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Università di Foggia

Corso di Laurea Magistrale


in
Scienze Biotecnologiche, degli Alimenti e della
Nutrizione Umana

Biochimica sistematica
Lezione 9 27.11.2020

Prof.ssa Consiglia Pacelli e-mail: consiglia.pacelli@unifg.it


Tessuto adiposo come organo endocrino

La classica definizione di tessuto adiposo


(TA) come sito passivo di accumulo
energetico è stata progressivamente
abbandonata, in favore di un ruolo
endocrino di questo tessuto che,
attraverso la secrezione di vari fattori,
regola sia il metabolismo che la funzione
di altri organi
Funzione secretoria: adipochine

 Gli adipociti producono e secernono numerose proteine le cui azioni si svolgono a distanza
(proteine ormono-simili) oppure localmente (secreti paracrini) coinvolte nell’omeostasi
energetica e in numerosi meccanismi di regolazione del sistema neuroendocrino ed
immunitario
 Viene definita adipochina ogni molecola prodotta e secreta dal TA con ruolo autocrino,
paracrino o endocrino.
 Tra le adipochine troviamo una varietà di fattori la cui lista si allunga di giorno in giorno. Esse
vengono classificate in base alla loro struttura e al loro ruolo funzionale e comprendono:
ormoni, citochine, chemochine, regolatori del metabolismo lipidico, regolatori dell’omeostasi
del glucosio, fattori di crescita, proteine del sistema alternativo del complemento, proteine
coinvolte nell’omeostasi vascolare e regolatrici della pressione, proteine coinvolte
nell’angiogenesi, proteine infiammatorie di fase acuta e di risposta allo stress e componenti
della matrice extracellulare.
ORMONI: leptina (leptos-magro)

 La leptina è il prodotto proteico del gene ob (anche noto come Lep): è stato identificato nel topo nel
1994. È strutturalmente simile ai membri della famiglia di citochine di classe 2, che comprende l’IL-2
ed è prevalentemente prodotto dall’adipocita.

Lo stato nutrizionale riveste particolare rilevanza nella


regolazione della secrezione della leptina: maggiore
è la liposintesi, maggiore è la produzione ed
immissione in circolo di leptina (forse indotta dall’
insulina che attiverebbe concomitamente lipogenesi
e produzione di leptina).
Recettore leptina

 Strutturalmente simile a quello delle citochine. Presentano


porzione N terminale extracellulare contenente sito di
legame per la leptina, e porzione C-terminale
citoplasmatica responsabile dell’innesco del processo di
trasduzione del segnale.
 E’ espresso nei i tessuti come i polmoni, il fegato, il
muscolo scheletrico, rene e cervello
 I recettori in seguito al legame con l’ormone dimerizzano,
si fosforilano residui di tirosina ad opera della JAK che
fosforila attivatori trasduzionali di tipo STAT che migrano
nel nucleo fosforilando fattori di trascrizione di geni
responsabili del metabolismo glucidico e lipidico.
Funzioni leptina

 I recettori della leptina sono presenti anche a livello ipotalamico dove comporta l’aumento
della secrezione di petidi ad azione anoressica che riducono il senso della fame
aumentando il senso di sazietà.
 Stimola la secrezione dell’ormone tireotropo con aumento dell’ormone tiroideo T3 che
stimola AMPK aumentando metabolismo ossidativo e dispendio energetico.
 I topi in cui il gene leptina è mutato sono iperfagici, obesi e insulino-resistenti; tali
caratteristiche scompaiono in seguito al trattamento con leptina ricombinante
 La leptina agisce sui OB-R dell’ipotalamo, facendo diminuire l’appetito. Determina: •
aumento del rilascio della noradrenalina • aumento di UCP nei mitocondri degli adipociti •
termogenesi
 La leptina rende le cellule del muscolo e del fegato più sensibili all’insulina.
Topo ob/ob e db/db

