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Negli ultimi anni è stata ridefinito il concetto di apoptosi cioè i casi di morte cellulare
programmata in cui se la cellula percepisce un danno e lo reputa come potenzialmente
pericoloso (cioè non riparabile tramite i meccanismi di riparazione) innesca dei segnali che
porteranno la cellula a morte per apoptosi.
● Necrosi
Per necrosi si intende morte cellulare in seguito ad un danno, di norma, esterno alla cellula.
Si verifica in tempi relativamente brevi, al contrario del processo di apoptosi che è molto
lento ed attraversa più fasi di controllo in cui magari è possibile revertire il processo. La
necrosi, infatti, non presenta nessun tipo di controllo e di conseguenza non è possibile
interrompere il processo.
Attualmente la ricerca sta cercando di valutare se con agenti farmacologici è possibile
rallentare questo processo.
Durante la morte cellulare per necrosi si verificano molti fenomeni in maniera più o meno
simultanea e senza una sequenzialità ben precisa, differentemente dall'apoptosi in cui tutto
si verifica in maniera organizzata in più fasi successive.
Le fasi di norma sono:
● Produzione anomala di specie reattive dell'ossigeno
○ processi di riduzione diventano meno efficaci
○ si ha l'ossidazione di altre strutture ossidandole (proteine, lipidi, acidi nucleici)
● Diminuisce le sue capacità energetiche -> consumo eccessivo di ATP intracellulare
● Omeostasi del calcio alterata -> la concentrazione tra ioni calcio interni ed esterni
alla cellula variano il loro equilibrio
● Danno irreversibile nella funzionalità del mitocondrio -> catena fosforilativa alterata
● Difetti nei canali di membrana -> alterata permeazione degli ioni, acqua ed altre
molecole -> aumento del flusso di acqua all'interno della cellula e all'interno degli
organelli -> frammentazione della cellula/organelli (cariolisi).
Una volta avvenuta la frammentazione cellulare i detriti cellulari prodotti rimangono nella
sede del danno. Questo crea un problema perché le molecole che si trovano all'interno della
cellula una volta rilasciate verso l'esterno richiamano lo sviluppo di un contesto
infiammatorio, utile in primo caso per eliminare i detriti ma che in condizioni croniche può
diventare dannoso per il tessuto. Infatti se il tessuto in cui è avvenuto il danno è molto
esteso l'area spesso viene ricoperta da tessuto connettivo causando una perdita di funzione.
Oltre a ciò le cellule infiammatorie richiamate producono molecole che possono aumentare il
livello di infiammazione portando ad uno stato cronico con possibili conseguenze dannose.
La morte cellulare per necrosi è uno dei primi fenomeni che è stato osservato in patologia
perché questo tipo di morte avviene spesso in condizioni di un danno acuto (tipo infarto).
Mentre la necrosi colliquativa presenta degli enzimi cellulari che non si arrestano del tutto e
questo da la possibilità agli enzimi presenti all'interno della cellula di agire in maniera
indiscriminata, in particolare agli enzimi che controllano la degradazione proteica. In questa
fase la cellula perde consistenza e si ha l'ingresso di liquidi. (questo porta alla formazione
del pus in caso di infezioni). Questo tipo di morte per necrosi è presente all'interno delle aree
cerebrali.
Nel caso di ischemia in cui si ha uno stato di ipossia si verifica un problema livello
mitocondriale impedendo la funzionalità mitocondriale (poiché l'ossigeno funge da accettore
finale della fosforilazione ossidativa).
A causa della bassa funzionalità mitocondriale si ha una riduzione dell'ATP che innesca
nella cellula un aumento della glicolisi, tramite un aumento della glicogenolisi per fornire un
aumento della quantità di glucosio.
Quando la cellula lavora principalmente per glicolisi ed il piruvato non va incontro ai
meccanismi successivi poiché il mitocondrio non è funzionale, il piruvato va incontro alla
formazione di acido lattico che contribuisce ad un abbassamento del pH cellulare induce
un'ulteriore perdita di funzionalità delle strutture intracelluare (es. il DNA che è una struttura
principalmente acida quando il pH si abbassa inizia ad aggregarsi danneggiando la
funzionalità del genoma). Contemporaneamente all'interno dei ribosomi si ha una perdita di
funzionalità che inibisce la sintesi proteica.
