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ANESTESIA OSTETRICA

- PROGRAMMA -

1) LE ALTERAZIONI FISIOLOGICHE DELLA GRAVIDANZA


2) DISORDINI IPERTENSIVI DELLA GRAVIDANZA
3) IL DIABETE MELLITO IN GRAVIDANZA
4) EMORRAGIA POST-PARTUM (EPP)
5) GESTIONE ANESTESIOLOGICA: DISTOCIA DI SPALLA, PROLASSO DEL
FUNICOLO ED EMBOLIA DA LIQUIDO AMNIOTICO
6) RIANIMAZIONE NEONATALE
LE ALTERAZIONI FISIOLOGICHE DELLA GRAVIDANZA

La gravidanza normale è caratterizzata da alterazioni siologiche signi cative in ogni organo


per far fronte alle domande metaboliche dell’utero, del feto e della placenta in crescita.

SISTEMA CARDIOVASCOLARE.
La gravidanza si accompagna a profonde alterazioni adattative nell’ emodinamica materna.
• Il VOLUME EMATICO aumenta in gravidanza. Il volume plasmatico aumenta
maggiormente rispetto all’aumento di volume di globuli rossi, il che comporta un’ ‘’anemia
siologica gravidica’’, con una concentrazione emoglobinica normale, a termine di
gravidanza, di 11,6 g/dl.
• La GITTATA CARDIACA inizia ad aumentare alla decima settimana di gestazione
raggiungendo un picco del 40-50% in più rispetto alla base di partenza alla trentaduesima
settimana di gestazione. Questo aumento è conseguenza di un aumento combinato della
gittata sistolica e della frequenza cardiaca (GC=GSxFC).
• Le RESISTENZE VASCOLARI SISTEMICHE sono ridotte a seguito di fattori combinati:
- La circolazione placentare è essenzialmente in parallelo con la circolazione sistemica, per cui
la somma delle due resistenze in parallelo è inferiore rispetto a ciascuna da sola, con
conseguente riduzione del post-carico.
- Il progesterone contribuisce alla vasodilatazione mediante il suo e etto sulla muscolatura
liscia dei vasi.
- L’anemia da diluizione della gravidanza favorisce una riduzione del post-carico.
• La CONTRATTILITA’ MIOCARDICA aumenta in virtù dell’aumento della frequenza
cardiaca e della riduzione delle resistenze vascolari sistemiche.
• ALTERAZIONI DELL’ ELETTROCARDIOGRAMMA E DISTURBI DEL RITMO: l ’ ECG
a ne gravidanza può evidenziare alterazioni che risultano da uno spostamento a sinistra del
cuore in conseguenza del sollevamento del diaframma da parte dell’utero gravidico ( modesta
deviazione a sn dell’asse medio del QRS, transitorie alterazioni del tratto ST-T). In
gravidanza esiste, altresì, una predisposizione alle tachiaritmie, specialmente
sopraventricolari. Le cause di ciò sono da ricondurre ad alterazioni di conduzione dei canali
ionici cardiaci, aumento delle dimensioni del cuore, ussi ormonali.
• COMPRESSIONE AORTOCAVALE: in posizione supina la compressione della vena cava
inferiore contro la colonna verrebrale, provocata dall'utero ingrossato (signi cativa a partire
dalla ventesima settimana di gestazione), determina una riduzione del ritorno venoso. Uno
studio recente ha misurato il livello di lateralizzazione necessario per minimizzare la
compressione aortocavale nella gravida a termine. La gittata cardiaca e la pressione arteriosa
erano maggiori con una lateralizzazione sinistra di 15 gradi. Quindi, la posizione supina
dovrebbe essere evitata in tutte le partorienti a termine, ma già a partire dalla ventesima
settimana di gestazione in poi.

APPARATO RESPIRATORIO.
• Il progesterone sensibilizza i centri del respiro a livello centrale, aumentando la risposta
ventilatoria alla CO2 . Sia il volume corrente che la frequenza cardiaca sono aumentati.
Questo spiega perché la PaCO2 normale nella gravida sia 30-32 mmHg. In realtà, in seguito
all’aumentata escrezione urinaria di HCO3-, il pH risulta parzialmente corretto. (ALCALOSI
RESPIRATORIA corretta da COMPENSO RENALE) .
• Le alte domande metaboliche da parte dell’utero ingrossato, della placenta e del feto, causano
un aumento del consumo di ossigeno durante tutta la gravidanza. Ciò determina una
desaturazione di ossigeno, durante un periodo di apnea, m0lto più rapida (ad esempio, in
caso di induzione dell’anestesia) (*). Oltretutto, l’innalzamento del diaframma in gravidanza,
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conduce a un aumento delle atelettasie alveolari alle basi, con conseguente riduzione della
CFR (capacità funzionale residua) e accorciamento del tempo per lo sviluppo di ipossia.

SISTEMA EMATOLOGICO.
• ANEMIA DA DILUIZIONE: la massa dei globuli rossi aumenta durante la gravidanza, il
volume plasmatico, tuttavia, aumenta ancora di più, determinando la cosiddetta Anemia da
diluizione. Vengono generalmente osservati valori di emoglobina compresi tra 10 e 12 g/dl;
valori >13 g/dl sono suggestivi di emoconcentrazione e possono essere segno di pre-
eclampsia.
• CONTA E FUNZIONALITA’ PIASTRINICA: nella maggior parte delle gravide si veri ca
una modesta riduzione del numero del piastrine, probabilmente per un aumento del
consumo piastrino durante la gravidanza o per un aumento della produzione e del turnover.
• FATTORI DELLA COAGULAZIONE: la pz gravida presenta un assetto tendenzialmente pro-
coagulante; se, tuttavia, da un lato ciò serve a minimizzare le perdite ematiche intrapartum,
dall’altro ciò aumenta di 6 volte il rischio di tromboembolia durante la gravidanza e nel
post-partum. RICORDA: il brinogeno in gravidanza raggiunge generalmente valori >
400mg/dl; valori <200 mg/dl potrebbero indicare un processo patologico in atto.

SISTEMA GASTRO-INTESTINALE.
L’ ingrossamento dell’utero determina uno spostamento del contenuto intestinale, incluso lo
stomaco, in direzione cefalica, con conseguente aumento della pressione intragastrica.
Il progesterone e, in minima parte, anche l’estrogeno favoriscono il rilasciamento della
muscolatura liscia dello s ntere esofageo inferiore. L’ insieme di queste alterazioni aumenta il
rischio di rigurgito e inalazione di contenuto gastrico.

FUNZIONALITA’ RENALE.
In gravidanza il usso ematico renale aumenta ed è associato ad un aumento della VFG e della
clearance della creatina. La concentrazione di quest’ultima, quindi si riduce in gravidanza, per
cui valori tra 0,8 e 1 mg/dl che sarebbero normali in una donna non gravida, sono da
considerare patologici in gravidanza.

SISTEMA ENDOCRINO.
• I livelli di T3 e T4 sono aumentati in gravidanza del 50% come conseguenza di un aumento,
indotto dagli estrogeni, della globulina di legame tiroidea. I livelli di TSH si riducono.
• La gravidanza si associa a una RIDOTTA SENSIBILITA’ DEI TESSUTI ALL’ INSULINA,
con e etto diabetogeno. Questo signi ca che una donna gravida avrà elevati livelli di glucosio
nel sangue dopo un carico di carboidrati rispetto a una donna non gravida, nonostante una
risposta iperinsulinemica in gravidanza.

APPARATO MUSCOLO-SCHELETRICO.
• LORDOSI LOMBARE: l’ ingrandimento dell’utero determina una lordosi lombare che agisce
per mantenere il centro di gravità sulle gambe.
• MOBILITA’ DELLE ARTICOLAZIONI: si assiste ad un incremento della mobilità delle
articolazioni, specialmente nelle sacro-iliache, sacro-coccigee e pubiche, per preparare il
passaggio del feto. Tutti questi cambiamenti sono secondari agli e etti dell’ormone relaxina,
progesterone e agli stress meccanici della gravidanza.
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IMPLICAZIONI ANESTESIOLOGICHE DELLE ALTERAZIONI
FISIOLOGICHE MATERNE IN GRAVIDANZA

ANESTETICI INALATORI E CONCENTRAZIONE ALVEOLARE MINIMA (MAC)


Nel caso dei comuni anestetici volatili, misurati col MAC, le quantità di anestetico necessarie
sono ridotte del 30% rispetto alla condizione pre-gravidica. Questo dipende principalmente
dall’aumento dei livelli di progesterone che ha e etti depressivi sul SNC.

AUMENTO DELLA VENTILAZIONE/MINUTO E RIDUZIONE DELLA CFR(CAPACITA’


FUNZIONALE RESIDUA)
Questi due elementi combinati implicano una più rapida induzione anestesiologica in
conseguenza di un più rapido aumento della concentrazione alveolare di anestetico.

IPOSSIA
Vedi sopra. (*)

ALTERAZIONI A CARICO DELLE VIE AEREE SUPERIORI E IOT.


La pz gravida presenta una maggiore fragilità a carico della mucosa e della vascolarizzazione
delle vie aeree superiori. Ciò implica un aumentato rischio di danno durante la laringoscopia
con aumentato rischio di sanguinamento.
A causa del rischio di epistassi severa, l’intubazione dal naso e il posizionamento di SNG
andrebbero evitati, a meno che queste manovre non siano assolutamente necessarie.
RICORDA: la classi cazione di Ma ampati pe iora durante la gravidanza; inoltre, la donna graviderà
richiede spesso un tubo endotracheale più piccolo, generalmente tra 6 e 6,5 mm.
L’intubazione andrebbe preceduta da un periodo di denitri cazione con O2 100% e si
dovrebbe preferire un’induzione con sequenza rapida e pressione cricoidea per evitare il
rigurgito e l’inalazione.

