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Gastroenterologia: risposte alle domande aperte

1. NAFLD e NASH
2. Epatite alcolica acuta (stadi)
3. HBV. Acuta e cronica.
4. HCV, acuta e cronica.
5. Danno epatico da farmaci
6. Colangite biliare primitiva (clinica)
7. Colangite sclerosante primitiva
8. Colangiocarcinoma
9. Adenoma epatocellulare
10. HCC (terapie; caratteristiche e classificazione; stadiazione BCLC)
11. Epatocarcioma fibrolamellare
12. Cirrosi
13. Fisiopatologia dell’ascite
14. Sindrome epato-renale (terapia)
15. Trapianto di fegato e indicazioni al trapianto
16. Pancreatite acuta
17. Pancreatite cronica
18. Colelitiasi e coledocolitiasi
19. Adenocarcinoma del pancreas (duttale)
20. Tumori cistici pancreatici
21. MRGE
22. Esofago di Barrett
23. Ernia Iatale (fattori di rischio per l’ernia)
24. Esofagite eosinofila
25. Diarrea
26. Celiachia
27. Disturbi funzionali dell’apparato digerente
28. Stipsi (cause)
29. IBS
30. Diverticolite e complicanze
31. Wilson
32. Emocromatosi
33. Insufficienza epatica acuta
34. Rettocolite ulcerosa e Crohn (complicanze, addome acuto)
35. Microbiota
36. Polipi intestinali
37. FAP
38. Adenocarcinoma intestinale
39. Sanguinamento da varici + (emorragia digestiva)
40. Cause gastroenterologiche di anemia
41. Fisiologia della secrezione gastrica
42. Ulcera peptica (gastica, duodenale, da FANS)
43. H. pylori
44. Gastrite autoimmune (atrofica)
45. Gastrite atrofica autoimmune: esami biochimici per ricerca di autoanticorpi e gastropanel
46. Tumori stomaco oltre il carcinoma
47. Tutte le lesioni precancerose del tratto gastrointestinale
48. Addome acuto

Esame Obiettivo

1. Bloomberg 9. Manovra di Murphy ++


2. Palpazione del fegato (+ cause di epatomegalia; 10. Punti ureterali +
3. Punti appendicolari ++ 11. Diagnosi di PBS
4. Ascite (percussione) 12. Biopsia epatica +
5. Ispezione addome pz cirrotico 13. Pz con addome gonfio e alvo bloccato: cosa fai?
6. Divisione nei 9 quadranti e linee che li separano + 14. Palpazione paziente con addome globoso+
7. Paracentesi, inclinazione dell’ago +++ 15. Paziente con addome acuto: palpazione+
8. Palpazione della milza 16. Pz con colica renale EO
RISPOSTE
1. NAFLD e NASH
Definizione: la NAFLD è una patologia caratterizzata da steatosi epatica, in presenza di un consumo alcolico
inferiore a 30g/die nell’uomo e 20 g/die nella donna. La NAFLD comprende:
1. NAFL con steatosi e lieve infiammazione lobulare;
2. NASH: steatoepatite, con fibrosi. È importante differenziare (gold standard= bipsia) le due patologie
perché hanno differente prognosi.
Storia naturale. La NAFL può avere un andamento sub-clinico anche per molti anni (anche 14 anni). È
l’unica forma in cui si passa da un fegato sano a NAFL senza che il clinico se ne accorga. La NAFL può
comunque evolvere in NASH (non sempre si hanno segni e sintomi che permettono di anticipare e di
prevenire l’evoluzione fibrosa del parenchima epatico).
L’evoluzione in NASH riguarda, invece, fino al 25% dei casi di NAFLD e soltanto con biopsie epatiche
seriate si può definire quante persone affette da NAFLD sviluppano la fibrosi (NASH). Il 20% dei soggetti
presenta un’evoluzione della fibrosi in cirrosi epatica con sostituzione fibrotica del parenchima e, infine, fino
all’8% dei casi manifesta epatocarcinoma cellulare (HCC). Nell’1% dei casi HCC in fegato solo steatosico.
Epidemiologia: Nella popolazione generale la steatosi ha una prevalenza del 25-30%, all’interno di questo
gruppo si ha una prevalenza di NASH del 3-10%. Prevalenza maggior in pz con: diabete, dislipidemici,
obesi, uomini (anche se nelle donne piò associarsi a menopausa. Sudest asiatico prevalenza molto alta (96%).
Fattori di rischio. 1. Ambientali: obesità, diabete II, dislipidemia, età ≥ 45; 2. Genetici: PNPLA3, TM6SF2.
Fisiopatologia: Fattori: 1. Accumulo di grasso viscerale; 2. Sviluppo di insulino-resistenza. Queste due
condizioni portano all’attivazione del sistema pro-infiammatorio e pro-fibrotico mediati dalle adipocitochine
e pro-fibrogeniche. Viene promossa la lipolisi periferica lipasi-dipendente con rilascio in circolo di FFA che
inducono prima un danno asintomatico all’epatocita e poi una degenerazione fibrotica. È stato dimostrato che
i processi pro-infiammatori e pro-fibrotici predispongono alla carcinogenesi non solo a livello epatico.
Diagnosi.
- Esami di laboratorio: Rialzo delle ALT di 2-4 volte (ALT/AST>1) in quasi tutti i casi; Rialzo della
gamma GT (1/3 dei casi); Rialzo della ferritina (più del 50% dei casi) e saturazione della transferrina
(indice di infiammazione, 10%); Positività anticorpi ANA e ASMA (no epatite autoimmune, ma
steatosi in modo aspecifico). Rialzo del colesterolo, dei trigliceridi e dell’insulinemia.
- Conferma diagnostica: ecografia (fegato colore bianco e iperecogeno = steatosi). Score biochimici
(Hepatic Steatosis Index, BARD, NAFLD fibrosis score) per la steatosi e per la fibrosi in cui
combinano fattori bioumorali.
- Infine, mezzi più sofisticati: il fibroscan con sonda specifica CAP e la RMN.
Algoritmo diagnostico. Pz con fattori di rischio (dislipidemico e ipertransaminasemico); Anamnesi negativa
per alcol; Si escludono altre patologie (virus, autoanticorpi…); Ecografia: diagnosi steatosi epatica. L’iter
prosegue con biomarkers + fibroscan. Nel follow-up il pz viene inquadrato in: 1. Basso rischio (follow-up
non invasivo); 2. Alto rischio: biopsia epatica e fibroscan dopo un anno.
[Istologia: NAFL con steatosi macrovescicolare; NASH anche con rigonfiamento epatociti e infiammazione;
questo quadro evolve in progresso di tempo in fibrosi, con setti che formano degli pseudolobuli all’interno
del fegato, e poi cirrosi epatica.]
Biopsia epatica: vantaggi (esclude altre cause, distingue NASH e NAFL, stima la prognosi, vede la
progressione della malattia) e svantaggi (prognosi buona, rischio complicanze e costi, no terapia).
Terapia: Non esiste quella farmacologica, ma prescrive cambiamento dello stile di vita: astensione dall’alcol,
dieta ipocalorica e senza fruttosio (specie bambini) con esercizio fisico aerobio e di resistenza (per calo
ponderale), controllo metabolico di diabete e dislipidemia.
2. Epatite alcolica acuta (stadi)
[Metabolismo dell’alcol. 90-95% a livello epatico, 5-10% a livello renale, polmonare e gastrico. 3 sistemi enzimatici:
1. Alcol deidrogenasi ADH e aldeide deidrogenasi ALDH (enzimi citosolici con attività NAD+ dipendente). Questa via porta
ad aumento degli idrogenioni nel citosol, e ciò causa alterazioni metaboliche poiché favorisce la trasformazione del
piruvato in lattato (la lattato-DH responsabile di questa reazione consuma NADH per riprodurre il NAD+ consumato).
2. MEOS. Sistema inducibile, formato da citocromi CYP450 (CYP2E1), la cui attività aumenta nei consumatori cronici di
alcol. È deputato anche al metabolismo di altri farmaci (paracetamolo, BDZ, droghe), quindi un’eccessiva stimolazione di
questo sistema porta anche ad alterazione del metabolismo di altre sostanze con la stessa via. Inoltre, CYP450 produce
ROS in eccesso (O2--, radicale idrossilico, H2O2) che causano danno cellulare.
3. Catalasi (nei perossisomi). Porta alla riduzione del danno che i ROS causano a livello cellulare: si converte H2O2 in H2O e
O2 e nella stessa reazione possono trasformare l’etanolo in acetaldeide.

Percentuali di attività nel sano: ADH 90%, MEOS 8%, catalasi 2%. Nel pz in abuso cronico: ADH 45%, MEOS 50%, catalasi 5%.
Fattori extra-epatici che influenzano il metabolismo sono:

- Fattore genetico: 1. Varianti ADH con minore attività. Favorito danno epatico sia per un ritardo nella formazione di
acetaldeide (ciò porta il soggetto ad assumere maggiori quantità di alcol), sia deviando verso altre vie come MEOS. Questa
variante è responsabile della maggiore sensibilità all’alcol delle donne (che hanno minore attività di ADH gastrica) e di
asiatici. 2. Le varanti del gene codificante per CYP2E1 possono portare sia a maggiore che a minore capacità di
metabolizzare l’alcol a seconda della mutazione.
- Sesso: a parità di consumo alcolico, concentrazione ematica di etanolo è più elevata nelle donne (più suscettibili al danno
epatico, cardiaco e renale). I motivi: 1. Donna ha minore contenuto di acqua e, quindi, minore V di distribuzione; quindi
concentrazione plasmatica di alcol più elevata. 2. Donna ha minore attività di ADH gastrica. 3. Si ipotizza che gli estrogeni
potrebbero in qualche modo influenzare la sensibilità delle donne all’alcol attraverso un aumento della permeabilità
gastrica, favorendo accumulo nel circolo portale di endotossine e aumentando così i recettori per le endotossine delle
cellule di Kuppfer, con aumento della produzione delle citochine infiammatorie).
- Etnia: maggiore propensione alla cirrosi tra gli afroamericani e maggiore mortalità negli ispanici. Il motivo: fattori
biologici, ambientali (differenti abitudini alcoliche), socio-economici (possibilità di accedere alle cure), fattori genetici.
- Presenza di cibo nello stomaco rallenta assorbimento alcolico sia perché viene assorbito in quote maggiori in caso di rapido
svuotamento gastrico, sia perché il cibo riduce la superficie della mucosa gastrica a contatto con l’alcol. I carboidrati, in
particolare, rendono la curva alcolemica più piatta. Al contrario, l’anidride carbonica rende l’assorbimento più rapido.]

Definizione. L’epatopatia alcolica è una malattia evolutiva e progressiva: si parte da un soggetto con fegato
sano che sviluppa abuso o dipendenza alcolica che progressivamente causa steatosi, steatoepatite, fibrosi e
quindi cirrosi. A livello di ciascuna di queste fasi si può sovraimporre l’epatite acuta alcolica: consumo
alcolico elevato in un periodo di tempo breve (1-3 mesi). EAA può essere lieve, moderata o severa.
Epidemiologia. Molto frequente nelle nostre zone; spesso danno di tipo cronico (perché spesso forme iniziali
asintomatiche), ma esistono anche forme di danno acuto.
EAA. Ittero, astenia e malnutrizione; epatomegalia e sepsi, dovuta all’alterazione del SI da parte dell’alcol
(effetto diretto, inversione del rapporto tra linfociti B e T) o a somministrazione non appropriata di cortisone
(effetto indiretto, è immunosoppressore responsabile dell’aumento delle infezioni). Inoltre, è possibile la
presenza di encefalopatia, febbre, astenia, coagulopatia. L’esordio può anche essere caratterizzato da
complicanze correlate all’ipertensione portale. Una condizione clinica grave è la sovrapposizione di quadro
acuto a uno cronico (ACLF) ed è possibile che si venga a creare una SIRS con un coinvolgimento sistemico
multiorgano. La terapia è caratterizzata dall’astensione e nelle forme severe (DF >32) è necessaria la terapia
steroidea. In caso di non risposta è ipotizzabile il trapianto di fegato precoce. Il 50% dei pazienti con epatite
acuta alcolica di grado severo, (DF) ≥32, va incontro a decesso entro due mesi. Al contrario, la
sopravvivenza spontanea a 28 giorni in pazienti con DF <32 è vicina al 90%.
Steatosi epatica. Presente in oltre il 90% dei soggetti a rischio per consumo alcolico o come conseguenza di “binge drinking”
(consumo smodato di alcol nell’arco di poco tempo, fino a 5-6 unità di alcol in 2-3 ore). Meccanismo di danno: l’alcol e i suoi
metaboliti causano un’alterazione del metabolismo lipidico intracellulare dell’epatocita, con aumentata attività lipogenica e
inibizione dei geni della β-ossidazione.

Quadro clinico. È sostanzialmente benigno ed i pazienti sono solitamente asintomatici. Possibile epatomegalia, sub-ittero delle sclere
o delle mucose della bocca, iper-transaminasemia incostante (transaminasi elevate); molto raramente si può riscontrare un aumento
delle γ-globuline, una diminuzione del tempo di protrombina o la presenza di ascite con o senza di ipertensione portale.
Quadro ecografico. Parenchima epatico più chiaro rispetto alla corticale renale; si parla di “fegato brillante”.

Eziopatogenesi. Meccanismi: Metabolismo energetico cellulare; Stress ossidativo; Meccanismi immuno-mediati (soprattuto per
epatite acuta). Fattori predisponenti: genetici, sessuali e etnici. Importante accurata anamnesi, per escludere compresenza di altri
fattori epatotossici (virali), condizione nutrizionale del pz (in pz obesi probabilità più alta sia patologie alcol correlate, che non).

Istologia. Importante accumulo lipidico a livello sia centrozonale che mediozonale del parenchima epatico; Aspetto del materiale
lipidico di tipo macrovescicolare, talvolta anche microvescicole di lipidi; Nucleo spostato in periferia. Evoluzione istologica del
danno epatico da alcol: inizialmente steatosi, poi nel 20-40% dei casi in fibrosi (steato-fibrosi alcolica) e poi, nell’8-20% dei casi, in
cirrosi. Infine, 3-10% HCC.

3. HBV: epatite acuta e cronica


[Danno epatico da virus: l’infezione virale comporta un danno necro-infiammatorio diffuso del parenchima epatico con un
incremento dell’infiltrato cellulare, zone di necrosi e pleiomorfismo degli epatociti. Il danno necrotico del parenchima è associato a
due meccanismi: 1. Apoptosi degli epatociti mediata dal virus; 2. Lisi degli epatociti (degenerazione balloniforme) mediata dal
sistema immunitario.
A seguito di ciò, parte il processo rigenerativo del parenchima: vengono attivate le stem cells, da cui si ha la sintesi di cellule ovali, le
quali a seconda degli stimoli possono trasformarsi in epatociti e colangiociti. In questo processo hanno anche un ruolo attivo le
cellule stellate che mediano il processo fibrotico.
I meccanismi di rigenerazione epatica comportano: 1. Mitosi e nucleazione epatociti; 2. Reazione infiammatoria che attiva le cellule
del Kupffer; 3. Infiltrazione delle cellule mononucleate.

La rigenerazione può portare alla completa ricostruzione del parenchima epatico con la risoluzione dell’infezione. Tuttavia, si
potrebbe verificare uno squilibrio tra il numero degli epatociti e dei colangiociti; ecco che la presenza del virus può predisporre alla
presenza di neoplasie (epato- e colangiocarcinomi).

Fattori favorenti la cronicizzazione: età <40aa; genotipo virale; coinfezioni; abuso di alcol, farmaci o obesità; sesso maschile.]

Caratteristiche: HBV, virus a DNA circolare biconcatenato, con trasmissione parenterale. Può dare
insufficienza epatica acuta nell’1% dei casi. La cronicizzazione è inversamente proporzionale all’età del pz
infetto: perinatale 90%; adulti <5anni: 5%.
Epidemiologia: virus estremamente diffuso, endemico in Africa, Asia e Nord America con prevalenza <8%.
In Italia, in cui la vaccinazione è obbligatoria, la prevalenza è dell’1% e gli affetti hanno età >50aa. Gruppi a
rischio: immigrati da zone in cui virus è endemico, pz in emodialisi, droghe in endovena, professionisti
sanitari.
Presentazione clinica: 70% pz con epatite acuta subclinica anitterica, 30% epatite acuta itterica. IEA in 1%
dovuta alla lisi massiva immuno-mediata.
Esami sierologici: HBsAg +; HBeAg +; HBV-DNA +, IgM anti-HBcAg+; ipertransaminasemia alta
(5000U); Iperbilirubinemia; Coagulopatia presente o assente.
Andamento sierologico: Il pz sintomatico può essere HBeAg positivo o già negativo, ma positivo per le
HBsAg. Nell’evoluzione della malattia si ha sieroconversione, con la comparsa di anticorpi anti-HBsAg e la
scomparsa di HbsAG (entro i 6 mesi, questo vale solo per la forma acuta che si autolimita).
Storia naturale della malattia: 1. Immunotolleranza (DNA e HBsAG+, HBeAG+, transaminasi basse); 2.
Immunoreazione (DNA e transaminasi alte), HBsAg+ e HBeAg si riduce; 3. Bassa replicazione (DNA e
transaminasi si abbassano); 4. Riattivazione HBV-DNA e transaminasi aumentano nuovamente; 5.
Sieroconversione (solo nella fase acuta, nella cronica continuano ad alternarsi fasi di bassa replicazione e fasi
di riattivazione con fluttuazione di HBV-DNA e transaminasi).
HBV cronica
Nella forma cronica, l’infezione persiste oltre i sei medi con epatite cronica HBsAG+. In questo contesto si
distinguono 3 condizioni:
1. Potatore inattivo, con HBsAg+, transaminasi normali e HBV-DNA negativo.
2. Portatore immunotollerante con HBsAg+, anticorpi anti-core, DNA solitamente negativo o con
cutoff patologico a 2000.
3. Paziente con epatite cronica, fibrosi e evoluzione in cirrosi o HCC. In 10-20 anni, il 20-30% dei
soggetti con infezione cronica HBsAg + sviluppa cirrosi epatica (il pz diventa sintomatico) e viene
fatta diagnosi di epatite, prima misconosciuta. Il 20% di questi pz sviluppa anche HCC; Diagnosi:
HBsAg + da più di 6mesi; HBV-DNA+; Alterazioni delle transaminasi (fluttuazione); Fibroscan e
biopsia che rilevano necrosi, infiammazione e fibrosi.
Epatite HBeAG+: il pz in immunotolleranza può rimanere tale per anni o andare in immunoreazione, che
corrisponde alla fase di epatite cronica HBeAg +, che ha: transaminasi alte, HBVDNA elevati,
necroinfiammazione. Questa può evolvere in cirrosi o HCC.
Epatite cronica HBeAg negativa e anti-HBe positiva:
Terapia:
- Interferone-α: immunomodulatore che induce una risposta virologica sostenuta, ma con effetti avversi non
indifferenti, alcuni dei quali richiedevano la sospensione della terapia.
- Analoghi nucleotidici e nucleosidici: i più utilizzati sono Entecavir e Tenofovir, bloccano la replicazione
virale. Entecavir e Tenofovir bloccano la polimerasi virale nel 90% dei casi e normalizzano le transaminasi
in quasi l’80% dei casi. Correzione in base alla funzione renale, altrimenti in pz con IRC usato Vemlidy.

