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2022
Docente: Federico Pea
Sbobinatori: Pitarra Camilla Maria Pietra, Piro Ugo
Revisore: Pironi Matteo
Argomento: Farmaci Antiemicranici, FANS
FARMACI ANTIEMICRANICI
Nella scorsa lezione è stato affrontato l’argomento oppiacei: essi danno la migliore garanzia per il dolore
acuto di grandissima intensità.
I farmaci antiemicranici, argomento di questa lezione, rappresentano un caso molto particolare di farmaci
analgesici.
EMICRANIA E TARGET
L’emicrania è una forma particolare di sofferenza cerebrale caratterizzata da un disturbo di natura
neurovascolare, che comprende al contempo:
- vasodilatazione mediato dal rilascio di sostanze vasodilatatrici, come CGRP (calcitonin gene-related
peptide), che interessano alcuni distretti;
Gli antiemicranici sono farmaci che agiscono come agonisti dei recettori serotoninergici, in particolare del
tipo 1B e 1D (5-HT1B/1D).
Il meccanismo fisiopatologico alla base dell’emicrania è correlato a 3 tipi di recettori: i due recettori
serotoninergici 5-HT1B/1D e il recettore per il peptide CGRP. Essi agiscono a 3 livelli:
Un primo meccanismo d’azione riguarda i recettori 5-HT1B; essi sono rappresentati in diversi
distretti vascolari intracranici, in particolare si sottolinea a questo livello l’importanza dell’arteria
meningea media (MMA). Questa azione promuove fisiologicamente vasocostrizione, meccanismo
che contrasta la vasodilatazione la quale, in questo distretto, è alla base dell’insorgenza del dolore.
Il meccanismo di vasodilatazione nel distretto intracranico induce dolore poiché nella scatola
cranica non è possibile l’espansione. Dunque contrastare la vasodilatazione è un meccanismo che
permette di contenere il dolore.
Il secondo meccanismo riguarda l’agonismo nei confronti dei recettori 5-HT1D rappresentati a
livello presinaptico, principalmente in corrispondenza delle fibre trigeminali. Essi inibiscono il
rilascio a livello di queste fibre del peptide CGRP che è potenzialmente fonte della vasodilatazione,
maccanismo fisiopatologico alla base dell’evento di dolore.
La figura (sopra) mette in risalto un secondo aspetto, oltre a quello dei recettori: come la ricerca abbia
cercato di evolversi nel tempo. Si evidenzia come, seppure l’organizzazione di questi recettori sia a livello
intracranico, un farmaco che non attraversa la BEE non rappresenta un limite. I distretti colorati in
arancione e verde in figura, infatti, non sono protetti dalla barriera ematoencefalica (BEE).
Sumatriptan, il capostipite della classe dei triptani (antiemicranici), non attraversa in maniera efficiente la
BEE. Dopo di esso, sono stati sviluppati molti altri derivati, a partire da Rizatriptan: i triptani di seconda
generazione. Essi si differenziano dal Sumatriptam per il grado di lipofilia. Sappiamo che la maggior parte
dei farmaci si comportano come elettroliti deboli, che possono essere dissociati, a seconda del pH
dell’ambiente. Un criterio con cui si definisce il grado di lipofilia si basa sul concetto di coefficiente di
ripartizione lipidi/acqua al pH fisiologico. Ogni volta che un composto ha un valore superiore a -1 significa
che può diffondere attraverso la BEE; infatti la maggior parte dei farmaci di seconda generazione ha questa
caratteristica.
CARATTERISTICHE FARMACOCINETICHE
Sumatriptano
1. Non supera la BEE;
2. biodisponibilità: nella formulazione orale è bassa (14%), mentre nella formulazione sottocutanea
è molto più elevata (96%); si ricorda che tanto più bassa è la biodisponibilità di un farmaco, tanto
più questo può avere delle conseguenze negative in termini di valutazione dell’efficacia.
Si può notare come la farmacocinetica ci consenta di valutare la farmacodinamica dal punto di vista clinico,
quindi l’efficacia dei farmaci.
-alcaloidi aminoacidici.
Essi continuano a essere applicati in senso molto variegato perché combinano una serie di proprietà
farmacologiche, su cui sono basati gli effetti terapeutici:
1
situazione in cui passando da clinostatismo a ortostatismo non si verifica un adattamento altrettanto rapido dei
recettori α-adrenergici, portando eventualmente alla sincope.
2
periodo immediatamente successivo al parto.
ANTIINFIAMMATORI NON STEROIDEI (FANS)
Si tratta farmaci, analgesici e non, usati e abusati; il professore ribadisce l’importanza nella nostra attuale
posizione di comprendere e apprendere, per poter avere in futuro la competenza nel bilanciare vantaggi e
svantaggi dei farmaci.
In molti tessuti, indipendentemente dalle caratteristiche istologiche, l’acido arachidonico può essere
liberato a partire dai fosfolipidi di membrana, per azione della fosfolipasi A2. L’acido arachidonico è
importantissimo perché rappresenta la base da cui possono essere sintetizzati a livello tissutale una serie di
messaggeri: le prostaglandine e le prostacicline.
Queste possono essere definite, in senso lato, ormoni locali1 in quanto agiscono localmente, a livello dello
stesso tessuto che le ha prodotte: ogni tessuto sintetizza e utilizza le proprie prostaglandine e prostacicline.
Le più importanti sono le prostaglandine (PG) E2, D2, G2, H2, prostaglandina I2 o prostaciclina,
trombossano A2.
