1. NAFLD e NASH
2. Epatite alcolica acuta (stadi)
3. HBV. Acuta e cronica.
4. HCV, acuta e cronica.
5. Danno epatico da farmaci
6. Colangite biliare primitiva (clinica)
7. Colangite sclerosante primitiva
8. Colangiocarcinoma
9. Adenoma epatocellulare
10. HCC (terapie; caratteristiche e classificazione; stadiazione BCLC)
11. Epatocarcioma fibrolamellare
12. Cirrosi
13. Fisiopatologia dell’ascite
14. Sindrome epato-renale (terapia)
15. Trapianto di fegato e indicazioni al trapianto
16. Pancreatite acuta
17. Pancreatite cronica
18. Colelitiasi e coledocolitiasi
19. Adenocarcinoma del pancreas (duttale)
20. Tumori cistici pancreatici
21. MRGE
22. Esofago di Barrett
23. Ernia Iatale (fattori di rischio per l’ernia)
24. Esofagite eosinofila
25. Diarrea
26. Celiachia
27. Disturbi funzionali dell’apparato digerente
28. Stipsi (cause)
29. IBS
30. Diverticolite e complicanze
31. Wilson
32. Emocromatosi
33. Insufficienza epatica acuta
34. Rettocolite ulcerosa e Crohn (complicanze, addome acuto)
35. Microbiota
36. Polipi intestinali
37. FAP
38. Adenocarcinoma intestinale
39. Sanguinamento da varici + (emorragia digestiva)
40. Cause gastroenterologiche di anemia
41. Fisiologia della secrezione gastrica
42. Ulcera peptica (gastica, duodenale, da FANS)
43. H. pylori
44. Gastrite autoimmune (atrofica)
45. Gastrite atrofica autoimmune: esami biochimici per ricerca di autoanticorpi e gastropanel
46. Tumori stomaco oltre il carcinoma
47. Tutte le lesioni precancerose del tratto gastrointestinale
48. Addome acuto
Esame Obiettivo
Percentuali di attività nel sano: ADH 90%, MEOS 8%, catalasi 2%. Nel pz in abuso cronico: ADH 45%, MEOS 50%, catalasi 5%.
Fattori extra-epatici che influenzano il metabolismo sono:
- Fattore genetico: 1. Varianti ADH con minore attività. Favorito danno epatico sia per un ritardo nella formazione di
acetaldeide (ciò porta il soggetto ad assumere maggiori quantità di alcol), sia deviando verso altre vie come MEOS. Questa
variante è responsabile della maggiore sensibilità all’alcol delle donne (che hanno minore attività di ADH gastrica) e di
asiatici. 2. Le varanti del gene codificante per CYP2E1 possono portare sia a maggiore che a minore capacità di
metabolizzare l’alcol a seconda della mutazione.
- Sesso: a parità di consumo alcolico, concentrazione ematica di etanolo è più elevata nelle donne (più suscettibili al danno
epatico, cardiaco e renale). I motivi: 1. Donna ha minore contenuto di acqua e, quindi, minore V di distribuzione; quindi
concentrazione plasmatica di alcol più elevata. 2. Donna ha minore attività di ADH gastrica. 3. Si ipotizza che gli estrogeni
potrebbero in qualche modo influenzare la sensibilità delle donne all’alcol attraverso un aumento della permeabilità
gastrica, favorendo accumulo nel circolo portale di endotossine e aumentando così i recettori per le endotossine delle
cellule di Kuppfer, con aumento della produzione delle citochine infiammatorie).
- Etnia: maggiore propensione alla cirrosi tra gli afroamericani e maggiore mortalità negli ispanici. Il motivo: fattori
biologici, ambientali (differenti abitudini alcoliche), socio-economici (possibilità di accedere alle cure), fattori genetici.
- Presenza di cibo nello stomaco rallenta assorbimento alcolico sia perché viene assorbito in quote maggiori in caso di rapido
svuotamento gastrico, sia perché il cibo riduce la superficie della mucosa gastrica a contatto con l’alcol. I carboidrati, in
particolare, rendono la curva alcolemica più piatta. Al contrario, l’anidride carbonica rende l’assorbimento più rapido.]
Definizione. L’epatopatia alcolica è una malattia evolutiva e progressiva: si parte da un soggetto con fegato
sano che sviluppa abuso o dipendenza alcolica che progressivamente causa steatosi, steatoepatite, fibrosi e
quindi cirrosi. A livello di ciascuna di queste fasi si può sovraimporre l’epatite acuta alcolica: consumo
alcolico elevato in un periodo di tempo breve (1-3 mesi). EAA può essere lieve, moderata o severa.
Epidemiologia. Molto frequente nelle nostre zone; spesso danno di tipo cronico (perché spesso forme iniziali
asintomatiche), ma esistono anche forme di danno acuto.
EAA. Ittero, astenia e malnutrizione; epatomegalia e sepsi, dovuta all’alterazione del SI da parte dell’alcol
(effetto diretto, inversione del rapporto tra linfociti B e T) o a somministrazione non appropriata di cortisone
(effetto indiretto, è immunosoppressore responsabile dell’aumento delle infezioni). Inoltre, è possibile la
presenza di encefalopatia, febbre, astenia, coagulopatia. L’esordio può anche essere caratterizzato da
complicanze correlate all’ipertensione portale. Una condizione clinica grave è la sovrapposizione di quadro
acuto a uno cronico (ACLF) ed è possibile che si venga a creare una SIRS con un coinvolgimento sistemico
multiorgano. La terapia è caratterizzata dall’astensione e nelle forme severe (DF >32) è necessaria la terapia
steroidea. In caso di non risposta è ipotizzabile il trapianto di fegato precoce. Il 50% dei pazienti con epatite
acuta alcolica di grado severo, (DF) ≥32, va incontro a decesso entro due mesi. Al contrario, la
sopravvivenza spontanea a 28 giorni in pazienti con DF <32 è vicina al 90%.
Steatosi epatica. Presente in oltre il 90% dei soggetti a rischio per consumo alcolico o come conseguenza di “binge drinking”
(consumo smodato di alcol nell’arco di poco tempo, fino a 5-6 unità di alcol in 2-3 ore). Meccanismo di danno: l’alcol e i suoi
metaboliti causano un’alterazione del metabolismo lipidico intracellulare dell’epatocita, con aumentata attività lipogenica e
inibizione dei geni della β-ossidazione.
Quadro clinico. È sostanzialmente benigno ed i pazienti sono solitamente asintomatici. Possibile epatomegalia, sub-ittero delle sclere
o delle mucose della bocca, iper-transaminasemia incostante (transaminasi elevate); molto raramente si può riscontrare un aumento
delle γ-globuline, una diminuzione del tempo di protrombina o la presenza di ascite con o senza di ipertensione portale.
Quadro ecografico. Parenchima epatico più chiaro rispetto alla corticale renale; si parla di “fegato brillante”.
Eziopatogenesi. Meccanismi: Metabolismo energetico cellulare; Stress ossidativo; Meccanismi immuno-mediati (soprattuto per
epatite acuta). Fattori predisponenti: genetici, sessuali e etnici. Importante accurata anamnesi, per escludere compresenza di altri
fattori epatotossici (virali), condizione nutrizionale del pz (in pz obesi probabilità più alta sia patologie alcol correlate, che non).
Istologia. Importante accumulo lipidico a livello sia centrozonale che mediozonale del parenchima epatico; Aspetto del materiale
lipidico di tipo macrovescicolare, talvolta anche microvescicole di lipidi; Nucleo spostato in periferia. Evoluzione istologica del
danno epatico da alcol: inizialmente steatosi, poi nel 20-40% dei casi in fibrosi (steato-fibrosi alcolica) e poi, nell’8-20% dei casi, in
cirrosi. Infine, 3-10% HCC.
La rigenerazione può portare alla completa ricostruzione del parenchima epatico con la risoluzione dell’infezione. Tuttavia, si
potrebbe verificare uno squilibrio tra il numero degli epatociti e dei colangiociti; ecco che la presenza del virus può predisporre alla
presenza di neoplasie (epato- e colangiocarcinomi).
Fattori favorenti la cronicizzazione: età <40aa; genotipo virale; coinfezioni; abuso di alcol, farmaci o obesità; sesso maschile.]
Caratteristiche: HBV, virus a DNA circolare biconcatenato, con trasmissione parenterale. Può dare
insufficienza epatica acuta nell’1% dei casi. La cronicizzazione è inversamente proporzionale all’età del pz
infetto: perinatale 90%; adulti <5anni: 5%.
Epidemiologia: virus estremamente diffuso, endemico in Africa, Asia e Nord America con prevalenza <8%.
In Italia, in cui la vaccinazione è obbligatoria, la prevalenza è dell’1% e gli affetti hanno età >50aa. Gruppi a
rischio: immigrati da zone in cui virus è endemico, pz in emodialisi, droghe in endovena, professionisti
sanitari.
Presentazione clinica: 70% pz con epatite acuta subclinica anitterica, 30% epatite acuta itterica. IEA in 1%
dovuta alla lisi massiva immuno-mediata.
Esami sierologici: HBsAg +; HBeAg +; HBV-DNA +, IgM anti-HBcAg+; ipertransaminasemia alta
(5000U); Iperbilirubinemia; Coagulopatia presente o assente.
Andamento sierologico: Il pz sintomatico può essere HBeAg positivo o già negativo, ma positivo per le
HBsAg. Nell’evoluzione della malattia si ha sieroconversione, con la comparsa di anticorpi anti-HBsAg e la
scomparsa di HbsAG (entro i 6 mesi, questo vale solo per la forma acuta che si autolimita).
Storia naturale della malattia: 1. Immunotolleranza (DNA e HBsAG+, HBeAG+, transaminasi basse); 2.
