpiscono nel 40% dei casi il colon sinistro, del 40% dei casi il colon destro, della
restante percentuale le altre porzioni intestinali).
Il polipo cancerizzato è la nascita di un tumore maligno a partire da una lesione polipoide
(adenocarcinoma). I polipi possono già in partenza essere degli adenomi con forma
polipoide e grado di displasia alto o basso.
ADENOMA E ADENOCARCINOMA COLON-RETTALE: Gli adenomi dal punto di vista
morfologico hanno una configurazione villosa, tubulo-villoso, o tubulare.
Il pattern di crescita può essere endotipico o villoso.
Sono distinti in adenomi con displasia di basso grado (nuclei allungati spostati verso la
porzione luminale con ancora differenziazione mucipara) e adenomi con displasia di alto
grado (nuclei luminali e attività proliferativa intensa).
L'adenoma serrato è un tipo di adenoma che evolve in adenocarcinoma, a epitelio criptico a
dente di sega (come nel polipo iperplastico dello stomaco).
In generale gli adenomi a più alto rischio sono quelli rettali, di grosse dimensioni (maggiore
ad 1 cm) e quelli che si trovano in soggetti affetti da PAF (polipomatosi adenomatosa
familiare), Sindrome di Gardner, Sindrome di Lynch (HNPCC), Sindrome di Turcot, patologie
genetiche in cui si hanno alterazioni del gene APC, beta-catenina, mismatch dei geni DNA
repair e spesso si presentano con altri tumori associati (medulloblastomi nella sindrome di
Turcot, sarcomi dei tessuti molli nella sindrome di Gardner, ecc.).
Un tipo particolare di adenocarcinoma è l'ADENOCARCINOMA MUCINOSO in cui il secreto
mucoso scolla le pareti intestinali creando laghi di muco.

PATOLOGIA EPATICA
EPATOPATIE ACUTE E CRONICHE: L'epatopatia acuta tende a risolversi senza la necessità di
una biopsia pertanto è di solito l'epatite cronica che richiede la lettura del vetrino
anatomopatologico.
Le cause più frequenti di epatite sono i virus epatite A, B e C, le epatiti da farmaci, le epatiti
autoimmuni, malattie da accumulo come una malattia di Wilson, il deficit di alpha 1
antitripsina, la colangite sclerosante primitiva, la cirrosi biliare primitiva.
Lo scopo del patologo è tramite l'ago biopsia quello di osservare le alterazioni microscopiche
e tramite l'immunoistochimica risalire all'eziologia. La biopsia può essere effettuata anche
senza significato diagnostico ma con lo scopo di follow-up.
Ci sono delle regole sul frustolo di tessuto prelevato che dovrà rappresentare
adeguatamente l'organo pena il rischio di non riconoscere alcuna alterazione in un fegato
malato o viceversa: la dimensione deve essere di almeno 1,5 cm e bisogna avere la presenza
di almeno 6 spazi porto biliari (una quantità di parenchima adeguata).
Al microscopio:
- a basso ingrandimento si ha una visione globale del tessuto (che permette di
riconoscere fibrosi, steatosi, e altre patologie diffuse);
- ad alto ingrandimento si osservano infiammazione e necrosi (focale, zonale,
confluente, massiva o a ponte);
Gli epatociti potrebbero avere:
- un corpo acidofilo, questo è segno di apoptosi epatocitaria,
- corpo balloniforme, segno di sofferenza e epatocitaria,
- l'aspetto a vetro smerigliato è tipico dell'epatite B.
L’epatite si definisce attiva se c’è necrosi e infiammazione, persistente inattiva se è limitata
agli spazi porto biliari con coinvolgimento di linfociti CD8+, plasmacellule e sidereofagi,
cronica attiva, infine, se supera gli spazi e coinvolge il lobulo.
Nell'epatite cronica si osserva fibrosi e rigenerazione. Lo score di Sheller del 1991 dava un
valore all’epatite da zero o a quattro in base alla gravità.
La fibrosi si evolve in quattro fasi:
1. portale,
2. peri-portale,
3. porto-centrale,
4. cirrosi.
La colorazione con TRICROMICA evidenzia le aree fibrotiche in blu.
Nella colangite sclerosante si ha fibrosi concentrica attorno ai dotti biliari, con aspetto a
bulbo di cipolla. Di solito c’è un ricco infiltrato linfocitario.
L’epatite alcolica è sempre associata a steatosi epatica, il fegato contiene MICROVESCICOLE
lipidiche, vacuoli dal colore biancastro.
La statosi non alcolica NASH, si presenta con aspetto bollono e biancastro del fegato a
pattern MACROVESCICOLARE, la NASH viene gradata e studiata considerando oltre alle
vescicole la presenza di lipogranulomi, corpi di Mallory, corpi acidofili, ferro epatocitario,
infiammazione.
ADENOMA EPATICO e IPERPLASIA NODULARE FOCALE sono lesioni nodulari BENIGNE del
fegato, nell’adenoma abbiamo cordoni di epatociti che formano un nodulo perdendo
l’architettura portale, nell’INF si ha un anomalia vascolare con cicatrice centrale stellata e
setti fibrosi.
CARCINOMA EPATOCELLULARE è il tumore maligno epatico, spesso insorge su fegato
cirrotico o a partire da un adenoma epatico, si osserva l’innalzamento dell’alpha feto
proteina sferica, e il tumore, che è invasivo può dare metastasi linfonodali e a distanza (a
polmone, osso, surrene, stomaco, principalmente). Il CARCINOMA FIBROLAMELLARE è la
variante “giovanile” del carcinoma epatocellulare, nei bambini si possono sviluppare
EPATOBLASTOMI.
COLANGIOCARCINOMA INTRAEPATICO si manifesta con alti livelli di Ca19.9 e viene messo in
DD con tumori di altre sedi che causano metastasi epatiche.

PATOLOGIA DEL TRATTO BILIARE


COLELITIASI
Patologia che colpisce fino al 20% della popolazione occidentale, data nel 90% dei casi da
calcoli di colesterolo, mentre i restanti sono calcoli pigmentati.
Tra i fattori di rischio maggiormente associati a tale malattia, abbiamo:
- Età e sesso: la prevalenza aumenta con l’età ed è circa doppia nelle donne.
- Fattori ambientali: gli estrogeni aumentano la captazione e la biosintesi del colesterolo,
assieme all’obesità e ad un rapido calo ponderale.
- Malattie acquisite: stati della colecisti di natura ormonale o neurogena.
- Fattori ereditari: geni che codificano per le proteine epatocitarie che trasportano i lipidi
biliari (proteine ABC).
1. Calcoli di colesterolo: quando la sua concentrazione supera la capacità di
solubilizzazione della bile, si condensa in un processo di nucleazione in cristalli solidi
di colesterolo monoidrato. Le condizioni necessarie per tale processo sono:
sovrasaturazione biliare di colesterolo, ipomotilità della colecisti, nucleazione
accelerata, ipersecrezione mucosa che permette l’aggregazione.
2. Calcoli pigmentati: miscele di sali di calcio di bilirubina non coniugata uniti a sali di
calcio inorganici. Tutto ciò che aumenta la bilirubina non coniugata nella bile (emolisi,
disfunzioni ileali, contaminazioni da parte di batteri che idrolizzano la bilirubina
coniugata) aumentano il rischio.
- Quelli neri si trovano nella bile sterile, contengono bilirubina non coniugata,
carbonato e fosfato di calcio e colesterolo. Sono <1,5 cm, con relazione
inversa tra dimensione e quantità. Possono sbriciolarsi al tatto. Hanno
contorni modellati. Poiché contengono carbonati e fosfati, fino al 75% di essi
è radiopaco.
- Quelli marroni si trovano nella bile infetta, contengono sali di calcio di
bilirubina non coniugata, glicoproteine e colesterolo. Sono laminati e molli, e
hanno la consistenza del sapone o del grasso. Poiché contengono saponi di
calcio, sono radiolucenti.
In tutti i tipi di calcoli le glicoproteine costituiscono l’impalcatura e il cemento delle particelle
che li compongono.
La litiasi può essere presente per decenni prima di diventare sintomatica, ma fino all’80% dei
pazienti resta asintomatica per tutta la vita. Si può avere dolore biliare, continuo o a colica
per lo spasmo dovuto all’ostruzione dell’albero biliare. Frequente è l’infiammazione della
colecisti che ne può derivare, che crea dolore.
La sabbia biliare, ossia i calcoli più piccoli, sono più pericolosi perché hanno un maggior
rischio di creare una ostruzione del coledoco, rispetto a quelli di dimensione maggiore.
Un calcolo potrebbe erodere dall’interno un’ansa intestinale, dando “ileo biliare”. Altre
complicanze sono: empiema, perforazione, fistole, infiammazione dell’albero biliare
(colangite), pancreatite, colestasi ostruttiva.
COLECISTITE
- ACUTA
Favorita nel 90% dei casi da ostruzione del collo o del dotto cistico. È la principale
complicanza della colelitiasi e motivo di chirurgia d’urgenza.
- Quella litisiaca deriva dalla stimolazione chimica flogistica in una colecisti ostruita.
Viene danneggiato lo strato glicoproteico che protegge la mucosa e l’epitelio viene
esposto. La colecisti va incontro a discinesia e dilatazione. Solo successivamente vi
può essere contaminazione batterica.
- Quella alitisiaca è risultato di ischemia (perché l’arteria cistica è terminale e priva di
collaterali), flogosi ed edema della parete, muco della colecisti, bile spessa (che
ostruiscono, in assenza di litiasi).
Non vi sono differenza morfologiche tra quella litiasiaca e non litisiaca, tranne la presenza di
calcoli. Quando ci sono calcoli, si riempie di bile torbida con sangue e pus.
Nei casi lievi la parete è solo ispessita ed edematosa; nei casi gravi si ha necrosi dell’organo
(colecistite gangrenosa) con perforazioni.
- CRONICA
Di solito deriva da una sequela di eventi acuti. È associata a colelitiasi nel 90% dei casi. La
sovrasaturazione di bile predispone all’infiammazione e anche alla formazione di calcoli. In
1/3 dei casi vengono isolati microrganismi.
Non è un requisito necessario alla diagnosi la presenza dell’ostruzione, cosa che invece c’è in
quella acuta litisiaca, anche se i sintomi possono ricordare quelli acuti da ostruzione, come
colica biliare e dolenzia addominale.
La sierosa appare lucida e distesa. Vi possono essere aderenze fibrose come reliquie di
infiammazione acuta. La parete è ispessita.
Nei casi più lievi vi è un semplice infiltrato infiammatorio; in quelli più gravi, marcata fibrosi
della parete e infiltrato.
La mucosa può proliferare e dare origine a cripte profonde a livello della parete.
L’estroflessione mucosa attraverso la parete si chiama “seno di Rokitansky-Aschoff” e può
essere prominente. Vi può essere una estrema calcificazione distrofica della parete della
colecisti (“colecisti a porcellana”), oppure vi può essere parete ispessita, nodulare, con
focolai di necrosi ed emorragia (“colecistite xantogranulomatosa”), oppure la colecisti può
essere atrofica e ostruita cronicamente e contenere una secrezione chiara (“idrope della
colecisti”).
Può complicarsi con superinfezioni batteriche, perforazione, rottura, fistola, colecisti a
porcellana.
TUMORI:
CARCINOMA DELLA COLECISTI
La più comune neoplasia delle vie biliari extraepatiche, di rado diagnosticata in stadio
operabile, con sopravvivenza a 5 anni <10%. Il più importante fattore di rischio è la
colelitiasi: calcoli e infezioni provocano flogosi cronica e traumi irritativi, che sfociano in
carcinoma.
- Tipo infiltrante: è il più frequente, appare come area di ispessimento e indurimento della
parete dell’organo, che può anche ulcerare o dare fistole con organi adiacenti;
- Tipo esofitico: massa irregolare a forma di cavolfiore che cresce all’interno del lume e
invade la parete, di solito a livello di fondo e collo.
La maggior parte dei K è adenocarcinoma, papillari (con prognosi migliore) o infiltrativi, più o
meno differenziati.
Al momento in cui queste neoplasie vengono scoperte, nella maggior parte dei casi hanno
invaso il fegato in maniera centrifuga e si estendono al dotto cistico, dotti biliari, linfonodi
dell’ilo. Sono infatti neoplasie con sintomi insidiosi, riconoscibili solo se la colecisti diventa
palpabile o si infiamma.
Sedi di metastasi sono il peritoneo, il tratto gastrointestinale e i polmoni.
CARCINOMA DEI DOTTI BILIARI EXTRAEPATICI
Predilige uomini anziani (al contrario, il K della colecisti predilige donne anziane). Associato a
litiasi, Colangite sclerosante primitiva, infestazioni (Clonorchis sinensis), infezioni da
Salmonella. Probabilmente attraverso l'infiammazione cronica, l'epitelio biliare diventa più
suscettibile al processo di trasformazione neoplastica.
Si presenta come un nodulo di consistenza aumentata, che occlude il lume biliare,
bianco-grigiastro. Dal pt di vista macroscopico si distinguono:
1. una forma polipoide,
2. una forma diffusa infiltrante.
Un tipo particolare di K delle vie biliari extraepatiche è il tumore di Klatskin, che insorge a
livello del dotto epatico comune, precisamente fra la giunzione del cistico e la confluenza dei
dotti epatici dx e sx nel dotto epatico comune, caratterizzato dall'essere ben differenziato e
con buona prognosi.
PATOLOGIA PANCREATICA
PANCREATITE ACUTA
Lesione pancreatica parenchimale REVERSIBILE associata a flogosi comune, dovuta nell’80%
dei casi dati da malattie del tratto biliare ed etilismo. Cause meno comuni sono l’ostruzione
del sistema duttale pancreatico, farmaci, infezioni, disordini metabolici, danno ischemico,
traumi, alterazioni ereditarie degli enzimi e dei loro inibitori (caratterizzate da attacchi
ricorrenti di pancreatite grave fin dall’infanzia: gene per il TRIPSINOGENO CATIONICO e la
SERINA PROTEASI).
Si ha:
1. Danno microvascolare che provoca edema
2. Steatonecrosi prodotta dagli enzimi lipolitici
3. Infiammazione Acuta
4. Distruzione Proteolitica del parenchima pancreatico
5. Distruzione dei vasi sanguigni con emorragia interstiziale
INTERSTIZIALE - Lieve infiammazione, edema e steatonecrosi.
NECROTIZZANTE - Necrosi della zona acinare, duttale e del Langerhans. Il danno vascolare
provoca emorragia del parenchima. Vi sono zone emorragiche miste ad aree di steatonecrosi
(anche nei depositi adiposi extrapancreatici), con cavità peritoneale ripiena di liquido scuro,
torbido, al cui interno si localizzano globuli di grasso.
EMORRAGICA - Estesa necrosi parenchimale + emorragia intraparenchimale diffusa.
La pancreatite acuta conclamata è un’emergenza medica, il trattamento prevede la
sospensione dell’alimentazione, l’infusione di liquidi endovena, un adeguata analgesia.
Le complicanze più gravi: shock, ARDS, insufficienza renale, ascessi e pseudocisti
pancreatiche, infezione dei detriti necrotici.
PANCREATITE CRONICA
Flogosi del pancreas con distruzione del parenchima esocrino, fibrosi e distruzione
endocrina (negli stadi finali). Il deterioramento è IRREVERSIBILE.
La più frequente è l’etilismo cronico.
è caratterizzata da:
- Fibrosi parenchimale
- Dilatazione dei dotti pancreatici, con tappi al loro interno
- Infiltrato infiammatorio cronico
- Costante perdita delle strutture acinari
- Consistenza dura, con dotti dilatati e concrezioni calcifiche
PANCREATITE SCLEROSANTE LINFOPLASMACITICA (pancreatite autoimmune): forma di
pancreatite cronica con infiltrato infiammatorio, venulite, cellule produttrici di IgG. DA
RICONOSCERE perché mima il cancro e risponde alla terapia steroidea.
Può dare: insufficienza pancreatica esocrina, malassorbimento cronico, diabete mellito,
dolore cronico, pseudocisti pancreatiche, cancro (rischio del 40% solo nelle forme
ereditarie).
LESIONI PRENEOPLASTICHE
(PanIN: Pancreatic Intraepithelial Neoplasias)
Le cellule del PanIN hanno un notevole accorciamento dei telomeri.
FASI INIZIALI = accorciamento dei telomeri e mutazione K-RAS
FASI INTERMEDIE = inattivazione dell’onco-soppressore p16
FASI FINALI = inattivazione degli oncosoppressori p53, SMAD4, e BRCA2
Fondamentale, nel contempo, l’accumulo di mutazioni multiple.
CARCINOMA PANCREATICO
L’80% dei casi avviene tra i 60 e gli 80 anni. Il fumo di sigaretta, alcol, un'alimentazione ricca
di grassi, familiarità, pancreatite cronica e il diabete mellito ne aumentano il rischio.
Sono masse scarsamente definite, dure, bianco-grigiastre.
1. È altamente INVASIVO (anche i tumori precoci lo sono)
2. Dà una intensa RISPOSTA DESMOPLASTICA, caratterizzata da una reazione con fibroblasti,
linfociti e matrice.
I carcinomi della TESTA spesso ostruiscono la parte distale del coledoco provocando
dilatazione dell’albero biliare e ittero.
I carcinomi del CORPO e della CODA non interessano il sistema biliare, quindi rimangono per
molto tempo silenti e alla diagnosi sono estesi e disseminati.
I tumori possono crescere lungo i nervi e invadere il retroperitoneo, la milza, i surreni, la
colonna, il colon trasverso, lo stomaco.
Le metastasi si hanno a fegato, ossa, polmoni
L’adenocarcinoma moderatamente o scarsamente differenziato che forma strutture tubulari
abortive o nidi di cellule con pattern aggressivo e infiltrante. Vi è una fibrosi stromale,
invasione perineurale, linfatica e dei grossi vasi.
Varianti meno comuni: carcinomi adenosquamosi, mucinosi, epatoidi, midollari, a cellule ad
anello con castone, indifferenziati e indifferenziati con cellule giganti simili a osteoclasti.
Il dolore è il primo sintomo, calo ponderale, anoressia, malessere e astenia si hanno nella
malattia avanzata.
La TROMBOFLEBITE MIGRANTE (segno di Trousseau), nel 10%, è data dalla produzione di
fattori precoagulanti da parte del tumore o dei suoi residui necrotici.