Esse hanno la caratteristica di essere prodotte allo stesso tempo in diversi organi e tessuti; ogni volta in cui
sono usati i FANS vengono bloccate le ciclo-ossigenasi, si verifica così un impedimento a tutta la cascata
che porta alla produzione di isomerasi tessuto-specifiche e quindi allo svolgimento della loro regolare
funzione nei diversi organi e tessuti.
1
Un ormone è una sostanza prodotta da un organo, rilasciato nel sangue o all’esterno, che esplica la propria funzione
in un organo diverso da quello in cui viene prodotto.
PRINCIPALI FANS
Inibitori aspecifici di COX1 e COX2
L’acido acetilsalicilico (aspirina) è stato uno tra i
primi di questi farmaci ad essere stato
introdotto. Fa parte di un gruppo caratterizzato
da molecole che, indipendentemente dalla loro
derivazione da precursori diversi, sono tutte
inibitori aspecifici delle due principali
ciclossigenasi presenti a livello tissutale:
ciclossigenasi 1 (COX1) e ciclossigenasi 2 (COX2).
Negli anni ‘80 sono stati sviluppati i cosiddetti Coxib (dal suffisso che identifica questi farmaci): Celecoxib,
Rofecoxib, Valdecoxib. Questi bloccano solo COX2 e non COX1: ne consegue che gli effetti collaterali, in
primis il danno a livello gastrico, ascritti ai FANS, possono essere contrastati perché la protezione della
mucosa gastrica dipende principalmente dalla produzione di COX1. Vi sono comunque anche in questo caso
eventi avversi.
POTENZA
Sotto il profilo farmacologico, per interpretare la potenza dei diversi farmaci si usano la IC50 e la EC50, che
rappresentano le concentrazioni in grado di ottenere il 50% dell’effetto (EC50) e dell’inibizione (IC50)
massimi.
In questo caso, IC50 indica la concentrazione di farmaco in grado ottenere il 50% di inibizione dell’enzima
ciclossigenasi: le ascisse fanno riferimento a COX1, le ordinate a COX2.
La linea bisettrice dell’angolo è la linea di identità: quando un farmaco si trova lungo questa linea significa
che è un inibitore aspecifico, perché ha la stessa potenza inibitoria sull’uno e sull’altro enzima; spostandosi
di molto dalla linea d’identità si avrà un’azione preferenziale sull’uno o sull’altro.
Alcuni farmaci, infatti, tendono a essere equipotenti, cioè sono aspecifici: in particolare Ibuprofene e
Naproxen. Il termine Acetaminofene fa riferimento al Paracetamolo e deriva dalla letteratura
anglosassone: esso è vicino alla linea d’identità ma verrà discusso a parte.
Per quanto riguarda i Coxib, le IC50 per la COX1 sono nell’ordine di centinaia di volte superiori rispetto a
quelle della COX2; questo significa che usando i farmaci a una concentrazione idonea a inibire la COX2, non
si riesce a inibire la COX1, ottenendo così una risposta selettiva.
1. Emivita di eliminazione: molte delle molecole elencate, tipicamente farmaci aspecifici, hanno
un’emivita di eliminazione che oscilla tra 1-4 h. L’implicazione pratica è che in clinica questi farmaci
dovranno essere somministrati ogni 6-8 h per poter ottenere gli effetti desiderati (analgesico,
antipiretico, antiinfiammatorio).
2. Percentuale metabolizzata a livello epatico: quasi tutti sono ampiamente metabolizzati a livello
epatico. In merito a questo punto, è interessante capire quanto della variabilità predeterminata
geneticamente abbia un impatto sull’efficacia e/o sulla tossicità di questi farmaci [analizzato nel
paragrafo successivo, punto 6].
3. Legame alle proteine plasmatiche: quando è superiore al 90%, il farmaco può essere fonte di
spiazzamento di altri farmaci altrettanto legati alle proteine plasmatiche, causando così un transitorio
aumento della quota libera che è l’unica ad essere biologicamente attiva, ovvero che produce un
effetto terapeutico.
Un esempio è quello degli anticoagulanti orali, di cui il Warfarin rappresenta il più utilizzato al mondo
(solo negli USA si stima che il suo utilizzo sia pari al 2-4% della popolazione, frequenza molto elevata). Il
Warfarin è il classico farmaco ad alto legame con proteine plasmatiche. Se a un paziente in terapia con
Warfarin, che ha un buon controllo della coagulazione, si somministra un FANS, c’è il rischio che
aumenti transitoriamente la quota libera del Warfarin provocando dal punto di vista clinico un rischio
emorragico.
Consideriamo ora le caratteristiche dei Coxib e le peculiarità per quanto riguarda i parametri appena
analizzati:
4. Legame alle proteine plasmatiche: come nel caso dei farmaci aspecifici e di qualsiasi altro tipo di FANS,
anche nel caso dei Coxib è elevato.
5. Emivita di eliminazione: nel caso dei Coxib mediamente è più lunga, consentendo un’unica
somministrazione al giorno.
Va notato come i cosiddetti oxicamici hanno dei tempi di emivita molto più lunghi che possono arrivare
a 50-60 h, addirittura a 100 h (nell’anziano i tempi si allungano).
6. Percentuale metabolizzata a livello epatico: come detto prima, la maggioranza dei FANS viene
metabolizzata a livello epatico.
Ma qual è, nello specifico, il meccanismo implicato
nell’eliminazione?