ANESTESIA PERIMIDOLLARE/ANESTETICI LOCALI


Le dosi necessarie di anestetico perimidollare sono ridotte tra il 25 e il 40% a termine. Ciò
sembrerebbe correlato a due meccanismi:
• ALTERAZIONI MECCANICHE: la compressione della vena cava inferiore da parte
dell’utero ingrossato causa distensione del plesso venoso peridurale con conseguente
riduzione del volume dello spazio peridurale e del volume del liquido cerebrospinale per
segmento spinale. Quindi, una determinata dose di anestetico locale iniettata nello spazio
peridurale o nello spazio subaracnoideo produrrà un livello maggiore di di usione
dermatomerica rispetto alle donne non gravide.
• ALTERAZIONI BIOCHIMICHE: sembrerebbe che l’esposizione cronica al progesterone
causi un cambiamento nei canali proteici all’interno delle membrane neuronali, fatto che
porta a una aumentata sensibilità agli anestetici locali.

Nelle gravide si riscontra anche un più veloce inizio di azione e un aumento della durata
dell’anestesia spinale rispetto alle donne non gravide.
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DISORDINI IPERTENSIVI DELLA GRAVIDANZA

DEFINIZIONI E DIAGNOSI DIFFERENZIALE

IPERTENSIONE GRAVIDICA:
1. Pressione arteriosa > 140/90 mmHg, diagnosticata per la prima volta dopo la ventesima
settimana di gravidanza.
2. La proteinuria e altre manifestazioni della preeclampsia sono assenti.
3. In genere si risolve entro 12 settimane dal parto.
4. Può progredire verso preeclampsia, eclampsia o verso la sindrome HELLP.

IPERTENSIONE CRONICA:
1. Pressione arteriosa > 140/90 mmHg, diagnosticata prima della ventesima settimana o
persistente oltre le 12 settimane postpartum.
2. Nelle pz con ipertensione cronica possono essere evidenti danni a carico di altri organi.
Ipertro a ventricolare sn, alterazioni retiniche e patologie renali sono comorbosità
frequenti in queste pz.

PREECLAMPSIA:
1. La preeclampsia è raramente diagnosticata prima della ventesima settimana.
2. I criteri diagnostici della preeclampsia includono:
- Pressione arteriosa >_ (superiore/uguale) 140/90 mmHg in due occasioni con un intervallo di
almeno 4 ore.
- Proteinuria > 300mg in una raccolta di urine delle 24h.
- Rapporto proteine/creatinina urinaria >_ 0,3 o un valore, nella striscia analitica urinaria, di
+1.
La preeclampsia grave viene de nita tale in presenza di manifestazioni severe: pressione
arteriosa > 160/110, cefalea, disturbi visivi, dolore epigastrico, compromissione della
funzionalità epatica, insu cienza renale progressiva.

SINDROME HELLP. Viene spesso considerata un sottotipo di preeclampsia grave.


H: Hemolysis (emolisi)
EL: Elevated Liver enzymes (enzimi epatici elevati): AST/ALT
LP: Low Platelet count (bassa conta piastrinica) <10o.ooo per mm3.
La pressione può essere normale (15% dei casi), cosa che occasionalmente può ritardare la
diagnosi.

ECLAMPSIA: è l’insorgenza di convulsioni non attribuibili ad altre cause in una paziente


gravida. Tutte le convulsioni insorte nelle gravide ipertese dopo la ventesima settimana
dovrebbero essere ritenute di tipo eclampico no a prova contraria.
Cefalea e disturbi visivi sono sintomi prodromici frequenti prima dell’insorgenza delle
convulsioni.

IPERTENSIONE CRONICA CON PREECLAMPSIA SOVRAPPOSTA:


È la manifestazione della preeclampsia nelle pz con ipertensione cronica a prescindere dalla
causa. Le pz con ipertensione cronica sono a rischio aumentato di sviluppare la preeclampsia.
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EPIDEMIOLOGIA
La preeclampsia e l’ipertensione gravidica sono disordini soprattutto delle donne nullipare più
anziane. La preeclampsia, nello speci co, interessa tra il 6% e l’8% di tutte le gravidanze, ed un
25% di queste presenta le manifestazioni della preeclampsia grave.
Inoltre, poiché le tecniche di fecondazione assistita permettono alle nullipare più anziane di
condurre delle gravidanze che possono, potendo avere già altre comorbidità quali l’ipertensione
e il diabete, l’incidenza di questi disordini continua ad aumentare.
La preeclampsia grave è uno dei maggiori contributori alla morbilità e mortalità neonata, a
causa della compromissione della perfusione utero-placentare, distacco di placenta e prematuri
iatrogena dovuta all’insorgenza di preeclampsia grave lontano dal termine.

FATTORI DI RISCHIO
Tra i fattori di rischio che più espongono all’insorgenza di preeclampsia vi sono:
- Ipertensione cronica
- Patologia renale cronica
- Obesità
- Diabete mellito
- Patologia connettivale o vascolare
- Età > 35 anni
- Gravidanza plurigemellare
- Fecondazione in vitro
- Anamnesi familiare di preeclampsia
- Anamnesi di preeclampsia in una gravidanza precedente

EZIOLOGIA
La vera eziologia della preeclampsia risulta essere ancora sconosciuta; un reperto costante è il
danno endoteliale vascolare.
1. RIDOTTA PERFUSIONE PLACENTARE: a causa dell’invasione del trofoblasto, le arterie
spirali dell’utero in una gravidanza normale si vasodilatano per accettare l’aumento del
usso sanguigno in tarda gravidanza. Nella preeclampsia questi cambiamenti non si
veri cano. Questa angiogenesi anormale determina una placentazione super ciale che più
tardi, in gravidanza, causa il rilascio di sFlt-1 e di edoglina solubile (sEng), entrambi
fattori antiangiogenici derivati dalla placenta. I livelli aumentati di questi riducono il
rilascio da parte della placenta di fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF) e
di fattore di crescita placentare (PIGF), entrambi necessari per l’angiogenesi normale,
senza i quali si ha ischemia placentare e disfunzione endoteliale che portano ad avere i
segni e sintomi della preeclampsia.
2. ESITI DELL’ ISCHEMIA PLACENTARE: l’ ischemia placentare innesca le alterazioni
endoteliali sistemiche che determinano ipertensione, proteinuria, edema (per alterata
permeabilità endoteliale) e, occasionalmente, disfunzione epatica.

FISIOPATOLOGIA
La siopatologia della preeclampsia può coinvolgere ogni organo materno e il feto.
• SNC: normalmente, le perfusione cerebrale è autoregolata nell’ambito di una pressione
arteriosa media tra 50 e 160 mmHg. Sembrerebbe che nelle donne con preeclampsia si abbia
un’ autoregolazione anormale del usso sanguigno cerebrale, con uno stato iperdinamico e di
iperperfusione, che favoriscono lo sviluppo di edema e vasospasmo. Le manifestazioni
cliniche includono CEFALEA, ALTERAZIONI VISIVE (inclusa CECITA’ CORTICALE)
e CONVULSIONI.
• SISTEMA CARDIO-VASCOLARE: la vasocostrizione induce IPERTENSIONE,
RIDOTTA PERFUSIONE TISSUTALE, IPOSSIA CEREBRALE, AUMENTO DEL
LAVORO CARDIACO, IPERTROFIA E DISFUNZIONE VENTRICOLARE. La
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t r a s l o c a z i o n e d i l i q u i d i è r e s p o n s a b i l e , i n v e ce , d e l l o s v i l u p p o d i E D E M A
GENERALIZZATO, IPOVOLEMIA, EMOCONCENTRAZIONE.
• SISTEMA RESPIRATORIO: lo sviluppo di edema a livello delle alte vie respiratorie
può favorire l’insorgenza di BRONCO/LARINGOSPASMO. L’ estensione a livello
polmonare può favorire, inoltre, lo sviluppo di EDEMA POLMONARE, con tutte le
conseguenze annesse.
• SISTEMA COAGULATIVO: le piastrine sono coinvolte nel quadro preeclampico. Le
anormalità possono essere sia quantitative che qualitative. La PIASTRINOPENIA è il
disordine più comune; raramente vengono raggiunti valori < 100.000 per mm3. Poiché le
piastrine aderiscono alle pareti arteriose danneggiate, si ha liberazione di trombossano dalle
piastrine e anche di altri fattori che le attivano; per cui in casi meno frequenti si può
giungere a una condizione di CID (coagulazione intravascolare disseminata), con
brinogeno basso, prolungamento di PT e PTT e ulteriore calo della conta piastrinica.
• SISTEMA GENITO-URINARIO/RENALE: RIDUZIONE DEL FLUSSO
SANGUIGNO RENALE, RIDUZIONE DELLA VELOCITA’ DI FILTRAZIONE
GLOMERULARE, RIDUZIONE DELLA CLEARANCE DELLA CREATININA e
PROTEINURIA.
• SISTEMA EPATO-BILIARE: le alterazioni epatiche dovute alla preeclampsia possono
variare da un MODESTO AUMENTO DEI TEST DI FUNZIONALITA’ EPATICA a una
SINDROME SIMILE ALLA STEATOSI ACUTA GRAVIDICA. Sono stati descritti
grossi EMATOMI SOTTOCAPSULARI in pz con preeclampsia grave, i quali si
manifestano generalmente con dolore acuto addominale dx. Il rischio maggiore è
rappresentato dall’ emorragia peritoneale, che può condurre alla morte. Il trattamento
precoce da parte dei radiologi interventisti usando gli stent è molto e cace nel limitare la
morbilità e, realmente, può essere un trattamento salvavita.
• FETO E PLACENTA: le donne preeclamptiche hanno una ridotta perfusione utero-
placentare che porta a RITARDO DI CRESCITA FETALE e OLIGOIDRAMNIOS.

