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In questa sezione andremo a trattare del diabete mellito; chiaramente la patologia é estremamente vasta,
specialistica, dotata di numerose variabili e sarebbe impossibile trattarla in maniera completa in poche pagine. In
questo capitolo ci concentreremo principalmente sui meccanismi fisiopatologici della regolazione del glucosio,
per poi addentrarci di quelle che possono essere le conseguenze cliniche della iper/ipoglicemia in ICU. Il pancreas
è un organo retroperitoneale privo di capsula, disposto trasversalmente a livello delle prime vertebre lombari.
Il secreto pancreatico che produce è di circa da 1 a 4 litri al giorno, con un pH pari a 8, formato da una
componente idroelettrolitica (sovrasatura di carbonato di calcio - CaCO3) ed enzimi, stimolati da parte della
CCK-somatostatina (in risposta alla dieta).
Le funzioni principali sono due: una funzione endocrina é riferibile alle isole di Langherans disposte nel tessuto
(soprattutto nella coda e nel corpo) producono insulina (B-cells), glucagone (a-cells), SST (δ-cells) ed
il polipeptide pancreatico (PP-cells). Si ha una stretta interazione con le strutture vascolari e le strutture esocrine
circostanti (il cosiddetto asse insulo-acinare). L’altra funzione é una funzione esocrina tramite strutture
ghiandolari producenti enzimi e secreto pancreatico. L’acino è l’unita funzionale; l’assieme degli acidi determina i
lobuli, che si riconoscono strutturalmente perché delimitati da tessuto connettivo vascolarizzato. Le cellule
acinari sono cellule cubiche, piramidali, con l’apice rivolto verso il lume, che vengono drenate da un duttulo e
producono enzimi (sono dotate di microvilli), mentre le cellule centroacinari sono cellule piatte (simil-duttali),
che rivestono il dotto escretore e producono il muco secretorio.
SECREZIONE:
Il duttulo prossimale secerne muco, bicarbonato, carbonato di calcio e diverse proteine (come la Litostatina che
inibisce la crescita di cristalli di calcio); la secrezione idroelettrolitica é regolata da alcune pompe e trasportatori
(anche da parte del gene CFTR, che controlla l’alcalinizzazione del secreto). L’acino pancreatico favorisce la
secrezione enzimatica: attraverso la via esocitica si ha l’immagazzianemtno dei granuli di zimogeno a livello del
polo apicale; gli zimogeni vengono a loro volta attivati nel lume duodenale mediante enterochinasi presenti
sull’orletto a spazzola. Gli enzimi presenti sono enzimi proteolitici come endopeptidasi (tripsinogeni,
chimotripsinogeno, pro-elastasi, pro-callicreina, ecc…) ed esopeptidasi (procarbossipeptidasi), enzimi
lipolitici come le lipasi (che rappresenta il 10% degli enzimi pancreatici) ed altri enzimi come le amilasi (che
rappresenta il 10% degli enzimi pancreatici), ecc…
Per quello che concerne il controllo della secrezione, il succo pancreatico viene continuamente secreto, con dei
picchi post-prandiali; si osserva pertanto una secrezione basale (presente nelle fasi interdigestive) che svolge
un’azione minima ed una secrezione digestiva con un’azione massima, permettendo una ulteriore digestione delle
diverse sostanze assunte con il cibo, tramite un’alcalinizzazione del pH che arriva a 6.8-7 (per il corretto
funzionamento degli enzimi locali). La secrezione cefalica è la secrezione controllata da uno stimolo neurologico
centrale (come il gusto, l’olfatto, il pensiero, ecc…), la secrezione gastrica é una secrezione pancreatica
controllata dallo stomaco; l’azione della distensione gastrica è mediata dal Nervo Vago, e la secrezione
intestinale é la secrezione pancreatica controllata dall’intestino: la CCK e la Secretina sono prodotte dalle cellule
neuroendocrine della mucosa duodenale e vengono rilasciate nel sangue quando il chimo gastrico raggiunge il
duodeno. La CCK é stimolata dalla presenza di lipidi/proteine e favorisce la secrezione degli enzimi, mentre la
secretina é stimolata da un pH duodenale inferiore a 4.5, permettendo di scambiare il cloro con ioni bicarbonato.
