Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
ESAME ISTOLOGICO:
È l’analisi di un frammento di un organo o un tessuto ottenuto mediante biopsia o
asportazione chirurgica, inviato in analisi per via di un sospetto clinico accanto i dati del
paziente e alla sede del prelievo.
La biopsia è il prelievo di tessuto per l’allestimento del preparato istologico. Nell’ambito delle
biopsie si possono eseguire:
1. biopsia endoscopica,
2. ago biopsia,
3. biopsia chirurgica incisionale (asportazione di una piccola parte) ed escissionale (a
porta asportazione di tutta la lesione).
Il materiale campionato giunge quindi al laboratorio all’interno di un contenitore contenente
fissativo, utilizzato per mantenere le caratteristiche morfologiche cellulari inalterate.
Il fissativo più utilizzato è la formalina tamponata al 10% in rapporto di 1:20 con il materiale
bioetico. In alternativa, in situazioni di emergenza, è possibile utilizzare anche l’alcool puro.
Rari sono i casi in cui la biopsia non fissata viene inviata in laboratorio per uno studio a
fresco. Questo è il caso della biopsia estemporanea.
Il pezzo operatorio deve essere analizzato intraoperatoriamente per avere una risposta
rapida che servirà al chirurgo per modificare il suo atteggiamento più o meno
conservativo.questa diagnosi viene chiesta ad esempio nel caso di un linfonodo sentinella o
per la definizione dei Margini di resezione in modo da suo tare la stazione linfonodale e/o
allargare il letto operatorio.
Per dare consistenza al pezzo operatorio non fissato, lo si congela, e si usa il criostato per
l’analisi. Questa dovrebbe avere il vantaggio di dare una diagnosi immediata ma porta con sé
lo svantaggio di essere 1. operatore dipendente e 2. di dover avvenire entro tempi brevi (20
minuti).
In tutti gli altri casi, di fronte al pezzo operatorio bisogna svolgere:
1. Esame Macroscopico
2. Esame Microscopico - Il campione viene diviso in porzioni delle dimensioni di circa 1
cm² e viene processato: prima viene disidratato con dosi crescenti di alcol, poi gli
viene fornita consistenza con XILOLO, un solvente della paraffina, per consentirne il
taglio al microtomo dopo averlo correttamente incluso, ovvero, dopo averlo
correttamente orientato. Le sezioni dello spessore di circa 3-5 micron vengono
disposte sul vetrino, ancora DIAFANE, pronte per la colorazione (con ad esempio,
ematossilina-eosina, PAS, GIEMSA, rosso Congo, ecc.);
3. Indagini Ultrastrutturali - È l’analisi al microscopio elettronico del vetrino, consente di
osservare depositi intracellulari e intercellulari, oggi viene usata solo per alcune
specifiche patologie (ad esempio le glomerulonefriti);
4. Indagini Molecolari - Utili per la ricerca di antigeni cellulari, recettori, geni, ecc.
a. IMMUNOFLUORESCENZA: È una metodica diretta in cui l’anticorpo “sonda” è
già legato al colorante (fluorescina, verde o rodamina, rosso), il vetrino si
osserva con il microscopio in campo OSCURO.
b. IMMUNOISTOCHIMICA: È una metodica indiretta in cui l’anticorpo sonda è
marcato, ma la colorazione avviene secondariamente ed il vetrino può essere
osservato in campo CHIARO (aminoetilcarbanazolo, rosso o
diaminobenzidina, marrone).
Esempi di utilizzo di queste metodiche sono: la ricerca di autoanticorpi anti
membrana basale ed anti doesmosomi nelle patologie cutanee come Pemfigo
Volgare e Pemfigoide Bolloso; la ricerca di positività per la presenza di alcuni recettori
di membrana come HER2, o alla pancitocheratina (filamento citoscheletrico presente
nelle cellule epiteliali).
La FISH (ibridazione fluorescente in situ) è una metodica a fluorescenza usata per analizzare
una sequenza di DNA, usando una sonda (un frammento di DNA le cui basi azotate sono
complementari a quelle del gene che si ricerca. Alcuni usi della FISH sono il sospetto di
sindrome di Down, il riconoscimento di delezioni, traslocazioni ed amplificazioni geniche
(amplificazione del gene che codifica per il recettore HER2 mammario).
ESAME CITOLOGICO:
L’esame citologico insieme all’istologico è di molta importanza in anatomia patologica. I due
si differenziano perché l’istologia permette di osservare le cellule all’interno di un tessuto
per la valutazione della loro citoarchitettura strutturale, la citologia permette di studiare le
caratteristiche morfologiche delle singole cellule.
I vantaggi della citologia sono: il basso costo, la bassa invasività, l’alta specificità.
Gli svantaggi: la scarsa sensibilità e la minore attendibilità (nei casi di dubbio, ma anche di
positività dell’esame citologico, l’esame istologico viene sempre eseguito).
La citologia è usata per screening e follow-up. Altri impieghi possono essere il
riconoscimento di fattori prognostici o fattori predittivi di risposta alla terapia infatti gli
esami di indagine molecolare possono essere fatti anche sulle cellule di un esame citologico.
Esistono varie tecniche per prelevare il materiale citologico:
1. Citologia ESFOLIATIVA: diretta (vescica) o indiretta (cervice), tipicamente usata per
organi cavi.
2. Lavaggio: spesso usato per le vie aeree (BAL, lavaggio bronco alveolare).
3. Citologia PER APPOSIZIONE: eseguita raramente in caso di patologia neoplastica
linfonodale, per dare un primo orientamento grossolano nella ricerca di cellule
linfonodali atipiche.
4. Citologia AGO ASPIRATIVA: utilizzata per gli organi parenchimatosi (distinta dall’ago
biopsia perchè utilizza un ago più sottile).
Per utilizzare un preparato citologico o per formulare un’ipotesi diagnostica sulla base del
reperto osservato bisogna certificare che siano soddisfatti i “criteri di idoneità citologica”,
ovvero bisogna: 1. essere sicuri della sede del prelievo (valutando la presenza di elementi
che confermino la sede anatomica), 2. avere un numero di cellule adeguato, 3. essere certi
che l’allestimento del prelievo sia avvenuto correttamente.
Dopo il prelievo, il campione viene posto sul vetrino o direttamente per striscio (test di
Tzank, PAP test), dopo centrifugazione (esame citologico delle urine).
ALTERAZIONI CELLULARI
Sono le risposte di un organismo ad un insulto di qualsiasi genere, a livello cellulare.
Possono essere:
REVERSIBILI:
1. IPERTROFIA - aumento delle dimensioni delle cellule di un tessuto
fisiologicamente (a seguito di esercizio fisico - aumenta il volume delle cellule
muscolari) o patologico (nel cuore scompensato - le cellule cardiache sono
ipertrofiche);
2. IPERPLASIA - aumento del numero di cellule per aumento della loro
proliferazione;
3. METAPLASIA - è la sostituzione di una popolazione di cellule ben differenziate
con un altra popolazione ben differenziata (metaplasia polmonare, esofagea,
del cavo orale, ecc.);
4. DISPLASIA - è la presenza di cellule con morfologia anomala (displasia lieve,
moderata o severa) in un tessuto, spesso precede la NEOPLASIA;
5. ATROFIA - l’opposto di iperplasia ed ipertrofia, è la riduzione del volume e del
numero di cellule di un tessuto, fisiologica o patologica;
IRREVERSIBILI:
1. APOPTOSI - morte cellulare programmata fisiologica (embriogenesi) o
patologica (associata a flogosi, ad esempio necrosi epatocellulare da HCV);
2. NECROSI - associata a fenomeni infiammatori: colliquativa, coagulativa,
caseosa, steatonecrosi;
CICLO CELLULARE
Il ciclo cellulare è caratterizzato dall’alternanza di diverse fasi: G1, S, G2 ed M. Nel passaggio
tra cui sono inseriti diversi punti di controllo che a partire dalla produzione di proteine
proptosi che favoriscono la proliferazione cellulare o limitano (ad esempio le chinasi A cicline
dipendenti, sempre alterate in patologia neoplastica).
Se si prende in considerazione il ciclo vitale dei tessuti si distinguono quelli a: cellule labili,
cellule stabili, tessuti e cellule perenni (in realtà anche in questi tessuti, come il tessuto
nervoso, esiste un compartimento staminale da cui potrebbe aver origine una
proliferazione/ricambio cellulare).
PATOLOGIA INFIAMMATORIA:
Infiammazione o flogosi è un processo messo in atto dall’organismo in risposta ad una noxae
patogena con lo scopo di eliminarla e rimuovere l’eventuale tessuto lesionato per garantire
un processo di guarigione.
PATOLOGIA NEOPLASTICA:
La neoplasia è caratterizzata da crescita tissutale progressiva, relativamente autonoma
(richiede il supporto vascolare).
La proliferazione si altera per difetti che nascono su due fronti: stimoli ambientali alterazioni
genetiche.
Gli stimoli ambientali sono tutta quella serie di fattori esogeni che concorrono all’instaurarsi
del fenotipo neoplastico come: sostanze chimiche, radiazioni, infezioni virali, stimoli
ormonali, cronica.
Le alterazioni genetiche possono riguardare l’alterazione di oncogeni, geni onco-soppressori,
geni proapoptotici, DNA repair. Gli oncogeni (ERGF, KRAS, ecc.) sono geni che svolgono una
funzione recettoriale per i fattori di crescita. Gli onco-soppressori (p53, APC, Rb) agiscono in
maniera opposta quando la cellula riconosce una mutazione che causerebbe la
slatentizzazione del fenotipo neoplastico causando arresto del ciclo cellulare e avvio verso
l’apoptosi.
I geni DNA repair correggono errori del DNA come mismatch, rotture del doppio filamento,
dimerizzazione delle pirimidine (danni tipici da esposizione a raggi UV).
L’alterazione di questi geni si ha per mutazioni puntiformi che determinano l’espressione di
una proteina non funzionante o di una proteina diversa, o per amplificazione genica, in cui la
sequenza del gene oncogene appare ripetuta e la proteina, iperespressa.
I tumori familiari costituiscono solo una piccola parte della patologia neoplastica in cui
mutazioni ereditarie di geni (come BRCA1 e 2) espongono all’aumentato rischio di sviluppare
un determinato tumore.
PATOLOGIA AUTOIMMUNITARIA:
L'autoimmunità è una reazione immune diretta contro antigeni Self, i quali non essendo
eliminabili causano una flogosi cronica.
La tolleranza immunologica è quel fenomeno che impedisce la risposta immune nei
confronti dell’organismo ed è il risultato di 3 diversi meccanismi:
1. Tolleranza Centrale (in sede timica le APC espongono antigeni non Self ai linfociti in
maturazione)
2. Tolleranza Periferica (per cui i cloni autoreattivi linfocitari vanno incontro ad
apoptosi);
3. Immunosoppressione (operata dai linfociti T);
Nelle patologie autoimmuni avremo linfociti T autoreattivi è produzione di autoanticorpi da
parte di linfociti B maturati in plasmacellule. Le patologie autoimmuni solitamente si
innescano a causa di uno stimolo ambientale o stressogeno e sono correlate ad alterazioni
genetiche che riguardano l’HLA umano.
Si distinguono in generale due grandi gruppi di malattie autoimmuni: organo specifiche e
sistemiche.
I meccanismi patogenetici alla base di entrambi tipi sono: lisi cellulare anticorpo mediata,
interferenza con recettori di superficie di un autoanticorpo e emozioni di immunocomplessi.
Tra le ORGANO SPECIFICHE ricordiamo:
Sindrome di Sjogren - La sindrome di Sjögren primaria è una malattia immunologica
caratterizzata principalmente da secchezza orale e oculare, ma può coinvolgere anche altri
organi e apparati, come il sistema nervoso centrale e periferico e le articolazioni. La malattia
colpisce più frequentemente le donne, soprattutto fra i 30 e i 50 anni, con un rapporto
maschi:femmine di 1:20. Alla base della diagnosi vi è la sintomatologia tipica persistente, la
dimostrazione dell’alterata secrezione di lacrime e saliva e la presenza di anticorpi come
ANA, anti-SSA, anti-SSB e il fattore reumatoide.
FORMA PRIMITIVA
È la forma che compare in modo isolato, senza associazione con altre malattie.
FORMA SECONDARIA
Si tratta della forma che compare in associazione con altre malattie autoimmuni, quali:
Artrite reumatoide, Lupus eritematoso sistemico (LES), Sclerodermia, Cirrosi biliare primitiva,
Tiroidite di Hashimoto, Connettivite mista, Vasculiti sistemiche.
XEROSTOMIA - È la riduzione della secrezione di saliva. Pertanto, la mucosa della bocca
risulta secca. Inoltre, muta anche la consistenza del liquido salivare: esso diventa viscoso,
denso e contiene meno lisozima. Tutto ciò si traduce in una difficoltà a mangiare cibi secchi,
nella necessità di bere frequentemente (anche di notte), in una diminuzione del gusto, nella
formazione di fessure sulla lingua o in un impedimento a parlare velocemente e per lunghi
periodi di tempo.
I pazienti colpiti da sindrome di Sjögren sono particolarmente soggetti a complicazioni, quali
carie dentarie e candidosi orale. Ciò è dovuto al fatto che nella saliva sono contenute delle
immunoglobuline di tipo A (IgA), che svolgono una funzione protettiva nei confronti dei
batteri del cavo orale.
XEROFTALMIA - È l'alterazione della secrezione lacrimale. Le lacrime, infatti, hanno un minor
contenuto di acqua e assumono un aspetto viscoso e denso. Questa condizione pone le basi
per sviluppare la cosiddetta cheratocongiuntivite secca, infezioni oculari, danni alla cornea,
ecc.
La sindrome di Sjögren non colpisce soltanto le ghiandole esocrine. Infatti, lo stato di salute
del paziente si complica ulteriormente quando l'infiltrato linfocitario va a intaccare anche
alcune porzioni extraghiandolari (si possono avere polmoniti, nefriti, paresi neurologiche,
gastriti, tiroiditi, atralgie, fenomeno di Raynoud e manifestazione linfoproliferative - linfomi,
che coinvolgono sia i linfociti B sia i linfociti T -).