GESTIONE OSTETRICA
Il parto, ad oggi, rappresenta il trattamento de nitivo della preeclampsia.
Finchè il parto non viene espletato gli obbiettivi maggiori sono il controllo della PA e la
prevenzione delle convulsioni.

• Espletamento del parto: la tempistica del parto dipende dall’età gestazione del feto e dalla
gravità della preeclampsia. Nella preeclampsia moderata il parto dovrebbe avvenire alla
37esima settimana. Nella preeclampsia grave si dovrebbe iniziare la gestione del parto con
somministrazione di steroidi (per 24-48h) per la maturazione dei polmoni fetali e
programmare il parto alla 34esima settimana. Se, tuttavia, i sintomi peggiorano il parto
dovrebbe avvenire prima della 34esima settimana.

• Contro o de a PA: i farmaci anti-ipertensivi utilizzati in gravidanza sono:


- Alfa-metildopa (ALDOMET), agisce inibendo i recettori alfa2 dei centri vasomotori del
SNC (falso neurotrasmettitore alfa2), con e etto antiadrenergico.
- Idralazina, vasodilatatore periferico diretto.
- Labetalolo, alfa-beta bloccante.
- Nifedipina, calcio antagonista.
- Nitroglicerina, miorilassante diretto della muscolatura liscia, maggiormente venosa che
arteriolare.
- Nitroprussiato di sodio, miorilassante diretto della muscolatura liscia, maggiormente
arteriolare che venosa.
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La pressione non dovrebbe essere portata a valori “normali”, poiché ciò potrebbe portare a
riduzione della perfusione utero-placentare, a causa della mancata autoregolazione del usso
sanguigno placentare.

• Pro lassi de e convulsioni: l'eclampsia è annunciata dall'insorgenza di convulsioni tonico-


cloniche generalizzate. La prevenzione delle convulsioni è quindi fondamentale nel
trattamento della preeclampsia. L’ anticonvulsivante di scelta è il Solfato di Magnesio
(MgSO) per la prevenzione di convulsioni nelle donne con preeclampsia. Questo, agisce
nella prevenzione delle convulsioni stabilizzando i neuroni nella corteccia cerebrale. Inibisce
anche la liberazione di acetilcolina e riduce l'eccitabilità delle membrane muscolari. A causa
del suo e etto sull'acetilcolina, il MgSO, può prolungare gli e etti sia dei miorilassanti
depolarizzanti che dei non depolarizzanti. Il MgSO, è un modesto vasodilatatore con e etti
su molteplici letti vascolari inclusa la circolazione cerebrale, dove può ridurre l'ischemia.
Aumenta il usso sanguigno epatico e renale. II MgSO, viene escreto dal rene e deve essere
usato con cautela nelle pazienti con insu cienza renale nota o sospetta.
- Il Solfato di Magnesio viene somministrato con una dose di carico di 4-6 g in 15-20
minuti. L’infusione continua viene poi iniziata a 2g/h. Fondamentale è il monitoraggio in
modo seriale dei livelli di magnesio nel sangue allo scopo di mantenerlo nell’ambito del range
terapeutico (4-8 mEq/L).
Le convulsioni non controllate con MgSO, possono richiedere degli anticonvulsivanti. Il
midazolam, il lorazepam e il fenobarbital sono usati per il controllo delle convulsioni nelle
pazienti non responsive al MgSO. Le convulsioni persistenti che non rispondono al
trattamento devono portare a ricercare altre possibili cause (per es. neoplasie endocraniche).

CONSIDERAZIONI ANESTESIOLOGICHE
Prima di iniziare l’anestesia perimidollare per il travaglio e la fase espulsiva, si dovrebbe
valutare lo stato del volume intravascolare della pz, assicurare un controllo adeguato della PA e
confermare la normalità della coagulazione.
A. VALUTAZIONE DELLO STATO VOLEMICO: questo è un aspetto critico poiché le
donne con preeclampsia sono frequentemente ipovolemiche.
- Il monitoraggio della volemia andrebbe iniziato con una valutazione de a diuresi. Se la diuresi
è stata adeguata per parecchie ore, allora è probabilmente sicuro procedere con l’anestesia
perimidollare. Se, invece, la pz è oligurica o anurica dovrebbe essere somministrato un carico
di liquidi tra 500 e 1000 ml. Si dovrebbe, poi, considerare un monitoraggio invasivo se
ripetuti carichi di liquidi non determinano una diuresi adeguata tra 0,5 e 1 ml/kg/h.
B. CONTROLLO DELLA PRESSIONE: idealmente, l’anestesia perimidollare non dovrebbe
essere iniziata nché la PA non sia controllata adeguatamente.
C. COAGULAZIONE: fondamentale è innanzitutto il controllo della piastrinopenia. La
valutazione di PT, PTT, brinogeno e D-dimero dovrebbe essere riservato ai casi di
piastrinipenia < 100.000 mm3 o a quelli con HELLP SYNDROME. In aggiunta alla conta
piastrinica, la preeclampsia potrebbe alterare anche la funzionalità piastrinica; tuttavia,
esami quali la romboelastogra a o l’analizzatore di funzionalità piastrinica non si sono
dimostrati utili.
- Non esiste un valore assoluto di conta piastrinica al di sotto del quale l’anestesia
perimidollare è controindicata. Sarebbe saggio evitarla con valori al di sotto di
80.000-60.000 mm3, ma la decisione è assolutamente individuale e può variare da
anestesista ad anestesista; la decisione deve essere valutata, inoltre, sulla base del quadro
clinico generale della singola paziente.
- Se si decide di inserire un catetere peridurale, quest’ultimo non dovrebbe essere rimosso
nché la conta piastrinica non è rivalutata e risultata normale.
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MODALITA’ DI PARTO E TECNICA ANESTESIOLOGICA
A. PARTO VAGINALE
L’ analgesia peridurale è la modalità prediletta di analgesia per il parto vaginale. Il blocco
peridurale fornisce un'eccellente partoanalgesia e può anche facilitare il controllo della PA.
Inoltre, riduce le catecolamine materne stress-indotte e migliora il usso sanguigno
intervilloso.
Per la partoanalgesia devono essere usati anestetici locali a bassa concentrazione.
Gli oppioidi sistemici sono preferibilmente evitati a causa del loro e etto antalgico limitato e
anche per il rischio di produrre depressione respiratoria sia materna che neonatale.
B. PARTO CESAREO
Il PC può essere e ettuato con anestesia spinale, peridurale o generale. Se possibile, è
preferibile optare per l’ anestesia perimidollare. Quest’ultima presenta, in primis, rispetto
all’anestesia generale il vantaggio di non dover agire sulle vie aeree della pz, infatti, queste
ultime nella donna in gravidanza, e soprattutto nella pz preeclamptica, possono essere
edematose e creare di coltà all’ intubazione endotracheale.
Inoltre, il coinvolgimento emodinamico risulta essere meno intaccato rispetto all’ utilizzo dell’
anestesia generale.
L'anestesia spinale, rispetto a quella peridurale, ha un inizio d'azione più rapido e fornisce un'
anestesia superiore. Questo fa sì che questa tecnica sia utile specialmente nelle situazioni
d'urgenza o emergenza.
L’ AG dovrebbe essere riservata, invece, ai parti in emergenza, alle pazienti con coagulopatia o
con altre controindicazioni all'anestesia perimidollare, o alle pazienti che ri utano le tecniche
regionali.
Nel caso in cui si opti per l’AG:
- Bisogna essere pronti a controllare la risposta ipertensiva alla laringoscopia la quale può
condurre a edema polmonare, edema cerebrale o emorragia endocranica; quest'ultima è la
causa più frequente di morte in donne con preeclampsia.
- Devono essere presenti presidi aggiuntivi come maschera laringea, videolaringoscopio e
broscopio, nel caso in cui si abbia di coltà ad intubare con laringoscopio classico.
- Deve essere preso in considerazione l'uso del labetalolo o dell'idralazina prima
dell'intubazione tracheale.
- Possono essere usati nitroprussiato e nitroglicerina in caso di aumenti acuti della PA
materna.
- Nelle pazienti con ipertensione poco controllata sottoposte a PC in AG deve essere fatto un
monitoraggio invasivo della PA.
- L'induzione della AG deve essere eseguita con propofol. La ketamina viene di solito evitata
perché può precipitare una crisi ipertensiva. Andrebbe somministra una dose di
succinilcolina da 1,5 mg/kg o rocuronio da 1 mg/kg per facilitare l'intubazione tracheale.
- La durata d'azione dei miorilassanti depolarizzanti e non depolarizzanti può essere
prolungata nelle pazienti che ricevono Solfato di Magnesio, quindi bisogna tener conto
anche di questo.