Immunoreazione (DNA e transaminasi alte), HBsAg+ e HBeAg si riduce; 3. Bassa replicazione (DNA e
transaminasi si abbassano); 4. Riattivazione HBV-DNA e transaminasi aumentano nuovamente; 5.
Sieroconversione (solo nella fase acuta, nella cronica continuano ad alternarsi fasi di bassa replicazione e fasi
di riattivazione con fluttuazione di HBV-DNA e transaminasi).
HBV cronica
Nella forma cronica, l’infezione persiste oltre i sei medi con epatite cronica HBsAG+. In questo contesto si
distinguono 3 condizioni:
1. Potatore inattivo, con HBsAg+, transaminasi normali e HBV-DNA negativo.
2. Portatore immunotollerante con HBsAg+, anticorpi anti-core, DNA solitamente negativo o con
cutoff patologico a 2000.
3. Paziente con epatite cronica, fibrosi e evoluzione in cirrosi o HCC. In 10-20 anni, il 20-30% dei
soggetti con infezione cronica HBsAg + sviluppa cirrosi epatica (il pz diventa sintomatico) e viene
fatta diagnosi di epatite, prima misconosciuta. Il 20% di questi pz sviluppa anche HCC; Diagnosi:
HBsAg + da più di 6mesi; HBV-DNA+; Alterazioni delle transaminasi (fluttuazione); Fibroscan e
biopsia che rilevano necrosi, infiammazione e fibrosi.
Epatite HBeAG+: il pz in immunotolleranza può rimanere tale per anni o andare in immunoreazione, che
corrisponde alla fase di epatite cronica HBeAg +, che ha: transaminasi alte, HBVDNA elevati,
necroinfiammazione. Questa può evolvere in cirrosi o HCC.
Epatite cronica HBeAg negativa e anti-HBe positiva:
Terapia:
- Interferone-α: immunomodulatore che induce una risposta virologica sostenuta, ma con effetti avversi non
indifferenti, alcuni dei quali richiedevano la sospensione della terapia.
- Analoghi nucleotidici e nucleosidici: i più utilizzati sono Entecavir e Tenofovir, bloccano la replicazione
virale. Entecavir e Tenofovir bloccano la polimerasi virale nel 90% dei casi e normalizzano le transaminasi
in quasi l’80% dei casi. Correzione in base alla funzione renale, altrimenti in pz con IRC usato Vemlidy.
4. HCV
Caratteristiche: è un virus a RNA a singolo filamento. In Italia prevalenze diverse tra Nord e Sud. La
prevalenza è di circa del 3% nella popolazione, tenendo conto anche del “sommerso”. Si ha cronicizzazione
nel 70% dei casi. L’infezione cronica, a sua volta, potrà avere nel 20% dei casi un'evoluzione in cirrosi e nel
1-4% in HCC. HCV può essere eradicato, poiché il suo genoma non si integra.
Diagnosi. 1. Rilevamento casuale di ipertransaminasemia (ALT). 2. Ricerca di anticorpi anti-HCV (positivi
dopo 2-4 settimane, non utili per diagnosi di epatite acuta); esiste anche test salivare per anticorpi
nell’organismo. 3. Poi, per determinare se epatite cronica, si cerca l’HCV RNA, (replicazione virale attiva).
4. Genotipo del virus. 5. Stadiazione del danno epatico (fibroscan).
Clinica: la maggior parte dei pz è asintomatica. Il dosaggio degli anticorpi anti-HCV è il modo migliore per
fare il primo livello di screening, se questo risulta positivo allora si è autorizzati a richiedere l’HCV-RNA,
che indica la viremia. Livelli normali di transaminasi indicano che la fase acuta si è risolta.
HCV cronica
Possibile avere o non avere sintomi. Persistenza di HCV-RNA, indicativo di replicazione virale e la presenza
di anticorpi anti-HCV. La persistenza di HCV-RNA si associa alla persistenza delle transaminasi (ALT)
indipendentemente dalla presenza degli anticorpi anti-HCV. In fase cronica, l’HCV RNA continua ad essere
replicato in modo costante (meno fluttuante di HBV) e gli anticorpi anti-HCV aumentano.
Fattori favorenti la progressione: 1. Fattori del virus: carica virale alta e genotipo 1b. 2. Fattori dell’ospite:
non modificabili (età>40aa, sesso maschile, etnia afroamericana, menopausa, maggiore tempo di infezione) e
modificabili (alcol, cannabis, obesità, diabete, steatosi, coinfezioni virali).
Manifestazioni extraepatiche: Crioglobulinemia; danno renale da glomerulonefrite membrano-proliferativa;
autoimmunità; linfoma non-hodgkin. Più raramente: alterazioni ematologiche (gammopatia monoclonale e
trombocitopenia idiopatica) e autoimmuni (tiroidite e diabete mellito).
Terapia: DAA, direct-acting antivirals, agiscono su diverse fasi del ciclo replicativo del virus HCV. Hanno
un’altissima efficacia: eradicazione del virus in più del 90% dei pazienti in 3 mesi di terapia. Non hanno
effetti avversi al contrario dell’Interferone, per cui possibile utilizzo nelle forme avanzate della malattia
prima non trattabili con i vecchi farmaci. Pz con cirrosi scompensata, dopo trattamento hanno visto
miglioramento funzionalità epatica e evitato così trapianto. Si è stabilito che nel 2030 l’epatite C scomparirà
grazie all’avvento di queste nuove terapie.
- HAV (acuta), HDV e HEV.
5. Danno epatico da farmaci
Epidemiologia. Causa fino al 3% dei ricoveri in ospedale. Il danno è causato da farmaci prescritti, integratori
o preparati a base di erbe. La maggior parte degli eventi sono acuti, che si auto risolvono nell’arco di 2-3
mesi; raramente hanno evoluzione cronica, se il danno persiste per più di 6 mesi; ancora più raramente
possono presentarsi come IEA (nel 57% causate da paracetamolo ad alte dosi,).
Cause: 37% antibiotici, 30% farmaci non identificati. Seguono immunosoppressivi e FANS.
Fattori di rischio. Il danno epatico da farmaci prevede predisposizioni genetiche o non genetiche. Fattori di
rischio non genetici:
- In base all’ospite: Età (in anziani rischio sovradosaggio, per il metabolismo ridotto sia a livello
epatico che renale); Genere; Gravidanza (a rischio soprattutto il primo trimestre);
Obesità/malnutrizione; Diabete, in cu talvolta si presenta steatosi epatica misconosciuta.
- In base all’ambiente: Alcol; Fumo di sigaretta; Infezioni.
- In base al farmaco: Dosaggio; Profilo metabolico; Sensibilizzazione crociata; Interazioni tra farmaci.
Diagnosi. Complessa, solitamente di esclusione. Si basa sull’anamnesi (tipo di farmaco, tempo intercorso tra
assunzione o sospensione e sintomi).
Quadro clinico. Distinto in base a: 1. Danno epatocellulare (aumentano le ALT, bilirubina inalterata); Danno
colestatico (ittero, aumenta ALP); Quadro misto (aumentano entrambi, bilirubina o la GGT). Una volta che il
danno epatico inizia il paziente può risultare:
- Asintomatico, con aumento di indici bioumorali (AST per esempio), finita la cura col farmaco in
questione il fegato recupera e questo evento non verrà mai registrato.
- Sintomatico, stanchezza, senso di malessere generale, ittero (nella forma colestasica). In questo caso
una volta individuato e sospeso il potenziale agente responsabile del danno il fegato può rigenerarsi
considerando l’incredibile capacità di rigenerazione (in 1 giorno rigenera miliardi di epatociti) o può
rimanere danneggiato.
9. Adenoma epatocellulare
Raro tumore benigno che può progredire e diventare aggressivo. Si effettua un attento follow-up e spesso si
svolge una biopsia in quanto anche le caratteristiche istologico-molecolari del tumore possono dare
informazioni sulla prognosi e sulla possibilità di svolgere una resezione.
Colpisce prevalentemente giovani donne o di mezza età ed è associato all’assunzione di estrogeni, che vanno
quindi sospesi. Importante riconoscerlo per il rischio di rottura, che si può verificare nei tumori molto grandi.
Anche per questo tipo di tumore è stata svolta una classificazione molecolare grazie alla quale si sono
individuati i sottotipi più a rischio di progressione a malignità. La resezione in questi pazienti, a differenza
del HCC, non è controindicata in quanto il fegato è sano e non vi è il problema di ipertensione portale.
10. HCC
[I tumori epatici vengono classificati istologicamente in 2 categorie: epiteliali e non epiteliali. I maligni sono:
- Epiteliali: il più frequente in assoluto è HCC, seguito dal colangiocarcinoma, gli altri sono molto più rari;
- Non epitaliali: molto rari. Sono l’emangioendotelioma epitelioide, angiosarcoma, sarcoma embrionale e
rabdomiosarcoma.
I tumori benigni:
- Epiteliali: adenoma epatocellulare, iperplasia nodulare focale, adenoma biliare, cistoadenoma biliare e
papillomatosi biliare;
- Non epiteliali: il più frequente è l’angioma, gli altri più rari (angiomiolipoma, linfangioma/angiomatosi,
emangioendotelioma).]
Definizione. È in assoluto il più frequente tra i tumori epatici ed è classificato tra i tumori maligni epiteliali.
Epidemiologia. In Cina più del 50% è dovuto a infezione da HBV; In Mongolia e in Egitto a infezione da
HCV; In Sudan da esposizione all’aflatossina; Negli USA legata alla NASH.
Fattori di rischio. Cirrosi epatica (stretta correlazione, i pz affetti hanno un rischio 30 volte superiore rispetto
alla popolazione sana; Epatopatia cronica HBV e HCV correlata (il 60% dei casi ha questa eziologia);
Epatopatia cronica alcol-correlata; Sindrome metabolica (soprattutto nei paesi più sviluppati), pz con NASH
o NAFLD, anche senza sviluppo di cirrosi hanno un rischio aumentato di HCC; Altre (es. emocromatosi).