Tiroidite di Hashimoto;
Morbo di Basedow;
Pemfigoide Bolloso;
Pemfigo Volgare;
Tra le SISTEMICHE ricordiamo:
LE - Tra questi ricordiamo il LE discoide e subacuto che coinvolgono per lo più il distretto
cutaneo:
- il subacuto determina la comparsa di vesciche dopo l'esposizione solare; Possono
comparire chiazze arrossate ad anello o chiazze simili alla psoriasi su braccia, viso e tronco. Il
LECS differisce dal LED perché raramente causa cicatrizzazione. In genere, le persone affette
lamentano affaticamento e dolori articolari, ma di solito non presentano danni gravi agli
organi interni, come può avvenire con il lupus eritematoso sistemico.
- il discoide provoca un'eruzione cutanea permanente: eruzioni tondeggianti, rosse e in
rilievo, che a volte progrediscono fino a perdita di cute con cicatrizzazione e perdita di capelli
nelle aree colpite. Le eruzioni sono disposte a grappolo sulle aree della cute esposte alla
luce, come il viso, il cuoio capelluto e le orecchie. A volte un’eruzione o le ulcere colpiscono
anche le mucose, specialmente della bocca. Evolve nel 10% dei casi in LES.
Il terzo tipo LE, il lupus eritematoso sistemico è caratterizzato da lesioni multidistrettuali
(renali, cutanee, articolari, cardiache, polmonari, del tratto gastrointestinale) causate dalla
deposizione di immunocomplessi e dall'infiammazione cronica.
Un esame del sangue può rilevare anticorpi antinucleo (ANA), presenti in quasi tutti i
pazienti con lupus. Tuttavia, questi anticorpi compaiono anche in altre malattie. Pertanto, se
vengono individuati ANA, si effettua un esame per gli anticorpi anti-DNA a doppia elica: un
livello elevato di questi anticorpi anti-DNA supporta fortemente la diagnosi di lupus, ma non
tutte le persone affette da lupus li presentano.
Il trattamento dipende dall'entità dei sintomi e dagli organi colpiti. I farmaci che si utilizzano
sono: FANS, idrossiclorchinina (antimalarico), corticosteroidi e famrmaci biologici
(rituximab).
Sclerodermia e Morfea -
PATOLOGIA DELLE GHIANDOLE SALIVARI
Le ghiandole salivari sono distinte in ghiandole salivari maggiori (extramurali: parotide,
sottolinguale, sottomandibolare) e ghiandole salivari minori (intramurali: palatine, labiali,
malari, linguali), la funzione delle quali è produrre la SALIVA: utile a lubrificare le pareti del
cavo orale, dare consistenza al bolo alimentare, operare una prima digestione degli zuccheri
grazie all’amilasi salivare e operare una funzione antibatterica grazie al contenuto di IgA.
Da un punto di vista istologico le ghiandole salivari sono ghiandole tubulo acinari complesse
a secrezione sierosa, mucinosa o mista.
PATOLOGIA INFIAMMATORIA:
SIALOLITIASI
È la formazione di calcoli nella ghiandola formati da sali di Ca e detriti cellulari. Con il loro
effetto massa possono impedire il corretto drenaggio del secreto ghiandolare con ristagno
salivare che favorisce infezioni batteriche. La patologia tende al cronico e l’insulto flogistico
causa la metaplasia dell’epitelio colonnare del dotto ghiandolare in epitelio più resistente,
squamoso (pavimentoso pluristratificato).
SIALOADENITE
E’ l’infezione delle ghiandole salivari, può essere ACUTA, causata da batteri o virus come
Paramixovirus, agente eziologico della parotite (“orecchioni”), o CRONICA, come nella
sindrome di Sjogren (in cui autoanticorpi anti SSA e SSB causano la distruzione della
componente acinare ghiandolare, esito in xerostomia).
PATOLOGIA NEOPLASTICA:
BENIGNA
MUCOCELE: tumore di riscontro in età pediatrica localizzato alle ghiandole salivari minori
(più spesso alle labiali). E’ una neoformazione rotondeggiante con mucosa normale, le
cellule del dotto hanno aumentato il loro calibro. Necessita di intervento chirurgico per
scongiurare le recidive.
ADENOMA PLEOMORFO: tumore che si localizza principalmente alla ghiandola parotide e
colpisce i soggetti di età compresa tra 50 e 60 anni, specie se predisposti da esposizione alle
radiazioni ionizzanti. Viene chiamato anche TUMORE MISTO per la sua doppia componente:
epiteliale e starò male (che può organizzarsi a formare tra eccole, lamiere, ecc.).
Origina dalle cellule mioepiteliali o dalle cellule duttili di riserva. Si presenta come una massa
asintomatica, se il paziente presenta ALGIA essa è più che altro riconducibile
all’infiammazione.
La prima indagine strumentale è l’ecografia, seguita da un agoaspirato per la valutazione
citologica che può autorizzare un intervento di asportazione della parotide: parotidectomia.
All’esame anatomopatologico, già macroscopicamente il tumore è visivamente benigno, ben
capsulato, liscio, solido con aree grigie (Stromali) e aree bianche (Epiteliali). L’epitelio si
studia all’immunoistochimica attraverso l’EMA (antigene epiteliale di membrana), la
pancitocheratina e l’indice proliferativo Ki67, basso. Le cellule stromali sono positive alla
vicentina (il suo colore grigiastro è dato dai glicosamminoglicani GAG presenti nella matrice
mixoide).
L’adenoma pleomorfo di vecchia data può accrescersi e creare sottili propaggini di
infiltrazione capsulare che anche a seguito di intervento chirurgico potrebbero recidivare o
andare incontro a trasformazione maligna.
TUMORE DI WARTHIN: è un altro tumore benigno delle ghiandole salivari che origina
dall’epitelio ghiandolare con evoluzione cistica. L’eziologia è sconosciuta ma le radiazioni
ionizzanti ed il fumo di sigaretta sono fattori predisponenti. È più frequente nei soggetti di
sesso maschile tra i 50 ed i 70 anni.
Viene anche chiamato CISTOADENOMA PAPILLIFERO LINFOMATOSO per il suo caratteristico
aspetto istologico: avremo infatti una componente LINFOCITARIA richiamata in sede dalle
citochine rilasciate dalle cellule epiteliali che si dispongono a formare PAPILLE (similmente al
carcinoma papillare della tiroide) in doppio strato di celllule (cuboidi) attorno all’asse
vascolare. La caratteristica di tali cellule è la METAPLASIA OSSIFILA, ovvero la ricchezza in
mitocondri che le rende intensamente eosinofile.
MALIGNA
CISTOADENOMA MUCOEPIDERMOIDE: è un tumore maligno molto aggressivo (specie se
poco differenziato). L’eziologia è sconosciuta ma le radiazioni ionizzanti predispongono
all’insorgenza di tale patologia. In genere è asintomatico e compare l’algia nel caso di
infiltrazione del nervo facciale (la paralisi sopraggiunge negli stadi terminali). L’aspetto
macroscopico è vagamente capsulato, ben circoscritto ma con piccole propaggini di
infiltrazione nel tessuto adiposo circostante.
Devono essere distinti per valutare la prognosi del paziente i tumori di basso grado e i
tumori di alto grado (90% a cinque anni versus 50% a cinque anni).
I tumori di basso grado sono ben differenziati con cellule con rare atipie, rare mitosi, indice
proliferativo basso ed elevata componente mucinosa.
I tumori di alto grado sono scarsamente differenziati e la componente mucinosa è scarsa
(tant’è che per verificarne la presenza anche per porre una diagnosi differenziale con un
tumore squamoso epiteliale si usa la colorazione PAS o Alcian), le mitosi e le atipie sono più
frequenti.
CARCINOMA ADENOIDOCISTICO: è un tumore maligno che colpisce la ghiandola
sottomandibolare, sottolinguale o le ghiandole salivari minori e interessa entrambi i sessi in
egual misura con picco di incidenza a 50 anni.
L’aspetto macroscopico è di un nodulo ben circoscritto con piccole propaggini infiltrative al
tessuto fibroadiposo circostante.
L’aspetto tipico delle cellule epiteliali e che creano dei ponti con pattern cribriforme,
tubolare o solido.
L’invasione perineurale è tipica di questo tumore che similmente ad altre patologie
neoplastiche con basso grado di atipie (come l’adenocarcinoma pancreatico) è maligno e
particolarmente aggressivo.
PATOLOGIA CARDIOVASCOLARE
IPERTROFIA CARDIACA:
Il cuore viene detto ipertrofico a seguito di un aumento del suo volume dato dall’ipertrofia
delle sue cellule muscolari. Questa ipertrofia può essere data dall’aumento del volume del
sangue che “irrora il cuore“. Questo può avvenire per diversi motivi ad esempio a seguito di
insufficienza valvolare aortica o mitralica, viene detta eccentrica. L’ipertrofia data da un
aumento di pressione per aumento delle resistenze da vincere con me in caso di stenosi
valvolare aortica causa ipertrofia concentrica.
LE PATOLOGIE CARDIACHE POSSONO ESSERE CLASSIFICATE IN BASE A:
La presenza di aumento o riduzione volumetrica (ipertrofia concentrica e eccentrica) a cui
può essere associata la presenza di scompenso cardiaco, a seconda della risposta
ventricolare ed atriale. Oltre all’ipertrofia, lo scompenso può nascere a seguito di patologie
restrittive, con riduzione della distensibilità delle camere e deficit della compliance.La
classificazione delle patologie cardiache avviene tramite una distinzione in parti del cuore,
abbiamo malattie coronariche che possono essere causate da vasculiti o da malattia
ateromasica o da patologia ostruttiva congenita e malattie valvolari.
Le malattie coronariche causano in genere un deficit perfusivo del miocardio e sono distinte
in: cardiopatia ischemica cronica (angina stabile, angina microvascolare, angina variante,
cardiomiopatia dilatativa post ischemica), cardiopatia ischemica acuta (IMA, angina instabile,
insufficienza cardiaca acuta, morte improvvisa).
INFARTO DEL MIOCARDIO: Per definizione l’infarto del miocardio deve essere
macroscopicamente evidente, coinvolgere cioè un’aria superiore ad 1 cm². Per osservare
l'area infartuata conto del colore che da color carne diviene pallido, discromico.
Il danno ischemico ischemico dipende dal tempo intercorso prima della riperfusione, se
passano meno di cinque minuti non ci saranno eventi irreversibili che compaiono con
certezza dopo 20-30 minuti sopraggiunge quindi la necrosi che causa il collasso degli
organelli intra citoplasmatici e causerà un deficit strutturale e funzionale per cui il cuore che
perde di elasticità e acquisisce una forma ondulata.
L’infarto inizialmente causa ipossia tissutale, aumento di volume delle cellule causato dal
deficit di pompa sodio potassio (degenerazione idropica) e il deficit energetico mitocondriale
(i mitocondri si modificano, perdendo le creste mitocondriali e si compiono accumulando
ioni). In seguito alla morte cellulare per necrosi all’interno della miofibrilla avviene la
contrattura per sovrapposizione delle bande Z che restano incastrate tra loro. L’ipossia le
alterazioni della pompa sodio potassio possono causare al contempo il brocco contrattile
della cellula che diventa ARITMICA dissociandosi elettromeccanicamente. Mi ha più tenuta è
la fibrillazione ventricolare che può provocare morte improvvisa. Altre complicanze
dell’infarto del miocardio sono lo shock cardiogeno, la rottura di una parete libera del cuore
con emopericardio il tamponamento cardiaco.
L’infarto può essere suddiviso a seconda del coinvolgimento parietale in subendocardico
(non STEMI) e transmurale (STEMI) in cui c’è oltre al pallore il tessuto assume un colorito
giallo ocra che nasce dall’infiltrato infiammatorio che viene richiamato nell’area necrotica.
Dopo l’infarto si attivano i meccanismi di riparazione che dovrebbero restituire l’integrità al
tessuto: i neutrofili giungono dopo 24-48 ore dall’evento e rimuovono e lisano le cellule
necrotiche, i macrofagi dopo 4-5 giorni attivano il drenaggio linfatico e sono carichi di
emosiderina, i fibroblasti producono collagene per la formazione di tessuto cicatriziale. Il
tessuto cicatriziale non è funzionale da un punto di vista contrattile o elettrico, se il tessuto
sostituito è molto consistente si potrebbe creare tramite questo un locus di minore
resistenza, un aneurisma.
MORTE IMPROVVISA: Può essere una conseguenza dell’infarto del miocardio acuto, le
statistiche dicono che nel 90% dei casi la morte improvvisa è dovuta a problematiche
coronarica.
Può avvenire a seguito di:
1. necrosi massiva del miocardio che porta ad asistolia con deficit di pompa, shock
cardiogeno e fibrillazione ventricolare.
2. senza necrosi.
Prima di confermare una morte improvvisa per causa cardiovascolari e si devono escludere
le cause extracardiache: encefaliche, tossicologiche, ecc.
Esistono comunque cause vascolari extracardiache di morte improvvisa come la trombo
embolia polmonare e la dissezione aortica.
MALATTIA ATEROMASICA: L’aterosclerosi è una patologia multifattoriale sinergica causata
dalla presenza di più fattori fattori causali o di rischio (diabete, obesità, fumo, alcol,
ipertensione arteriosa, dislipidemia), che si presenta con due modalità diverse nel paziente
giovane e nel paziente anziano.
Nei giovani la placca prolifera velocemente, il cappuccio fibroso è costituito da una
componente lei e muscolare è una matrice fibro mixoide con cellule muscolari che
proliferano velocemente.l’occlusione del vaso può sopraggiungere non avendo sviluppato
circoli con la federali ed era sintomatologia ischemica precoce anche con una patologia
meno avanzata rispetto all’anziano.