PATOLOGIA POLMONARE
EDEMA POLMONARE
È la presenza di trasudato (e non di essudato, tipico delle polmoniti) a livello interstiziale e
nelle cavità alveolari.
L’EDEMA POLMONARE CARDIOGENO è il più frequente. È causato da un aumento della
pressione idrostatica capillare, con congestione, causata da insufficienza del ventricolo sx per
IMA, valvulopatie, aritmie (più frequentemente valvulopatia mitralica).
L’EDEMA DA LESIONI MICROVASCOLARI è dato da un aumento della permeabilità capillare,
per lesione dei capillari dei setti alveolari -> fuoriuscita di liquidi e proteine. Può essere
causato da inalazione di sostanze tossiche, come farmaci, droghe, aspirazione di succhi
gastrici, o anche shock, terapie radianti, ossigeno-terapia.
Nell’EDEMA EMODINAMICO, a parte l’aumento della pressione idrostatica, come visto
nell’edema cardiogeno, possiamo avere la diminuzione della pressione colloidosmotica
(come nella cirrosi epatica, ipoproteinemia, sindrome nefrosica), o diminuzione della
pressione idrostatica interstiziale (asma, enfisema), o diminuzione del drenaggio linfatico da
parte dei linfatici dei setti alveolari (silicosi, linfangite).
L’architettura polmonare è integra e i setti sono indenni, per cui se rimuoviamo la causa si ha
restitutio ad integrum.
Macroscopicamente, abbiamo:
- Polmoni edematosi-congesti (liquido trasparente-roseo), pesanti, umidi, imbibiti
inizialmente nelle regioni inferiori a causa della aumentata pressione idrostatica;
- Congestione di lunga durata -> “indurimento bruno” dei polmoni (ossia polmoni duri
e bruni per il pigmento dei macrofagi) e infezioni sovrapposte.
Microscopicamente:
- Capillari alveolari congesti-ectasici che conferiscono un “aspetto rosso” ai setti, per i
globuli rossi evidenti ingorgati;
- Linfatici congesti che rendono i lobuli ben demarcati;
- Ematossilina-eosina -> materiale trasudato liquido e proteinaceo, trasparente-roseo,
negli alveoli;
- Congestione di lunga durata -> numerosi macrofagi con pigmento emosiderinico
(siderofagi) e fibrosi con ispessimento delle pareti alveolari.
ARDS (Sindrome da Distress Respiratorio Acuto)
Il danno polmonare acuto (ALI, detto anche “edema polmonare acuto non cardiogeno) è
caratterizzato da improvvisa ipossiemia e infiltrati polmonari, e porta all’ARDS.
ARDS e ALI a loro volta portano a flogosi e aumento della permeabilità vascolare, con morte
delle cellule endoteliali ed epiteliali. Gli pneumociti muoiono ed espongono la matrice che
sta sotto di loro. L’ossigeno quindi va a provocare flogosi, edema e richiamo di cellule
infiammatorie.
Entrambe le cellule endoteliali ed epiteliali, inoltre, correlano con la manifestazione
istologica di danno alveolare diffuso (DAD).
In generale, le condizioni associati a ARDS sono: infezioni, traumi e condizioni fisiche
(ustioni, embolia grassosa, radiazioni), riperfusioni, inalazione di agenti irritanti, danno
chimico, condizioni ematologiche, pancreatite, uremia, bypass cardiopolmonare,
ipersensibilità a farmaci (sonniferi) e solventi, complicanze di chirurgia addominale.
Vi è un’alterata integrità della barriera alveolo-capillare per squilibrio tra i mediatori pro e
antinfiammatori, con intenso richiamo e attivazione di PMN e macrofagi alveolari.
1° FASE essudativa iperacuta, 48-72 h. Il 70% muore per MOF.
- Squilibrio mediatori = porta all’attivazione dei macrofagi interstiziali e alveolari e
all’adesione e attivazione dei PMN NEUTROFILI -> rilasciano enzimi che aumentano il
danno;
- Danno alla parete dei vasi, con fuoriuscita di liquidi, fibrina, globuli rossi (c’è essudato
negli alveoli accompagnato o meno da emorragia) e formazione di microtrombi
capillari;
- Distruzione della parete alveolare e necrosi degli pneumociti di I ordine, dovute
all’attivazione enzimatica dei neutrofili;
- Formazione di PSEUDO membrane ialine (“pseudo” perché parliamo di soggetti
adulti!) sulle pareti alveolari, con essudato eosinofilo ricco di fibrina, residui di cellule
necrotiche, materiale connettivale fibroso.
2° FASE proliferativa e di organizzazione:
- Proliferazione dell’endotelio e degli pneumociti di II ordine -> essi non sono coinvolti
nel danno, anzi servono per la rigenerazione, infatti diventano pneumociti di I ordine;
- Riorganizzazione con riassorbimento da parte dei macrofagi di detriti e liquidi, e
fibrosi con cicatrizzazione interstiziale e ispessimento delle pareti.
Tale fibrosi:
- Porta ad obliterazione fibrosa degli spazi alveolari e al “POLMONE A FAVO”
con fibrosi interstiziale marcata e formazione di cavità cistiche, separate da
aree cicatriziali, e provoca INSUFFICIENZA RESPIRATORIA CRONICA;
- Porta a guarigione con fibrosi moderata e disfunzione residua minima.
IPERTENSIONE POLMONARE
Il circolo polmonare è a bassa resistenza e la pressione polmonare è 1/8 di quella arteriosa
sistemica. Quando la pressione polmonare media diventa >1/4 della sistemica si parla di
ipertensione polmonare (IP).
E’ causata da: fibrosi polmonare, BPCO, tromboembolia, stenosi mitralica, Collagenopatie,
ecc.
Nella IP sono state identificate mutazioni del meccanismo di trasmissione del segnale di
BMPR2 (recettore di tipo 2 della proteina morfogenica dell’osso). BMPR2 solitamente nelle
cellule muscolari lisce dei vasi causa inibizione della proliferazione e favorisce l’apoptosi.
Quindi mutazioni inattivanti di BMPR2 fanno proliferare e aumentano la vita delle cellule
muscolari lisce, e sono state identificate nel 50% dei casi familiari e nel 25% di quelli
sporadici.
Tutte le forme di IP hanno in comune l’ipertrofia mediale delle arterie elastiche e muscolari,
ateroma dell’arteria polmonare e dei rami, ipertrofia ventricolare dx.
Arteriole e piccole arterie sono le più colpite.
Una condizione estrema nelle modificazioni patologiche è rappresentata dalla LESIONE
PLESSIFORME, così chiamata per la presenza di formazioni capillari a ciuffo che formano una
rete attorno al lume delle arterie.
L’IP si presenta con dispnea, affaticamento, crisi anginose. Nelle fasi avanzate abbiamo cuore
polmonare cronico (difficoltà respiratoria, cianosi, ipertrofia ventricolare dx) che si complica
con tromboembolia e infezioni.
TROMBOEMBOLIA E INFARTO POLMONARE
Il 95% dei trombi che occludono un’arteria polmonare derivano da una TVP. Solo il 10% dei
trombi provoca infarti polmonare: esso infatti non si verifica facilmente, grazie alla doppia
circolazione, e quando avviene si tratta di solito di pazienti anziani con malattie cardiache e
polmonari croniche.
Gli emboli possono essere diffusi, nei piccoli vasi distali, o “a sella”, cioè a cavallo della
biforcazione di due vasi maggiori.
Se l’embolo è di medie-piccole dimensioni e raggiunge i vasi periferici, potrebbe provocare
un INFARTO POLMONARE.
A livello istologico, l’infarto è caratterizzato da NECROSI ISCHEMICA COAGULATIVA (che
diventa colliquativa se si sovrappone infezione) del tessuto polmonare nella zona di
emorragia, che interessa alveoli, bronchioli e vasi.
Se l’infarto è causato da un embolo infetto (spesso da endocardite valvolare), vi è una
essudazione neutrofila e maggiore flogosi -> INFARTO SETTICO che può evolvere in ASCESSO
POLMONARE.
Un trombo polmonare è distinto da quelli post-mortem perché presenta le “STRIE DELLO
ZAHN” (aspetto lamellare). Il trombo è formato da stratificazioni di globuli rossi, piastrine,
fibrina.
PNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA
Le sindromi OSTRUTTIVE sono caratterizzate da aumento della R al flusso aereo dovuto alla
parziale o totale ostruzione delle vie aeree. Vi è una diminuzione del picco di flusso durante
un’espirazione forzata (diminuzione della VEMS) e può essere dovuta a:
- Bronchite cronica -> iperplasia delle ghiandole sottomucose e ipersecrezione con
formazione di tappi di muco (aumentano le resistenze);
- Bronchiectasie -> dilatazione del lume bronchiale (fino a 4x);
- Asma -> iperplasia muscolare liscia, eccesso di muco e flogosi (aumentano le
resistenze);
- Enfisema -> distruzione dei setti interalveolari e dilatazione degli spazi aerei, per
perdita di fibre elastiche (diminuzione della pressione di espirazione);
- Bronchiolite ostruttiva -> ostruzione infiammatoria (muco, fibrosi) delle piccole vie
aeree.
Nella BPCO si hanno bronchite cronica (tosse e muco), bronchiolite ostruttiva (aumento
delle resistenze) ed enfisema (diminuzione della pressione di espirazione).
L’asma si distingue da queste condizioni poiché il suo broncospasmo è REVERSIBILE.
La BPCO è causata prevalentemente da un lungo periodo di intenso tabagismo e da
inquinanti. Vi sono forme enfisema-prevalenti, bronchite/bronchiolite-prevalenti e miste.
Le sindromi RESTRITTIVE sono caratterizzate invece da una diminuzione della espansione del
parenchima polmonare, con diminuita CPT e un VEMS normale o ridotto.
Sono causate da:
- Malattie della parete toracica -> poliomielite, cifoscoliosi, obesità, malattie della
pleura;
- Malattie infiltrative o interstiziali croniche -> pneumoconiosi, fibrosi interstiziale
idiopatica.
BRONCHITE CRONICA
Condizione con tosse produttiva persistente per almeno 3 mesi e per almeno 2 anni
consecutivi. Se persiste per anni può dare BPCO, cuore polmonare o insufficienza cardiaca,
metaplasia dell’epitelio che può evolvere in neoplasia.
Macroscopicamente:
- Iperemia, tumefazione, edema della mucosa;
- Aumento del muco per iperplasia/ipertrofia delle ghiandole mucipare sottomucose
(nel primo tratto);
- Parete ispessita per ispessimento della sottomucosa (nel tratto terminale).
Microscopicamente:
- L’epitelio cilindrico ciliato vede aumento delle goblet cells o cellule mucipare e la
diminuzione di quelle ciliate, rendendo difficile la clearance del muco.
- C’è ipertrofia e iperplasia delle ghiandole sottomucose, con aumento dell’INDICE DI
REID (valore normale 0,4), dato dal rapporto tra spessore della sottomucosa e quello
della parete del bronco. Viene valutato con micrometria su sezione istologica.
- E’ presente infiltrato infiammatorio cronico nella tonaca propria (linfociti,
plasmacellule) e restringimento dei bronchioli a causa della metaplasia a cellule
caliciformi e dei tappi mucosi. Nella riacutizzazione per infezioni batteriche
aumentano soprattutto i PMN con pus ed escreato purulento.
Forme cliniche:
1. SEMPLICE O PURA = nei mesi invernali, più frequente al mattino rispetto alla sera,
tosse produttiva senza segni di ostruzione alla spirometria o all’esame obiettivo
(coinvolti i bronchi principali);
2. ASMATICA = dispnea grave o dopo contatto con agenti inalanti o in corso di infezioni
respiratorie, che inducono iperreattività delle vie aeree;
3. ASSOCIATA AD ENFISEMA CENTRO-ACINARE = con abbondante espettorato purulento
per infezioni ricorrenti, ipercapnia, ipossiemia, cuore polmonare cronico.
Aspetto del paziente = “BLUE BLOATER” (“blu rigonfio”), cianotico per importante
ipossiemia, proprio perché si associa ad enfisema centrolobulare e cuore polmonare.
ENFISEMA
E’ una patologia restrittiva causata dalla dilatazione irreversibile degli acini polmonari,
accompagnata dalla distruzione dei setti e delle pareti alveolari, senza evidente fibrosi (ma
con sostituzione della componente elastica con collagene).
Tipi di enfisema:
Distinti in base alla distribuzione anatomica dell’enfisema nel lobulo.
1. CENTROACINARE (centrolobulare, 95% dei casi): è quello più associato alla bronchite
cronica e al fumo di sigaretta (si riscontrano pigmenti antracosici). Coinvolge le parti
centrali o prossimali degli acini (formate dai bronchioli respiratori), mentre NON
coinvolge quelle distali (alveoli) e si localizza nei lobi superiori, agli apici polmonari.
2. PANACINARE (panlobulare): gli acini sono del tutto iper insufflati, dai bronchioli
respiratori ai sacchi alveolari. Interessa i segmenti basali dei lobi inferiori. È tipico del
deficit ereditario di alpha 1 antitripsina.
3. PARASETTALE (acinare distale): la parte prossimale dell’acino è normale, mentre
quella distale (alveoli) è colpita in maniera preponderante, vicino i setti interlobulari
e vicino la pleura. Si sviluppa in zone adiacenti ad aree di fibrosi e cicatrizzazione. È
più grave nelle regioni polmonari superiori.
4. IRREGOLARE o cicatriziale (con fibrosi e iperinsufflazione): l’acino è interessato in
maniera irregolare (“a salto”) ed è correlato a fenomeni di cicatrizzazione (o
post-chirurgici). Vi è un aumento dei volumi polmonari con grandi bolle apicali
(“BLEBS”).
Può anche essere COMPENSATORIO (per lo più senile, iperinsufflazione compensatoria a
chirurgia o asma, ma senza distruzione dei setti), OSTRUTTIVO (per tumore, corpo estraneo
o BPCO, che provocano ostruzione e l’aria viene intrappolata), BOLLOSO (grandi bolle
subpleuriche), INTERSTIZIALE (ingresso di aria all’interno dello stroma connettivale per
piccole lacerazioni alveolari), MALFORMATIVO (come nella cifoscoliosi).
Nasce a causa di uno squilibrio tra proteasi e antiproteasi:
Il tutto inizia con fattori come fumo e inquinanti ambientali, che hanno un’azione lesiva sulle
pareti alveolari, richiamano neutrofili e macrofagi attivati, produttori di proteasi ed elastasi.
Vengono inattivate le antielastasi come l’α1-ANTITRIPSINA (vi può anche essere il deficit
ereditario) e le elastasi dei PMN e macrofagi agiscono indisturbate provocando danno
tissutale.
La perdita del tessuto elastico causa il collasso degli alveoli durante la fase espiratoria, quindi
diminuisce il ritorno elastico e diminuisce la pressione di espirazione.
Le manifestazioni si hanno quando 1/3 del parenchima polmonare è compromesso:
- Dispnea ingravescente (primo sintomo);
- Tosse o sibili (confuso con l’asma);
- Espettorazione con bronchite associata;
- Calo ponderale grave;
- Torace a botte (limitazione del flusso espiratorio);
I pazienti sono definiti “PINK PUFFERS” perché iperventilano per mantenere una buona
ossigenazione.
L’exitus giunge tardivamente quando è l’ipertensione polmonare a causare cuore polmonare
cronico o improvvisamente in seguito a PNX per collasso polmonare. L’acidosi respiratoria
potrebbe causare coma.
Il trattamento prevede l’utilizzo di broncodilatatori, steroidi, bullectomia, riduzione
chirurgica o trapianto polmonare.