4. HCV
Caratteristiche: è un virus a RNA a singolo filamento. In Italia prevalenze diverse tra Nord e Sud. La
prevalenza è di circa del 3% nella popolazione, tenendo conto anche del “sommerso”. Si ha cronicizzazione
nel 70% dei casi. L’infezione cronica, a sua volta, potrà avere nel 20% dei casi un'evoluzione in cirrosi e nel
1-4% in HCC. HCV può essere eradicato, poiché il suo genoma non si integra.
Diagnosi. 1. Rilevamento casuale di ipertransaminasemia (ALT). 2. Ricerca di anticorpi anti-HCV (positivi
dopo 2-4 settimane, non utili per diagnosi di epatite acuta); esiste anche test salivare per anticorpi
nell’organismo. 3. Poi, per determinare se epatite cronica, si cerca l’HCV RNA, (replicazione virale attiva).
4. Genotipo del virus. 5. Stadiazione del danno epatico (fibroscan).
Clinica: la maggior parte dei pz è asintomatica. Il dosaggio degli anticorpi anti-HCV è il modo migliore per
fare il primo livello di screening, se questo risulta positivo allora si è autorizzati a richiedere l’HCV-RNA,
che indica la viremia. Livelli normali di transaminasi indicano che la fase acuta si è risolta.
HCV cronica
Possibile avere o non avere sintomi. Persistenza di HCV-RNA, indicativo di replicazione virale e la presenza
di anticorpi anti-HCV. La persistenza di HCV-RNA si associa alla persistenza delle transaminasi (ALT)
indipendentemente dalla presenza degli anticorpi anti-HCV. In fase cronica, l’HCV RNA continua ad essere
replicato in modo costante (meno fluttuante di HBV) e gli anticorpi anti-HCV aumentano.
Fattori favorenti la progressione: 1. Fattori del virus: carica virale alta e genotipo 1b. 2. Fattori dell’ospite:
non modificabili (età>40aa, sesso maschile, etnia afroamericana, menopausa, maggiore tempo di infezione) e
modificabili (alcol, cannabis, obesità, diabete, steatosi, coinfezioni virali).
Manifestazioni extraepatiche: Crioglobulinemia; danno renale da glomerulonefrite membrano-proliferativa;
autoimmunità; linfoma non-hodgkin. Più raramente: alterazioni ematologiche (gammopatia monoclonale e
trombocitopenia idiopatica) e autoimmuni (tiroidite e diabete mellito).
Terapia: DAA, direct-acting antivirals, agiscono su diverse fasi del ciclo replicativo del virus HCV. Hanno
un’altissima efficacia: eradicazione del virus in più del 90% dei pazienti in 3 mesi di terapia. Non hanno
effetti avversi al contrario dell’Interferone, per cui possibile utilizzo nelle forme avanzate della malattia
prima non trattabili con i vecchi farmaci. Pz con cirrosi scompensata, dopo trattamento hanno visto
miglioramento funzionalità epatica e evitato così trapianto. Si è stabilito che nel 2030 l’epatite C scomparirà
grazie all’avvento di queste nuove terapie.
- HAV (acuta), HDV e HEV.
5. Danno epatico da farmaci
Epidemiologia. Causa fino al 3% dei ricoveri in ospedale. Il danno è causato da farmaci prescritti, integratori
o preparati a base di erbe. La maggior parte degli eventi sono acuti, che si auto risolvono nell’arco di 2-3
mesi; raramente hanno evoluzione cronica, se il danno persiste per più di 6 mesi; ancora più raramente
possono presentarsi come IEA (nel 57% causate da paracetamolo ad alte dosi,).
Cause: 37% antibiotici, 30% farmaci non identificati. Seguono immunosoppressivi e FANS.
Fattori di rischio. Il danno epatico da farmaci prevede predisposizioni genetiche o non genetiche. Fattori di
rischio non genetici:
- In base all’ospite: Età (in anziani rischio sovradosaggio, per il metabolismo ridotto sia a livello
epatico che renale); Genere; Gravidanza (a rischio soprattutto il primo trimestre);
Obesità/malnutrizione; Diabete, in cu talvolta si presenta steatosi epatica misconosciuta.
- In base all’ambiente: Alcol; Fumo di sigaretta; Infezioni.
- In base al farmaco: Dosaggio; Profilo metabolico; Sensibilizzazione crociata; Interazioni tra farmaci.
Diagnosi. Complessa, solitamente di esclusione. Si basa sull’anamnesi (tipo di farmaco, tempo intercorso tra
assunzione o sospensione e sintomi).
Quadro clinico. Distinto in base a: 1. Danno epatocellulare (aumentano le ALT, bilirubina inalterata); Danno
colestatico (ittero, aumenta ALP); Quadro misto (aumentano entrambi, bilirubina o la GGT). Una volta che il
danno epatico inizia il paziente può risultare:
- Asintomatico, con aumento di indici bioumorali (AST per esempio), finita la cura col farmaco in
questione il fegato recupera e questo evento non verrà mai registrato.
- Sintomatico, stanchezza, senso di malessere generale, ittero (nella forma colestasica). In questo caso
una volta individuato e sospeso il potenziale agente responsabile del danno il fegato può rigenerarsi
considerando l’incredibile capacità di rigenerazione (in 1 giorno rigenera miliardi di epatociti) o può
rimanere danneggiato.

- Epatite autoimmune AIH

6. Colangite biliare primitiva


Definizione. È una malattia infiammatoria cronica del fegato il cui danno si esplica a livello dei dotti biliari
di piccolo e medio calibro. Dopo l’attacco al livello dei dotti, la bile ristagna a livello epatico causando una
colestasi che stimola la deposizione di fibre di collagene, e successivamente la formazione di setti fibrosi
continui e definiti all’interno del fegato che formeranno degli pseudonoduli.
Epidemiologia. Colpisce prevalentemente le donne (rapporto 9:1) tra i 40 e i 60 anni d’età. Prevalenza bassa,
varia molto, più alta nei paesi Nord-Europei.
Eziopatogenesi. Ignota. Si pensa ci sia un coinvolgimento di fattori genetici, ma sicuramente è presente
un’alterazione del sistema immunitario (su cui può intervenire anche fattori ambientali e agenti infettivi), che
attivano risposta immunitaria contro i colangiociti, mediata da linfociti T CD4, CD8, B e macrofagi.
Quadro clinico. Astenia marcata, sonnolenza, prurito generalizzato (indicativo per trapianto) e ittero. In fase
avanzata anche osteoporosi, xantomi e malassorbimento (carenze vitaminiche) e anche ipertensione portale
(per cirrosi).
Malattie associate. Altre patologie autoimmuni: tiroidee, reumatologiche, celiachia o malattie infiammatorie
intestinali croniche (MICI).
Diagnosi.
- Esami di laboratorio: aumento indici di colestasi (ALP, GGT, bilirubina, colesterolo e IgM (in AIH sono
IgG); AMA positivi (patognomonico. In AIH sono ANA), e in caso negativi ricerca sp100 e gp210.
- Esami strumentali: non specifiche. La colangiorisonanza non vede i dotti piccoli.
- Biopsia. Il danno istologico è classificato in 4 stadi: 1. La reazione duttulare: infiammazione granulomatosa
portale con distruzione dei dotti biliari; 2. Infiammazione periportale; 3. Necrosi a ponte tra gli spazi portali;
4. Setti fibrosi fino alla cirrosi (noduli di rigenerazione).
Storia naturale. Varie fasi: 1. Fase silente: pz asintomatico, indici funzionalità epatica normali,
infiammazione alcuni spazi portali. 2. Fase asintomatica: pz asintomatico, con aumenti di ALP e GGT. 3.
Fase sintomatica: astenia, osteopenia, dislipidemia. 4. Fase cirrotica: ci sono le complicanze della cirrosi
(sanguinamento digestivo da varici e noduli epatici). 5. Fase terminale: unica opzione è trapianto.
Terapia. Somministrazione acidi biliari che vengono persi. 1. Ac. Ursodesossicolico, riduce colestasi, citolisi
e infiammazione e può bloccare il danno cronico. 2. Ac. Obeticolico. 3. Cortisone e aziatioprina:
nell’overlap. 4. Trapianto di fegato.
Terapia del prurito: colestiramina, sequestra acidi biliari in circolo, in alcuni ipz causa diarrea. Rifampicina,
meccanismo poco chiaro. Antagonisti oppioidi. Antidepressivi.

7. Colangite sclerosante primitiva


Definizione. Malattia infiammatoria cronica che porta ad obliterazione dei dotti biliari intra ed extraepatici.
Ciò determina accumulo di bile nel fegato, che esseno tossica causa danno.
Esistono vari sottotipi di questa patologia: 1. Forma classica: che riguarda sia i grandi che i piccoli dotti. 2.
Forma a piccoli dotti (per diagnosi serve la biopsia) 3. Overlap, CSP con EAI.
Epidemiologia. Rara. Colpisce più gli uomini (30-50aa, rapporto 2:1=M:F).
Eziopatogenesi. Sconosciuta. Sicuramente c’è reazione autoimmunitaria, cellulo-mediata e umorale,
responsabile del danno a livello dei dotti biliari. Inoltre, frequente associazione con specifici aplotipi HLA e
possibile positività per pANCA, ANA o ASMA (non utile per diagnosi).
Quadro clinico. Astenia cronica, spesso prurito, triade di Charcot (ittero, febbre e dolore addominale).
Frequenti le colangiti ricorrenti, infezioni per ristagno bile. Spesso si associa a malattia intestinale.
Malattie associate. 50-70% di associazione ad una IBD (in particolare alla colite ulcerosa e al Crohn). Non
noto il fattore genetico, ambientale, esogeno, virale che predispone il paziente CSP a sviluppare IBD.
Rischio aumentato di sviluppare colangiocarcinoma e, se in associazione CSP e IBD, anche di
adenocarcinoma dell’intestino. Difficile diagnosi perché esiste la sindrome da overlap.
Diagnosi.
Esami bioumorali: aumentano indici di colestasi (ALP e GGT), bilirubina, ipergammaglubinemia, indici di
autoimmunità (a volte anche i pANCA, associati a rettocolite ulcerosa).
Esami strumentali: colangiorisonanza (mostra vie biliari a corona di rosario, patognomoniche). ERCP.
Istologia: aspetto a cipolla, con strati infiammatori e fibrotici concentrici che obliterano il dotto biliare.
Storia naturale. Uguale alla CBP. Fase avanzata con trapianto indicato in chi ha colangiti ricorrenti.
Terapia. No terapia farmacologica efficace. Ac. ursodeossicolico, funziona poco; Se si ha sovrapposizione
con autoimmunità, steroidi a bassi dosaggi; ERCP per dilatare le vie biliari; Trapianto fegato.
8. Colangiocarcinoma
Comunemente associato a CSP.
Classificazione.
- In base alla localizzazione in: 1. Intraepatico, interessa i dotti biliari intraepatici. 2. Peri-ilare: interessa
dotto epatico comune. Va sotto classificato in base all’estensione se interessa solo il dotto epatico comune e
il ramo sinistro, destro o entrambi; 3. Distale: interessa il coledoco dalla papilla di Vater alla biforcazione del
dotto cistico con il biliare principale. Questa classificazione influenza il trattamento.
- In base al tipo di crescita: 1. Tumori che formano una massa (sia intra che extraepatico); 2. Tumori
periduttali (sia intra che extra) che infiltrano anche la parete; 3. Tumori intra-duttali, che crescono nel dotto
senza infiltrare la parete.
Epidemiologia e fattori di rischio. Italia raro (3 casi/100.000), più alto in Tailandia. Fattori di rischio:
infezione da trematodi epatici; CSP; Cisti (es. malattia di Caroli, con cisti intraepatiche delle vie biliari);
Tossine (es. thorotrast a Marghera anni 70); Danno epatico in generale.
Colangiocarcinoma peri-ilare (PH-CCA)
Clinica: sintomi quando malattia già in fase avanzata (ittero, astenia, calo ponderale, colangiti ricorrenti).
Altissima mortalità con prognosi di un anno dalla scoperta senza terapia.
Diagnosi: RMN localizza la massa ma poco utile per definire il grado di invasione vascolare (che valuta la
resecabilità); TC torace e addome: determina estensione extraepatica e invasione vascolare ed esclude
malattie extraepatiche; ERCP fa diagnosi citologica (brushing) o biopsia; PET (serve solo per metastasi,
stadiazione); Marcatore CA19.9 in presenza di ittero è aspecifico.
Stadiazione: estensione della massa nel dotto biliare; coinvolgimento arterioso; invasione della vena porta.
Trattamento. Tumore early-stage: resezione. Se non può essere resecato, candidato o no al trapianto. Se non
candidato, ma buon performance status: stent metallici, radio e chemioterapia. Se nemmeno performace
status, no chemioterapia. La metastasi è controindicazione assoluta al trapianto.
Colangiocarcinoma intraepatico.
È ancora più raro. Fattori di rischio uguale a PH-CCA. Diagnosi TC e risonanza. Si può fare biopsia del
nodulo dall’esterno per fare una diagnosi definitiva: istologicamente origina dal dotto biliare intraepatico. La
resezione è la principale indicazione terapeutica, il trapianto è fatto solo in caso di tumori piccoli.
Identificate 2 sub-classi molecolari: proliferativa (62%) e infiammatoria (38%). I tumori poco differenziati
appartengono alla prima classe, con un outcome clinico peggiore ed una probabilità di ricorrenza maggiore; i
più differenziati alla classe infiammatoria, con outcome clinico migliore ed probabilità di ricorrenza minore.

9. Adenoma epatocellulare
Raro tumore benigno che può progredire e diventare aggressivo. Si effettua un attento follow-up e spesso si
svolge una biopsia in quanto anche le caratteristiche istologico-molecolari del tumore possono dare
informazioni sulla prognosi e sulla possibilità di svolgere una resezione.
Colpisce prevalentemente giovani donne o di mezza età ed è associato all’assunzione di estrogeni, che vanno
quindi sospesi. Importante riconoscerlo per il rischio di rottura, che si può verificare nei tumori molto grandi.
Anche per questo tipo di tumore è stata svolta una classificazione molecolare grazie alla quale si sono
individuati i sottotipi più a rischio di progressione a malignità. La resezione in questi pazienti, a differenza
del HCC, non è controindicata in quanto il fegato è sano e non vi è il problema di ipertensione portale.

10. HCC
[I tumori epatici vengono classificati istologicamente in 2 categorie: epiteliali e non epiteliali. I maligni sono:
- Epiteliali: il più frequente in assoluto è HCC, seguito dal colangiocarcinoma, gli altri sono molto più rari;
- Non epitaliali: molto rari. Sono l’emangioendotelioma epitelioide, angiosarcoma, sarcoma embrionale e
rabdomiosarcoma.
I tumori benigni:
- Epiteliali: adenoma epatocellulare, iperplasia nodulare focale, adenoma biliare, cistoadenoma biliare e
papillomatosi biliare;
- Non epiteliali: il più frequente è l’angioma, gli altri più rari (angiomiolipoma, linfangioma/angiomatosi,
emangioendotelioma).]
Definizione. È in assoluto il più frequente tra i tumori epatici ed è classificato tra i tumori maligni epiteliali.
Epidemiologia. In Cina più del 50% è dovuto a infezione da HBV; In Mongolia e in Egitto a infezione da
HCV; In Sudan da esposizione all’aflatossina; Negli USA legata alla NASH.
Fattori di rischio. Cirrosi epatica (stretta correlazione, i pz affetti hanno un rischio 30 volte superiore rispetto
alla popolazione sana; Epatopatia cronica HBV e HCV correlata (il 60% dei casi ha questa eziologia);
Epatopatia cronica alcol-correlata; Sindrome metabolica (soprattutto nei paesi più sviluppati), pz con NASH
o NAFLD, anche senza sviluppo di cirrosi hanno un rischio aumentato di HCC; Altre (es. emocromatosi).
Epatocarcinogenesi. Il fegato sano è esposto a fattori di rischio, che inducono un continuo danno dell’organo
e, di conseguenza, una continua rigenerazione del parenchima. Dopo un lungo periodo (20-30 anni), la
capacità rigenerativa epatica si esaurisce e il fegato diventa cirrotico, con rischio di sviluppare dei noduli,
che inizialmente si presentano displastici e che in seguito vanno incontro ad una trasformazione neoplastica
sfociando, inizialmente, in HCC precoce (early HCC: secondo la classificazione di Barcellona; sono noduli
piccoli e i pz hanno la funzione epatica ancora ben conservata) e, successivamente in HCC avanzato. Spesso i
pz con cirrosi o steatoepatite cronica non-scompensata sono asintomatici e non si accorgono di avere la
patologia: alla diagnosi spesso presentano HCC in stadio avanzato per il quale non ci sono terapie efficaci.
Alterazioni molecolari. Con la continua attivazione del processo di rigenerazione, subentrano modifiche
molecolari e cellule displastiche acquisiscono capacità proliferante, di invasività e diventano neoplastiche. Si
ha, quindi, in parallelo, sia un’evoluzione morfologica che molecolare.
Si ha anche una parallela neovascolarizzazione del nodulo epatico, per necessità di O2 e nutrienti e ciò porta
a neoformazione di vasi e alla ridistribuzione vascolare: aumenta la vascolarizzazione arteriosa a discapito di
quella venosa (versante portale e sistemico).
Le mutazioni molecolari più frequenti associate a HCC sono: TERT: implicata nel 60% degli HCC e in
assoluto la più frequente; P53 (30%).
Monitoraggio e diagnosi. La sorveglianza dei soggetti più a rischio ha lo scopo di diagnosticare il tumore in
uno stadio precoce, dando la possibilità di applicare trattamenti curativi e di aumentare la sopravvivenza del
pz. La popolazione da monitorare comprende: pz con cirrosi, con epatopatia cronica (anche non cirrotici) con
rischio elevato di sviluppare HCC (sesso maschile, età >40aa e HBV positivi, alta replicazione virale,
genotipo C di HBV e pazienti con familiarità per HCC), con NAFLD e cirrosi.
Gli esami per il monitoraggio: Ecografia epatica (ogni 6 mesi), per individuare noduli; Esami di laboratorio:
alfafetoproteina nel sangue (marcatore tumorale non specifico). Pz cirrotici con noduli sono divisi in:
- pz con noduli molto piccoli (<1cm) in cui si ripete l’Eco dopo 3 mesi. Se il nodulo è stabile si ritorna al
monitoraggio, se è aumentato si indaga ulteriormente con una TC o una risonanza;
- pz con noduli più grandi (>1 cm) vengono sottoposto direttamente a TC o risonanza.
TC: in fase arteriosa (wash-in) il nodulo si presenta iperecogeno; in fase venosa (wash-out) ipoecogeno. Se il
nodulo presenta queste due caratteristiche, si può fare diagnosi di HCC senza bisogno di indagare
ulteriormente con una biopsia. Se immagini non chiare: biopsia e se non dirimente, o viene eseguita
nuovamente o si ritorna al monitoraggio.
Stadiazione. La stadiazione dell’HCC è complessa, (non segue il classico modello TMN). Per la prognosi si
vanno a valutare: Funzionalità epatica del pz (conservata o meno); Performance status del paziente (es. il
paziente è in condizioni tali da sopportare un eventuale intervento chirurgico?); Caratteristiche morfologiche
del tumore, quindi dimensioni e il numero dei noduli.
La classificazione Barcellona suddivide i pz in 5 gruppi, ciascuno con prognosi e trattamenti specifci:
- Very early stage (0): pz con neoplasia singola <2 cm, con fx epatica conservata;
- Early stage (A): pz con nodulo singolo ≥ 2 cm o con n° noduli ≤ 3, ciascuno ≤ 3cm; fx epatica conservata;
- Intermediate stage (B): pz con neoplasia multi nodulare, senza invasione vascolare né localizzazione
extraepatica, in buon compenso funzionale;
- Advanced stage (C): pz con sintomi correlati alla neoplasia (Performance Status 1-2), con invasione
vascolare e/o localizzazioni extraepatiche;
- Terminal stage (D): pz in stadio terminale, con fx epatica compromessa e (Performance Status > 2).
Terapia stadio early. I pz ricevono trattamenti curativi che ne modificano significativamente la prognosi:
resezione epatica, ablazione epatica o trapianto d’organo.
1. Resezione epatica: resezione anatomica della sede del nodulo, non solo del nodulo in sé. L’obbiettivo è
quello di essere più radicali possibili nella resezione, asportando anche i vasi portali così come quelli
arteriosi, in modo da evitare il rischio di ricorrenza della neoplasia. Se la resezione non è anatomica, cioè non
segue i limiti dei segmenti epatici il rischio di ricorrenza in quella sede è molto alto.
2. Ablazione: risulta curativa solo per tumori < 3 cm. Metodo più utilizzato: la radiofrequenza percutanea
eco-guidata (RFA) induce la necrosi delle cellule neoplastiche aumentando la temperatura intra-tumorale.
Complessivamente l’ablazione dà meno complicanze rispetto alla resezione, ma risulta curativa solo per
noduli più piccoli.
3. Trapianto: sopravvivenza a lungo termine più alta, con rischio di recidiva minore rispetto alle altre terapie.
La disponibilità degli organi è limitata, pertanto si usano i “Criteri di Milano”, che selezionavano i pz
basandosi sulla morfologia del tumore (nodulo singolo ≤ 5 cm o più noduli ≤ 3cm), garantendo un tasso di
sopravvivenza a 5 anni dal trapianto > 75%. Negli anni si è cercato di ampliare questi criteri, poiché è stato
osservato che molti pz che all’espianto non rientravano nella casistica di Milano avevano comunque tassi di
sopravvivenza molto alti e assenza di recidiva post-trapianto. Un altro motivo che spinge verso la selezione
dei pazienti da trapiantare è l’individuazione di coloro che hanno un rischio di recidiva tumorale maggiore
(tumori molto aggressivi; noduli multipli prima del trapianto, con maggior rischio di avere cellule tumorali in
sede extraepatica che possono recidivare). La ricorrenza tumorale s’attesta intorno al 30-40% nel lungo
termine, più nello specifico in sede epatica in un 15%- 40% dei casi e in 40-60% ricorrenza a livello
polmonare (ecco che in pz trapiantati, per i primi 5 anni, Tc toraco-addominale con mdc ogni 6 mesi).
Terapia stadi più avanzati.
- Per lo stadio intermedio (B), il trattamento principale è la chemio-embolizzazione, infusione intra-arteriosa
di agenti epatotossici ed embolizzanti (TACE). Esiste anche un’altra tecnica, la SIRT: radioterapia selettiva
all’interno del fegato con infusione a livello arterioso delle microsfere con radioisotopo yttrium-90, utilizzata
solo in casi di tumore molto avanzato con trombosi portale in cui la radioattività può essere più efficace.
- Per quello avanzato (C), con trombosi portale neoplastica e/o metastasi (spesso ossea), si offre una terapia
sistemica. Farmaci di prima linea: Sorafenib ed Imatinib (inibitore delle TK, da poco utilizzato). A questi
farmaci vengono poi aggiunti quelli di immunoterapia.
- Per lo stadio terminale (D), non è trattabile, solo terapia di supporto.