 I topi ob/ob sono un ceppo di topi omozigoti per difetti


nel gene obese.
 I topi obesi ob/ob sono privi della proteina leptina, il
prodotto del gene obese e segnale ormonale
regolatorio del bilancio energetico.
 I topi db/db, sono topi omozigoti per un difetto nel
recettore della leptina.
 Entrambi i ceppi mostrano una sindrome di obesità
caratterizzata da una grave adiposità, iperfagia,
ipotermia, iperlipidemia, iperinsulinemia, resistenza
all’insulina.
Adiponectina
 L’adiponectina (nota anche come ACRP30) è un ormone strutturalmente simile al fattore del
complemento 1Q (C1Q).
 Viene sintetizzata quasi esclusivamente dagli adipociti ed è presente nel sangue in elevate
concentrazioni (da 3 a 30 μg/ml).
 L’adiponectina presenta alta affinità per due recettori, AdipoR1 e AdipoR2, entrambi formati
da sette domini transmembrana.
 L’espressione di AdipoR1 è ubiquitaria ma particolarmente alta nel muscolo, mentre
AdipoR2 è prevalentemente espresso nel fegato.
 Studi condotti su modelli animali in cui i due recettori sono stati sovraespressi o eliminati
hanno permesso di capire che entrambi sono implicati nella regolazione del metabolismo
lipidico e glucidico, nell’infiammazione e nello stress ossidativo. A differenza di molte altre
proteine secrete dal TA, l’espressione e i livelli circolanti di adiponectina diminuiscono nei
pazienti obesi.
Adiponectina
 L’adiponectina è in grado di aumentare l’insulino-sensibilità attraverso l’attivazione di AMP chinasi
(AMPK), il principale “interruttore” del metabolismo, coinvolto nella regolazione di diverse funzioni
cellulari come la captazione del glucosio, l’ossidazione degli acidi grassi e la sintesi del trasportatore
del glucosio 4 (GLUT4).
 Influenzare la produzione epatica di glucosio riducendo l’espressione di due importanti enzimi
coinvolti nella gluconeogenesi, PEPCK e la G6Pase.
 Associazione tra livelli di adiponectina e complicanze metaboliche legate all’obesità: i livelli
plasmatici di adiponectina sono negativamente correlati con il grado di adiposità viscerale e con i
livelli di proteina C reattiva, e sono diminuiti nei pazienti con diabete mellito di tipo 2.
 Effetto vaso-protettivo nel processo di aterogenesi precoce, riduce la risposta infiammatoria indotta
da TNFα ed ha azione antiossidante nelle cellule endoteliali.
 Fattore protettivo nei confronti della sindrome metabolica.
Adiponectina
 proteina multimerica da
30 kDa, secreta
principalmente dal
tessuto adiposo bianco,
sebbene anche altri
tessuti esprimano bassi
livelli di adiponectina.
 Costituita da diverse
regioni:
 Un peptide di segnale
ammino-terminale; un
dominio collagene-like e
una testa globulare C1q
carbossile-terminale
Adiponectina

 L'adiponectina viene secreta dagli adipociti nel flusso sanguigno


come tre complessi oligomerici, tra cui trimero (67 kDa), esamero (140
kDa) e un multimero ad alto peso molecolare (300 kDa) composto da
almeno 18 monomeri.
 Le modifiche post-traduzionali, in particolare l'idrossilazione e la
successiva glicosilazione di diversi residui di lisina altamente conservati
all'interno del suo dominio collagenasico, sono cruciali per la
formazione dell'adiponectina oligomerica HMW, che è la principale
isoforma bioattiva che contribuisce ai suoi effetti di sensibilizzazione
all'insulina e di protezione cardiovascolare. Anche l'adiponectina
globulare, il dominio C1q globulare generato mediante proteolisi, è
biologicamente attivo.
Recettori dell’Adiponectina

 AdipoR1 e AdipoR2, due sette recettori transmembrana strutturalmente correlati, sono stati
identificati per funzionare come recettori dell'adiponectina.
 AdipoR1: espresso ubiquitariamente, presenta un’alta affinità per la parte globulare, attiva
la chinasi AMPK ed inibisce la gluconeogenesi;
 AdipoR2: ha elevata affinità per la molecola completa, è espresso principalmente a livello
epatico, esita nell’attivazione di AMPK e nell’espressione della proteina disaccoppiante 2
(UCP 2), favorisce l’entrata del glucosio nella cellula e l’ossidazione degli acidi grassi (acil-
CoA ossidasi).
 L’espressione di ambedue i recettori è regolata dall’insulina.
 APPL1, una proteina adattatore, si lega ai recettori dell'adiponectina e media
positivamente la segnalazione dell'adiponectina nei mammiferi
L'insulina e l'adiponectina
interagiscono con i rispettivi
recettori, che innescano una
cascata di eventi di segnalazione.
Le azioni metaboliche dell'insulina
sono principalmente svolte dalla
via PI3K / AKT, con conseguente
aumento della sintesi proteica,
lipogenesi, assorbimento e utilizzo
del glucosio, sintesi del glicogeno
e riduzione della lipolisi e della
gluconeogenesi. L'interazione
dell'adiponectina con i suoi
recettori (Adipo R1 e R2) si traduce
nell'attivazione di più vie di
segnalazione tra cui IRS1 / 2, AMPK
e p38 MAPK. L'attivazione dell'IRS1
/ 2 mediante segnalazione
dell'adiponectina è un
meccanismo principale mediante
il quale l'adiponectina sensibilizza
l'azione dell'insulina nei tessuti che
rispondono all'insulina
Molecular mechanisms of adiponectin
action in skeletal muscle cells. In
skeletal muscle, AdipoR1 is the seven-
transmembrane receptor that
specifically binds to the globular form
of adiponectin (gAd). It activates the
phosphorylation of AMPKα, which is
the key molecule in gAd signal
pathway. AMPKα stimulate GLUT4
translocation to increase glucose
uptake in skeletal muscle cells via
unknown pathway. On the other
hand, phosphorylated AMPKα also
activate acetyl-CoA carboxylase to
increase fatty acid β oxidation. The
new linkage between gAd signaling
and mitochondria in muscle cells has
recently been found. Through AMPKα,
PGC1α is activated by
phosphorylation and deactylation,
which then activates several genes
related to mitochondrial biogenesis
and ROS defense system – the new
possible underlying mechanism of how
gAd improves insulin resistance.
CITOCHINE: TNFα
 Il TNFα è l’adipochina che meglio rappresenta il legame molecolare tra l’obesità e l’insulino-resistenza. Il
TNFα è una citochina pro-infiammatoria principalmente prodotta da monociti e macrofagi, ed ha un
ruolo fondamentale nelle patologie infiammatorie ed autoimmuni.
 TNFα si lega a due recettori, TNF-R1 e TNF-R2. Il primo è ubiquitario, mentre il secondo è espresso
solamente nelle cellule del sistema immunitario.
 Nei roditori il TNFα è coinvolto nella patofisiologia dell’insulino resistenza poiché è in grado di inibire
l’azione dell’insulina, riducendo la fosforilazione del substrato immediatamente a valle del recettore
IRS1.
 L’espressione del TNFα è aumentata nel TA di animali obesi e/o diabetici: quando il segnale di TNFα
viene bloccato farmacologicamente, si ottengono un miglioramento dell’insulino-sensibilità e un
potenziamento del segnale insulinico intracellulare, sia nel muscolo scheletrico che nel TA.
 Nell’uomo i livelli plasmatici e di espressione nel TA di TNFα sono aumentati nei soggetti obesi, e una
riduzione del peso corporeo è associata a una ridotta espressione dell’adipochina, associata a un
miglioramento dell’insulino-sensibilità.
CITOCHINE: IL-6
 L’IL-6 è una citochina pro-infiammatoria della famiglia delle interleuchine prodotta da numerosi tipi
cellulari (fibroblasti, endotelio, monociti) e dal TA.
 Si stima che in assenza di un processo infiammatorio acuto in corso, circa un terzo di IL-6 circolante
venga prodotto dal TA (frazione adipocitaria e stromo-vascolare).
 Il TA viscerale produce una quantità di IL-6 tre volte superiore rispetto al TA sottocutaneo, e questo
spiega almeno parzialmente il contributo predominante dell’obesità centrale nella patogenesi delle
malattie cardiovascolari.
 Le concentrazioni plasmatiche di IL-6 sono positivamente correlate con il BMI e con il grado di adiposità,
mentre il calo ponderale si associa a una riduzione di tali livelli.
 Studi recenti indicano, inoltre, che l’IL-6 potrebbe essere coinvolta, assieme al TNFα, nell’insorgenza
dell’insulino-resistenza correlata all'obesità. I meccanismi implicati non sono ancora del tutto chiariti e il
ruolo dell’IL-6 nei diversi tessuti resta controverso. Alcuni studi fanno ipotizzare che l’IL-6 determini
insulino-resistenza nel fegato e nel TA favorendo la degradazione di IRS-1, mentre nel muscolo
scheletrico avrebbe effetti positivi sulla captazione del glucosio e quindi sull’insulino-sensibilità.
CITOCHINE: IL-18