ASMA BRONCHIALE
Malattia infiammatoria cronica delle vie aeree che causa dispnea, sibili espiratori, fame
d’aria, costrizione toracica e tosse, associata a broncocostrizione diffusa in parte reversibile
spontaneamente o dopo trattamento.
Vi è un aumento della reattività a determinati stimoli (innocui per la gente comune) che
provoca broncocostrizione episodica, infiammazione delle pareti bronchiali e aumento della
quantità di muco.
Raramente si può avere lo “STATO ASMATICO”, crisi non remittente che può portare ad
exitus.
ASMA ATOPICA (ESTRINSECO) reazione da ipersensibilità di tipo I mediata dalle IgE.
ASMA NON ATOPICA (INTRINSECO o IDIOSINCRASICO), prova cutanea e anamnesi familiare
negative, non è di tipo immune. Scatenata spesso o da sport, stress o da infezioni
respiratorie virali.
ASMA FARMACO-INDOTTA (INTRINSECO) causata da agenti farmacologici, come l’aspirina
che sposterebbe l’equilibrio verso la sintesi di leucotrieni broncocostrittori.
ASMA PROFESSIONALE (ESTRINSECO) per esposizione a vapore, polvere organica e chimica,
gas e altri prodotti in ambiente lavorativo. Bastano minime quantità per scatenare un
attacco.
Patogenesi nell’asma atopica:
Suscettibilità genetica per un allergene -> il contatto con tale allergene stimola le cellule TH2
-> producono citochine come IL-4 (che stimola la produzione di IgE), l’IL-5 (attiva localmente
gli eosinofili reclutati, che sono presenti abbondantemente anche nell’espettorato), e l’IL-13
(che stimola la secrezione di muco e di IgE) -> le IgE ricoprono i mastociti e ne scatenano la
degranulazione -> si hanno reazioni di fase immediata e tardiva:
- Fase PRECOCE = dura alcune ore. Si ha liberazione di granuli preformati, con
broncocostrizione (causata anche dai recettori vagali), aumento di muco, edema,
richiamo di cellule infiammatorie.
- Fase TARDIVA = da 4-8 h dopo a 12-24 h, stato infiammatorio scatenato da fattori
liberati dai leucociti, cellule epiteliali, cellule endoteliali.
“IPOTESI IGIENICA” = l’eradicazione delle infezioni può promuovere le risposte allergiche.
L’asma è una malattia genetica multifattoriale data da interazione di geni e ambiente, con
enorme variabilità.
- Polimorfismi del gene della IL-13;
- Pleomorfismi del recettore per l’endotossina, che invece di attivare i linfociti in senso
TH1 lo danno verso TH2;
- Polimorfismi di ADAM33, metalloproteinasi, che accelerano la proliferazione delle
cellule muscolari lisce e dei fibroblasti, provocando iperreattività bronchiale;
- Mutazioni del gene del recettore β2-adrenergico;
- Mutazione del gene della IL-4 -> aumentano le IgE.
DURANTE L’ATTACCO ASMATICO i polmoni sono iperdistesi e iperinsufflati, con piccole aree
di atelettasia (senza aria). I bronchi sono occlusi da tappi mucosi spessi e adesivi.
Istologicamente i tappi di muco presentano le “SPIRALI DI CURSCHMANN” che sono
aggregati spiraliformi di cellule epiteliali sfaldate, tipiche dell’asmatico cronico, e i “CRISTALLI
DI CHARCOT- LEYDEN”, materiale cristalloide composto da proteine della parete degli
eosinofili.
Gli altri rilievi istologici sono quelli del RIMODELLAMENTO BRONCHIALE, cambiamenti
strutturali dovuti alle ripetute esposizioni agli allergeni e alle reazioni immunitarie:
- Ispessimento globale delle pareti delle vie respiratorie;
- Ipertrofia e iperplasia della muscolatura, con broncospasmo REVERSIBILE;
- Ghiandole sottomucose ipertrofiche e iperplastiche, con aumento del muco;
- Vasodilatazione e aumento della permeabilità, con edema della mucosa e della
sottomucosa;
- Membrana basale ispessita per deposizione di collagene;
- Infiltrato nella sottomucosa di mastociti ed eosinofili (questi ultimi presenti anche nel
lume e nel sangue!) ma anche neutrofili, macrofagi, linfociti.
- L’epitelio desquama per la necrosi (e forma le spirali col muco) e va incontro a
metaplasia mucosa.
MALATTIA INTERSTIZIALE CRONICA DIFFUSA (RESTRITTIVA)
Le interstiziopatie polmonari croniche sono un gruppo di patologie caratterizzate da
infiammazione e fibrosi del connettivo polmonare, soprattutto il più periferico e delicato, a
livello alveolare.
Le alterazioni polmonari hanno caratteristiche RESTRITTIVE, con diminuzione della DLCO, del
volume polmonare e della compliance.
I pazienti hanno dispnea, tachipnea, crepitii, cianosi. Alla RX diffusa infiltrazione di noduli,
linee irregolari, aspetto a “vetro smerigliato”. Si può avere cuore polmonare. Nelle forme
avanzate è presente il POLMONE TERMINALE “A FAVO D’API” che ha cicatrici e distruzione
massiva polmonare.
Le varie patologie interstiziali sono:
- Fibrosi polmonare idiopatica (o UIP = Polmonite interstiziale comune, detta
“polmonite” per la forte componente infiammatoria);
- Pneumoconiosi (antracosi, asbestosi, silicosi);
- Da radiazioni;
- Da farmaci (amiodarone);
- Alveolite allergica (o polmonite da ipersensibilità);
- Sarcoidosi (fase avanzata);
- Associata a malattie del collagene.
SARCOIDOSI
Malattia sistemica da causa non nota, caratterizzata da granulomi non caseosi in molti organi
e adenopatia e interessamento polmonare nel 90% dei casi, seguito da quello oculare e
cutaneo. La diagnosi istologica è di esclusione poiché anche micobatteri, funghi e berilliosi
possono dare granulomi duri.
L’eziologia è sconosciuta ma sono coinvolti 3 fattori:
1. IMMUNOLOGICI = accumulo intra-alveolare e interstiziale di linfociti T CD4+, ↑ di
citochine come IL-2 e IFN- γ che danno espansione T e macrofagica, ↑ citochine che
contribuiscono a formare i granulomi (il TNF è considerato un marcatore di malattia).
2. GENETICI = associazione con alcuni aplotipi HLA.
3. AMBIENTALI = microrganismi come i micobatteri.
Caratteristico è il GRANULOMA DURO NON CASEOSO: aggregato di cellule epitelioidi e
giganti, con rara necrosi centrale, racchiuso da orletto fibroso con la cronicizzazione.
Caratteristiche (60% dei granulomi) concrezioni lamellari di calcio, proteine dette corpi di
Schaumann e inclusioni stellate dette corpi asteroidi, ma non sono patognomiche.
Altri organi coinvolti sono: polmoni, linfonodi, milza, fegato, midollo osseo, cute, occhio,
muscolo, cuore, rene, ghiandole endocrine, SNC.
Ha diversi gradi di gravità e distribuzione incostante delle lesioni. Di solito i pazienti si
rivolgono al medico per l’esordio di alterazioni respiratorie o segni e sintomi generali.
Decorso imprevedibile → o cronica progressivo o riacutizzazioni / remissioni.
Il 70% guarisce con pochi reliquati. Il 20% ha alterazioni polmonari o visive permanenti. Il
10% muore per PMF o cuore polmonare.
D.D. con TBC:
- Ha più cellule epitelioidi
- Non ha necrosi caseosa
- I granulomi non sono confluenti
TUMORI DEL POLMONE
CARCINOMI
È il K diagnosticato con maggiore frequenza nel mondo e la causa più comune di mortalità
per cancro. Colpisce prevalentemente tra i 40 e i 70 anni di età e più i M che le F, anche se
nelle F sono in aumento sia il K squamoso per ↑ dell’abitudine al fumo, sia l’adenoK.
Il fumo di sigaretta, per i suoi effetti cancerogeni, è il fattore di rischio maggiore, la
sopravvivenza a 5 anni è, per tutti gli stadi assieme, solo del 16%. Più colpito è il polmone di
destra; i lobi più colpiti sono i superiori.
I K originano da un accumulo di mutazioni nell’epitelio bronchiale.
FUMO DI SIGARETTA = è il fattore di rischio più importante → l’87% dei K si sviluppa nei
fumatori o in coloro che hanno smesso da poco.
Considerare sempre il n° di sigarette/die, la tendenza ad inspirare, la durata dell’abitudine al
fumo. I forti fumatori hanno un rischio 60 volte maggiore di svilupparlo.
Nel fumo sono contenute sostanze mutagene che sono sia INDUTTORI (idrocarburi policiclici
aromatici come il benzopirene con mutazioni p53) sia PROMOTORI (come i derivati del
fenolo), sia elementi radioattivi e contaminanti.
GENETICA MOLECOLARE = gli oncogeni più importanti coinvolti sono c-MYC, KRAS, EGFR, c-
MET e c-KIT, gli oncosoppressori deleti o inattivati sono cromosoma 3p, p53, RB, p16- INK4a.
I tumori vengono suddivisi in:
1. K polmonare a piccole cellule (SCLC) = vede mutati 3p (100%), p53 (90%), RB (90%),
BCL2 (70-90%), c-MYC (20-30%), c-KIT (40-70% questo non è mutato ma
iperespresso, ciò spiega l’inefficacia di farmaci inibitori delle tirosinchinasi come
imatinib, il quale invece è utile per la target-therapy nei tumori GIST originati dalle
cellule di Cajal, poiché lì c-KIT è mutato).
2. K polmonare non a piccole cellule (NSCLC) = vede mutati p16 (70%), p53 (50%), EGFR
(30%, gene amplificato negli adenoK, beneficia di terapia con EGFR-i), KRAS (10-15%
mutazione associata a prognosi infausta), PTEN (30%).
Il 25% dei K di tutto il mondo colpisce i non fumatori, soprattutto donne sottoforma di
adenoK → vi sono mutazioni prevalentemente di EGFR.
LESIONI PRECANCEROSE
1. Displasia squamosa e K in situ
2. Iperplasia adenomatosa atipica
3. Iperplasia diffusa polmonare idiopatica di cellule neuroendocrine.
ADENOCARCINOMA POLMONARE
Deriva dall’iperplasia adenomatosa atipica → K bronchioloalveolare → adenoK.
Non vi è metaplasia ma displasia del tessuto ghiandolare muciparo (se l’adenoK è centrale,
raro caso che correla con l’istotipo poco differenziato), oppure c’è i’iperplasia adenomatosa
atipica che sfocerà nel K invasivo (a livello periferico del bronchiolo).
Tumore epiteliale ghiandolare o a produzione di mucina. È il più comune nelle F e nei non
fumatori. Può essere: acinare, papillare, solido muco-secernente e bronchioloalveolare.
Rispetto allo squamocellulare, lesioni più piccole e periferiche e subpleuriche.
TTF-1+ (fattore di trascrizione tiroideo 1). È a crescita lenta e metastasi precoci.
Mutazioni di KRAS (prognosi peggiore), p53, RB, p16, EGFR (→ amplificato, sopravvivenza ↑
per l’uso di inibitori di EGFR).
Insorgenza periferica subpleurica con cicatrici per reazione desmoplastica del tessuto
circostante.
CARCINOMA BRONCHIOLOALVEOLARE
Si sviluppa nelle aree terminali del parenchima polmonare.
Cellule superficiali neoplastiche che non infiltrano i setti → dà raramente metastasi, ma può
dare asfissia. Periferico, nodulo singolo o multipli (aspetto addensato simile alla polmonite).
CRESCITA LEPIDICA = come farfalle su uno steccato, le cellule tumorali crescono lungo
strutture preesistenti senza sconvolgere l’architettura (come un K in situ).
MUCIPARO = cellule colonnari proliferanti lungo i setti alveolari + cellule di Clara +
pneumociti di II ordine. Si diffonde per via aerogena → noduli multipli, a volte interessa un
intero lobo → difficoltà chirurgica.
NON MUCIPARO = cellule colonnari cuboidi. È un nodulo singolo che non diffonde per via
aerogena → a 5 anni sopravvivenza eccellente.
CARCINOMA SQUAMOCELLULARE
Per lo più nei maschi e correlato al tabagismo. Di massa grossa, dura al taglio, può deviare la
trachea. Ha cellule che ricordano l’epitelio squamoso, con ponti intercellulari (desmosomi) e
cheratinizzazione (con formazione di “perle cornee” eosinofile) tanto pi+ evidenti quanto più
è differenziato. Origina centralmente da bronchi segmentali, circondato da aree di
metaplasia squamosa, displasia e K in situ (necessarie almeno 8-10 mutazioni).
Sono fenomeni di necrosi-emorragie-cavitazioni poiché il tumore cresce più velocemente dei
suoi vasi!
Le metastasi sono più tardive degli altri K (forse perché è più tardiva la perdita di coesione
con i desmosomi). Hanno massima frequenza di mutazioni in p53, p16, Rb.
EGFR è iperespresso nell’80%.
CARCINOMA A GRANDI CELLULE INDIFFERENZIATO
Indifferenziato, privo di differenziazione ghiandolare o squamosa o a SCLC. Le cellule hanno
grossi nuclei, scarso citoplasma, nucleoli prominenti. E’ aggressivo.
Variante neuroendocrina = crescita trabecolare, a rosetta, a palizzata, confermata
dall’immunoistochimica.
SCLC
Correlato fortemente al fumo (non fumatori: 1%). Insorge sia nei bronchi principali che nei
periferici, senza passare per il K in situ. Sono i più aggressivi (< 8% a 5 anni), metastatizzano
rapidamente e non curabili con la chirurgia (ma rispondono a chemio e radio).
Originano dalle cellule neuroendocrine dell’epitelio bronchiale di Kulchitsky (infatti
presentano granuli secretori e positività a cromogranina, sinaptofisina, CD57, enolasi) per cui
può dare sindrome paraneoplastica.
Vi sono cellule epiteliali piccole (“oat” cells → cellule a chicco d’avena), con scarso
citoplasma, cromatina granulare (“sale e pepe”), con conta mitotica alta.
p53 e RB1 mutati nell’80% e nell’80-100%, BCL2 espresso nel 90%.
SCLC combinato = zona di SCLC + zona NSCLC
TUMORI NEUROENDOCRINI
Comprendono:
- TUMORETTI → piccoli, benigni, in zone di cicatrizzazione o flogosi
- CARCINOIDI
- SCLC → esprime cromogranina, sinaptofisina, CD56; si presenta a livello centrale e
può dare alla diagnosi metastasi ai linfonodi ilari o metastasi cerebrali. Le cellule
sono “a chicco d’avena” perché hanno citoplasma esiguo e sono < di un eritrocita.
- K NEUROENDOCRINO A GRANDI CELLULE → si può utilizzare il marker TTF-1, che è
anche tiroideo.
I tumori carcinoidi sono solo l’1-5%, in pazienti < 40 anni, di cui 20-40% non fumatori. Hanno
basso grado di malignità e sono classificati in TIPICI (non hanno mutazioni di p53 o alterato
equilibrio BCL2 e BAX) e ATIPICI (le hanno nel 20-40% in p53 e 10-20% in BCL2 e BAX).
I centrali sono masse digitate che aggettano nel lume del bronco coperte di mucosa, di solito
< 3- 4cm. In alcuni casi la massa penetra nel tessuto peribronchiale dando le “lesioni a
bottone di colletto”.
Le cellule hanno aspetto a trabecola, palizzata, rosetta.
- TIPICI hanno poche mitosi e non hanno necrosi;
- ATIPICI più mitosi, aree di necrosi, invasione linfatica e architettura disorganizzata. Al
microscopio visibili i granuli secretori, mentre l’immunoistochimica mostra i markers
neuoendocrini.
TUMORI MESENCHIMALI = 2-5%, da strutture connettivali
1. AMARTOMA → benigno, con crescita anomala di tessuti normalmente presenti,
quadro Rx “a moneta”, frequentissima la componente cartilaginea (definito condro-
amartoma).
2. TUMORE INFIAMMATORIO MIOFIBROBLASTICO → basso grado di malignità, nei
bambini
TUMORI METASTATICI con noduli multipli (secondari a patologie tumorali di colon, rene,
mammella, melanoma, tumori testa collo e sarcoma).
SINTOMI NEUROLOGICI
- Sindrome di Pancoast: K apice polmonare del lobo superiore destro, con invasione
del plesso brachiale e dolore all’arto dal lato ulnare, oltre che distruzione di 1° e 2°
costa e vertebre toraciche
- Sindrome di Bernard-Horner: interessamento del plesso simpatico toracocervicale
con ptosi, miosi, enoftalmo e anidrosi facciale omolaterale.
SINDROMI PARANEOPLASTICHE (da produzione di ormoni)
- ADH con iponatriemia → SCLC
- ACTH con Cushing → SCLC
- PTH con ipercalcemia → squamocellulare
- Sindrome da carcinoide (5HT)
- ecc.