11. Epatocarcinoma fibrolamellare


Tumore epatico primitivo (colpisce il parenchima), singolo, non capsulato, solitamente intraepatico. È raro:
incidenza tra l’1-9%. Colpisce principalmente bambini o giovani adulti senza epatopatia sottostante. Presenta
un buon livello di differenziazione, citoplasma delle cellule maligne è granulare per numerosi mitocondri, si
osservano sottili lamelle diffuse in tutta la massa. La diagnosi è bioptica; TC e RMN sono spesso dubbie.
Spesso è tardiva in quanto è spesso asintomatico, eventuali sintomi sono da compressione. Sopravvivenza
buona dopo la resezione, se neoplasia diagnosticata per tempo.

12. Cirrosi
Definizione. Malattia a lenta progressione caratterizzata da alterazione della normale architettura del fegato,
in cui le fibre collagene portano alla retrazione del parenchima per cui si formano delle bozzature o noduli
che lo rendono rigido o irregolare e ne impediscono il corretto funzionamento. A seconda della dimensione
dei noduli si distinguono una cirrosi macronodulare e micronodulare. Il danno epatico cronico può portare
nell’arco di trent’anni alla cirrosi e alle sue complicanze. La cirrosi su base alcolica è un esempio di cirrosi
micronodulare, invece quella post-virale di cirrosi macronodulare; esistono anche forme miste.
Epidemiologia. Molto diffusa. Mortalità in Italia è 19,5/100.000. Prevalenza maggiore nell’uomo.
Storia naturale. Dal momento in cui si forma la cirrosi, la storia naturale del pz varia a seconda delle
complicanze (encefalopatia, emorragia digestiva, PBS, sindrome epatorenale, HCC).
Meccanismi della fibrosi epatica. Sono la necrosi epatocitaria, la fibrogenesi e le alterazioni del microcircolo
epatico (che riducono la massa epatica funzionante, poiché l’epatocita per funzionare deve mantenere la
zonazione e i rapporti con il sistema vascolare e biliare; tali alterazioni determinano ipertensione portale). Lo
stimolo allo sviluppo fibrotico parte nel sinusoide epatico. [Il sinusoide è compreso tra gli epatociti e
circondato dallo spazio di Disse; inoltre reagisce agli stimoli delle cellule di Kupffer e dalle cellule stellate di
Ito.]
La lunga persistenza di un qualsiasi agente epatolesivo induce proliferazione di cellule di Kupffer e piastrine
che, a loro volta, liberano citochine (TNFα, IL-6, IL-2) e fattori di crescita (PDGF-β, TGF- β). Questi
determinano l’attivazione delle cellule di Ito che acquisiscono un fenotipo contrattile, capaci di sintetizzare
actina, collagene di tipo I e di tipo III, fibronectina e proteoglicani. Inizia così un lungo processo di accumulo
di tessuto connettivo favorito non solo da un incremento di produzione, ma anche da una diminuzione della
sua degradazione normalmente operata dalle metalloproteinasi (MMP). L’accumulo di collagene inizia a
livello delle zone subendoteliali (spazi di Disse), determinando la cosiddetta “capillarizzazione dei
sinusoidi”, che perdono la loro elasticità e le loro fenestrature. Successivamente la fibrosi sostituisce le zone
di necrosi formando dei veri e propri setti connettivali. Questo fenomeno, però, non avviene sempre allo
stesso modo:
1. Setti porto-portali (da forme colestatiche, CBP e CSP) che collegano gli spazi portali senza intaccare la
vena centro-lobulare.
2. Setti a ponte porto-centrale (da forme virali) tra la vena centrolobulare e il sistema portale. Si sviluppa
epatite da interfaccia con infiammazione che coinvolge la zona intorno alla vena centro-lobulare e allo spazio
portale. Si hanno anche alterazioni di tipo vascolare, perché è interessato il sistema centro-lobulare.
3. Fibrosi centro-lobulare, che colpisce le vene centro-lobulari. (Stimolo: malattie da ostacolato deflusso
venoso, es. scompenso cardiaco destro). Si formano setti centro-centrali e si inverte l’assetto anatomico del
lobulo normale. Gli spazi porto-biliari vengono risparmiati.
Eziologia. Alcol, virale, NAFLD, Iatrogena (metotrexato, lesioni chirurgiche vie biliari), Epatiti
immunomediate (AIE, CBP, CSP), malattie metaboliche (emocromatosi, Wilson), Cause vascolari
(scompenso cardiaco destro, sindrome di Budd-Chiari con ostruzione vene sopraepatiche), neoplasie. Anche
malattie epatiche meno comuni, tra cui: fibrosi epatica congenita; Iperossaluria di tipo I;Ipercolesterolemia di
tipo II; Emofilia. Cirrosi criptogenetica (agente causale sconosciuto).
Classificazione clinica. Le cirrosi possono essere classificate sulla base della loro severità. La classificazione
di Child-Pugh prevede di assegnare ai 5 parametri (bilirubina, albumina, INR, ascite, encefalopatia epatica)
un punteggio da 1 a 3 in base alla gravità. La somma di tutti i punteggi definisce tre classi:
- Classe A: punteggio da 5 a 6 (sopravvivenza a 1 anno 100%, a 2 anni 85%);
- Classe B: punteggio da 7 a 9 (sopravvivenza a 1 anno 81%, a 2 anni 57%);
- Classe C: punteggio da 10 a 15 (sopravvivenza a 1 anno 45%, a 2 anni 35%);
È stato proposto un nuovo punteggio denominato Model for End-Stage liver disease (MELD), basato su un
calcolo che include i valori della bilirubinemia, creatininemia, e INR. Se MELD>45, trapianto.
Diagnosi. Elementi suggestivi di cirrosi: splenomegalia, circoli collaterali superficiali, emorroidi, spider
nevi, edema. Si può fare anche ecografia addome (entità dell’ascite splenomegalia o HCC), ecodoppler vasi
addominali (per capire se la vena porta ha flusso regolare centripeto verso il fegato) e gastroscopia (varici e
gastropatia congestizia, con mucosa gastrica ad aspetto ciottolato). In caso di inversione flusso vena porta, si
fa angio-TAC, che indica il livello dove si trova il blocco.
Complicanze. Ipertensione portale, che può causare ipertensione polmonare, emorragia da varici esofagee e
ascite; Insufficienza epatica, che causa ittero e encefalopatia; HCC; Malnutrizione; Trombosi vena porta;
Alterazioni metabolismo osseo. Lo snodo fisiopatologico è la vasodilatazione splancnica: la vasodilatazione
arteriolare comporta underfilling arteriolare, ipoperfusione degli organi e attivazione di fattori vasocostrtittivi
e antinatriuretici che comportano ascite e sindrome epato-renale.
L’ascite determina a sua volta il rischio di PBS per infezione del liquido ascitico, o la comparsa di
Insufficienza renale acuta (o sindrome epato-renale).
Approfondire: ipertensione portale, PBS, encefalopatia, malnutrizione e sarcopenia.

- Classificazione di Child-Pugh
Negli anni 50, è stata sviluppata la classificazione di Child-Pugh, che in base a diversi criteri (bilirubina,
albumina, INR, ascite ed encefalopatia) permette di classificare la cirrosi come compensata o scompensata.
Per ogni criterio preso in considerazione, in base ai valori del paziente, viene assegnato un punteggio da 1 a
3, sommando questi punti si ottiene un punteggio finale che permette di suddividere i pazienti in tre classi.
Un punto critico di questa classificazione è quello di usare calcoli fatti sulla popolazione generale ma
nonostante ciò e nonostante sia datato viene ancora utilizzato in quanto indicativo per il confronto.

13. Fisiopatologia dell’ascite


Definizione. È l’accumulo di liquido extracellulare libero all’interno della cavità addominale. Nel 90% dei
casi causata da cirrosi, ma in 10-20% a neoplasia addominale, scompenso cardiaco congestizio, o altre cause.
Classificazione. Complicata o non complicata.
- Non Complicata: bisogna sapere il volume di liquido per la classificazione Child-Pugh e per capire
quanto diuretico dare. È classificata in lieve (grado I), moderata (grado II), marcata (grado III).
- Complicata: ascite refrattaria (no risp ai diuretici), ascite infetta (PBS), ascite con coinvolgimento
renale (IRA con o senza sindrome epato-renale).
Terapia. Terapia medica: diuretici (antagonisti dell’aldosterone; in seconda linea Furosemide). Può essere
adiuvata dalla paracentesi (esplorativa o evacuativa). Ascite è intrattabile se non risponde a nessuna terapia.
- Esplorativa (in caso di ascite ndd) permette: conta dei leucociti, proteine totali, esame colturale,
concentrazione dell’albumina e SAAG (se è <1,1 g/dL indica ascite da ipertensione portale), amilasi
(sospetto pancreatite), bilirubina, glucosio, LHD, pH, ricerca di batteri per PBS.
- Evacuativa: libera il pz dall’ingombro fisico del liquido. Si possono rimuovere fino a 20L in varie sedute.
Non somministrare troppo liquido per evitare scompenso emodinamico; somministrare anche albumina per
bilanciare potere oncotico del sangue.
Complicanze. PBS, aumenta rischio emorragie varici, ernie della parete intestinale, esofagite da reflusso,
idrotorace (se risale nel cavo pleurico), dispnea, sindrome epato-renale, sindrome epato-polmonare.

14. Sindrome epato-renale (terapia)


Le complicanze della cirrosi possono portare alla sindrome epato-renale. Si sviluppa insufficienza renale che
peggiora le condizioni del paziente e aumenta il rischio di morte (90%).
Quando un pz arriva con PBS e SI alterato dalla cirrosi rischia sepsi e shock distributivo: ecco che il rischio
per il parenchima renale è elevato. A seguito della paracentesi bisogna infondere plasma expanders o
albumina, per evitare una riduzione del flusso a livello renale. In tutte le condizioni di insufficienza renale
indotta da cirrosi, il rene è anatomicamente sano.
Diagnosi. Il marcatore per diagnosticare l’IRA nel pz cirrotico è la creatininemia (cutoff di 1,5 mg/dL). In
questo caso la creatininemia aumenta in poco tempo e in base a questo si distinugono tre stadi. 1. Incremento
<2volte valore basale; 2. Incremento >2 volte, ma <3; 3. Incremento >3 o >4mg/dL.
Se dopo 2 gg di terapia non c’è miglioramento, la sindrome ha coinvolto completamente il rene e (se no
farmaci nefrotossici, no sepsi e no risposta ai diuretici) si parla di insufficienza renale acuta dovuta a
sindrome epatorenale.
Terapia. Somministrazione contemporanea di Cefotaxime e Albumina. Vecchia dicitura: SER di tipo 1:
vasopressori e albumina. SER 2 (ipertensione portale causa ridotto ritorno venoso, vasocostrizione arteriole
prerenali e ridotta gittata cardiaca: paracentesi, albumina e TIPS.
TIPS: comunicazione tra vena porta e vena sovraepatica afferente al circolo sistemico. Eseguito in maniera
elettiva, con pz stabile e non compromesso da emorragia, per trattare l’ipertensione portale. Può essere di due
tipi: 1. Early, entro 72h dal sanguinamento da rottura varici esofagee da endoscopia. 2. Rescue, se
posizionato in maniera elettiva dopo due endoscopie fallite.

- Insufficienza epatica acuta su cronica (ACFL)

15.Trapianto di fegato e indicazioni al trapianto di fegato


È un’opzione terapeutica definitiva. In Italia si fanno in media 1200/1300 trapianti.
Criteri per terapia urgente pre-trapianto. Scompenso acuto in pz che aveva cirrosi compensata; Ittero;
Coagulopatia (INR>1,5); Ascite e encefalopatia; Scompenso causato da infezione, sanguinamento o danno
renale acuto.
Cause. Malattie epatiche croniche (HBV, HCV, epatite alcolica). Epatite fulminante. Epatiti a accumulo,
forme genetiche, malattie con indicazione non univoca. HCC è considerato a parte per le varie eziologie.
Indicazioni: Ascite intrattabile. Emorragie da varici esofagee incontrollabile. PBS ricorrente. Perdita di
massa magra. Encefalopatia. Prurito intrattabile. Colangiti ricorrenti. Noduli di HCC.
Fino al 2002 si usavano i criteri di Child-Pugh (pz sì trapianto solo se in condizione di sopravvivenza <90%
ad un anno dalla valutazione). Dal 2002 si usa MELD (bilirubina, tempo di protrombina INR e creatinina):
vantaggio semplice da calcolare, svantaggio non tiene conto di altre condizioni come HCC o sarcopenia.
Controindicazioni assolute: Sepsi; colangite; Instabilità emodinamica; Danno cerebrale irreversbile;
Metastasi o neoplasia extraepatica; dipendenza attiva da sostanze o problemi psichiatrici. HIV dipende dal
centro. Età dipende dal clinico, solitamente no trapianto per >70aa.
Controindicazioni relative: Trombosi vena porta; Iponatremia; PBS; Ridotta massa muscolare.
Complicanze posttrapianto: rigetto acuto, infezioni, insufficienza renale, dismetabolismo, neoplasie de novo.
Spesso sono dovute a terapia immunosoppressiva: neoplasie, IR x farmaci nefrotossici, ipertensione arteriosa
per ciclosporina, tacrolimus e steroidi.

16. Pancreatite acuta


Definizione. Condizione infiammatoria del pancreas caratterizzata da dolore addominale ed elevati livelli di
enzimi pancreatici nel sangue. Se il processo infiammatorio diventa severo coinvolge organi a distanza.
Grazie all’utilizzo dell’imaging la pancreatite acuta può essere può essere distinta in: pancreatite acuta
edematosa-interstiziale; pancreatite acuta necrotizzante (con compromissione d’organo più alta) e causa
necrosi parenchimale, periparenchimale o entrambe.
Epidemiologia. Media europea (studio tedesco) di 17,5/100.000, tassi molto alti in USA e Finlandia.
Storia naturale. L’infiammazione determina edema pancreatico, che comporta danno ischemico ai vasi e
successivamente necrosi con autodigestione. Si attraversano due stadi: 1. Pancreatite interstiziale edematosa
acuta (senza necrosi); 2. Pancreatite acuta necrotizzante.
Fasi cliniche: (andamento subdolo)
1. Fase precoce, 8-10gg, SIRS con rischio di MOF; l’evoluzione è dovuta alle citochine pro-infiammatorie
(TNF-alfa, PAF, altre interleuchine) e si ha coinvolgimento polmonare, con distress respiratorio.
2. Fase intermedia, con risposta antinfiammatoria (definita risposta mista), farebbe pensare a guarigione.
3. Fase tardiva, oltre i 10 gg, detta compensatoria. Il quadro varia a seconda degli organi interessati. Si attiva
il CARS (che porta poi alla risoluzione) e tipicamente si ha il secondo picco di severità della malattia.
Si distinguono due quadri:
- Pancreatite lieve (80% casi), autolimitante, con edema che si auto risolve.
- Pancreatite moderatamente severa (se si risolve in 48h) o severa: si ha una necrosi con liquefazione del
tessuto pancreatico che crea delle “colate”, dei versamenti intorno al pancreas visibili nelle diverse logge del
cavo addominale e si associa ad un tasso di mortalità del 20-30%.
La mortalità ha due picchi: 1. Entro due settimane a causa della MOF; 2. Dopo la seconda settimana per
sepsi associato a MOF.
Eziopatogenesi. Le cause portano a danno alle cellule acinari e duttali del pancreas; si ha fusione dei
compartimenti lisosomiali e dei granuli di zimogeno con attivazione del tripsinogeno a tripsina e
autodigestione del parenchima pancreatico. Si innesca una cascata infiammatoria con produzione i ROS,
enzimi proteolitici, macrofagi che rilasciano citochine con amplificazione dell’effetto.
Le cause in ordine di importanza:
1. Calcoli biliari (40% dei casi): coledocolitiasi, si può verificare anche in pz che hanno subito
colecistectomia da 10-20aa perché la bile rimane troppo densa.
2. Abuso di alcol (30%): causa aumento enzimi digestivi con autodigestione. Episodi ripetuti sia
clinicamente evidenti che subclinici, con sviluppo di fibrosi (pancreatite cronica).
3. Forme idiopatiche (10-30%): ipotesi di microlitiasi invisibili al microscopio.
4. Ipertrigliceridemia, da abuso alcol o dieta (valore soglia 150 mg/dL).
5. Mutazioni genetiche: rare. Gene PRSS1 (tripsinogeno); CFTR; SPINK1 (<inattivazione tripsina).
6. Farmaci. Reazioni non prevedibili, che colpiscono i giovane.
7. Autoimmunità, rara.
8. Cause meno comuni: Traumi, Infezioni (virus del morbillo, CMV, EBV, HV, VZV, rosolia, Salmonella,
M. Tuberculosis, parassiti ascaridi), patologie ostruttive (celiachia, crohn, pancreas divisum), post ERCP (5-
10%), post operatorio e patologie associate (obesità, diabete e fumo di sigaretta).
Correlazione età ed eziologia: >60aa colelitiasi o coledocolitiasi; 30-40aa alcolismo; 40-45aa: farmaci; 55-
60aa: post ERCP.
Quadro clinico. Dolore addominale epigastrico insopportabile con possibile irradiazione al dorso,
Tachicardia, Ipertensione che evolve ad ipotensione, Temperatura normale e dopo 1-3gg ipertermia, Respiro
superficiale, Dispnea per versamenti pleurici, scompenso cardiaco e tachipnea, Sintomi neurologici con
disorientamento e allucinazioni, Ittero per coledocolitiasi, Anuria.
EO. Difesa addominale, distensione addominale, peristalsi torpida o assente, ecchimosi (segno di
GreyTurner sui fianchi, o di Cullen periombelicale. Patognomoniche di forme severe).
Diagnosi. Criteri di Atalanta, 2 su 3 tra dolore addominale, rialzo amilasi e lipasi di 3 volte la norma,
imaging (TC). Dolore addominale dall’epigastrio con irradiazione agli ipocondri, al dorso (50%), nausea e
vomito (90%). Se si formano essudati dolore scende anche a quadranti inferiori.
Esami di lab. Dosaggio amilasi (aumento rapido in 12h poi decresce) e lipasi (più specifica). Lipasi si alza
anche in IR o perforazione o ostruzione intestinali; Amilasi in neoplasie ghiandole salivari, tumore ovaio, IR.
Poi si fa conta globuli bianchi aumentato; glicemia per diabete secondario; MCV; Trigliceridi, rialzo alto può
indicare forma severa. Possono diminuire ematocrito, calcemia, sodiemia e Hg.
Diagnostica. 1. RX addome (distensione ileale forme severe) e torace (per versamento pleurico).
2. Eco addome. Normalmente coperto da gas intestinale, se versamento pancreatico si vede iperecogeno.
3. TC addome, entro 48-72h da esordio sintomi.
4. RM addome, ha tempistiche lunghe
Fattori prognostici negativi. Età, BMI alto, Insufficienza renale, Versamenti pleurici, Tachicardia, Ipotermia
o ipertermia, Bassa o alta conta leucocitaria, Polipnea. Score di severità:
1. Ranson’s score. 11 segni con significato prognostico (glicemia, transaminasi, globuli bianchi, età… che
calcolano il fattore di sopravvivenza del pz). Va eseguito al momento del ricovero e dopo 48h.
2. Glasgow coma score.
3. Apache score.
Terapia. Ricerca la causa. Intanto, se pz con sepsi si fa terapia antibiotica; PPI per evitare stimoli di amilasi e
lipasi al pancreas; Infusione liquidi EV; terapia del dolore; Digiuno con nutrizione enterale (con SNG);
Terapia intensiva se il pz diventa settico.
Terapia endoscopica ERCP per rimuovere il calcolo; controindicata nel pz che non tollera la sedazione.
Complicanze. L’evoluzione della forma severa può dare: insufficienza respiratoria, renale, shock settico,
iperglicemia, ipocaliemia, CID, Liponecrosi, retinopatia, coinvolgimento del SNC. Nel tempo i versamenti si
organizzano in pseudocisti, con il rischio di infettarsi e ascessualizzare (si richiede chirurgia di pulizia
addominale), con rischio di sanguinamento gastrointestinale se si forma vicino ad un vaso.
Altre complicanze locali: rottura di pseudoaneurismi arteria splenica, rottura vena splenica, rottura vena
porta, trombosi vena splenica.
Complicanze non correlate direttamente alla pancreatite. Sindrome di Mallory Weiss, Gastropatia, infarto
ematoma e rottura milza, ostruzione del piccolo intestino, fistole del piccolo intestino, idronefrosi per
alterazione degli ureteri.