L’ateroma è la massa necrotico lipidica causa di aterosclerosi, nasce quando le cellule
endoteliali per qualsiasi stimolo stressogeno (shear stress) si scollano dal vaso stimolando il
sistema della coagulazione: le piastrine richiamano fattori di crescita come PDGF e TNF che a
loro volta richiameranno citochine, linfochine e cellule infiammatorie.
La COLPOSCOPIA ci permette di effettuare una biopsia nel canale cervicale in tutti quei casi
in cui il PAP test abbia osservato atipie significative, per avere una conferma istologica delle
lesioni e della loro gravità (CIN1-2-3).
UTERO:
CAUSE DI SANGUINAMENTO UTERINO ANOMALO:
1. DISFUNZIONALI: Il sanguinamento non è dovuta ad una causa organica ma è il
risultato di cicli a un ovulatori, stimolazione estroprogestinica abnorme con
conseguente mancata corrispondenza tra la fase ormonale e mestruale (causando
iperplasia endometriale responsabile di sanguinamento), fase luteinica insufficiente
(causata da bassi livelli di progesterone).
2. ADENOMIOSI: La presenza di mucosa endometriale nel contesto del mio meglio che
sanguina in modo anomalo e causa dolore. Questa non è altro che è una forma di
endometriosi che potrebbe comunque localizzarsi anche in altri distretti: ovaie, tube,
retto, cavità peritoneale, ecc. (l’endometriosi è una delle cause più frequenti di
sterilità. L’ipotesi patogenetica è il rigurgito verso le tube di cellule endometriali, una
metaplasia o una disseminazione linfatico ematica di cellule endometriali in altri
distretti).
3. POLIPI: iperplastici (età fertile) o atrofici (post-menopausali) Sono una causa
frequente di emorragia. Raramente cancerizzato meno del 3% dei casi ma sei di
dimensioni considerevoli possono torcersi e lo strozzamento del peduncolo vascolare
causare necrosi.
4. IPERPLASIA ENDOMETRIALE: E di tipo ghiandolare si assume atipie può precedere un
adenocarcinoma. Ci sono tre varianti: quella tipica, con dissemina con dismetria
nucleare e altre alterazioni indici della perdita di controllo sulla proliferazione
cellulare; quella complessa, un po’ più controllata in cui si formano nidi solidi e si può
perdere la differenziazione cellulare; quella semplice. Dal punto di vista eziologico le
cause dell’iperplasia sono la iper stimolazione estrogenica che si può verificare anche
per l’aumento del tessuto adiposo, per la presenza di tumori ovarici secernenti o per
la PCOS (sindrome di Stein Leventhal). Se si trova una donna in menopausa con
sanguinamento ed iperplasia si può decidere di procedere ad una isterectomia e
annessectomia preventiva. In una donna in età fertile con sanguinamento è
iperplasia endometriale si fanno follow-up periodici.
5. ADENOCARCINOMA ENDOMETRIALE: Esistono tre Isto tipi caratterizzati da prognosi
diversa: il carcinoma si è roso ed il carcinoma a cellule chiare che hanno un
comportamento più aggressivo (e alterazione di p53) e la variante endometrioide
meno aggressivo (associato a mutazione di RET, RAS e PTEN). L’adenocarcinoma
endometriale si è roso può essere presente nella variante papillare in cui le cellule
neoplastiche si organizzano in papille attorno all’asse fibro-vascolari, questo tumore è
molto aggressivo e da metastasi a distanza. La diagnosi non è così semplice perché il
sintomo principale, il sanguinamento, è piuttosto tardivo. La progressione del tumore
nei suoi stadi di sviluppo è importante per definire la prognosi e per scegliere la
terapia: lo stadio uno è il più a prognosi migliore in cui il tumore interessa solo il
corpo uterino e non si estende alla cervice o alle altre strutture circostanti. Inoltre è
importante capire il grado di infiltrazione della parete uterina stessa infatti se il
tumore si ferma prima della prima metà del miometrio, le metastasi sono più rare,
viceversa saranno più probabili/più precoci.
6. TUMORI MESENCHIMALI: come il leiomioma ed il leiomiosarcoma (benigno e
maligno tra cui si colloca lo STUMP, potenzialmente maligno, entità intermedia).
OVAIE:
Cisti funzionali: responsabili di produzione estroprogestinica:
1. CORPO LUTEO CISTICO: Hanno un rivestimento arancione poiché le cellule che lo
compongono sono ricche di lipidi per la sintesi di ormoni.
2. CISTI TECOLUTEINICA
3. CISTI FOLLICOLARE: Il follicolo va incontro ad un abnorme dilatazione compresa tra
uno e 5 cm (sotto il centimetro si parla di follicolo cistico). L’epitelio di rivestimento di
una cisti follicolare è formato da cellule della granulosa e cellule della teca.
4. PCOS: È una patologia in cui sia una iper produzione ormonale di androgeni con un
quadro di irsutismo, acne, resistenza insulinica associata di infertilità.
Altre cisti ovariche:
1. CISTI PARATUBARICA: Originano dall’epitelio tubarico in prossimità della tuba uterina.
La cisti ha superficie liscia formata da epitelio colonnare ciliato del tutto identico
all’epitelio tubarico.
2. CISTI DA ECHINOCOCCO: Oggi sono di raro riscontro, specie in sede ovarica mentre
sono più comuni nel fegato. La patologia viene trasmessa attraverso animali come
pecore e cani..
3. CISTI ASCESSUALE: Si formano a seguito di processi flogistici infiammatori di natura
infettiva.
4. CISTI CIOCCOLATO: Sono cisti che includono focolai ectopici di tessuto endometriale
nel contesto dello stroma ovarico normale, la colorazione è dovuta dal
sanguinamento i globuli rossi vengono infatti digeriti dai macrofagi e donano il
caratteristico colore.
PATOLOGIA NEOPLASTICA:
Benché nella maggioranza delle volte la patologia neoplastica ovarica sia benigna e sarà
presenta una frequente causa di morte in rapporto al fatto che i tumori vengono
diagnosticati tardivamente, o in età avanzata, sono bilaterali. Io voglio e posso anche essere
sedi di tumori secondari. È possibile distinguere tumori benigni, circa l’80% da tumori
maligni circa il 20% ma anche tumori borderline che rispetto ai benigni hanno vegetazioni e
endoluminali e sulla superficie ovarica cellulari ma non hanno attività invasiva come i
maligni.
Il riscontro di un’entità borderline fa scattare la ricerca di eventuali IMPIANTI (CON IL
SAMPLING PERITONEALE) perché nonostante non sia invasivo nel contesto ovarico può dare
metastasi peritoneali (ciò autorizza una chemioterapia più aggressiva). Gli impianti nel cavo
peritoneale possono riconoscersi perché quando avvengono in passivamente causano una
reazione desmoplastica in cui il tessuto circostante circoscrive la zona (prognosi migliore). A
volte gli impianti avvengono non invasivamente senza suscitare la reazione desmoplastica e
devono essere ricercati considerando che il loro aspetto è simile a quello ovarico ovvero di
proliferazioni papillari con crescita endofitica.
Tumori DELL’EPITELIO CELOMATICO: sono distinti in benigni (cistoadenoma), borderline (il
concetto di borderline è dato dal riscontro di atipia ma assenza di invasività stromale o del
peduncolo vascolare) e maligne (cistoadenocarcinoma) tra cui ricordiamo 3 varianti:
1. Sieroso - Qualora l’epitelio sia cilindrico ciliato. Sono distinti in tumori sierosi di alto
grado e di basso grado (quello di basso grado evolve da un tumore borderline, quello
di alto grado nasce come tale ed è più aggressivo e si presenta con area necrotica). Il
tumore è associato a mutazioni genetiche della linea germinale dei geni BRCA1 e 2 e
di p53 (ma anche KRAS). Si potrebbe fare un ovariectomia profilattica se si è a
conoscenza della mutazione che nel caso deve essere estesa alle tube (salpingo
ovariectomia) perché i tumori di alto grado in realtà originano dall’epitelio tubarico.
2. Mucinoso - A sua volta si distingue in una varietà intestinale e in una endocervicale.
Quando è bilaterale il tumore è più frequentemente maligno. Qualora il contenuto si
riversi all’interno del cavo peritoneale determina lo sviluppo di uno pseudo mixoma
peritonei infatti la MUCINA causa una reazione infiammatoria con formazione di
aderenze ed incarcerazioni che possono risultare letali per la paziente bloccano gli
ureteri (si può verificare anche se il tumore è benigno).
3. Endometroide - In cui abbiamo tessuto simile endometrioide, in questo caso bisogna
comprendere se si tratta di un tumore primitivo o secondario a partenza uterina
(endometriale). Per valutarlo si campiona l’endometrio alla ricerca dell’eventuale
tumore primitivo.
Tumori GERMINALI: Tra questi ricordiamo il teratoma ovarico, origina da cellule Totti potenti
e qualunque tipo di tessuto può formarsi al suo interno, solitamente si tratta di tessuto
adiposo ma anche osso, cartilagine, tessuto tiroideo secernente, ecc.
Tumori STROMALI: Sono molto rari e sono responsabili come le cisti funzionanti di sindrome
paraneoplastica causata da iperproduzione ormonale.
Metastasi: tumori secondari dell’ovaio che originano da utero, seno, colon o stomaco.
PATOLOGIA TIROIDEA
PATOLOGIA INFIAMMATORIA:
TIROIDITE ACUTA - È caratterizzata da una durata clinica inferiore ai sei mesi è un decorso
acuto il riscontro istologico tiroideo e di infiltrato granulocitario neutrofilo. I sintomi sono
febbre malessere e dolore (per questo si effettua raramente agoaspirato agobiopsia). Gli
agenti eziologici che possono causare sono batteri come streptococchi e stafilococchi, miceti
come candida e virus come citomegalovirus.
La più comune forma di tiroidite acuta è la TIROIDITE SUBACUTA GRANULOMATOSA:
Processo auto risolutivo che insorge in soggetti di età compresa tra i 30 e di cinquant’anni in
seguito a infezione delle alte vie respiratorie poiché i virus che causano infezione causano
anche la formazione di anticorpi accendendo la risposta infiammatoria nel corpo. Si avrà
come conseguenza un ipotiroidismo.
All’esame istologico si osservano cellule giganti multinucleate organizzate a formare
granulomi (colorazione di Papanicolaou).
TIROIDITE CRONICA - Tra le tiroiditi autoimmuni ricordiamo:
1. La tiroidite di Hashimoto caratterizzata da ipertiroidismo e auto anticorpi anti
tireoglobulina ed anti tireoperossidasi. Questa patologia è associata a familiarità per
altre patologie autoimmuni (vitiligine, diabete, ecc.) e nella patogenesi sono coinvolti
linfociti T, B e plasmacellule. All’esame istologico i tireociti formano strutture
follicolari con metaplasia oncocitaria (cellule di HURTLE con citoplasma eosinofilo
(ossifile, oncocitarie) per la ricchezza i mitocondri). I linfociti sono disposti a creare
aggregati, disposizione follicolare (la tiroide sembra un grande linfonodo).
Macroscopicamente la patologia è diffusa e dona alla tiroide un ingrandimento
diffuso della ghiandola senza nodularità, ad organizzazione parenchimatosa. Il rischio
a cui si va incontro è che a partire dai linfociti nasca un linfoma B.
2. La tiroidite fibrosante di Riedel sembrerebbe avere anche eziologia autoimmune ma
la causa è sconosciuta. Si ha una sostituzione del tessuto ghiandolare con tessuto
fibroso, è una fibrosi spontanea della tiroide non legata a un processo flogistico. Può
mimare una neoplasia maligna perchè la fibrosi causa dispnea, disfagia e displasia
(entra in DD con il tumore anaplastico che da anche sintomi da compressione).
3. Il morbo di Basedow è un ipertiroidismo in cui si ha la presenza di autoanticorpi
diretti contro il recettore del TSH con edema pretibiale ed esoftalmo (per accumulo
di GAG prodotte dai fibroblasti). La tiroide iperfunzionante, all’istologia, appare
TARLATA per la presenza di vacuoli di colloide per l’aumentata produzione ormonale.
L’istologia del morbo di Basedow, anche chiamato gozzo tossico diffuso, è comune
alla sindrome di Plummer in cui si ha multinodulare tossico.
Qualora il gozzo non sia funzionante si parla di gozzo non tossico, il gozzo non tossico
nodulare si deve distinguere dal nodulo tiroideo (neoplasia contro iperplasia): un nodulo è
sospetto se è solito, di grandi dimensioni, ipoecogeno, cresce velocemente, se è solitario, se
lo troviamo in un paziente che non ha avuto storia pregressa di gozzo tiroideo.
NODULI TIROIDEI
Sono tumefazioni localizzate nel contesto di una ghiandola tiroidea apparentemente
normale. In maggioranza i noduli sono benigni (il nodulo pseudotumorale per eccellenza è
quello iperplastico del gozzo), dati da: gozzo nodulare, cisti, tiroiditi croniche. L’1% è
rappresentato da tumori maligni.
INDAGINI:
- Palpazione
- Ecografia, per verificare il numero dei noduli, se ipoecogeni (forse neoplastici) o
anecogeni (dati da aree colloidocistiche di gozzo), se vi sono microcalcificazioni o
vascolarizzazione intramodale (suggestivi di neoplasia maligna)
- Dosaggio ormoni tiroidei
- Scintigrafia (ipercaptaizione per noduli caldi, ipo per i freddi)
- Ago Aspirato, permette di fare l’esame citologico (suggestivi di neoplasia maligna
sono nuclei variabili, l’overlapping (cioè la sovrapposizione di nuclei per l’intensa
proliferazione), gli inclusi nucleari (cellule a nuclei chiari sono indice di K papillare).