 L’IL-18 è un’altra citochina proinfiammatoria della famiglia delle interleuchine prodotta


dal TA.
 I livelli plasmatici di IL-18 aumentano nei processi infiammatori e nei soggetti obesi e
calano drasticamente dopo perdita di peso.
 Elevati livelli di IL-18 sono stati individuati anche in lesioni aterosclerotiche sia nell’uomo
che nel topo.
 Nonostante il suo carattere pro-infiammatorio, il deficit di IL-18 nel topo è associato a
iperfagia, resistenza all'insulina, iperglicemia e obesità. Questa interleuchina sembra,
quindi, avere un ruolo complesso e ancora non del tutto chiarito nel coordinamento tra
infiammazione e metabolismo.
CHEMOCHINE

Famiglia di piccole proteine chemotattiche di natura inducibile (cioè non sempre presenti nelle cellule
ma prodotte in risposta ad alcune modificazioni biologiche), coinvolte principalmente nella secrezione di
citochine, nei processi di migrazione e di attivazione dei leucociti e nel reclutamento di cellule
infiammatorie durante la risposta immunitaria fisiologica e patologica.
CCL2 (C-C motif chemokine ligand2), detta anche MCP-1 (monocyte chemoattractant protein-1): è una
proteina infiammatoria principalmente prodotta dai macrofagi ma anche dalle cellule endoteliali e dal
muscolo liscio, in risposta ad appropriati stimoli come l’IL-1, l’IL-4 o il TNFα. Potente fattore chemotattico
per il reclutamento dei monociti e dei linfociti nei tessuti, attraverso l’interazione con il recettore ad alta
affinità CCR2.
CXCL5 è una proteina appartenente alla famiglia CXC delle chemochine; è secreta dai macrofagi della
frazione stromo-vascolare del tessuto adiposo ed è associata positivamente all’infiammazione e alla
resistenza all’insulina. CXCL5 è direttamente regolata da TNFα, sia nel TA che nei macrofagi, attraverso
l’attivazione di nuclear factor κB (NFκB); CXCL5 rappresenta pertanto un ottimo candidato per mediare
gli effetti indiretti di TNFα sullo stato infiammatorio del TA e quindi sull’insulino-resistenza . I livelli circolanti di
CXCL5 diminuiscono in seguito a perdita di peso, con effetti positivi sull’insulino-sensibilità.
REGOLATORI DEL METABOLISMO LIPIDICO:
LIPOCALINA 2