17. Pancreatite cronica


Definizione. Malattia irreversibile, in cui infiammazione e fibrosi portano a progressiva riduzione della
componente acinare ed endocrina del pancreas, con deterioramento delle funzioni d’organo. Non sempre è
preceduta da una forma acuta, ma dal pdv fisiopatologico si sarebbe notata una progressiva riduzione id
lipasi e amilasi (da episodi di pancreatite acuta subclinica).
Epidemiologia. Incidenza di 4-12 casi/100.000, prevalenza del 40%, > nei M.
Eziologia. Sovrapponibili a quelle della pancreatite acuta.
1. Alcol, causa predominante (45-70%); Fumo e alcol: F. di rischio esogeni con effetto additivo se abbinati.
2. Genetica, più rilevante rispetto alla acuta;
3. Autoimmune: si ha associazione con IBD, aumento delle IgG4 sieriche che si associano a forma
colestatiche. Esistono due forme di pancreatite autoimmune: tipo 1 LPSP, con infiltrato di plasmacellule e
linfociti T, associata a malattia del fegato senza IBD; tipo 2 IDCP, coinvolge il pancreas e si associa a IBD.
Le due forme pox essere trattate con steroidi. Bisogna escludere neoplasia pancreas (stessa manifestazione)
4. Idiopatica; 5. Ostruttiva; 6. Da iperlipidemia.
Clinica.
- Dolore persistente, sordo penetrante, diverso dalla forma acuta, i pz abusano di antidolorifici; può iniziare
come episodico a seguito di un pasto ricco di grassi e poi diventare costante. Dovuto all’aumentata pressione
duttale a causa della fibrotizzazione e calcificazione del parenchima pancreatico, che si irrigidisce; può
essere presente anche una compromissione dei plessi nervosi che si trovano vicini al pancreas.
- Steatorrea, (indica insuff esocrina, ed è patognomonica di malassorbimento, specie di vitamine ADEK).
- Diabete mellito, conseguenza dopo 10-20 anni di malattia. Paradossalmente si può avere ipoglicemia, se
sbilanciata anche la secrezione di glucagone.
Diagnosi. Combinazione: TAC, colangio-RMN e Endoscopia = diagnosi 100% dei casi.
RX: vede evoluzione calcifica del pancreas; TC: vede aspetti tipici della ghiandola con complicazioni come
dilatazione del Wirsung e calcificazione; RMN: utile per diagnosi differenziale tra le cause, non rileva
calcificazione, se somministrata secretina vede fx sfintere-ghiandola pancreatica, diagnosi cisti e loro
contenuto; Ecoendoscopia: individua alterazioni di tipo acuto, cronico e stati neoplastici, permette di fare
prelievi istocitologici; ERCP, raramente usato per morbilità (pancreatite acuta post-ERCP).
Test di laboratorio: elastasi fecale (E!). Misura entità dell’insufficienza esocrina: se <100mg/g di feci
insufficienza pancreatica esocrina severa; se 100-200 mg/g moderata; se >200 normale.
Terapia. Enzimatica sostitutiva, compresse con lipasi porcina, acido resistenti: migliora numero evacuazioni,
il gonfiore, il peso e il BMI. Non migliora il dolore (da compressione del plesso celiaco).
Trattamenti endoscopici: se calcoli nel wirsung con ERCP, se fibrosi con stenosi ERCP con stent, se
pseudocisti drenaggio endoscopico.

18. Colelitiasi e coledocolitiasi


Colelitiasi. I calcoli sono la causa in assoluto più frequente di pancreatite acuta: ciò è dovuto all’anatomia
delle vie biliari che durante il loro decorso attraversano il pancreas. La pancreatite acuta può essere causata
anche da una bile eccessivamente densa.
Coledocolitiasi. Un calcolo di grosse dimensioni ostruisce il dotto coledoco e causa pancreatite nel 100% dei
casi; è necessario intervenire per estrarre il calcolo.

19. Adenocarcinoma del pancreas (duttale)


Epidemiologia. Nella fascia 50-69 anni, rappresenta la quarta causa di morte per maschi e femmine.
Fattori di rischio. Non modificabili: età (>60aa), sesso (M>F); Etnia afroamericana, Gruppo sanguigno
(A,AB,B>0), Genetica (sindromi associate: FAP, Lynch, etc…), Pancreatite cronica, Diabete mellito.
Modificabili: Alcol, fumo, obesità, infezione da H. Pylori, Dieta (carne rossa, basso apporto di frutta).
Localizzazione:
Tumore della testa: sintomi più precoci (forma ostruttiva con aumento di bilirubina, disturbi digestivi, segno
di Courvoisier-Terrier a livello del punto cistico massa non dolente).
Tumore della coda: non dà sintomi.
Sospetto. Calo ponderale; dolore addominale; nausea; vomito; meteorismo; dispepsia; letargia; comparsa
improvvisa di diabete mellito (ultimi due segni sono indicativi di neoplasia). Raramente il tumore viene
diagnosticato prima di raggiungere i 2 cm, cioè quando è ancora aggredibile per via chirurgica o tramite una
terapia oncologica. Il pancreas si rapporta con l’arteria mesenterica superiore, motivo per cui ha luogo
l’invasione vascolare con conseguente metastasi, e con i plessi nervosi, motivo per cui compare dolore,
atroce intrattabile (viene alcolizzato il ganglio celiaco).
Diagnosi. L’ecografia, in una persona magra si vede la massa; TAC e RMN esami di primo livello; Eco-
endoscopia, esame di secondo livello ma permette di raccogliere campioni isto e citologici; PET traccianti
specifici a base di octreotide sfruttano il metabolismo endocrino del pancreas.
Terapia. Chirurgia se tumore <2cm. Altrimenti, si possono proporre procedure endoscopiche o
endoscopiche-radiologiche, che si basano sull’aggredire il tumore tramite radiofrequenza. Nella maggior
parte dei casi la terapia è palliativa.
Tasso di sopravvivenza. Se riscontro accidentale, media/buona; se c’è indicazione a intervento è di 1-2 anni;
se malattia avanzata 6-10 mesi; se metastasi 3-6 mesi dalla diagnosi. In media Italia sopravv a 5 anni: 8%.

20. Tumori cistici pancreatici


Le lesioni cistiche del pancreas costituiscono un gruppo eterogeneo di patologie, alcune di recente definizione, con comportamento
biologico molto vario. E’ sempre più frequente il riscontro occasionale di una o più lesioni cistiche del pancreas in pazienti
asintomatici. 

- Pseudocisti pancreatiche. Lesione benigna, nella maggior parte dei casi con origine infiammatoria (pancreatite) o
traumatica. Rare le pseudocisti “da ritenzione”, per ostruzione parziale del dotto principale pancreatico da parte di un
tumore benigno o maligno. E’ costituita da una raccolta di succo pancreatico delimitata da una parete neoformata costituita
in parte dai visceri circostanti e in parte da tessuto fibroso. Può essere singola o multipla (anche 5-6) e si trova con una
frequenza leggermente maggiore nel corpo-coda. Incidenza: 2-3% post PA, 15-30% post PC.

I tumori cistici del pancreas sono tumori rari dal contenuto liquido che possono raggiungere anche dimensioni importanti; colpiscono
più comunemente il sesso femminile. In genere benigni, con il passare del tempo possono subire una degenerazione maligna. I tumori
cistici del pancreas sono formazioni di cisti plurime a contatto tra loro e possono essere multipli. Si distinguono in: cistoadenomi
sierosi, cistoadenomi mucinosi, neoplasie intraduttali papillari-mucinose (benigni) e cistoadenocarcinomi (maligni).

I tumori cistici del pancreas sono in genere asintomatici. Le formazioni di grandi dimensioni in particolare si caratterizzano per i
seguenti sintomi: Dolore quadranti superiori; Nausea o vomito; Ittero, se la cisti va a comprimere il coledoco; Episodi di pancreatite
acuta.

In alcuni casi può rendersi necessaria l'asportazione del tumore sia per evitarne una degenerazione maligna sia per proteggere il
paziente dai disturbi che il tumore potrebbe generare. In caso di tumori sierosi, piccoli tumori mucinosi dei dotti secondari o qualora i
pazienti siano molto anziani) potrebbe essere sufficiente un monitoraggio della cisti con periodici esami strumentali. Gli interventi
che possono essere indicati sono la duodenocefalopancreasectomia, la pancreasectomia distale, la pancreasectomia totale (quando il
tumore cresce lungo il dotto pancreatico oppure è multifocale) e la pancreasectomia intermedia.

- Tumori neuroendocrini del pancreas (NET)


Insulinoma, Gastrinoma, VIPoma, Glucagonoma, Somatostatinoma, Corticopinoma, PTHrpoma.

21. MRGE
Definizione. Malattia caratterizzata da sintomatologia esofagea o danno della mucosa causato da anomalo
reflusso di contenuto gastrico nello stomaco.
Epidemiologia. Prevalenza 25-30%, > incidenza in paesi occidentali (patologia del benessere).
Sintomi. Disfagia: difficoltà alla deglutizione. Eruttazione. Ruminazione. Odinofagia. Pirosi, bruciore retro-
sternale. Rigurgito. Dolore retro-sternale. Gli ultimi tre permettono di fare diagnosi nel 70% dei casi.
Patogenesi. Patologia multifattoriale. Danno alla mucosa dovuto a:
- Anormale clearence esofagea, incapacità di pulirsi dal contenuto gastrico (deficit di motilità esofagea).
-  meccanismi difensivi, es.  dei bicarbonati (per difetti congeniti o alteraz età-dipendenti).
- Ritardato svuotamento gastrico,  pressione intragastrica e gradiente pressorio gastro-esofageo.
- Ipersensibilità al reflusso.
- Insufficienza della EGJ, formata da SEI e diaframma crurale che lo circonda. Lo SEI può perdere efficacia
per ipotonia, per patologico aumento della frequenza dei rilasciamenti transitori (normalmente fisiologici per
il rilascio di aria) o per ernia iatale.
Fattori di rischio. Ernia iatale; Obesità (per aumento P intragastrica, ridotta accomodazione gastrica; alterata
motilità esofago).
Clinica. MRGE si classifica secondo la classificazione di Montreal in:
- Sindromi esofagee: sintomatiche (sindrome da reflusso e sindrome da reflusso con dolore toracico); con
danno esofageo (esofagite, stenosi da reflusso, esofago di Barrett, adenocarcinoma esofageo).
- Sindromi extra esofagee: con associazione stabilita (tosse, laringite, asma, erosioni dentali da reflusso…
curando la MRGE, si curano); con associazione ipotizzata (faringite, sinusite idiopatica, fibrosi polmonare
idiopatica, otite media ricorrente).
Diagnosi. Primariamente anamnestica (pirosi retrosternale con prob diagnostica del 75%). Test con PPI: se il
pz migliora, è stato trattato ma si ha anche conferma diagnostica. Trattamento per 4-8sett, 1 al dì, mattina.
Gastroscopia (EGDS) solo se pz con sintomi d’allarme neoplastico (familiarità per tumore esofageo,
associazione di alcol e fumo, anemizzazione, inappetenza e calo ponderale). Spesso si trova una NERD, non
erosiva. Se c’è esofagite, si classifica con i criteri di Los Angeles (grado A, lesioni <5mm, B >5mm, C lungo
due o più pliche, D >75% esofago). Anche:
- pHmetria con SNG: elettrodo 5cm da SEI e elettrodo intragastrico. Collegato a registratore x abitudini pz;
- pHmetria capsulare bravo: capsula agganciata alla mucosa esofagea per eliminare il disturbo del sondino;
- pH-impedenzometria, sul sondino, oltre all’elettrodo per il pH, ci sono segmenti metallici che misurano
l’impedenza, ovvero le variazioni fisiche (se liquido,  impedenza; se aria  impedenza).
Terapia. Obiettivi: guarigione dalle lesioni da esofagite, controllo dei sintomi, remissione del danno e
prevenzione delle complicanze (Barrett, stenosi peptiche, adenocarcinoma esofageo).
La terapia non farmacologica: cambiamento abitudini di vita con dieta (no cibi acidi, grasso, cioccolato,
menta, pomodoro cotto e agrumi), esercizio fisico per ridurre obesità, limitazione sostanze voluttuarie.
Terapia farmacologica con PPI, farmaci neutralizzanti l’acidità e f. che agiscono su motilità esofago.
Terapia chirurgica con fundoplicatio (legature fondo dello stomaco a 180° con punti di sutura); complicanze:
disfagia precoce (8-10%) e complicanze nervose a carico del nervo vago (Gas Bloat Syndrome). Destinata a
pz che non rispondono alla terapia con PPI ma pH-impedenzometria positiva, con ernia, con Barrett.

22. Esofago di Barrett


Definizione. Alterazione in cui l’epitelio pluristratificato squamoso dell’esofago distale, diventa colonnare.
Fattori di rischio. Età>40aa, fumo, obesità, sintomi da reflusso (specie di lunga durata), etnia caucasica.
Rischio di sviluppare adenocarcinoma in presenza di Barrett è 0,5% annuo (valore minimo per screening).
Storia naturale. Reflusso  Esofagite  Barrett, metaplasia  displasia  adenocarcinoma.
Diagnosi. L’EGDS è l’indagine gold standard per la diagnosi, permette di individuare le cosiddette lingule
del Barrett o lesioni a fiamma, e la differente colorazione della mucosa, che appare rosa in condizioni
fisiologiche e rosso acceso in presenza di esofago di Barrett. Non si fa screening in tutti i pz con reflusso
(raccomandazione forte), ma in pz che hanno reflusso + fattori di rischio favorenti per lo sviluppo del Barrett
(anche se la raccomandazione è debole). Identificato il Barrett, follow up a 3-5aa (no displasia), 1aa
(displasia basso grado), 3 mesi (displasia ad alto grado, prob che evolva in senso neoplastico è 25%).
Patogenesi. Il reflusso che dura da tempo e che non risponde alla terapia: per questo nei pazienti con sospetto
Barrett diventa necessario eseguire l’endoscopia associato alla biopsia.
Classificazione.
1. Long Barrett: lingue di mucosa rossa al di sotto di 3 cm; 2. Short Barrett: lingue di mucosa rossa al di
sotto di 3 cm, in posizione prossima al cardias; 3. Più raramente si potrebbe individuare l’iniziale
trasformazione dell’epitelio (metaplasia).
Un’altra classificazione è quella di Praga, con la lettera C indica l’estensione circonferenziale della
metaplasia, e M indica estensione in senso prossimale verso l’orofaringe.
Terapia. Resezione per via endoscopica, o tramite radiofrequenza, o esofagectomia (pz end stage).
Terapia con PPI, sostanze neutralizzanti l’acidità e farmaci che agiscono su motilità.

23. Ernia Iatale


Questa condizione è caratterizzata dalla risalita di parte della mucosa gastrica dalla cavità addominale a
quella toracica, attraverso il diaframma. Questo comporta un accumulo di materiale acido (l’ernia funge da
serbatoio), lassità e quindi minore efficienza dello sfintere esofageo inferiore (specie in anziano per riduzione
componente elastica tissutale) e fattore di rischio per MRGE (attenzione: non sono sinonimi, sono solo due
fenomeni spesso associati). Reflusso favorito: 1. Per P negativa nel torace che tende ad aspirare il contenuto
dell’ernia; 2. Intrappolamento succo gastrico nella porzione erniata.
Fattori di rischio. Obesità (per aumento P intragastrica, ridotta accomodazione gastrica).
- ACALASIA
È un disturbo motorio dell’esofago. Mancato rilasciamento dello sfintere inferiore. Classificata tipo I, II e III.
Terapia. Endoscopica (Gastroscopia con posizionamento palloncino, solo pe tipo I e II, o miotomia esofagea
tramite POEM) o chirurgico (miotomia) che mira a demolire la muscolatura dello sfintere inferiore e
dell’esofago distale; ciò comporta lo sviluppo di MRGE, e per evitare si fa fundoplicatio parziale, 180°.
Eziologia verosimilmente autoimmune o secondaria a infezione da Treponema cruzi (sud america).

24. Esofagite eosinofila


Definizione. È una patologia infiammatoria esofagea che si caratterizza per un processo infiammatorio che
porta alla progressiva riduzione del calibro esofageo e allo sviluppo di sintomi specifici come la disfagia e il
“bolus impaction”, cioè l’arresto del bolo lungo il decorso esofageo.
Epidemiologia. Dagli anni 2000 incidenza e prevalenza in aumento fino a diventare la seconda patologia
benigna dell’esofago. La sua crescita sta aumentando in maniera esponenziale.
Patogenesi. Gli eosinofili rilasciano dei mediatori attivi che bloccano l’attività muscolare e stimolano la
fibrosi, chiudendo progressivamente l’esofago fino a determinare una stenosi.
Clinica. Simile ad altre esofagiti o MRGE, sintomi più specifici sono disfagia e bolus impaction. Nel
bambino: vomito, rifiuto dell’alimentazione, scarsa crescita e dolori epigastrici. Anche MRGE resistente a
terapia può essere indice di Esofagite eosinofila.
Diagnosi. Per via endoscopica si trovano lesioni tipiche, anelli concentrici della mucosa esofagea associate a
strie longitudinali e essudati biancastri. Ci può essere edema della mucosa e sub-stenosi. Conferma
diagnostica solo con campionamento bioptico con 15 eosinofili per campo ad alto ingrandimento.
Eziologia. È possibile che sia scatenata da allergeni aerei o alimenti (uovo, grano, soia, latte, crostacei).
Terapia. Dieta, individuando gli alimenti che la scatenano. Il 50% dei pz risponde a PPI, quelli che non
rispondono sono trattati con cortisone.

25. Malattie che danno diarrea e tipi di diarrea


Definizione. La diarrea è un sintomo caratterizzato da: aumento dell’output fecale superiore a 250g/die,
accompagnato da  della frequenza delle evacuazioni e  della consistenza fecale.
Epidemiologia. Interessa il 3-5% della popolazione occidentale.
Classificazione clinica.
- Acuta (inferiore a 4 sett): nel 70% ha eziologia infettiva; 30% ha altre cause (intossicazioni alimentari,
allergie, farmaci, chemioterapia e radioterapia, danni ischemici nella popolazione anziana).
- Cronica (superiore alle 4 settimane) è più rara. Sintomatologia continua o a periodi. Può essere dovuta a
forme infiammatorie (Crohn e Colite ulcerosa, Celiachia) o non infiammatorie (IBS, deficit enzimatici,
endocrinopatie, tumori neuroendocrini, malassorbimento, pancreatite cronica).
Classificazione fisiopatologica.
- Diarrea secretoria: eccessiva secrezione attiva di ioni cloro e bicarbonato, con inibizione del
riassorbimento del sodio. Ciò comporta perdita di acqua, e il pz manifesta disidratazione e acidosi metabolica
sia per la perdita di elettroliti che per l’insufficienza pre-renale che impedisce il normale riassorbimento di
ioni anche a questo livello.
Cause esogene (più frequenti): infezione da V. cholerae; farmaci lassativi, colchicina (usato nelle malattie
epatiche), colinergici, teofillina e alcuni fitoterapici; intossicazioni alimentari; Allergeni.
Cause endogene (più rare): malattie neuroendocrine (VIPoma, gastrinoma); eccesso di acidi biliari;
neoplasie; prostaglandine; malattie metaboliche (addison, mellito, ipertiroidismo).
- Diarrea osmotica: dovuta a squilibrio tra osmolarità plasmatica e osmolarità endoluminale (>390mOsm) a
livello del piccolo intestino (maggiore permeabilità delle tight junction).
Cause esogene sono i farmaci lassativi: Polietilenglicole (pre colonscopia); Sali di magnesio, di solfato e di
fosfato (per stipsi).
Cause endogene: 1. Congenite: deficit della disaccaridasi; deficit del riassorbimento di zuccheri come
glucosio e galattosio; fibrosi cistica. 2. Acquisite, associate a: malassorbimento (contaminazione del tenue,
enteropatia, parassiti e resezioni chirurgiche) o maldigestione (pancreatite cronica con insufficienza
pancreatica e deficit post-infettivo della disaccaridasi).
- Diarrea infiammatoria: dovuta ad un danno diretto dell’epitelio intestinale. In questo quadro si ha il
rilascio di citochine pro-infiammatorie con conseguenti ulcere e perdite enzimatiche e proteiche.
Cause esogene (più comuni): infezioni da batteri (e.coli, salmonella, c difficile), da virus (rota e adeno), da
parassiti (giardia); farmaci (FANS, antibiotici, citostatici e metil-dopa); chemio e radioterapia; cocaina.
Cause endogene: Crohn, colite ulcerosa, celiachia, colite ischemica negli anziani, colite collagenosica e
enterite eosinofila.
- Diarrea motoria causata da: 1. Aumentata attività motoria intestinale: viene accelerato il transito,
malassorbimento e richiamo di acqua. 2. Riduzione attività motoria intestinale: per patologie come
sclerodermia, diabete e ipotiroidismo; immobilità comporta crescita batteri patogeni o iperproliferazione del
microbiota; de-coniugazione dei Sali biliari e malassorbimento secondario.
Spesso questa diarrea si presenta nel quadro tipico delle forme funzionali (IBS, che causa più del 60% delle
diarree croniche.
Distinzione tra le forme. 1. Il peso (g/24h): <500 infiammatorie, >1000 secretorie, osmotiche tra le due.
2. Eq acido base: alcalosi infiammatorie, acidosi secretorie. 3. Test del digiuno: se pz a digiuno per 24h nella
forma osmotica scompare la diarrea.
Diagnosi (anamnesi). Da quanto tempo per distinguere se acuta o cronica. Numero di scariche al giorno.
Aspetto delle feci. Presenza della febbre. Presenza di dolore addominale. Calo ponderale (di massa magra,
sintomo di allarme per malattia infiammatoria o neoplasia). Esposizione a farmaci o allergeni. Familiarità per
la diarrea.
EO. Febbre. Segni di disidratazione. Segni di malnutrizione (anemia, perdita di peso, decolorazione capelli,
unghie a cucchiaio).
Esami bioumorali. 1 livello: emocromo, indici di flogosi, indici nutrizionali, eq. Idro-elettroitico,
microbiologia. 2 livello: test funzionalità: test di permeabilità intestinale, test sierologici, test urinari.
Esame delle feci. 1. Ispezione (colore, presenza di sangue, pus…); 2. Peso fecale; 3. Esame microbiologico e
parassitologico: coprocoltura, ricerca virus, parassiti, AG fecale Giardia, tossine del C difficile; 4. Esame
della calprotectina fecale (per flogosi); 5. Esame chimico: elastasi fecale e grassi fecali (pancretite).