PATOLOGIE DELLA PLEURA


VERSAMENTO PLEURICO
Manifestazione di malattia infiammatoria e non, con liquido > 15mL.
Si ha per:
↑ della pressione idrostatica (scompenso cardiaco congestizio)
↑ della permeabilità vascolare (polmonite)
↓ della pressione osmotica (sindrome nefrosica)
↑ della pressione negativa intrapleurica (atelettasia)
↓ del drenaggio linfatico (carcinomatosi mediastinica)
- VERSAMENTI INFIAMMATORI (essudato, con PMN)
1. PLEURITE = sierosa, sierofibrinosa e fibrinosa (più tardiva e grave). Data da
TBC, polmonite, ascesso, bronchiectasie; LES, AR, uremia, infezioni; radiazioni.
Il liquido può essere tale da comprimere il polmone e dare distress
respiratorio.
2. EMPIEMA = disseminazione batterica o micotica in cavità pleurica, da una
fonte di infezione vicina o lontana (rara sottodiaframmatica per contiguità). Vi
è una raccolta di pus saccata, gialla, cremosa. Può formare aderenze che ↓
l’espansione polmonare.
3. PLEURITE EMORRAGICA = è data da essudati infiammatori ematici, si ha
soprattutto nell’estensione di un tumore alla pleura. Necessaria sempre la
ricerca di cellule neoplastiche nel liquido ematico.
- VERSAMENTI NON INFIAMMATORI
1. IDROTORACE = raccolta di liquido sieroso, chiaro, paglierino, uni o bilaterale,
dato solitamente da insufficienza cardiaca, cirrosi, sindrome nefrosica o
sindrome di Meigs
2. EMOTORACE = sanguinamento in cavità pleurica dovuto a rottura vascolare
(di aneurisma o chirurgico), accompagnato da grandi trombi
3. CHILOTORACE = liquido linfatico lattescente perché ricco in grassi, dato da
rottura o ostruzione di linfatici (come in neoplasie maligne)
PNEUMOTORACE
Presenza di aria o gas in cavità pleurica, comunemente associato a enfisema, asma, TBC.
- P. SPONTANEO IDIOPATICO = giovani, rottura di bolle periferiche piccole, con
regressione spontanea, recidivante.
- P. TRAUMATICO = da lesioni perforanti della parete toracica che a volte penetrano
anche il polmone → l’aria entra dal polmone e dall’esterno nella cavità pleurica.
- P. TERAPEUTICO = durante interventi al torace.
- P. SPONTANEO = qualsiasi malattia che provoca rottura di un alveolo.
Può crearsi un “meccanismo a valvola” che fa entrare aria in inspirazione non la fa uscire in
espirazione → le pressioni aumentano → P. IPERTESO, comprime strutture mediastiniche
vitali.
NEOPLASIE DELLA PLEURA
L’interessamento metastatico è più frequente dei tumori primitivi.
Le metastasi arrivano dal polmone, dalla mammella, dall’ovaio, e danno versamenti con
cellule neoplastiche → fare esame citologico del sedimento.
TUMORI FIBROSI SOLITARI: sono tumori del connettivo, la massa resta adesa alla superficie
pleurica tramite peduncolo, resta limitato alla superficie del polmone.
È tessuto fibroso denso con cisti viscose. Presenta cellule simili a fibroblasti, in
un’impalcatura di fibre, CD34+ e cheratina (importanti per distinguerlo dal mesotelioma
maligno che ha fenotipo opposto).
MESOTELIOMA: può colpite anche peritoneo, pericardio e tunica vaginale del testicolo.
E’ correlato all’esposizione dei soggetti all’asbesto, dopo una latenza di 25-45 anni.
Il rischio non pare aumentato dal fumo, che invece ha sinergia con l’asbesto nel K
polmonare.
Un indice di esposizione all’asbesto (fibre di crocidolite, lunghe e sottili) è la PLACCA
ASBESTOSICA, ispessimenti della pleura biancastri.
Mutazioni genetiche che lo causano comprendono: delezioni di parti di cromosomi (3p) nel
60-80% e mutazioni di p16 e p53 (70%). Nel 60-80% c’è positività per l’antigene virale SV40.
Può essere:
- EPITELIOIDE = il più frequente, con cellule cuboidi, colonnari, piatte, che formano
strutture tubulari o papillari simili ad adenoK. Si fa d.d. perché nel mesotelioma
abbiamo:
1. Colorazione positiva per mucopolisaccaride acido nel mesotelioma
2. CEA e antigeni epiteliali negativi
3. Cheratina positiva (citocheratina 5/6 positiva)
4. Calretinina positiva, LUT1 positivo
5. Lunghi microvilli (assenza di quelli corti, caratteristici di adenoK)
- SARCOMATOIDE = ha cellule fusate, simile al fibrosarcoma
- MISTO = ha le caratteristiche di entrambi
Il 50% muore in 12 mesi dalla diagnosi, pochi sopravvivono oltre 2 anni.

PATOLOGIA DEL RENE E DELLE VIE URINARIE


VESCICA
ANOMALIE CONGENITE:
DIVERTICOLI - Evaginazione a tasca della parete vescicale. Possono essere congeniti o
acquisiti (per persistente ostruzione uretrale). Di solito falsi (solo mucosa e connettivo
perivescicale, non muscolare), possono essere:
1. Congeniti: da anomalo sviluppo della muscolatura liscia detrusoriale o uropatia
ostruttiva dello sviluppo fetale;
2. Acquisiti: associati spesso ad un aumento di volume della prostata (IPB o tumori) che
dà ostruzione al flusso urinario e ispessimento della muscolatura propria della
vescica, ma anche a stenosi o neoplasie dell’uretra, calcoli, cistocele, condizioni in
genere di ostruzione al flusso che portano ad aumento di pressione endovescicale
che causa l’estroflessione delle aree a minor resistenza e formazione di diverticoli.
Sono di solito multipli a stretto colletto e possono raggiungere dimensioni notevoli
pur rimanendo asintomatici nella maggior parte dei casi.
Complicanze che sono indicazioni all’intervento chirurgico: flogosi, ulcerazione, emorragia,
perforazione, formazione di calcoli (anche se i calcoli primitivi della vescica sono più rari di
quelli renali che possono migrare in vescica), cancerizzazione successiva a metaplasia
squamosa (K squamocellulare, anche la schistosomiasi è un fattore di rischio per la flogosi
cronica granulomatosa che porta a metaplasia squamosa). I diverticoli paraureterali
predispongono al reflusso vescico-ureterale (VUR) e alle infezioni per la statsi urinaria
(responsabile anche dei calcoli).
ESTROFIA VESCICALE - Difetto di formazione della parete anteriore della vescica e della
parete addominale, che si fondono tra di loro per porzioni variabili, configurando quadri di
fistole vescico-cutanee o vescica a cielo aperto con la mucosa esposta all’ambiente esterno
che si infetta e va incontro a flogosi cronica e diffusione ai livelli superiori del sistema
urinario. La metaplasia ghiandolare di tipo intestinale e l’adenocarcinoma (istotipo raro nella
vescica) hanno un rischio aumenato che permane anche dopo la chirurgia plastica fatta alla
nascita.
REFLUSSO VESCICOURETERALE - anomalia più comune, causa di sviluppo di infezioni renali e
aree cicatriziali del rene.
FISTOLE CONGENITE - anomalie di connessione tra vescica e vagina, retto o utero.
PERSISTENZA DELL’URACO - pervietà del dotto onfalo-mesenterico che dovrebbe occludersi
e formare il legamento ombelicale mediano. La pervietà totale porta a fistola urinaria che
connette vescica e ombelico. Pervietà parziale (tratti) porta a cisti dell’uraco rivestite da
epitelio di transizione che può dare metaplasia ghiandolare e quindi adeno K (20-40% degli
adenoK vescicali).
PATOLOGIA INFIAMMATORIA:
CISTITI
Patologia più comune della vescica, può complicarsi con pielonefrite. I principali agenti
patogeni coinvolti sono:
- Escherichia coli, Proteus, Klebsiella, Enterobacter: per via ascendente, nell’uomo a
causa di IPB, nella donna per uretra corta, traumatismi, attività sessuale.
- TBC: via discendente, conseguenza di TBC renale.
- Candida: in immunodepressi.
- Schistosoma Hematobium, endemico in Medio-Oriente.
- Virus.
- Chlamydia.
- Mycoplasma.
Caratteristiche generali delle forme acute sono l’infiltrato neutrofilo e l’iperemia mucosale;
delle forme croniche l’infiltrato mononucleato (linfociti e plasmacellule, con possibile
formazione di follicoli linfocitari) e iperemia mucosale.
PATOLOGIA NEOPLASTICA:
TUMORI VESCICALI
Rappresentano il 7% di tutti i cancri. Nel 95% sono di origine vescicale, nel 5%
mesenchimale. La maggior parte derivano dalle cellule transizionali dell’urotelio (tumori
uroteliali o transizionali), altri invece sono squamosi o ghiandolari.
MACROEMATURIA è il segno clinico caratteristico importante per fare diagnosi precoce,
soprattutto se compare in soggetto maschio anziano con insorgenza acuta.
Disuria e dolore, sono segno di infiltrazione profonda correlato a prognosi peggiore. Nel 30%
dei casi potrebbe essere asintomatico.
Occasionalmente presenti pollachiuria, minzione imperiosa, pielonefrite o idronefrosi.
Sono più elevati negli uomini rispetto alle donne e colpiscono una fascia d’età compresa tra
50 e 80 anni.
Fattori di rischio:
- Fumo di sigaretta: rischio aumentato a 3 a 7 volte, soprattutto se aspirato;
- Esposizione professionale: anilina, vernici, industrie gomma
- Schistosomiasi: K squamocellulare
- Estrofia vescicale e uraco: adeno K
- Calcolosi: K squamoso
- Uso prolungato di analgesici, ciclofosfamide e irradiazioni.
Tra gli esami di screening l’esame citologico delle urine o citologia esfoliativa diretta, che si
fa raccogliendo le seconde urine del mattino in 3 campioni (tre giorni consecutivi) ed
eseguendo poi un esame a fresco o a basse temperature con specifici marcatori.
Serve per i soggetti a rischio: coloro che vengono sottoposti allo screening sono pazienti con
episodi di macroematuria, pregressa esposizione a cancerogeni (ambito lavorativo),
pregressi tumori urinari trattati (follow-up).
L’esame citologico si fa anche per controllare l’efficacia della terapia (BCG, ciclofosfamide,
mitomicina, terapia radiante) -> tenere in considerazione che con la terapia radiante e
ciclofosfamide si possono formare cellule atipiche quindi l’esame non va fatto durante le fasi
di trattamento.
Inoltre nei tumori di basso grado (G1-G2) l’esame citologico dà falsi negativi nel 40% dei casi
perché le cellule tumorali sono simili all’urotelio normale (soprattutto nei tumori papillari).
Nei tumori di alto grado (G3-G4) l’esame risulta di altissima utilità diagnostica e permette di
fare diagnosi precoce.
LESIONI PRECANCEROSE
- Iperplasia di tipo basale: aumento delle cellule degli strati basali anche maggiori di 7
strati;
- Displasia o neoplasia intraepiteliale di basso grado (diverso dal CIS che è di alto
grado) dovuto a disturbi maturativi;
- Metaplasia: piatta, squamosa, ghiandolare;
PAPILLOMA - Sono l’1% dei tumori vescicali e vengono riscontrati in pazienti di età
giovanile.
Quelli esofitici hanno aspetto filiforme, connessi alla mucosa tramite un peduncolo, e
crescita nella cavità vescicale. Le papille presentano assi di connettivo vascolarizzato rivestiti
da urotelio identico istologicamente al normale. Raramente avvengono recidive o
progressioni. Quelli invertiti, invece, sono lesioni benigne endofitiche curate con l’escissione:
sono strutture cordiformi di endotelio, connesse tra loro, con cellularità bassa e che si
estendono nella lamina propria.
PUNLMP - Neoplasie uroteliali papillari a basso potenziale di malignità (PUNLMP). Molto
simili al papilloma. Le uniche differenze sono l’epitelio più ispessito, l’ingrandimento
nucleare e la maggiore dimensione. Possono recidivare, ma raramente progrediscono. Come
grado, è collocato tra il papilloma e il K papillare di basso grado.
CARCINOMA PAPILLARE UROTELIALE DI BASSO GRADO (G1-G2) - Architettura ordinata, con
cellule polari e coese. Presente qualche atipia: nuclei ipercromici, poche figure mitotiche.
Possono recidivare ed essere invasivi, ma raramente danno pericolo di vita.
CARCINOMA PAPILLARE UROTELIALE DI ALTO GRADO (G3-G4) - Cellule non coese, con
nuclei ipercromici, anaplasia, abbondanti figure mitotiche, perdita della polarità,
disorganizzazione architetturale. Incidenza nettamente più alta di invasione, progressione e
potenziale metastatico (85% di essi). Le papille sono rivestite da urotelio neoplastico, con
tanti più strati quanto più è maligno. Le papille sono fragili e spesso si rompono con la
minzione dando ematuria.
I tumori aggressivi possono estendersi all’interno della parete vescicale e arrivare alla
prostata, vescichette seminali, ureteri, retroperitoneo. Possono dare fistole con vagina e
retto. Il 40% dei tumori invasivi dà metastasi ai linfonodi regionali. La disseminazione
ematogena arriva a fegato, polmoni e midollo osseo.
CARCINOMA IN SITU (CIS o carcinoma uroteliale piatto) - Definito dalla presenza di cellule
maligne all’interno di un urotelio superficiale. Tumore sempre di alto grado a causa delle
importanti atipie cellulari. Può variare da atipie a tutto spessore a isole atipiche in un
urotelio altrimenti nella norma (definito “diffusione pagetoide”). Condivide con il K di alto
grado la mancata coesione, che porta alla presenza di cellule neoplastiche di sfaldamento
nelle urine. Si presenta come un’area di mucosa arrossata, granulosa, ispessita, senza massa
luminale. È multifocale e può arrivare ad ureteri ed uretra. Nell’75% dei casi evolve in K con
invasione muscolare. Dà segno di sé solo nelle forme invasive (T2) ulcerando e dando
ematuria.
CARCINOMA UROTELIALE INVASIVO - Può derivare da un K uroteliale papillare o da un CIS.
L’estensione alla muscolaris mucosae assume significato prognostico e stadiativo.
L’estensione della diffusione al momento della diagnosi (stadiazione) è il fattore più
importante nel determinare la prognosi del paziente.
Alterazioni genetiche:
- K papillare superficiale -> mutazione oncosoppressori p15-p16 (mutazioni cromosoma 9,
può diventare invasivo se progredisce e accumula mutazioni di p53).
- K papillare invasivo -> progressione grazie alla mutazione p53.
Grado citologico (all’esame citologico delle urine)
1. Basso grado (G1-G2): a volte indistinguibile dall’urotelio normale (numerosi falsi
negativi). Macroscopicamente papille più esili (pochi strati meno maligno), poche
mitosi, lieve atipia nucleare, cellule monomorfe, polarità mantenuta, cellule coese,
strati meno spessi di urotelio. Solo il 10% alla diagnosi è invasivo. Strati cellulari
correlati a malignità.
2. Alto grado (G3-G4): citologia positiva nel 90% dei casi. Macroscopicamente
corrisponde al Tis o a papille tozze fino a massa solida necrotico-emorragica, molte
mitosi, nuclei grossi ipercromatici, cellule pleomorfe per forme e dimensioni, polarità
perdute, cellule non coese (per questo si sfaldano e vengono ritrovate nelle urine),
strati di urotelio più spessi. Riscontro di invasione più frequente (90% alla diagnosi) e
maggiore recidive.
Altra suddivisione:
SUPERFICIALE: sopravvivono al 90% a 5 anni -> Tis, Ta, T1
PROFONDI: sopravvivono al 30% a 5 anni dopo l’invasione della muscolare -> T2, T3, T4
ALTRI TUMORI EPITELIALI
CARCINOMA SQUAMOSO: la sua incidenza aumenta nei Paesi in cui la schistosomiasi è
endemica, perché vi è correlato. È associato anche a diverticoli. Deriva dalla metaplasia
squamosa. Di solito è dovuto ad un quadro clinico di irritazione vescicale e infezione cronica.
Difficile trovare un K squamoso puro. Più facile trovare invece un quadro di K uroteliale
misto con aree di K squamoso.
ADENOCARCINOMI: simili a quelli gastrointestinali. Derivano da metaplasia ghiandolare
instestinale (estrofia vescicale e uraco).
CARCINOMA A PICCOLE CELLULE: indistinguibile da quello del polmone, si trova nella
vescica in associazione a tumori uroteliali, squamosi o adenoK.