Epatocarcinogenesi. Il fegato sano è esposto a fattori di rischio, che inducono un continuo danno dell’organo
e, di conseguenza, una continua rigenerazione del parenchima. Dopo un lungo periodo (20-30 anni), la
capacità rigenerativa epatica si esaurisce e il fegato diventa cirrotico, con rischio di sviluppare dei noduli,
che inizialmente si presentano displastici e che in seguito vanno incontro ad una trasformazione neoplastica
sfociando, inizialmente, in HCC precoce (early HCC: secondo la classificazione di Barcellona; sono noduli
piccoli e i pz hanno la funzione epatica ancora ben conservata) e, successivamente in HCC avanzato. Spesso i
pz con cirrosi o steatoepatite cronica non-scompensata sono asintomatici e non si accorgono di avere la
patologia: alla diagnosi spesso presentano HCC in stadio avanzato per il quale non ci sono terapie efficaci.
Alterazioni molecolari. Con la continua attivazione del processo di rigenerazione, subentrano modifiche
molecolari e cellule displastiche acquisiscono capacità proliferante, di invasività e diventano neoplastiche. Si
ha, quindi, in parallelo, sia un’evoluzione morfologica che molecolare.
Si ha anche una parallela neovascolarizzazione del nodulo epatico, per necessità di O2 e nutrienti e ciò porta
a neoformazione di vasi e alla ridistribuzione vascolare: aumenta la vascolarizzazione arteriosa a discapito di
quella venosa (versante portale e sistemico).
Le mutazioni molecolari più frequenti associate a HCC sono: TERT: implicata nel 60% degli HCC e in
assoluto la più frequente; P53 (30%).
Monitoraggio e diagnosi. La sorveglianza dei soggetti più a rischio ha lo scopo di diagnosticare il tumore in
uno stadio precoce, dando la possibilità di applicare trattamenti curativi e di aumentare la sopravvivenza del
pz. La popolazione da monitorare comprende: pz con cirrosi, con epatopatia cronica (anche non cirrotici) con
rischio elevato di sviluppare HCC (sesso maschile, età >40aa e HBV positivi, alta replicazione virale,
genotipo C di HBV e pazienti con familiarità per HCC), con NAFLD e cirrosi.
Gli esami per il monitoraggio: Ecografia epatica (ogni 6 mesi), per individuare noduli; Esami di laboratorio:
alfafetoproteina nel sangue (marcatore tumorale non specifico). Pz cirrotici con noduli sono divisi in:
- pz con noduli molto piccoli (<1cm) in cui si ripete l’Eco dopo 3 mesi. Se il nodulo è stabile si ritorna al
monitoraggio, se è aumentato si indaga ulteriormente con una TC o una risonanza;
- pz con noduli più grandi (>1 cm) vengono sottoposto direttamente a TC o risonanza.
TC: in fase arteriosa (wash-in) il nodulo si presenta iperecogeno; in fase venosa (wash-out) ipoecogeno. Se il
nodulo presenta queste due caratteristiche, si può fare diagnosi di HCC senza bisogno di indagare
ulteriormente con una biopsia. Se immagini non chiare: biopsia e se non dirimente, o viene eseguita
nuovamente o si ritorna al monitoraggio.
Stadiazione. La stadiazione dell’HCC è complessa, (non segue il classico modello TMN). Per la prognosi si
vanno a valutare: Funzionalità epatica del pz (conservata o meno); Performance status del paziente (es. il
paziente è in condizioni tali da sopportare un eventuale intervento chirurgico?); Caratteristiche morfologiche
del tumore, quindi dimensioni e il numero dei noduli.
La classificazione Barcellona suddivide i pz in 5 gruppi, ciascuno con prognosi e trattamenti specifci:
- Very early stage (0): pz con neoplasia singola <2 cm, con fx epatica conservata;
- Early stage (A): pz con nodulo singolo ≥ 2 cm o con n° noduli ≤ 3, ciascuno ≤ 3cm; fx epatica conservata;
- Intermediate stage (B): pz con neoplasia multi nodulare, senza invasione vascolare né localizzazione
extraepatica, in buon compenso funzionale;
- Advanced stage (C): pz con sintomi correlati alla neoplasia (Performance Status 1-2), con invasione
vascolare e/o localizzazioni extraepatiche;
- Terminal stage (D): pz in stadio terminale, con fx epatica compromessa e (Performance Status > 2).
Terapia stadio early. I pz ricevono trattamenti curativi che ne modificano significativamente la prognosi:
resezione epatica, ablazione epatica o trapianto d’organo.
1. Resezione epatica: resezione anatomica della sede del nodulo, non solo del nodulo in sé. L’obbiettivo è
quello di essere più radicali possibili nella resezione, asportando anche i vasi portali così come quelli
arteriosi, in modo da evitare il rischio di ricorrenza della neoplasia. Se la resezione non è anatomica, cioè non
segue i limiti dei segmenti epatici il rischio di ricorrenza in quella sede è molto alto.
2. Ablazione: risulta curativa solo per tumori < 3 cm. Metodo più utilizzato: la radiofrequenza percutanea
eco-guidata (RFA) induce la necrosi delle cellule neoplastiche aumentando la temperatura intra-tumorale.
Complessivamente l’ablazione dà meno complicanze rispetto alla resezione, ma risulta curativa solo per
noduli più piccoli.
3. Trapianto: sopravvivenza a lungo termine più alta, con rischio di recidiva minore rispetto alle altre terapie.
La disponibilità degli organi è limitata, pertanto si usano i “Criteri di Milano”, che selezionavano i pz
basandosi sulla morfologia del tumore (nodulo singolo ≤ 5 cm o più noduli ≤ 3cm), garantendo un tasso di
sopravvivenza a 5 anni dal trapianto > 75%. Negli anni si è cercato di ampliare questi criteri, poiché è stato
osservato che molti pz che all’espianto non rientravano nella casistica di Milano avevano comunque tassi di
sopravvivenza molto alti e assenza di recidiva post-trapianto. Un altro motivo che spinge verso la selezione
dei pazienti da trapiantare è l’individuazione di coloro che hanno un rischio di recidiva tumorale maggiore
(tumori molto aggressivi; noduli multipli prima del trapianto, con maggior rischio di avere cellule tumorali in
sede extraepatica che possono recidivare). La ricorrenza tumorale s’attesta intorno al 30-40% nel lungo
termine, più nello specifico in sede epatica in un 15%- 40% dei casi e in 40-60% ricorrenza a livello
polmonare (ecco che in pz trapiantati, per i primi 5 anni, Tc toraco-addominale con mdc ogni 6 mesi).
Terapia stadi più avanzati.
- Per lo stadio intermedio (B), il trattamento principale è la chemio-embolizzazione, infusione intra-arteriosa
di agenti epatotossici ed embolizzanti (TACE). Esiste anche un’altra tecnica, la SIRT: radioterapia selettiva
all’interno del fegato con infusione a livello arterioso delle microsfere con radioisotopo yttrium-90, utilizzata
solo in casi di tumore molto avanzato con trombosi portale in cui la radioattività può essere più efficace.
- Per quello avanzato (C), con trombosi portale neoplastica e/o metastasi (spesso ossea), si offre una terapia
sistemica. Farmaci di prima linea: Sorafenib ed Imatinib (inibitore delle TK, da poco utilizzato). A questi
farmaci vengono poi aggiunti quelli di immunoterapia.
- Per lo stadio terminale (D), non è trattabile, solo terapia di supporto.
12. Cirrosi
Definizione. Malattia a lenta progressione caratterizzata da alterazione della normale architettura del fegato,
in cui le fibre collagene portano alla retrazione del parenchima per cui si formano delle bozzature o noduli
che lo rendono rigido o irregolare e ne impediscono il corretto funzionamento. A seconda della dimensione
dei noduli si distinguono una cirrosi macronodulare e micronodulare. Il danno epatico cronico può portare
nell’arco di trent’anni alla cirrosi e alle sue complicanze. La cirrosi su base alcolica è un esempio di cirrosi
micronodulare, invece quella post-virale di cirrosi macronodulare; esistono anche forme miste.
Epidemiologia. Molto diffusa. Mortalità in Italia è 19,5/100.000. Prevalenza maggiore nell’uomo.
Storia naturale. Dal momento in cui si forma la cirrosi, la storia naturale del pz varia a seconda delle
complicanze (encefalopatia, emorragia digestiva, PBS, sindrome epatorenale, HCC).
Meccanismi della fibrosi epatica. Sono la necrosi epatocitaria, la fibrogenesi e le alterazioni del microcircolo
epatico (che riducono la massa epatica funzionante, poiché l’epatocita per funzionare deve mantenere la
zonazione e i rapporti con il sistema vascolare e biliare; tali alterazioni determinano ipertensione portale). Lo
stimolo allo sviluppo fibrotico parte nel sinusoide epatico. [Il sinusoide è compreso tra gli epatociti e
circondato dallo spazio di Disse; inoltre reagisce agli stimoli delle cellule di Kupffer e dalle cellule stellate di
Ito.]
La lunga persistenza di un qualsiasi agente epatolesivo induce proliferazione di cellule di Kupffer e piastrine
che, a loro volta, liberano citochine (TNFα, IL-6, IL-2) e fattori di crescita (PDGF-β, TGF- β). Questi
determinano l’attivazione delle cellule di Ito che acquisiscono un fenotipo contrattile, capaci di sintetizzare
actina, collagene di tipo I e di tipo III, fibronectina e proteoglicani. Inizia così un lungo processo di accumulo
di tessuto connettivo favorito non solo da un incremento di produzione, ma anche da una diminuzione della
sua degradazione normalmente operata dalle metalloproteinasi (MMP). L’accumulo di collagene inizia a
livello delle zone subendoteliali (spazi di Disse), determinando la cosiddetta “capillarizzazione dei
sinusoidi”, che perdono la loro elasticità e le loro fenestrature. Successivamente la fibrosi sostituisce le zone
di necrosi formando dei veri e propri setti connettivali. Questo fenomeno, però, non avviene sempre allo
stesso modo:
1. Setti porto-portali (da forme colestatiche, CBP e CSP) che collegano gli spazi portali senza intaccare la
vena centro-lobulare.