26. Celiachia
Definizione. È una patologia autoimmune, multifattoriale e multiorgano. La combinazione di predisposizione
genetica (aplotipi HLA) ed esposizione ambientale (ingestione di glutine) dà origine alla produzione di
autoanticorpi e al conseguente danno alla parete del piccolo intestino.
Epidemiologia. La prevalenza della patologia nel tempo è cresciuta, a causa di una maggiore accuratezza
diagnostica, a livello globale è inferiore all’1% con importanti differenze tra i vari paesi. Incidenza più alta
nelle donne, picco d’insorgenza fra i 30 e i 50 anni.
Eziologia. I due elementi fondamentali per la patogenesi sono il trigger alimentare e la predisposizione
genetica: se manca uno dei due ci troviamo di fronte a un quadro di allergia, intolleranza o ipersensibilità al
grano. Da tener presente inoltre che una piccola percentuale della popolazione generale esprime gli aplotipi
HLA DQ2-DQ8 senza avere la celiachia. Alcuni tipi di infezione (es rotavirus) potrebbero favorire
l’insorgenza. Anche l’utilizzo di alcuni farmaci o interventi chirurgici pox alterare la tolleranza al glutine.
Patogenesi. Il glutine, è costituito 50 e 50 di gliadine e glutenina. La gliadina, (contenuta in grano, orzo e
segale) il principale peptide responsabile della patologia, è difficile da digerire poiché è resistente all’idrolisi
e nell’intestino manca l’enzima prolil-endopeptidasi necessario a degradarlo. Il glutine arriva a contatto con
la membrana intestinale, e stimola le cellule immunitarie con attivazione di anticorpi (anti-transglutaminasi
A2, anti-endomisio, anti-reticolina) e le cellule T che causano danno diretto ai villi intestinali (ciò comporta
che la mucosa intestinale diventi piatta).
Nell’intestino sono presenti 2 meccanismi di difesa nei confronti di tale processo: le proteasi costituiscono la
prima linea di difesa, la barriera intestinale (tight junctions) costituisce la seconda. Se tali meccanismi
presentano delle alterazioni (es barriera intestinale troppo permeabile) favoriscono la patologia. Le infezioni
possono ex cofattori importanti perché aumentano la permeabilità intestinale.
Quadro clinico. Il quadro clinico è altamente polimorfo tanto che la classificazione moderna differenzia la
patologia in più forme:
- Forma potenziale o latente con solamente positività anticorpale;
- Forma asintomatica (silente)/ paucisintomatica (subclinica) con positività anticorpale e istologica;
- Forma classica con sintomi tipici quali diarrea, sintomi da malassorbimento, dolore addominale,
meteorismo, astenia, difetto di crescita nel bambino;
- Forma non classica con sintomi extraintestinali: SN con depressione nell’adulto e irritabilità nel bambino,
osteoporosi, artrite, e frequente associazione malattie autoimmuni epatiche, tiroidee (tiroidite di Hashimoto),
cutanee, metaboliche (diabete) e sindrome di Down; soprattutto anemia sideropenica (a volte unico sintomo
nelle donne, per cui non viene indagata e si pensa riferita a disturbi mestruali).
- Forma refrattaria: persistenza o dalla recrudescenza dei sintomi dopo 12 mesi di dieta aglutinata;
- Forma erpetiforme di Duhring, meno frequente e caratterizzata da una dermatite simil-erpetica.
Diagnosi. La diagnosi si compone di una parte clinica, di una sierologica e di una istologica.
- Clinica (anamnesi ed E.O.): sospetto celiachia con sintomatologia non spiegata (infertilità, anemia,
osteoporosi non menopausale) e i gruppi di rischio (pz con malattie autoimmuni o genetiche come il Down).
- Sierologia: non utilizza più Ig anti-gliadina (AGA) e Ig anti-endomisio ma il titolo di IgA anti-tTG che ha
un minor costo, una certa facilità d’esecuzione e una buona efficacia. Se bambino o se pz con sospetto
clinico di patologia abbia un deficit di IgA si doseranno invece IgG anti-DPG (anti-gliadina deaminata).
- Istologia: gold standard, si effettuano almeno 4 prelievi tissutali del duodeno distale e almeno 2 del bulbo
duodenale. Si vedono infiltrato CD3 (no diagnosi) o atrofia spiccata dei villi (si diagnosi).
La diagnosi istologica ha valenza solo se il paziente è in dieta libera, cioè non segue una dieta aglucidica da
diversi mesi, in maniera tale che si possa avere un quadro normale o patologico ma indipendente dalla dieta.
Endoscopia: anche se istologia è il gold staandard, esistono delle metodiche endoscopiche che permettono di
visualizzare la condizione della mucosa intestinale che, nel caso del paziente celiaco, può risultare appiattita
e priva delle pliche. Un’altra tecnica utilizzata è la video-endoscopia capsulare che presenta un’ottima
specificità e una buona sensibilità.
Genetica. Ha un VPN, in caso di negatività allo studio dei geni si può escludere con buona certezza la
diagnosi. Più del 97% dei pazienti celiaci è DQ2 e/o DQ8 positivo. Anche la popolazione generale (25-40%)
può essere DQ2 e/o DQ8 positiva senza manifestare la patologia. Il test genetico non viene sempre
effettuato, lo si utilizza per la diagnostica nel bambino,
Complicanze. Le complicanze possono essere di tipo intestinale o extraintestinale.
Quelle intestinali più importanti sono: la celiachia refrattaria (persistenza di malassorbimento, atrofia dei villi
e infiltrato intraepiteliale del piccolo intestino nonostante dieta aglutinata per almeno 12 mesi.
Si distinguono due tipi: tipo1. >70% dei casi, non sono presenti clonalità dei T, indistinguibile dalla
celiachia attiva, terapia con steroidi e azatioprina; tipo 2. C’è clonalità, alta probabilità di linfoma intestinale,
mortalità 50%, terapia con steroidi, azatioprina e chemioterapia), la digiuno-ileite ulcerativa, la sprue
collagenosica (queste due non rispondono alla dieta aglutinata), il linfoma e l’adenocarcinoma (rischio
diminuito per diagnosi precoce e all’assunzione di una dieta aglutinata, infatti dopo 5 anni di dieta il rischio
di sviluppo torna normale).

- Intolleranza al glutine (differenze con celiachia)

27.Malattie intestinali funzionali


Definizione. Secondo i criteri di Roma IV, si intende una combinazione variabile di sintomi gastrointestinali
cronici o ricorrenti non spiegabili con la presenza di alterazioni strutturali del tratto gastrointestinale o
alterazioni sistemiche metaboliche e/o biochimiche.
Epidemiologia. Prevalenza del 20-40% nella popolazione occidentale. Il 60% interessa le prime vie
digestive, il 40% l’intestino.
DISPEPSIA FUNZIONALE: gruppo di sintomi riferibili ai quadranti addominali superiori. Questa definizione non implica nessuna
diagnosi, ma indica sintomi in regione gastroduodenale in assenza di parologia organica, sistemica o metabolica che li possa
spiegare. 2 forme: Organica (40%) in presenza di patologie sistemiche (lesioni alteraz strutturali e biochimiche); Funzionale (60%):
assenza di patologie sistemiche.

Classificazione. Post-prandial Distress Syndrome, se prevale dolore e peso dopo aver mangiato; Epigastric Pain Syndrome, se
prevale l’epigastralgia, la quale può essere confusa con dolore dovuto a reflusso, ad un’ulcera oppure ad un’esofagite.
Sintomi. Dolore e bruciore epigastrico, ripienezza post-prandiale, sazietà precoce, nausea.
Approccio al pz. Anamensi, EO, Esami umorali e strumentali (eco addome). Se non si trova causa: dispepsia.
Terapia. Non farmacologica: comprende la rassicurazione e spiegazione dell’origine del disturbo, alcol, FANS, assunzione di pasti
piccoli frequenti e poveri di grassi. Farmacologica. Esclusione di H. pylori, che se presente va eradicato. PPI, anche se HP negativo.
Se disturbi della motilità, sì procinetici e neuromodulatori a basso dosaggio.

28. Stipsi
Definizione. La costipazione è l’insieme di più disturbi (sindrome). La definizione si basa sui sintomi, che
tipicamente sono la difficoltà transito delle feci, la durezza delle feci, la ridotta frequenza di evacuazione
(<3/sett) o sensazione di non averla completata in maniera regolare. La costipazione può essere un disturbo
primario o secondario ad altre patologie, come ad esempio il morbo di Parkinson o il diabete.
Classificazione. Si distingue la stipsi acuta dalla stipsi cronica; la prima deve far subito pensare ad una
neoplasia che impedisce il passaggio delle feci o ad un’infiammazione, mentre per comprendere perché si
instaura una stipsi cronica è necessario conoscere la struttura macroscopica e microscopica del colon e la sua
organizzazione.
Fisiologia. Nel crasso avviene il riassorbimento di acqua e produzione di una quantità minima di secrezione, ma la sua funzione
principale è quella di propulsione. La propulsione delle feci e la successiva evacuazione derivano da un'azione integrata del sistema
nervoso e muscolare. Strati: più interno mucosa; poi sottomucosa con il plesso sottomucoso di Meissner, (controlla secrezione da
parte dell’intestino); poi due strati della tonaca muscolare liscia, circolare interno e longitudinale esterno; tra i due è localizzato il
plesso mioenterico di Auerbach, che li innerva e controlla la motilità intestinale.
Il contenuto del lume è spinto in avanti da un riflesso di contrazione a monte e dilatazione a valle. La motilità del colon può essere
distinta in attività segmentaria (con fx di mescolamento di feci con acqua) e attività propagata (con fx di propulsione). L’attività
propagata si attiva al risveglio e nel momento del pasto. Il meccanismo funziona quando funzionano SNC, SNE, genetica, il SI, il
microbiota, gli ormoni, i neurotrasmettitori e i loro recettori. Quando le feci arrivano nell’ampolla rettale, l’angolo fra ampolla rettale
e canale anale si rettilineizza con il rilasciamento del m. puborettale, si rilasciano anche gli sfinteri e avviene l’evacuazione.

Epidemiologia. Coinvolge il 9% della popolazione. La prevalenza aumenta con l’età (anziani <50%).
Eziologia. Acuta da neoplasia o infiammazioni. La cronica può essere primitiva (idiopatica) o secondaria ad
altre patologie, come: tumori colon retto (ostruzione), stenosi da infiammazione, ischemia, chirurgia,
rettocele, diabete (disfunzione SNA), ipotiroidismo, disionie, gravidanza (ingombro dell’utero), malattia di
Hirschprung, sclerodermia e amiloidosi, ragadi anali, farmaci (oppiacei, antiipertensivi, antidepressivi, …).
Ad ogni modo, la cronica è tipicamente caratterizzata da tre disturbi, che possono essere presenti
singolarmente o contemporaneamente; nel 59% dei casi vi è una defecazione dissinergica, nel 58% vi è IBS,
nel 47% dei casi le feci hanno un transito lento (il cosiddetto "intestino pigro").
Scala di Bristol. Classifica stipsi in base alla morfologia delle feci (tanto più è basso tanto più disidratato).
Anamnesi. Sintomi (fatica nell'espellere, dolore, sedute prolungate, sensazione di non essersi svuotati).
Segni, frequenza dell'alvo (<3/sett), insorgenza della stipsi, sintomi, possibile correlazione con abitudini
scorrette (cessazione di lassativi può causare stipsi), familiarità per stipsi.
Diagnosi. Esami del sangue: l'emocromo, sideremia e ferritina (indici sia di anemia e di infiammazione),
ormoni tiroidei (se bassi diminuzione della motilità intestinale), glicemia (intolleranza glucidica o un diabete
subclinico).
Indagini diagnostiche di seconda battuta:
- Manometria Ano-Rettale: sonda nel retto monitora la pressione all’interno dell’intestino e associa colore.
- Test del palloncino rettale: palloncino in ampolla rettale, gonfiato con dell’acqua (stimolo a svuotarsi).
- Test del tempo di transito (se disturbo coinvolge l’intero intestino): somministrazione di alcuni marcatori
ingeriti dal paziente. Fisiologicamente, la maggior parte dei marcatori verrebbe eliminata in circa 5 giorni,
mentre, se disturbo, i marcatori sarebbero visibili alla radiografia. Se fossero distribuiti in maniera omogenea
si tratterebbe di transito rallentato, ma può anche succedere che i marcatori si accumulino a livello della sola
ampolla rettale (patologia distale, outlet obstruction).
- Capsula della motilità, una volta ingerita valuta variazioni di pressione, temperatura e PH di tutto il tratto
gastrointestinale.
Terapia. Esistono tre livelli di farmaci:
- F. che legano l’acqua impedendole di venire assorbita dalla mucosa del colon, o la richiamano
osmoticamente nel lume intestinale (agenti formanti massa; olio di paraffina, lubrificante emolliente;
isoosmotici, ostacolano l’assorbimento dei fluidi intestinali; composti iperosmotici, si dividono in zuccheri
iperosmotici e iperosmotici salini a base di magnesio che possono portare a squilibri elettrolitici in
particolare del potassio, controindicazione per cardiopatici.
- F. enterocinetici (la prucalopride, stimola la motilità intestinale; effetto collaterale, cefalee e nausea) e
secretagogo (la linaclotide, un secretagogo che stimola secrezione ghiandolare, usata per IBS)
- Stimolanti: prescritti e somministrati solo sotto stretta sorveglianza medica specialistica, in quanto possono
causare gravi effetti collaterali come un forte dolore addominale; agiscono sul SNE, dando forti contrazioni
del colon. Un’altra funzione è ridurre l’assorbimento di acqua ed elettroliti da parte della mucosa intestinale.
Esempi sono i derivati del difenilmetano (bisacodil e sodio pirosolfato) e antrachinonici (derivati da tre
piante: l'aloe, la cascara e la senna).

29. IBS
Definizione. Sindrome che riguarda quadranti medi e inferiori, caratterizzata da dolore, gonfiore con
alterazioni dell’alvo (stipsi, diarrea o alvo alterno).
Sintomi. Meno di 3 evacuazioni/sett o più di 3/die; Feci dure (Bristol 1-2) o molli (Bristol 6-7); Sforzo
evacuativo; Sensazione di incompleto svuotamento post-evacuatoria; stimolo impellente all’evacuazione;
muco nelle feci; Distensione addominale; dolore addominale.
Clinica. Dolore addominale, gonfiore con disturbi dell’alvo. Si usa scala di Bristol per distinguono pz in: 1.
IBS con stipsi; 2. IBS con diarrea; 3. Quadri misti; 4. Quadri indefiniti.
Epidemiologia. Prevalenza 12% Italia, 10% in generale. Rapporto 2:1 (donne: uomini).
Patogenesi. 3 meccanismi: ipersensibilità viscerale; alterazioni della motilità GI; disturbi psicologici da
traumi. Altra causa sono le infezioni (specie gastroenteriti), in cui si può avere persistenza del processo
infiammatorio acuto e di infiltrato infiammatorio; alterazioni del SNE o del muscolo liscio, che inficiano la
motilità dal pdv nervoso o muscolare; Alterata sensibilità viscerale.
Alimentazione: esistono FODMAPs (Oligo/Di/Monosaccaridi e polioli fermentabili), possono contribuire a
delle alterazioni della sensibilità e di percezione intestinale. Gli zuccheri (sorbitolo) sono osmoticamente
attivi e richiamano acqua all’interno del lume intestinale, e questo può portare ad un contrasto tra i batteri
facenti parte del microbiota e batteri in rapida proliferazione. Quindi, si ha una sovracrescita microbica che
dà diarrea, gas da parte dei batteri e distensione intestinale, con possibile presenza di effetti sistemici.
Diagnosi. È clinica basta su anamnesi, EO e fattori di rischio. L’anamnesi si focalizza su: evento
tossinfettivo recente, problematiche psicologiche note, dolore (specie se in relazione ad evacuazione), alvo
alterato, sintomi extra intestinali (cefalea, fibromialgia, disturbi genito-urinari).
Accertamenti. Emocromo (per eventuale anemia); Indici di flogosi (ferritina e infiammazione intestinale con
calprotectina); Ricerca di parassiti fecali; Anticorpi antiTG, per escludere la celiachia.
Esami più specifici: Test della permeabilità intestinale per gli zuccheri (Mannitolo per via transcellulare,
Sucrosio in urino, piccolo intestino e colon, e Lattulosio in urino, piccolo intestino). Test di malassorbimento
al Lattosio (Breath test). Colonscopia (sospetto IBD o Crohn), in caso di età >50 anni; Diarrea cronica; Calo
ponderale; Insorgenza recente dei sintomi; Presenza di sangue nelle feci; Febbre; Sintomi notturni;
familiarità con neoplasie gastrointestinali.
Terapia.
1) Non farmacologica: rassicurazione e spiegazione. Evitare le diete depletive, dieta adeguata, ricca di
verdure, vitamine e micronutrienti, ma povera di zuccheri fermentabili (FODMAPs), glutine, e altri alimenti
associati ad irritazione intestinale. Adeguata idratazione (2L/die) e esercizio fisico.
2) Farmacologica: Fibre idrosolubili ad effetto lassativo; Antidiarroici; Antispastici, specialmente per la
modulazione del dolore; Antidolorifici, ma non FANS (tranne paracetamolo); Antidepressivi e ansiolitici per
componente psicologica della patologia e ipersensibilità viscerale; Antibiotici non assorbibili e probiotici per
la regolarizzazione della flora batterica.
Nelle forme da un trigger infettivo, il 40% dei casi dopo 5 anni non presenta più la patologia; in caso
contrario difficilmente la patologia regredisce, nonostante possa andare incontro ad andamento fluttuante.

30. Diverticolite e complicanze


Definizione. Un diverticolo è l’erniazione della mucosa e della sottomucosa attraverso lo strato muscolare circolare del colon. Si
forma in corrispondenza delle porzioni più deboli della parete intestinale, ossia dove le arterie perforanti attraversano lo strato
muscolare. Una volta che i diverticoli si sono formati possono accumulare al loro interno del materiale fecale (coprolito) il quale può
innescare un fenomeno flogistico.

Epidemiologia. Prevalenza aumenta con l’età, 30% popolazione totale e 70% popolazione over 80.

Eziopatogenesi. Fattori che portano sviluppo dei diverticoli: aspetti di tipo ambientale e dietetico, alterazioni della flora batterica
intestinale, predisposizione genetica, indebolimento della parete intestinale, invecchiamento della parete stessa, alterazioni della
muscolatura liscia intestinale, degenerazione neurale ed alterazione dei recettori della sensibilità. In particolare si evidenziano:
- Scarso introito alimentare di fibre, con riduzione del volume fecale; ciò aumenta la pressione a livello della parete del colon poiché
aumenta la forza di contrazione dell’intestino per far procedere il materiale fecale.
- Alterazioni della flora batterica: una sovra-crescita batterica è stata riscontrata nel 60% dei pz con forme di diverticolosi
accompagnate da una dieta povera di fibre.