Ad esempio, nel caso dell’Ibuprofene, che è un
farmaco sia prescrivibile, che da banco (farmaco di
autoprescrizione), è il citocromo 2C9 (CYP2C9) ad
essere maggiormente implicato nella
metabolizzazione. Questo è, insieme a CYP2C19 e
CYP2D6, uno di quegli isoenzimi con un’enorme
variabilità geneticamente predeterminata. Per questo
motivo, il consorzio (di cui si è parlato in relazione ai
farmaci della neuropsicofarmacologia), qualche anno
fa ha iniziato ad affrontare anche il capitolo relativo ai
FANS, tramite metanalisi: essa accorpa una serie di
studi con valenza importante dal punto di vista
metodologico e clinico e poi li interpreta secondo i
cosiddetti forest plot, cercando di attribuire una
significatività statistica o meno all’osservazione fatta.
Vengono valutati due diversi diplotipi del CYP2C9 (non
è necessario conoscerne il nome) che sono forme
fenotipiche di espressione del citocromo che si
associano allo stato di poor metabolizer: i portatori di questo diplotipo hanno una minore propensione
a produrre enzimi che sono in grado di metabolizzare in maniera attiva. Analizzando l’overall effect
(valutazione d’insieme degli studi, in questo caso rappresentato dal diamante evidenziato in rosso), si
osserva che chi ha questo assetto diplotipico (poor metabolizer) e utilizza uno di questi farmaci si può
trovare nella condizione in cui l’esposizione aumenta di circa l’80 % rispetto alla popolazione generale
(aumento del principio di sovraesposizione); nell’altro diplotipo chi utilizza Celecoxib, Ibuprofene e
Meloxicam, tende ad avere un aumento di esposizione che può essere anche più di 5 volte (corrisponde
alla soglia descritta nella lezione precedente nell’impatto delle interazioni molto potenti di
sovraesposizione), ragion per cui per alcuni farmaci hanno iniziato a declinare come interpretare il
diplotipo. Senza entrare nel dettaglio, questo discorso generale riflette la necessità di approfondire gli
aspetti genetici in questa disciplina.
Di conseguenza:
- Per quanto riguarda Ibuprofene (uno tra i più largamente utilizzati dalla popolazione generale),
Flubiprofene e Celecoxib, se si è nello stato di poor metabolizer del CYP2C9, viene raccomandato di
iniziare la terapia con una dose il più possibile contenuta, che è mediamente ½ o ¼ di quella
somministrata alla popolazione generale.
L’emivita dell’Ibuprofene è breve, circa 2-4 h, quindi lo stato di poor metabolizer può essere gestito
riducendo l’entità della dose.
- Al contrario, per gli oxicamici, che hanno un’emivita di 50-70 h, lo stato di poor matabolizer può
portare ad avere, ipoteticamente, anche 100-200-300 h di emivita.
Quindi, le stesse linee guida, quando declinano farmaci come gli oxicamici, danno raccomandazioni
diverse: se si è poor metabolizer, non si utilizzano farmaci come Piroxicam o Tenoxicam, che sono
tutti gravati da questo tipo di problematica. Questo concetto vale per qualsiasi classe terapeutica
con queste stesse caratteristiche: presenza di un farmaco substrato di un determinato isoenzima
che ha un’emivita molto lunga e un portatore poor della metabolizzazione di quel farmaco.
Inoltre, i farmaci substrato del CYP2C9 possono avere delle interazioni con altri farmaci che bloccano o
potenziano l’azione del 2C9, quelli che sono stati definiti come inibitori e induttori enzimatici.
Nel capitolo riguardante la neuropsicofarmacologia abbiamo nominato Fluoxetina, Fluvastatina e
Paroxetina e citato tra i mood stabilizers e gli antiepilettici la Carbamazepina, il più potente induttore
enzimatico, in particolare del 2C9. Se somministro un FANS ad un paziente, in un contesto di questo
tipo, si perderà l’attività con la Carbamazepina, comportando uno svantaggio per il paziente ma senza
indurre particolari danni; viceversa inibendo il metabolismo e portandosi in una condizione simile a
quella di un poor metabolizer, si possono indurre danni importanti.
Di seguito, cerchiamo di capire i danni che possiamo arrecare potenzialmente con una terapia con i
FANS.
Danni collaterali
Innanzitutto occorre trattare le prostaglandine alla fine della cascata produttiva governata dalla
ciclossigenasi 1 e 2 (ovvero COX1 e COX2).
Esistono 5 principali
prostaglandine/prostacicline/trombossani:
Per spiegare la differenza in termini clinici del Paracetamolo, si è ipotizzata l’esistenza di una terza
ciclossigenasi (COX 3) che veniva inibita dal farmaco, da cui conseguivano effetti diversi rispetto alle altre
due ciclossigenasi. In realtà non è così: la visione più recente della letteratura ipotizza che esistano due
tipologie di meccanismi, in cui oltre all’azione sulle COX, si interviene a livello centrale coinvolgendo il SNC,
in particolar modo sul sistema degli endocannabinoidi. Tale sistema viene modulato attraverso la
stimolazione dei recettori degli endocannabinoidi generando un effetto analgesico, con conseguente azione
protettiva nei confronti della nocicezione.
Questa ipotesi postula che ci sia di fatto un’alterazione della trasmissione a livello neuronale, ragion per cui
i canali sensibili al calcio dovrebbero essere inibiti [in realtà sulle slides si dice che tali canali si attivano]
esplicando l’azione analgesica. Naturalmente il tutto si fonda su modelli sperimentali senza avere per il
momento evidenze assolute. Si ipotizza inoltre che il metabolita del paracetamolo, svolga un’azione
analoga nel SNC, mentre sembra che a livello di SNP possa svolgere un’azione complementare che
potrebbe inibire la nocicezione. Tale metabolita si produce a livello epatico ed è potenzialmente tossico,
poiché in caso di sovradosaggio è in grado di generare un’epatite acuta fulminante. Con potenzialmente
tossico si intende che l’effetto nocivo si manifesta solo in caso di sovradosaggio di paracetamolo, in piccole
quantità non costituisce un problema.