2. Setti a ponte porto-centrale (da forme virali) tra la vena centrolobulare e il sistema portale. Si sviluppa
epatite da interfaccia con infiammazione che coinvolge la zona intorno alla vena centro-lobulare e allo spazio
portale. Si hanno anche alterazioni di tipo vascolare, perché è interessato il sistema centro-lobulare.
3. Fibrosi centro-lobulare, che colpisce le vene centro-lobulari. (Stimolo: malattie da ostacolato deflusso
venoso, es. scompenso cardiaco destro). Si formano setti centro-centrali e si inverte l’assetto anatomico del
lobulo normale. Gli spazi porto-biliari vengono risparmiati.
Eziologia. Alcol, virale, NAFLD, Iatrogena (metotrexato, lesioni chirurgiche vie biliari), Epatiti
immunomediate (AIE, CBP, CSP), malattie metaboliche (emocromatosi, Wilson), Cause vascolari
(scompenso cardiaco destro, sindrome di Budd-Chiari con ostruzione vene sopraepatiche), neoplasie. Anche
malattie epatiche meno comuni, tra cui: fibrosi epatica congenita; Iperossaluria di tipo I;Ipercolesterolemia di
tipo II; Emofilia. Cirrosi criptogenetica (agente causale sconosciuto).
Classificazione clinica. Le cirrosi possono essere classificate sulla base della loro severità. La classificazione
di Child-Pugh prevede di assegnare ai 5 parametri (bilirubina, albumina, INR, ascite, encefalopatia epatica)
un punteggio da 1 a 3 in base alla gravità. La somma di tutti i punteggi definisce tre classi:
- Classe A: punteggio da 5 a 6 (sopravvivenza a 1 anno 100%, a 2 anni 85%);
- Classe B: punteggio da 7 a 9 (sopravvivenza a 1 anno 81%, a 2 anni 57%);
- Classe C: punteggio da 10 a 15 (sopravvivenza a 1 anno 45%, a 2 anni 35%);
È stato proposto un nuovo punteggio denominato Model for End-Stage liver disease (MELD), basato su un
calcolo che include i valori della bilirubinemia, creatininemia, e INR. Se MELD>45, trapianto.
Diagnosi. Elementi suggestivi di cirrosi: splenomegalia, circoli collaterali superficiali, emorroidi, spider
nevi, edema. Si può fare anche ecografia addome (entità dell’ascite splenomegalia o HCC), ecodoppler vasi
addominali (per capire se la vena porta ha flusso regolare centripeto verso il fegato) e gastroscopia (varici e
gastropatia congestizia, con mucosa gastrica ad aspetto ciottolato). In caso di inversione flusso vena porta, si
fa angio-TAC, che indica il livello dove si trova il blocco.
Complicanze. Ipertensione portale, che può causare ipertensione polmonare, emorragia da varici esofagee e
ascite; Insufficienza epatica, che causa ittero e encefalopatia; HCC; Malnutrizione; Trombosi vena porta;
Alterazioni metabolismo osseo. Lo snodo fisiopatologico è la vasodilatazione splancnica: la vasodilatazione
arteriolare comporta underfilling arteriolare, ipoperfusione degli organi e attivazione di fattori vasocostrtittivi
e antinatriuretici che comportano ascite e sindrome epato-renale.
L’ascite determina a sua volta il rischio di PBS per infezione del liquido ascitico, o la comparsa di
Insufficienza renale acuta (o sindrome epato-renale).
Approfondire: ipertensione portale, PBS, encefalopatia, malnutrizione e sarcopenia.
- Classificazione di Child-Pugh
Negli anni 50, è stata sviluppata la classificazione di Child-Pugh, che in base a diversi criteri (bilirubina,
albumina, INR, ascite ed encefalopatia) permette di classificare la cirrosi come compensata o scompensata.
Per ogni criterio preso in considerazione, in base ai valori del paziente, viene assegnato un punteggio da 1 a
3, sommando questi punti si ottiene un punteggio finale che permette di suddividere i pazienti in tre classi.
Un punto critico di questa classificazione è quello di usare calcoli fatti sulla popolazione generale ma
nonostante ciò e nonostante sia datato viene ancora utilizzato in quanto indicativo per il confronto.
- Pseudocisti pancreatiche. Lesione benigna, nella maggior parte dei casi con origine infiammatoria (pancreatite) o
traumatica. Rare le pseudocisti “da ritenzione”, per ostruzione parziale del dotto principale pancreatico da parte di un
tumore benigno o maligno. E’ costituita da una raccolta di succo pancreatico delimitata da una parete neoformata costituita
in parte dai visceri circostanti e in parte da tessuto fibroso. Può essere singola o multipla (anche 5-6) e si trova con una
frequenza leggermente maggiore nel corpo-coda. Incidenza: 2-3% post PA, 15-30% post PC.
I tumori cistici del pancreas sono tumori rari dal contenuto liquido che possono raggiungere anche dimensioni importanti; colpiscono
più comunemente il sesso femminile. In genere benigni, con il passare del tempo possono subire una degenerazione maligna. I tumori
cistici del pancreas sono formazioni di cisti plurime a contatto tra loro e possono essere multipli. Si distinguono in: cistoadenomi
sierosi, cistoadenomi mucinosi, neoplasie intraduttali papillari-mucinose (benigni) e cistoadenocarcinomi (maligni).
I tumori cistici del pancreas sono in genere asintomatici. Le formazioni di grandi dimensioni in particolare si caratterizzano per i
seguenti sintomi: Dolore quadranti superiori; Nausea o vomito; Ittero, se la cisti va a comprimere il coledoco; Episodi di pancreatite
acuta.
In alcuni casi può rendersi necessaria l'asportazione del tumore sia per evitarne una degenerazione maligna sia per proteggere il
paziente dai disturbi che il tumore potrebbe generare. In caso di tumori sierosi, piccoli tumori mucinosi dei dotti secondari o qualora i
pazienti siano molto anziani) potrebbe essere sufficiente un monitoraggio della cisti con periodici esami strumentali. Gli interventi
che possono essere indicati sono la duodenocefalopancreasectomia, la pancreasectomia distale, la pancreasectomia totale (quando il
tumore cresce lungo il dotto pancreatico oppure è multifocale) e la pancreasectomia intermedia.
21. MRGE
Definizione. Malattia caratterizzata da sintomatologia esofagea o danno della mucosa causato da anomalo
reflusso di contenuto gastrico nello stomaco.
Epidemiologia. Prevalenza 25-30%, > incidenza in paesi occidentali (patologia del benessere).
Sintomi. Disfagia: difficoltà alla deglutizione. Eruttazione. Ruminazione. Odinofagia. Pirosi, bruciore retro-
sternale. Rigurgito. Dolore retro-sternale. Gli ultimi tre permettono di fare diagnosi nel 70% dei casi.
Patogenesi. Patologia multifattoriale. Danno alla mucosa dovuto a:
- Anormale clearence esofagea, incapacità di pulirsi dal contenuto gastrico (deficit di motilità esofagea).
- meccanismi difensivi, es. dei bicarbonati (per difetti congeniti o alteraz età-dipendenti).
- Ritardato svuotamento gastrico, pressione intragastrica e gradiente pressorio gastro-esofageo.
- Ipersensibilità al reflusso.
- Insufficienza della EGJ, formata da SEI e diaframma crurale che lo circonda. Lo SEI può perdere efficacia
per ipotonia, per patologico aumento della frequenza dei rilasciamenti transitori (normalmente fisiologici per
il rilascio di aria) o per ernia iatale.
Fattori di rischio. Ernia iatale; Obesità (per aumento P intragastrica, ridotta accomodazione gastrica; alterata
motilità esofago).
Clinica. MRGE si classifica secondo la classificazione di Montreal in:
- Sindromi esofagee: sintomatiche (sindrome da reflusso e sindrome da reflusso con dolore toracico); con
danno esofageo (esofagite, stenosi da reflusso, esofago di Barrett, adenocarcinoma esofageo).
- Sindromi extra esofagee: con associazione stabilita (tosse, laringite, asma, erosioni dentali da reflusso…
curando la MRGE, si curano); con associazione ipotizzata (faringite, sinusite idiopatica, fibrosi polmonare
idiopatica, otite media ricorrente).
Diagnosi. Primariamente anamnestica (pirosi retrosternale con prob diagnostica del 75%). Test con PPI: se il
pz migliora, è stato trattato ma si ha anche conferma diagnostica. Trattamento per 4-8sett, 1 al dì, mattina.
Gastroscopia (EGDS) solo se pz con sintomi d’allarme neoplastico (familiarità per tumore esofageo,
associazione di alcol e fumo, anemizzazione, inappetenza e calo ponderale). Spesso si trova una NERD, non
erosiva. Se c’è esofagite, si classifica con i criteri di Los Angeles (grado A, lesioni <5mm, B >5mm, C lungo
due o più pliche, D >75% esofago). Anche:
- pHmetria con SNG: elettrodo 5cm da SEI e elettrodo intragastrico. Collegato a registratore x abitudini pz;
- pHmetria capsulare bravo: capsula agganciata alla mucosa esofagea per eliminare il disturbo del sondino;
- pH-impedenzometria, sul sondino, oltre all’elettrodo per il pH, ci sono segmenti metallici che misurano
l’impedenza, ovvero le variazioni fisiche (se liquido, impedenza; se aria impedenza).