Classificazione. In 80% dei casi rimane silente; 20% insorgono manifestazioni cliniche e 5% complicanze. La malattia diverticolare
(sintomi blandi) si esprime in: assenza di flogosi o con flogosi (diverticolite). La diverticolite acuta richiede spesso ospedalizzazione,
mentre cronica si presenta in forme ricorrenti o colite segmentaria associata ai diverticolite (SCAD, che si manifesta come
infiammazione localizzata in corrispondenza dei ventricoli). Tutte le forme di diverticolite possono dare complicanze.

Diagnosi. Non esiste un marcatore ematochimico patognomico di diverticolosi, le forme asintomatiche sono solitamente
diagnosticate in maniera accidentale in corso di colonscopia per altri motivi. Nelle forme sintomatiche invece il dolore addominale, le
alterazioni dell’alvo e il resto della sintomatologia costituisce indicazione per lo svolgimento di colonscopia. Se già nota
diverticolosi, si evita colonscopia, a causa dell’elevato rischio di perforazione intestinale.
Esami ematochimici: leucocitosi e aumento degli indici di flogosi (PCR, ferritina ecc.).
Imaging: radiologia o colon TC (se colonscopia controindicata). Se operatore esperto, eco addome può individuare diverticolite che
complicanze settiche come fistole e ascessi.
Se sospetto malattia infiammatoria cronica sottostante, anche l’esecuzione di biopsia intestinale.

Diverticolite acuta. Dolore addominale quadranti inferiori severo, prolungato, con alterazioni dell’alvo,
febbre, leucocitosi e PCR alta. Quadro simile ad appendicite acuta. In molti casi, dopo il fenomeno
infiammatorio, si mantiene una sorta d’ipersensibilità.
Complicanze. Un quadro di diverticolite acuta può complicarsi nel 5% dei casi, e ciò avviene quando
l’infiammazione si estende oltre la sottomucosa con possibile formazione di fistole, ascessi, perforazioni,
occlusioni intestinali ed emorragia.
- Ascesso: in seguito ad una perforazione o microperforazione coperta di un diverticolo. Il pz in questo caso
presenta dolore, febbre, leucocitosi e piastrinosi. La classificazione di Hinchey distingue gli ascessi sulla
base della loro estensione (pox ex confinati al mesentere, diffondere alla pelvi o causare peritoniti estensive).
- Occlusione intestinale: non molto frequente, nella maggior parte dei casi è dovuta ad una stenosi legata ad
una condizione di fibrosi, dettata dalla cronicizzazione del quadro infiammatorio.
- Emorragia (rettorragia) è una complicanza frequente ( 3-5% dei pz con diverticolite e circa il 40% delle
cause di emorragia del tratto digestivo inferiore). Risulta dall’erosione dei vasi della parete diverticolare ed è
favorita dall’uso cronico dei FANS. In molti casi si arresta spontaneamente. L’emostasi endoscopica si rende
necessaria nel 20- 30% dei casi e più raramente è richiesta invece una terapia chirurgica.
Terapia. Forma asintomatica non richieda terapia.
Diverticolite cronica, modula quadro flogistico (con Mesalazina), modulazione del microbiota (rifaximina, probiotici e fibre).
Diverticolite acuta, con antibiotici (Metronidazolo in associazione ad altri antibiotici a seconda della via).
Terapia chirurgica (resezione segmentaria del sigma o emicolectomia sinistra) in elezione durante la quiescenza dei sintomi in pz con
diverticolite complicata.

31. Morbo di Wilson


Definizione. Malattia rara (1:30.000) che interessa il fegato e SNC. Sono associate più di 700 mutazioni.
Clinica. Fegato con aspetti fibrotici, cirrotici e splenomegalia. Varici esofagee, ipertensione portale.
Aumento della transaminasi (AST>ALT), della fosfatasi alcalina, gamma-GT. Anemia emolitica (test di
Coombs negativo), anello di Kayser-Fleischer.
Diagnosi. I tre esami per diagnosi si basano su valutazione del rame a livello plasmatico (>2000ug/dL) e
urinario e sui livelli di ceruloplasmina.
Patogenesi. Spesso legata ad un problema delle proteine legate al metabolismo del rame: trasportatore CRT1
per assorbimento rame a livello intestinale o per ingresso in epatocita; albumina veicola rame nel circolo
sistemico; ATOX1 lega rame nella cellula e lo trasporta al Golgi; legante ATP7B veicola rame nel canalicolo
biliare (se eccesso di rame) o verso sinusoide (per rilascio nel circolo sistemico in cui si lega a
ceruloplasmina). Funzioni del ATP7B alterate con aumento rame nell’epatocita; la ceruloplasmina alterata
vene degradata (si spiegano i livelli bassi nel sangue) con aumento di rame nell’epatocita, che non viene
secreto nel canalicolo biliare. Il rame in circolo non legato a ceruloplasmina o albumina si accumula in
fegato, gangli della base e rene dando tossicità.
Coinvolgimento epatico (40-60% dei casi), con epatopatia che evolve in cirrosi scompensata. Non è esclusa
l’IEA. Bisogna porre diagnosi differenziale con le malattie autoimmuni e metaboliche.
Coinvolgimento neurologico (meno frequente), con tremore incontrollabile, atassia, disartria (97%), disfagia.
Difficile differenziare con encefalopatia da cirrosi.
Coinvolgimento psichiatrico (30%) con stato simil-depressivo o disturbo bipolare o del comportamento.
Coinvolgimento di altri organi, con insufficienza renale o anello di Kayser-Fleischer.
Classificazione di Leipzig. Prende in considerazione ceruloplasmina, rame libero, rame urinario nelle 24h,
anello di Kayser-fleischer, biopsia epatica valuta quantità di rame, test genetico. Con score 4 si fa diagnosi.
Score di Nazer serve per capire la mortalità e necessità di trapianto.
Terapia. Chelanti (legano rame e ne favoriscono l’eliminazione); Zinco (riduce assorbimento intestinale di
rame). Terapia combinata funziona nel 47% dei casi in un coinvolgimento epatico e nel 79% delle forme
neurologiche. Effetti avversi: pox interferire, orari di somministrazione scomodi, risultati contrastanti.
Pz asintomatico solo zinco, Pz sintomatico per malattia epatica terapia combinata, Pz sintomatico con
malattia neurologica terapia combinata.
Trapianto. Indicaz: IEA, malattia epatica avanzata, Nazer >11. Dubbia se interessamento neuropsichiatrico.

32. Emocromatosi

33. IEA
Definizione. Sindrome rara, complicanza del fegato che insorge su un fegato perfettamente normale che
porta ad una alterazione di tutte (o la maggior parte) delle fx epatiche (insufficienza epatica funzionale).
Classificazione. Si usa l’intervallo di tempo che intercorre tra la comparsa dell’ittero e l’insorgenza di
encefalopatia, che sono tra le complicanze peggiori:
1. Iperacuta o fulminante: l’intervallo è <7gg, pz itterico, alterazioni del sensorio, edema cerebrale che, se
diventa irreversibile, non permette la valutazione per trapianto; solitamente va in coma. Un esempio è quella
causata dell’eccessiva assunzione di paracetamolo a scopo suicida.
2. Acuta: l’intervallo da 8 a 28 giorni e solitamente è associata all’infezione da HBV.
3. Subacuta: l’intervallo da 5-12 settimane, andamento lento, difficile da trattare e da diagnosticare. Non è
frequente l’edema cerebrale, solitamente è causata dall’ingestione di farmaci.
Epidemiologia. Inghilterra, 60% da paracetamolo, in Bangladesh il 75% è causato dall’infezione da HEV;
l’HBV: 42% in Giappone, 18% in Germania, 1% in Inghilterra.
Eziologia. Principali cause: Virus (HAV, HBV, HCV, HSV-1/2, HSV-3, EBV e CMV; Farmaci e droghe
(paracetamolo, antitubercolari, alcuni antibiotici, FANS, chemioterapici, cocaina ed ecstasy); Sostanze
tossiche (alcol, Amanita phalloides, erbe tra cui la Kava-kava, tetracloruro di carbonio); Patologie
cardiovascolari; Gravidanza: sindrome HELLP e il fegato grasso acuto; Altre cause, che possono includere
sepsi, epatite autoimmune, morbo di Wilson, infiltrazione neoplastica.
Clinica. Ittero; Deficit coagulativo con allungamento del PT e dell’INR; Encefalopatia epatica; Soggetti
senza evidenza di malattia in precedenza. Complicanze: ipertensione endocranica, encefalopatia.
Altri sintomi: Astenia; Nausea/vomito; Dolore in ipocondrio destro; Ittero; Epatomegalia; Encefalopatia;
Ascite; Emorragia digestiva (ematemesi o melena); Ipotensione e tachicardia→ sintomi sistemici; Edema
cerebrale: papilledema, ipertensione, bradicardia. Va diagnosticato rapidamente ed il paziente viene trasferito
in rianimazione nel tentativo di somministrare mannitolo per cercare di ridurre l’edema.
Score prognostici.
1. Clichy Score, 2 categorie a rischio: Pz età <30aa: l’indicazione ad un non recupero è un’encefalopatia di
3° grado o superiore ed il fattore V<20%; Pz età >30aa: l’indicazione ad un non recupero è sempre
un’encefalopatia di 3° grado o superiore, ma fattore V <30%.
2. King’s College Criteria distingue i pz in base a eziologia da paracetamolo, causa la > p epatiti fulminanti.
3. MELD score: valutare la possibilità di trapianto. Valuta creatinina, bilirubina e INR, ha valore che va da 0
a 50 e nel caso in cui si ha un paziente con un MELD>/ o uguale a 45 è necessario fare un trapianto.
Altri criteri diagnostici.
- Acido lattico, altamente tossico e un suo aumento nel sangue indica compromissione della funzione renale,
cardiovascolare ed epatica.
- Alfafetoproteina, espressa a livelli elevati nel fegato fetale e i cui livelli aumentano in condizioni di
rigenerazione cellulare, motivo per cui viene sfruttata nelle identificazioni di epatocarcinomi. Aumentano
durante il processo di rigenerazione e rappresentano un fattore prognostico favorevole.
- Ammoniemia. I pazienti con insufficienza epatica acuta presentano frequentemente un aumento
dell’ammoniemia. In corso di insufficienza epatica fulminante, oltre alla compromissione della funzione
metabolica cerebrale, l’iperammoniemia può determinare crisi epilettiche, coma e soprattutto ipertensione
endocranica che può portare ad erniazione cerebrale, controindicazione assoluta per il trapianto.
Terapia. Varia a seconda della causa di IEA. Paracetamolo con N-acetilcisteina, EAI con cortisone, Amanita
Phalloides con penicillina, Sindrome di Budd-Chiari anticoagulazione massiva o una TIPS. Il trapianto di
fegato viene preso in considerazione quando non è possibile nessun altro tipo di terapia.

34. Rettocolite ulcerosa e Crohn


Definizione. IBD: categoria di patologie che comprende CU, MC e colite non classificabile (10% di IBD).
Epidemiologia. La CU ha un’incidenza più elevata del MC. Nord Europa incidenza più alta. L’incidenza
nella popolazione pediatrica sta aumentando. La diagnosi di CU avviene tra i 20 e i 40 anni, nel MC, invece,
è molto più varia. Non sembrano esserci differenze tra i due sessi.
Fattori di rischio.
1. Trigger ambientali. Fattori protettivi (dieta mediterranea, allattamento al seno, cibi non processati, dieta
bilanciata). Fattori negativi (dieta ricca di grassi e zuccheri, fumo specie nel MC l’indice CDAI si alza).
2. Genetica. MC (consanguineo di I o II grado affetto da MC o CU nel 13% dei pz); CU consanguineo 3-5%.
Sono stati identificati circa 130 geni con diversa influenza nella patogenesi di IBD, es NOD2 nel Crohn.
3. Microbiota. Disbiosi nei pz affetti da IBD. Diminuzioni dei firmicutes rispetto ad altre popolazioni
batteriche come le Gammaproteobacterieae e le actinobacteriae; inoltre, si sono viste delle forme di
gastroenteriti associate ad E.coli enteropatogeni che, scatenando il rilascio di TNFα, inducono la patologia.
Patogenesi. Complessa e multifattoriale. Teoria più plausibile: uno o più patogeni che colonizzano in un
soggetto che non è predisposto geneticamente ad eliminarli attraverso la risposta immunitaria innata e sul
quale pertanto cronicizzano entrando in simbiosi con esso. Lo stimolo infiammatorio, tuttavia, permane e
questo induce la risposta immunitaria a maturare contro la mucosa. In questa sede vengono stimolati prima i
macrofagi e le cellule dendritiche e successivamente i linfociti Th17 (GATA17 ed IL-6 e IL-23 esprimenti).
Il danno che si instaura è cellulo-mediato e la permeabilità intestinale è alterata da citochine (IFNγ e TNFα).
Nella patogenesi della CU sembra avere un ruolo rilevante il muco che riveste e protegge la mucosa
intestinale: un’alterazione della mucina potrebbe essere il primum movens che determina l’aumento della
permeabilità intestinale, evento che attiva le cellule dendritiche e poi tutte le cellule del sistema immunitario.
Segni e sintomi.
CU. Diarrea cronica: almeno 4 scariche/die per 6 sett; ematochezia e abbondante mucorrea; dolore
addominale (causato dalle scariche diarroiche); calo ponderale; sintomi sistemici: anoressia, astenia e
febbre; sintomi extra-intestinali e perianali. Gli ultimi tre non sempre sono presenti.
MC. Astenia; febbre; dolore addominale (di tipo crampiforme, compare circa 1h dopo il pasto in regione
periombelicale); diarrea con o senza muco; malattia perianale; sintomi aspecifici inappetenza, urgenza
defecatoria, afte orali, alterazioni occhi (uveite) e cute (infiammazione cutanea). Sintomatologia più
eterogenea.
Anamnesi. Per diarrea vanno indagate le principali cause (infezione, IBS, diverticoli). L’esordio di una IBD
può avvenire con una gastroenterite acuta. Bisogna evitare ritardi (in media di 9-18mesi).
I segnali critici che devono portare ad approfondimento diagnostico per MC: fistola perianale complessa o
ascessi recidivanti; parente di primo grado con IBD; perdita di peso superiore al 5% negli ultimi 3 mesi;
diarrea notturna; febbricola nei tre mesi precedenti; dolore addominale 30-45 minuti dopo i pasti (più
specifico del MC a causa delle stenosi del piccolo intestino); urgenza defecatoria/rettale.
Manifestazioni extra-intestinali. Molto frequenti (30% pz). 1. Cute (eritema nodoso, pioderma gangrenoso,
sweet syndrome); 2. Occhi (uveiti, iriti); 3. Fegato (rare, con CSP); 4. Articolazioni (spondilite anchilosante,
oligoartrite periferica asimmetrica, sacro-ileite, entesite, dattilite); 5. Osteoporosi; 6. Afte orali.
CU. Può interessare varie porzioni intestino:
- (proctite-40%, da ano a retto-sigma) tenesmo, urgenza, incontinenza e passaggio di muco e sangue fresco;
- (18% dei casi, retto e colon di sinistra) provoca diarrea sanguinolenta, talvolta costipazione prossimale;
- (pancolite 42% dei casi) aumento dell’entità della sintomatologia, sia la comparsa di manifestazioni
sistemiche (febbre, anemia e dolore addominale).
In tutti i casi il retto è comunque coinvolto e questo provoca il già citato sintomo del tenesmo. Esso consiste
nell’incontinenza fecale da urgenza ed è provocato dall’accumulo rettale di sangue, muco e secrezioni
infiammatorie.
Complicanze. Emorragia massiva: spettro eterogeneo di sintomi che vanno dalla diarrea ematica al dolore
addominale e alla sepsi secondaria all’ingresso di patogeni intestinali nel sangue (anche shock settico) con
tachicardia ed ipotensione. Megacolon tossico: distensione del diametro del colon trasverso ed un sequestro
massivo degli elettroliti al suo interno che causa ipokaliemia che può determinare arresto cardiaco nel
paziente; inoltre, il colon in queste condizioni può assottigliarsi e perforarsi generando peritonite.
Score prognostici classificano la colite come: lieve, moderata, grave e fulminante. Questi score si basano su
criteri quali: n° di evacuazioni al giorno, la presenza di sangue, l’abbassamento dell’emoglobina, la
VES/PCR, la presenza di febbre e la frequenza cardiaca troppo aumentata.
MC. Può interessare tutto l’intestino con sviluppo di lesioni su segmenti tra loro indipendenti. La zona più
colpita è la zona ileo-cecale, ma può essere interessato anche il piccolo intestino o addirittura lo stomaco,
fino all’esofago. Il coinvolgimento colico è presente in circa un terzo dei casi. All’endoscopia si vede un
alternanza aree con mucosa malata ed aree sane.
Score prognostici: CDAI (Chron’s disease activity index) che si basa sul numero di evacuazioni liquide, sulla
presenza di dolore addominale, sulla presenza di manifestazioni extra-intestinali, sulla necessità di utilizzo di
farmaci anti-diarroici, rilevazione di una pseudo-massa addominale (indice di un forte raggruppamento delle
anse), aumento dell’ematocrito (da perdita di liquidi) o anemizzazione (da emorragia) e calo ponderale.
Diagnostica. Combina anamnesi, esami di lab, indagini strumentali (specie endoscopia).
- Esami di lab. Emocromo (variazioni di emoglobina e dei globuli bianchi); PCR/VES (per infiammazione);
microbiologia (escludere agenti causano delle diarree croniche); indici nutrizionali alterati (albumina); indici
specifici di infiammaazione intestinale: calprotectina/lattoferrina fecale (calprotectina discrimina pz con IBS
da IBD); test di permeabilità intestinale ai 3 zuccheri; p-ANCA e ASCA (p-ANCA in CU, ASCA in MC).
- Ecografia: evidenzia ispessimento parete intestinale.
- Endoscopia e biopsia per diagnosi differenziale. MC ileocolonscopia, CU colonscopia.
- EteroRMN (esame di prima scelta, anche perché permette la costruzione dello score MaRIA, in cui si
considera anche l’istologia. Tra lo score di malattia e della risonanza c’è una correlazione lineare). Vede
mucosa all’interno, ispessimento parete, infiammazione e linfonodi ingrossati.
- Videocapsula utile. C’è rischio che rimanga incastrata tra lesioni stenotiche del MC.
MC: piccole afte, stenosi, ulcere serpiginose profonde. Istologia: Granulomi con infiltrati cellule
infiammatorie. Tipica del MC è evoluzione nella forma fibro-stenosante da reazione fibrotica di guarigione
longitudinale delle ulcere serpiginose. L’ulcera può anche portare a perforazione della parete (forma
fistolizzante o perforante). Oppure (III tipo) forma infiammatoria.
CU: ulcere superficiali a carta geografica, mucosa iperemica, perdita del reticolo vascolare, eritema,
deposizione di muco e fibrina su ulcere, sanguinamento spontaneo della mucosa. Non esistono lesioni
patognomoniche. Istologia: ascessi criptici, infiltrato cellulare, sovvertimento struttura delle cripte intestinali.
Differenze. MC: interessa qualsiasi tratto gastrointestinale; alternanza tra tratti stenotici e indenni; lesioni
lungo tutti gli strati della parete e andare molto in profondità. CU: coinvolge sempre il retto; lesioni in
maniera uniforme e continua; mucosa edematosa, iperemica, granulare, ma le ulcerazioni sono superficiali;
pseudopolipi rigenerativi.
Decorso clinico.
- CU: variabile. Dopo 10a da diagnosi: 50%in remissione, 30% malattia attiva, 20% colectomia risolutiva.
- MC: variabile. No chirurgia risolutiva. È fondamentale la diagnosi precoce per  indici infiammatori.
Complicanze.
MC: Fissurazioni; Aderenze con le anse vicine; Fistole che favoriscono la continuità tra anse attigue (fistola
entero-enterica), dall’intestino alla cute (fistola entero-cutanea), con la vescica (fistola entero-vescicale) che
possono portare alla fuoriuscita di pus con le urine (piuria), con l’uretere (fistola entero-ureterale), con la
vagina (fistola retto-vaginale; Stenosi, che porta a vomito e necessità di un chirurgia.
CU: Megacolon tossico con perforazione (complicanza ACUTA); Neoplasia dell’intestino, rischio aumenta
dopo 20aa di malattia, arrivando al 3-10; è necessario un regolare follow-up della malattia. Adenocarcinoma,
se si associa CSP anche colangiocarcinoma.
Complicanze extra-intestinali. MC, manifestazioni oculari e cutanee (eritema nodoso). CU prevalentemente
osso e fegato; complicanze cutanee, oculari, CSP, spondilite anchilosante.
Terapia. Obiettivo: indurre remissione e mantenerla nel tempo.
1. (CU) Mesalazina, antinfiammatorio. Azione topica, compresse gastroresistenti con molecole
(sulfasalazina) degradate solo da batteri del colon. Non tutti i pz rispondono alla Mesalazina.
2. Cortisone, anche in associazione alla Mesalazina. Remissione completa solo in 60% pz. Effetti collaterali:
dipendenza da cortisone, resistenza, irsutismo, facies lunare, diabete, osteoporosi, ipertensione.
3. Budesonide: cortisone con < tossicità, alternativa agli steroidi, appartenenti alla stessa famiglia.
4. Tipurine (aziatioprina). EC: inibizione midollare, pancreatite, rischio di infezioni, epatiti colestatiche.
5. Ciclosporina: per fasi acute della malattia. Rischio colectomia evitato in 80% dei pz. Non utile in cronico.
6. Biologici: Anti TNF; F. che inibiscono sub unità p40 di IL-12 e IL-23; F. che ostacolano adesione dei
leucociti all’endotelio (vedolizumab); Inibitori di JAK; Inibitori di fosforilasi specifiche (impediscono
migrazione leucociti.
Flowcharts per la terapia.
- CU: Lieve (Mesalazina); moderata (steroidi); fulminanti (ciclosporina e F biologici con ospedalizzazione).
- MC: Lieve (Budesonide o sulfasalazina); moderata (considerare gravità del quadro, usa f. biologici).