[Dalle Slides:
TURBE GASTROENTERICHE
•dispepsia, bruciori gastrici, nausea e vomito accompagnati da iperemia della mucosa gastrica fino ad
emorragie puntiformi e ulcere (le PG hanno effetto citoprotettivo sulla mucosa gastrica)
•l’emorragia acuta gastrica (meno f. duodenale) è la conseguenza più pericolosa dell’uso di FANS
COX2
La COX2 è più frequentemente di tipo induttorio, si attiva quindi in determinate circostanze, quali un
trauma fisico che genera la comparsa di dolore. La COX2 viene prodotta e attivata a livello tissutale e
produce Prostaglandina di tipo E2. La PGE2 poi stimola i nocicettori, per questa ragione si percepisce
dolore. I FANS poi inibendo le COX riducono parzialmente la nocicezione. È importante sottolineare
“parzialmente”. La VAS (Visual Analogue Scale) è una scala del dolore in cui il paziente esprime il dolore
percepito da 1 a 10 punti. I Fans riescono a ridurre il dolore fino ad un valore di 6 o 7 punti, per ottenere
una maggiore modulazione ci vorrebbe un farmaco oppiaceo.
I Coxib
Questa è un’interpretazione che consente di
capire come mai ci sono dei farmaci più o meno
potenti. In questo studio comparativo di
farmaci, il cambio di percezione di dolore viene
confrontato utilizzando una scala VAS dopo 6
settimane di trattamento rispetto al baseline.
La probabilità di ottenere l’effetto analgesico è
diversa tra paracetamolo (acetaminofene) e i Coxib. La riduzione progressiva è sicuramente minore di
quando noi utilizziamo l’Ibuprofene o i Coxib.
Negli anni ‘90 c’è stato un boom nell’utilizzo dei Coxib, specie per quanto riguarda i dolori cronici
osteoarticolari. I Coxib presentano il grandissimo vantaggio di non indurre gastrotossicità. La gastrotossicità
dipende dall’inibizione della produzione della PGE2, che ha una funzione protettiva nei confronti della
mucosa gastrica attraverso la stimolazione della produzione di muco. Perché questo è tipico dei farmaci
aspecifici e non dei Coxib? Il fatto che questo tipo di effetto sia indotto dai farmaci aspecifici (come
l’aspirina) è correlato al fatto che a livello della mucosa gastrica noi abbiamo rappresentata solo COX1. In
altre parole, ogni volta che si usa un FANS è opportuno somministrare anche un inibitore della pompa
protonica (ovviamente anche questi presentano i loro effetti collaterali, nonostante siano tra i farmaci più
ampiamente utilizzati). Si è creata questa unione, a ragione per cui quando sono stati introdotti questi
farmaci ogni qualvolta che viene prescritto un FANS si aggiunge l’inibitore di pompa protonica per gli effetti
protettivi nei confronti della mucosa gastrica.
Perché la COX1 ha un ruolo importante? La COX1 a livello di mucosa gastrica induce la secrezione di muco,
aumenta il flusso ematico e inibisce parzialmente la secrezione di HCl. Quando si utilizza un FANS
aspecifico, si blocca la COX1 con conseguente gastrotossicità. I Coxib non inibiscono la COX1, sono specifici
per la COX2 che non ha alcun ruolo nella gastrotossicità.
Le due isomerasi citospecifiche, PGI2 e TxA2, presentano azione opposta. PGI2 induce vasodilatazione e
contrasta l’aggregazione piastrinica, il trombossano A2 induce la reazione opposta. Fisiologicamente fin
quando c’è un equilibrio tra i due non vi sono problemi. Quando si blocca COX2, però, vi è un’alterazione
che porta ad un’azione predominante del TxA2, con conseguente maggiore aggregazione piastrinica alla
base del processo aterosclerotico e dunque del rischio cardiovascolare.
DI fatto, un inibitore aspecifico non comporta un rischio cardiovascolare, poiché blocca entrambe le
ciclossigenasi senza alterare l’equilibro tra PGI2 e TxA2, mentre un Coxib blocca la produzione di PGI2 ma
non di TxA2 creando un meccanismo proaterosclerotico prevalente.
La COX2 è espressa in maniera costante in tessuti quali endotelio e tessuto muscolare liscio vascolare,
cardiomiociti e cellule renali. I farmaci Coxib inibiscono COX2 e la produzione di PGI2, avviando una serie di
processi che promuovono una maggiore propensione al danno vascolare, un aumentato rischio di
aterotrombosi coronarica e un rischio a lungo termine di scompenso cardiaco.
[Nota storica: questi farmaci non solo hanno effetto analgesico, ma anche un’azione protettiva nei confronti
dell’evoluzione neoplastica di cellule in fase preneoplastica. L’uso di tali farmaci su determinate popolazioni
a rischio di evoluzione cancerogena, ha permesso di scoprire il rischio cardiovascolare determinato dal loro
utilizzo]
Nefrotossicità
A livello tissutale ci sono alcune prostaglandine che
hanno azione vasodilatatrice, ovvero PGE2 e PGI2,
mentre altre molecole hanno azione
vasocostrittrice, ovvero i leucotrieni. I FANS vanno
ad alterare l’equilibrio tra prostaglandine e
leucotrieni, favorendo questi ultimi. Tale
alterazione può portare ad un grado di
vasocostrizione che a sua volta porta ad ischemia
renale, da qui nasce il rischio di nefrotossicità
derivato dai FANS.