Terapia. Obiettivi: guarigione dalle lesioni da esofagite, controllo dei sintomi, remissione del danno e
prevenzione delle complicanze (Barrett, stenosi peptiche, adenocarcinoma esofageo).
La terapia non farmacologica: cambiamento abitudini di vita con dieta (no cibi acidi, grasso, cioccolato,
menta, pomodoro cotto e agrumi), esercizio fisico per ridurre obesità, limitazione sostanze voluttuarie.
Terapia farmacologica con PPI, farmaci neutralizzanti l’acidità e f. che agiscono su motilità esofago.
Terapia chirurgica con fundoplicatio (legature fondo dello stomaco a 180° con punti di sutura); complicanze:
disfagia precoce (8-10%) e complicanze nervose a carico del nervo vago (Gas Bloat Syndrome). Destinata a
pz che non rispondono alla terapia con PPI ma pH-impedenzometria positiva, con ernia, con Barrett.
26. Celiachia
Definizione. È una patologia autoimmune, multifattoriale e multiorgano. La combinazione di predisposizione
genetica (aplotipi HLA) ed esposizione ambientale (ingestione di glutine) dà origine alla produzione di
autoanticorpi e al conseguente danno alla parete del piccolo intestino.
Epidemiologia. La prevalenza della patologia nel tempo è cresciuta, a causa di una maggiore accuratezza
diagnostica, a livello globale è inferiore all’1% con importanti differenze tra i vari paesi. Incidenza più alta
nelle donne, picco d’insorgenza fra i 30 e i 50 anni.
Eziologia. I due elementi fondamentali per la patogenesi sono il trigger alimentare e la predisposizione
genetica: se manca uno dei due ci troviamo di fronte a un quadro di allergia, intolleranza o ipersensibilità al
grano. Da tener presente inoltre che una piccola percentuale della popolazione generale esprime gli aplotipi
HLA DQ2-DQ8 senza avere la celiachia. Alcuni tipi di infezione (es rotavirus) potrebbero favorire
l’insorgenza. Anche l’utilizzo di alcuni farmaci o interventi chirurgici pox alterare la tolleranza al glutine.
Patogenesi. Il glutine, è costituito 50 e 50 di gliadine e glutenina. La gliadina, (contenuta in grano, orzo e
segale) il principale peptide responsabile della patologia, è difficile da digerire poiché è resistente all’idrolisi
e nell’intestino manca l’enzima prolil-endopeptidasi necessario a degradarlo. Il glutine arriva a contatto con
la membrana intestinale, e stimola le cellule immunitarie con attivazione di anticorpi (anti-transglutaminasi
A2, anti-endomisio, anti-reticolina) e le cellule T che causano danno diretto ai villi intestinali (ciò comporta
che la mucosa intestinale diventi piatta).
Nell’intestino sono presenti 2 meccanismi di difesa nei confronti di tale processo: le proteasi costituiscono la
prima linea di difesa, la barriera intestinale (tight junctions) costituisce la seconda. Se tali meccanismi
presentano delle alterazioni (es barriera intestinale troppo permeabile) favoriscono la patologia. Le infezioni
possono ex cofattori importanti perché aumentano la permeabilità intestinale.
Quadro clinico. Il quadro clinico è altamente polimorfo tanto che la classificazione moderna differenzia la
patologia in più forme:
- Forma potenziale o latente con solamente positività anticorpale;
- Forma asintomatica (silente)/ paucisintomatica (subclinica) con positività anticorpale e istologica;
- Forma classica con sintomi tipici quali diarrea, sintomi da malassorbimento, dolore addominale,
meteorismo, astenia, difetto di crescita nel bambino;
- Forma non classica con sintomi extraintestinali: SN con depressione nell’adulto e irritabilità nel bambino,
osteoporosi, artrite, e frequente associazione malattie autoimmuni epatiche, tiroidee (tiroidite di Hashimoto),
cutanee, metaboliche (diabete) e sindrome di Down; soprattutto anemia sideropenica (a volte unico sintomo
nelle donne, per cui non viene indagata e si pensa riferita a disturbi mestruali).
- Forma refrattaria: persistenza o dalla recrudescenza dei sintomi dopo 12 mesi di dieta aglutinata;
- Forma erpetiforme di Duhring, meno frequente e caratterizzata da una dermatite simil-erpetica.
Diagnosi. La diagnosi si compone di una parte clinica, di una sierologica e di una istologica.
- Clinica (anamnesi ed E.O.): sospetto celiachia con sintomatologia non spiegata (infertilità, anemia,
osteoporosi non menopausale) e i gruppi di rischio (pz con malattie autoimmuni o genetiche come il Down).
- Sierologia: non utilizza più Ig anti-gliadina (AGA) e Ig anti-endomisio ma il titolo di IgA anti-tTG che ha
un minor costo, una certa facilità d’esecuzione e una buona efficacia. Se bambino o se pz con sospetto
clinico di patologia abbia un deficit di IgA si doseranno invece IgG anti-DPG (anti-gliadina deaminata).
- Istologia: gold standard, si effettuano almeno 4 prelievi tissutali del duodeno distale e almeno 2 del bulbo
duodenale. Si vedono infiltrato CD3 (no diagnosi) o atrofia spiccata dei villi (si diagnosi).
La diagnosi istologica ha valenza solo se il paziente è in dieta libera, cioè non segue una dieta aglucidica da
diversi mesi, in maniera tale che si possa avere un quadro normale o patologico ma indipendente dalla dieta.
Endoscopia: anche se istologia è il gold staandard, esistono delle metodiche endoscopiche che permettono di
visualizzare la condizione della mucosa intestinale che, nel caso del paziente celiaco, può risultare appiattita
e priva delle pliche. Un’altra tecnica utilizzata è la video-endoscopia capsulare che presenta un’ottima
specificità e una buona sensibilità.
Genetica. Ha un VPN, in caso di negatività allo studio dei geni si può escludere con buona certezza la
diagnosi. Più del 97% dei pazienti celiaci è DQ2 e/o DQ8 positivo. Anche la popolazione generale (25-40%)
può essere DQ2 e/o DQ8 positiva senza manifestare la patologia. Il test genetico non viene sempre
effettuato, lo si utilizza per la diagnostica nel bambino,
Complicanze. Le complicanze possono essere di tipo intestinale o extraintestinale.
Quelle intestinali più importanti sono: la celiachia refrattaria (persistenza di malassorbimento, atrofia dei villi
e infiltrato intraepiteliale del piccolo intestino nonostante dieta aglutinata per almeno 12 mesi.
Si distinguono due tipi: tipo1. >70% dei casi, non sono presenti clonalità dei T, indistinguibile dalla
celiachia attiva, terapia con steroidi e azatioprina; tipo 2. C’è clonalità, alta probabilità di linfoma intestinale,
mortalità 50%, terapia con steroidi, azatioprina e chemioterapia), la digiuno-ileite ulcerativa, la sprue
collagenosica (queste due non rispondono alla dieta aglutinata), il linfoma e l’adenocarcinoma (rischio
diminuito per diagnosi precoce e all’assunzione di una dieta aglutinata, infatti dopo 5 anni di dieta il rischio
di sviluppo torna normale).
Classificazione. Post-prandial Distress Syndrome, se prevale dolore e peso dopo aver mangiato; Epigastric Pain Syndrome, se
prevale l’epigastralgia, la quale può essere confusa con dolore dovuto a reflusso, ad un’ulcera oppure ad un’esofagite.
Sintomi. Dolore e bruciore epigastrico, ripienezza post-prandiale, sazietà precoce, nausea.
Approccio al pz. Anamensi, EO, Esami umorali e strumentali (eco addome). Se non si trova causa: dispepsia.
Terapia. Non farmacologica: comprende la rassicurazione e spiegazione dell’origine del disturbo, alcol, FANS, assunzione di pasti
piccoli frequenti e poveri di grassi. Farmacologica. Esclusione di H. pylori, che se presente va eradicato. PPI, anche se HP negativo.
Se disturbi della motilità, sì procinetici e neuromodulatori a basso dosaggio.
28. Stipsi
Definizione. La costipazione è l’insieme di più disturbi (sindrome). La definizione si basa sui sintomi, che
tipicamente sono la difficoltà transito delle feci, la durezza delle feci, la ridotta frequenza di evacuazione
(<3/sett) o sensazione di non averla completata in maniera regolare. La costipazione può essere un disturbo
primario o secondario ad altre patologie, come ad esempio il morbo di Parkinson o il diabete.
Classificazione. Si distingue la stipsi acuta dalla stipsi cronica; la prima deve far subito pensare ad una
neoplasia che impedisce il passaggio delle feci o ad un’infiammazione, mentre per comprendere perché si
instaura una stipsi cronica è necessario conoscere la struttura macroscopica e microscopica del colon e la sua
organizzazione.
Fisiologia. Nel crasso avviene il riassorbimento di acqua e produzione di una quantità minima di secrezione, ma la sua funzione
principale è quella di propulsione. La propulsione delle feci e la successiva evacuazione derivano da un'azione integrata del sistema
nervoso e muscolare. Strati: più interno mucosa; poi sottomucosa con il plesso sottomucoso di Meissner, (controlla secrezione da
parte dell’intestino); poi due strati della tonaca muscolare liscia, circolare interno e longitudinale esterno; tra i due è localizzato il
plesso mioenterico di Auerbach, che li innerva e controlla la motilità intestinale.
Il contenuto del lume è spinto in avanti da un riflesso di contrazione a monte e dilatazione a valle. La motilità del colon può essere
distinta in attività segmentaria (con fx di mescolamento di feci con acqua) e attività propagata (con fx di propulsione). L’attività
propagata si attiva al risveglio e nel momento del pasto. Il meccanismo funziona quando funzionano SNC, SNE, genetica, il SI, il
microbiota, gli ormoni, i neurotrasmettitori e i loro recettori. Quando le feci arrivano nell’ampolla rettale, l’angolo fra ampolla rettale
e canale anale si rettilineizza con il rilasciamento del m. puborettale, si rilasciano anche gli sfinteri e avviene l’evacuazione.