 La lipocalina 2 appartiene alla superfamiglia delle lipocaline, che comprende anche RBP4.
 La funzione di lipocalina 2 è quella di legare e trasportare nel circolo sanguigno piccole
sostanze lipofile come retinoidi, acido arachidonico e steroidi.
 È abbondantemente espressa nel TA e i suoi livelli plasmatici sono positivamente correlati
con l’adiposità, l’iperglicemia, l’insulino-resistenza e i livelli sierici di proteina C reattiva in
modelli animali e nell’uomo.
 Tuttavia, il ruolo preciso di questa adipochina nel processo infiammatorio legato all’obesità
resta da chiarire.
REGOLATORI DELL’OMEOSTASI DEL
GLUCOSIO: RESISTINA
 Membro della famiglia delle molecole resistinosimili ricche di cisteine (RELMs), associate all’attivazione di
processi infiammatori, stimolando l’espressione di TNFα e di IL-6 nelle cellule mononucleate e
contrastando direttamente gli effetti antiinfiammatori dell’adiponectina sulle cellule endoteliali.
 Nel topo la produzione di resistina è esclusivamente a carico degli adipociti, mentre nell’uomo questo
fattore viene prodotto principalmente da macrofagi e monociti.
 L’espressione della resistina viene indotta da citochine proinfiammatorie (IL-1, IL-6, TNFα), e nel TA viene
inibita dall’agonista del peroxisome proliferator-activated receptor γ (PPARγ) rosiglitazone, per cui
l’effetto anti-infiammatorio di questo farmaco potrebbe essere almeno in parte mediato dalla riduzione
dell’espressione del gene della resistina.
 La resistina deve il nome alla sua capacità di indurre insulino-resistenza nel topo: nei topi in cui manca
questa proteina hanno bassi livelli plasmatici di glucosio in condizioni normali e una migliore tolleranza al
glucosio in condizioni di obesità. La capacità della resistina di modulare il metabolismo è dovuta
all’attivazione del suppressor of cytokine signalling 3 (SOCS3), un inibitore del segnale insulinico, negli
adipociti. Tuttavia, non ci sono chiare dimostrazioni che questa azione si verifichi anche nell’uomo.
REGOLATORI DELL’OMEOSTASI DEL
GLUCOSIO: RBP4

 Retinol-binding protein 4 (RBP4) è un fattore sintetizzato dal fegato, responsabile del trasporto
plasmatico del retinolo (vitamina A), secreto anche dagli adipociti e dai macrofagi, ed è
considerato un marcatore di espansione del TA intra-addominale.
 RBP4 è un importante regolatore dell’omeostasi del glucosio; è infatti in grado di inibire con
modalità autocrina e paracrina la fosforilazione di IRS-1 e la sua espressione è inversamente
correlata con quella del GLUT4. I livelli plasmatici di questo fattore aumentano nei modelli animali
insulino-resistenti e la somministrazione di RBP4 ricombinante provoca una diminuzione
dell’insulino-sensibilità attraverso l’induzione degli enzimi epatici coinvolti nella gluconeogenesi
(PEPCK e G6Pase).
 I livelli di RBP4 aumentano anche nei pazienti obesi e diabetici di tipo 2 e si associano a sindrome
metabolica, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia e aumento del BMI.
 Gli approcci terapeutici volti ad abbassare i livelli di questo fattore potrebbero dunque risultare
utili nel trattamento dell’insulino-resistenza correlata all’obesità .
REGOLATORI DELL’OMEOSTASI DEL GLUCOSIO:
OMENTINA e VISFATINA

 L’omentina è una proteina in grado di regolare l’azione dell’insulina ed è espressa principalmente nella frazione
stromo-vascolare dei depositi adiposi. L’omentina aumenta l’insulino-sensibilità stimolando la fosforilazione di AKT,
l’effettore finale del segnale insulinico. I livelli plasmatici di omentina sono infatti inversamente correlati con il grado
di obesità e di insulino-resistenza, risultando diminuiti nei pazienti con ridotta tolleranza glucidica o diabete mellito di
tipo 2.
 La visfatina (anche conosciuta come nicotinamide phosphoribosyltransferase o NAMPT) è secreta principalmente
dal TA viscerale ed è presente sia nel plasma umano che in quello murino. I livelli plasmatici di visfatina sono
fortemente correlati con la massa grassa e nell’obesità l’espressione della proteina è aumentata soltanto nel TA
viscerale. Nel topo la visfatina regola il livello plasmatico del glucosio, verosimilmente attivando il sistema di
trasduzione del segnale dell’insulina. Livelli aumentati di visfatina / Nampt circolanti sono stati riportati nelle malattie
metaboliche, come l'obesità e il diabete di tipo 2. Inoltre, i livelli circolanti di visfatina / Nampt sono correlati ai
marker di infiammazione sistemica. Nelle malattie cardiovascolari, visfatina / Nampt è stata inizialmente proposta
come marker clinico di aterosclerosi, disfunzione endoteliale e danno vascolare, con un potenziale valore
prognostico. Gli effetti di Visfatin / Nampt sulla secrezione di citochine e chemochine, sopravvivenza dei macrofagi,
reclutamento dei leucociti da parte delle cellule endoteliali, infiammazione della muscolatura liscia vascolare e
destabilizzazione della placca fanno di questa adipochina un fattore attivo nello sviluppo e nella progressione
dell'aterosclerosi.
PROTEINE INFIAMMATORIE DI FASE ACUTA:
APTOGLOBINA
 glicoproteina plasmatica coinvolta nella fase acuta della risposta infiammatoria ed è stata
caratterizzata originariamente nel fegato.
 La funzione più nota e caratteristica dell’Hp è quella di legare con elevata affinità l’emoglobina
liberata per emolisi. Hp è prodotta anche dal TA: la sua espressione in questo tessuto, specifica degli
adipociti, è indotta dal TNFα e aumenta in presenza di obesità
 Nell’uomo, l’Hp sierica è direttamente correlata alla percentuale di grasso corporeo, al BMI, all’età e
ai livelli sierici di leptina e di proteina proteina C reattiva.
 Studi recenti hanno messo in evidenza il potenziale chemotattico di Hp e la sua capacità di attrarre
macrofagi attraverso l’interazione con il recettore delle chemochine CCR2: la presenza di Hp
aumentata nel TA degli obesi sembrerebbe quindi contribuire al reclutamento macrofagico e alla
patogenesi dell’infiammazione.
 L’Hp può essere considerata a tutti gli effetti un’adipochina e un nuovo marcatore di adiposità e può
dunque essere inserita a pieno titolo nel gruppo di quelle molecole la cui espressione è regolata
dall’obesità e che, verosimilmente, orchestrano la relazione tra obesità e infiammazione.
Termogenesi e tessuto adiposo bruno