[Il professore non chiede i dettagli i meccanismi del danno da sovradosaggio da paracetamolo descritti nella
slide a destra, è stata inclusa solo per completezza]
Intossicazione da salicilati
Nella via terapeutica, l’acido
acetilsalicilico perde il gruppo acetile
diventando acido salicilico. Il 90% di
quello che si assume nella dose
terapeutica subisce questa reazione
metabolica a livello epatico, mentre il
restante 10% viene eliminato così
com’è dal rene attraverso i
meccanismi di secrezione tubulare. In
caso di sovradosaggio di salicilati, si
sbilancia l’equilibrio. I salicilati si
legano a proteine plasmatiche, le
quali si satureranno, aumentando così la quota libera del farmaco e si andrà a saturare anche il
metabolismo epatico. Molto più farmaco sarà così eliminato in forma di acido acetilsalicilico per via renale.
Questo ha un duplice impatto: sarà alterato il sistema di eliminazione dell’ acido urico a livello di secrezione
tubulare renale (l’acido urico è un metabolita del metabolismo delle purine, in caso di iperuricemia tende a
precipitare a livello delle cartilagini articolari dando manifestazione alla gotta), dando iperuricemia
iatrogena indotta da farmaci, inoltre si altera anche l’equilibrio acido-base e si ha acidosi (il farmaco è pur
sempre un acido).
[Il prof non spiega i meccanismi dell’iperuricemia iatrogena, ma questa parte di diapositiva può chiarire le
idee:]
Un’altra strategia è attraverso l’alcalinizzazione delle urine. Si ha un buon assorbimento delle sostanze
acide (ovvero l’aspirina) in ambiente acido poiché assumono la loro forma indissociata, ma per favorirne
l’eliminazione occorre alcalinizzare le urine con ione bicarbonato , favorendo così la dissociazione ionica
del farmaco, il quale non sarà più in grado di attraversare le membrane cellulari, con conseguente
eliminazione attraverso le urine.
Lezione di Farmacologia del 21.03.2022
Docente: Federico Pea
Sbobinatori: Perrucci Elena Giulia, Peroni Francesca
Revisore: Piovaccari Matteo
Alla base della sintesi degli ormoni di queste tre categorie c’è il colesterolo, una componente delle
membrane plasmatiche, che si può convertire in mineralcorticoidi, glucocorticoidi o ormoni sessuali
attraverso diverse vie di sintesi.
Meccanismo d’azione
Dal punto di vista dei tempi di risposta, sono farmaci che hanno una certa latenza, ovvero non restituiscono
una risposta immediata. Esiste la falsa convinzione che questi abbiano una risposta estremamente rapida,
ma questo non è fisiologicamente possibile: i corticosteroidi vengono trasportati a livello
intracitoplasmatico, dove formano un omodimero instabile, che viene convertito in una forma più stabile, la
quale ha la capacità di interagire con i recettori degli steroidi intracellulari. L’effetto è l’induzione della
trascrizione a livello genico, che promuove la produzione di proteine in grado di indurre la risposta
biologica. Questo processo richiede tempo. Altre sostanze, come l’adrenalina, hanno invece una risposta
molto più rapida; perciò, vengono utilizzate in situazioni che richiedono un intervento immediato, come un
attacco di allergia. I corticosteroidi possono essere somministrati nei trattamenti allergici come farmaci
complementari, ma non sono certamente in grado di agire bene in acuzie.
Catabolici
Contemporaneamente ci sono degli effetti catabolici sui tessuti, i quali subiscono un’azione distruttiva.
Oltre al tessuto adiposo, gli altri tessuti interessati da questi effetti sono:
Tra gli altri effetti ci sono quelli biologici, di cui molto rilevante è l’alterazione della funzione renale;
sebbene i mineralcorticoidi abbiano un ruolo prevalente nella regolazione dell’equilibrio idrosalino (ovvero
sono fonte di aumento della pressione arteriosa se in eccesso), anche glucocorticoidi svolgono un ruolo
nella regolamentazione del flusso renale; quindi un loro utilizzo cronico è frequentemente associato ad un
rischio di ipertensione su base nefrovascolare.
Utilizzo dei glucocorticoidi
I due principali effetti sono ANTINFIAMMATORIO e IMMUNOSOPPRESSIVO. Questi sono legati a:
Tipicamente i corticosteroidi sono associati alla modulazione dell’azione linfocitaria e dell’azione degli
eosinofili. L’effetto complessivo è antinfiammatorio, ma anche antiallergico, infatti gli eosinofili sono
implicati in forme a base allergica. In molte delle terapie per le allergie si consiglia l’utilizzo di
corticosteroidi. Vedremo che anche in caso di asma allergico (o asma bronchiale), i corticosteroidi, sia topici
sia sistemici per le forme più avanzate, hanno un ruolo nel controllare l’eccesso di risposta infiammatoria.
Farmacocinetica
Il cortisolo è l’ormone che viene prodotto fisiologicamente dal nostro organismo ed è controllato da un
ritmo circadiano, ovvero dipende dallo stato di veglia e dallo stato di sonno; quindi, ha un picco nelle ore
mattutine, perché è in grado di attivare le funzioni utili nelle ore diurne, mentre tende a ridursi nelle ore
notturne.
La sua caratteristica prevalente è l’emivita relativamente breve, infatti il nostro organismo riesce
fisiologicamente a regolarne la produzione e a adattarne l’entità dell’effetto in tempi brevi. Se l’emivita
fosse stata di giorni non sarebbe stato possibile un controllo circadiano della produzione e dell’attività di
questo ormone. A livello terapeutico, però, questo è uno svantaggio, perché è necessario somministrarlo
continuamente per avere un effetto prolungato. Per questo motivo, si utilizzano dei derivati del cortisolo.