RENE
INSUFFICIENZA RENALE ACUTA (IRA)
Processo di deterioramento della funzione renale, rapido e solitamente reversibile, con la
presenza nella maggior parte delle volte di evidenza morfologica di danno tubulare. Essa
spesso si manifesta come necrosi tubulare acuta (NTA), per cui per lo più IRA ed NTA
coincidono.
La IRA è caratterizzata da:
- Drammatica riduzione della GFR, con oliguria (< 400 ml/die).
- Aumento di azotemia e creatininemia, iperkaliemia, acidosi, uremia.
Tra le cause più importanti abbiamo:
1. Pre-renale: shock circolatorio, IMA. Interruzione del flusso ematico.
2. Renale: tubulare (NTA: NECROSI TUBULARE ACUTA) o glomerulare, per danno tossico
diretto, oppure per nefrite tubulointerstiziale.
3. Post-renale: ostruzione al flusso da tumori, IPB o coaguli ematici.
Se viene rimossa la causa scatenante, si può ripristinare la funzionalità tramite
riepitelizzazione, stimolata da fattori di crescita come TGF-alfa, EGF, IGF-1 (prodotti dalle
stesse cellule tubulari localmente o dalle cellule infiammatorie).
Più del 50% dei pazienti con IRA non ha oliguria ma aumento dei volumi urinari, soprattutto
in presenza di nefrotossine.
INSUFFICIENZA RENALE CRONICA (IRC)
Esito di tutte le patologie croniche renali. Costituisce la principale causa di morte per
malattia renale.
Si succedono 5 stadi in base al GFR:
1. Funzione renale conservata. GFR > 90 ml/min.
2. IR lieve. GFR 89-60 ml/min. Creatininemia e azotemia sono normali. Pazienti
asintomatici.
3. IR moderata. GFR 59-30 ml/min. Aumento azotemia e creatininemia. Sintomi
aspecifici (anemia, astenia, urine poco concentrate).
4. IR severa. GFR 29-15 ml/min. C’è uremia a insorgenza lenta, ma anche edema,
acidosi metabolica e ipocalcemia.
5. IR terminale. GFR <15 ml/min.
Sono presenti:
- Alterazioni di: liquidi (edema, disidratazione), elettroliti (ipocalcemia, iperkaliemia,
iperfosfatemia), pH (acidosi metabolica).
- Alterazioni sistemiche a livello: osseo, ematologico (anemia, coagulazione),
cardiopolmonare (pericardite, IA, EPA), gastrointestinale (gastrite, nausea, vomito),
neuromuscolare (encefalopatia, neuropatia periferica), dermatologico (cute vecchia,
prurito).
GLOMERULOPATIE
È bene definirle glomerulopatie, e non glomerulonefriti, dato che non tutte hanno
infiammazione importante. Esse rappresentano una frequente causa (50%) di IRC.
Distinte in:
1. Primarie (differenziabili con la biopsia):
GN acuta proliferativa diffusa endocapillare
GN rapidamente progressiva (GNRP) o proliferativa diffusa extracapillare
GN membranosa (aumento matrice mesangiale, non le cellule)
GN membrano-proliferativa
GN a lesioni minime o nefrosi lipidica
Glomerulosclerosi focale e segmentaria (GSFS)
Nefropatia ad IgA o malattia di Berger
GN cronica
2. Sistemiche/Secondarie:
Amiloidosi
LES
3. Ereditarie:
Sindrome di Fabry
Sindrome di Alport
UROLITIASI
Picco tra 20 e 30 anni, soprattutto M. Colpito per lo più il rene. C’è predisposizione familiare,
soprattutto per patologie ereditarie del metabolismo.
Patogenesi
Ci sono 4 tipi di calcolosi:
1. Calcoli di OSSALATO DI CALCIO. Circa il 70%, in pazienti con ipercalcemia
(iperparatiroidismo, sarcoidosi) e ipercalciuria, o solo con ipercalciuria. Il 20% è associato ad
aumentata escrezione di acido urico. Il calcolo si forma tramite “nucleazione” dell’ossalato di
calcio tramite cristalli di acido urico all’interno dei dotti collettori. Si può avere anche
iperossaluria (nei vegetariani, che hanno dieta ricca di ossalati, o per aumentato
assorbimento GI) e ipocitraturia, che favorisce la formazione dei calcoli. Sono a superficie
irregolare (a punta), danno colica per passaggio negli ureteri e portano a lesioni della
mucosa.
I calcoli sono radiopachi.
2. Calcoli di FOSFATO DI AMMONIO E MAGNESIO. (Struvite) 20%, friabili, a stampo, costituiti
di solito da batteri (Proteus) che metabolizzano l’urea convertendola in ammoniaca -> le
urine diventano alcaline e favoriscono la deposizione di fosfato di ammonio e magnesio.
L’urea escreta è abbondante, per cui si formano calcoli di grosse dimensioni. Danno
infezione ma rara la colica.
3. Calcoli di ACIDO URICO. 5-10%, nei pazienti con iperuricemia (gotta o elevato turnover
cellulare come nella leucemia), ma più della metà non presenta iperuricemia: questi
probabilmente eliminano urine acide che predispongono all’insorgenza di calcoli di urati,
insolubili in ambiente acido.
Questi sono radiotrasparenti.
4. Calcoli di CISTINA. 1-2%, causati da difetti genetici del riassorbimento di aminoacidi. Si
formano con basso pH. Sono i più duri.
L’aumentata concentrazione dei costituenti dei calcoli, la variazione di pH, di volume urinario
e la presenza di batteri influenzano la genesi dell’urolitiasi. Però, poiché spesso essa insorge
in pazienti che non hanno nessuno di questi fattori, è stato ipotizzato che possa insorgere
per deficit di inibitori della formazione di cristalli nelle urine, come pirofosfati, citrati,
osteopontina, nefrocalcina.
I calcolo sono unilaterali nell’80%. Di solito renali, della pelvi e della vescica. Nella pelvi
rimangono piccoli. Possono avere contorni lisci o irregolari, essere multipli o formare “calcoli
a stampo” che creano l’impronta della pelvi o dei calici.
Danno segni quando ostruiscono il flusso o danno sanguinamento. Possono essere silenti.
Quelli piccoli sono i più pericolosi perché si incanalano nell’uretere dei polli e danno una
delle forme più acute di dolore, con sintomatologia colica. Calcoli grandi possono restare
silenziosi nella pelvi. Di solito la prima manifestazione è l’ematuria. Predispongono ad
infezioni, a causa dell’ostruzione e del traumatismo.
Se la lesione diventa cronico-recidivante vi è cancerizzazione (K squamoso!!) causata dalla
flogosi cronica e proliferazione reattiva.
ANOMALIE DEL RENE
Di solito sono dovute ad anomalie durante la gestazione. Sono condizioni piuttosto rare, ad
eccezione del rene a ferro di cavallo.
1. L’AGENESIA può essere bilaterale, e in tal caso è incompatibile con la vita e di solito
associata ad altre anomalie. Quando è unilaterale il rene controlaterale è ingrandito
per “ipertrofia compensatoria” -> l’ipertofia dei nefroni porta a progressiva sclerosi
-> IRC.
2. L’IPOPLASIA consiste in un rene piccolo (diagnosi differenziale con rene grinzo che ha
un normale numero di calici, circa 12, ma distorti) con pochi calici e poche piramidi
(5-6) e nessuna cicatrice. Di solito è monolaterale -> il rene controlaterale è
ingrandito. Quando è bilaterale provoca IR nella prima infanzia.
3. L’ECTOPIA renale si ha di solito più in basso della sede normale (ptosi), quindi
all’imbocco della pelvi o al suo interno -> gli ureteri sono tortuosi e inginocchiati ->
aumento incidenza di ostruzioni, infezioni e VUR. I reni sono normali o lievemente
ridotti di dimensione.
4. Il RENE A FERRO DI CAVALLO (1:500) consiste in reni fusi al polo inferiore (90%) o
superiore (10%), anteriormente ai grandi vasi.
5. La DISPLASIA RENALE MULTICISTICA è una patologia caratterizzata da una alterazione
della differenziazione metanefrica, con persistenza nel rene di tessuti come
cartilagine, mesenchima indifferenziato, dotti collettori immaturi, e con un’anomala
organizzazione lobare. Può essere accompagnata da atresia ureterale, o agenesia, o
ostruzione. Di solito è monolaterale, ma non dà segno di sé perché il rene
controlaterale compensa. Il rene si presenta ipertrofico e multicistico (cisti rivestite
da epitelio appiattito) e con molti dotti immaturi. Di solito è scoperta grazie alla
comparsa di una massa palpabile al fianco. La prognosi nella monolaterale è
eccellente, la bilaterale invece porta a IR. È causa di IRC nei bambini.
MASSE RENALI
Diagnosi differenziale con citologia F.N.A.B. (agoaspirato).
Possono essere:
- Lesioni cistiche (58%)= cavitazione con liquido citrino e con rivestimento (altrimenti
sono pseudo-cisti);
- Ascessi Da Pielonefrite Acuta (23%)=frequente complicanza di pielonefrite acuta;
- Ematomi(9%)=post traumatici con liquido emorragico (anche nei tumori);
- Neoplasie Maligne(6%);
- Neoplasie Benigne(4%).
MALATTIE CISTICHE
Esse si suddividono in malattie ereditarie, da alterato sviluppo, acquisite. Sono abbastanza
comuni, per cui arrivano spesso all’attenzione del clinico.
Le malattie cistiche sono:
- Displasia multicistica;
- Malattia policistica renale:
1. Malattia policistica dell’adulto (ereditarietà A.D.) = reni policistici più cisti
epatiche e aneurismi a bolla del SNC;
2. Malattia policistica dell’infanzia (ereditarietà A.R.) = reni policistici dalla
nascita più fibrosi epatica;
- Malattia cistica midollare:
1. Rene a spugna midollare (acquisita) = riscontro casuale: cisti midollari alla
parte terminale del nefrone;
2. Nefronoftisi familiare giovanile (A.R.), cisti cortico-midollari, reni grinzi e
coortati, IRC dall’infanzia;
3. Malattia cistica midollare dell’adulto (A.D.), cisti cortico-midollari; IRC dall’età
adulta;
- Cisti semplici: singole o multiple, normale volume renale; benigne, complicanze
possibili: infezione o ematuria;
- Malattia cistica acquisita = in stadio finale di IRC (paziente in dialisi); rischio
cancerogenesi.
TUMORI BENIGNI
ADENOMA CORTICALE PAPILLARE
Piccolo (< 5 mm), asintomatico, benigno e ben differenziato.
È un riscontro autoptico nel 20% della popolazione adulta.
Tumore dell’epitelio tubulare prossimale (corticale), con strutture papillari complesse
(papillare) formate da ramificazioni e fronde, e differenziazione in cellule tubulari. Le cellule
sono piccole, con scarso citoplasma, nuclei centrali regolari e nessuna atipia.
Istologicamente non differisce dall’adenocarcinoma renale papillare di basso grado, infatti
condivide alcune caratteristiche.
Il pattern di crescita è ESPANSIVO. Se è il tumore è > 5 mm è considerato maligno (K
papillare a basso grado di malignità). Il cut-off di 3 cm invece separa le forme a facile
metastatizzazione da quelle non metastatizzanti. Viene quindi considerato maligno fino a
prova contraria.
ANGIOMIOLIPOMA SPORADICO O FAMILIARE
È un tumore AMARTOMATOSO mesenchimale, formato da 3 tessuti: adiposo (all’eco
iperecogeno), vasi sanguigni (che provocano emorragie spontanee) e muscolo liscio.
Presente nel 25-50% dei pazienti con SCLEROSI TUBEROSA, patologia causata da mutazione
di oncosoppressori con lesioni tuberose della corteccia cerebrale (epilessia e ritardo),
macchie cutanee e tumori benigni inusuali (cuore).
Si può associare alla sindrome di VON HIPPLE LINDAU: angiomi in altre sedi (angioma retina,
cervelletto, cisti rene e pancreas) e sono lesioni sincrone, senza metastasi.
ONCOCITOMA
Origina dalle cellule intercalari dei dotti collettori;
Gli oncociti o cellule ossifile: sono cellule con ampio citoplasma eosinofilo (ossifile), a causa
dei numerosi mitocondri, nucleo piccolo, rotondo e benigno, con grossi nucleoli;
E’ un tumore incapsulato, colore marrone mogano. Arriva a grandi dimensioni, anche > 10
cm.
All’imaging ha un aspetto “a ruota di carro”, PATOGNOMONICA, da cui partono setti fibrosi a
raggi (cicatrice centrale stellata).
Va in diagnosi differenziale con il carcinoma renale cromofobo (anch’esso marrone, a cellule
con citosol eosinofilo).
TUMORI MALIGNI
ADENOCARCINOMA
Definito anche K a cellule renali o “ipernefroma”. È il più frequente tumore maligno del rene.
Origina dall’epitelio tubulare.
Fattori di rischio: tabacco, obesità, ipertensione, trattamento estrogenico sostitutivo,
esposizione ad asbesto, metalli pesanti e petrolio, IRC, malattia cistica acquisita (nei
dializzati), rene policistico dell’adulto.
Può essere:
- SPORADICO (96%) spesso le stesse alterazioni genetiche dei familiari, ma senza
ereditarietà (es. gene VHL, cromosoma 3);
- FAMILIARE: con mutazione sul cromosoma 3;
La Sindrome di VHL quindi, risulta essere un fattore di rischio ed è caratterizzata da:
emangioblastoma, angioma retinico, cisti pancreatiche e renali, tumori multipli renali
(emangiolipomi e K a cellule chiare bilaterali).
- K a cellule chiare: 80% dei tumori renali. 95% è sporadico. Associato a VHL
(cromosoma 3); È una formazione solida, trabecolare (formazione di cordoni) o
tubulare (formazione di tubuli). Le cellule hanno molti LIPIDI e GLICOGENO che
macroscopicamente conferiscono al tumore il colore giallo e, microscopicamente,
appaiono “vuote otticamente” perché i lipidi sono assorbiti dal processo di
preparazione. La trama vascolare è delicata e ramificata. Di solito sono ben
differenziati, ma alcuni hanno atipia.
- K papillare: 10-15% dei tumori renali. Associato a MET (cromosoma 7); cellule
organizzate in strutture PAPILLARI con frequenti macrofagi schiumosi.
Frequentemente multifocale, in pazienti con cisti da dialisi. Lo stroma è scarso ma
ben vascolarizzato. D.D. con adenoma papillare centrale: sono più piccoli (<5mm)
cellule senza atipie.
- K renale cromofobo: 5% dei tumori renali. Cellule con membrane evidenti,
citoplasma poco eosinofilo con alone attorno al nucleo. Presenta perdite
cromosomiche. Va in d.d. con l’oncocitoma benigno (derivano entrambi dalle cellule
intercalari dei dotti collettori);
- K sarcomatoide a cellule fusate: differenziazione in cellule simil sarcomatose.
Prognosi peggiore.
- K dei dotti collettori di Bellini: 1% dei tumori renali. Deriva dalle cellule del dotto
collettore, a tipica localizzazione midollare. Presenta delezioni e perdite
cromosomiche. Presenta canali aberranti rivestiti da epitelio atipico.