Chiaramente esistono dei meccanismi locali che sono necessari per evitare un’autodigestione pancreatica da parte
dei diversi enzimi; il pancreas (e tutto l’organismo) sono quindi dotati di diversi meccanismi protettivi:
innanzitutto gli zimogeni sono proenzimi inattivi, attivati dall’enterochinasi intestinale, pertanto a livello intra-
cellulare non sono attivi. Inoltre si ha una compartimentalizzazione, con un immagazzianemtno differenziale
intracellulare degli zimogeni, tale da impedire la miscelazione degli enzimi proteolitici (perossidasi, liasi, ecc…)
che potrebbero attivarsi. Infine si hanno degli inibitori sia ad azione locale pancreatica (come il Trypsin-
Secretory-Inhibitor, ecc…) che sistemica (come l’α-AT1 o l’a2-microglobulina).
BIOCHIMICA CLINICA PANCREATICA:
Tramite le opportune analisi di laboratorio é possibile studiare il pancreas sia come organo endocrino che
esocrino; molti test di funzionalità pancreatica vengono inquadrati nell’ambito della maldigestione come l’elastasi
fecale, la chimotripsina, ecc… (si veda il Capitolo 4.6 a tal proposito).
AMILASI PANCREATICA:
Dal punto di vista fisiologico l’amilasi pancreatica è un enzima riversato al 99% nel duodeno, al 1% nel circolo
ematico, presentando un’emivita di 9.3-17.7 ore (avendo una così breve emivita, l’analisi impedisce di
comprendere se ci sono state patologie pancreatiche precedentemente, ma può essere utilizzato come test di fase
acuta). Le concentrazioni plasmatiche dipendono dalla funzione renale, dato che la clearance avviene con il
filtrato glomerulare (e 50% riassorbito nel tubulo). È da ricordare che esistono isoenzimi pancreatico/salivare, al
50%-50%, con una omologia del 97%; la misurazione dell’amilasi pancreatica pertanto si effettua dopo la
somministrazione di anticorpi monoclonali diretti contro l’amilasi salivare.
I valori normali per le amilasi totali sono attorno a 28-100 U/l, mentre per l’amilasi pancreatica sono 13-53 U/l;
nei neonati non si misura l’enzima, dato che compare dopo 1-2 mesi di vita, raggiungendo i valori adulti dopo i 5
anni d’età. L’enzima è una endoamilasi, dato che permette la digestione dei polisaccaridi (amido, glicogeno,
ecc…) idrolizzando i legami 1a4-glicosilico (con il punto di cleavage fra il glucosio numero 2 e numero 3 di un
polimero composto almeno da 5 subunità). Il metodo di determinazione più utilizzato (con il Paranitroenolo) è
molto complesso, utilizzando numerosi enzimi; dal punto di vista clinico questo significa che può esserci una
grande variabilità nei valori normali. Il metodo naturale è il primo metodo utilizzato dal 1850 (che rimane
estremamente generico ed specifico, dato che l’amido non è una molecola a grandezza standardizzata), che misura
mediante torbidimetria le modificazioni nella viscosità, nel viraggio, ecc… di un liquido ricco di amido,
misurando il glucosio formatosi. Con il metodo sintetico si utilizza l’amido con aggiunta di coloranti,
somministrando polimeri di glucosio (composto da 3-7 catene), legate al paranitrofenolo; in questo test le
modificazioni di colore riflettono le concentrazioni dell’enzima.
In caso di iperamilasemia acuta si deve pensare a cause pancreatiche fra cui pancreatite acuta (la più frequente),
un’acutizzazione di una pancreatite cronica, un trauma pancreatico, la presenza di pseudocisti pancreatiche, un
carcinoma pancreatico e/o l’ostruzione della papilla del Vater. Cause extrapancreatiche sono da ricondursi ad un
danno delle vie biliari, ulcera peptica, ostruzione intestinale, gravidanza ectopica e/o parotite. In caso
di iperamilasiemia cronica le cause sono differenti e sono da ricercarsi in: insufficienza renale cronica, abuso di
alcol etilico (che provoca un incremento dell’amilasi salivare), epatopatia avanzata, neoplasie maligne (con
produzione ectopica) oppure macroamilasemia, intesa come complessi amilasi-IgA, che non vengono
adeguatamente filtrati ed aumentano nel plasma (la malattia ha una prevalenza dello 0.1% nella popolazione sana,
2% nella popolazione ospedalizzata). Bisogna comunque ricordarsi che un aumento dei valori ematici superiore a
3-5 volte i valori standard portano ad una ridotta sensibilità diagnostica, ma ad un aumento di specificità nella
diagnosi di una pancreatite acuta. Nelle forme acute inoltre, l’amilasi aumenta dopo 5-8 ore dall’esordio dei
sintomi, con un picco a 12-72 ore, tornando nella norma entro 3-4 giorni.