Derivati sintetici o semisintetici
Quelli che vengono maggiormente utilizzati sono:
prednisolone;
metilprednisolone;
betametasone, utilizzato nella terapia dell’asma;
desametasone, ampiamente utilizzato per via sistemica.
Ce ne sono tanti per due motivi: differiscono sia per potenza intrinseca e sia per emivita (che non è mai
elevata). Ad esempio, il betametasone ha una potenza elevata, perciò la risposta è molto più efficace di
altri.
glucocorticoidi ad azione intermedia sono quelli il cui effetto ha una durata di circa 18-36 ore;
tra questi ci sono prednisone, prednisolone, metilprednisolone e triamcinolone; a loro volta
possono essere classificati sulla base della loro attività; l’azione antinfiammatoria è equiparabile,
ma essi differiscono per l’azione mineralcorticoide, che è assente, ad esempio, nel triamcinolone.
Ne consegue che gli effetti collaterali connessi a ritenzione e ipertensione siano più frequenti
quando si somministrano farmaci con attività minerale più intensa. Questi quattro farmaci possono
anche essere paragonati sulla base della dose equivalente.
i glucocorticoidi ad azione lunga sono quelli che hanno anche maggiore attività intrinseca, oltre
ad una durata di 1-3 giorni; tra questi ricordiamo il desametasone ed il betametasone. Questi
hanno un’attività circa 6/7 volte più potente dei precedenti. Il desametasone è infatti il più
antidepressivi triciclici, attualmente poco somministrati ma che erano molto comuni negli anni
’90; se associati a farmaci a base di glucocorticoidi possono determinare delle alterazioni cognitive
e relazionali, specialmente negli anziani, per effetto disforizzante e/o euforizzante, che si possono
manifestare con dei comportamenti bizzarri;
FANS, che possono avere un’azione nefrotossica e possono indurre ipertensione su base
nefrovascolare; se questi effetti sono sommati all’attività mineralcorticoide di alcuni farmaci
glucocorticoidi, si potenzia il rischio di ipertensione; inoltre, c’è anche un potenziamento
dell’effetto gastrolesivo2;
diuretici, importanti nella gestione della ipertensione arteriosa, e amfotericina hanno come effetto
un aggravamento dell’ipokaliemia in associazione alla somministrazione di aldosterone, che ha un
effetto sodio-ritentivo e potassio-escretore;
induttori o inibitori di CYP3A4; tutti i corticosteroidi sono substrati del citocromo 3A4, quindi ogni
volta che sono associati a degli induttori o inibitori di CYP3A4 ci sarà rispettivamente una riduzione
(fino al 50%) e un potenziamento dell’effetto dello steroide.
Effetti collaterali
Gli effetti collaterali dei glucocorticoidi dipendono soprattutto dal tempo di utilizzo. Possiamo identificare
tre situazioni: in ambito acuto, in cui la terapia ha una durata inferiore ad una settimana, tutti gli effetti
metabolici sono contenuti; in ambito subacuto, in cui la terapia può durare diverse settimane, o cronico, in
cui la durata raggiunge anche mesi o anni, il rischio principale è la sindrome di CUSHING, legata alla
iperproduzione di corticosteroidi.
Effetti subacuti
Se la terapia dura alcune settimane, possono
esserci frequentemente delle alterazioni come:
2
L’effetto gastrolesivo dei corticosteroidi è molto dibattuto: sebbene notoriamente e frequentemente si utilizzino dei farmaci per
compensare l’effetto gastolesivo dei corticosteroidi, questo non è stato mai dimostrato né viene riportato in letteratura, come
invece accade per i FANS. L’unica spiegazione razionale, confermata dalla letteratura, è l’utilizzo dei corticosteroidi in ambito di
terapia intensiva, in cui si viene a creare uno stress emotivo, dovuto anche alla condizione di ricovero, che può causare un danno
alla mucosa gastrica. Perciò in questi casi si fa profilassi con inibitori della pompa protonica.
Effetti ritardati
L’uso protratto per mesi comporta alterazioni ai sistemi metabolici in modo continuativo perciò si
verificheranno conseguenze importanti nei tessuti che subiscono prevalentemente un’azione di tipo
catabolico (es. tessuto osseo l’osteoporosi è un evento frequente).
Un evento che può verificarsi e che è estremamente impattante dal punto di vista prognostico è la necrosi
asettica dell’osso che si verifica specialmente nella testa del femore.
1
Gibbo di bufalo= un'accentuazione della zona relativa alla settima vertebra cervicale che è caratterizzata anche da un
classico atteggiamento del rachide cervicale che risulta essere più in avanti rispetto alla zona dorsale.
Altra complicanza è la cataratta ovvero un’opacizzazione progressiva del cristallino, che perde la sua
trasparenza e il soggetto comincia a vedere sempre con maggiore difficoltà ed è determinata dall’azione
che i glucocorticoidi hanno nei confronti del metabolismo intra-oculare.
Altro rischio è il glaucoma come conseguenza dell’alterazione del flusso dell’umor acqueo all’interno della
camera oculare, questo genera ipertensione endooculare che è fonte di sofferenza a livello retinico e può
causare a lungo andare cecità.1
Nell’immagino a sinistra sono riassunte le principali conseguenze che ci si può aspettare in un soggetto che
fa uso cronico di corticosteroidi. Si può concludere che in acuto sono farmaci relativamente sicuri, ma
questa sicurezza viene a perdersi progressivamente
man mano che aumenta il periodo di terapia. Ciò
ovviamente non esclude che ci siano pazienti che
necessitino di una terapia a lungo termine ma in
ogni caso, l’impatto negativo è direttamente
proporzionale alla durata della terapia.
