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Ceresini)
Sbobinatore: Giorgia Tabarelli, Michaela Boschini Controllore: Giulia Perina
TRANSAMINASI
Aspartato aminotransferasi (AST) o glutammico-ossalacetato transaminasi (GOT) e
alanina aminotransferasi (ALT) o glutammico-piruvato transaminasi (GPT) sono presenti
anche in altri tessuti e sono marcatori anche di altre patologie.
AST è un enzima sia citoplasmatico che mitocondriale, si trova soprattutto nel cuore e ancora
prima delle troponine si utilizzava come marcatore d’infarto. Infatti, le transaminasi fanno parte
del pannello di valutazione dell’infarto miocardico. GOT si trova anche nel muscolo scheletrico
e nel rene.
L’ALT è una transaminasi esclusivamente citoplasmatica molto più presente nel fegato e nel
rene mentre meno nel cuore e nel muscolo.
I marcatori hanno una rilevanza nel danno acuto virale e nel danno tossico e sono indici di
cito necrosi dell’epatocita. Sono indicatori molto sensibili.
AST aumenta molto anche nel danno muscolare (dalle slides: sia cardiaco che muscolare. Ma
in questo caso c’è un aumento isolato senza ALT che invece c’è sempre nel danno del fegato.
AST e ALT aumentano principalmente per necrosi dell’epatocita ma in maniera minore per
danneggiamento funzionale cellulare, inoltre sono enzimi sensibili che sono in grado di rilevare
lesioni pancreatiche anche in un quadro asintomatico).
Entrambi, soprattutto l’ALT, possono aumentare anche nell’insufficienza cardiaca e qualche
volta anche nel fegato da stasi. Nel cuore polmonare acuto, ovvero quando quindi vi è
un’improvvisa ostruzione del ritorno venoso dal polmone al cuore come in un’embolia
polmonare, si va incontro a fegato da stasi e questa colonna di sangue che si va a formare a
causa della stasi può portare ad alterazione degli enzimi cardiaci, e qualche volta degli enzimi
di cito necrosi delle transaminasi e di colestasi, come fosfatasi alcalina e gamma-GT, mentre
è più difficile trovare un aumento della bilirubina poiché il suo aumento richiede del tempo.
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Clinica Medica e Geriatria n°28 del 20.01.2023 (Prof. Ceresini)
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Per quanto riguarda il prelievo, l’orario non ha influenza, così come l’ingestione di cibo. La
GOT a volte può essere un po' più alta fisiologicamente in soggetti di sesso maschile
afroamericani.
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LATTICO DEIDROGENASI
Un altro enzima di cito necrosi è lattico deidrogenasi. È un tetramero con diverse isoforme
soprattutto a livello epatico ma queste non vengono distinte in laboratorio. Quindi questo
enzima è presente nel fegato ma anche nel muscolo in un’altra isoforma, nel cuore dove
rappresenta un marker di infarto miocardico, nel polmone (dalle slides: nel muscolo predomina
M4 e nel cuore H4). Molti altri enzimi di cito necrosi si accompagnano all’aumento di LDH: per
esempio nei pazienti neoplastici dove la malattia è in progressione.
Soprattutto un tempo quando non esisteva il Butterfly con il vacuum (vuoto) standardizzato, o
anche quando è necessario un prelievo di sangue fatto a mano bisogna porre una certa
attenzione allo stantuffo della siringa poiché si rischia di creare un vacuum eccessivo con
emolisi del globulo rosso e uscita di LDH accompagnato da un aumento di potassio.
MARCATORI DI COLESTASI
• Nell’ittero ostruttivo si avrà solamente bilirubina diretta o coniugata, se vi sono
patologie infiammatorie o infettive del parenchima vi sarà grande prevalenza della
bilirubina non coniugata o indiretta. Vi sono anche forme fisiopatologiche,
costitutive come la Gilbert a trasmissione famigliare con modesto aumento della
bilirubina prevalentemente non coniugata. Nell’ittero colestatico la causa è
postepatocitaria, tranne in casi in cui si ha la cirrosi epatica, vi è dunque una stasi e
una compressione dei canalicoli intraepatici e di conseguenza aumenta la bilirubina
già coniugata. (dalle slides: il gruppo dei marcatori di coniugazione comprende il
dosaggio della bilirubina e dei suoi cataboliti e serve ad indagare la capacità di
captazione e coniugazione epatica e la capacità escretrice del fegato. Nell’ittero
ostruttivo c’è un blocco fisico del sistema duttale, come può accadere a causa di calcoli
o tumori, in quello metabolico in seguito a difetti genetici o acquisiti come in seguito a
trattamenti medici).