Epidemiologia. Coinvolge il 9% della popolazione. La prevalenza aumenta con l’età (anziani <50%).
Eziologia. Acuta da neoplasia o infiammazioni. La cronica può essere primitiva (idiopatica) o secondaria ad
altre patologie, come: tumori colon retto (ostruzione), stenosi da infiammazione, ischemia, chirurgia,
rettocele, diabete (disfunzione SNA), ipotiroidismo, disionie, gravidanza (ingombro dell’utero), malattia di
Hirschprung, sclerodermia e amiloidosi, ragadi anali, farmaci (oppiacei, antiipertensivi, antidepressivi, …).
Ad ogni modo, la cronica è tipicamente caratterizzata da tre disturbi, che possono essere presenti
singolarmente o contemporaneamente; nel 59% dei casi vi è una defecazione dissinergica, nel 58% vi è IBS,
nel 47% dei casi le feci hanno un transito lento (il cosiddetto "intestino pigro").
Scala di Bristol. Classifica stipsi in base alla morfologia delle feci (tanto più è basso tanto più disidratato).
Anamnesi. Sintomi (fatica nell'espellere, dolore, sedute prolungate, sensazione di non essersi svuotati).
Segni, frequenza dell'alvo (<3/sett), insorgenza della stipsi, sintomi, possibile correlazione con abitudini
scorrette (cessazione di lassativi può causare stipsi), familiarità per stipsi.
Diagnosi. Esami del sangue: l'emocromo, sideremia e ferritina (indici sia di anemia e di infiammazione),
ormoni tiroidei (se bassi diminuzione della motilità intestinale), glicemia (intolleranza glucidica o un diabete
subclinico).
Indagini diagnostiche di seconda battuta:
- Manometria Ano-Rettale: sonda nel retto monitora la pressione all’interno dell’intestino e associa colore.
- Test del palloncino rettale: palloncino in ampolla rettale, gonfiato con dell’acqua (stimolo a svuotarsi).
- Test del tempo di transito (se disturbo coinvolge l’intero intestino): somministrazione di alcuni marcatori
ingeriti dal paziente. Fisiologicamente, la maggior parte dei marcatori verrebbe eliminata in circa 5 giorni,
mentre, se disturbo, i marcatori sarebbero visibili alla radiografia. Se fossero distribuiti in maniera omogenea
si tratterebbe di transito rallentato, ma può anche succedere che i marcatori si accumulino a livello della sola
ampolla rettale (patologia distale, outlet obstruction).
- Capsula della motilità, una volta ingerita valuta variazioni di pressione, temperatura e PH di tutto il tratto
gastrointestinale.
Terapia. Esistono tre livelli di farmaci:
- F. che legano l’acqua impedendole di venire assorbita dalla mucosa del colon, o la richiamano
osmoticamente nel lume intestinale (agenti formanti massa; olio di paraffina, lubrificante emolliente;
isoosmotici, ostacolano l’assorbimento dei fluidi intestinali; composti iperosmotici, si dividono in zuccheri
iperosmotici e iperosmotici salini a base di magnesio che possono portare a squilibri elettrolitici in
particolare del potassio, controindicazione per cardiopatici.
- F. enterocinetici (la prucalopride, stimola la motilità intestinale; effetto collaterale, cefalee e nausea) e
secretagogo (la linaclotide, un secretagogo che stimola secrezione ghiandolare, usata per IBS)
- Stimolanti: prescritti e somministrati solo sotto stretta sorveglianza medica specialistica, in quanto possono
causare gravi effetti collaterali come un forte dolore addominale; agiscono sul SNE, dando forti contrazioni
del colon. Un’altra funzione è ridurre l’assorbimento di acqua ed elettroliti da parte della mucosa intestinale.
Esempi sono i derivati del difenilmetano (bisacodil e sodio pirosolfato) e antrachinonici (derivati da tre
piante: l'aloe, la cascara e la senna).
29. IBS
Definizione. Sindrome che riguarda quadranti medi e inferiori, caratterizzata da dolore, gonfiore con
alterazioni dell’alvo (stipsi, diarrea o alvo alterno).
Sintomi. Meno di 3 evacuazioni/sett o più di 3/die; Feci dure (Bristol 1-2) o molli (Bristol 6-7); Sforzo
evacuativo; Sensazione di incompleto svuotamento post-evacuatoria; stimolo impellente all’evacuazione;
muco nelle feci; Distensione addominale; dolore addominale.
Clinica. Dolore addominale, gonfiore con disturbi dell’alvo. Si usa scala di Bristol per distinguono pz in: 1.
IBS con stipsi; 2. IBS con diarrea; 3. Quadri misti; 4. Quadri indefiniti.
Epidemiologia. Prevalenza 12% Italia, 10% in generale. Rapporto 2:1 (donne: uomini).
Patogenesi. 3 meccanismi: ipersensibilità viscerale; alterazioni della motilità GI; disturbi psicologici da
traumi. Altra causa sono le infezioni (specie gastroenteriti), in cui si può avere persistenza del processo
infiammatorio acuto e di infiltrato infiammatorio; alterazioni del SNE o del muscolo liscio, che inficiano la
motilità dal pdv nervoso o muscolare; Alterata sensibilità viscerale.
Alimentazione: esistono FODMAPs (Oligo/Di/Monosaccaridi e polioli fermentabili), possono contribuire a
delle alterazioni della sensibilità e di percezione intestinale. Gli zuccheri (sorbitolo) sono osmoticamente
attivi e richiamano acqua all’interno del lume intestinale, e questo può portare ad un contrasto tra i batteri
facenti parte del microbiota e batteri in rapida proliferazione. Quindi, si ha una sovracrescita microbica che
dà diarrea, gas da parte dei batteri e distensione intestinale, con possibile presenza di effetti sistemici.
Diagnosi. È clinica basta su anamnesi, EO e fattori di rischio. L’anamnesi si focalizza su: evento
tossinfettivo recente, problematiche psicologiche note, dolore (specie se in relazione ad evacuazione), alvo
alterato, sintomi extra intestinali (cefalea, fibromialgia, disturbi genito-urinari).
Accertamenti. Emocromo (per eventuale anemia); Indici di flogosi (ferritina e infiammazione intestinale con
calprotectina); Ricerca di parassiti fecali; Anticorpi antiTG, per escludere la celiachia.
Esami più specifici: Test della permeabilità intestinale per gli zuccheri (Mannitolo per via transcellulare,
Sucrosio in urino, piccolo intestino e colon, e Lattulosio in urino, piccolo intestino). Test di malassorbimento
al Lattosio (Breath test). Colonscopia (sospetto IBD o Crohn), in caso di età >50 anni; Diarrea cronica; Calo
ponderale; Insorgenza recente dei sintomi; Presenza di sangue nelle feci; Febbre; Sintomi notturni;
familiarità con neoplasie gastrointestinali.
Terapia.
1) Non farmacologica: rassicurazione e spiegazione. Evitare le diete depletive, dieta adeguata, ricca di
verdure, vitamine e micronutrienti, ma povera di zuccheri fermentabili (FODMAPs), glutine, e altri alimenti
associati ad irritazione intestinale. Adeguata idratazione (2L/die) e esercizio fisico.
2) Farmacologica: Fibre idrosolubili ad effetto lassativo; Antidiarroici; Antispastici, specialmente per la
modulazione del dolore; Antidolorifici, ma non FANS (tranne paracetamolo); Antidepressivi e ansiolitici per
componente psicologica della patologia e ipersensibilità viscerale; Antibiotici non assorbibili e probiotici per
la regolarizzazione della flora batterica.
Nelle forme da un trigger infettivo, il 40% dei casi dopo 5 anni non presenta più la patologia; in caso
contrario difficilmente la patologia regredisce, nonostante possa andare incontro ad andamento fluttuante.
Epidemiologia. Prevalenza aumenta con l’età, 30% popolazione totale e 70% popolazione over 80.
Eziopatogenesi. Fattori che portano sviluppo dei diverticoli: aspetti di tipo ambientale e dietetico, alterazioni della flora batterica
intestinale, predisposizione genetica, indebolimento della parete intestinale, invecchiamento della parete stessa, alterazioni della
muscolatura liscia intestinale, degenerazione neurale ed alterazione dei recettori della sensibilità. In particolare si evidenziano:
- Scarso introito alimentare di fibre, con riduzione del volume fecale; ciò aumenta la pressione a livello della parete del colon poiché
aumenta la forza di contrazione dell’intestino per far procedere il materiale fecale.
- Alterazioni della flora batterica: una sovra-crescita batterica è stata riscontrata nel 60% dei pz con forme di diverticolosi
accompagnate da una dieta povera di fibre.
Classificazione. In 80% dei casi rimane silente; 20% insorgono manifestazioni cliniche e 5% complicanze. La malattia diverticolare
(sintomi blandi) si esprime in: assenza di flogosi o con flogosi (diverticolite). La diverticolite acuta richiede spesso ospedalizzazione,
mentre cronica si presenta in forme ricorrenti o colite segmentaria associata ai diverticolite (SCAD, che si manifesta come
infiammazione localizzata in corrispondenza dei ventricoli). Tutte le forme di diverticolite possono dare complicanze.
Diagnosi. Non esiste un marcatore ematochimico patognomico di diverticolosi, le forme asintomatiche sono solitamente
diagnosticate in maniera accidentale in corso di colonscopia per altri motivi. Nelle forme sintomatiche invece il dolore addominale, le
alterazioni dell’alvo e il resto della sintomatologia costituisce indicazione per lo svolgimento di colonscopia. Se già nota
diverticolosi, si evita colonscopia, a causa dell’elevato rischio di perforazione intestinale.