CURE POST-PARTUM
Anche se il parto è il trattamento de nitivo, i segni e sintomi della preeclampsia non si
risolvono immediatamente e sono richieste cure nella fase postpartum.
A. Analgesia
Gli oppiodi intratecali o peridurali forniscono un eccellente controllo del dolore nelle pazienti
che hanno ricevuto un'anestesia perimidollare per il PC.
L’ utilizzo EV di mor na o fentanyl è raccomandato nelle pazienti che ricevono l’AG.
B.Pro lassi delle convulsioni
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Anche se il parto è il trattamento de nitivo della preeclampsia, la pro lassi delle convulsioni
con MgSO, viene tipicamente continuata per 24 ore, anche se alcuni raccomandano solo 12 ore
di terapia.
La sospensione prematura del magnesio nel postpartum ha causato eclampsia in alcune
pazienti, quindi può essere più sicura la somministrazione più lunga (tra 24 e 48 ore).
C.Controllo della PA
Il controllo della PA avviene allo stesso modo dei periodi prepartum e postoperatorio. La
terapia antipertensiva orale deve essere somministrata se la PA resta elevata con diuresi
conservata.
D. Bilancio idrico
Con la mobilizzazione dei liquidi dal terzo spazio, la paziente è ancora a rischio di edema
polmonare. La restrizione dei liquidi deve continuare nché non si ha diuresi franca.
E. Sequele di lungo termine
Le donne con preeclampsia hanno un'aumentata incidenza di ipertensione e malattie
cardiovascolari in età più avanzata.
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IL DIABETE MELLITO IN GRAVIDANZA

La prevalenza del DM in gravidanza è tra il 6% e il 7%.


Distinguiamo tre forme di DM:
1) DIABETE MELLITO PRE-GESTAZIONALE di tipo 1: conseguenza della
distruzione delle cellule secernenti insulina da parte di un processo immunomediato che porta
a de cienza insulinica assoluta.
2) DIABETE MELLITO PRE-GESTAZIONALE di tipo 2: fa parte della sindrome
metabolica, che comprende resistenza insulinica, adiposità viscerale, dislipidemia, patologia
cardiovascolare e malattia ovarica policistica.
La prevalenza di DM di tipo 2 nelle gravide sta salendo drammaticamente perché l’incidenza di
età materna avanzata e obesità è in aumento.
3) DIABETE GESTAZIONALE: intolleranza al glucosio che si sviluppa durante il secondo
o terzo trimestre di gravidanza. Rappresenta circa il 90% di DM in gravidanza.

SCREENING
Lo screening per il diabete gestazione è eseguito tra la 24esima e la 28esima settimana
gestazionale con un test di tolleranza a 1 ora da carico orale di glucosio.
Nelle pz obese, o con anamnesi di DMG o donne con anamnesi di alterato metabolismo al
glucosio è necessario anticipare lo screening.
Consiste nella somministrazione per bocca di 75 g di glucosio (OGTT - Oral Glucose
Tollerante Test) e nella misurazione della glicemia con un prelievo di sangue venoso a 0 ( prima
del carico), 60 e 120 min dopo il carico.
Per la diagnosi di diabete gestazionale è su ciente che almeno una glicemia sia uguale o
superiore a valori soglia:
- 92 mg/dl a digiuno
- 180 mg/dl a 60 min
- 153 mg/dl a 120 min.

EFFETTI DEL DM SULLA GRAVIDANZA


In caso di DM PRE-GESTAZIONALE le pz possono diventare gravide mentre sono trattate
con dieta e attività sica, ipoglicemizzanti orali o insulina. Queste donne possono già
presentare patologia microvascolare o macrovascolare (più raramente). Tra il 34 e il 50% delle
donne con DM 1 e il 3% delle donne con DM 2 hanno evidenza di retinopatia. La maggior
parte degli studi evidenza un peggioramento di quest’ ultima in gravidanza.
Altre pz possono presentare, in concomitanza o meno alla retinopatia, nefropatia diabetica,
che può manifestarsi con uno spettro di patologie che variano dalla microalbuminuria (da 30 a
300 mg/24h alla nefropatiafranca (>300 mg/24h), allo stadio nale di insu cienza renale. La
nefropatia si associa a una frequenza aumentata di morbilità materna e perinatale.

In generale, la presenza di iperglicemia nel primo trimestre aumenta il rischio di aborti del
primo trimestre e anomalie congenite, le più comuni delle quali sono malattie congenite
cardiache e anomalie muscoloscheletriche.
La macrosomia neonatale e/0 distocia di spalla si veri cano con frequenza aumentata in
tutti i tipi di DM. La mortalità neonatale aumenta signi cativamente nei neonati > 5 kg. Si
ritiene che l’ eccesso di crescita fetale sia dovuto, in parte, all’ iperinsulinemia fetale in risposta
all’ iperglicemia materna. I maggiori predittori di macrosomia sono il peso materno
pregravidico e l’acquisto di peso materno in gravidanza.
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Paradossalmente, è aumentato anche il rischio di ritardo di crescita, specialmente in caso di
associazione con vasculopatia e ipertensione.
Un controllo glicemico eccessivamente stretto (soprattutto nel terzo trimestre) può
predisporre a ipoglicemia neonatale (glicemia < 2 micro-mol/l), la quale rappresenta la
morbilità neonatale clinicamente più importante.
Il trattamento del DM riduce la macrosomia e l’aumento di peso fetale per epoca gestazionale.
L’iperglicemia materna scarsamente controllata può, inoltre, avere e etti di lungo termine sul
bambino. Si è osservata una predisposizione all’ aumento di peso e alla ridotta
tolleranza glicemica o prevalenza di DM di tipo 2 nell’infanzia.

LA KETOACIDOSI DIABETICA (KAD)


In gravidanza si veri cano tre importanti alterazioni siologiche nel metabolismo del glucosio:
1. Rischio aumentato di ipoglicemia da digiuno e associata non consapevolezza della
ipoglicemia.
2. Insilino-resistenza.
3. Accelerato catabolismo che comporta aumentata lipolisi con produzione di chetoni.

FISIOPATOLOGA DELLA KAD. Allo sviluppo dei KAD concorrono, in gravidanza, diversi
elementi.
Innanzitutto lo stato di catabolismo accelerato produce livelli di glucosio a digiuno inferiori
(rispetto alla condizione non gravidica) e ciò favorisce l’attivazione della lipolisi, per la
produzione di energia.
All’accelerato catabolismo tipico della gravidanza si somma l’assenza o carenza di insulina, o
l’insulino-resistenza, quindi gli zuccheri non entrano nelle cellule (iperglicemia) e l’organismo
attiva la lipolisi. Con la lipolisi l’organismo utilizza trigliceridi come fonte di energia, con
conseguente trasformazione dei trigliceridi in acidi grassi e questi in chetoni.(ketoacidosi
diabetica).

La KAD è la triade IPERGLICEMIA, CHETOSI e ACIDOSI METABOLICA. I principali


chetoacidi prodotti, l'acido acetoacetico e l'acido beta-idrossibutirrico, sono acidi organici forti
e sono questi i diretti responsabili dell’ acidosi metabolica.
L’ alcalosi respiratoria siologica della gravidanza comporta una riduzione delle capacità di
tamponamento, causando più rapidi cambiamenti nel ph.
L’iperglicemia causa una diuresi osmotica che porta a una marcata perdita di acqua ed elettroliti
con le urine, con importante disidratazione. L'escrezione urinaria dei chetoni causa, a sua volta,
la perdita addizionale di sodio e potassio. Il sodio sierico può diminuire a causa della natriuresi
o aumentare per la perdita di un grande volume di acqua libera. Anche il K viene perso in
grandi quantità. Nonostante sia presente un signi cativo de cit del K totale corporeo, all'inizio
il K sierico è solitamente normale a causa dell'uscita del K dalle cellule in risposta all’acidosi.
I sintomi della chetoacidosi diabetica comprendono disidratazione, poliuria (minzione
frequente e copiosa), polidipsia (sete intensa), aritmie, letargia e sonnolenza (sintomi di uno
scompenso più grave). I pazienti possono essere ipotesi e tachicardici a causa della
disidratazione e dell'acidosi; possono avere un respiro frequente e profondo per compensare
l'acidosi (respiro di Kussmaul). Possono inoltre presentare un alito fruttato per l'acetone
espirato.
In linea di massima, la KAD si veri ca più spesso in donne con DM di tipo 1, molto più
raramente in quelle con DM di tipo 2.
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GESTIONE DEL DM IN GRAVIDANZA
Il trattamento del DM in gravidanza dovrebbe focalizzarsi sul controllo glicemico ottimale e la
prevenzione dell’ipoglicemia grave, la stabilizzazione e il monitoraggio delle complicanze e la
sorveglianza fetale.
• INSULINA: rappresenta il farmaco di scelta per il trattamento di qualunque forma di DM.
In genere, sono richieste dosi multiple di insulina, tra cui insulina basale ad azione intermedia
e insulina preprandiale di breve durata o ad azione rapida, per raggiungere un buon controllo
della glicemia. La dose è aggiustata sulla base dello studio del pro li glicemico, la previsione
dell’ assunzione di carboidrati e dell’attività sica. La dose convenzionale di partenza è tra
0,25 e 0,5 unità/kg/die in dosi frazionate. Ne l’insulina, ne gli analoghi dell’insulina (oggi
molto utilizzati) attraversano la placenta.
• AGENTI IPOGLICEMIZZANTI OPRALI: le donne con DM pregestazionale di tipo 2,
che richiedono agenti orali per il controllo della glicemia, dovrebbero idealmante passare a
insulina prima della gravidanza. Anche se non vi sono evidenze che metformina sia
teratogeno, l’aumento marcato di insulino-resistenza in gravidanza in genere comporta che le
donne non DM2 abbiano bisogno di insulina per controllare meglio la glicemia e
potenzialmente ridurre la mortalità perinatale. La maggior parte dei clinici preferisce trovare
un regime insulinico normale prima della gravidanza per evitare un controllo glicemico
instabile durante l’organogenesi. Comunque, le donne che concepiscono mentre ricevono
antidiabetici orali non dovrebbero sospenderli nché non iniziano la terapia con l’insulina
poiché l’iperglicemia è potenzialmente più grave e molto più teratogeno di qualsiasi terapia
attualmente usata per trattare il DM.