Una volta prelevato il liquido, se ne poggia una goccia sul vetrino, si striscia a 45°, si
fissa e si esamina:
- TIR1 = non diagnostico
- TIR2 = benigno come in Hashimoto, o gozzi nodulari
- TIR3 = è dubbio: 3A incidenza di alta benignità, 3B bassa benignità
- TIR4 = dubbio maligno
- TIR5 = lesione maligna con incisure nucleari (GROOVES) e nuclei vuoti
Un nodulo può essere:
- RIGENERATIVO/IPERPLASTICO = non capsulato, aspetto colloidocistico, solitamente
multipli;
- NEOPLASTICO = capsulato, parenchimatoso, solitamente singolo;
PATOLOGIA NEOPLASTICA:
BENIGNA -
ADENOMA FOLLICOLARE: È dato dalla presenza di un nodulo capsulato più frequente nelle
donne (fattore di rischio principale: l’esposizione a radiazioni ionizzanti) generalmente
asintomatico caratterizzata da un incremento della cellulari ta dei tirocini di che si
organizzano in strutture microfollicolari (le strutture macrofollicolari sono tipiche
dell’iperplasia gozzigena) che possono comprimere le strutture circostanti con effetto
ischemico dei tireociti circostanti che formano una capsula fibrosa a circoscrivere il tumore.
Il tumore non invade la capsula in quanto è benigno.
ADENOMA A CELLULE DI HURTHLE: È un tumore benigno che presenta similmente a la
tiroidite di Hashimoto una metaplasia oncocitaria.
MALIGNA -
CARCINOMA PAPILLARE: È la neoplasia più frequente della tiroide tra le maligne interessa i
soggetti di età giovane tra i 20 e di quarant’anni. E’ correlato all’esposizione a radiazioni
ionizzanti e dal punto di vista molecolare si riscontrano 2 mutazioni genetiche: 1.
traslocazione del gene RET o mutazione puntiforme di BRAF (anche nel melanoma B600E). Si
osserva la presenza di un nodulo singolo parenchimatoso cioè solido, con un asse vascolare
attorno a cui le cellule neoplastiche si accrescono di questo tumore esistono alcune varianti:
capsulata, follicolare, a cellule alte, sclerosante diffusa. Le cellule sono atipiche con nuclei
iperintensi (occhi dell’orfanella Annie), ingranditi con contorno irregolare, in mitosi, con
nuclei a vetro smerigliato, e invaginazioni citoplasmatiche caratteristiche viste come pseudo
inclusioni nucleari, e corpi XAMOMATOSI (calcificazioni lamellari, i corpi xamomatosi si
riscontrano anche a livello cerebrale come nel meningioma xamomatoso e nei tumori
dell’epitelio celomatico superficiale di tipo sieroso dell’ovaio).
La prognosi è buona anche in presenza di metastasi ai linfonodi loco regionali.
CARCINOMA FOLLICOLARE: A prognosi più favorevole, in base dei capsula e bassi (il
patologo ricerca di solito l’invasione vascolare) e spesso non ha atipie cellulari.
CARCINOMA ANAPLASTICO: E tipico della popolazione anziana e a prognosi infausta. Infiltra
le strutture circostanti causando dispnea e disfagia. Viene detto anaplastico perché è poco
differenziato, si associa alla mutazione di p53.
CARCINOMA MIDOLLARE: rappresenta il cinque-10% dei tumori tiroidei può essere
sporadico o familiare associato a mutazione RET e a sindrome MEN 2a e 2b (per questo da
un paziente zero con diagnosi si valutano i familiari).
Questo tumore nasce dalle cellule C parafollicolari che intervengono nel metabolismo del
calcio producendo calcitonina, la neoplasia quindi all’immunoistochimica è positiva alla
calcitonina e i marcatori neuroendocrini come cromogranina e sinaptofisina. Le cellule
neoplastiche crescono a TRAVATE e con la colorazione rosso Congo si evidenziano i depositi
di AMILOIDE tra le cellule, tipica caratteristica di questo tumore.
PATOLOGIA CUTANEA
NEVI:
Sono divisi in: nevi giunzionali, composti e intradermici.
Oppure in:
NEVI CONGENITI: I nei congeniti sono degli elementi amartomatose perché si riscontrano
follicoli piliferi. Tanto è vero che la caratteristica fondamentale è quella che i melanociti si
distribuiscono lungo i follicoli piliferi che arrivano al derma reticolare e sono nei PELOSI.
Trattando il nevo con laser terapia si rischia che esso si ricostituisca (e diventi un nervo
ricorrente). Il neo congenito può raggiungere anche dimensioni importanti finiscono di
grande dimensione superano il CUT-OFF di 6 cm associa la possibilità di evolvere in
melanoma.
NEVI ACQUISITI: È un reperto molto comune con le sue varietà istologiche:
1. NEVO BLU - Prende il nome dal fatto che il pigmento melanico è situato in profondità
è per effetto Tyndall di rifrazione della luce appare di colorito blu.
2. NEVO DI SPITZ - Veniva in passato chiamato melanoma giovanile perché clinicamente
che istologicamente simula il melanoma, spesso la lesione non è pigmentata ma a
rapida crescita e all’arma i genitori. Il melanoma in età pediatrica è un’entità molto
rara per questo di solito il nevo di Spitz si tiene sotto controllo ma non si rimuove
necessariamente.
3. NEVO DI SUTTON - Anche detto Halo Nevus, si riscontra in età pediatrica in soggetti
con familiarità per VITILIGINE (patologia a carattere autoimmune in cui la flogosi
determina distruzione dei melanociti e aree acromiche simmetriche in certe zone del
corpo, gomiti, regione oculare, ecc.).
4. NEVO MORIFORME DI UNNA - È un neo rilevato a volte presente a livello del cuoio
capelluto, l’aspetto rigonfio e indice di edema e non di proliferazione cellulare, è
assolutamente benigno la benignità è dimostrata dal fatto che i melanociti in
profondità tendono a maturare (sono sempre più piccoli).
MELANOCITOSI DERMICHE (proliferazioni melanocitarie del derma profondo che donano un
colorito bluastro a particolari zone della cute):
- NEVO DI OTA - In sede oftalmico mascellare,
- NEVO DI ITO - In sede acromioclavicolare,
- MACCHIA MONGOLICA - In sede sacrococcigea.
NEVO DISPLASTICO: È un’entità intermedia tra i nevi ed il melanoma, spesso i portatori di lei
displastici hanno una vera e propria sindrome (sindrome del nevo displastico) e vengono
sottoposti a follow-up semestrali.
MELANOMA: il melanoma è un tumore maligno di frequente riscontro nella popolazione
caucasica. Il fattore di rischio correlato maggiormente all’insorgenza di melanoma è la
radiazione ultravioletta UVB. I soggetti più a rischio sono quelli di fototipo 1 e 2, fototipo
chiaro secondo la classificazione di FitzPatrick e con storia di ustioni solari in età pediatrica.
Aldilà dei fattori ambientali il rischio aumenta per la presenza di sindromi genetiche come
xeroderma pigmentoso e la sindrome del nevo displastico.
La maggior parte dei melanomi nascono come nuove entità ma esiste il caso in cui un neo
acquisito o congenito si trasformi in melanoma. Per questo bisogna attenzionare ogni
lesione di dimensioni superiori ai 6 mm basandosi sulla regola ABCDE: asimmetria, bordi,
colore, dimensioni, evoluzione.
Sempre valido è il segno del brutto ANATROCCOLO.
Esistono quattro varianti cliniche del melanoma:
1. Superficial spreading melanoma (localizzato sul tronco nel maschio e sugli arti nelle
femmine).
2. Lentigo maligna (localizzata al volto e nelle regioni fotoesposte).
3. Melanoma nodulare (localizzato ovunque compreso alle mucose).
4. Melanoma acrale lentigginoso (localizzato nelle sedi palmo plantari, spesso
trascurate).
Queste varianti cliniche hanno due fondamentali pattern di crescita:
1. orizzontale;
2. verticale (tipico della variante nodulare).
Il compito del patologo e misurare lo spessore di Breslow, i livelli di Clark ed eventualmente
analizzare il linfonodo sentinella.
Lo spessore di BRESLOW misura dallo strato granuloso l’epidermide fino al punto di massima
infiltrazione delle cellule neoplastiche, se è maggiore di 0,8 mm si fa la ricerca del linfonodo
sentinella: sulla cicatrice chirurgica sinistra del colorante come il blu di metilene più spesso
un tracciante radioattivo. Il primo linfonodo drenante del distretto cutaneo interessato viene
asportato e si osserva la presenza al suo interno di cellule neoplastiche. La positività del
linfonodo sentinella cambia la terapia del melanoma. Si eseguirà una chemioterapia
adiuvante nel caso di positività o anche nel caso in cui linfonodo non abbia metastasi ma sia
sede di infiltrato infiammatorio.
I livelli di CLARKE analizzano l’infiltrazione del melanoma in 5 livelli, tanto è maggiore il
livello di infiltrazione, tanto peggiore sarà la prognosi:
1. Confinato all’epidermide
2. Invasione del derma superficiale
3. Invasione del derma papillare
4. Invasione del derma reticolare
5. Invasione del sottocute
Marcatori melanocitari specifici sono HMB-45 e MART-1, utili per la valutazione di metastasi
melanocitarie a distanza.
TUMORI CUTANEI:
CARCINOMA BASOCELLULARE: È il primo in ordine di frequenza, viene definito così per il
suo atteggiamento bassa ioide. Origina dal follicolo pilifero, dal compartimento staminale.
Veramente da metastasi perché ha una crescita orizzontale. Ma può manifestare la sua
malignità in sede e con il tempo infiltrare e demolire anche i piani ossei sottostanti. Si
distingue una forma piana che all’aspetto di una chiazza eritematosa ed una forma nodulare.
CARCINOMA SQUAMOCELLULARE: origina dai cheratinociti sia cutanei che del cavo orale,
può nascere a partire da una lesione precancerosa come cheratosi attinica e che Rita
attinica, morbo di Bowen ed eritroplasia di Queyrat (sinonimi di carcinoma squamocellulare
in situ).
Questo tumore può metastatizzare, la crescita è verticale e quando lo spessore supera i 10
mm la prognosi è sfavorevole.
Il grado di differenziazione viene definito e sul grado di cheratinizzazione, più l’epitelio è
cheratinizzato migliore è la prognosi.
Alcol, infezione da papilloma virus, e fumo di sigaretta sono fattori di rischio per il riscontro
di carcinoma squamoso in sede orale.
CARCINOMA NEUROENDOCRINO DI MERKEL: È un tumore che nasce come lesione
nodulare non pigmentata ma nonostante l’apparenza banale è un tumore a piccole cellule
molto aggressivo che già al momento della diagnosi presenta lesioni metastatiche. E’ un
tumore neuroendocrino e con la colorazione cromogranina all’indagine immunoistochimica
si ha conferma di ciò.
ISTIOCITOSI A CELLULE DEL LANGHERANS: è un tumore raro partenza dalle cellule
dell’Langherans, cellule cutanee con ruolo di APC.
PATOLOGIA EPATICA
EPATOPATIE ACUTE E CRONICHE: L'epatopatia acuta tende a risolversi senza la necessità di
una biopsia pertanto è di solito l'epatite cronica che richiede la lettura del vetrino
anatomopatologico.
Le cause più frequenti di epatite sono i virus epatite A, B e C, le epatiti da farmaci, le epatiti
autoimmuni, malattie da accumulo come una malattia di Wilson, il deficit di alpha 1
antitripsina, la colangite sclerosante primitiva, la cirrosi biliare primitiva.
Lo scopo del patologo è tramite l'ago biopsia quello di osservare le alterazioni microscopiche
e tramite l'immunoistochimica risalire all'eziologia. La biopsia può essere effettuata anche
senza significato diagnostico ma con lo scopo di follow-up.
Ci sono delle regole sul frustolo di tessuto prelevato che dovrà rappresentare
adeguatamente l'organo pena il rischio di non riconoscere alcuna alterazione in un fegato
malato o viceversa: la dimensione deve essere di almeno 1,5 cm e bisogna avere la presenza
di almeno 6 spazi porto biliari (una quantità di parenchima adeguata).
Al microscopio:
- a basso ingrandimento si ha una visione globale del tessuto (che permette di
riconoscere fibrosi, steatosi, e altre patologie diffuse);
- ad alto ingrandimento si osservano infiammazione e necrosi (focale, zonale,
confluente, massiva o a ponte);
Gli epatociti potrebbero avere:
- un corpo acidofilo, questo è segno di apoptosi epatocitaria,
- corpo balloniforme, segno di sofferenza e epatocitaria,
- l'aspetto a vetro smerigliato è tipico dell'epatite B.
L’epatite si definisce attiva se c’è necrosi e infiammazione, persistente inattiva se è limitata
agli spazi porto biliari con coinvolgimento di linfociti CD8+, plasmacellule e sidereofagi,
cronica attiva, infine, se supera gli spazi e coinvolge il lobulo.
Nell'epatite cronica si osserva fibrosi e rigenerazione. Lo score di Sheller del 1991 dava un
valore all’epatite da zero o a quattro in base alla gravità.
La fibrosi si evolve in quattro fasi:
1. portale,
2. peri-portale,
3. porto-centrale,
4. cirrosi.
La colorazione con TRICROMICA evidenzia le aree fibrotiche in blu.
Nella colangite sclerosante si ha fibrosi concentrica attorno ai dotti biliari, con aspetto a
bulbo di cipolla. Di solito c’è un ricco infiltrato linfocitario.
L’epatite alcolica è sempre associata a steatosi epatica, il fegato contiene MICROVESCICOLE
lipidiche, vacuoli dal colore biancastro.
La statosi non alcolica NASH, si presenta con aspetto bollono e biancastro del fegato a
pattern MACROVESCICOLARE, la NASH viene gradata e studiata considerando oltre alle
vescicole la presenza di lipogranulomi, corpi di Mallory, corpi acidofili, ferro epatocitario,
infiammazione.
ADENOMA EPATICO e IPERPLASIA NODULARE FOCALE sono lesioni nodulari BENIGNE del
fegato, nell’adenoma abbiamo cordoni di epatociti che formano un nodulo perdendo
l’architettura portale, nell’INF si ha un anomalia vascolare con cicatrice centrale stellata e
setti fibrosi.