Il K renale è chiamato “il grande mimo”, per la sintomatologia aspecifica e svariata.


1. Febbre, affaticabilità, anoressia e perdita di peso;
2. Sindromi paraneoplastiche: policitemia (EPO), ipertensione (renina), ipercalcemia
(PTH), Cushing, sindrome di Stauffer (leucopenia, disfunzione epatica e febbre),
femminizzazione o mascolinizzazione;
3. Triade sintomatologica (più tardiva, solo nel 10% dei casi): macroematuria (invasione
vie escretrici), dolore costovertebrale, massa palpabile (se grosso).
4. Spesso le metastasi sono il primo segno: polmone (>50%), ossa (33%), seguiti da
linfonodi, fegato, surreni, encefalo.
La citologia F.N.A.B. è utile per diagnosi differenziale nelle masse renali.
Grading nucleare di Fuhrman: da G1 a G4, per forma e dimensione del nucleo.
TUMORE DI WILMS O NEFROBLASTOMA
Maligno, deriva dall’abbozzo renale primitivo. È tra i tumori più frequenti in età pediatrica
(con il medullo-blastoma e l’osteosarcoma).
È presente una predisposizione genetica, data dalla mutazione del gene oncosoppressore
WT1, che è coinvolto nello sviluppo embriologico del rene.
Si presenta in associazione con NF1 e con la sindrome di Beckwith-Wiedemann
(organomegalia, emipertrofia, onfalocele, tendenza a dare tumori).
Macroscopicamente: massa solida, frequente invasione capsulare, ben circoscritta.
Microscopicamente: tumore eterogeneo ed “eterologo” (tessuti non del rene) perché si
sviluppa nel rene ancora indifferenziato. Si trovano:
- Cellule epiteliali a formare tubuli e glomeruli;
- Componente muscolare liscia e striata;
- Componente cartilaginea;

CAUSE DI EMATURIA
Pediatrica:
- Malattia congenita (come le cisti renali);
- GN post-streptococcica;
- Tumore di Wilms;
Giovani-adulti:
- Patologia prostatica (M);
- Cistite (F);
Anziani:
- Neoplasie delle vie escretrici, con epitelio di transizione o urotelio -> hanno pattern
di crescita esofitico, formazioni papillari esili che si rompono con microtraumi e
poiché sono molto vascolarizzati e danno ematuria.

PATOLOGIA DEL SISTEMA LINFATICO


PATOLOGIA INFIAMMATORIA:
LEUCOCITOSI
Il termine leucocitosi indica un aumento del numero di leucociti nel sangue, reazione
comune a molte patologie infiammatorie.
Si può avere:
- neutrofilia nel caso di infezioni batteriche acute e di necrosi tissutale:
- eosinofila in malattie allergiche, infestazioni parassitarie, reazioni a farmaci,
neoplasie e vasculiti;
- basofila in malattie mieloproliferative; monocitosi in infezioni croniche, malattie del
collagene e infiammatorie intestinali;
- linfocitosi in infezioni virali e stimolazione immunologica cronica.
LINFOADENITE
I linfociti T e B, dopo essere stati attivati, entrano in circolo e si indirizzano verso i tessuti
linfoidi. In particolare, i linfonodi risultano essere quelli più ampiamente distribuiti e
accessibili. L’attivazione delle cellule immuni residenti causa modificazioni morfologiche nei
linfonodi: entro alcuni giorni alla stimolazione antigenica, i follicoli primari crescono e
diventano centri germinativi. Il grado di variazione morfologica dipende dall’entità della
stimolazione e dall’intensità della risposta.
La maggior parte delle infezioni e delle stimolazioni infiammatorie provoca quadri molto
simili di reazione linfonodale che prendono il nome di linfoadeniti aspecifiche acute e
croniche.
ACUTA - Frequente quella della regione tonsillare, ascellare o inguinale per infezioni ai
territori drenati, o dei linfonodi mesenterici nel caso di appendicite. Invece le infezioni
generalizzate e le batteriemie provocano linfoadenopatie generalizzate.
I linfonodi sono gonfi, congesti, con grandi centri germinativi e figure mitotiche. I macrofagi
contengono detriti batterici e cellulari. Quando vi sono batteri piogeni, i centri dei follicoli
possono necrotizzare.
I linfonodi risultano ingrossati e dolenti e possono arrossare la cute quando sono
ascessualizzati. A volte nelle infezioni suppurative possono fistolizzare alla cute. Con la
guarigione si formano cicatrici sui linfonodi.
CRONICA - Le linfoadenopatie croniche sono di consistenza dura, frequente negli ascellari e
inguinali che vengono frequentemente stimolati.
A volte stimoli immunitari cronici possono formare strutture organizzate immunitarie in
tessuti non linfoidi, come ad esempio aggregati di linfociti nella mucosa gastrica in infezioni
da H. Pylori.
PATOLOGIA NEOPLASTICA:
Le neoplasie maligne sono le più importanti, clinicamente, dei leucociti. Si dividono in:
1. Neoplasie linfoidi: da cellule B, T, NK. Il fenotipo può ricordare quello di uno degli
stadi differenziativi di tali cellule;
2. Neoplasie mieloidi: dai progenitori emopoietici precoci. Si suddividono in:
3. Leucemie mieloidi acute: cellule progenitrici immature si accumulano nel midollo
osseo;
4. Sindromi mielodisplastiche: associate ad emopoiesi inefficace e citopenia;
5. Malattie mieloproliferative croniche: aumentata proliferazione di elementi mieloidi
differenziati porta a conte elevate nel sangue.
6. Istiocitosi: rare proliferazioni di macrofagi e cellule dendritiche (denominati istiociti).
Quella a cellule di Langerhans (cellula dendritica immatura) è un tipo particolare di
istiocitosi.
FATTORI EZIOLOGICI
Traslocazioni cromosomiche e altre mutazioni acquisite:
- I geni che sono mutati o alterati hanno un ruolo nello sviluppo, nella crescita o nella
sopravvivenza della normale controparte della cellula neoplastica. Si può produrre
una “loss of function”, cioè una proteina mutata che provoca perdita di funzione,
oppure una “gain of function”, cioè un’acquisizione di funzione.
- Le oncoproteine create da aberrazioni genomiche spesso bloccano il normale
processo maturativo. Infatti, spesso arrestano la differenziazione in stadi dove le
cellule proliferano molto rapidamente.
- Nel caso delle neoplasie linfoidi i proto-oncogeni sono spesso attivati da errori che si
verificano durante i processi di diversificazione e di riarrangiamento dei geni per i
recettori degli antigeni. Tra le cellule linfoidi, le mutazioni potenzialmente oncogene
avvengono più di frequente nelle cellule B dei centri germinativi durante le
modificazioni che portano alle molecole anticorpali.
I pazienti con malattie genetiche che favoriscono l’instabilità genomica hanno un maggiore
rischio di sviluppare leucemia acuta.
Il virus 1 della leucemia umana a cellule T (HTLV1), EBV e l’Herpes virus del Sarcoma di
Kaposi (HHV8) sono considerati agenti eziologici di particolari linfomi.
Alcuni agenti imputabili sono l’infezione da H. Pylori nel linfoma gastrico, o l’HIV e il linfoma
a cellule B.
Radioterapia e chemioterapia aumentano il rischio di sviluppare neoplasie secondarie
linfoidi e mieloidi, a causa dei loro effetti mutageni.
Il fumo espone ad agenti cancerogeni come il benzene: aumenta l’incidenza di leucemia
mieloide acuta.
NEOPLASIE LINFOIDI
Leucemia: neoplasia che si presenta con diffuso interessamento del midollo osseo e che è
spesso accompagnata da alto numero di cellule neoplastiche nel sangue periferico.
Linfoma: proliferazione che si presenta come massa tissutale distinta.
Con il tempo le due distinzioni si sono fatte meno marcate e l’una compenetra spesso l’altra,
per cui i due termini si usano per indicare la distribuzione tissutale della malattia al
momento della presentazione clinica.
Tra i linfomi, distinguiamo quello di Hodgkin (LH) e il non Hodgkin (LNH).
Altro gruppo importante di neoplasie linfoidi è quello delle neoplasie plasmacellulari, che
insorgono di regola nel midollo e solo raramente interessano i linfonodi.
La presentazione clinica delle neoplasie linfoidi dipende dalla loro distribuzione anatomica.
2/3 dei LH e tutti i LNH si presentano con ingrossamento linfonodale non dolente, il restante
1/3 dei LH è extranodale.
Le leucemie linfocitiche si presentano con sintomi dovuti alla soppressione dell’emopoiesi.
Tra le plasmacellulari, il mieloma multiplo dà distruzione ossea. Alcune neoplasie linfoidi,
inoltre, secernono determinate molecole, come citochine infiammatorie (-> febbre).
Le neoplasie linfoidi possono essere distinte in 5 grandi categorie:
1- Neoplasie a cellule B immature
2- Neoplasie a cellule B mature
3- Neoplasie a cellule T immature
4- Neoplasie a cellule T ed NK mature
5- LH
Alcuni principi rilevanti sono:
- La neoplasia si può sospettare dai segni, ma la diagnosi di certezza si fa con l’esame
istologico
- Di solito il riarrangiamento del gene per il recettore degli antigeni precede la comparsa
della neoplasia, quindi tutte le cellule maligne condividono la stessa sequenza per il
recettore per l’antigene e sintetizzano proteine recettoriali identiche. Infatti le generazioni
neoplastiche sono monoclonali, a differenza di quelle normali
- Il 90% delle neoplasie è originaria delle cellule B, le restanti delle cellule T, rare quelle NK.
- Di solito le neoplasie somigliano a fasi differenziative delle cellule B o T, e come tali
vengono marcate.
- Le neoplasie linfoidi sono spesso associate ad anomalie immunitarie: si ha perdita
dell’immunovigilanza e dell’immunotolleranza.
- Le cellule B e T neoplastiche riproducono il comportamento delle loro controparti,
dirigendosi ad esempio verso particolari tessuti, e circolano raggiungendo anche sedi a
distanza (tranne di solito gli LH e il linfomi a cellule B della zona marginale).
- Il LH si propaga in maniera ordinata, al contrario del LNH.
Linfoma diffuso a grandi cellule B
In sigla DLBCL è la più frequente forma di LNH. L’età media di insorgenza è intorno ai 60
anni.
Morfologia
Caratteristiche comuni sono le dimensioni cellulari x5 volte il diametro di un linfocita e
accrescimento diffuso. In genere il nucleo è tondo o ovale e appare vescicolato per la
marginalizzazione della cromatina a ridosso della membrana nucleare. I nucleoli possono
essere singoli o multipli. Il citoplasma è moderatamente abbondante. In tumori più
anaplastici possono esserci inclusi nucleari, che danno un aspetto che ricorda le cellule di
Reed-Sternberg maligne del LH.
Immunofenotipo
Hanno CD19, 20, 10, BCL6.
Patogenesi molecolare
Un evento frequente è l’alterazione di BCL6. Le varie mutazioni portano ad un’aumentata
espressione di questo repressore trascrizionale, che reprime l’espressione di fattori che
promuovono la differenziazione cellulare e l’arresto della crescita: quindi le cellule vengono
mantenute in uno stato proliferativo indifferenziato.
BCL6 inoltre può abrogare l’espressione di p53, cosa che previene la riparazione delle cellule
B nei centri germinativi che vanno fisiologicamente incontro a ricombinazione genica per lo
switch di classe.
Altri oncogeni presentano mutazioni simili a quelle riscontrate in BCL6, come c-MYC.
Circa il 10-20% dei DLBCL sono associati alla t (14;18) che causa l’iperespressione della
proteina antiapoptotica BCL2.
Clinica
Il DLBCL si presenta come una massa neoplastica a rapido accrescimento in una sede
linfonodale o extranodale. L’anello del Waldeyer è frequentemente coinvolto, mentre il
fegato e la milza, se interessati, hanno un aspetto destruente.
È una patologia aggressiva se non trattata tempestivamente, con l’uso di combinazioni
chemioterapiche, che portano a remissione nel 60-80% dei pazienti. L’immunoterapia con
anti-CD20 migliora l’esito. I pazienti con malattia localizzata hanno prognosi migliore rispetto
a quelli con malattia diffusa o vaste masse.
Linfoma di Burkitt
Comprende il linfoma di Burkitt endemico, non endemico e dei soggetti HIV-positivi, forme
istologicamente identiche ma con differenze cliniche e genotipiche.
Morfologia
I tessuti coinvolti sono sovvertiti da infiltrato di cellule linfoidi con nucleo tondo, cromatina
grossolana, nucleoli e moderato citoplasma. Il tumore mostra alto indice mitotico e contiene
numerose cellule apoptotiche fagocitate dai macrofagi, che creano nel tessuto un
caratteristico aspetto a “cielo stellato” per il loro volume chiaro.
Immunofenotipo
È positivo a CD19, 20, 10, BCL6, ma è negativo a BCL2.
Patogenesi molecolare
Tutte le forme di linfoma di Burkitt sono associate a traslocazioni del gene c-MYC sul
cromosoma 8, ossia t (8;14), ma possono essere coinvolti anche i loci delle catene leggere
delle Ig.
Nella traslocazione, il gene c-MYC viene posto accanto al promotore delle Ig: c-MYC aumenta
così la sua espressione.
Presenti anche mutazioni che disattivano p53, cosa che può contribuire alla traslocazione.
Tutti i tumori endemici, invece, sono correlati ad infezione da EBV.
Anche una piccola percentuale del DLBCL ha traslocazioni di c-MYC, per cui per differenziarlo
dal Burkitt con certezza si fa analisi del profilo di espressione genica.
Clinica
Sia il Burkitt endemico che lo sporadico insorgono in bambini e giovani adulti. La maggior
parte delle neoplasie si manifesta in sede extranodale. L’endemico di solito è una massa che
interessa la mandibola e i visceri addominali, mentre lo sporadico è di solito una massa
addominale.
È molto aggressivo ma risponde bene a forme intensive di chemio.
Neoplasie plasmacellulari e patologie correlate
Sono proliferazioni B cellulari che contengono plasmacellule neoplastiche che secernono
una Ig o un frammento di Ig monoclonale.
L’Ig monoclonale identificata nel sangue e nei liquidi corporei prende il nome di componente
M.
A differenza delle cellule normali, dove catene pesanti e leggere sono bilanciate, le
plasmacellule neoplastiche sintetizzano catene leggere e pesanti in eccesso assieme a Ig
complete, o talvolta solo catene pesanti o leggere libere (queste ultime sono tanto piccole
da essere escrete nelle urine e prendono il nome di proteine di Bence Jones).
Queste patologie, chiamate anche gammapatie monoclonali, sono diverse entità cliniche:
- Mieloma multiplo. Il più importante, spesso sotto forma di masse tumorali nel sistema
scheletrico. Il mieloma solitario (plasmocitoma) è una variante con massa singola nell’osso o
nei tessuti molli. Il mieloma smauldering (asintomatico) è un’altra variante con assenza di
sintomi ed elevata componente M.
- Amiloidosi primaria o immunoassociata. Conseguenza della proliferazione monoclonale di
plasmacellule che secernono catene leggere che si depositano come amiloide.
Linfomi della zona marginale
Tumori a cellule B che insorgono nei linfonodi, milza o sedi extranodali (in questo caso
definiti come MALT quando sono in sedi mucose). Hanno ipermutazione somatica, per cui si
pensa che siano post- centro germinativo.
Quelli in via extranodale hanno caratteristiche particolari:
- Insorgono spesso in tessuti con patologie infiammatorie croniche o ad eziologia
autoimmune o infettiva.
- Restano localizzati per lunghi periodi, diffondendosi solo tardivamente.
- Possono regredire se gli agenti eziologici di infiammazione vengono eradicati.
Il processo inizia come reazione immunitaria policlonale -> a causa di mutazioni, emerge un
clone B ancora dipendente dalle cellule T stimolate dall’antigene (in questo stadio la
scomparsa dell’antigene fa regredire il tumore) -> mutazioni addizionali rendono la crescita e
sopravvivenza delle cellule tumorali indipendenti dall’antigene -> diffusione a sedi distanti e
trasformazione in linfoma diffuso a grandi cellule B.
Un esempio di questo processo è quello che avviene nel caso di maltoma gastrico durante
infezione da H. pylori.
NEOPLASIE DELLE CELLULE T E NK PERIFERICHE
LINFOMA DI HODGKIN (LH)
Neoplasie linfoidi che differiscono dai LNH:
- Sono circoscritti ad un singolo linfonodo o ad una catena linfonodale e diffondono
dapprima ai linfonodi anatomicamente contigui (il LNH interessa molteplici
linfonodi), per cui nel LH la stadiazione è molto più importante nel guidare la terapia
che nei LNH.
- Diffondono per contiguità (i LNH no).
- I noduli mesenterici e il Waldeyer sono raramente coinvolti (nei LNH di frequente).
- La presentazione extranodale è rara (comune nei LNH).
- È caratterizzato dalle cellule neoplastiche giganti di Reed-Sternberg (derivanti da
cellule B post-germinative) che rilasciano fattori che inducono l’accumulo di linfociti
reattivi, macrofagi e granulociti che compongono circa il 90% della massa tumorale.
Le cellule di RS diagnostiche hanno > 45μm di diametro, con nucleo singolo multilobato o
nuclei multipli, con un ampio nucleolo delle dimensioni di un piccolo linfocita. Il citoplasma è
abbondante. Nelle forme classiche di LH le cellule di RS vanno incontro ad una forma di
apoptosi definita “mummificazione”, dove la cellula si rimpicciolisce e diventa picnotica.
Il LH deve essere distinto da altre condizioni che possono avere cellule di RS, come la
mononucleosi, o il LNH a grandi cellule: le RS del LH vengono identificate quando c’è un
appropriato background di cellule infiammatorie non neoplastiche.
I vari sottotipi sono:
1- LH TIPO SCLEROSI NODULARE
2- LH A CELLULARITÀ MISTA
3- LH RICCO DI LINFOCITI
4- LH A DEPLEZIONE LINFOCITARIA
5- LH A PREVALENZA LINFOCITARIA
Frequente è l’attivazione dell’NF-kB nel LH classico (attivato spesso dall’EBV o da altri
meccanismi), che salva dalla morte cellulare degli elementi B “disabili” che non riescono a
produrre Ig e che dovrebbero essere normalmente destinati all’apoptosi. A ciò si
aggiungerebbero ulteriori mutazioni che porterebbero verso le cellule RS.
L’accumulo di cellule reattive che formano il background infiammatorio si verifica in risposta
a citochine e chemochine secrete dalle RS. Le cellule infiammatorie, una volta attratte,
producono fattori che supportano la sopravvivenza delle cellule tumorali.
L’LH si presenta con una linfadenopatia non dolente. Se di stadio I-II sono liberi da
manifestazioni sistemiche, che invece si presentano negli stadi III-IV (febbre, sudorazione
profusa, perdita di peso). In molti casi si osserva anergia cutanea per la depressione
immunitaria causata dalla miscela di fattoi rilasciati dalle cellule RS.
L’LH progredisce in maniera caratteristica: interessamento linfonodale -> milza -> fegato ->
midollo e altri tessuti. La sola radioterapia può essere da sola curativa negli stadi precoci.
Infatti la stadiazione permette di indirizzare la terapia. La stadiazione viene fatta tramite
esame obiettivo, imaging e biopsie.
Comprende:
- Stadio I: una sola regione linfonodale o un singolo organo o sede extralinfatica;
- Stadio II: 2 o più regioni linfonodali dallo stesso lato del diaframma o un singolo
organo o sede extralinfatica;
- Stadio III: regioni linfonodali su entrambi i lati del diaframma senza o con
interessamento di un organo o sede extralinfatica;
- Stadio IV: interessamento diffuso di 1 o più organi o sedi extralinfatica con o senza
interessamento linfatico.
Ogni stadio è suddiviso in base all’assenza (A) o alla presenza (B) di febbre, sudorazioni
notturne e perdita di peso >10%.
Lo stadio è la variabile prognostica maggiore: la sopravvivenza a 5 anni è del 90% per stadio
I-II e 70% per IV.
Chemio e radio hanno effetti positivi ma c’è un rischio aumentato di sviluppare altre
neoplasie, come le sindromi mielodisplastiche e la LMA (chemio) e il K polmonare o della
mammella (radio).
ISTIOCITOSI A CELLULE DI LANGERHANS
Malattia proliferativa delle cellule dendritiche e macrofagi.
Istiocitosi a cellule del Langerhans: proliferazione delle cellule di Langerhans, monoclonali.
Hanno citoplasma abbondante, vacuolato, e nuclei con solchi e ripiegamenti. Caratteristici i
GRANULI DI BIRBECK -> contengono la proteina langerina, hanno forma a bastoncino ed
estremità dilatata “a racchetta da tennis”.
Vi sono diverse entità patologiche:
- ISTIOCITOSI A CELLULE DI LANGERHANS MULTIFOCALE MULTISISTEMICA
< 2 anni. Lesioni cutanee come eruzioni seborroiche, con infiltrati di cellule di Langerhans sul
tronco e sul cuoio capelluto. Si associa ad epato e splenomegalia, linfadenopatia, lesioni
polmonari e osteolitiche. Il midollo è infiltrato -> anemia, trombocitopenia, infezioni.
Se le cellule sono anaplastiche: sarcoma a cellule di Langerhans.
Con la chemio sopravvivenza del 50% a 5 anni.
- ISTIOCITOSI A CELLULE DI LANGERHANS MULTIFOCALE UNISISTEMICA
Presenza di cellule di Langerhans ed eosinofili (prevalenti), linfociti, plasmacellule, neutrofili.
Granuloma eosinofilo -> cranio, coste, femore.
UNIFOCALI= allo scheletro, con dolore e fratture. Indolente, guarisce da solo o con
irradiazione.
MULTIFOCALI= nei bambini, masse ossee erosive multiple che si espandono ai tessuti molli
adiacenti. Diabete insipido per interessamento dell’ipotalamo posteriore.
Difetti delle ossa della teca + diabete insipido + esoftalmo = TRIADE DI HAND-SCHULLER-
CHRISTIAN.
Risoluzione spontanea o con chemio.
- ISTIOCITOSI A CELLULE DI LANGERHANS POLMONARE
In adulti fumatori. Con la cessazione del fumo può regredire. La popolazione è policlonale: è
più una iperplasia relativa che neoplasia vera e propria.
Un fattore che contribuisce all’homing delle cellule di Langerhans neoplastiche è dato dalle
aberrazioni dei recettori per le chemochine: mentre le normali cellule di Langerhans
dell’epidermide esprimono CCR6, le loro controparti neoplastiche migrano in tessuti che
esprimono le chemochine CCL20 (ligando per CCR6) in cute e osso, e CCL19 e 21 (per CCR7)
negli organi linfoidi.