L'abbassamento del pH influisce sulla membrana citoplasmatica ed in particolare sui
complessi proteici che formano i canali che regolano la permeabilità ad alcuni ioni. Se questi
non funzionano più in maniera corretta creano uno scompenso dell'ingresso/uscita di ioni.
Questo contribuisce ad un aumento del calcio intracellulare che provoca dei danni sia a
livello mitocondriale sia a livello del citoscheletro cellulare (il calcio è un co-fattore dei
principali enzimi digestivi che andranno a digerire le proteine strutturali della cellula).
Vi sono anche altre molecole che sono altamente reattive che non appartengono alla
categoria dei ROS.
Fra queste molecole ritroviamo anche alcuni farmaci come il paracetamolo che è uno dei
principi attivi più utilizzati e che all'intero del fegato viene convertiti in un metabolita che è l'n-
acetil… che normalmente verrà metabolizzato dagli stessi sistemi che vengono utilizzato
dalla cellula per neutralizzare i ROS.
Quando si assume una compressa di tachipirina la quantità di questo metabolita prodotto
dalle cellule epatiche è molto bassa quindi le cellule sono in grado di metabolizzarlo in
maniera efficiente.
Ma vi sono alcuni casi in cui la quantità di paracetamolo che viene ingerita nell'arco di una
giornata da parte del paziente è superiore di 5-10 volte rispetto al normale provocando una
insufficienza delle cellule epatiche a sopperire all'effetto del catabolita del paracetamolo che
di conseguenza mimerà un danno di necrosi massiccia delle cellule epatiche.
In ospedale la soluzione è molto semplice, nel caso si noti in tempo la condizione, viene
somministrato un antiossidante per via endovenosa che è la metilcisteina. Nell'arco delle
24h l'eccesso di tachipirina viene metabolizzate e nel contempo le cellule del fegato
riescono a rigenerarsi.
● Ischemia e ipossia
Nell'ipossia si ha un'interruzione parziale del flusso sanguigno con una perdita parziale della
quantità di ossigeno. L'ipossia può essere dovuta anche ad intossicazioni come
l'intossicazione dovuta a monossido di carbonio in cui si ha un flusso sanguigno normale ma
una minor concentrazione di ossigeno.
Nel caso in cui si ha una ischemia vera e propria si ha una mancanza del flusso sanguigno
ed in questo caso si crea un'interruzione anche delle vie glicolitiche.
La morte da necrosi nelle cellule cardiache è stata fortemente studiata nei modelli cellulari
ed in vivo e si è evidenziato che vi sono due componenti di danno che si verificano durante
l'infarto miocardico acuto.
Se la condizione di infarto persiste, cioè l'ischemia si presenta per un certo numero di ore, si
ha la morte di tutte le cellule presenti nell'area interessata.
Se non vi è un intervento clinico per interrompere l'ischemia si ha la morte dell'individuo
soprattutto se l'infarto riguarda l'arteria coronarica che irrora le cellule della massa cardiaca.
La possibilità di intervenire ad oggi è in perfezionamento infatti sappiamo anche valutare il
tempo da cui sta perdurando il fenomeno tramite lo studio di particolari marker.
Molto spesso anche dopo la riperfusione (riapertura del flusso cardiaco) si creano danni
dovuti proprio alla ripresa dell'irrorazione dell'organo da parte del sistema circolatorio.
Questo danno secondario è dovuto al fatto che il momento in cui l'organo ricomincia ad
avere ossigeno e nutrienti in cellule morenti si innesca una risposta anomala che durante la
fase di calibrazione aumenta la produzione di ROS che è correlata all''innesco di morte
cellulare.
Infatti una componente della morte cellulare del miocardio non è solo dovuta all'ischemia ma
anche alla ripresa di ossigenazione nelle cellule parzialmente alterate dal fenomeno di
ischemia.