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circolante di origine placentare. (dalle slides: marcatore soprattutto delle vie biliari,
insieme a bilirubina, AST e ALT, quindi aumenta nell’ostruzione delle vie biliari, farmaci
epatotossici, epatopatie, viene escreta con la bile e quindi è un buon marker di
colestasi extraepatica. In presenza di aumento di dubbia origine si deve valutare la
presenza contemporanea di gamma-GT che è più specifico per la patologia epatica)
INDICI DI PROTIDOSINTESI
• Indici di sintesi proteica sono
l’albumina (dalle slides: valori di
riferimento 3,6-4,9 g/dL, le sue
funzioni principali riguardano il
mantenimento della pressione
osmotica del sangue, il trasporto di
acidi grassi, bilirubina, ormoni e
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Con gli indici di funzionalità epatica risulta più difficile stabilire epatopatie tossiche a meno che
non siano causate da alcol. Il laboratorio va sempre accorpato all’imaging, anamnesi… In un
numero non molto basso di pazienti si può ricorrere alla biopsia epatica. (dalle slides: gli indici
di funzionalità epatica definiscono entità e evolutività funzionale in modo da distinguere tra
danno acuto e cronico, definiscono l’eziologia della lesione che risulta semplice nelle epatiti
virali)
In caso di danno epatico acuto risulta più difficile comprendere le motivazioni eccetto
l’epatopatia tossica e alcolica e quindi si rende necessaria l’esecuzione di ulteriori esami
diagnostici. È difficile avere un’ischemia epatica dal momento che il fegato è un collettore di
sangue, e anche il sangue venoso ha una minima percentuale di ossigeno, può accadere per
esempio in seguito a condizioni a livello del tripode celiaco. (dalle slides: per danno epatico
acuto si intende un danno all’epatocita che avviene e si manifesta in un breve periodo di
tempo. Possibili cause: infettiva, alcolica, tossica, ischemica, autoimmune, da ostruzione
biliare) È possibile anche il danno epatico da autoimmunità come nell’epatite cronica
autoimmune. (dalle slides: costituisce circa 1/5 delle epatiti non virali e non alcoliche e ci sono
diverse varianti. La prima forma mostra un elevato titolo di autoanticorpi: anticorpi antinucleo
ANA e anti-muscolo liscio. La seconda categoria anticorpi contro l’antigene solubile epatico
(anti-SLA) e gli antigeni microsomiali epatici. Entrambe le forme sono caratterizzate da
aumento lieve transaminasi con aumento minimo fosfatasi alcalina).
Il danno epatico cronico nella maggior parte dei casi deriva da un’epatite acuta che cronicizza.
Ci possono essere casi anche di epatopatie autoimmuni che cronicizzano.
Ci sono pazienti che sviluppano epatiti in modo non acuto e di conseguenza il paziente non
se ne accorge essendo la sintomatologia molto subdola e magari iniziano ad accusare astenia
dopo anni. (dalle slides: fattori di rischio alcolismo, malattie genetiche del fegato, fattori di
rischio per infezioni virali, emodializzati cronici, tossicodipendenti)
Le epatiti croniche non si accompagnano ad un elevato indice di transaminasi. Le
transaminasi sono alte nelle epatiti acute o da danno acuto su un’epatite cronica. Addirittura,
nelle cirrosi avanzate le transaminasi sono basse perché ci sono pochi epatociti.