 La degradazione ossidativa dei substrati energetici ha una resa (in termini di ATP
prodotto) non suoeriore al 40%. La restante parte è liberata come calore. Il calore
prodotto è in eccesso rsispetto a quello necessario per mantenere temperatura
corporea costante, per cui viene dissipato all’esterno. Pertanto il BAT è molto limitato
nell’adulto
 La sua distribuzione è principalmente riscontrabile negli animali che vanno in letargo, ed
è scarsamente presente nell'uomo (è più presente nei neonati). La maggiore
distribuzione del BAT nell'uomo è riconoscibile in sede paracervicale, sopraclavicolare,
interscapolare, e perirenale. In queste sedi sono posti in prossimità dei vasi sanguigni per
diffondere il calore attraverso il flusso ematico verso le varie aree corporee.
 La sua principale funzione è quella di produrre calore in risposta a basse temperature
(termoregolazione).
Metabolismo
 Le cellule BAT differiscono dalle cellule del tessuto adiposo bianco (WAT). Le prime cellule contengono
numerosi piccoli vacuoli lipidici e un gran numero di mitocondri ben sviluppati, mentre le seconde sono
caratterizzate da un unico grande vacuolo lipidico e pochi mitocondri.
 l segno distintivo delle cellule BAT a livello molecolare sia negli animali che negli esseri umani è l'alto livello
di espressione della proteina di disaccoppiamento-1 (UCP1).
 L'UCP1 si trova nella membrana interna dei mitocondri delle cellule BAT. UCP1 disaccoppia la respirazione
mitocondriale dalla sintesi di adenosina-5′-trifosfato (ATP). Quando attivato, dissipa il gradiente di protoni
elettrochimico che si accumula attraverso la membrana mitocondriale interna durante l'ossidazione degli
acidi grassi.
 La presenza di UCP1 attivo abolisce l'inibizione del feedback negativo esercitata da alti livelli di ATP e / o
bassi livelli di ADP sul ciclo di Krebs e sulla respirazione, portando a un tasso molto elevato l’ossidazione
degli acidi grassi che produce direttamente calore.
 A causa della sua grande quantità di proteine attive UCP1, BAT è quindi l'unico organo che può
letteralmente "bruciare" i grassi.
Il fenomeno di imbrunimento del
IMBRUNIMENTO DEL WAT WAT può essere indotto da una
moltitudine di fattori endogeni,
farmacologici e nutrizionali, i quali
possono agire direttamente a
livello di adipocita, stimolando
l’espressione di UCP1 o di geni
che ne regolano positivamente
la trascrizione
FATTORI FARMACOLOGICI ED ENDOGENI

 Numerosi fattori che possono condurre all’imbrunimento del WAT sono raggruppati nella classe degli
attivatori del sistema nervoso simpatico (SNS).
 L’attivazione del SNS stimola, negli adipociti bianchi, i fenomeni di lipolisi e di ossidazione degli acidi grassi
ed è inoltre associata alla sovraespressione di geni coinvolti nella funzionalità mitocondriale e nella
termogenesi tipica degli adipociti bruni.
 Tra gli attivatori del simpatico distinguiamo gli agonisti β3-adrenergici (noraepinefrina) e i neuropeptidi
endogeni.
 I neuropeptidi più importanti nella stimolazione centra le del sistema simpatico sono la leptina (LEP), il
peptide TLQP-21 derivante dal nerve growth factor inducible (VGF) e il fattore neurotrofico cerebrale (BDNF,
brain-derived neurotrophic factor).
 L’imbrunimento degli adipociti bianchi può essere anche favorito da ligandi agonisti del PPARg (come il
rosiglitazone) e del PPARa (come il bezafibrato): stimolano la biogenesi dei mitocondri la sovraespressione di
UCP1 e altri geni coinvolti nel catabolismo lipidico inducendo l’espressione di PGC-1a.
 La molecola 5-aminoimidazolo-4-carbossiamide ribonucleoside (AICAR) è un composto in grado di attivare
l’AMPK, che a sua volta attiva per fosforilazione PGC-1a.
FATTORI ENDOCRINI MUSCOLARI: IRISINA