GESTIONE ANESTESIOLOGICA DURANTE IL PARTO


La gestione anestesiologica dovrebbe focalizzarsi sul mantenimento dei livelli appropriati di
glicemia, adattare la procedura alla presenza e gravità di patologie d’organo preesistenti e sul
mantenimento di una situazione ambientale fetale ottimale.
Durante il parto di una pz diabetica ci si devono aspettare complicanze materne, fetali e
neonati, per questo è essenziale una valutazione anestesiologica precoce. Questa deve includere
una valutazione attenta delle vie aeree, della glicemia, della funzionalità renale e anche una
valutazione della presenza o assenza di neuropatia periferica, utile per individuare le
complicanze croniche del diabete derivanti dalla microangiopatia.
• PARTOANALGESIA: gli oppioidi parenterali possono essere usati nelle fasi precoci del
travaglio per il controllo del dolore nelle pz con diabete non complicato, ma la precoce
applicazione dell’analgesia perdurare o re molti bene ci. La partoanalgesia peridurale non
solo favorisce il controllo del dolore, ma riduce anche i livelli di catecolamine endogene, con
conseguente miglioramento della perfusione placentare e ridotte richieste di insulina. Poiché
molte madri diabetiche hanno aumentato rischio di TC urgente o in emergenza, un catetere
peridurale funzionante permetterebbe un’induzione rapida dell’anestesia, evitando il bisogno
di anestesia generale. Fondamentale è evitare l’ipotensione e la somministrazione di liquidi
con destrosio.
• PARTO CESAREO: Le considerazioni anestesiologiche per il PC nella partoriente
diabetica sono simili a quelle della partoanalgesia: evitare l’ipotensione e somministrare
liquidi privi di glucosio. Le anestesie spinale, peridurale e generale possono essere
somministrate in sicurezza, ma la tecnica dovrebbe essere scelta sulla base dei fattori di
rischio anestesiologici, ostetrici o fetali, sulla preferenza della pz e il giudizio dell’anestesista.
Le tecniche perimidollari, comunque, sono preferite all’anestesia generale nella maggior
parte dei TC. In alcune circostanze (rottura d’utero, emorragia severa, grave distacco di
placenta) l’anestesia generale può essere la più appropriata.
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TRATTAMENTO POST-PARTUM
- NECESSITA’ DI INSULINA. Dopo l’estrazione della placenta, la sensibilità all’insulina
ritorna immediatamente. Fondamentale è evitare l’ipoglicemia materna, è prudente un
controllo capillare della glicemia ed un eventuale adattamento del dosaggio di insulina sulla
base delle misurazioni rilevate.
- IPOGLICEMIA NEONATALE. Anche nel neonato è necessario evitarla, attraverso
misurazioni frequenti della glicemia; se il livello di glucosio è < 2 micromol (<36 mg/dl) deve
essere approntata un’alimentazione orale precoce o la somministrazione di destrosio EV.
EMORRAGIA POST-PARTUM (EPP)

Viene de nita EPP una perdita > 500 ml di sangue dopo parto vaginale o >1000 ml dopo parto
cesareo entro le prime 24 h dopo il parto.

Distinguiamo tra:
• EPP PRIMARIA: entro 24 h dal parto
• EPP SECONDARIA: dalle 24 h alle 12 settimane dopo il parto.
Un’ altra classi cazione dell’ EPP, la distingue, sulla base della quantità di sangue perso, in:
• EPP MINORE: perdita compresa tra 500 e 100o ml
• EPP MAGGIORE: perdita compresa tra 1000 e 15oo ml
• EPP MASSIVA: perdita > 1500 ml

MANIFESTAZIONI CLINICHE

RICORDA: TRIADE DA EMORRAGIA


- Acidosi
- Ipotermia (disfunzioni piastriniche)
- Coagulopatia

CAUSE
Quando parliamo di EPP le possibili cause identi cabili sono 4 (le cosiddette 4 T):
1. TONO: alterazioni della contrattilità uterina / atonia
2. TRAUMA: lacerazioni genitali da parto (vaginali/cervicali) / rottura d’utero
3. TESSUTO: ritenzione di tessuto placentare
4. TROMBINA: anomalie della coagulazione congenite o acquisite

1. TONO (ATONIA UTERINIA)


L’ atonia uterina rappresenta la causa più frequente di emorragia post-partum (incidenza del
70%). Complica circa il 10% dei parti in toto. L’ atonia uterina si manifesta con utero non
contratto e grave sanguinamento.
I fattori di rischio includono:
- Parto rapido o protratto
- La tocolisi
- La sovradistensione dell’utero (gravidanza gemellare, macrosomia, polidramnios)
- Parità elevata
- Infusione prolungata di ossitocina (induzione di travaglio)
- Parto vaginale operatorio
- Anestesia generale con gas
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- Pregressa o attuale patologia trofoblastica gestazionale
- Patologia ipertensiva
- Diabete
- Età materna avanzata

2. TRAUMA (lacerazioni genitali da parto/ rottura d’utero/ inversione uterina )


Le lesioni traumatiche incidono nel 20% circa dei casi di EPP; la rottura d’utero, e soprattutto
l’inversione uterina sono eventi eccezionali.
L’ inversione uterina è una ‘’invalidazione dell’interno verso l’esterno’’ dell’utero. Viene
classi cato come completo quando il fondo passa attraverso il collo, o incompleto quando il fondo
resta sopra questo livello. I fattori di rischio includono: pressione eccessiva sul fondo dell’utero,
trazione eccessiva sul cordone ombelicale.

3. TESSUTO (RITENZIONE DI TESSUTO PLACENTARE)


La ritenzione di tessuto placentare incide per circa il 10% dei casi di EPP. La ritenzione di
cotiledoni placentari è causa di persistente perdita ematica post-partum ed è indicazione alla
revisione uterina con pinze ad anelli, sotto controllo ecogra a.
La placenta accreta, incerta, percreta sono condizioni più rare, più gravi e strettamente
correlate al numero di parti cesarei pregressi. Nella maggior parte dei casi esitano in una
isterectomia.
La placenta accreta de nisce una placenta che si attacca allo strato muscolare dell’utero, il
miometrio; quando la placenta lo invade si usa il termine di placenta increta, mentre il
termine placenta percreta si riferisce a una placenta che ha invaso tutto lo spessore del
miometrio giungendo no alla sierosa, talvolta addirittura agli organi adiacenti, come la
vescica.

4. TROMBINA (anomalie della coagulazione congenite o acquisite)


I disordini della coagulazione sono causa solo dell’ 1% delle EPP, ed oltre alle forme
preesistenti alla gravidanza sono spesso associati a distacco intempestivo di placenta
normalmente inserta, preeclampsia, sepsi ed embolia da liquido amniotico.

STIMA DELLA PERDITA EMATICA


La stima accurata della perdita ematica uno dei principali segni dell’emorragia ostetrica,
tuttavia la rilevazione a occhio spesso associata a un rischio di sottostima. Per cercare di
minimizzare questo rischio bene pesare le pezze e i tamponi operatori sporchi di sangue,
utilizzare sacche trasparenti per la raccolta del sangue e disporre di protocolli e guide illustrate
per aiutare i professionisti a stimare la perdita ematica.

TRATTAMENTO ATTIVO DEL TERZO STADIO DEL TRAVAGLIO


Il trattamento attivo del terzo stadio del travaglio basato sulla somministrazione di uterotonici
si è dimostrato e cace nel ridurre il rischio di EPP>1000ml.
E’ quindi consigliata la somministrazione di 2 ale di syntocinon (10 mg di ossitocina) IM al
momento dell’espulsione delle spalle.
Inoltre, il messaggio uterino dopo il secondamento riduce la perdita ematica media.