CARCINOMA EPATOCELLULARE è il tumore maligno epatico, spesso insorge su fegato
cirrotico o a partire da un adenoma epatico, si osserva l’innalzamento dell’alpha feto
proteina sferica, e il tumore, che è invasivo può dare metastasi linfonodali e a distanza (a
polmone, osso, surrene, stomaco, principalmente). Il CARCINOMA FIBROLAMELLARE è la
variante “giovanile” del carcinoma epatocellulare, nei bambini si possono sviluppare
EPATOBLASTOMI.
COLANGIOCARCINOMA INTRAEPATICO si manifesta con alti livelli di Ca19.9 e viene messo in
DD con tumori di altre sedi che causano metastasi epatiche.
PATOLOGIA POLMONARE
EDEMA POLMONARE
È la presenza di trasudato (e non di essudato, tipico delle polmoniti) a livello interstiziale e
nelle cavità alveolari.
L’EDEMA POLMONARE CARDIOGENO è il più frequente. È causato da un aumento della
pressione idrostatica capillare, con congestione, causata da insufficienza del ventricolo sx per
IMA, valvulopatie, aritmie (più frequentemente valvulopatia mitralica).
L’EDEMA DA LESIONI MICROVASCOLARI è dato da un aumento della permeabilità capillare,
per lesione dei capillari dei setti alveolari -> fuoriuscita di liquidi e proteine. Può essere
causato da inalazione di sostanze tossiche, come farmaci, droghe, aspirazione di succhi
gastrici, o anche shock, terapie radianti, ossigeno-terapia.
Nell’EDEMA EMODINAMICO, a parte l’aumento della pressione idrostatica, come visto
nell’edema cardiogeno, possiamo avere la diminuzione della pressione colloidosmotica
(come nella cirrosi epatica, ipoproteinemia, sindrome nefrosica), o diminuzione della
pressione idrostatica interstiziale (asma, enfisema), o diminuzione del drenaggio linfatico da
parte dei linfatici dei setti alveolari (silicosi, linfangite).
L’architettura polmonare è integra e i setti sono indenni, per cui se rimuoviamo la causa si ha
restitutio ad integrum.
Macroscopicamente, abbiamo:
- Polmoni edematosi-congesti (liquido trasparente-roseo), pesanti, umidi, imbibiti
inizialmente nelle regioni inferiori a causa della aumentata pressione idrostatica;
- Congestione di lunga durata -> “indurimento bruno” dei polmoni (ossia polmoni duri
e bruni per il pigmento dei macrofagi) e infezioni sovrapposte.
Microscopicamente:
- Capillari alveolari congesti-ectasici che conferiscono un “aspetto rosso” ai setti, per i
globuli rossi evidenti ingorgati;
- Linfatici congesti che rendono i lobuli ben demarcati;
- Ematossilina-eosina -> materiale trasudato liquido e proteinaceo, trasparente-roseo,
negli alveoli;
- Congestione di lunga durata -> numerosi macrofagi con pigmento emosiderinico
(siderofagi) e fibrosi con ispessimento delle pareti alveolari.
ARDS (Sindrome da Distress Respiratorio Acuto)
Il danno polmonare acuto (ALI, detto anche “edema polmonare acuto non cardiogeno) è
caratterizzato da improvvisa ipossiemia e infiltrati polmonari, e porta all’ARDS.
ARDS e ALI a loro volta portano a flogosi e aumento della permeabilità vascolare, con morte
delle cellule endoteliali ed epiteliali. Gli pneumociti muoiono ed espongono la matrice che
sta sotto di loro. L’ossigeno quindi va a provocare flogosi, edema e richiamo di cellule
infiammatorie.
Entrambe le cellule endoteliali ed epiteliali, inoltre, correlano con la manifestazione
istologica di danno alveolare diffuso (DAD).
In generale, le condizioni associati a ARDS sono: infezioni, traumi e condizioni fisiche
(ustioni, embolia grassosa, radiazioni), riperfusioni, inalazione di agenti irritanti, danno
chimico, condizioni ematologiche, pancreatite, uremia, bypass cardiopolmonare,
ipersensibilità a farmaci (sonniferi) e solventi, complicanze di chirurgia addominale.
Vi è un’alterata integrità della barriera alveolo-capillare per squilibrio tra i mediatori pro e
antinfiammatori, con intenso richiamo e attivazione di PMN e macrofagi alveolari.
1° FASE essudativa iperacuta, 48-72 h. Il 70% muore per MOF.
- Squilibrio mediatori = porta all’attivazione dei macrofagi interstiziali e alveolari e
all’adesione e attivazione dei PMN NEUTROFILI -> rilasciano enzimi che aumentano il
danno;
- Danno alla parete dei vasi, con fuoriuscita di liquidi, fibrina, globuli rossi (c’è essudato
negli alveoli accompagnato o meno da emorragia) e formazione di microtrombi
capillari;
- Distruzione della parete alveolare e necrosi degli pneumociti di I ordine, dovute
all’attivazione enzimatica dei neutrofili;
- Formazione di PSEUDO membrane ialine (“pseudo” perché parliamo di soggetti
adulti!) sulle pareti alveolari, con essudato eosinofilo ricco di fibrina, residui di cellule
necrotiche, materiale connettivale fibroso.
2° FASE proliferativa e di organizzazione:
- Proliferazione dell’endotelio e degli pneumociti di II ordine -> essi non sono coinvolti
nel danno, anzi servono per la rigenerazione, infatti diventano pneumociti di I ordine;
- Riorganizzazione con riassorbimento da parte dei macrofagi di detriti e liquidi, e
fibrosi con cicatrizzazione interstiziale e ispessimento delle pareti.
Tale fibrosi:
- Porta ad obliterazione fibrosa degli spazi alveolari e al “POLMONE A FAVO”
con fibrosi interstiziale marcata e formazione di cavità cistiche, separate da
aree cicatriziali, e provoca INSUFFICIENZA RESPIRATORIA CRONICA;
- Porta a guarigione con fibrosi moderata e disfunzione residua minima.
IPERTENSIONE POLMONARE
Il circolo polmonare è a bassa resistenza e la pressione polmonare è 1/8 di quella arteriosa
sistemica. Quando la pressione polmonare media diventa >1/4 della sistemica si parla di
ipertensione polmonare (IP).
E’ causata da: fibrosi polmonare, BPCO, tromboembolia, stenosi mitralica, Collagenopatie,
ecc.
Nella IP sono state identificate mutazioni del meccanismo di trasmissione del segnale di
BMPR2 (recettore di tipo 2 della proteina morfogenica dell’osso). BMPR2 solitamente nelle
cellule muscolari lisce dei vasi causa inibizione della proliferazione e favorisce l’apoptosi.
Quindi mutazioni inattivanti di BMPR2 fanno proliferare e aumentano la vita delle cellule
muscolari lisce, e sono state identificate nel 50% dei casi familiari e nel 25% di quelli
sporadici.
Tutte le forme di IP hanno in comune l’ipertrofia mediale delle arterie elastiche e muscolari,
ateroma dell’arteria polmonare e dei rami, ipertrofia ventricolare dx.
Arteriole e piccole arterie sono le più colpite.
Una condizione estrema nelle modificazioni patologiche è rappresentata dalla LESIONE
PLESSIFORME, così chiamata per la presenza di formazioni capillari a ciuffo che formano una
rete attorno al lume delle arterie.
L’IP si presenta con dispnea, affaticamento, crisi anginose. Nelle fasi avanzate abbiamo cuore
polmonare cronico (difficoltà respiratoria, cianosi, ipertrofia ventricolare dx) che si complica
con tromboembolia e infezioni.
TROMBOEMBOLIA E INFARTO POLMONARE
Il 95% dei trombi che occludono un’arteria polmonare derivano da una TVP. Solo il 10% dei
trombi provoca infarti polmonare: esso infatti non si verifica facilmente, grazie alla doppia
circolazione, e quando avviene si tratta di solito di pazienti anziani con malattie cardiache e
polmonari croniche.
Gli emboli possono essere diffusi, nei piccoli vasi distali, o “a sella”, cioè a cavallo della
biforcazione di due vasi maggiori.
Se l’embolo è di medie-piccole dimensioni e raggiunge i vasi periferici, potrebbe provocare
un INFARTO POLMONARE.
A livello istologico, l’infarto è caratterizzato da NECROSI ISCHEMICA COAGULATIVA (che
diventa colliquativa se si sovrappone infezione) del tessuto polmonare nella zona di
emorragia, che interessa alveoli, bronchioli e vasi.
Se l’infarto è causato da un embolo infetto (spesso da endocardite valvolare), vi è una
essudazione neutrofila e maggiore flogosi -> INFARTO SETTICO che può evolvere in ASCESSO
POLMONARE.
Un trombo polmonare è distinto da quelli post-mortem perché presenta le “STRIE DELLO
ZAHN” (aspetto lamellare). Il trombo è formato da stratificazioni di globuli rossi, piastrine,
fibrina.
PNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA
Le sindromi OSTRUTTIVE sono caratterizzate da aumento della R al flusso aereo dovuto alla
parziale o totale ostruzione delle vie aeree. Vi è una diminuzione del picco di flusso durante
un’espirazione forzata (diminuzione della VEMS) e può essere dovuta a:
- Bronchite cronica -> iperplasia delle ghiandole sottomucose e ipersecrezione con
formazione di tappi di muco (aumentano le resistenze);
- Bronchiectasie -> dilatazione del lume bronchiale (fino a 4x);
- Asma -> iperplasia muscolare liscia, eccesso di muco e flogosi (aumentano le
resistenze);
- Enfisema -> distruzione dei setti interalveolari e dilatazione degli spazi aerei, per
perdita di fibre elastiche (diminuzione della pressione di espirazione);
- Bronchiolite ostruttiva -> ostruzione infiammatoria (muco, fibrosi) delle piccole vie
aeree.
Nella BPCO si hanno bronchite cronica (tosse e muco), bronchiolite ostruttiva (aumento
delle resistenze) ed enfisema (diminuzione della pressione di espirazione).
L’asma si distingue da queste condizioni poiché il suo broncospasmo è REVERSIBILE.
La BPCO è causata prevalentemente da un lungo periodo di intenso tabagismo e da
inquinanti. Vi sono forme enfisema-prevalenti, bronchite/bronchiolite-prevalenti e miste.
Le sindromi RESTRITTIVE sono caratterizzate invece da una diminuzione della espansione del
parenchima polmonare, con diminuita CPT e un VEMS normale o ridotto.
Sono causate da:
- Malattie della parete toracica -> poliomielite, cifoscoliosi, obesità, malattie della
pleura;
- Malattie infiltrative o interstiziali croniche -> pneumoconiosi, fibrosi interstiziale
idiopatica.
BRONCHITE CRONICA
Condizione con tosse produttiva persistente per almeno 3 mesi e per almeno 2 anni
consecutivi. Se persiste per anni può dare BPCO, cuore polmonare o insufficienza cardiaca,
metaplasia dell’epitelio che può evolvere in neoplasia.
Macroscopicamente:
- Iperemia, tumefazione, edema della mucosa;
- Aumento del muco per iperplasia/ipertrofia delle ghiandole mucipare sottomucose
(nel primo tratto);
- Parete ispessita per ispessimento della sottomucosa (nel tratto terminale).
Microscopicamente:
- L’epitelio cilindrico ciliato vede aumento delle goblet cells o cellule mucipare e la
diminuzione di quelle ciliate, rendendo difficile la clearance del muco.
- C’è ipertrofia e iperplasia delle ghiandole sottomucose, con aumento dell’INDICE DI
REID (valore normale 0,4), dato dal rapporto tra spessore della sottomucosa e quello
della parete del bronco. Viene valutato con micrometria su sezione istologica.
- E’ presente infiltrato infiammatorio cronico nella tonaca propria (linfociti,
plasmacellule) e restringimento dei bronchioli a causa della metaplasia a cellule
caliciformi e dei tappi mucosi. Nella riacutizzazione per infezioni batteriche
aumentano soprattutto i PMN con pus ed escreato purulento.
Forme cliniche:
1. SEMPLICE O PURA = nei mesi invernali, più frequente al mattino rispetto alla sera,
tosse produttiva senza segni di ostruzione alla spirometria o all’esame obiettivo
(coinvolti i bronchi principali);
2. ASMATICA = dispnea grave o dopo contatto con agenti inalanti o in corso di infezioni
respiratorie, che inducono iperreattività delle vie aeree;
3. ASSOCIATA AD ENFISEMA CENTRO-ACINARE = con abbondante espettorato purulento
per infezioni ricorrenti, ipercapnia, ipossiemia, cuore polmonare cronico.
Aspetto del paziente = “BLUE BLOATER” (“blu rigonfio”), cianotico per importante
ipossiemia, proprio perché si associa ad enfisema centrolobulare e cuore polmonare.
ENFISEMA
E’ una patologia restrittiva causata dalla dilatazione irreversibile degli acini polmonari,
accompagnata dalla distruzione dei setti e delle pareti alveolari, senza evidente fibrosi (ma
con sostituzione della componente elastica con collagene).
Tipi di enfisema:
Distinti in base alla distribuzione anatomica dell’enfisema nel lobulo.
1. CENTROACINARE (centrolobulare, 95% dei casi): è quello più associato alla bronchite
cronica e al fumo di sigaretta (si riscontrano pigmenti antracosici). Coinvolge le parti
centrali o prossimali degli acini (formate dai bronchioli respiratori), mentre NON
coinvolge quelle distali (alveoli) e si localizza nei lobi superiori, agli apici polmonari.
2. PANACINARE (panlobulare): gli acini sono del tutto iper insufflati, dai bronchioli
respiratori ai sacchi alveolari. Interessa i segmenti basali dei lobi inferiori. È tipico del
deficit ereditario di alpha 1 antitripsina.
3. PARASETTALE (acinare distale): la parte prossimale dell’acino è normale, mentre
quella distale (alveoli) è colpita in maniera preponderante, vicino i setti interlobulari
e vicino la pleura. Si sviluppa in zone adiacenti ad aree di fibrosi e cicatrizzazione. È
più grave nelle regioni polmonari superiori.