PATOLOGIA DEL SISTEMA NERVOSO


TUMORI del SNC
Originano dalle cellule staminali indifferenziate, come tutti i tumori. La maggior parte ha una
localizzazione prevedibile; l'età del paziente e l'aspetto macroscopico TC/RM sono le altre
informazioni importanti per una buona diagnosi di presunzione.
Infanzia:
SOTTOTENTORIALI (70%):
- MEDULLOBLASTOMA: score di “malignità biologica G4” (il massimo); il
corrispondente sovratentoriale è detto Neuroblastoma centrale (o PNET SNC, o
tumore primitivo neuroectodermico, “a piccole cellule blu”)
- ASTROCITOMA PILOCITICO: il meno aggressivo biologicamente (G1), e ben
asportabile Meduloblastoma e astrocitoma pilocitico sono più frequenti nel
cervelletto.
- ASTROCITOMA DIFFUSO: grado G2, in sede sottotentoriale, per esempio nel
mesencefalo, zona non aggredibile chirurgicamente e quindi a prognosi infausta
anche se differenziato.
SOVRATENTORIALI (30%):
- astrocitoma pilocitico del chiasma ottico,
- astrocitoma diffuso G2 sovratentoriale,
- ependimoma,
- papilloma dei plessi corioidei,
- craniofaringioma.
Adulti: dalla 2° decade in poi
70% sono SOVRATENTORIALI (strutture della fossa cranica media e anteriore: emisferi
cerebrali)
- GLIOBLASTOMA: tumore gliale G4, ad alta incidenza (40% dei tumori gliali)
- ASTROCITOMA ANAPLASTICO: G3
- MENINGIOMI: al 2° posto dopo glioblastoma, ma maggiormente benigni e spesso
sovratentoriali (sulle convessità cerebrali)
Col passare degli anni, aumenta l'incidenza delle metastasi specie da melanoma, K
polmone, K mammella, K tiroide.
30% sono SOTTOTENTORIALI:
- Schwannoma III nervo cranico,
- Papillosi dei plessi corioidei del IV ventricolo,
- Ependimoma,
- Meningioma sottotentoriale,
- Emangioblastoma (tumore vascolare maligno del cervelletto: crescita espansiva di
nodulo con molteplici vasi a parete sottile, con disperse cellule stromali ricche in
lipidi e PAS+; nella sindrome VHL vi sono emangioblastomi al cervello e alla retina,
insieme a cisti rene-fegato-pancreas e K rene multipli).
PROBLEMATICHE ASSOCIATE ALLA PRESENZA DI MASSA CEREBRALE:
Diretti (da effetto massa):
- Deficit funzionale: in base alla sede;
- Deficit irritativo o epilessia se il tumore è superficiale (meningiomi, tumori o
neurinomi del lobo temporale).
Indiretti o secondari:
- edema vasogenico che incrementando l'effetto massa può condurre a: IE
(papilledema, vomito a getto); Idrocefalo non comunicante; Erniazioni con emorragia
di Duret nella transtentoriale.
Nei tumori di alto grado e nelle mts per produzione di VEGF, vi è una disordinata
neoangiogenesi (con proliferazione di vasi e periciti) -> aree fortemente EOSINOFILE!
Nel glioblastoma c'è il cosiddetto “anello” che si vede bianco con il gadolinio, dovuto alla
neoangiogenesi e al vallo vascolare.
Caratteristiche peculiari dei tumori cerebrali:
La malignità clinica va distinta da quella isto-morfologica: quella clinica è correlata alla
localizzazione, quindi all'aggredibilità chirurgica.
2 patterns di crescita:
1. Espansivo (tipico dei tumori benigni: meningiomi, astrocitoma piocitico,
schwannomi; avendo margini netti consente la rimozione completa).
2. Infiltrativo (più frequente, nei tumori gliali diffusi, avendo margini sfumati non
permette la completa rimozione chirurgica, in più manca il margine di resezione
perché aggiungerebbe un deficit -> frequenti recidive con grado maggiore, perciò la
terapia è chemio-radio adiuvante.
Spesso recidiva con grado istologico maggiore, specie nei tumori gliali.
Diffusione metastatica dei maligni per via liquorale nello stesso SNC, compreso il midollo,
per cui bisogna valutare le cellule neoplastiche nel liquor (esame citologico). Rare le
metastasi extra-SNC, quindi linfatiche o ematiche (MA per esempio il meningioma
anaplastico maligno può dare mts al polmone e alla cute).
Inoltre la classificazione può essere fatta per
- Criteri citogenetici/molecolari (utile per terapia mirata);
- Criteri istomorfologici, cioè per linee cellulari di provenienza.
Grading istologico/differenziativo: G1 (benigni → G4 (altamente maligni), MA la vera
malignità dipende dalla SEDE.
1. ASTROCITOMI:
- LOCALIZZATI o non infiltranti, a crescita espansiva, asportabili in blocco: Pilocitico
(G1), maggiormente cerebellare e pediatrico, Xantoastrocitoma pleomorfo (G2 ma
localizzato), caratterizzato da astrociti lipidizzati e con forme bizzarre, Astrocitoma
subependimale a cellule giganti (G1).
- DIFFUSI, la maggior parte; crescita infiltrativa a margini sfumati, perciò la malignità è
maggiore e molte sono le recidive ad un grado maggiore, per la incompleta
asportabilità specialmente se infiltra numerose aree cerebrali (gliomatosi cerebrale):
A. anaplastico (G3), Glioblastoma (G4)...
Glioblastoma (G4) o Tumore Multiforme: è il più frequente tumore gliale (40%), colpisce gli
adulti maschi, localizzato negli emisferi cerebrali.
Macroscopicamente:
Crescita infiltrativa e rapida → darà IE!
Massa molle, ipervascolarizzata, chiamata “multiforme” poiché è una massa eterogenea
(aree dure-bianche, aree molli-giallastre per necrosi, aree cistico-emorragiche), perciò
attenzione a valutare la biopsia.
Aspetto radiologico “a farfalla”, per invasione del corpo calloso e dell'emisfero opposto.
Da metastasi liquorali e invasione del corpo calloso (aspetto a farfalla).
Microscopicamente:
- Ipercellularità.
- Pleomorfismo elevato.
- Mitosi frequentissime.
Importante necrosi: caratteristica esclusiva del glioblastoma con un aspetto a pseudo-
palizzata → istologico patognomonico di glioblastoma! Si tratta di un area necrotica centrale
e cellule tumorali attorno, con ipervascolarizzazione e presa di contrasto “ad anello”.
Importante proliferazione vascolare “glomeruloide”: dovuto a iperproduzione di VEGF,
capillari ammassati – cellule endoteliali proliferate in doppio strato, circondate da periciti;
Questa proliferazione vascolare è responsabile di edema vasogenico, che incrementa la IE.
Xanto-astrocitoma pleomorfo: tumore del lobo temporale di bambini e adulti con storia di
epilessia, dato da astrociti neoplastici con forma bizzarra. L’atipia elevata può far pensare ad
un astrocitoma di alto grado, ma la diagnosi viene indirizzata dall’infiltrato infiammatorio
cronico, assenza di necrosi e di attività mitotica. È un tumore G2, quindi di basso grado, con
sopravvivenza a 5 anni >80%.
OLIGODENDROGLIOMA: non esiste il G1; esiste il grado G2 – G3 anaplastico, ma la prognosi
è migliore rispetto agli astrocitomi. La progressione da G2 a G3 avviene o per recidiva o per
accumulo di alterazione genetiche (non c'è mai la mutazione di EGFR).
Sono rari, colpiscono adulti dai 30-60 anni; superficiale, localizzato agli emisferi cerebrali. La
sopravvivenza è migliore degli astrocitomi: con chirurgia, radio e chemio, è in media di 5-10
anni. Macroscopicamente: circoscritto molle (= cistico e gelatinoso) con tipiche calcificazioni
nel 90%. Infiltra la corteccia cerebrale, per cui si formano anche cellule tumorali attorno ai
neuroni (“satellitosi perineuronale”).
Microscopicamente: Aspetto a “uovo fritto” (nucleo tondo centrale, alone citoplasmatico
chiaro). Nel G2 mitosi e proliferazione sono bassi. Nell'anaplastico G3, cellularità, anaplasia,
mitosi, necrosi sono elevate. Presenta anche cellule definite microgemistociti, che si
differenziano dall’astrocitoma gemistocitico per la mancanza di abbondanti processi, hanno
solo una piccola protuberanza citoplasmatica. Alcuni tumori sono indistinguibili dai
glioblastomi.
EPENDIMOMA: gradi G1-G2-G3 detto anaplastico. Il G1 è detto mixopapillare. Sede tipica
nel sistema ventricolare:
- Bambini: nel 4 ventricolo → idrocefalo non comunicante simmetrico
- Adulti: cavità midollare, il mixopapillare nel filum terminale.
Macroscopicamente: Masse solide con crescita intraventricolare, comprimono e infiltrano le
strutture circostanti. Per la vicinanza ai nuclei vitali pontini e bulbari, spesso è impossibile la
completa resezione (in quelli intraspinali la netta demarcazione invece lo permette).
Microscopicamente: cellule allungate a forma di “rosetta” o “pseudo-rosette perivascolari”
(cellule intorno i vasi).
2. NEOPLASIE EMBRIONALI: scarsamente differenziate (riproducono gli aspetti delle cellule
del neuroectoderma primitivo), maligne (aggressivi, alto indice proliferativo, anaplastici).
MEDULLOBLASTOMA (G4): 20% dei tumori cerebrali infantili (il più frequente), tumore
indifferenziato del cervelletto:
- Verme (maggiormente nei bambini);
- Lobi cerebellari (maggiormente negli adulti). Macroscopicamente:
Crescita infiltrativa e rapida, rapidamente fatale per Occlusione del IV ventricolo
Ernia delle tonsille cerebellari e “cerebellar fit” (crisi toniche)
Tumore solido-omogeneo ma friabile
Caratteristiche (come nell'osteosarcoma di Ewing) → PRESENZA DI Piccole cellule blu: cellule
anaplastiche con grossi nuclei ipercromici e scarso citoplasma; come il glioblastoma (G4),
mitosi e necrosi abbondanti, Ki-67 40%.
Dà metastasi liquorali al midollo spinale (lesioni ripetitive a goccia alla cauda equina), dopo
aver invaso la pia madre e lo spazio subaracnoideo.
Prognosi: altamente maligna senza terapia, ma è estremamente radiosensibile → escissione
+ radio- chemio adiuvante; 3⁄4 vive a 5 anni.
Altre neoplasie embrionali sono PNET (tumore neuroectodermico primitivo del SNC) o
neuroblastoma (il corrispondente del medulloblastoma ma sopratentoriale) e PNET periferici
o Sarcoma di Ewing dell'osso (stesse caratteristiche: piccole cellule blu, rosette di H-W).
3. MENINGIOMI: è il 2° tumore primitivo cerebrale più frequente nell'adulto, dopo il
glioblastoma. La medesima radioterapia in zona cronica è un FR.
Sono tumori misti, esprimono sia vimentina (Ig connettivale, mesodermico) che EMA
(antigene epiteliale di membrana: sono immunoreattivi ad esso in maniera inversamente
proporzionale al grado).
Origina da cellule meningoteliali aracnoidee ed è per lo più sovratentoriale-parasagittale, ed
a volte multicentrico (meningiomatosi → recidive più frequenti).
Solo raramente è spinale (il tipo “psammomatoso”).
Colpisce gli adulti, maggiormente di sesso F (rapporto 10:1 in quelli spinali), ha recettori per
Estrogeni e Progesterone perciò è frequentemente associato al K mammella e può crescere
improvvisamente in gravidanza.
Nella NF2 sono multipli e associati a tumori gliali.
I meningiomi possono essere:
- Benigni G1 (80%) -> basso rischio di recidiva, bassa aggressività, possibile
degenerazione xantomatosa o metaplasia ossee.
- Atipici G2 (15%): caratteristiche intermedie → tende più spesso a recidivare, perciò
dopo la chirurgia bisogna fare un attento follow up e radioterapia adiuvante.
- Maligni G3 (5%) o anaplastici: ha l’aspetto di un sarcoma di grado elevato. Presenta
elevatissima cellularità, mitosi (>20 per HPF), necrosi e recidive. Dà metastasi
ematogene al polmone o alla cute (meningioma cutaneo).
La maggior parte dei meningiomi sono facilmente separabili dal parenchima cerebrale, ma