LIPASI PANCREATICA:
La lipasi pancreatica presenta delle concentrazioni nel secreto duodenale di circa 500-800 volte rispetto alle
concentrazioni plasmatiche; in circolo possiede una breve emivita (attorno alle 6.9-13.7 ore) e viene totalmente
filtrato dal glomerulo renale, per poi essere riassorbito al 100% nel tubulo, finendo poi per essere degradato. Non
si misura pertanto nelle urine. In caso di pancreatite, la rilevazione della lipasi pancreatica aumenta la specificità
della diagnosi, dato che la sola amilasi può avere falsi positivi/negativi.
Per quello che concerne il suo funzionamento, la lipasi è un enzima che usa una co-lipasi e gli acidi biliari per
posizionarsi sulla micella (lavorando all’interfaccia fra la soluzione e la micella), trasformando i TAG (Tri-Acil-
Gliceroli) in DAG (Di-Acil-Gliceroli) con la formazione di due Free-Fatty-Acid (FFA). Per il metodo di
determinazione viene utilizzato in una emulsione lattescente con diversi substrati che ricreano l’interfaccia
soluzione/micella. Esistono diversi metodi: i metodi tri-trimetrici (pH-stat) utilizzano un pHmetro durante la
reazione che vede le modificazioni di pH e favorisce il rilascio di NaOH per tamponare la soluzione. Si valuta poi
la velocità di rilascio di NaOH per misurare l’attività dell’enzima. Esistono anche metodi
torbidimetrici/nefelometrici e metodi colorimetrici, quest’ultimi che permettono di valutare il numero di FFA
liberati (mediante substrati artificiali anfipatici). Si deve porre attenzione alla presenza di falsi positivi per la
presenza di Esterasi.
FISIOLOGIA INSULINICA:
L’insulina è un ormone polipeptidico di 5 kDa, secreto dalle β-cells pancreatiche il cui gene è codificato dal
cromosoma 11p. Per quello che concerne la biosintesi esistono una serie di step maturativi (si parte dalla pre-pro-
insulina, per passare alla pro-insulina e terminare all’insulina) che avvengono nel reticolo endoplasmico e
nell’apparato del Golgi, per poi immagazzinare la pro-insulina/insulina nei granuli secretori. Nei granuli esistono
forme esameriche precipitate con Zinco e le sostanze precipitate si tolgono dall’equilibrio, permettendo un
maggior accumulo di ormone; fra gli enzimi si hanno la pro-hormone convertase 2, la pro-hormone convertase
3 e la C-peptidase. La forma finale è una molecola composta da una catena A e B, legate da due ponti disolfuro e
la molecola residua del cleavage è il peptide C (dotato di maggior emivita ed ottimo come marker secretivo.
Per quello che concerne la secrezione, esistono due vie secretive: una via costitutiva che secerne insulina/pro-
insulina costitutivamente ed è esaltata notevolmente in caso di insulinomi/pro-insulinomi o in alcuni casi di
diabete mellito di tipo 2, oppure una via secretiva indotta da diverse sostanze, fra cui il glucosio, L-Arg, L-Lys, L-
Hys, GIP, la colecistochinina, il Gorwth Hormone (GH), il cortisolo ed il PTH.
Il glucosio entra nelle β-cells tramite un trasportatore denominato GLUT-2 e mediante la glucochinasi si produce
ATP; l’aumento di ATP provoca la chiusura dei canali del potassio ATP-dipendenti e questo porta a
depolarizzazione cellulare , con apertura dei canali del calcio e secrezione delle vescicole. Anche gli amminoacidi
(che sono fattori che stimolano il rilascio di insulina) hanno transporter cellulari dedicati, ed il loro ingresso porta
cariche positive all’interno della cellula, con conseguente depolarizzazione cellulare e secrezione vescicolare.