4. IRREGOLARE o cicatriziale (con fibrosi e iperinsufflazione): l’acino è interessato in
maniera irregolare (“a salto”) ed è correlato a fenomeni di cicatrizzazione (o
post-chirurgici). Vi è un aumento dei volumi polmonari con grandi bolle apicali
(“BLEBS”).
Può anche essere COMPENSATORIO (per lo più senile, iperinsufflazione compensatoria a
chirurgia o asma, ma senza distruzione dei setti), OSTRUTTIVO (per tumore, corpo estraneo
o BPCO, che provocano ostruzione e l’aria viene intrappolata), BOLLOSO (grandi bolle
subpleuriche), INTERSTIZIALE (ingresso di aria all’interno dello stroma connettivale per
piccole lacerazioni alveolari), MALFORMATIVO (come nella cifoscoliosi).
Nasce a causa di uno squilibrio tra proteasi e antiproteasi:
Il tutto inizia con fattori come fumo e inquinanti ambientali, che hanno un’azione lesiva sulle
pareti alveolari, richiamano neutrofili e macrofagi attivati, produttori di proteasi ed elastasi.
Vengono inattivate le antielastasi come l’α1-ANTITRIPSINA (vi può anche essere il deficit
ereditario) e le elastasi dei PMN e macrofagi agiscono indisturbate provocando danno
tissutale.
La perdita del tessuto elastico causa il collasso degli alveoli durante la fase espiratoria, quindi
diminuisce il ritorno elastico e diminuisce la pressione di espirazione.
Le manifestazioni si hanno quando 1/3 del parenchima polmonare è compromesso:
- Dispnea ingravescente (primo sintomo);
- Tosse o sibili (confuso con l’asma);
- Espettorazione con bronchite associata;
- Calo ponderale grave;
- Torace a botte (limitazione del flusso espiratorio);
I pazienti sono definiti “PINK PUFFERS” perché iperventilano per mantenere una buona
ossigenazione.
L’exitus giunge tardivamente quando è l’ipertensione polmonare a causare cuore polmonare
cronico o improvvisamente in seguito a PNX per collasso polmonare. L’acidosi respiratoria
potrebbe causare coma.
Il trattamento prevede l’utilizzo di broncodilatatori, steroidi, bullectomia, riduzione
chirurgica o trapianto polmonare.
ASMA BRONCHIALE
Malattia infiammatoria cronica delle vie aeree che causa dispnea, sibili espiratori, fame
d’aria, costrizione toracica e tosse, associata a broncocostrizione diffusa in parte reversibile
spontaneamente o dopo trattamento.
Vi è un aumento della reattività a determinati stimoli (innocui per la gente comune) che
provoca broncocostrizione episodica, infiammazione delle pareti bronchiali e aumento della
quantità di muco.
Raramente si può avere lo “STATO ASMATICO”, crisi non remittente che può portare ad
exitus.
ASMA ATOPICA (ESTRINSECO) reazione da ipersensibilità di tipo I mediata dalle IgE.
ASMA NON ATOPICA (INTRINSECO o IDIOSINCRASICO), prova cutanea e anamnesi familiare
negative, non è di tipo immune. Scatenata spesso o da sport, stress o da infezioni
respiratorie virali.
ASMA FARMACO-INDOTTA (INTRINSECO) causata da agenti farmacologici, come l’aspirina
che sposterebbe l’equilibrio verso la sintesi di leucotrieni broncocostrittori.
ASMA PROFESSIONALE (ESTRINSECO) per esposizione a vapore, polvere organica e chimica,
gas e altri prodotti in ambiente lavorativo. Bastano minime quantità per scatenare un
attacco.
Patogenesi nell’asma atopica:
Suscettibilità genetica per un allergene -> il contatto con tale allergene stimola le cellule TH2
-> producono citochine come IL-4 (che stimola la produzione di IgE), l’IL-5 (attiva localmente
gli eosinofili reclutati, che sono presenti abbondantemente anche nell’espettorato), e l’IL-13
(che stimola la secrezione di muco e di IgE) -> le IgE ricoprono i mastociti e ne scatenano la
degranulazione -> si hanno reazioni di fase immediata e tardiva:
- Fase PRECOCE = dura alcune ore. Si ha liberazione di granuli preformati, con
broncocostrizione (causata anche dai recettori vagali), aumento di muco, edema,
richiamo di cellule infiammatorie.
- Fase TARDIVA = da 4-8 h dopo a 12-24 h, stato infiammatorio scatenato da fattori
liberati dai leucociti, cellule epiteliali, cellule endoteliali.
“IPOTESI IGIENICA” = l’eradicazione delle infezioni può promuovere le risposte allergiche.
L’asma è una malattia genetica multifattoriale data da interazione di geni e ambiente, con
enorme variabilità.
- Polimorfismi del gene della IL-13;
- Pleomorfismi del recettore per l’endotossina, che invece di attivare i linfociti in senso
TH1 lo danno verso TH2;
- Polimorfismi di ADAM33, metalloproteinasi, che accelerano la proliferazione delle
cellule muscolari lisce e dei fibroblasti, provocando iperreattività bronchiale;
- Mutazioni del gene del recettore β2-adrenergico;
- Mutazione del gene della IL-4 -> aumentano le IgE.
DURANTE L’ATTACCO ASMATICO i polmoni sono iperdistesi e iperinsufflati, con piccole aree
di atelettasia (senza aria). I bronchi sono occlusi da tappi mucosi spessi e adesivi.
Istologicamente i tappi di muco presentano le “SPIRALI DI CURSCHMANN” che sono
aggregati spiraliformi di cellule epiteliali sfaldate, tipiche dell’asmatico cronico, e i “CRISTALLI
DI CHARCOT- LEYDEN”, materiale cristalloide composto da proteine della parete degli
eosinofili.
Gli altri rilievi istologici sono quelli del RIMODELLAMENTO BRONCHIALE, cambiamenti
strutturali dovuti alle ripetute esposizioni agli allergeni e alle reazioni immunitarie:
- Ispessimento globale delle pareti delle vie respiratorie;
- Ipertrofia e iperplasia della muscolatura, con broncospasmo REVERSIBILE;
- Ghiandole sottomucose ipertrofiche e iperplastiche, con aumento del muco;
- Vasodilatazione e aumento della permeabilità, con edema della mucosa e della
sottomucosa;
- Membrana basale ispessita per deposizione di collagene;
- Infiltrato nella sottomucosa di mastociti ed eosinofili (questi ultimi presenti anche nel
lume e nel sangue!) ma anche neutrofili, macrofagi, linfociti.
- L’epitelio desquama per la necrosi (e forma le spirali col muco) e va incontro a
metaplasia mucosa.
MALATTIA INTERSTIZIALE CRONICA DIFFUSA (RESTRITTIVA)
Le interstiziopatie polmonari croniche sono un gruppo di patologie caratterizzate da
infiammazione e fibrosi del connettivo polmonare, soprattutto il più periferico e delicato, a
livello alveolare.
Le alterazioni polmonari hanno caratteristiche RESTRITTIVE, con diminuzione della DLCO, del
volume polmonare e della compliance.
I pazienti hanno dispnea, tachipnea, crepitii, cianosi. Alla RX diffusa infiltrazione di noduli,
linee irregolari, aspetto a “vetro smerigliato”. Si può avere cuore polmonare. Nelle forme
avanzate è presente il POLMONE TERMINALE “A FAVO D’API” che ha cicatrici e distruzione
massiva polmonare.
Le varie patologie interstiziali sono:
- Fibrosi polmonare idiopatica (o UIP = Polmonite interstiziale comune, detta
“polmonite” per la forte componente infiammatoria);
- Pneumoconiosi (antracosi, asbestosi, silicosi);
- Da radiazioni;
- Da farmaci (amiodarone);
- Alveolite allergica (o polmonite da ipersensibilità);
- Sarcoidosi (fase avanzata);
- Associata a malattie del collagene.
SARCOIDOSI
Malattia sistemica da causa non nota, caratterizzata da granulomi non caseosi in molti organi
e adenopatia e interessamento polmonare nel 90% dei casi, seguito da quello oculare e
cutaneo. La diagnosi istologica è di esclusione poiché anche micobatteri, funghi e berilliosi
possono dare granulomi duri.
L’eziologia è sconosciuta ma sono coinvolti 3 fattori:
1. IMMUNOLOGICI = accumulo intra-alveolare e interstiziale di linfociti T CD4+, ↑ di
citochine come IL-2 e IFN- γ che danno espansione T e macrofagica, ↑ citochine che
contribuiscono a formare i granulomi (il TNF è considerato un marcatore di malattia).
2. GENETICI = associazione con alcuni aplotipi HLA.
3. AMBIENTALI = microrganismi come i micobatteri.
Caratteristico è il GRANULOMA DURO NON CASEOSO: aggregato di cellule epitelioidi e
giganti, con rara necrosi centrale, racchiuso da orletto fibroso con la cronicizzazione.
Caratteristiche (60% dei granulomi) concrezioni lamellari di calcio, proteine dette corpi di
Schaumann e inclusioni stellate dette corpi asteroidi, ma non sono patognomiche.
Altri organi coinvolti sono: polmoni, linfonodi, milza, fegato, midollo osseo, cute, occhio,
muscolo, cuore, rene, ghiandole endocrine, SNC.
Ha diversi gradi di gravità e distribuzione incostante delle lesioni. Di solito i pazienti si
rivolgono al medico per l’esordio di alterazioni respiratorie o segni e sintomi generali.
Decorso imprevedibile → o cronica progressivo o riacutizzazioni / remissioni.
Il 70% guarisce con pochi reliquati. Il 20% ha alterazioni polmonari o visive permanenti. Il
10% muore per PMF o cuore polmonare.
D.D. con TBC:
- Ha più cellule epitelioidi
- Non ha necrosi caseosa
- I granulomi non sono confluenti
TUMORI DEL POLMONE
CARCINOMI
È il K diagnosticato con maggiore frequenza nel mondo e la causa più comune di mortalità
per cancro. Colpisce prevalentemente tra i 40 e i 70 anni di età e più i M che le F, anche se
nelle F sono in aumento sia il K squamoso per ↑ dell’abitudine al fumo, sia l’adenoK.
Il fumo di sigaretta, per i suoi effetti cancerogeni, è il fattore di rischio maggiore, la
sopravvivenza a 5 anni è, per tutti gli stadi assieme, solo del 16%. Più colpito è il polmone di
destra; i lobi più colpiti sono i superiori.
I K originano da un accumulo di mutazioni nell’epitelio bronchiale.
FUMO DI SIGARETTA = è il fattore di rischio più importante → l’87% dei K si sviluppa nei
fumatori o in coloro che hanno smesso da poco.
Considerare sempre il n° di sigarette/die, la tendenza ad inspirare, la durata dell’abitudine al
fumo. I forti fumatori hanno un rischio 60 volte maggiore di svilupparlo.
Nel fumo sono contenute sostanze mutagene che sono sia INDUTTORI (idrocarburi policiclici
aromatici come il benzopirene con mutazioni p53) sia PROMOTORI (come i derivati del
fenolo), sia elementi radioattivi e contaminanti.
GENETICA MOLECOLARE = gli oncogeni più importanti coinvolti sono c-MYC, KRAS, EGFR, c-
MET e c-KIT, gli oncosoppressori deleti o inattivati sono cromosoma 3p, p53, RB, p16- INK4a.
I tumori vengono suddivisi in:
1. K polmonare a piccole cellule (SCLC) = vede mutati 3p (100%), p53 (90%), RB (90%),
BCL2 (70-90%), c-MYC (20-30%), c-KIT (40-70% questo non è mutato ma
iperespresso, ciò spiega l’inefficacia di farmaci inibitori delle tirosinchinasi come
imatinib, il quale invece è utile per la target-therapy nei tumori GIST originati dalle
cellule di Cajal, poiché lì c-KIT è mutato).
2. K polmonare non a piccole cellule (NSCLC) = vede mutati p16 (70%), p53 (50%), EGFR
(30%, gene amplificato negli adenoK, beneficia di terapia con EGFR-i), KRAS (10-15%
mutazione associata a prognosi infausta), PTEN (30%).
Il 25% dei K di tutto il mondo colpisce i non fumatori, soprattutto donne sottoforma di
adenoK → vi sono mutazioni prevalentemente di EGFR.
LESIONI PRECANCEROSE
1. Displasia squamosa e K in situ
2. Iperplasia adenomatosa atipica
3. Iperplasia diffusa polmonare idiopatica di cellule neuroendocrine.
ADENOCARCINOMA POLMONARE
Deriva dall’iperplasia adenomatosa atipica → K bronchioloalveolare → adenoK.
Non vi è metaplasia ma displasia del tessuto ghiandolare muciparo (se l’adenoK è centrale,
raro caso che correla con l’istotipo poco differenziato), oppure c’è i’iperplasia adenomatosa
atipica che sfocerà nel K invasivo (a livello periferico del bronchiolo).
Tumore epiteliale ghiandolare o a produzione di mucina. È il più comune nelle F e nei non
fumatori. Può essere: acinare, papillare, solido muco-secernente e bronchioloalveolare.
Rispetto allo squamocellulare, lesioni più piccole e periferiche e subpleuriche.
TTF-1+ (fattore di trascrizione tiroideo 1). È a crescita lenta e metastasi precoci.
Mutazioni di KRAS (prognosi peggiore), p53, RB, p16, EGFR (→ amplificato, sopravvivenza ↑
per l’uso di inibitori di EGFR).
Insorgenza periferica subpleurica con cicatrici per reazione desmoplastica del tessuto
circostante.
CARCINOMA BRONCHIOLOALVEOLARE
Si sviluppa nelle aree terminali del parenchima polmonare.
Cellule superficiali neoplastiche che non infiltrano i setti → dà raramente metastasi, ma può
dare asfissia. Periferico, nodulo singolo o multipli (aspetto addensato simile alla polmonite).