 Nel processo di imbrunimento del


WAT possono essere anche
coinvolte le miochine, fattori
prodotti e secreti dai muscoli
scheletrici; tra queste rivestono
notevole importanza l’irisina
 Gli adipociti così trasformati sono
chiamati beige o brite (brown-in-
white ) e possono essere classificati
come un sottotipo distinto di
adipociti bianchi con un elevato
potenziale termogenico e capaci
di aumentare il metabolismo e il
consumo energetico.
L’UCP è attivata da elevate concentrazioni di grassi liberi, e quindi in intensa lipolisi. Quando il flusso
lipolitico si spegne, il substrato utilizzato è il glucosio, il canale UCP tende a chiudersi e il processo OXPHOS
risulta nuovamente accoppiato.
 Le catecolamine si legano ai recettori adrenergici sulla
superficie degli adipociti marroni, iniziando cascate di
segnalazione che includono cAMP e PKA, che poi
fosforila e attiva l'enzima lipasi sensibile all'ormone (HSL),
che poi scinde i trigliceridi TG in acidi grassi liberi (FFA).
 I TG entrano nella cellula mediante assorbimento di
lipoproteine ricche di trigliceridi tramite il trasportatore di
CD36 e gli acidi grassi entrano quindi nei mitocondri
attraverso la carnitina.
 Gli acidi grassi mitocondriali possono essere ossidati
tramite b-ossidazione, o attivano la termogenesi con
UCP1.
 Gli ormoni tiroidei T3 e T4 entrano nella cellula e T4 viene
ulteriormente convertito a T3 per deiodinasi di tipo 2. T3
è quindi in grado di influenzare l'attività mitocondriale e
nucleare attivando la trascrizione di geni che
influenzano l’attività mitocondriale, compreso UCP1.
 La PKA influenza anche la trascrizione nucleare di UCP1,
una proteina che agisce nei mitocondri per
disaccoppiare la fosforilazione ossidativa dalla
produzione di ATP, risultando in generazione di calore.
 PKA attiva anche la CREB promuovendo trascrizione di
Biochimica del fegato

 Il fegato, il più grande organo solido dell’organismo, gioca un ruolo peculiare


come “centrale metabolica” nel coordinare la distribuzione dei substrati ai
tessuti periferici.
 Il traffico è bidirezionale e, in condizioni fisiologiche, è stabilito un equilibrio come
risultato delle aliquote di secrezione dal fegato, l'assorbimento da parte dei
tessuti periferici ed il ri-assorbimento da parte del fegato.
 Per la funzionalità epatica sono rilevanti
-Le peculiari relazioni anatomiche, localizzazione tra circolo portale e circolazione
generale
-La specificità di espressione di enzimi ed isoenzimi, trasportatori e recettori
Principali funzioni epatiche
 Centro di selezione, smistamento, elaborazione e detossificazione sia per sostanze provenienti
dall’intestino, sia per sostanze provenienti da organi periferici che giungono al fegato tramite la
circolazione generale
 Omeostasi del glucosio, degli aminoacidi e dei diversi lipidi plasmatici
 Sintetizza, modifica, ricicla e degrada le lipoproteine
 Sintetizza la maggior parte delle proteine plasmatiche, comprese quelle della coagulazione e della fase
acuta dell’infiammazione
 Responsabile dell’ eliminazione dell’ ammoniaca, sintetizzando ed eliminando l’urea
 Svolge un ruolo di ghiandola esocrina, sintetizzando e secernendo i sali biliari necessari alla digestione ed
all’ assorbimento dei lipidi alimentari.
 Partecipa all’emocateresi contribuendo alla degradazione dell’emoglobina e permettendo l’escrezione
della bilirubina
 Detossificazione xenobiotici
Anatomia
 Costituito da due lobi che a loro volta si
suddividono in lobuli a struttura esagonale con
epatociti posizionati a raggiera intorno alla vena
centrale che raccoglie il sangue refluo dai
sinusoidi che a loro volta ricevono il sangue
dalla vena porta e dall’arteria epatica tramite
venule e arteriole epatiche.
 Il sangue proveniente dalla vena portale e
arteria epatica confluisce in un capillare
comune in modo che si misceli prima di entrare
nei sinusoidi epatici ( capillari che percorrono i
lobuli epatici).
 Parallelamente ai sinusoidi ci sono i canalicoli
biliari nei quali il flusso è opposto a quello
ematico. Questi sfociano nei dotti biliari in
connessione con cistifellea e duodeno tramite il
dotto biliare comune.
Localizzazione epatociti
 Gli epatociti si irradiano dalla venula centrale
alla periferia e vanno incontro a una
zonazione metabolica funzionale:
- Epatociti periportali (periferia): a contatto con il
sangue portale e arterioso, ricco di substrati
energetici e ossigeno, sono quelli con alto
metabolismo ossidativo (FA come sub
energetico) e ruolo glucostatico. Specificità ciclo
urea
- Epatociti perivenosi (centrali vicino a venula
centrololobulare): glicolisi anaerobia, lipogenesi,
chetogenesi. Glutammina sintetasi.
Questa compartimentazione costituisce un
modo per suddividere l’intenso lavoro
metabolico tra i diversi epatociti permettendo
cosi lo svolgimento efficiente e coordinato delle
molteplici funzioni epatiche
Funzioni cellule epatiche
Epatociti: cellule parenchimatose epatiche 60-70%, il restante 30-40% costituito da altri tipi di cellule che rivestono i sinusoidi
1. Cellule fenestrate: rivestimento dei sinusoidi epatici, presentano fenestrazioni che facilitano gli scambi di metaboliti, sostanze
tossiche e di riciclo dei sinusoidi permettendone la loro diffusione ma non di particelle delle dimensioni dei chilomicroni, tra il
sangue e la superficie dell’epatocita.
2. Cellule stellate: Le cellule stellate (cellule di Ito) sono periciti (cellule relativamente indifferenziate associate ai piccoli vasi)
localizzate nello spazio perisinusoidale (piccola area tra i sinusoidi e gli epatociti). Sono coinvolte nella fibrosi (formazione di
tessuto in risposta a un danno): quando il fegato è danneggiato le cellule stellate passano ad uno stato attivato,
caratterizzato da proliferazione, contrattilità e chemiotassi (movimento in risposta ad un segnale chimico). Le cellule stellari
attivate sono responsabili della secrezione di collagene, che può portare alla cirrosi. Controllano turnover tessuto connettivo
e della matrice extracellulare epatica.
 Cellule di kupffer: sono macrofagi tissutali con una pronunciata capacità endocitica e fagocitica. Contengono elevato
numero di lisosomi. Sono in costante contatto con il materiale particolato derivante dall’intestino e con prodotti batterici
solubili. I macrofagi epatici rilasciano potenti mediatori della risposta infiammatoria (specie reattive dell’ossigeno,
eicosanoidi, NO, CO, TNF- e altre citochine) pertanto controllano la fase precoce dell’infiammazione epatica giocando un
ruolo importante nella difesa immunitaria innata. Un’elevata esposizione delle cellule di Kupffer a prodotti batterici,
specialmente endotossine (lipopolisaccaride) può portare alla produzione intensa di mediatori infiammatori e infine al
danno epatico. Ruolo emocateretico importante nella clearance di eritrociti senescenti o danneggiati supplendo a deficit
della milza.
Funzioni epatociti
Funzione glucostatica