L’effetto del glucosio o degli amminoacidi dopo un pasto medio è di circa 2 ore, successivamente ai quali si ha
una normalizzazione dei livelli di glicemia. Gli stimolatori principali della secrezione sono il glucosio, gli
amminoacidi, il GIP, la colecistochinina, il GH, il cortisolo, la gravidanza, l’obesità ed il PTH. Gli inibitori della
secrezione sono invece l’iperglicemia, il digiuno/malnutrizione, la β-amiloide intrainsulare ed il deficit di
vitamina D. Esistono inoltre altri tipi di controllo; c’è un feedback insulare che avviene fra le β-cells, le α-cells e
le δ-cells: le β-cells inibiscono le altre due tipologie di cellule (così come le δ-cells), mentre le α-cellsstimolano
l’attività delle altre due tipologie di cellule. Dal sistema nervoso centrale (soprattutto dall’ipotalamo) ci sono
inoltre fibre nervose che controllano la secrezione insulinica: i Nuclei Laterali proiettano al Nucleo Motore del
Vago, da cui partono fibre efferenti parasimpatiche (rilascianti acetilcolina): i Nuclei Centrali proiettano al Nucleo
Motore del Vago, da cui partono fibre simpatiche (rilascianti noradrenalina e adrenalina).
Per quello che concerne l’azione enzimatica, una volta rilasciata in circolo, il 50% dell’insulina è rimossa e
metabolizzata dal fegato, mentre il resto si dispone in periferia (soprattutto nei muscoli e tessuto adiposo) per
svolgere le proprie azioni. Il recettore insulinico é un recettore dimerico, dove ogni monomero possiede una
catena α-β transmembrana, legato da ponti disolfuro fra le due catene α; possiede attività Tyr-chinasica, ed è
sottoposto a down-regulation in caso di eccessiva esposizione di insulina. Se mutato geneticamente può portare
più facilmente allo sviluppo di resistenza insulinica.
CLASSIFICAZIONE:
Esistono diversi criteri per la classificazione del diabete che, come detto, é uno spettro di malattie piuttosto che
una sola malattia. Le forme primitive si verificano indipendentemente da altre patologie e sono principalmente il
diabete di tipo 1(detto anche giovanile, solitamente a patogenesi autoimmune) ed il tipo 2 (detto anche dell’età
avanzata). Le forme secondarie possono essere su base gestazionale, ma generalmente esiste una predisposizione
dato che la gravidanza (con l’aumento di estrogeni e di steroidi) porta ad maggiori richieste di insulina, con
rischio di comparsa del diabete che nei 3/4 dei casi è transitorio ed in 1/4 dei casi persiste. Altre forme secondarie
possono essere patologie endocrine(come il Cushing, l’acromegalia, ecc…), l’uso di farmaci (come i tiazidici ed i
glucocorticoidi, ecc…), ecc…
EZIOPATOGENESI:
Il diabete di tipo 1 si caratterizza per un deficit assoluto di insulina, legato ad un’autoimmunità verso le β-cells;
l’eziologia è sconosciuta, ma si riscontra un infiltrato linfocitario di cellule T che portano ad insulite linfocitaria e
conseguente distruzione selettiva delle β-cells. Sicuramente si ha una suscettibilità genetica dato il riscontro di loci
di suscettibilità, sia di tipo HLA (sul cromosoma 6p21) nel 40% dei casi, sia nel gene INS nel 10% dei casi. La
malattia ha mostrato un forte linkage disaequilibrium con l’HLA di classe I, dove l’HLA DR3-DR4 aumentano il
rischio di malattia fino a 4-5 volte la norma), l’HLA DQ correla più strettamente e l’HLA DR2 sembra esercitare
un ruolo protettivo nei confronti del diabete mellito. Anche l’ambiente gioca un ruolo importante, ptendo spiegare
sia la differente incidenza regionale che l’aumento dell’incidenza della malattia (3-4% annuo). Non è chiaro il
contributo di virus (forse Coxsackie B), del cibo (proteine alimentari, latte vaccino, Ag cereali) e/o della
deviazione immune. Gli auto-anticorpi non sono effettori patogenetici, ma markers importanti di malattia:
hanno una differente prevalenza all’esordio della malattia: gli anticorpi ICA predicono l’insorgenza della
patologia, mentre l’aumentata prevalenza dei diversi tipi di anticorpi correla con un maggior rischio di sviluppare
il diabete. Studi prospettici hanno dimostrato come gli auto-anticorpi compaiano molto precocemente (attorno ai
2-3 anni di vita) e sembrano correlare con la precoce assunzione di glutine (prima dei 3 mesi di vita).