alcuni tendono ad infiltrare il cervello.
- G1: benigni -> chirurgia, con rimozione completa (crescita espansiva, margini ben
definiti); ma possono essere multicentrici (meningiomatosi), con maggiore recidiva;
- G2: alta probabilità di recidiva locale (in grado G2 ancora), a crescita più aggressiva
→ radioterapia adiuvante o follow up
- G3: in genere primitivo, severi, per mts ematogene
4. TUMORI METASTATICI
Sono i tumori cerebrali più frequenti in terza età. Sono metastasi provenienti da: polmone
(talvolta le metastasi cerebrali sono il primo segno!), mammella, cute (melanoma), K rene,
tiroide, digerente, ma anche da coriocarcinoma -> tumore gonadico a cellule germinali a
differenziazione extraembrionale o tumore primitivo dell'utero maligno, talvolta come
complicanza di gravidanza poiché origina dalle cellule trofoblastiche presenti in tale periodo
(corioK gestazionale), specie in caso di mola vescicolare o idatiforme, cioè impianto in utero
di ovulo fecondato non vitale.
Si parla di meningite carcinomatosa quando c'è invasione da parte di cellule neoplastiche
delle leptomeningi e spazio sub-aracnoideo, ma anche dura madre e volta cranica, con una
“distribuzione a lenzuolo” delle cellule nello spazio subaracnoideo.
5. ALTRI TUMORI
Linfoma primitivo a cellule B: nell'AIDS.
Tumore a cellule germinali: (germinoma, giovanile) -> da cellule residuate lungo la linea
mediana (regione sellare o pineale), durante la migrazione embriogenetica, o migrate lì da
altre sedi. Caratteristiche simili ai seminomi (M) e ai germinomi (F). Utili nella diagnosi α-
fetoproteina e β-HCG.
Neurofibroma -> masse distinte e localizzate. C’è il NF cutaneo: non capsulato, stroma
collagenizzato, costituito da cellule fusate presenti nel derma e nel sottocute). Il NF solitario:
del nervo periferico. Il NF plessiforme: multiplo, interessati i grossi tronchi nervosi in
maniera irregolare, non è separabile dal nervo (a differenza dello Schwannoma), ha margini
scarsamente definiti, presenta abbondante sostanza mixoide con bassa cellularità, può
presentare assoni (a differenza dello Schwannoma).
NF1: AD, neurofibromi (plessifomi e solitari), glioma ottico, noduli pigmentati di Lisch
all'iride, macchie caffèllatte. I NF hanno propensione a diventare maligni. Alcuni
asintomatici, altri rapidamente progressivi con deformazioni spinali, lesioni deturpanti,
compressione di strutture vitali. Dato dalla mutazione del gene NF1 che codifica per la
neurofibromina, che inibisce l’attività di RAS.
NF2: AD, schwannoma VIII bilaterali, meningiomi multipli, ependimoma midollo. Dato dalla
mutazione del gene NF2 che codifica per la merlina, proteina adibita a signaling e
all’inibizione da contatto.
Sclerosi tuberosa: AD, sviluppo di amartomi che formano aree solide simili a tuberi (per lo
più nel lobo temporale -> epilessia), astrocitomi subependimali a cellule giganti (G1). Sono
composti da neuroni disposti in modo casuale e non più in maniera ordinata e laminare;
inoltre alcuni hanno aspetto intermedio tra neuroni e glia. Amartina e tuberina sono le due
proteine mutate, solitamente deputate alla regolazione di mTOR, regolatore della sintesi
proteica e delle dimensioni cellulari.
BIOPSIA STEREOTASSICA
Cosa è? La biopsia stereotassica è un metodo molto preciso per fare biopsia cerebrale
tramite un piccolo foro attraverso il cranio. L’obiettivo principale è determinare la diagnosi
del tipo di tumore o della malattia di cui soffre il paziente. Non permette alcun tipo di
trattamento ma, a seconda dei risultati, può essere organizzato un appropriato programma
di trattamento (craniotomia, radioterapia, chemioterapia).
Quando si usa? È molto utile soprattutto per determinare l’esatta natura della lesione
(tumore, infezione, edema, stroke), quando è necessario svuotare il contenuto di una cisti o
un ascesso cerebrale, quando le lesioni sono multiple (per evitare multiple operazioni), o
quando non è ben chiaro se un tumore richieda o meno la chirurgia, dato che alcuni tumori
possono essere trattati anche solo con radioterapia.
Come si svolge? Per determinare il punto esatto in cui si dovrà attuare la biopsia viene
utilizzato un casco sul quale sono calcolate le coordinate della lesione. Il casco viene posto
sulla testa del paziente tramite quattro bulloni che vengono inseriti in anestesia locale. In
seguito una TC o RM determinerà le esatte coordinate sui 3 assi dello spazio.
Infine, il paziente viene portato in sala operatoria, dove verrà effettuato un piccolo foro
attraverso il cranio e verrà inserito un ago speciale, che permette di estrarre il campione.
Eventuali complicanze possono derivare da emorragie nel tratto di ingresso dell’ago o da
infezioni.

MALATTIE NEURODEGENERATIVE
MALATTIA DI ALZHEIMER (AD)
È la più frequente causa di demenza nell’anziano, clinicamente evidente con alterazioni delle
funzioni intellettuali superiori, disturbi dell’umore e del comportamento, disorientamento e
perdita di memoria progressivi, afasia. Nell’arco di 5-10 anni il soggetto è muto e immobile.
Raramente è sintomatico prima dei 50 anni. Dopo gli 85 anni la prevalenza è >40%.
Sporadica per la maggior parte, fino al 10% è familiare.
Solo l’esame anatomopatologico può fare diagnosi definitiva, ma con le tecniche odierne la
diagnosi è accurata nell’80-90% dei casi.
L’anomalia fondamentale è la deposizione di peptidi Aβ, derivanti dal processamento di APP,
proteina di superficie cellulare. Se essa viene clivata dalle α-secretasi, la Aβ non viene
generata e si forma un frammento solubile (via non amiloidogenica). Se viene clivata dalle
β-secretasi, si genera Aβ che è incline ad aggregarsi, prima come oligomeri e poi in aggregati
e fibrille (via amiloidogenica). La variazione della lunghezza di Aβ (40 o 42) dipende dal
secondo clivaggio effettuato da una ɣ- secretasi.
Il gene che codifica per APP si trova sul cromosoma 21, nella regione della sindrome di Down
(l’Alzheimer è infatti l’evento conclusivo del deficit cognitivo di questi pazienti).
Mutazioni puntiformi sono presenti nelle forme familiari di AD con insorgenza precoce.
Sono mutati i geni che codificano per due preseniline, PS1 e PS2, che fanno in modo che le
ɣ-secretasi acquisiscano funzione e generino molti Aβ.
Inoltre gli aggregati generano una risposta infiammatoria della glia, che aiuta a rimuovere
tali aggregati ma attiva mediatori di flogosi che portano danno, e aumentano la
fosforilazione della proteina Tau.
Negli ammassi fibrillari è presente la proteina Tau, associata ai microtubuli, che nella AD
diventa iperfosforilata e perde la capacità di legarsi ai microtubuli, contribuendo alla
formazione degli ammassi neurofibrillari e alla AD. Il numero di tali ammassi fibrillari correla
meglio con il grado di demenza rispetto a quanto faccia il numero delle placche amiloidi.
Macroscopicamente: c’è un grado variabile di atrofia corticale (lobi frontali, parietali e
temporali). Presente ampliamento dei solchi e dilatazione ventricolare (idrocefalo ex vacuo)
per perdita di parenchima. Precoce interessamento e atrofia di ippocampo, amigdala,
sistema limbico.
Microscopicamente:
a) PLACCHE SENILI. Sono raccolte sferiche, focali, di processi neuronali dilatati, tortuosi,
argentofili (assoni distrofici) localizzati attorno ad un nucleo centrale di amiloide (rosso
Congo+). Il principale componente del nucleo amiloideo è l’Aβ. Alla periferia c’è astrocitosi
reattiva. Le placche si possono osservare nell’ippocampo, amigdala e neocorteccia.
b) PLACCHE DIFFUSE. C’è sempre deposizione di Aβ, senza però reazione neuritica attorno
all’amiloide. Forse sono uno stadio precoce delle placche. Hanno Aβ42, mentre le placche
senili sia 40 che 42.
c) AMMASSI NEUROFIBRILLARI. Fasci di filamenti nel citoplasma dei neuroni. Hanno forma
“a fiamma” nelle cellule piramidali, “forma globosa” nelle cellule rotonde poiché si
dispongono attorno al nucleo. Sono strutture fibrillari, basofile e argentofile, presenti
soprattutto nei neuroni corticali, ippocampo, amigdala, gangli della base. Sono insolubili e
resistenti alla proteolisi, per cui formano “ammassi fantasma” in vitro dopo la morte
neuronale. Sono formati da filamenti lineari e da filamenti a doppia elica. Questi formati
dalla proteina Tau iperfosforilata. Non sono patognomonici della AD. I filamenti a doppia
elica si trovano negli assoni distrofici più esterni alla placca e negli assoni che attraversano la
sostanza grigia colpita sotto forma di filamenti del neuropilo.
d) ANGIOPATIA AMILOIDE CEREBRALE. Caratteristica costante.
e) DEGENERAZIONE GRANULO-VACUOLARE. Formazione di vacuoli intracitoplasmatici
neuronali contenenti un granulo argentofilo. Si verifica nell’invecchiamento ma anche nella
AD.
f) CORPI DI HIRANO. Corpi eosinofili, allungati, vitrei, che formano filamenti con actina. Si
trovano di solito nelle cellule piramidali dell’ippocampo.
MALATTIA DI PARKINSON
Fa parte dei “Parkinsonismi”, termine col quale si indica una sindrome clinica caratterizzata
da facies inespressiva, posizione fissa del corpo, lentezza dei movimenti volontari, andatura
festinante (passi ridotti e accelerati), rigidità e tremore delle mani a riposo “a contar
moneta”. Sono disturbi che vedono come comune denominatore l’alterazione del sistema
dopaminergico nigro-striatale.
Oltre che nella malattia di Parkinson, questi disturbi si riscontrano anche nella atrofia
sistemica multipla e nel parkinsonismo iatrogeno.
La diagnosi di Parkinson è posta in pazienti con progressivi segni di parkinsonismo (tremore,
rigidità, bradicinesia) senza altra causa conosciuta e responsivi alla L-DOPA.
Macroscopicamente: pallore della sostanza nigra e del locus ceruleus.
Microscopicamente: il pallore è spiegato dalla perdita di neuroni pigmentati
catecolaminergici in queste regioni, associata a gliosi. In alcuni neuroni residui ci possono
essere i corpi di Lewy: sono inclusioni citoplasmatiche eosinofile, tonde o allungate, con
nucleo centrale denso circondato da alone chiaro, e composti da sottili filamenti formati da
α-sinucleina.
I geni più frequentemente associati al Parkinson sono:
- L’α-sinucleina, proteina associata alle sinapsi e componente dei corpi di Lewy, soggetta a
ripiegamento anomale.
- LRRK2, chinasi che è soggetta ad acquisizione di funzione.
- Parkina, con perdita di funzione e funzione proteasomica deficitaria.
- DJ-1, coinvolta nella risposta ossidoriduttiva allo stress, dà disfunzione mitocondriale.
- PINK1, chinasi che regola la funzione mitocondriale.
I neuroni dopaminergici della sostanza nigra proiettano allo striato e la loro degenerazione è
correlata al contenuto di dopamina striatale. La gravità della sindrome è proporzionale al
deficit di dopamina, corretto in parte con la L-DOPA, ma il trattamento non arresta la
progressione di malattia. Clinica
Segni di parkinsonismo, disfunzione autonomica, declino delle funzioni cognitive, demenza.

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