1
In caso di glaucoma, è necessario instillare costantemente delle gocce a livello oculare per mantenere la pressione
oculare controllata.
2
Il prof ricorda che i neutrofili hanno un ruolo prevalente nel controllo delle infezioni batteriche, mentre per le
infezioni fungine hanno un ruolo importante anche i macrofagi e i linfociti perché la risposta tende ad essere diversa.
IMPIEGO CLINICO DEI GLUCOCORTICOIDI
1. TERAPIA SOSTITUTIVA NELL’INSUFFICIENZA CORTICO SURRENALICA
se il paziente ha il morbo di Addison1(condizione cronica), è necessario l’impiego di questa terapia:
cortisolo 20-30 mg/die + desossicortisone (per attività sodio-ritentiva).
Se il paziente ha una condizione acuta, si impiega questa terapia: cortisolo 100mg e.v. ogni 6-8 ore
fino alla stabilizzazione.
2. PATOLOGIE NON CORTICOSURRENALICHE il principale impiego terapeutico dei glucocorticoidi in
realtà riguarda ambiti al di fuori della patologia corticosurrenalica. Si utilizzano infatti:
Per i trapianti d’organo (in virtù della loro azione immunomodulatoria),
per alcune tipologie di malattie a base ematologica,
per alcune alterazioni del sistema osteo-articolare,
per alcune alterazioni dell’ambito neurologico,
per le reazioni allergiche e in particolare per le situazioni di tipo infiammatorio…
Dunque, la caratteristica principale per la quale vengono usati è quella di soppressione della risposta
infiammatoria immunitaria.
asma bronchiale,
un ambito di applicazione nelle infiammazioni tissutali può essere quello dei distretti in cui
l’infiammazione può causare intenso dolore e quindi causa l’aumento dell’ingombro stericoes.
patologie uditive [ma anche patologie a livello cutaneo, del naso e dell’occhio, via topica. Da slide]
reazioni di ipersensibilità reazioni
allergiche come orticaria o forme più
aggressive come lo shock anafilattico
che in parte giovano dell’utilizzo dei
glucocorticoidi sebbene non siano una
terapia risolutiva.
Malattie autoimmuni connettiviti,
LES, AR, malattie infiammatorie
intestinali, anemie emolitiche,
polimiositi, arteriti.
Infezioni meningite comunitaria, la
cui mortalità è cambiata enormemente
con l’introduzione della terapia
antibiotica ma si è anche visto come
l’uso del desametasone in acuto, per contenere la risposta infiammatoria a livello meningeo, cambi
totalmente la prognosi del paziente perciò secondo le linee guida, il soggetto riceve nei primi tre
giorni alte dosi di desametasone per contenere l’eccesso di risposta immunitaria.
Nel rigetto dei trapianti, una delle componenti che si possono utilizzare è sicuramente quella
corticosteroidea, sempre allo scopo di ridurre la risposta immunitaria.
MALATTIE NEOPLASTICHE
1
Morbo di Addison: condizione in cui non si ha la capacità di produrre ormoni corticosurrenalici.
I corticosteroidi hanno un ruolo specialmente in alcune neoplasie ematologiche, come i linfomi 1,
nei quali la iperproduzione di linfociti è contrastata dall’azione antilinfocitaria dei farmaci
corticosteroidei la quale però determina a primo impatto, la sindrome da lisi tumorale i linfociti
che vengono prodotti in grandi quantità e che sono accolti in diversi organi, vengono
contemporaneamente distrutti e rilasciano grandi quantità di componenti di natura proteica
principalmente e così il catabolismo delle proteine viene ad essere esasperato. Questo ha
naturalmente delle conseguenze negative in particolare induce l’iperuricemia essendo l’acido urico
il catabolita terminale del catabolismo delle proteine. In conclusione, quando si usano i
corticosteroidi ai fini di contenere la massa tumorale, per evitare la sindrome da lisi tumorale è
necessario l’utilizzo di farmaci che siano in grado di controllare l’eccesso del catabolismo proteico.
[Per ridurre l’edema cerebrale in pazienti con metastasi o tumori cerebrali,
Come antiemetico in associazione (chemioterapia e terapia radiante). Da slide]
1
Linfoma= neoplasia caratterizzata dalla iperproduzione di linfociti, in particolare, ma non solo, nei linfonodi che
rappresentano spesso il punto di partenza della neoplasia, dopo di che si può avere localizzazione di grandi quantità di
linfociti in vari organi e apparati.
2
IUGR= ritardo della crescita intrauterino.
FARMACI ANTIURICEMICI
A cosa si associa ad iperuricemia che nella maggior parte dei casi è di tipo metabolico, ma può
eventualmente essere anche su base iatrogena ovvero scatenata da farmaci inclusi nella terapia del
paziente. Si parla di iperuricemia se il valore di uricemia nel sangue è superiore a 6.8 mg/dl.
Da cosa è provocata l’iperuricemia da una disfunzione dell’eliminazione degli urati che sono soggetti ad
un processo di secrezione tubulare perciò quando si ha un eccesso di substrato rispetto alla disponibilità del
trasportatore, avremo l’iperuricemia. Questo eccesso di acido urico nel sangue, tende a precipitare proprio
perché non ha una buona solubilità.
Fattori di rischio in primis l’assunzione di purine (specialmente con un grande consumo di carne), ma
anche alcool, i soft drinks, fruttosio.