La sintomatologia della epatopatia cronica che prelude l’insufficienza epatica è l’astenia e può
essere completamente asintomatica soprattutto inizialmente. Quindi in seguito all’anamnesi
si misurano le transaminasi e in seguito HBsAg quindi viene eseguita la sierologia dell’epatite
B e dell’anti-HCV. (dalle slides: HVA, HBV, HCV, EBV quindi le epatiti virali costituiscono la
stragrande maggioranza delle forme di epatite acuta virale) L’epatite cronica autoimmune a
volte nasce in modo lento, quindi è utile verificare gli anticorpi antinucleo. La situazione può
essere stabile per molto tempo oppure gradualmente peggiora e va verso insufficienza
epatica.
Il paziente con insufficienza epatica avrà disturbi della coagulazione, potrebbe avere una
un’encefalopatia post-epatica (o porto-sistemica) e potrebbe avere anche delle alterazioni
degli effetti dei farmaci che hanno metabolismo epatico. Le benzodiazepine possono
peggiorare il danno epatico del paziente epatopatico: il metabolismo epatico delle
benzodiazepine è completamente sovvertito in un paziente con insufficienza epatica, ed è
facile avere un’intossicazione di benzodiazepine in queste condizioni.
Inoltre, c’è anche una disfunzione immunitaria legata all’insufficienza epatica e la cirrosi,
perché le proteine che fanno parte della cascata immunitaria sono epatiche, quindi non ci si
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ENCEFALOPATIA PORTO-SISTEMICA
Si tratta di una condizione in cui tutti i residui degli aminoacidi azotati - soprattutto l’ammonio
che è il catabolita ultimo e che non risulta metabolizzato in questo caso - vanno in circolazione,
perché non vengono trasformati in urea dovuto all’insufficienza epatica, e andando in
circolazione determinano un effetto fortemente soppressivo sul SNC, in particolare sullo stato
di vigilanza.
STADIO 2: sonnolenza, amnesie, rallentamento della risposta agli stimoli, disorientamento nel
tempo e nello spazio.
STADIO 3: alterazione del tono dell’umore alternato a sonnolenza, mioclonie, talvolta Babinski
positivo.
STADIO 4: coma.
TERAPIA
La terapia, soprattutto nel caso di una insufficienza epatica, si basa su:
• Evitare pasti ricchi in proteine: i residui azotati non vengono metabolizzati e si forma
ammoniaca peggiorando o determinando l’encefalopatia porto-sistemica;
• Aminoacidi ramificati: non è noto completamente il meccanismo, determinano anche
loro problemi, ma la presenza di ammoniemia in questi casi viene meglio tollerata
rispetto a pazienti che non assumono amminoacidi ramificati. Secondo la letteratura,
nel paziente con insufficienza epatica la proporzione tra aminoacidi ramificati e
aminoacidi aromatici è nettamente a sfavore per gli aminoacidi ramificati; si è
osservato che bilanciando questo rapporto il paziente migliora, la disfunzione cognitiva
migliora e in qualche modo il quadro clinico ne risente in modo positivo;
• Dieta ricca di fibre in quanto riducono l’assorbimento di diversi alimenti -come lo
zucchero avendo nel diabetico l’effetto di ridurre la velocità di assorbimento del
glucosio- ma, in questo caso riduce l’assorbimento dei radicali azotati;
• Farmaci: il Lattulosio è uno zucchero non riassorbibile, il catartico più importante
somministrato anche a microclismi, ma sicuramente utilizzato come terapia orale può
aiutare a mantenere efficace la canalizzazione per ridurre il più possibile ammoniaca
e radicali del metabolismo azotato nell’intestino evitando il più possibile lo sviluppo di
un’encefalopatia posto-sistemica. Attenzione deve essere posta alle varici esofagee: i
pazienti cirrotici, epatopatici cronici possono presentare varici, conseguenza
dell’ipertensione portale, che diventano sanguinanti e di difficile gestione (sebbene
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SINDROME EPATO-RENALE
La sindrome epato-renale è una condizione
clinica molto particolare, non così rara, che si
manifesta con una insufficienza renale
funzionale (quindi il rene di per sé non ha la
patologia) caratterizzata da una cirrosi
avanzata (insufficienza epatica) secondaria
ad un’intensa vasocostrizione renale.