Il danno successivo che si verifica nel corso di giorni è dovuto al fatto che i detriti rilasciati
dalle cellule necrotiche richiamano processi di infiammazione che portano sull'area
danneggiata granulociti e macrofagi.
La morte cellulare di un tessuto può portare anche ad un rimodellamento dannoso poiché la
presenza di cellule danneggiate e la presenza di cellule infiammatorie innesca dei circoli
viziosi di degradazione e rigenerazione che rimodellerà il tessuto.
Nel tempo l'architettura dell'organo residuo può variare inducendo un cuore scompensato
nell'attività cardiaca.
Questo scompenso viene trattato farmacologicamente nel tempo e può portare a secondi o
terzi infarti.
Spesso il susseguirsi di eventi simili portano ad una guarigione parziale che produce una
condizione di malattia protratta nel tempo, proprio per questo è necessario intervenire in
maniera tempestiva.
Durante lo studio i modelli sperimentali possono essere infettati tramite vettori virali (AAV) e
indotti a successivi episodi di ischemia e riperfusione. Gli animali per vie inalatorie vengono
sottoposti ad infezioni virali che contengono la superossido dismutasi in modo da far
acquisire una copia extra della superossido dismutasi per avere una maggior
concentrazione di enzima utile ad attutire i danni prodotti dalla produzione di ROS eccessivi.
I modelli di ratto vengono sottoposti a studi in cui un'arteria viene bloccata chirurgicamente
per un tempo di 30 minuti. In questi animali si accumula danno da ri-ossigenazione e se il
processo viene svolto in maniera ciclica ritroviamo che si ha un certo livello di danno. Se
invece valutiamo lo stesso fenomeno in animali che possiedono un surplus di superossido
dismutasi presentano un livello di danno da riperfusione inferiore.
Ci sono diverse evidenze che la morte di tipo necrotico può anche avvenire durante
condizioni fisiologiche e si considera una necrosi regolata cioè non del tutto incontrollata che
prende il nome di necroptosi.
● Necroptosi
Questa deriva da
● Riduzione di ATP
● Rigonfiamento cellulare
● Generazione di ROS
● Attivazione dei sistemi di degradazione cellulare
● Rottura delle membrane
Questo tipo di condizione non si verifica perché si sta facendo un danno ma perché si
innesca una produzione di segnali che portano alla morte cellulare.
Nel caso della necroptosi al contrario dell'apoptosi non si attivano caspasi ma vi sono altri
segnali cellulari che possono trovare un incontro in entrambe le vie.
Uno dei segnali è il TNF (tumor necrosis factor) che interagisce con il proprio recettore
TNFR, nel caso il ligando attiva il recettore si recluta un complesso a livello del recettore
definito RIP che è un complesso che contiene delle chinasi (RIP1 e RIP3) ed una caspasi 8
che nel caso della morte per necroapoptosi rimane inattiva.
Quando RIP viene reclutato e la caspasi 8 non si attiva si ha la formazione di un complesso
definito necrosoma.
Questo complesso ha una serie di componenti che possono andare a stimolare direttamente
il mitocondrio creando un danno mitocondriale che stimola la morte per necrosi.
Quindi in questo caso la morte cellulare è dovuta a sistemi che si innescano a fenomeni
fisiologici (come la crescita dell'osso in cui è un fenomeno utile) ma può portare anche a
problemi di tipo patologico come epatite e pancreatite.
Questo tipo di processo sono ancora in studio poiché solo negli ultimi anni si sono identificati
i primi fattori, però si è apprezzato che questo tipo di morte per necrosi può essere dovuto
ad una condizione indotta dal tessuto.
Quando la cellula muore rilascia alcune molecole definite DAMPs (damage assosiated
molecular pattern). Fra le più eclatanti ritroviamo HMGB1 che è una molecola associata alla
cromatina che lega il solco minore del DNA ed è associata al rimodellamento della
cromatina. Se attivata in contesti di necrosi si stacca dalla cromatina ed è in grado di ligare
un recettore presente sulla superficie dei macrofagi. I macrofagi attivati da questa proteina
nucleare vengono stimolati a produrre citochine infiammatorie.