Manifestazioni cliniche
URICASI rasburicase, pegloticase (enzimi ricombinanti che stimolano la via metabolica dell’allantoina che
fisiologicamente non ha un ruolo importante nel nostro organismo).
Dallo schema sopra riportato si evince come ogni qualvolta non ci sia una produzione congrua di acido urico
o una sua adeguata eliminazione, si verifica il deposito di questo a livello articolare innescando quella serie
di processi infiammatori che sono alla base della gotta.
Davanti ad un paziente con attacco acuto di gotta, sarà necessario sia ridurre il dolore del paziente che sarà
molto intenso così come controllare la risposta infiammatoria, la quale predispone a lungo andare alla
manifestazione di tofi. Perciò entrano in gioco i FANS, la colchicina (che ha un’indicazione specifica nelle
forme iniziali di gotta, vd. dopo) e corticosteroidei.
Inibitori della xantina ossidasi
Allopurinolo
REAZIONI AVVERSE ALL’ALLOPURINOLO Generalmente si tratta di un farmaco ben tollerato che nell’uso
cronico può però indurre reazioni di ipersensibilità, che spesso sono banali ma fastidiose per il paziente
(prurito, eritema, rash maculopapulare). In alcuni casi possono sfociare in situazioni anche molto impattanti
da un punto di vista prognostico, la peggiore delle quali è la necrolisi tossica epidermica o sindrome di
Stevens-Johnson (rara) che può causare la morte del paziente.
la via metabolica della Marcaptopurina, che deriva dalla Azatioprina, è catalizzata dalla xantina
ossidasi, perciò quando si assume l’Allopurinolo che inibisce la xantina ossidasi, si blocca la via di
degradazione della Marcaptopurina avendo come effetto finale, un potenziamento dell’azione anti-
neoplastica.
iperuricemia primitiva,
sindrome da lisi tumorale, nei linfomi (vd. sopra), dove l’eccesso di acido urico è tale da porre il
paziente a rischio di una nefrotossicità acuta.
1
Marcaptopurina= farmaco che ha un ruolo importante in alcune tipologie di neoplasie, farmaco anti-neoplastico.
2
Azatioprina= farmaco utilizzato prevalentemente in alcune forme di tipo reumatico, con un’azione
immunomodulatoria.
Febuxostat
Il Febuxostat è un derivato di sintesi introdotto nel 2008, inibitore non-purinico, della xantina ossidasi. Ha
un metabolismo epatico diversamente dall’allopurinolo soprattutto perché in gran parte diventa substrato
del 2C9. Ha il vantaggio di non
richiedere un aggiustamento
posologico nell’insufficienza renale.
intolleranza all’allopurinolo,
gotta non controllata da altre
terapie uricosuriche.
Uricosurici
Probenecid
Il Probenecid è un farmaco che è capace di stimolare il
trasportatore che si occupa dell’eliminazione dell’acido
urico impendendo il riassorbimento che
fisiologicamente si produce a livello del tubulo renale. È
un farmaco utilizzato per via orale, prono all’interazione
con altri farmaci che interferiscono con il trasportatore
nel tubulo renale, come ad esempio alcuni beta
lattamici (penicilline, cefalosporine…), o i FANS.
1
Lo studio adotta un disegno statisticamente valido, multicentrico, randomizzato in doppio cieco.
carico di fluidi: se si considera il processo di saturazione del meccanismo di trasporto, andare a
diluire la soluzione, costituisce un fattore favorevole a ridurre il blocco di questo meccanismo.
Perciò si raccomanda di avere un carico di fluidi congruo ovvero fino a 3 L/Die.
Trattandosi di un acido, l’alcalizzazione delle urine ha un effetto uricosurico, perché impedisce il
riassorbimento tubulare.
Probenecid, inefficace se CrCl < 50 ml/min in quanto, se si ha un’insufficienza renale, avendo
un’azione diretta sui trasportatori, si ha una perdita dell’attività poiché il meccanismo perde di
significatività.
Benzbromarone, potenzialmente epatotossico.
Enzimi ricombinanti
Rasburicase
Enzima urato-ossidasi, prodotto con la tecnologia del DNA ricombinante, che stimola una via metabolica
che porta alla produzione dell’allantoina e che fisiologicamente il nostro organismo non utilizza. È un
farmaco che implica un costo notevole rispetto agli altri e ha anche il limite di dover essere somministrato
per via endovenosa essendo di natura proteica perciò facilmente degradabile.
Profilassi e terapia della sindrome da lisi tumorale, in pazienti con neoplasie ematologiche (linfomi)
in cui non sia sufficientemente valido l’allopurinolo.
Acido ascorbico
Probenecid
Benzbromarone
Sulfinpirazone
Estrogeni
Fenofibrato,
Losartan. Da slide, il prof non vi si è soffermato]
La deposizione di acido urico che stimola la produzione di citochine e chemochine proinfiammatorie (TNFα,
IL-6, IL-8, alcune tipologie di leucotrieni), costituisce il meccanismo con cui si genera l’infiammazione.
La colchicina espone ad un rischio molto aumentato di tossicità nei pazienti con insufficienza renale (se
eGFR< 10 ml/min/1.73 m2 non si utilizza la colchicina). Un suo uso a lungo termine per la prevenzione di
altri attacchi acuti non ha senso poiché non c’è nessuna evidenza che l’uso della colchicina o dei FANS
riduca l’incidenza di nuovi attacchi acuti. Gli unici farmaci che hanno senso in questo caso sono gli
uricosurici e gli inibitori della xantina ossidasi che invece prevengono la deposizione di acido urico a livello
articolare.