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(Il prof riferisce di un’alra paziente ricoverata per una gravissima iposodiemia e ha dovuto
eseguire una terapia con soluzioni ipertoniche (3%), che vanno sempre fatte in un ambiente
ospedaliero controllato).
SINTOMI
I sintomi scaturiscono mediante l’attivazione di alcuni meccanismi; dopo una ipofisectomia si
può sviluppare un disturbo del bilancio idro-elettrolitico, soprattutto idrosalino e può essere di
due tipologie.
RISPOSTA TRIFASICA
• Inizialmente potrebbe svilupparsi un diabete insipido (attualmente chiamato AVP-D/
arginin-vasopressin deficiency) provocato da un’alterazione neurogena dell’asse
ipotalamo-ipofisi. Quando si toglie l’ipofisi si va accanto al peduncolo ipofisario; la
vasopressina è prodotta a livello del nucleo sopraottico e paraventricolare per
raggiungere la neuroipofisi dove viene secreta. Durante l’operazione, anche se il
neurochirurgo è esperto, si potrebbe toccare il peduncolo, irritandolo se non addirittura
reciderlo. Da quel momento il flusso di vasopressina, dal nucleo sopraottico e
paraventricolare dell’ipotalamo alla neuroipofisi risulta essere compromesso, non è più
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RISPOSTA BIFASICA
• Inizialmente si sviluppa un diabete insipido (AVP-D) sempre da alterazione neurogena
dell’asse ipotalamo-ipofisi;
• Successivamente si determina un quadro di SIADH che risulta essere temporaneo (in
questa fase potrebbe svilupparsi un iposodiemia);
• Infine, il quadro patologico potrebbe risolversi completamente
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Se si osserva un’osmolarità plasmatica e urinaria alterate in relazione tra loro (la prima bassa
e la seconda elevata) si può dare da bere al paziente e risolvere questo quadro, ma l’obiettivo
principale è la sodiemia e quindi fornire al paziente del sale.
Successivamente si farà la diagnosi valutando fT4 (non viene eseguito il TSH in quanto in
seguito a ipofisectomia il TSH è 0) che valuta la funzionalità ipofisaria. Se il paziente
ipofisectomizzato ha l’fT4 basso tendenzialmente avrà anche il TSH basso, mentre in cronico
verrà valutato sia TSH e fT4, in quanto il sistema TSH-Ft4 può funzionare correttamente
indicando che quel paziente è stato operato riuscendo a preservagli la funzionalità ipofisaria.
Possono capitare dei pazienti che non avranno mai il TSH alto, in questo caso si valuterà l’fT4
per scegliere la terapia migliore.
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AVP E COPEPTINA
La misurazione diretta di AVP non
viene più eseguita, in quanto poco
affidabile.
Recentemente, in alcuni centri, ma
non ancora a Parma, si dosa la
copeptina che è un frammento C-
terminale precursore della
vasopressina, secreto in quantità
equimolari con la vasopressina nel
flusso ematico.
Un aspetto che tende a far rilassare è il fatto che dopo un intervento per acromegalia è nota
la marcata diuresi dopo l’improvviso decremento del GH, il GH trattiene liquidi, se manca il
GH si ha questa profusa diuresi che dura sui 2-5 giorni. È una condizione che va in diagnosi
differenziale con il diabete insipido - non tanto con l’eccesso di arginina-vasopressina (AVP)
e in questo caso non ci si aspetta l’iposodiemia. Si valuterà l’osmolarità plasmatica,
l’osmolarità urinaria, la sodiuria, il peso specifico urinario, di solito in queste condizioni manca
la polidipsia in quanto non si tratta del vero diabete insipido, e laddove sia possibile si fa il
dosaggio della copeptina.
Bisogna quindi fare attenzione negli interventi soprachiasmatici, dove sono situati i nuclei
sopraottico e paraventricolare che producono vasopressina, che rimuovono solitamente
adenomi o craniofaringiomi, a non sezionare il peduncolo in quanto potrebbe provocare
diabete insipido anche permanente.
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