Esami ematochimici: leucocitosi e aumento degli indici di flogosi (PCR, ferritina ecc.).
Imaging: radiologia o colon TC (se colonscopia controindicata). Se operatore esperto, eco addome può individuare diverticolite che
complicanze settiche come fistole e ascessi.
Se sospetto malattia infiammatoria cronica sottostante, anche l’esecuzione di biopsia intestinale.
Diverticolite acuta. Dolore addominale quadranti inferiori severo, prolungato, con alterazioni dell’alvo,
febbre, leucocitosi e PCR alta. Quadro simile ad appendicite acuta. In molti casi, dopo il fenomeno
infiammatorio, si mantiene una sorta d’ipersensibilità.
Complicanze. Un quadro di diverticolite acuta può complicarsi nel 5% dei casi, e ciò avviene quando
l’infiammazione si estende oltre la sottomucosa con possibile formazione di fistole, ascessi, perforazioni,
occlusioni intestinali ed emorragia.
- Ascesso: in seguito ad una perforazione o microperforazione coperta di un diverticolo. Il pz in questo caso
presenta dolore, febbre, leucocitosi e piastrinosi. La classificazione di Hinchey distingue gli ascessi sulla
base della loro estensione (pox ex confinati al mesentere, diffondere alla pelvi o causare peritoniti estensive).
- Occlusione intestinale: non molto frequente, nella maggior parte dei casi è dovuta ad una stenosi legata ad
una condizione di fibrosi, dettata dalla cronicizzazione del quadro infiammatorio.
- Emorragia (rettorragia) è una complicanza frequente ( 3-5% dei pz con diverticolite e circa il 40% delle
cause di emorragia del tratto digestivo inferiore). Risulta dall’erosione dei vasi della parete diverticolare ed è
favorita dall’uso cronico dei FANS. In molti casi si arresta spontaneamente. L’emostasi endoscopica si rende
necessaria nel 20- 30% dei casi e più raramente è richiesta invece una terapia chirurgica.
Terapia. Forma asintomatica non richieda terapia.
Diverticolite cronica, modula quadro flogistico (con Mesalazina), modulazione del microbiota (rifaximina, probiotici e fibre).
Diverticolite acuta, con antibiotici (Metronidazolo in associazione ad altri antibiotici a seconda della via).
Terapia chirurgica (resezione segmentaria del sigma o emicolectomia sinistra) in elezione durante la quiescenza dei sintomi in pz con
diverticolite complicata.
32. Emocromatosi
33. IEA
Definizione. Sindrome rara, complicanza del fegato che insorge su un fegato perfettamente normale che
porta ad una alterazione di tutte (o la maggior parte) delle fx epatiche (insufficienza epatica funzionale).
Classificazione. Si usa l’intervallo di tempo che intercorre tra la comparsa dell’ittero e l’insorgenza di
encefalopatia, che sono tra le complicanze peggiori:
1. Iperacuta o fulminante: l’intervallo è <7gg, pz itterico, alterazioni del sensorio, edema cerebrale che, se
diventa irreversibile, non permette la valutazione per trapianto; solitamente va in coma. Un esempio è quella
causata dell’eccessiva assunzione di paracetamolo a scopo suicida.
2. Acuta: l’intervallo da 8 a 28 giorni e solitamente è associata all’infezione da HBV.
3. Subacuta: l’intervallo da 5-12 settimane, andamento lento, difficile da trattare e da diagnosticare. Non è
frequente l’edema cerebrale, solitamente è causata dall’ingestione di farmaci.
Epidemiologia. Inghilterra, 60% da paracetamolo, in Bangladesh il 75% è causato dall’infezione da HEV;
l’HBV: 42% in Giappone, 18% in Germania, 1% in Inghilterra.
Eziologia. Principali cause: Virus (HAV, HBV, HCV, HSV-1/2, HSV-3, EBV e CMV; Farmaci e droghe
(paracetamolo, antitubercolari, alcuni antibiotici, FANS, chemioterapici, cocaina ed ecstasy); Sostanze
tossiche (alcol, Amanita phalloides, erbe tra cui la Kava-kava, tetracloruro di carbonio); Patologie
cardiovascolari; Gravidanza: sindrome HELLP e il fegato grasso acuto; Altre cause, che possono includere
sepsi, epatite autoimmune, morbo di Wilson, infiltrazione neoplastica.
Clinica. Ittero; Deficit coagulativo con allungamento del PT e dell’INR; Encefalopatia epatica; Soggetti
senza evidenza di malattia in precedenza. Complicanze: ipertensione endocranica, encefalopatia.
Altri sintomi: Astenia; Nausea/vomito; Dolore in ipocondrio destro; Ittero; Epatomegalia; Encefalopatia;
Ascite; Emorragia digestiva (ematemesi o melena); Ipotensione e tachicardia→ sintomi sistemici; Edema
cerebrale: papilledema, ipertensione, bradicardia. Va diagnosticato rapidamente ed il paziente viene trasferito
in rianimazione nel tentativo di somministrare mannitolo per cercare di ridurre l’edema.
Score prognostici.
1. Clichy Score, 2 categorie a rischio: Pz età <30aa: l’indicazione ad un non recupero è un’encefalopatia di
3° grado o superiore ed il fattore V<20%; Pz età >30aa: l’indicazione ad un non recupero è sempre
un’encefalopatia di 3° grado o superiore, ma fattore V <30%.
2. King’s College Criteria distingue i pz in base a eziologia da paracetamolo, causa la > p epatiti fulminanti.
3. MELD score: valutare la possibilità di trapianto. Valuta creatinina, bilirubina e INR, ha valore che va da 0
a 50 e nel caso in cui si ha un paziente con un MELD>/ o uguale a 45 è necessario fare un trapianto.
Altri criteri diagnostici.
- Acido lattico, altamente tossico e un suo aumento nel sangue indica compromissione della funzione renale,
cardiovascolare ed epatica.
- Alfafetoproteina, espressa a livelli elevati nel fegato fetale e i cui livelli aumentano in condizioni di
rigenerazione cellulare, motivo per cui viene sfruttata nelle identificazioni di epatocarcinomi. Aumentano
durante il processo di rigenerazione e rappresentano un fattore prognostico favorevole.
- Ammoniemia. I pazienti con insufficienza epatica acuta presentano frequentemente un aumento
dell’ammoniemia. In corso di insufficienza epatica fulminante, oltre alla compromissione della funzione
metabolica cerebrale, l’iperammoniemia può determinare crisi epilettiche, coma e soprattutto ipertensione
endocranica che può portare ad erniazione cerebrale, controindicazione assoluta per il trapianto.
Terapia. Varia a seconda della causa di IEA. Paracetamolo con N-acetilcisteina, EAI con cortisone, Amanita
Phalloides con penicillina, Sindrome di Budd-Chiari anticoagulazione massiva o una TIPS. Il trapianto di
fegato viene preso in considerazione quando non è possibile nessun altro tipo di terapia.
35. Microbiota
Il microbiota è l’insieme dei batteri, il microbioma è formato dal microbiota e dalle sostanze da esso
prodotta. Ha composizione molto variabile e caratteristica per ciascun individuo. La flora batterica residente
viene sorvegliata dalle cellule dendritiche, che regolano la risposta immunitaria garantendo tolleranza
immunologica. Sono presenti numerosi altri fattori che regolano l’omeostasi intestinale, tra cui le defensine e
gli acidi grassi a catena corta. L’epitelio è rivestito inoltre da uno strato di muco, che si è visto essere
formato da due componenti di cui una molto adesa alla parete in modo da ostacolare la penetrazione
batterica.
Ha due caratteristiche principali: resistenza (capacità di resistere senza modificarsi), resilienza (quantità di
stimoli che un sistema può tollerare senza subire alterazioni, superata una certa soglia si svilupperà un nuovo
equilibrio del sistema).
Sulla composizione del microbiota influiscono anche fattori ambientali, tra cui l’allattamento al seno
materno, protettivo perché fonte di Ig per il neonato, o l’assunzione di antibiotici, specie se nei primi 40
giorni di vita, che può determinare una disbiosi difficilmente risolvibile in seguito. La disbiosi è caratteristica
delle patologie infiammatorie croniche e comporta la diminuzione generale della biodiversità del microbiota,
con riduzione di alcune specie a favore dell’aumento di altre. Uno dei microrganismi protettivi che si riduce
notevolmente è Faecalibacterium prausnitzii, ancora non coltivabile e perciò non utilizzabile a scopo
terapeutico.
La risposta immunitaria innata ha azione protettiva nei confronti della mucosa, secernendo sostanze quali IL-
10. L’interazione con una flora batterica alterata o una mutazione genetica che comporti riconoscimento
anomalo di microrganismi intestinali da parte del sistema immunitario causano invece un’alterazione della
risposta immunitaria, con rilascio di mediatori infiammatori quali IL-6 e TNF-α, derivanti soprattutto da
sovraespressione di linfociti TH1, TH2 e TH17. La disbiosi, la carenza di defensine e l’alterazione del muco
che riveste l’epitelio concorrono quindi all’instaurarsi di danno cellulare e di attivazione anomala della
risposta infiammatoria, responsabili della progressione della patologia.
La variabilità microbiotica è indice del benessere del microbiota e nei pazienti affetti da IBD risulta ridotta.
Si rileva anche abbondanza di virus e funghi a discapito dei batteri, i quali sono gli unici in grado di produrre
acidi grassi a catena corta (butirrato, propionato, acetato), responsabili del trofismo e della permeabilità della
mucosa. Quando questi acidi grassi non sono presenti si ha anche un’alterazione della risposta immunitaria
che provocherà infiammazione: lo stato infiammatorio favorisce lo sviluppo di IBD e di cancro colon-rettale.