GLUT5
GLUT2

Glicemia5 mM valore nella norma


Glicemia 10-40 mM valore dopo un pasto
GK enzima inducibile
dall’insulina:
presente solo nel
fegato le cui
cinetiche rispondono
alla fosforilazione
del glucosio in
condizioni di elevata
glicemia
Regolazione delle riserve di glicogeno
Metabolismo lipidico
Metabolismo proteico

Gli AA nel fegato sono


utilizzati per la
gluconeogenesi a
digiuno e per la sintesi
delle proteine epatiche
Processi di detossificazione

Il fegato è l’organo principale se non esclusivo della detossificazione dei composti tossici
come ammoniaca e bilirubina (endogeni) e sostanza xenobiotiche (farmaci, veleni)
 I processi di detossificazione consistono in una serie di reazioni di idrossilazione e
coniugazione mirate a rendere questi composti idrosolubili per facilitarne l’escrezione
renale
 L’ammoniaca viene convertita in urea, idrosolubile non tossica, la bilirubina viene
trasformata nel coniugato idrosolubile bilirubina-diglucuronide
 Xenobiotici: due fasi
1. Produzione gruppi reattivi perlopiù ossidrilici che nella fase 2
2. Usati per reazioni di coniugazioni con sostanze idrofile come l’acido glucuronico, il
solfato, il glutatione, la glicina
Reazioni di fase 1: CYP 450

 Possono essere reazioni di idrolisi, riduzione, ossidazione. Quelle più importanti sono mediate dalle
monoossigenasi citocromo P450-dipendenti (picco Abs 450 nm).
 CYP450 monossigenasi costituiscono una famiglia di flavoproteine a localizzazione microsomiale
(frammenti del RE), che si comportano da ossidasi a funzione mista utilizzando il CYP P450 come
componente finale di una catena di trasporto di elettroni trasferiti poi all’Ossigeno come accettore
finale utilizzando NADPH come agente riducente.
 Sono cromoproteine con gruppo prostetico eme, costituito da protoporfirina XI contenente Fe2+ che
può legare O2, 4 atomi di N dell’anello porfirinico e lo zolfo del residuo cisteinico dell’apoproteina.
Meccanismo di azione

Esempio con substrato generico R-H


1. Legame R-H al citocromo
2. Inserimento di un e- donato dal FMN
della CYP P450 reduttasi al Fe3+
dell’eme del CyP 450 e viene ridotto a
Fe2+
3. Fe 2+ lega una molecola di O2 che un
secondo e- riduce a radicale
4. Entrano due protoni che riducono un
atomo di ossigeno radicalico ad acqua
5. Il secondi atomo di ossigeno inserito nel
substrato con formazione del prodotto
idrossilato R-OH
CYP 450