FARMACI UTEROTONICI
• OSSITOCINA (SYNTOCINON) è un prodotto di sintesi identico all’ormone naturale
prodotto dall’ipo si in risposta alla suzione del capezzolo ed al travaglio. I recettori
miometriali aumentano durante la gravidanza e stimolati dall’ossitocina rilasciano gli ioni
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calcio intracellulari stipolando l’attività uterina delle bre muscolari miometriali.
RAPPRESENTA IL FARMACO DI PRIMA SCELTA PER LA PREVENZIONE DELL’
EPP. Induce contrazioni ritmiche a partenza dal fondo uterino simili a quelle di travaglio di
parto siologico. L’ossitocina ha un’azione rapida con un tempo di latenza di 1 minuto se
somministrata EV e di 2-3 minuti se somministrata IM. A causa della sua emivita plasmatica
breve per mantenere l’utero in costante attività contrattile è necessaria una infusione
continua. Generalmente è indicata la somministrazione di 20 U.I. in 500 ml SF in 2 ore.
Questa soluzione raggiunge il massimo dell’e cacia in 20 minuti.
• METILERGOMENTRINA (METHERGIN) è un analogo di sintesi della ergonovina,
alcaloide presente nella segale cornuta. Determina una contrazione persistente di tipo
tetanico nella zona superiore e inferiore dell’utero attraverso l’attivazione dei canali del
calcio e dell’actina-miosina. Somministrata per via IM ha un inizio dell’ e cacia dopo 2-5
min con un’azione che può persistere per 3 ore. Se viene somministrata per via EV per
ottenere un e etto immediato si deve infondere per un tempo non inferiore a 60 secondi e
si deve monitorare attentamente pressione arteriosa e frequenza cardiaca. Il dosaggio
consigliato è 1 ala da 0,2 mg/ml per via IM. E’ un farmaco vasocostrittore, quindi
controindicato nelle pz ipertese, cardiopatiche e forti fumatrici.
• CARBETOCINA (DURATOCIN) è un analogo dell’ossitona ed ha durata di e cacia
più lunga (long-acteing).
• MISOPROSTOLO (CYTOTEC) è un analogo sintetico della prostaglandina E1
selettiva sui recettori miometriali. Risulta meno e cace dell’ossitocina EV e può essere
somministrato per via rettale, per os o sublinguale. Il cytotec viene usato principalmente
come farmaco abortivo, per il trattamento dell’aborto spontaneo e per l’induzione del
travaglio di parto.
• PROSTAGLANDINE. Tutte le prostaglandine hanno un’ elevata e cacia nel
trattamento dell’ atonia uterina e vengono utilizzate come farmaci di seconda linea quando
le comuni procedure di prevenzione della EPP non sono e caci. La prostaglandina più
utilizzata in Italia è il SULPROSTONE (NALADOR). In caso di atonia non responsiva
all’ossitona la decisione di utilizzare il Nalador nel dosaggio di 1 ala da 0,5mg in 250 ml SF
ad una velocità di 40-160 gtt al minuto deve essere tempestiva, prima che la perdita ematica
abbia superato i 1000-1500 ml. Infatti, il Nalador, deve essere utilizzato prima che il letto
vascolare sia depleto per ridurre il suo potenziale e etto vasocostrittivo sulle arterie
coronarie.

FARMACI ANTIEMORRAGICI
• ACIDO TRANEXAMICO (TRANEX). È una sostanza anti brinolitica che trova
impiego nella pro lassi e nel trattamento dell’ EPP. Si raccomanda la somministrazione
precoce, entro 3 ore, di TRANEX alla dose di almeno 1 g (due ale da 500mg), no a 2g,
iniettata lentamente per via EV, in donne con EPP dopo parto vaginale o cesareo, in
aggiunta al trattamento standard con uterotonici. È utilizzato anche nel trattamento dei
sanguinamenti insorti in corso di gravidanza.
• FATTORE VII RICOMBINANTE ATTIVATO (NOVOSEVEN). Il farmaco è
ottenuto isolando il gene del fattore VII sul cromosoma 13 umano, moltiplicandolo in cellule
renali di criceto ed estraendolo con complessi sistemi di puri cazione. Mentre il
sanguinamento di grossi vasi può essere arrestato chirurgicamente, il sanguinamento di uso
(A NAPPO) è più di cilmente controllabile con la sola chirurgia e più e caci risultano i
farmaci sistemici che agiscono sulla cascata coagulativa. L’esperienza clinica ha dimostrato
che il NOVOSEVEN è un e cace mezzo emostatico nella EPP severa anche come terapia
di salvataggio e di conservazione dell’utero.
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COME CI SI COMPORTA DI FRONTE AD UNA EPP?
L’intervento del personale di sala parto, in caso di EPP deve essere tempestivo e ben
coordinato. Si interviene a STEP, a seconda della quantità ematica persa e della risposta della
pz agli interventi messi in atto.

STEP 1. Perdita ematica contenuta (500-1000ML), stabilità emodinamica.


⁃ Posizionare almeno 2 accessi venosi di grosso calibro.
⁃ Eseguire esami ematochimici (emocromo e coagulazione).
⁃ Allertare il centro trasfusionale per eventuali sacche di sangue/plasma (mandare richiesta
e provette).
⁃ Posizionare catetere vescicale (per favorire la contrazione uterina).
⁃ Iniziare infusione di cristalloidi: rapporto 3:1 rispetto al volume di sangue perso.
⁃ Iniziare somministrazione di uterotonici: SYNTOCINON 10 UI ev in bolo e poi in
infusione 20-40 UI in 500ml SF in almeno 30 min, oppure DURATOCIN 100 mcg
EV oppure CYTOTEC 800 mcg sublinguale. Si potrebbe utilizzare il
METHERGIN 0,2 mg IM in associazione all’ ossitocina (RICORDA:
controindicato nelle pz ipertese, cardiopatiche e forti fumatrici perché vasocostrittore).
⁃ Identi care la causa del sanguiamento: visita + ecogra a.
⁃ ESCLUSE CAUSE VAGINALI, indurre la contrazione uterina: procedere con il
MASSAGGIO UTERINO.

STEP2. Progressivo peggioramento, sanguinamento persistente (>1000ML), ma


stabilità emodinamica.
⁃ Richiedere le sacche di EC e di plasma.
⁃ Somministrare NALADOR 1 ala da 0,5mg in 250 ml SF ad una velocità di
40-160 gtt al minuto (RICORDA: è un importante vasocostrittore e può dare
broncospasmo)
⁃ Somministrare TRANEX 2g (4 ale) in 250 ml SF.
⁃ Somministare Fibrinogeno 2-4g.
⁃ Valutare se c’è in reparto il FATTORE VII ATTIVATO (NOVOSEVEN): potrebbe
servire successivamente.
⁃ Trasfondere EC se Hb<7.
⁃ Trasfondere PLASMA (ogni 3 di EC, una di plasma: 3 EC: 1 plasma) se piastrine e
brinogeno bassi.

STEP 3. Inizia l’ instabilità emodinamica (SHOCK EMORRAGICO)


⁃ Procedere con inserimento di BALOON.
⁃ Attento monitoraggio emodinamico, eseguire EGA e correggere ciò che serve
correggere.
⁃ Valutare la somministrazione di 1 EC: 1 plasma: 1 piastrine.

STEP 4. SALA OPERATORIA.


⁃ Laparotomia
⁃ Legatura vascolare
⁃ Embolizzazione
⁃ Isterectomia
⁃ CONSIDERARE FATTORE VII ATTIVATO: 60-90 mcg/kg da somministrare in 3-5
min. AZIONE IN 3-5 min.
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GESTIONE ANESTESIOLOGICA:
DISTOCIA DI SPALLA, PROLASSO DEL FUNICOLO ED EMBOLIA
DA LIQUIDO AMNIOTICO

DISTOCIA DI SPALLA
La distocia di spalla è rappresentata dal fallimento dell’estrazione della spalla del feto durante
parto vaginale.
È rara, si veri ca nello 0,2-3% di tutti i parti. In ogni caso, rappresenta una delle principali
cause di trauma da parto e nei casi gravi può essere associata a morbilità materna e perinatale
(as ssia fetale, danno del plesso brachiale).
Questa complicanza è di cile da prevedere ma sono stati descritti numerosi fattori di rischio
che possono favorirla.
Durante il parto, quando il feto discende nella pelvi, la spalla assume un allineamento antero-
posteriore. A questo punto le spalle ruotano in una posizione obliqua. Il fallimento della
rotazione del tronco fetale e delle spalle può comportare un intrappolamento della spalla
anteriore contro la sin si pubica causando la distocia di spalla. Una distocia moderata può non
richiedere manovre ostetriche particolari; in caso di distocia grave e se l’intervallo tra
estrazione della testa e delle spalle supera una certa durata, il supporto di sangue al feto può
essere compromesso dalla compressione del cordone ombelicale.
FATTORI DI RISCHIO.
I fattori di rischio riconosciuti come predisponenti la distocia di spalla sono: macrosomia
fetale, diabete mellito materno, ritardo della fase attiva del travaglio, epoca gestazione > 40
settimane, peso materno elevato e parto strumentale.
GESTIONE OSTETRICA.
Sono state descritte alcune manovre per la risoluzione e cace della distocia di spalla.
1. Pressione sovrapubica: diretta verso il pavimento pelvico, praticata insieme ad una lieve
trazione sulla testa fetale.
2. Manovra di McRoberts: se la tecnica precedente non ha sortito alcun e etto, si pratica
tale manovra, ettendo le cosce materne sull’addome. Ciò comporta una rotazione cefalica
della sin si pubica.
3. Pressione intravaginale sulla spalla posteriore: tale tecnica consiste nel tentativo di
abdurre la spalla posteriore del neonato, spingendola in alto rispetto alla sua posizione,
esercitando una pressione intravaginale sulla super cie anteriore della spalla posteriore.
4. Estrazione del braccio posteriore: il medico posiziona la mano e spesso anche polso e
avambraccio (utile praticare un’episiotomia) in vagina e localizza il braccio posterioere, che
viene a questo punto esso e fatto scivolare sopra la parete toracica anteriore del feto.
5. Manovra di Zavanelli: tale tecnica va applicata quando nessuna delle manovre
precedenti ha avuto successo. Consiste nel riposizionare la testa in vagina per l’esecuzione
di un PC d’urgenza.
GESTIONE ANESTESIOLOGICA.
L’anestesista che si trova a dover gestire questa situazione, sarà certamente avvantaggiato dalla
presenza già in situ di un catetere peridurale. In questo caso sarebbe utile somministrare 10-15
ml di lidocaina 2% per aumentare il rilasciamento pelvico. Nel caso in cui falliranno tutte le
manovre ostetriche e sarà richiesto PC, in assenza di catetere peridurale, si procede
all’induzione dell’ AG; nel caso in cui, invece, sia presente il catetere si potrebbe utilizzarlo
favorendo un blocco completo.
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PROLASSO DI FUNICOLO
Per prolasso di funicolo si intende quella condizione in cui il cordone ombelicale precede il
bambino attraverso la vagina durante parto vaginale. Tale situazione fa si che il bambino
eserciti una pressione sul cordone ombelicale interrompendo l’apporto di sangue al feto.
È una condizione che si veri ca in un parto ogni 1000.
GESTIONE OSTETRICA.
La manovra più indicata è rappresentata dal sollevamento manuale della parte presentata, così
da ridurre la compressione del funicolo. Alcuni studi hanno dimostrato e cace anche il
riempimento retrogrado della vescica con 500-600 ml di SF che indurrebbe lo spostamento e il
sollevamento indiretto della parte presentata.
GESTIONE ANESTESIOLOGICA.
Se è necessario procedere a PC in emergenza, a causa di una bradicardia fetale prolungata in
conseguenza di un prolasso di funicolo, spesso l’ AG è obbligatoria, a meno che non sia
presente già in sede un catetere perimidollare. In questo caso spetta all’anestesista decidere che
tipo di approccio utilizzare, sulla base dei tempi richiesti per raggiungere l’anestesia e la
condizione clinica della gravida e del feto.