35. Microbiota
Il microbiota è l’insieme dei batteri, il microbioma è formato dal microbiota e dalle sostanze da esso
prodotta. Ha composizione molto variabile e caratteristica per ciascun individuo. La flora batterica residente
viene sorvegliata dalle cellule dendritiche, che regolano la risposta immunitaria garantendo tolleranza
immunologica. Sono presenti numerosi altri fattori che regolano l’omeostasi intestinale, tra cui le defensine e
gli acidi grassi a catena corta. L’epitelio è rivestito inoltre da uno strato di muco, che si è visto essere
formato da due componenti di cui una molto adesa alla parete in modo da ostacolare la penetrazione
batterica.
Ha due caratteristiche principali: resistenza (capacità di resistere senza modificarsi), resilienza (quantità di
stimoli che un sistema può tollerare senza subire alterazioni, superata una certa soglia si svilupperà un nuovo
equilibrio del sistema).
Sulla composizione del microbiota influiscono anche fattori ambientali, tra cui l’allattamento al seno
materno, protettivo perché fonte di Ig per il neonato, o l’assunzione di antibiotici, specie se nei primi 40
giorni di vita, che può determinare una disbiosi difficilmente risolvibile in seguito. La disbiosi è caratteristica
delle patologie infiammatorie croniche e comporta la diminuzione generale della biodiversità del microbiota,
con riduzione di alcune specie a favore dell’aumento di altre. Uno dei microrganismi protettivi che si riduce
notevolmente è Faecalibacterium prausnitzii, ancora non coltivabile e perciò non utilizzabile a scopo
terapeutico.
La risposta immunitaria innata ha azione protettiva nei confronti della mucosa, secernendo sostanze quali IL-
10. L’interazione con una flora batterica alterata o una mutazione genetica che comporti riconoscimento
anomalo di microrganismi intestinali da parte del sistema immunitario causano invece un’alterazione della
risposta immunitaria, con rilascio di mediatori infiammatori quali IL-6 e TNF-α, derivanti soprattutto da
sovraespressione di linfociti TH1, TH2 e TH17. La disbiosi, la carenza di defensine e l’alterazione del muco
che riveste l’epitelio concorrono quindi all’instaurarsi di danno cellulare e di attivazione anomala della
risposta infiammatoria, responsabili della progressione della patologia.
La variabilità microbiotica è indice del benessere del microbiota e nei pazienti affetti da IBD risulta ridotta.
Si rileva anche abbondanza di virus e funghi a discapito dei batteri, i quali sono gli unici in grado di produrre
acidi grassi a catena corta (butirrato, propionato, acetato), responsabili del trofismo e della permeabilità della
mucosa. Quando questi acidi grassi non sono presenti si ha anche un’alterazione della risposta immunitaria
che provocherà infiammazione: lo stato infiammatorio favorisce lo sviluppo di IBD e di cancro colon-rettale.
Nella patologia epatica il microbiota intestinale ha un ruolo importante. Il microbiota intestinale può
traslocare dal lume intestinale fino al fegato, provocando NAFLD o NASH nel paziente sano e favorendo lo
sviluppo di encefalopatia nel paziente cirrotico.
Trapianto fecale. Impiantando feci di donatori sani in topi nei quali era stata indotta una neoplasia si aveva
una risposta migliore al trattamento immunoterapico con Ab anti-PD-1. Si usa anche per pz con infezioni da
Clostridium difficile refrattarie alla terapia antibiotica o ricorrenti. Nella CU: per ora non ci sono evidenze
definitive di beneficio per i pazienti.

36. Polipi intestinali


Definizione. I polipi sono protrusioni macroscopicamente visibili sulla superficie mucosa dell’intestino, con
dimensioni variabili da pochi millimetri ad alcuni centimetri. Dal punto di vista macroscopico, possono
suddividersi in sessili, forniti di una larga base d’impianto, o peduncolati, dotati di un peduncolo, e possono
essere singoli o multipli. Le condizioni in cui sono presenti almeno 20 polipi vengono denominate poliposi.
Classificazione istologica.
- Polipi mucosi neoplastici: forme benigne (adenoma) e maligna (adenocarcinomi). I polipi adenomatosi
suddivisi in serrati (tradizionale o sessile), tubulari (più frequente), tubulo-villosi (dimensioni variabili tra 1 e
10 cm di diametro) e villosi (più frequentemente nel retto e solitamente sono quelli di dimensioni maggiori).
- Polipi mucosi non neoplastici. Tra questi ci sono: 1. Polipi infiammatori o pseudopolipi, tipici delle IBD.
2. Polipi iperplastici: sempre benigni. 3. Amartomatosi, suddivisi a loro volta in polipi giovanili e polipi di
Peutz-Jeghers (responsabili di specifiche forme di poliposi).
- Lesioni sottomucose (rilevatezze), rialzi della mucosa dovuti a lesioni al di sotto della stessa. Può ex
necessario fare diagnosi differenziale con altri tipi di lesioni. Le più frequenti sono: lipomi e leiomiomi
(benigni, frequenti), pneumatosi cistica intestinale, fibromi, neurofibromi, endometriosi, noduli linfoidi.
Classificazione morfologica. Classificazione di Parigi: adenoma sessile, peduncolato o piatto non polipoide.
Il non polipoide può essere lievemente rilevato, piatto o depresso. La forma escavata raggiunge lo strato al di
sotto della mucosa divenendo ulcerata; infine, esistono le forme miste.
Classificazione delle poliposi.
- Ereditarie:
 Adenomatosa: FAP; varianti della FAP (Sindrome di Gardner, sindrome di Turcot, forma
attenuata di FAP, Poliposi MUTYH).
 Amartomatosa: Sindrome di Peutz-Jegher; Poliposi giovanile.
- Non ereditarie: sindrome di Cronkhite-Canada; poliposi iperplastica, Iperplasia nodulare linfoide.
Storia naturale. Mucosa normale  su di essa pox agire fattori genetici, ambientali-nutrizionali  riscontro
di un piccolo adenoma, che può ex rimosso tramite polipectomia endoscopica (si fa comunque follow up) 
se non rimosso, può ingrandirsi e presentare displasia di alto grado  se ancora non rimosso, evoluzione a
adenoma cancerizzato (polipo nella cui testa si formano delle alterazioni maligne, ma con ancora peduncolo
indenne) e se rimosso, si può fermare l’evoluzione. Invece, se viene interessato peduncolo, mucosa e
sottomucosa si parla di adenocarcinoma avanzato.

37. FAP, varianti della FAP e poliposi amartomatose


Definizione. FAP è la forma più preoccupante: può interessare tutto l’intestino con un numero elevatissimo
di polipi. È ereditaria AD (90% casi), mutazione LOF del gene oncosoppressore APC.
Epidemiologia. 1:10.000. L’intervento più indicato è la rimozione di tutto l’intestino.
Storia naturale. Polipi adenomatosi clinicamente apprezzabili dai 15-35aa, si fa colectomia profilattica. FAP
ha evoluzione invariabile in CCR a circa 40aa. Sorveglianza con colonscopie biennali dai 10 anni fino alla
colectomia profilattica.
Varianti.
- Sindrome di Gardner. Variante della FAP. Dà osteomi, tumori benigni dei tessuti molli (desmoidi, cisti
epidermoidi, fibromi e lipomi.
- Sindrome di Turcot. Dà tumori cerebrali (medulloblastoma).
- FAP attenuata. Minor rischio di sviluppare adenocarcinoma.
- Poliposi MUTYH. Inattivazione del gene MUTYH.
Poliposi amartomatose. 1. Poliposi giovanile. 2. Peutz-Jeghers non sono maligne ma possono complicarsi
danno intussuscezione, sanguinamento o occlusione intestinale. Forme riconoscibili perché danno
pigmentazioni caratteristiche delle labbra, della bocca e della cute.

38. Adenocarcinoma intestinale


Distinzione adenoma e tumore. La presenza di adenoma è a conditio sine qua non per lo sviluppo del
carcinoma. Le caratteristiche che permettono di distinguere l’adenoma dal tumore sono che l’adenoma può
essere sessile, peduncolato o non polipoide (classificazione di Parigi), mentre il tumore può essere vegetante
(aggettante all’interno del lume), stenosante (interessa a manicotto la parete dell’intestino) o ulcerato.
Epidemiologia. Il CCR rappresenta il 95% dei tumori maligni del colon (5% linfomi e sarcomi).
Fattori di rischio. Dietetici, genetici, età, IBD (CU rischio 10% dopo 10aa), Adenoma, Pregresso CRC.
Classificazione morfologica. L’adenocarcinoma può ex vegetante (irregolare, simil-cavolfiore); stenosante
(endoscopio fa fatica a passare, interessa tutto il lume); ulcerato (può confondersi con un’ulcera. Le lesioni
neoplastiche possono somigliare alle forme benigne: ci sono le forme protrudenti che si dividono in
peduncolate, sessili e semipeduncolate, le forme non protrudenti in superficiali, piatte, depresse o miste.
Classificazione del “pit pattern” secondo Kudo: le cripte di Lieberkuhn diventano patologiche quando si
allargano e assumono un aspetto dismorfico.
Stadiazione. Classificazione di Dukes: stadio I, Dukes A – T1-2 N0 M0; stadio II, Dukes B – T3-4 N0 M0;
stadio III, Dukes C T1-4 N1-3 M0; Stadio IV, Dukes D – T1-4 N1-3 M1.
Quadro clinico. Polipo asintomatico; se sessile ed eroso dà rettorragia, alcuni mucorrea. Manifestazioni del
CCR sono invece tardive: rettorragia, mucorrea, sintomi ostruttivi, alterazioni alvo, difficoltà evacuative,
peso rettale. Anemia importante se cancro è nel colon destro. Se polipo vegetante dà rettorragia, senso di
peso rettale e incompleta evacuazione; se polipo stenosante stipsi, dolore e gonfiore addominale. Se
carcinoma avanzato, vomito fecaloide. Ovviamente anche astenia, calo ponderale, anoressia.
Prevenzione primaria. Identificare i soggetti a rischio ed agire sui fattori di rischio modificabili (consumo di
carne rossa o cottura ad alte temperature con carbonizzazione delle proteine, fumo, alcol). Fattori protettivi:
dieta ricca di verdure e frutta, apporto di calcio, selenio, acido folico vit A e C. Prevenire l’obesità.
Prevenzione secondaria. Lesione già presente, ma pz asintomatico. Diagnosi precoce, l’arma migliore è lo
screening. Criteri OMS screening: SOF o il test immunochimico (FOBT o FIT) che ricerca anticorpi per
l’HB umana; Sigmoidoscopia: primo tratto di colon dove lesioni più frequenti. Se esame è negativo si ripete
dopo 5 anni. Non necessaria preparazione della colonscopia; Colon-TC o coloncscopia virtuale: stessa
pulizia della colonscopia, meno invasiva della colonscopia, svantaggio che non può fare polipectomia e
istologia, costo alto e scarsa accessibilità, minore accuratezza nel rilevare i polipi < 0,5cm.
Prevenzione terziaria. Pz che stanno trattando o hanno trattato la neoplasia (più di competenza oncologica).
Si possono cercare delle possibili lesioni in fegato con eco addome, poi TC e poi biopsia da cui si capisce se
lesione secondaria da CCR o primaria. In genere le metastasi al fegato sono tipicamente lesioni a bersaglio.

- Sanguinamenti del tratto digestivo


Epidemiologia. Incidenza 100-150/100.000 abitanti, cresce con l’età (>60aa). 85% sono casi autolimitanti.
Ulcera è la causa più frequente.
Classificazione. 1. Sanguinamento del tratto digestivo superiore (stomaco, esofago, duodeno); 2. Del tratto
inferiore (piccolo intestino, colon).
Eziologia. Varicose (20%) o non varicose: ulcera peptica (50% casi); gastrite ulcerativa (10-25%); Mallory-
Weiss (10%, pz che riferiscono vomito, di cui l’ultimo con sangue. I conati hanno dato fissurazione del
cardias); Esofagite (3%); Neoplasia (3%); Lesioni vascolati (es. di Dieulafoy 3%); Altre lesioni (es. angiomi
o GAVE).
Inquadramento clinico. Il pz va stabilizzato dal pdv emodinamico (valuta P arteriosa). Valuta diuresi,
ossimetria e shock index (FC/PA, normale è tra 0,5 e 0,7). Si valuta il V perso (sia sangue che liquidi): fino
al 10% di V ematico perso può essere asintomatico, se >25% shock emorragico. Si fa esplorazione rettale
digitale: se sanguinamento rosso vivo verosimilmente il sanguinamento è basso, se melena è alto. Tuttavia,
sono sufficienti 50-100 cc di sangue in stomaco per dare feci nere e che perdite superiori a 1L provocano
accelerazione del transito intestinale con emissione di feci rosso vivo o scuro anche se l’emorragia è alta.
Dopo aver stabilizzato il pz, si fa anamnesi: chiedi sanguinamenti precedenti, disturbi correlati (dolore),
conati, sintomi GI, patologie note, assunzione di farmaci, alcol. Si fa EO.
Provvedimenti immediati. Due accessi venosi per infondere liquidi; accesso centrale per infusione
importante e per misurare la P venosa centrale; Prelievo ematico: Ht, PT, PTT, piastrine e gruppo sanguigno.
Diagnosi. Primo livello: aspirazione con SNG, indicativo se si trova sangue rosso vivo.
Trasfusione. A seconda dell’entità del sanguinamento, instabilità di polso e pressione, segni di
sanguinamento persistente, età avanzata.
Prognosi dell’ulcera. Esistono fattori prognostici endoscopici (stigmate maggiori (sanguinamento in atto,
vaso visibile, coagulo adeso, sangue nello stomaco), sede dell’ulcera (parete postero-inferiore del bulbo o
parete superiore dello stomaco), dimensioni e profondità dell’ulcera) o clinici (emorragia, shock, ematemesi,
bassa emoglobinemia, necessità di trasfusione, emorragia durante il ricovero, malattie associate, coagulopatie
ed età avanzata). Blatchford Score (stima V perso in base all’urea): stima la necessità di endoscopia.
Lesioni riscontrate con endoscopia. A livello esofageo (varici esofagee, neoplasia esofagea, esofagite da
reflusso o batterica, lesione di Mallory-Weiss); a livello gastrico (ulcera gastrica, gastrite, angiodisplasie,
lesione di Diculafoy, varici gastriche, GAVE ectasia vascolare antrale gastrica); a livello duodenale (varici
duodenali, ulcera duodenale, fistola aorto-duodenale).
Terapia medica. Il sanguinamento non varicoso è trattato con PPI per via ev continua. Obiettivi:  pH
gastrico, migliorare attività piastrinica,  conversione di pepsinogeno in pepsina. Coagulo si forma, ma non
viene digerito.
Classificazione endoscopica di Forrest.
- Lesioni ad alto rischio (sanguinamento attivo): Forrest IA (s. arterioso a getto); IB (s. lento e contino);
- A medio rischio (s. non attivo): Forrest IIA (vaso visibile ma non s.); IIB (coagulo visibile sul fondo
dell’ulcera, al di sotto c’è il vaso leso che va trattato, rimuovendo il coagulo); IIC (ulcera a fondo piatto).
- A basso rischio (s. non attivo): Forrest III (si vede solo ulcera senza vaso e senza coagulo).
Terapia endoscopica. 3 metodiche: Iniettiva (adrenalina, vasocostrittrice, o polidocanolo, sclerosante);
Coagulativa (heater probe [termica da contatto], laser o Argon plasma), Meccanica (clip).
Se terapia endoscopica non possibile:
- Angiografia inteventistica: prima AngioTC per rilevare la sede e anatomia dei vasi, poi inserimento spirali
trombigene per chiudere il vaso.
- Chirurgia (5% dei casi): se lesione troppo estesa o ulcera rifornita da più vasi.
GAVE. Ectasia vascolare antrale, complicanza di cirrosi o IRC. Sanguinamento non varicoso e non legato a
 P portale, ma dovuto a mediatori vasoattivi in circolo che inducono ingrandimento vasi della mucosa
gastrica. Sanguinamento raramente evidente, si manifesta con anemizzazione importante, e pz richiede molte
trasfusioni. Terapia con Argon plasma o radiofrequenze per bruciare i vasi superficiali.
Gastropatia ipertensiva portale. Sanguinamento non varicoso determinato da ipertensione portale che causa
congestione nella mucosa dello stomaco. Frequente nei pz cirrotici.

39. Sanguinamento da varici + (emorragia digestiva)


Varici esofagee. (50% dei pz cirrotici), se non trattate rischio sanguinamento a 2aa del 60%. Il
sanguinamento si verifica quando la differenza tra P portale e P delle vene sovra epatiche è >12mmHg.
Rottura quando la P idrostatica > resistenza della parete.
Classificazione endoscopica:
- Localizzazione (esofago inferiore, medio, superiore). Si manifestano sempre a partire dalla giunzione
esofago-gastrica, punto di emergenza delle vene perforanti: se esofago superiore, anche medio e inferiore.
- Forma: straight (F1); Tortuose (F2); Very large (F3).
- Colore: blu (alto rischio rottura); bianca.
- Segni rossi: lineari; macrocisti (segni rossi a puntino); ematocisti (segni rossi a puntino ma più grandi).
Fattori di rischio. Ipertensione portale; fase avanzata di malattia; fattori secondari (alcol, FANS,  P
addominale).
Trattamento. Prima tratta malattia di base; riduci ipertensione portale con Beta bloccanti non selettivi;
interventi radiologici o chirurgici.
- Medico: Vasocostrittore splancnico (Terlipressina); Profilassi antibiotica (ceftriaxone e ciprofloxacina);
Terapia trasfusionale restrittiva per avere 8g/L di Hb. Terapia con PPI inutile.
- Endoscopica: legatura delle varici (prima linea, posizionamento elastici che strozzano la base delle varicim
con il tempo cadranno a seguito del processo cicatriziale); Iniezione di Polidocanolo (sclerosante).
- Se endoscopia fallisce tamponamento con sonda di Blakemore o stent ricoperto e poi TIPSS o Chirurgia.
[Blakemore: sonda costituita da due palloni, uno gastrico e uno esofageo, che vengono gonfiati, così da comprimere le varici. È uno
strumento temporaneo (max 48h) per gestire il sanguinamento fino a quando non si interviene con la TIPS. Esiste uno strumento più
moderno che è uno stent ricoperto, usato solo per varici esofagee negli ultimi 15 cm di esofago (lascita in sede anche 7 gg). TIPS.
Derivazione porto-sistemica radiologica, che serve a ridurre la P della vena porta. Trattamento radiologico meno rischioso: si accede
tramite la giugulare e si inserisce uno shunt tra la V sovraepatica e la V porta, creando uno shunt porto-sistemico. Chirurgica: shunt
tra V splenica e renale.]

Varici gastriche.
Classificazione in base alla sede. GOV1 (comunicazione con EGJ lungo piccola curvatura; GOV2 (lungo
grande curvatura); IGV (non comunicanti con la EGJ).
Rischio di sanguinamento. Tipologia (IGV>GOV2>GOV1); Dimensione (ordine decrescente); Classe di
Child (C>B>A); Segni ossi sulla varice).
Terapia. Preventiva β-bloccanti non selettivi; terapia endoscopica per pz che hanno già sanguinato una volta
o tecniche radiologiche.

40. Cause gastroenterologiche di anemia


Per individuare causa dell’anemia esami di primo livello sono EGDS e colonscopia. Esame di secondo
livello per indentificare le cause dell’anemia sideropenica sono gli anticorpi anti-transglutaminasi.
Gastrite autoimmune.
GAVE.
Emorroidi croniche (sanguinamento GI inferiore).
Adenocarcinoma gastrico.
Emorragia digestiva di origine occulta. Dà anemia sideropenica o Sangue occulto nelle feci positivo. Questo
tipo di emorragia si può manifestare acutamente con melena oppure cronicamente, in modo continuo o
intermittente. Interessa fino al 5% dei pz con s. GI. Cause più frequentu: angiodisplasia, MC, lesioni ileali o
digiunali da FANS, tumori del tenue. Diagnosi con enteroscopia, scintigrafia con emazie marcate,
angiografia, enteroclisma.
Anemia persistente da deficit di ferro associata alla celiachia. Quasi un terzo dei pazienti adulti e il 9% dei
bambini con celiachia manifestano anemia sideropenica. L’anemia nella malattia celiaca di solito si risolve
con una dieta gluten free mantenuta per due anni. Origine multifattoriale: per danno cronico alla mucosa con
deficit di assorbimento; se prevale forma infiammato, malassorbimento; Pox perdite occulte di sangue (raro).