CRESCITA LEPIDICA = come farfalle su uno steccato, le cellule tumorali crescono lungo
strutture preesistenti senza sconvolgere l’architettura (come un K in situ).
MUCIPARO = cellule colonnari proliferanti lungo i setti alveolari + cellule di Clara +
pneumociti di II ordine. Si diffonde per via aerogena → noduli multipli, a volte interessa un
intero lobo → difficoltà chirurgica.
NON MUCIPARO = cellule colonnari cuboidi. È un nodulo singolo che non diffonde per via
aerogena → a 5 anni sopravvivenza eccellente.
CARCINOMA SQUAMOCELLULARE
Per lo più nei maschi e correlato al tabagismo. Di massa grossa, dura al taglio, può deviare la
trachea. Ha cellule che ricordano l’epitelio squamoso, con ponti intercellulari (desmosomi) e
cheratinizzazione (con formazione di “perle cornee” eosinofile) tanto pi+ evidenti quanto più
è differenziato. Origina centralmente da bronchi segmentali, circondato da aree di
metaplasia squamosa, displasia e K in situ (necessarie almeno 8-10 mutazioni).
Sono fenomeni di necrosi-emorragie-cavitazioni poiché il tumore cresce più velocemente dei
suoi vasi!
Le metastasi sono più tardive degli altri K (forse perché è più tardiva la perdita di coesione
con i desmosomi). Hanno massima frequenza di mutazioni in p53, p16, Rb.
EGFR è iperespresso nell’80%.
CARCINOMA A GRANDI CELLULE INDIFFERENZIATO
Indifferenziato, privo di differenziazione ghiandolare o squamosa o a SCLC. Le cellule hanno
grossi nuclei, scarso citoplasma, nucleoli prominenti. E’ aggressivo.
Variante neuroendocrina = crescita trabecolare, a rosetta, a palizzata, confermata
dall’immunoistochimica.
SCLC
Correlato fortemente al fumo (non fumatori: 1%). Insorge sia nei bronchi principali che nei
periferici, senza passare per il K in situ. Sono i più aggressivi (< 8% a 5 anni), metastatizzano
rapidamente e non curabili con la chirurgia (ma rispondono a chemio e radio).
Originano dalle cellule neuroendocrine dell’epitelio bronchiale di Kulchitsky (infatti
presentano granuli secretori e positività a cromogranina, sinaptofisina, CD57, enolasi) per cui
può dare sindrome paraneoplastica.
Vi sono cellule epiteliali piccole (“oat” cells → cellule a chicco d’avena), con scarso
citoplasma, cromatina granulare (“sale e pepe”), con conta mitotica alta.
p53 e RB1 mutati nell’80% e nell’80-100%, BCL2 espresso nel 90%.
SCLC combinato = zona di SCLC + zona NSCLC
TUMORI NEUROENDOCRINI
Comprendono:
- TUMORETTI → piccoli, benigni, in zone di cicatrizzazione o flogosi
- CARCINOIDI
- SCLC → esprime cromogranina, sinaptofisina, CD56; si presenta a livello centrale e
può dare alla diagnosi metastasi ai linfonodi ilari o metastasi cerebrali. Le cellule
sono “a chicco d’avena” perché hanno citoplasma esiguo e sono < di un eritrocita.
- K NEUROENDOCRINO A GRANDI CELLULE → si può utilizzare il marker TTF-1, che è
anche tiroideo.
I tumori carcinoidi sono solo l’1-5%, in pazienti < 40 anni, di cui 20-40% non fumatori. Hanno
basso grado di malignità e sono classificati in TIPICI (non hanno mutazioni di p53 o alterato
equilibrio BCL2 e BAX) e ATIPICI (le hanno nel 20-40% in p53 e 10-20% in BCL2 e BAX).
I centrali sono masse digitate che aggettano nel lume del bronco coperte di mucosa, di solito
< 3- 4cm. In alcuni casi la massa penetra nel tessuto peribronchiale dando le “lesioni a
bottone di colletto”.
Le cellule hanno aspetto a trabecola, palizzata, rosetta.
- TIPICI hanno poche mitosi e non hanno necrosi;
- ATIPICI più mitosi, aree di necrosi, invasione linfatica e architettura disorganizzata. Al
microscopio visibili i granuli secretori, mentre l’immunoistochimica mostra i markers
neuoendocrini.
TUMORI MESENCHIMALI = 2-5%, da strutture connettivali
1. AMARTOMA → benigno, con crescita anomala di tessuti normalmente presenti,
quadro Rx “a moneta”, frequentissima la componente cartilaginea (definito condro-
amartoma).
2. TUMORE INFIAMMATORIO MIOFIBROBLASTICO → basso grado di malignità, nei
bambini
TUMORI METASTATICI con noduli multipli (secondari a patologie tumorali di colon, rene,
mammella, melanoma, tumori testa collo e sarcoma).
SINTOMI NEUROLOGICI
- Sindrome di Pancoast: K apice polmonare del lobo superiore destro, con invasione
del plesso brachiale e dolore all’arto dal lato ulnare, oltre che distruzione di 1° e 2°
costa e vertebre toraciche
- Sindrome di Bernard-Horner: interessamento del plesso simpatico toracocervicale
con ptosi, miosi, enoftalmo e anidrosi facciale omolaterale.
SINDROMI PARANEOPLASTICHE (da produzione di ormoni)
- ADH con iponatriemia → SCLC
- ACTH con Cushing → SCLC
- PTH con ipercalcemia → squamocellulare
- Sindrome da carcinoide (5HT)
- ecc.
RENE
INSUFFICIENZA RENALE ACUTA (IRA)
Processo di deterioramento della funzione renale, rapido e solitamente reversibile, con la
presenza nella maggior parte delle volte di evidenza morfologica di danno tubulare. Essa
spesso si manifesta come necrosi tubulare acuta (NTA), per cui per lo più IRA ed NTA
coincidono.
La IRA è caratterizzata da:
- Drammatica riduzione della GFR, con oliguria (< 400 ml/die).
- Aumento di azotemia e creatininemia, iperkaliemia, acidosi, uremia.
Tra le cause più importanti abbiamo:
1. Pre-renale: shock circolatorio, IMA. Interruzione del flusso ematico.
2. Renale: tubulare (NTA: NECROSI TUBULARE ACUTA) o glomerulare, per danno tossico
diretto, oppure per nefrite tubulointerstiziale.
3. Post-renale: ostruzione al flusso da tumori, IPB o coaguli ematici.
Se viene rimossa la causa scatenante, si può ripristinare la funzionalità tramite
riepitelizzazione, stimolata da fattori di crescita come TGF-alfa, EGF, IGF-1 (prodotti dalle
stesse cellule tubulari localmente o dalle cellule infiammatorie).
Più del 50% dei pazienti con IRA non ha oliguria ma aumento dei volumi urinari, soprattutto
in presenza di nefrotossine.
INSUFFICIENZA RENALE CRONICA (IRC)
Esito di tutte le patologie croniche renali. Costituisce la principale causa di morte per
malattia renale.
Si succedono 5 stadi in base al GFR:
1. Funzione renale conservata. GFR > 90 ml/min.
2. IR lieve. GFR 89-60 ml/min. Creatininemia e azotemia sono normali. Pazienti
asintomatici.
3. IR moderata. GFR 59-30 ml/min. Aumento azotemia e creatininemia. Sintomi
aspecifici (anemia, astenia, urine poco concentrate).
4. IR severa. GFR 29-15 ml/min. C’è uremia a insorgenza lenta, ma anche edema,
acidosi metabolica e ipocalcemia.
5. IR terminale. GFR <15 ml/min.
Sono presenti:
- Alterazioni di: liquidi (edema, disidratazione), elettroliti (ipocalcemia, iperkaliemia,
iperfosfatemia), pH (acidosi metabolica).
- Alterazioni sistemiche a livello: osseo, ematologico (anemia, coagulazione),
cardiopolmonare (pericardite, IA, EPA), gastrointestinale (gastrite, nausea, vomito),
neuromuscolare (encefalopatia, neuropatia periferica), dermatologico (cute vecchia,
prurito).
GLOMERULOPATIE
È bene definirle glomerulopatie, e non glomerulonefriti, dato che non tutte hanno
infiammazione importante. Esse rappresentano una frequente causa (50%) di IRC.
Distinte in:
1. Primarie (differenziabili con la biopsia):
GN acuta proliferativa diffusa endocapillare
GN rapidamente progressiva (GNRP) o proliferativa diffusa extracapillare
GN membranosa (aumento matrice mesangiale, non le cellule)
GN membrano-proliferativa
GN a lesioni minime o nefrosi lipidica
Glomerulosclerosi focale e segmentaria (GSFS)
Nefropatia ad IgA o malattia di Berger
GN cronica
2. Sistemiche/Secondarie:
Amiloidosi
LES
3. Ereditarie:
Sindrome di Fabry
Sindrome di Alport
UROLITIASI
Picco tra 20 e 30 anni, soprattutto M. Colpito per lo più il rene. C’è predisposizione familiare,
soprattutto per patologie ereditarie del metabolismo.
Patogenesi
Ci sono 4 tipi di calcolosi:
1. Calcoli di OSSALATO DI CALCIO. Circa il 70%, in pazienti con ipercalcemia
(iperparatiroidismo, sarcoidosi) e ipercalciuria, o solo con ipercalciuria. Il 20% è associato ad
aumentata escrezione di acido urico. Il calcolo si forma tramite “nucleazione” dell’ossalato di
calcio tramite cristalli di acido urico all’interno dei dotti collettori. Si può avere anche
iperossaluria (nei vegetariani, che hanno dieta ricca di ossalati, o per aumentato
assorbimento GI) e ipocitraturia, che favorisce la formazione dei calcoli. Sono a superficie
irregolare (a punta), danno colica per passaggio negli ureteri e portano a lesioni della
mucosa.
I calcoli sono radiopachi.
2. Calcoli di FOSFATO DI AMMONIO E MAGNESIO. (Struvite) 20%, friabili, a stampo, costituiti
di solito da batteri (Proteus) che metabolizzano l’urea convertendola in ammoniaca -> le
urine diventano alcaline e favoriscono la deposizione di fosfato di ammonio e magnesio.
L’urea escreta è abbondante, per cui si formano calcoli di grosse dimensioni. Danno
infezione ma rara la colica.
3. Calcoli di ACIDO URICO. 5-10%, nei pazienti con iperuricemia (gotta o elevato turnover
cellulare come nella leucemia), ma più della metà non presenta iperuricemia: questi
probabilmente eliminano urine acide che predispongono all’insorgenza di calcoli di urati,
insolubili in ambiente acido.
Questi sono radiotrasparenti.
4. Calcoli di CISTINA. 1-2%, causati da difetti genetici del riassorbimento di aminoacidi. Si
formano con basso pH. Sono i più duri.
L’aumentata concentrazione dei costituenti dei calcoli, la variazione di pH, di volume urinario
e la presenza di batteri influenzano la genesi dell’urolitiasi. Però, poiché spesso essa insorge
in pazienti che non hanno nessuno di questi fattori, è stato ipotizzato che possa insorgere
per deficit di inibitori della formazione di cristalli nelle urine, come pirofosfati, citrati,
osteopontina, nefrocalcina.
I calcolo sono unilaterali nell’80%. Di solito renali, della pelvi e della vescica. Nella pelvi
rimangono piccoli. Possono avere contorni lisci o irregolari, essere multipli o formare “calcoli
a stampo” che creano l’impronta della pelvi o dei calici.
Danno segni quando ostruiscono il flusso o danno sanguinamento. Possono essere silenti.
Quelli piccoli sono i più pericolosi perché si incanalano nell’uretere dei polli e danno una
delle forme più acute di dolore, con sintomatologia colica. Calcoli grandi possono restare
silenziosi nella pelvi. Di solito la prima manifestazione è l’ematuria. Predispongono ad
infezioni, a causa dell’ostruzione e del traumatismo.
Se la lesione diventa cronico-recidivante vi è cancerizzazione (K squamoso!!) causata dalla
flogosi cronica e proliferazione reattiva.
ANOMALIE DEL RENE
Di solito sono dovute ad anomalie durante la gestazione. Sono condizioni piuttosto rare, ad
eccezione del rene a ferro di cavallo.
1. L’AGENESIA può essere bilaterale, e in tal caso è incompatibile con la vita e di solito
associata ad altre anomalie. Quando è unilaterale il rene controlaterale è ingrandito
per “ipertrofia compensatoria” -> l’ipertofia dei nefroni porta a progressiva sclerosi
-> IRC.
2. L’IPOPLASIA consiste in un rene piccolo (diagnosi differenziale con rene grinzo che ha
un normale numero di calici, circa 12, ma distorti) con pochi calici e poche piramidi
(5-6) e nessuna cicatrice. Di solito è monolaterale -> il rene controlaterale è
ingrandito. Quando è bilaterale provoca IR nella prima infanzia.
3. L’ECTOPIA renale si ha di solito più in basso della sede normale (ptosi), quindi
all’imbocco della pelvi o al suo interno -> gli ureteri sono tortuosi e inginocchiati ->
aumento incidenza di ostruzioni, infezioni e VUR. I reni sono normali o lievemente
ridotti di dimensione.
4. Il RENE A FERRO DI CAVALLO (1:500) consiste in reni fusi al polo inferiore (90%) o
superiore (10%), anteriormente ai grandi vasi.
5. La DISPLASIA RENALE MULTICISTICA è una patologia caratterizzata da una alterazione
della differenziazione metanefrica, con persistenza nel rene di tessuti come
cartilagine, mesenchima indifferenziato, dotti collettori immaturi, e con un’anomala
organizzazione lobare. Può essere accompagnata da atresia ureterale, o agenesia, o
ostruzione. Di solito è monolaterale, ma non dà segno di sé perché il rene
controlaterale compensa. Il rene si presenta ipertrofico e multicistico (cisti rivestite
da epitelio appiattito) e con molti dotti immaturi. Di solito è scoperta grazie alla
comparsa di una massa palpabile al fianco. La prognosi nella monolaterale è
eccellente, la bilaterale invece porta a IR. È causa di IRC nei bambini.