EMBOLIA DA LIQUIDO AMNIOTICO


Si tratta di una rara complicazione della gravidanza.
Sebbene siano stati proposti diversi meccanismi, la patogenesi risulta essere ancora poco
chiara. Si pensa che si tratti di una risposta immuno-mediata che risulta dall’entrata di liquido
amniotico nel circolo materno da una rottura dell’interfaccia materno/fetale. Il liquido
amniotico contiene diverse sostanze vasoattive (leucotrieni, ac. Arachidonico, citochine) che
potenzialmente attivano una risposta pro-in ammatoria sistemica e la CID. Quindi in realtà
non si tratterebbe di una embolia vera e propria, infatti il liquido amniotico è completamente
solubile nel sangue, non potendo determinare ostruzioni, quindi ‘’emboli’’.
I sintomi sono rappresentati da dispnea improvvisa e desaturazione, ipotensione severa,
aritmia, coagulopatia, no al collasso cardio-vascolare. Gli organi maggiormente interessati dal
processo in ammatorio, quindi, sono cuore e polmoni, da cui la sintomatologia.
GESTIONE OSTETRICA.
Se l’embolia da liquido amniotico avviene prima del parto e si ha un arresto cardiocircolatorio
deve essere iniziato immediatamente l’ACLS. Le linee guida per la rianimazione durante
arresto cardiaco indicano la rapida estrazione del feto entro 5 min dall’arresto, allo scopo di
migliorare gli esiti materni durante la rianimazione e aumentare la probabilità di sopravvivenza
neonatale con danno neurologico minimo.
GESTIONE ANESTESIOLOGICA.
Gli obbiettivi includono la correzione di instabilità emodinamica, ipossia e coagulopatia.
L’instabilità emodinamica viene spesso trattata con somministrazione aggressiva di liquidi,
vasopressori e inotropi. Se possibile, è consigliato un monitoraggio invasivo.
L’ intubazione precoce e il supporto ventilatorio sono le misure più e caci per migliorare l’
ossigenazione e la ventilazione.
La coagulopatia è frequentemente accompagnata da emorragia. Il trattamento implica la
somministrazione di EC, piastrine, PFC e criopreparati. Nelle pz non responsive si può tentare
la somministrazione di rFVIIa, anche se una recente revisione sistematica ha concluso che l’
88% delle pz che hanno ricevuto l’ rFVIIa hanno avuto esiti peggiori.
Se tutto quanto fallisce, vi sono report di somministrazione di ossido nitrico per inalazione,
somministrazione di prostacicline, plasmaferesi, ECMO.
La mortalità rimane ancora molto elevata, ma in calo rispetto al passato.
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RIANIMAZIONE NEONATALE
La transizione e cace dall’ambiente uterino a quello extrauterino richiede numerosi e
complessi cambiamenti siologici. Circa il 10% dei neonati richiedono assistenza ventilatori
alla nascita e l’1% necessita di manovre rianimatori aggressive.

ADATTAMENTI NAONATALI ALLA VITA EXTRAUTERINA.

- FISIOLOGIA FETALE CARDIOVASCOLARE E POLMONARE


A di erenza dell’adulto dove il circolo polmonare e sistemico operano in parallelo, il circolo
fetale opera in serie. Il sangue ossigenato dalla placenta ritorna attraverso la vena ombelicale ed
è shuntato attraverso il dotto venoso (di Aranzio) nella vena cava inferiore (VCI).
Il dotto venoso co ega la vena ombelicale con la vena cava inferiore. Il dotto venoso (di Aranzio) è una
vena facente parte de a circolazione fetale. Il dotto si oblitera dopo la nascita, dando così origine al
legamento venoso.
Dalla VCI circa il 40% del usso giunge all’atrio dx e attraverso il forame ovale all’atrio sx e al
ventricolo sx, quindi
all’aorta ascendente che
garantisce l’ossigenazione di
cuore e cervello del feto. Il
sangue deossigenato dalla
te s t a e d a l l e e s t r e m i t à
superiori del corpo entra nel
cuore attraverso la vena cava
superiore (VCS). Da qui
passa all’atrio dx e quindi al
ventricolo dx dove si
mescola con la restante
parte di sangue ossigenato
giunto al cuore attraverso la
VCI.
Le elevate resistenze
vascolari polmonari
assicurano che il 90% del
usso dal ventricolo destro
sia shuntato attraverso il
dotto arterioso di Botallo
dall’arteria polmonare
all’aorta discendente per
perfondere addome, pelvi e
arti inferiori. Il dotto arterioso
di Bota o è una connessione tra
l'aorta e l'arteria polmonare. Il
dotto arterioso si chiude
g e n e ra l m e n t e i n m a n i e ra
spontanea entro 3 giorni da a
nascita. Quando quest'ultimo non si chiude, si parla di dotto arterioso pervio. Si crea quindi uno shunt
cardiaco destro-sinistro. Il sangue deossigenato passa quindi attraverso le arterie ombelicali
alla placenta.
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Lo sviluppo del polmone fetale avviene durante tutta la gravidanza e la sua maturazione
continua nel periodo neonatale. Durante lo sviluppo le vie aeree neonati contengono circa 30
ml/kg di liquido. Questo, un ultra ltrato del plasma fetale, inizia a riassorbirsi durante il
travaglio. Durante il parto vaginale, la compressione vaginale espelle ulteriore liquido dalla
bocca e dalle prime vie aeree. Con i primi respiri i polmoni si riempiono di aria, viene rilasciato
il surfactante e aumenta drammaticamente l’ossigenazione. L’aumento della tensione di
ossigeno e del usso sanguigno incrementa il rilascio di ossido nitrico nei vasi polmonari con
conseguente vasodilatazione polmonare e sostanziale riduzione delle RVP. Simultaneamente, il
clumpaggio del cordone ombelicale, rimuove la placenta a bassa resistenza dal circolo
sistemico, aumentando le RVS. La chiusura funzionale del forale ovale di Botallo si veri ca
rapidamente dopo il parto poiché le pressioni atriali sx superano quelle dx.

-PROLUNGATA IPOSSIA/ACIDOSI E FALLIMENTO DELLA TRANSIZIONE


L’ipossia l’acidosi transitorie sono generalmente ben tollerate nel neonato sano; la rapida
rianimazione del neonato depresso dovrebbe prevenire le alterazioni siologiche permanenti.
L’ipossia e l’acidosi prolungate, invece, impediscono la normale transizione dalla siologia fetale
a quella neonatale. L’ipossia mantiene la pervietà del dotto arterioso e il protrarsi dello shunt
destro-sinistro. L’ipossia promuove la vasocostrizione ipossica polmonare e aumenta il rischio
di ipertensione polmonare signi cativa. L’ipertensione polmonare causa un’elevazione della
pressione striale destra, mantenendo lo shunt destro-sinistro attraverso il forame ovale. Il
usso di sangue, attraverso il forame ovale e il dotto arterioso pervio, è pertanto non
ossigenato, cosa che contribuisce ad aumentare l’ipossia e il deterioramento.
La ventilazione neonatale durante ipossia è inizialmente rapida e regolare. Col protrarsi
dell’ipossia il respiro si arresta, in una fase nota come apnea primaria. La stimolazione del
neonato durante l’apnea primaria porta a una ripresa dello sforzo respiratorio. Se l’ipossia
continua oltre l’apnea primaria, il neonato inizia con tentativi respiratori irregolari, rantolati,
seguiti da apnea secondaria o terminale. La stimolazione non risolve l’apnea secondaria
perché il drive respiratorio è stato ridotto dalla depressione sia del SNC che del diaframma. Il
risultato nale di queste risposte siologiche è un neonato con ipertensione polmonare
persistente e drive ventilatori scarso o nullo. La rianimazione immediata può prevenire queste
perturbazioni siologiche.