Il Permeabily transition pore (PTP) interviene nella area mitocondriale anche se ancora la
struttura proteica non è stata del tutto confermata si conosce che di norma mette in contatto
la matrice mitocondriale con il citosol.
Quando questa struttura si apre rende il mitocondrio permeabile al passaggio di acqua
(poiché la membrana mitocondriale ha una densità di proteine maggiore rispetto al citosol)
fino a far scoppiare l'organello, oltre a far fuoriuscire dal mitocondrio una serie di componenti
essenziali per i processi di morte cellulare. Oltretutto l'apertura del PTP impedisce la
respirazione mitocondriale.
Il modello di malattia più importante per la patologia umana è l'infarto del miocardio proprio
per questo il PTP è stato principalmente studiato in questi contesti. Quando si parla
dell'infarto del miocardio si va a valutare quanto della necrosi è dovuta all'ischemia e quanta
necrosi è invece dovuta al danno da riperfusione. Valutando questi aspetti si può andare a
studiare la possibilità di intervenire in maniera fisiologica.
Attualmente a livello sperimentale si cerca un trattamento che riduce il danno da riperfusione
in modo da diminuire l'entità del danno ed evitare che il cuore vada incontro a scompensi
successivi.
Gli approcci di cardioproteizione sono vari, fra questi ritroviamo l'inibizione dell'attivazione
del PTP.
Nel migliore dei casi l'infarto si verifica quando il paziente arriva rapidamente in ospedale e
si riesce ad integrare in maniera immediata la riperfusione di ossigeno e nutrienti. In questo
caso l'area infartuata è molto bassa e di conseguenza si ha un danno poco esteso ed il resto
del cuore può continuare a funzionare.
Il problema è che nonostante i livelli di morte cellulare sono basse si verificano ugualmente
dei meccanismi di rimodellamento che possono provocare degli scompensi cardiaci che
dovranno essere trattati farmacologicamente e si ha la possibilità di sviluppare nuovi infarti
(spesso letali).
Gli studi condotti sul PTP dimostrano che la ciclofilina D serve a migliorare l'attività di
apertura del poro di permeabilità.
All'interno della membrana mitocondriale interna vi sono una serie di molecole che sono
state studiate nel campo della bioenergetica mitocondriale, alcune di queste molecole sono
importanti anche per la struttura del PTP.
Anche il complesso proteico dell'ATP sintetasi sembra essere coinvolto nella formazione del
PTP.
In particolar modo quando il mitocondrio non respira si pensa che la subunità c dell'ATP
sintetasi possa determinata l'apertura del PTP. Infatti se si prende la subunità c e viene
espressa in batteri (che non contengono i mitocondri) questa è in grado di sviluppare delle
interazioni lipidiche che studiate in spettrofotometria hanno degli indici simili a quelle del
PTP. In altri modelli cellulari si sono studiati dei Knockdown per ridurre l'espressione della
subunità c cercando di valutare se l'apertura del PTP è ostacolata.
Sono stati svolti anche altri studi tenendo in considerazione sia l'apertura del PTP che le
concentrazioni di Ca mitocondriale. Infatti tramite l'uso della calceina (molecola fluo che lega
il calcio) in condizioni di apertura del PTP si denotava una diminuizione del drop di
fluorescenza. Il livello di fluorescenza quindi forniva un indice in controllo per valutare
l'apertura o meno del PTP e lo spostamento delle concentrazioni di Ca.
Quando si pensava che la subunità c fosse coinvolta nell'apertura del poro PTP sono stati
svolti esperimenti in altre cellule che non hanno la necessità di sfruttare il mitocondrio per la
funzionalità energetica (HAP1), studiando che un'altra molecola che funge da canali per
nucleotidi si pensa sia una componente chiave per il PTP. Queste sono le proteine ANT ed
in passato sono stati già fatti studi di knockout per valutarne il coinvolgimento, però essendo
prodotta da tre geni negli anni 90 si aveva difficoltà a fare dei tripli knock out per questi geni.