Nella patologia epatica il microbiota intestinale ha un ruolo importante. Il microbiota intestinale può
traslocare dal lume intestinale fino al fegato, provocando NAFLD o NASH nel paziente sano e favorendo lo
sviluppo di encefalopatia nel paziente cirrotico.
Trapianto fecale. Impiantando feci di donatori sani in topi nei quali era stata indotta una neoplasia si aveva
una risposta migliore al trattamento immunoterapico con Ab anti-PD-1. Si usa anche per pz con infezioni da
Clostridium difficile refrattarie alla terapia antibiotica o ricorrenti. Nella CU: per ora non ci sono evidenze
definitive di beneficio per i pazienti.
Varici gastriche.
Classificazione in base alla sede. GOV1 (comunicazione con EGJ lungo piccola curvatura; GOV2 (lungo
grande curvatura); IGV (non comunicanti con la EGJ).
Rischio di sanguinamento. Tipologia (IGV>GOV2>GOV1); Dimensione (ordine decrescente); Classe di
Child (C>B>A); Segni ossi sulla varice).
Terapia. Preventiva β-bloccanti non selettivi; terapia endoscopica per pz che hanno già sanguinato una volta
o tecniche radiologiche.
Fattori di rischio. Età (rapida acquisizione nell’infanzia nei paesi in via di sviluppo); Nazione (in paesi
poveri); no differenze di genere; bambini di genitori affetti sono più ad alto rischio di infezione.
Modalità di trasmissione. Oro-orale: la nicchia preferita è lo stomaco ma è possibile che HP si alimenti nella
placca dentaria e nella saliva (via più diffusa nei paesi industrializzati). Oro-fecale; Hp di alimenti crudi; Hp
che alcuni animali siano da reservoir; Hp che in alcune acque fredde si trasmetta in caso sia entrato un
soggetto positivo.
Quadri patologici. 1. Pz asintomatici; 2. Quadro infiammatorio: HP porta a diminuzione dei fattori protettivi,
causa iperacidità a livello del duodeno con cambiamenti della mucosa (metaplasia gastrica nel duodeno) e
poi UD); 3. Danno localizzato a livello gastrico e non duodenale. Si verifica metaplasia intestinale nello
stomaco fino a gastrite atrofica (lesione precancerosa, poi carcinoma gastrico).
Diagnosi. Endoscopia: 2 prelievi antro e 2 prelievi corpo.
Gastrite cronica da HP. Si ha prima una gastrite acuta, se il danno persiste gastrite cronica. L’antro gastro è
la zona prediletta da HP come substrato. Nella maggior parte dei casi è una forma asintomatica e i sintomi se
presenti sono aspecifici (epigastralgia, senso di ripienezza e sazietà precoce, tipici di una gastrite).
Terapia farmacologica. Eradicazione si associa a guarigione dalla gastrite e a scomparsa dei sintomi. Se
viene trattato con un singolo antibiotico, è possibile che sviluppi resistenze, quindi si usano due o tre
antibiotici in combinazione per 7 giorni. Viene somministrato anche PPI ad alto dosaggio per circa un mese.
2. Precancerose dell’esofago
- Precancerose dell’adenocarcinoma: Barrett
- Precancerose del carcinoma epidermoide: acalasia esofagea, stenosi da caustici, neoplasia non
invasiva (displasia: alterazioni genotipiche e fenotipiche neoplastiche ma che non superano la
membrana basale dell’epitelio).
3. Precancerose dell’intestino
- Polipo benigno: adenomatosi
47. Addome acuto
Definizione. Sindrome di pertinenza medica e/o chirurgica che costituisce circa il 7% dei motivi di accesso al
pronto soccorso. Sintomatologia algica severa localizzata a livello addominale ad insorgenza improvvisa.
Patologie responsabili dell’addome acuto.
- Addominali. (Patologie intestinali: appendicite, diverticolite, occlusione intestinale, ulcera peptica
perforata, colite ischemica; Patologie delle vie biliari: colecistite, ostruzione delle vie biliari; Patologie del
pancreas: pancreatite; Patologie urinarie; Patologie ginecologiche; Patologie vascolari: rottura aneurisma
addominale.)
- Extra-addominali e sistemiche. Patologie cardiovascolari; Infezioni; Tossine; Patologie endocrine e
metaboliche.
Gestione del pz. Valuta parametri vitali. Esami di lab (emocromo, indici di fx epatica, colestatica e
pancreatica). Indagini strumentali di primo livello (RX addome, se si vede una falce sul diaframma il pz è
perforato e deve andare in sala operatoria; RX torace per cardiomegalia, versamento pleurico, etc…) e anche
ECG. Indagini di secondo livello: TC. La tachipnea di associa a malattie toraciche, insufficienza cardio-
respiratoria, ischemia intestinale, stato settico, chetoacidosi metabolica. Febbre può essere assente in pz
anergici, anziani e immunosoppressi. Ortopnea associata a cardiopatie e ascite.
Esame obiettivo dell’addome acuto.
- Ispezione. Può indicare: 1. Distensione dell’addome (ileo ostruttivo, paralitico o ascite); 2.
Estroflessione della cicatrice addominale nel caso di cirrosi; 3. La presenza lungo una terminazione
nervosa di vescicole che possono essere ricondotte all’infezione da Herpes Zoster, in questo caso
può essere primariamente segnalato come addome acuto; 4. Ecchimosi sui fianchi e in zona
periombelicale (come il segno di Grey Turner e di Cullen) in caso di pancreatite acuta necrotico-
emorragica; 5. Presenza di cicatrici chirurgiche (eventuali aderenze), di ernie e di masse; 6. Presenza
di sub-ittero o ittero franco che può indicare una patologia a carico del fegato, vie biliari o del
pancreas, o un’emolisi massiva.
Se dolore molto forte a un ipocondrio e irradiazione all’inguine, va esclusa patologia dei genitali maschili.
Nelle donne va esclusa patologia ovarica (malattia infiammatoria pelvica, che dà dolore riferito nella stessa
sede di una qualsiasi patologia a carico dell’intestino. Si può chiedere la consulenza di un ginecologo).
- Auscultazione: valutare i quattro quadranti: superiore destro e sinistro, inferiore destro e sinistro.
Questo schema operativo consente di capire se l’assenza di suono o l’iperperistaltismo siano estesi o
meno a tutto l’addome. All’auscultazione si può apprezzare la peristalsi intestinale, che risulta come
un gorgoglio più o meno acceso: si definisce peristalsi vivace, o torpida a seconda dell’entità del
suono percepibile. L’assenza di suono e quindi un silenzio viscerale va ad indentificare una
condizione definita come ileo paralitico. Si apprezzano, invece, degli schiocchi di tonalità metallica
quando c’è un eccesso di peristalsi in concomitanza di addome acuto.
- Palpazione: se trattabile o meno (si può verificare, infatti, una contrattura del retto dell’addome in
segno di difesa). La palpazione deve sempre partire dal punto opposto all’area in cui il paziente
riferisce dolore e deve essere prima superficiale: in questo modo si può apprezzare l’eventuale segno
di irritazione peritoneale che si manifesta con la contrattura della parete addominale. Se si sospetta
una peritonite si procede con la manovra di Blumberg.Con palpazione profonda si valuta: dimensioni
di milza e fegato; Presenza di masse viscerali; Eventuale massa pulsante, che è quasi sempre
un’urgenza, soprattutto se apprezzabile in sede centrale e riconducibile ad un aneurisma dell’aorta
addominale; Manovra di Murphy: è positiva quando c’è l’arresto dell’atto inspiratorio durante la
palpazione profonda in ipocondrio destro, può associarsi a colecistite acuta.
- Percussione. 1) Appoggiare la mano non dominante a piatto sull’addome del paziente e mantenere il
contatto solamente con il dito medio, che sarà quello su cui si andrà a lavorare, così da evitare che il
resto della mano vada a interferire con la distribuzione del suono; 2) Picchiettare con il dito medio o
l’indice della mano dominante senza accentuare troppo il movimento del polso, mantenendolo
invece rigido; 3) Avere le unghie corte! La percussione rischia di non essere risolutiva e ci si fa
male. La percussione può mettere in evidenza un suono timpanico, tipico se nell’addome è presente
aria (meteorismo); può esserci un suono ottuso se, invece, c’è del materiale solido al di sotto della
parete. Nel caso in cui ci sia pneumoperitoneo si verifica la scomparsa dell’aia di ottusità epatica,
mentre nel caso di appendicite sarà riferita dolorabilità al punto di McBurney.
Esplorazione rettale. Utile se: 1. si riscontra un’ampolla vuota con un addome disteso in paziente anziano
che ha già fatto l’RX dai quali è emersa coprostasi, questi potrebbe avere un fecaloma come problema alla
base. Questa formazione di feci dure e incastrate procura sicuramente un dolore acuto che può essere risolto
con dei banali clismi, escludendo così patologie più importanti. 2. Segni di sanguinamento: si riesce a
distinguere immediatamente se è sangue rosso vivo che proviene da sanguinamenti locali (rettorragia, come
nella rottura delle emorroidi), poco drammatici. L’altro caso è che si tratti di melena, e quindi un sangue
digerito che proviene da distretti più a monte. La melena, infatti, è dovuta a problematiche che solitamente
posso essere ricondotte alle varici esofagee o a ulcere gastriche, situazioni più gravi. 3. Valutare il dolore:
l’esplorazione è eseguita con una pomata a base di lidocaina che anestetizza e consente una migliore
distensione della parete. Nel caso in cui comunque il paziente riferisca dolore potremmo essere di fronte a
patologie anali o peri-anali come emorroidi, fistole, ipertonia o ipotonia sfinteriale. 4. Valutare masse
anomale nel canale anale: cancro del retto o della prostrata.