-ANTICIPARE IL NEONATO DEPRESSO


La rianimazione neonatale può essere anticipata in circa l’80% dei casi.
A. VALUTAZIONE ANTEPARTUM: la valutazione della FCF mediante cardiotocogra a ha
permesso lo sviluppo di protocolli per identi care il feto a rischio e, se necessario, incidere
sulla gestione del parto.
B. VALUTAZIONE INTRAPARTUM: molti fattori intrapartum aumentano la probabilità
di rianimazione neonatale. Il metodo primario per la valutazione intrapartum del feto è il
monitoraggio della FCF con cardiotocogra a. Anche se è un metodo a dabile per
confermare il benessere fetale ed è altamente predittivo della necessità di manovre
rianimatorie nell’immediato post-partum, un pro lo rassicurante di FCF non garantisce
necessariamente che un neonato non abbia bisogno di rianimazione alla nascita. Il
monitoraggio fetale intrapartum utilizza la FCF combinata con la misura del pro lo di
contrazione. Quando si valuta il tracciato della FCF si valutano 4 parametri: basale,
variabilità, accelerazioni e decelerazioni. Utilizzando questi parametri possono essere
distinte tre categorie di erenti di tracciati: CATEGORIA 1: TRACCIATO NORMALE
(indicativi di benessere fetale); CATEGORIA 2: TRACCIATO INDETERMINATO (non
sono indicativi di benessere fetale ma nemmeno predittivi di uno stato acido-base fetale
anormale); CATEGORIA 3: TRACCIATO ANORMALE (altamente predittivi di uno
stato acido-base fetale anormale, e dovrebbero sollecitare una valutazione rapida ed un
rapido intervento).
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C. VALUTAZIONE DEL NEONATO ALLA NASCITA:
- APGAR SCORE: il punteggio dipende dalla valutazione di 5 segni: frequenza cardiaca,
sforzo respiratorio, irritabilità ri essa, tono muscolare e colore della pelle; ciascuno in una
scala da 0 a 2, per un punteggio massimo di 10, misurato a 1 e 5 min postpartum.

L’ Apgar score si è dimostrato utile nel predire la mortalità neonatale; il bambino a termine con
un APGAR a 5 min da 0 a 3 ha una maggiore probabilità di morte nel periodo neonatale
rispetto al bambino a termine con un punteggio da 7 a 10.

- MISURAZIONI DEI GAS NEL SANGUE DEL CORDONE OMBELICALE:


Le misurazioni dei gas nel sangue del cordone ombelicale possono essere usate per valutare
l’ambiente intrauterino del feto prima del parto. I valori di riferimento son0:
• PH: 7,26 ± 0,07 (arteria ombelicale), 7,34 ± 0,06 (vena ombelicale)
• PCO2: 53 ± 10 (arteria ombelicale), 41 ± 7 (vena ombelicale)
• PO2: 17 ± 6 (arteria ombelicale), 29± 7 (vena ombelicale)
• Base excess: -4± 3 (arteria ombelicale), -3 ± 3 (vena ombelicale).

RIANIMAZIONE NEONATALE.
Prima cosa da fare è valutare rapidamente la condizione generale del neonato con quattro
domande di indagine:
1) il neonato è nato a termine?
2) Il liquido amniotico è chiaro?
3) Il neonato respira o piange?
4) Il neonato ha un buon tono muscolare?

I neonati con di coltà nella transizione alla vita extrauterina dovrebbero essere scaldati,
stimolati gentilmente e posizionati nella “sni ng position” per aprire le vie aeree. L’ aspirazione
di naso e faringe dovrebbe essere breve e gentile perché l’aspirazione prolungata o vigorosa può
causare blocco del respiro, laringospasmo o bradicardia.
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- Mantenere la normotermia
Minimizzare la perdita di calore è una parte integrale della rianimazione neonatale. Tutti i
neonati hanno un sistema di regolazione termico instabile che peggiora nei neonati depressi o
in as ssia.
- Ventilazione assistita
I neonati che respirano spontaneamente dovrebbero fare il primo sforzo respiratorio secondi
dopo la fuoriuscita del torace, generando una pressione intratoracica negativa di 60-100 cm
H2O e con un Tidal Volume inspiratorio di circa 80 ml.
I neonati che non iniziano a respirare con lo stimolo gentile, il riscaldamento e l’aspirazione
delle vie aeree richiedono ulteriori interventi per garantire una ventilazione adeguata.
La ventilazione assistita è richiesta nel 3-5% di tutti i neonati. La ventilazione a pressione
positiva è indicata nei neonati che restano in apnea, hanno una ventilazione ine cace o in
gasping, o una frequenza cardiaca di meno di 100 bpm oltre i 30 secondi dal parto. La
ventilazione assistita può essere iniziata mediante pa one e maschera, una maschera laringea o
un tubo endotracheale. Si consiglia di iniziare con pallone e maschera ed eventualmente tubo
endotracheale in assenza di un miglioramento clinico. Indicazioni comuni per l’ intubazione
includono la necessità di aspirare la trachea per presenza di meconio, o ventilazione con
maschera prolungata o ine cace.
La posizione di scelta della testa del neonato è quella di ‘’sni ng position’’ neutrale. Date le
caratteristiche uniche del neonato, una piccola lama retta come una Miller 0 0 1 fornisce la
migliore visualizzazione della laringe. Speci catamente la laringe del neonato è più anteriore
rispetto a quella dell’adulto e posta a livello della terza vertebra cervicale anziché la sesta.
Con la ventilazione assistita sono spesso necessarie pressioni di 30-40 cmH2O a nché i
primi atti respiratori possano espandere i polmoni e l’uso di pressioni di insu azione
maggiori comporta il rischio di pneumotorace iatrogeno. Dopo l’iniziale insu azione sono
generalmente su cienti pressioni di 12-20 cmH2O per ottenere volumi correnti di 5-7 ml/kg.
A prescindere dal tipo di ventilazione utilizzata l’ossigenazione adeguata è confermata da un
miglioramento della frequenza cardiaca, colore e tono muscolare.
- Compressioni toraciche e adrenalina
Se la frequenza cardiaca resta sotto i 60 bpm dopo 30 secondi di pressione di ventilazione
positiva, allora sono indicate le compressioni toraciche. L’ arresto cardiaco neonatale si veri ca
in meno dello 0,1% dei parti a termine ed è generalmente associato a insu cienza respiratoria
perché l’ipossia e l’acidosi tessutale portano a bradicardia, ridotta contrattilità miocardica e
in ne ad arresto cardiaco.
Le compressioni del torace vanno iniziate con un rapporto di 3:1 con 90 compressioni e 30
insu azioni per minuto, utilizzando o la “tecnica di compressione con i pollici” o la
tecnica a due dita”. La compressione toracica può essere sospesa ogni 2 minuti per valutare la
frequenza cardiaca endogena. La sospensione è indicata quando la frequenza cardiaca è
maggiore di 80 bpm e il polso resta apprezzabile.
Nei casi in cui la frequenza cardiaca rimane sotto 60 bpm nonostante ventilazione ottimale e
compressioni toraciche, si può optare per la somministrazione di adrenalina, che resta il
vasopressore di scelta. L’adrenalina porta a un incremento del usso sanguigno cardiaco per
la conseguente vasocostrizione alfa-adrenergica con successivo aumento della pressione di
perfusione coronarica. L’adrenalina intravascolare viene somministrata a dosi di 0,01-0,03
mg/kg e può essere ripetuta ogni 3-5 min chè la FC non supera i 60 bpm. Si raccomanda
una adeguata ventilazione prima della somministrazione di adrenalina poiché il suo e etto
alfa e beta-adrenergico aumentano il consumo di ossigeno e ciò può portare a danno
miocardico in una situazione di ipossia.
- Espansosi volemici per il trattamento de o shock
Sebbene la depressione cardiorespiratoria del neonato sia spesso secondaria a ipossia e acidosi,
in rare circostanze è il risultato di un’ipovolemia importante.
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La causa più frequente di shock neonatale è la compressione acuta del cordone ombelicale.
Meno frequentemente ricordiamo placenta previa o distacco di placenta.
Secondo le attuali linee guida dell’ AHA, l’espansione volemica può essere indicata se il
neonato non risponde alla rianimazione intensiva e vi sono evidenze di perdite ematiche. In
presenza di ipovolemia, l’espansione volemica può essere ottenuta sia con cristalloidi
isotonici o sangue zero negativo. Si può iniziare con una dose iniziale di 10ml/kg in 5-10 min.
L’infusione inappropriata di liquidi può contribuire alla compromissione cardiaca e
neurologica. Sfortunatamente, in assenza di perdite ematiche ovvie, è di cile distinguere un
neonato ipovolemico da uno normovolemico, ma as ttico. Entrambi hanno cianosi, polso
debole e riempimento capillare ritardato.
- Sospensione de e manovre rianimatorie
La maggior parte dei neonati con Apgar score di zero dopo 10 minuti dopo misure rianimatorie
adeguate, muoiono durante il periodo neonatale immediato per insu cienza multiorgano;
quelli che sopravvivono so rono quasi tutti di severa encefalopatia e sequele neurologiche
devastanti. Secondo l’ AHA è quindi accettabile sospendere la rianimazione dopo 10 min se il
neonato non mostra alcuna evidenza di vitalità.

Depressione respiratoria da oppioidi


La somministrazione di oppioidi per la partoanalgesia può contribuire a depressione neonatale
signi cativa dopo il parto. L’incidenza di depressione respiratoria nel neonato è correlata
all’esposizione cumulativa di oppioidi da parte della madre e dal tempo trascorso dall’ultima
somministrazione. I neonati narcotizzati presentano ipoventilazione e scarsa risposta agli
stimoli.
Il Naloxone non dovrebbe essere somministrato routinariamente ai neonati esposti agli
oppioidi. Questi neonati dovrebbero essere inizialmente rianimati con ventilazione assistita. Il
Naloxone è riservato come terapia aggiuntiva a quel piccolo sottogruppo di neonati che
restano signi cativamente depressi, con respiro irregolare, dopo un periodo di ventilazione.
Molti esperti hanno, tuttavia, espresso dubbi sulle conseguenze potenziali della
somministrazione di Naloxone in questo ambito; esso ha infatti provocato sintomi da astinenza
acuta, tra cui aritmie, ipertensione arteriosa, edema polmonare non cardiogeno e convulsioni.
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