CLINICA:
Il diabete di tipo 1 generalmente é asintomatico ed appare come reperto occasionale o a volte si mostra
paucisintomatico con poliuria, polidpsia, dimagramento, candidosi genitale (legata all’aumento delle
concentrazioni urinarie di glucosio). Alcune volte invece si manifesta in forma acuta (solitamente prima dei 20
anni, soprattutto durante la pubertà) con poliuria importante, polidpsia e dimagramento: in questi casi
bisogna intervenire rapidamente per evitare l’insorgenza di complicanze acute (vedi oltre). Il diabete di tipo
2 decorre come asintomatico molto frequentemente e spesso appare come reperto occasionale durante
l’esecuzione di esami di laboratorio. I pazienti sono spesso asintomatici perché il fenomeno iperglicemico si
sviluppa in maniera lenta e graduale e solo tardivamente si ha la comparsa dei sintomi, sempre con poliuria,
polidpsia riflessa ed eventuali complicanze acute/croniche (vedi oltre).
Data il gruppo eterogeneo di malattie, di cause e di meccanismi fissopatologici la diagnosi si basa sul
mancato controllo glicemico; la glicemia normale a digiuno è compresa fra 80-110 mg/dl (3.3 - 6 mmol/l). Si
parla di diabete mellito quando si hanno a digiuno valori superiori a 120 mg/dl (12 mmol/l) oppure si utilizzano
test di stimolo per dimostrare che all’assunzione di zucchero il corpo non é in grado di ripristinare rapidamente i
valori normali di glicemia.
COMPLICANZE:
Le complicanze del diabete possono essere acute o croniche; delle forme acute come la chetoacidosi diabetica ed
il coma iperosmolare ne parleremo dettagliatamente nel prossimo capitolo (Capitolo 4.5.2), mentre per
le complicanze croniche il rischio di insorgenza correla con la durata dell’iperglicemia (generalmente dopo i 20
anni di malattia); il controllo glicemico riduce le complicanze, anche se si ha una suscettibilità genetica (loci
ignoti) dato che a parità di glicemia solamente alcuni pazienti sviluppano le complicanze. La causa patogenetica é
da ricercare negli AGE (Advanced Glicosilation End-products) che sono reazioni non enzimatiche che avvengono
sulle proteine cellulari, che aumentano con l’iperglicemia, provocando cross-linking del collagene e della matrice
extracellulare. Le alterazioni cliniche che si hanno sono pertanto direttamente correlate alle concentrazioni di
AGE e sono un aumento dell’aterosclerosi, un aumento delle glomerulopatie, la riduzione di produzione di
NO (ossido nitrico), la disfunzione endoteliale ed un’alterata matrice extracellulare.
Anche le ulcere cutanee sono frequenti e sono la causa più importante di amputazione non traumatica delle
estremità inferiori nella popolazione mondiale. I fattori di rischio sono il sesso maschile, una storia di diabete
superiore ai 10 anni, la presenza di neuropatia, alterazioni morfologiche del piede ed il fumo attivo.
PROGNOSI:
La mortalità negli USA rappresenta la 4 causa di morte per malattia, con una mortalità aumentata di 2 volte
rispetto ai pazienti non diabetici; la morbidità rappresenta la principale causa di cecità acquisita nell’adulto, con
un rischio di sviluppare stroke o infarto del miocardio di 2-4 volte rispetto a pazienti non diabetici, così
come nefropatia ed amputazioni dalle 15-40 volte rispetto alla norma. Il controllo della glicemia e della pressione
arteriosa hanno un impatto importante sia sulla morbilità che sulla mortalità; non si hanno dei valori soglia, in
quanto più i valori di glicemia/pressione arteriosa sono bassi, maggiori risultati si ottengono. La terapia
comporta ridotta mortalità (del 12%), un ridotto rischio di infarto (del 16%), una ridotta retinopatia (del 21%) ed
una ridotta microalbuminuria (del 33%). Per quello che infine riguarda la mortalità per ogni decremento dell’1%
della HbA1C si ha una riduzione del 14% di mortalità e per ogni decremento di 10 mmHg di pressione arteriosa si
ha una riduzione del 12% di mortalità. Valori simili si hanno anche per l’infarto miocardico acuto.