41. Fisiologia della secrezione gastrica


Istologia. Cellule principali zimogene (pepsinogeno), cellule parietali ossintiche (HCl) e cellule mucipare
superficiali. Anche cellule mucose, cellule di rigenerazione, cellule enteroendocrine (somatostatina, istamina,
gastrina). Fx: muco e bicarbonati proteggono la mucosa; HCl attiva la pepsina ed elimina i batteri; Fattore
intrinseco permette assorbimento della B12; Pepsinogeno e lipasi gastrica per assorbimento; Gastrina (da
cellule G enteroendocrine) stimola secrezione acida; Somatostatina (da cellule D enteroendocrine); Istamina
con azione simile alla gastrina.
Motilità gastrica. Porzione prossimale (fondo e parte del corpo): contrazioni toniche e raccolta di cibo;
Porzione distale (resto del corpo e antro): peristalsi propulsiva, attività motoria inter-digestiva, attività
motoria post-prandiale.
Situazione di gastroparesi: stomaco immobile per ccause idiopatiche o neurologiche o conseguenza di
diabete, LES, sclerodermia, trattamenti radio o chemioterapici o aumento del liquido amniotico in
gravidanza (che si associa anche a vomito da iperemesi gravidica).
[Malattia peptica comprende tutto. Averla significa avere ipersecrezione acida, iperattività di gastrina e può
dare gastrite, UD o UG.]

42. Ulcera peptica (Gastrica, duodenale e da FANS)


Definizione. Lesioni infiammatorie della mucosa dell’apparato gastroenterico che compaiono in aree esposte
all’acido e pepsina. La conseguenza è o un processo infiammatorio generalizzato sulla mucosa gastrica
(gastrite, in cui l’infiammazione è dimostrata istologicamente), oppure un interessamento mucosale più
contenuto che genera un’erosione che eventualmente evolve in ulcera se diventa più profonda. L’ulcera
peptica non è solo di interesse gastrico (UG), ma anche duodenale (UD).
Storia naturale. Erosione interessa la mucosa ma non supera la muscolaris mucosae. Se l’insulto persiste, la
lesione si approfonda e supera la mm e la sottomucosa, diventando ulcera acuta. Se il danno persiste si arriva
all’ulcera cronica.
Epidemiologia. L’incidenza aumenta con l’età con una proporzione M:F di 3:1. UG più frequenti delle UD.
Complicanze. Perforazione dell’ulcera che porta a liberazione del succo gastrico in addome dando peritonite
e addome acuto; Sanguinamento con ematemesi o melena. UD può dare penetrazione: complicazione
penetrando nel pancreas. Infine, una complicanza è la stenosi (restringimento del tessuto che fa guarire il
fondo dell’ulcera, ma altera la mucosa circostante causando difficoltà della digestione.
Eziologia. Più comuni: FANS; H. pylori; l’alcol; quest’ultimo insieme all’Helicobacter causano più
frequentemente ulcere duodenali, mentre i FANS non causano il sanguinamento preferenzialmente in una
sede. In particolare, l’90% delle UD sono causate dal batterio in questione, e va sempre ricercato quando la
sede è il duodeno. UG causata maggiormente da FANS.
Sintomatologia UG e UD. UD dà dolore notturno e il dolore si allevia con ingestione di cibi che tamponano
acidità. UG si associa a mancanza di appetito. Quadro comunque molto variabile (10-40% asintomatiche).
Basandosi esclusivamente sulla sintomatologia si fa a fatica a definire un paziente come affetto da UG o da
UD, o ancora da gastrite acuta o cronica.
La presentazione clinica più frequente è la melena (60%), e le caratteristiche endoscopiche rappresentano i
migliori indicatori prognostici. Altri sintomi: epigastralgia, senso di gonfiore, nausea e vomito.
Diagnosi. Anamnesi fondamentale. EO inutile perché non si può palpare lo stomaco. Esami bioumorali
rilevano al massimo anemia. Prima si faceva RX (ancora utile in caso di perforazione), oggi si fa EDGS.
Terapia medica. Obiettivi: guarigione dell’ulcera, prevenzione recidive e complicanze. Deve agire sulla
causa dell’ulcera e su ciò che ha portato a iperproduzione di acido. Si danno: PPI e gastroprotettori. No dieta.
I recettori bersaglio sono i recettori H2 e i recettori delle prostaglandine.
Danno da farmaci. I farmaci possono dare erosioni (macchioline rosse della mucosa). In assenza di terapia, le
erosioni possono approfondirsi evolvendo in ulcere. Le gastriti erosive possono inoltre complicarsi causando
emorragia. I farmaci possono provocare inoltre gastrite acuta e, se il danno persiste, gastrite cronica con
assottigliamento della mucosa che porta ad aumentato rischio di metaplasia, displasia e anche di tumore.

43. Helicobapter pylori


Definizione. Molto diffuso (60-70% della popolazione). Bacillo, gram -, produce le ureasi (vengono sfruttate
nel breath test). Prolifera sullo strato di muco della mucosa gastrica e non viene eliminato dalla risposta
immunitaria. Infezione ubiquitaria. Infezione da HP non significa avere la malattia.

Fattori di rischio. Età (rapida acquisizione nell’infanzia nei paesi in via di sviluppo); Nazione (in paesi
poveri); no differenze di genere; bambini di genitori affetti sono più ad alto rischio di infezione.
Modalità di trasmissione. Oro-orale: la nicchia preferita è lo stomaco ma è possibile che HP si alimenti nella
placca dentaria e nella saliva (via più diffusa nei paesi industrializzati). Oro-fecale; Hp di alimenti crudi; Hp
che alcuni animali siano da reservoir; Hp che in alcune acque fredde si trasmetta in caso sia entrato un
soggetto positivo.
Quadri patologici. 1. Pz asintomatici; 2. Quadro infiammatorio: HP porta a diminuzione dei fattori protettivi,
causa iperacidità a livello del duodeno con cambiamenti della mucosa (metaplasia gastrica nel duodeno) e
poi UD); 3. Danno localizzato a livello gastrico e non duodenale. Si verifica metaplasia intestinale nello
stomaco fino a gastrite atrofica (lesione precancerosa, poi carcinoma gastrico).
Diagnosi. Endoscopia: 2 prelievi antro e 2 prelievi corpo.
Gastrite cronica da HP. Si ha prima una gastrite acuta, se il danno persiste gastrite cronica. L’antro gastro è
la zona prediletta da HP come substrato. Nella maggior parte dei casi è una forma asintomatica e i sintomi se
presenti sono aspecifici (epigastralgia, senso di ripienezza e sazietà precoce, tipici di una gastrite).
Terapia farmacologica. Eradicazione si associa a guarigione dalla gastrite e a scomparsa dei sintomi. Se
viene trattato con un singolo antibiotico, è possibile che sviluppi resistenze, quindi si usano due o tre
antibiotici in combinazione per 7 giorni. Viene somministrato anche PPI ad alto dosaggio per circa un mese.

- Gastrite acuta e cronica


Gastrite acuta. Si manifestano con mucosa rosso intenso. Eziologia: virale (CMV), Funginee (candida, anche
se più frequentemente dà esofagite), Batteriche (HP), pz in rianimazione che hanno subito interventi
chirurgici maggiori o che sono intubati (gastrite emorragica da stress o da shock), infine gastrite da FANS o
da alcol. Clinica varia (da pz asintomatici a pz con solo bruciore, a epigastralgia o ematemesi).
Gastrite cronica. Mucosa di colore più pallido dovuto ad assottigliamento. Metaplasia intestinale dello
stomaco, fino a atrofia mucosale. Eziologia: infezione cronica da HP, farmaci, reflusso biliare che provoca
danno alcalino, autoimmunità con anticorpi contro le cellule parietali con una  di HCl e fattore intrinseco,
Alcol fumo e MC. Sintomatologia aspecifica (malessere digestivo, dispepsia, dolore addominale, nausea e
vomito).
Classificazione del danno. Erosione (danno fino a muscolaris mucosae), ulcera acuta (supera mm), ulcera
cronica (supera la sierosa, tentativo di guarigione con produzione di tessuto cicatriziale).

44. Gastrite atrofica autoimmune (esami biochimici per ricerca di autoanticorpi e


gastropanel)
Forme rare di gastrite. Gastrite linfocitica, gastrite eosinofila, gastrite granulomatosa.
Gastrite atrofica autoimmune. Sottotipo di gastrite associata ad un processo autoimmunitario con sviluppo di
anticorpi anti-cellule parietali e anti-fattore intrinseco. Se anticorpi anti-cellule parietali: danno mediato dai
linfociti T e da diverse citochine, determinando evoluzione atrofica che è limitata al terzo prossimale dello
stomaco perché le cellule parietali non sono presenti nell’antro.
Gastropanel. È un test bioumorale con prelievo di sangue, ideale in pazienti giovani (non si vuole fare subito
gastroscopia senza una indicazione più forte). Si indagano: gli anticorpi anti-HP; la gastrina; il pepsinogeno
di tipo 1 (PGA, prodotto a livello dello stomaco prossimale, e quindi ridotto in caso di atrofia corpo-fondo);
quello di tipo 2 (PGC, prodotto anche a livello dell’antro). Da ciò si effettua una valutazione del rischio.
- Basso rischio: un paziente senza anticorpi per l’HP, con gastrina, PGA, PGC, rapporto PGA/PGC normali
(PGA può essere anche alto). Questo in un paziente giovane in particolare è una indicazione a non eseguire
la biopsia. Talvolta la gastrina può essere bassa, ciò sta ad indicare che il paziente produce un po’ più acido
ma non è un parametro di rischio.
- Alto rischio: un paziente invece positivo agli anticorpi, con gastrina molto alta (indica atrofia stomaco che
non produce acido) o molto bassa (in cui quindi il bilancio tra secrezione acida e gastrina è alterato), con
PGA molto ridotto (indicante atrofia del corpo-fondo) e un rapporto PGA/PGC sotto 2. Questa è invece una
importante e sicura indicazione verso la gastroscopia.
Il Gastropanel non sostituisce l’EGDS, permette invece di fare una stratificazione di rischio, che indirizza o
meno ad un approfondimento aumentando l’efficienza diagnostica. Se il paziente è a basso rischio, è
possibile posticipare la gastroscopia. Si utilizza in categorie concettualmente a basso rischio ma non in quelle
ad alto rischio, con sintomi di allarme, perché in tal caso si fa direttamente l’EGDS.

45. Tumori dello stomaco (oltre il carcinoma)


Adenocarcinoma gastrico. Bisogna distinguere tra:
- Tumore ben differenziato: associato a infezione da HP, con lesioni precancerose in strutture ghiandolari,
compare in età avanzata e ha prognosi migliore;
- Tumore scarsamente differenziato: colpisce pz giovani (30aa), le cellule sono “ad anello con castone”, non
necessariamente associato a infezione da HP, c’è predisposizione e familiarità, insorge su un organo sano
senza lesioni precancerose, prognosi peggiore.
Sintomi. Aspecifici, sovrapponibili ad una gastrite o esofagite. A volte dolore epigastrico irradiato, molto
intenso (segno prognostico negativo). Sintomi variano a seconda della localizzazione: se sotto-cardiale
(disfagia), se antro o piloro (pesantezza, difficoltà digestive, vomito).
Diagnosi.
- Esami di lab. Marker tumorali non specifici (CEA, aumentata frequenza nei fumatori); Emocromo (a volte
anemia da perdite croniche di sangue).
- EGDS: gold standard. Si osservano lesioni mammellonate, dette protuberanze a cavolfiore, con una parte
ulcerata centrale e fibrina.
- TAC addome e torace per stadiazione.
Terapia. Se Early gastric cancer (evoluzione di adenoma) terapia endoscopica con mucosectomia. Stomaco è
poco sensibile a chemio e radio, ma si ricercano comunque recettori per fattori di crescita perché può ex
responsivo ad una chemio. Terapia migliore per tumore non metastatizzato è la gastrectomia. Se ci sono
metastasi, terapia palliativa.
Altre neoplasie maligne. Carcinoide (evoluzione di una gastrite atrofica). Più rare sono le forme sarcomatose
(sarcoma di Kaposi, tipico di pz con AIDS, interessa la mucosa di tutto il tratto GI), tra cui leiomiosarcoma,
liposarcoma, neurofibrosarcoma, etc…
Neoplasie benigne. Le più frequenti sono adenoma (polipi) e il leiomioma

46. Tutte le lesioni precancerose del tratto GI


1. Precancerose dello stomaco
- Gastrite cronica atrofica: disfunzione ghiandolare con atrofia di una parte di stomaco. Rischio di
cancro è molto basso, tanto che non si fa follow-up. Dopo infezione da HP è normale il riscontro di
isole di gastrite cronica atrofica, ma non significa alto rischio di cancro. Si usa OLGA staging per il
rischio di cancro: combina entità dell’atrofia del corpo con quella dell’antro. Stadio 0 se assenza in
entrambe, se atrofie severe ubiquitarie stadio 3 o 4 (alto rischio)
- Gastrite cronica metaplasica: Cellule caliciforme mucipare assieme a pseudovilli che compongono la
struttura ghiandolare dello stomaco. Le metaplasie sono distinte in: Tipo completo (struttura
ghiandolare ancora normale); Tipo incompleto (disorganizzazione, nuclei polistratificati).
- Displasia: La classificazione di Padova-Vienna, per la stratificazione del rischio: 1. Negativo per
neoplasia; 2. Indefinito per neoplasia non invasiva (InNiN), se il patologo non riesce a capire se la
neoplasia ci sia o meno; è comunque un segnale d’allerta, anche se non definitivo; 3. Neoplasia non-
invasiva (NiN) o displasia: 3.1 Basso grado (LgNiN) o 3.2 Alto grado (HgNiN); 4. Sospetto di
carcinoma invasivo; 5. Adenocarcinoma invasivo.
- Ulcera gastrica
- Gastrite autoimmune con anemia perniciosa
- Polipi gastrici (sono quasi tutti benigni).

2. Precancerose dell’esofago
- Precancerose dell’adenocarcinoma: Barrett
- Precancerose del carcinoma epidermoide: acalasia esofagea, stenosi da caustici, neoplasia non
invasiva (displasia: alterazioni genotipiche e fenotipiche neoplastiche ma che non superano la
membrana basale dell’epitelio).

3. Precancerose dell’intestino
- Polipo benigno: adenomatosi
47. Addome acuto
Definizione. Sindrome di pertinenza medica e/o chirurgica che costituisce circa il 7% dei motivi di accesso al
pronto soccorso. Sintomatologia algica severa localizzata a livello addominale ad insorgenza improvvisa.
Patologie responsabili dell’addome acuto.
- Addominali. (Patologie intestinali: appendicite, diverticolite, occlusione intestinale, ulcera peptica
perforata, colite ischemica; Patologie delle vie biliari: colecistite, ostruzione delle vie biliari; Patologie del
pancreas: pancreatite; Patologie urinarie; Patologie ginecologiche; Patologie vascolari: rottura aneurisma
addominale.)
- Extra-addominali e sistemiche. Patologie cardiovascolari; Infezioni; Tossine; Patologie endocrine e
metaboliche.
Gestione del pz. Valuta parametri vitali. Esami di lab (emocromo, indici di fx epatica, colestatica e
pancreatica). Indagini strumentali di primo livello (RX addome, se si vede una falce sul diaframma il pz è
perforato e deve andare in sala operatoria; RX torace per cardiomegalia, versamento pleurico, etc…) e anche
ECG. Indagini di secondo livello: TC. La tachipnea di associa a malattie toraciche, insufficienza cardio-
respiratoria, ischemia intestinale, stato settico, chetoacidosi metabolica. Febbre può essere assente in pz
anergici, anziani e immunosoppressi. Ortopnea associata a cardiopatie e ascite.
Esame obiettivo dell’addome acuto.
- Ispezione. Può indicare: 1. Distensione dell’addome (ileo ostruttivo, paralitico o ascite); 2.
Estroflessione della cicatrice addominale nel caso di cirrosi; 3. La presenza lungo una terminazione
nervosa di vescicole che possono essere ricondotte all’infezione da Herpes Zoster, in questo caso
può essere primariamente segnalato come addome acuto; 4. Ecchimosi sui fianchi e in zona
periombelicale (come il segno di Grey Turner e di Cullen) in caso di pancreatite acuta necrotico-
emorragica; 5. Presenza di cicatrici chirurgiche (eventuali aderenze), di ernie e di masse; 6. Presenza
di sub-ittero o ittero franco che può indicare una patologia a carico del fegato, vie biliari o del
pancreas, o un’emolisi massiva.
Se dolore molto forte a un ipocondrio e irradiazione all’inguine, va esclusa patologia dei genitali maschili.
Nelle donne va esclusa patologia ovarica (malattia infiammatoria pelvica, che dà dolore riferito nella stessa
sede di una qualsiasi patologia a carico dell’intestino. Si può chiedere la consulenza di un ginecologo).
- Auscultazione: valutare i quattro quadranti: superiore destro e sinistro, inferiore destro e sinistro.
Questo schema operativo consente di capire se l’assenza di suono o l’iperperistaltismo siano estesi o
meno a tutto l’addome. All’auscultazione si può apprezzare la peristalsi intestinale, che risulta come
un gorgoglio più o meno acceso: si definisce peristalsi vivace, o torpida a seconda dell’entità del
suono percepibile. L’assenza di suono e quindi un silenzio viscerale va ad indentificare una
condizione definita come ileo paralitico. Si apprezzano, invece, degli schiocchi di tonalità metallica
quando c’è un eccesso di peristalsi in concomitanza di addome acuto.
- Palpazione: se trattabile o meno (si può verificare, infatti, una contrattura del retto dell’addome in
segno di difesa). La palpazione deve sempre partire dal punto opposto all’area in cui il paziente
riferisce dolore e deve essere prima superficiale: in questo modo si può apprezzare l’eventuale segno
di irritazione peritoneale che si manifesta con la contrattura della parete addominale. Se si sospetta
una peritonite si procede con la manovra di Blumberg.Con palpazione profonda si valuta: dimensioni
di milza e fegato; Presenza di masse viscerali; Eventuale massa pulsante, che è quasi sempre
un’urgenza, soprattutto se apprezzabile in sede centrale e riconducibile ad un aneurisma dell’aorta
addominale; Manovra di Murphy: è positiva quando c’è l’arresto dell’atto inspiratorio durante la
palpazione profonda in ipocondrio destro, può associarsi a colecistite acuta.
- Percussione. 1) Appoggiare la mano non dominante a piatto sull’addome del paziente e mantenere il
contatto solamente con il dito medio, che sarà quello su cui si andrà a lavorare, così da evitare che il
resto della mano vada a interferire con la distribuzione del suono; 2) Picchiettare con il dito medio o
l’indice della mano dominante senza accentuare troppo il movimento del polso, mantenendolo
invece rigido; 3) Avere le unghie corte! La percussione rischia di non essere risolutiva e ci si fa
male. La percussione può mettere in evidenza un suono timpanico, tipico se nell’addome è presente
aria (meteorismo); può esserci un suono ottuso se, invece, c’è del materiale solido al di sotto della
parete. Nel caso in cui ci sia pneumoperitoneo si verifica la scomparsa dell’aia di ottusità epatica,
mentre nel caso di appendicite sarà riferita dolorabilità al punto di McBurney.
Esplorazione rettale. Utile se: 1. si riscontra un’ampolla vuota con un addome disteso in paziente anziano
che ha già fatto l’RX dai quali è emersa coprostasi, questi potrebbe avere un fecaloma come problema alla
base. Questa formazione di feci dure e incastrate procura sicuramente un dolore acuto che può essere risolto
con dei banali clismi, escludendo così patologie più importanti. 2. Segni di sanguinamento: si riesce a
distinguere immediatamente se è sangue rosso vivo che proviene da sanguinamenti locali (rettorragia, come
nella rottura delle emorroidi), poco drammatici. L’altro caso è che si tratti di melena, e quindi un sangue
digerito che proviene da distretti più a monte. La melena, infatti, è dovuta a problematiche che solitamente
posso essere ricondotte alle varici esofagee o a ulcere gastriche, situazioni più gravi. 3. Valutare il dolore:
l’esplorazione è eseguita con una pomata a base di lidocaina che anestetizza e consente una migliore
distensione della parete. Nel caso in cui comunque il paziente riferisca dolore potremmo essere di fronte a
patologie anali o peri-anali come emorroidi, fistole, ipertonia o ipotonia sfinteriale. 4. Valutare masse
anomale nel canale anale: cancro del retto o della prostrata.

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