MASSE RENALI
Diagnosi differenziale con citologia F.N.A.B. (agoaspirato).
Possono essere:
- Lesioni cistiche (58%)= cavitazione con liquido citrino e con rivestimento (altrimenti
sono pseudo-cisti);
- Ascessi Da Pielonefrite Acuta (23%)=frequente complicanza di pielonefrite acuta;
- Ematomi(9%)=post traumatici con liquido emorragico (anche nei tumori);
- Neoplasie Maligne(6%);
- Neoplasie Benigne(4%).
MALATTIE CISTICHE
Esse si suddividono in malattie ereditarie, da alterato sviluppo, acquisite. Sono abbastanza
comuni, per cui arrivano spesso all’attenzione del clinico.
Le malattie cistiche sono:
- Displasia multicistica;
- Malattia policistica renale:
1. Malattia policistica dell’adulto (ereditarietà A.D.) = reni policistici più cisti
epatiche e aneurismi a bolla del SNC;
2. Malattia policistica dell’infanzia (ereditarietà A.R.) = reni policistici dalla
nascita più fibrosi epatica;
- Malattia cistica midollare:
1. Rene a spugna midollare (acquisita) = riscontro casuale: cisti midollari alla
parte terminale del nefrone;
2. Nefronoftisi familiare giovanile (A.R.), cisti cortico-midollari, reni grinzi e
coortati, IRC dall’infanzia;
3. Malattia cistica midollare dell’adulto (A.D.), cisti cortico-midollari; IRC dall’età
adulta;
- Cisti semplici: singole o multiple, normale volume renale; benigne, complicanze
possibili: infezione o ematuria;
- Malattia cistica acquisita = in stadio finale di IRC (paziente in dialisi); rischio
cancerogenesi.
TUMORI BENIGNI
ADENOMA CORTICALE PAPILLARE
Piccolo (< 5 mm), asintomatico, benigno e ben differenziato.
È un riscontro autoptico nel 20% della popolazione adulta.
Tumore dell’epitelio tubulare prossimale (corticale), con strutture papillari complesse
(papillare) formate da ramificazioni e fronde, e differenziazione in cellule tubulari. Le cellule
sono piccole, con scarso citoplasma, nuclei centrali regolari e nessuna atipia.
Istologicamente non differisce dall’adenocarcinoma renale papillare di basso grado, infatti
condivide alcune caratteristiche.
Il pattern di crescita è ESPANSIVO. Se è il tumore è > 5 mm è considerato maligno (K
papillare a basso grado di malignità). Il cut-off di 3 cm invece separa le forme a facile
metastatizzazione da quelle non metastatizzanti. Viene quindi considerato maligno fino a
prova contraria.
ANGIOMIOLIPOMA SPORADICO O FAMILIARE
È un tumore AMARTOMATOSO mesenchimale, formato da 3 tessuti: adiposo (all’eco
iperecogeno), vasi sanguigni (che provocano emorragie spontanee) e muscolo liscio.
Presente nel 25-50% dei pazienti con SCLEROSI TUBEROSA, patologia causata da mutazione
di oncosoppressori con lesioni tuberose della corteccia cerebrale (epilessia e ritardo),
macchie cutanee e tumori benigni inusuali (cuore).
Si può associare alla sindrome di VON HIPPLE LINDAU: angiomi in altre sedi (angioma retina,
cervelletto, cisti rene e pancreas) e sono lesioni sincrone, senza metastasi.
ONCOCITOMA
Origina dalle cellule intercalari dei dotti collettori;
Gli oncociti o cellule ossifile: sono cellule con ampio citoplasma eosinofilo (ossifile), a causa
dei numerosi mitocondri, nucleo piccolo, rotondo e benigno, con grossi nucleoli;
E’ un tumore incapsulato, colore marrone mogano. Arriva a grandi dimensioni, anche > 10
cm.
All’imaging ha un aspetto “a ruota di carro”, PATOGNOMONICA, da cui partono setti fibrosi a
raggi (cicatrice centrale stellata).
Va in diagnosi differenziale con il carcinoma renale cromofobo (anch’esso marrone, a cellule
con citosol eosinofilo).
TUMORI MALIGNI
ADENOCARCINOMA
Definito anche K a cellule renali o “ipernefroma”. È il più frequente tumore maligno del rene.
Origina dall’epitelio tubulare.
Fattori di rischio: tabacco, obesità, ipertensione, trattamento estrogenico sostitutivo,
esposizione ad asbesto, metalli pesanti e petrolio, IRC, malattia cistica acquisita (nei
dializzati), rene policistico dell’adulto.
Può essere:
- SPORADICO (96%) spesso le stesse alterazioni genetiche dei familiari, ma senza
ereditarietà (es. gene VHL, cromosoma 3);
- FAMILIARE: con mutazione sul cromosoma 3;
La Sindrome di VHL quindi, risulta essere un fattore di rischio ed è caratterizzata da:
emangioblastoma, angioma retinico, cisti pancreatiche e renali, tumori multipli renali
(emangiolipomi e K a cellule chiare bilaterali).
- K a cellule chiare: 80% dei tumori renali. 95% è sporadico. Associato a VHL
(cromosoma 3); È una formazione solida, trabecolare (formazione di cordoni) o
tubulare (formazione di tubuli). Le cellule hanno molti LIPIDI e GLICOGENO che
macroscopicamente conferiscono al tumore il colore giallo e, microscopicamente,
appaiono “vuote otticamente” perché i lipidi sono assorbiti dal processo di
preparazione. La trama vascolare è delicata e ramificata. Di solito sono ben
differenziati, ma alcuni hanno atipia.
- K papillare: 10-15% dei tumori renali. Associato a MET (cromosoma 7); cellule
organizzate in strutture PAPILLARI con frequenti macrofagi schiumosi.
Frequentemente multifocale, in pazienti con cisti da dialisi. Lo stroma è scarso ma
ben vascolarizzato. D.D. con adenoma papillare centrale: sono più piccoli (<5mm)
cellule senza atipie.
- K renale cromofobo: 5% dei tumori renali. Cellule con membrane evidenti,
citoplasma poco eosinofilo con alone attorno al nucleo. Presenta perdite
cromosomiche. Va in d.d. con l’oncocitoma benigno (derivano entrambi dalle cellule
intercalari dei dotti collettori);
- K sarcomatoide a cellule fusate: differenziazione in cellule simil sarcomatose.
Prognosi peggiore.
- K dei dotti collettori di Bellini: 1% dei tumori renali. Deriva dalle cellule del dotto
collettore, a tipica localizzazione midollare. Presenta delezioni e perdite
cromosomiche. Presenta canali aberranti rivestiti da epitelio atipico.
CAUSE DI EMATURIA
Pediatrica:
- Malattia congenita (come le cisti renali);
- GN post-streptococcica;
- Tumore di Wilms;
Giovani-adulti:
- Patologia prostatica (M);
- Cistite (F);
Anziani:
- Neoplasie delle vie escretrici, con epitelio di transizione o urotelio -> hanno pattern
di crescita esofitico, formazioni papillari esili che si rompono con microtraumi e
poiché sono molto vascolarizzati e danno ematuria.
MALATTIE NEURODEGENERATIVE
MALATTIA DI ALZHEIMER (AD)
È la più frequente causa di demenza nell’anziano, clinicamente evidente con alterazioni delle
funzioni intellettuali superiori, disturbi dell’umore e del comportamento, disorientamento e
perdita di memoria progressivi, afasia. Nell’arco di 5-10 anni il soggetto è muto e immobile.
Raramente è sintomatico prima dei 50 anni. Dopo gli 85 anni la prevalenza è >40%.
Sporadica per la maggior parte, fino al 10% è familiare.
Solo l’esame anatomopatologico può fare diagnosi definitiva, ma con le tecniche odierne la
diagnosi è accurata nell’80-90% dei casi.
L’anomalia fondamentale è la deposizione di peptidi Aβ, derivanti dal processamento di APP,
proteina di superficie cellulare. Se essa viene clivata dalle α-secretasi, la Aβ non viene
generata e si forma un frammento solubile (via non amiloidogenica). Se viene clivata dalle
β-secretasi, si genera Aβ che è incline ad aggregarsi, prima come oligomeri e poi in aggregati
e fibrille (via amiloidogenica). La variazione della lunghezza di Aβ (40 o 42) dipende dal
secondo clivaggio effettuato da una ɣ- secretasi.
Il gene che codifica per APP si trova sul cromosoma 21, nella regione della sindrome di Down
(l’Alzheimer è infatti l’evento conclusivo del deficit cognitivo di questi pazienti).
Mutazioni puntiformi sono presenti nelle forme familiari di AD con insorgenza precoce.
Sono mutati i geni che codificano per due preseniline, PS1 e PS2, che fanno in modo che le
ɣ-secretasi acquisiscano funzione e generino molti Aβ.
Inoltre gli aggregati generano una risposta infiammatoria della glia, che aiuta a rimuovere
tali aggregati ma attiva mediatori di flogosi che portano danno, e aumentano la
fosforilazione della proteina Tau.
Negli ammassi fibrillari è presente la proteina Tau, associata ai microtubuli, che nella AD
diventa iperfosforilata e perde la capacità di legarsi ai microtubuli, contribuendo alla
formazione degli ammassi neurofibrillari e alla AD. Il numero di tali ammassi fibrillari correla
meglio con il grado di demenza rispetto a quanto faccia il numero delle placche amiloidi.
Macroscopicamente: c’è un grado variabile di atrofia corticale (lobi frontali, parietali e
temporali). Presente ampliamento dei solchi e dilatazione ventricolare (idrocefalo ex vacuo)
per perdita di parenchima. Precoce interessamento e atrofia di ippocampo, amigdala,
sistema limbico.
Microscopicamente:
a) PLACCHE SENILI. Sono raccolte sferiche, focali, di processi neuronali dilatati, tortuosi,
argentofili (assoni distrofici) localizzati attorno ad un nucleo centrale di amiloide (rosso
Congo+). Il principale componente del nucleo amiloideo è l’Aβ. Alla periferia c’è astrocitosi
reattiva. Le placche si possono osservare nell’ippocampo, amigdala e neocorteccia.
b) PLACCHE DIFFUSE. C’è sempre deposizione di Aβ, senza però reazione neuritica attorno
all’amiloide. Forse sono uno stadio precoce delle placche. Hanno Aβ42, mentre le placche
senili sia 40 che 42.
c) AMMASSI NEUROFIBRILLARI. Fasci di filamenti nel citoplasma dei neuroni. Hanno forma
“a fiamma” nelle cellule piramidali, “forma globosa” nelle cellule rotonde poiché si
dispongono attorno al nucleo. Sono strutture fibrillari, basofile e argentofile, presenti
soprattutto nei neuroni corticali, ippocampo, amigdala, gangli della base. Sono insolubili e
resistenti alla proteolisi, per cui formano “ammassi fantasma” in vitro dopo la morte
neuronale. Sono formati da filamenti lineari e da filamenti a doppia elica. Questi formati
dalla proteina Tau iperfosforilata. Non sono patognomonici della AD. I filamenti a doppia
elica si trovano negli assoni distrofici più esterni alla placca e negli assoni che attraversano la
sostanza grigia colpita sotto forma di filamenti del neuropilo.
d) ANGIOPATIA AMILOIDE CEREBRALE. Caratteristica costante.
e) DEGENERAZIONE GRANULO-VACUOLARE. Formazione di vacuoli intracitoplasmatici
neuronali contenenti un granulo argentofilo. Si verifica nell’invecchiamento ma anche nella
AD.
f) CORPI DI HIRANO. Corpi eosinofili, allungati, vitrei, che formano filamenti con actina. Si
trovano di solito nelle cellule piramidali dell’ippocampo.
MALATTIA DI PARKINSON
Fa parte dei “Parkinsonismi”, termine col quale si indica una sindrome clinica caratterizzata
da facies inespressiva, posizione fissa del corpo, lentezza dei movimenti volontari, andatura
festinante (passi ridotti e accelerati), rigidità e tremore delle mani a riposo “a contar
moneta”. Sono disturbi che vedono come comune denominatore l’alterazione del sistema
dopaminergico nigro-striatale.
Oltre che nella malattia di Parkinson, questi disturbi si riscontrano anche nella atrofia
sistemica multipla e nel parkinsonismo iatrogeno.
La diagnosi di Parkinson è posta in pazienti con progressivi segni di parkinsonismo (tremore,
rigidità, bradicinesia) senza altra causa conosciuta e responsivi alla L-DOPA.
Macroscopicamente: pallore della sostanza nigra e del locus ceruleus.
Microscopicamente: il pallore è spiegato dalla perdita di neuroni pigmentati
catecolaminergici in queste regioni, associata a gliosi. In alcuni neuroni residui ci possono
essere i corpi di Lewy: sono inclusioni citoplasmatiche eosinofile, tonde o allungate, con
nucleo centrale denso circondato da alone chiaro, e composti da sottili filamenti formati da
α-sinucleina.
I geni più frequentemente associati al Parkinson sono:
- L’α-sinucleina, proteina associata alle sinapsi e componente dei corpi di Lewy, soggetta a
ripiegamento anomale.
- LRRK2, chinasi che è soggetta ad acquisizione di funzione.
- Parkina, con perdita di funzione e funzione proteasomica deficitaria.
- DJ-1, coinvolta nella risposta ossidoriduttiva allo stress, dà disfunzione mitocondriale.
- PINK1, chinasi che regola la funzione mitocondriale.
I neuroni dopaminergici della sostanza nigra proiettano allo striato e la loro degenerazione è
correlata al contenuto di dopamina striatale. La gravità della sindrome è proporzionale al
deficit di dopamina, corretto in parte con la L-DOPA, ma il trattamento non arresta la
progressione di malattia. Clinica
Segni di parkinsonismo, disfunzione autonomica, declino delle funzioni cognitive, demenza.