Nel caso in cui si ha il ritorno di ossigeno e ricomincia la respirazione (producendo più ROS
della norma) si crea un problema dovuto al calcio che essendo permeato in elevate
concentrazione diffonde anche nel mitocondrio. Il mitocondrio cercando di mantenere una
concentrazione bassa di calcio tramite il canale di uscita lo rigetta all'esterno, poiché il
canale di uscita è facilmente saturabile non si ha un ripristino effettivo dell'equilibrio del
calcio che induce l'apertura del canale PTP con il seguente ingresso di liquidi e lo scoppio
del mitocondrio.
Questi eventi sono transitori perché se non si ha la riapertura del poro è possibile che la
cellula si salvi ritornando lentamente a delle condizioni naturali.
Oltre allo studio del funzionamento del PTP vi sono stati alcuni studi patologici sulle
conseguenze prodotte dall'apertura del PTP in modo da poter produrre dei trattamenti
farmacologici.
Poiché da molti anni si ha l'evidenza che la ciclofilina D fosse una molecola che aiuta a
regolare l'attività del poro sono stati condotti studi in modelli murini knock out per la
ciclofinilina D (ppif). Il confronto tra i mitocondri di topi wild-type, eterozigoti e knock out, a
cui veniva somministrato un aumento della quantità di calcio e in alcuni casi acqua ossigena
per mimare l'evento ossidativo, si è notato che nei mitocondri KO gli indici di assorbanza
erano molto alti poichè il poro non si apriva e di conseguenza il fluido citosolico non fluiva
all'interno del mitocondrio. Oltre a ciò lo studio di questi eventi su modelli cellulari dimostrava
che le cellule KO avevano un minor livello di morte cellulare.
Ma in condizioni in cui venivano somministrati fattori che inducevano la morte cellulare per
apoptosi il livello di morte in entrambi i modelli knock out /wild type risultava molto simile.
Altri studi vennero effettuati per misurare la necrosi dei cuori (in topi knock out e wild type)
evidenziata tramite il trattamento dei cuori con una sostanza che viene assorbita unicamente
dalle cellule morte e non dalle cellule vive.
Facendo le varie sezioni del cuore e misurando l'area necrotica si ritrova che il livello di
morte cellulare era compreso tra il 20 ed il 30% per i modelli wild type e intorno al 5% per i
modelli knock out.
Al termine dell'esperimento si riesce ad interpretare che in condizioni in cui il poro è
resistente all'apertura la cellula riesce a sopperire meglio allo stress e di conseguenza il
danno cellulare è minore.
Se abbiamo dei farmaci che agiscono un po come antagonisti farmacologici della ciclofilina
D questi potrebbero essere interessanti per il trattamento di soggetti che sono soggetti a
determinate patologie in cui la ciclofinila D può interagire con l'apertura del PTP.
Uno studio clinico sull'utilizzo della ciclosporina venne svolto in Francia su pazienti
selezionati per raccogliere solo individui che avevano un basso danno dovuto all'ischemia e
un elevato danno possibile da riperfusione. Questo studio ha avuto un riscontro positivo.
Lo studio è stato replicato su un numero molto più alto di pazienti e che ha richiesto circa 7-8
anni ma ha dato dei risultati meno promettenti.
Un primo motivo della mancata riuscita dello studio può essere una ipotesi errata dello
studio oppure potrebbe essere che la scelta dei pazienti non è stata molto accurata.
Se lo studio infatti viene condotto da un singolo ricercatore che ha idea di come strutturarlo
in maniera adeguata probabilmente otterrà dei risultati migliori rispetto ad uno studio
condotto da diversi ricercatori che non hanno la medesima idea ma che vogliono testare lo
stesso risultato. Poichè probabilmente il primo riesce a selezionare in maniera efficace i
pazienti rispetto a più centri che magari includano pazienti senza una buona selezione
andando a sporcare i risultati dello studio creando un'analisi di bassa qualità.