 Circa il 50% dei farmaci vengono metabolizzati dalle isoforme del citocromo P450. Essi agiscono anche sul
metabolismo degli ormoni steroidei, conversione della vitamina D, sugli agenti cancerogeni e sugli inquinanti.
 I principali citocromi P450 nel metabolismo dei farmaci sono membri delle famiglie CYP1, CYP2 e CYP3.
 A causa del gran numero di isoforme del citocromo P450 scoperte (circa 150), è importante avere una
nomenclatura sistematica per gli enzimi e i loro geni.
 La nomenclatura si fonda esclusivamente sull’omologia della sequenza amminoacidica e non ha implicazioni
funzionali.
 Il simbolo abbreviato CYP indica un citocromo P450. Questo è seguito da un numero arabo che designa la
famiglia; i citocromi P450 fanno parte della stessa famiglia se presentano il 40% o più di identità di sequenza di
amminoacidi. Il numero arabo è seguito da una lettera maiuscola che indica la sottofamiglia. I CYP450 sono
nella stessa sottofamiglia se presentano identità di sequenza superiore al 55%.
 Esempio: CYP1A1 denota un citocromo P450 che è un membro della famiglia 1 e sottofamiglia A ed è il
primo membro individuale di quella sottofamiglia.
Reazioni promosse dai CYP: l’inserimento di un atomo di O nel
composto come reazione propedeutica alla fase 2

Reazioni di fase 2:
coniugazione con glicina,
solfato, acido glucuronico,
glutatione, acido acetico o
metile, è il processo che il
fegato impiega non solo per
detossificare composti
tossici endogeni ed esogeni
ma anche per inattivare o
avviare all’eliminazione
ormoni di natura idrofobica
Reazioni di fase 2:
Coniugazione con la Glicina
 Utilizzata per facilitare eliminazione di acidi aromatici come l’acido benzoico e salicilico.
 L’acido per reagire deve essere attivato e ciò avviene tramite Coenzima A
 L’acido benzoico e l’acido salicilico formano, con la Gly, le corrispondenti ammidi dette acido
Ippurico e l’acido Salicilurico
 gli acidi carbossilici alifatici, aromatici ed eterociclici formano derivati ammidici meno tossici, più
solubili e facilmente escreti con le urine o la bile
Reazioni di fase 2:
Coniugazione con il Solfato
 Rappresenta la principale via
metabolica per composti quali
catecolammine, steroidi, acidi
biliari, tiroxina, farmaci fenolici
in genere e xenobiotici vari.
 Consiste nel trasferimento dello
ione solfato dalla 3’-
fosfoadenosina-5’-fosfosolfato
(PAPS) ad un accettore. Il
solfato viene prima attivato a
3-fosfoadenosina-5’-
fosfosolfato (PAPS) a spese di
due molecole di ATP.
 La reazione è catalizzata da
Solfotransferasi citosoliche
(SULT).
Coniugazione con
Glutatione
Il farmaco si coniuga con il glutatione ad opera di una Glutatione S-transferasi (GST)

X + GSH  X-S-G

 X è un qualunque elettrofilo che viene inattivato impedendo la sua reazione con acidi
nucleici e proteine il coniugato eliminato tramite urine
 La GST è una famiglia multigenica presente nel fegato
 di cui si conoscono due isoforme uame:
– GSTM1 particolarmente attiva verso derivati antitumorali.
– GSTT1 attiva su piccole molecole organiche quali solventi idrocarburi alogenati.
Coniugazione con acido acetico e
mediante metilazione

Acetilazione: Riguarda soprattutto gruppi amminici primari sia aromatici che alifatici, amminoacidi,
idrazine e solfonammidi. La reazione avviene ad opera di una transacetilasi che trasferisce il residuo
acetilico dal Acetil-S-CoA.

Metilazione: viene effettuata dalla metionina presente nel


SAM (S-Adenosilmetionina) ad opera di una metiltransferasi
ottenendo derivati composti O-, N- od S-metilati.
Coniugazione con acido
glucuronico
 Rappresenta la più importante via di metabolizzazione dei farmaci ed in genere degli
xenobiotici.
 Ciò è dovuto alla:
 elevata disponibilità di acido glucuronico nel fegato;
 sua reattività verso una vasta varietà di gruppi funzionali
 La Uridindifosfato Glucuronil Transferasi (UGT) è una famiglia di isoenzimi presente nel
reticolo endoplasmatico del fegato, nelle cellule epiteliali dell’intestino ed in altri tessuti
extra epatici
 La UGT catalizza la reazione tra il farmaco e l’acido Uridindifosfoglucuronico (UDPGA).
Formazione dell’UDP glucuronato

Il glucosio-6-fosfato è isomerizzato a glucosio-1-fosfato, che poi reagisce con l'uridina trifosfato (UTP)
per formarsi uridina difosfato glucosio (UDPGlc) in una reazione catalizzata dalla pirofosforilasi UDPGlc,
come avviene nella sintesi del glicogeno. UDPGlc è ossidato al carbonio 6 da UDPGlc deidrogenasi
NAD-dipendente.

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