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Pasquali
R: Prevedello Clinica Chirurgica 06-04-2022
Dal punto di vista chirurgico, sono importanti i rapporti del pancreas con la “C” duodenale, che circonda la testa, e
con il dotto coledoco, che presenta una parte di decorso intra-pancreatico all’interno della testa del pancreas.
L’anatomia di tale organo, tuttavia, è estremamente variabile nella popolazione, rendendo la chirurgia del pancreas
abbastanza complessa. Non è infrequente trovare, ad esempio, due dotti coledoco, due vie biliari, vie biliari
accessorie (soprattutto per il segmento V e VIII), anomalie di decorso dell’arteria epatica, soprattutto della epatica
destra, che può decorrere posteriormente al pancreas provenendo dall’arteria mesenterica superiore in circa il 15%
dei casi.
L’irrorazione arteriosa è così organizzata:
• La testa riceve il sangue dall’arteria gastro-duodenale, che si sdoppia formando le arcate pancreatico-
duodenali anteriori e posteriori, le quali si congiungono con i rami arteriosi provenienti dall’arteria
mesenterica superiore;
• Il corpo è generalmente irrorato da un ramo diretto dell’arteria mesenterica superiore;
• La coda è irrorata dall’arteria splenica.
Per quanto riguarda il drenaggio venoso, ha un’organizzazione più semplice ed è a carico di:
• Vena splenica;
• Vena gastrica sinistra, che può confluire nella vena splenica oppure nel tronco portale;
• La testa è drenata in parte dalla vena mesenterica superiore e in parte dalla vena pancreatico-duodenale
posteriore superiore, attraverso un sistema di arcate simile all’irrorazione arteriosa.
PANCREATITE ACUTA
La pancreatite acuta è un processo infiammatorio acuto a carico del pancreas, con variabile coinvolgimento dei
tessuti peri-pancreatici e/o degli organi a distanza.
In passato si credeva che per definire la pancreatite acuta fosse necessaria la restitutio ad integrum dopo la fine del
processo infiammatorio. Attualmente non è più necessaria: in almeno il 5% dei casi viene danneggiato
irreversibilmente anche il dotto pancreatico e ciò porterà allo sviluppo di altre patologie pancreatiche.
Secondo la definizione di Atlanta, la pancreatite acuta è classificata in forma lieve (edematosa, caratterizzata da
una mortalità dello 0,5%) e forma severa (necrotico-emorragica, la cui mortalità si attesta al 30%).
EPIDEMIOLOGIA
È una patologia tipicamente dell’adulto, con picco d’insorgenza tra i 40-50 anni e maggiormente prevalente nel
sesso maschile, con un rapporto M: F = 1,9:1. L’incidenza è minore di 10 casi/100.000 abitanti/anno e stabile nel
tempo a causa della persistenza dei due principali fattori eziologici. La prevalenza è circa uguale all’incidenza
perché le pancreatiti generalmente non recidivano nel breve termine, evento più tipicamente associato alla
pancreatite cronica. La mortalità è compresa tra il 6-20%.
La grande maggioranza delle pancreatiti sono forme lievi, caratterizzate dall’assenza di alterazioni morfologiche
importanti all’imaging e da una normalizzazione rapida degli indici di laboratorio a seguito della terapia. Nel caso
in cui la pancreatite non migliori bisogna sospettare che si tratti di una forma severa, quadro che si associa a
insufficienza d’organo, che può evolvere ad una forma di insufficienza multiorgano nelle fasi più avanzate con
sviluppo di complicanze sia locali (come la necrosi) che sistemiche.
Il professore sottolinea come tutti i casi di pancreatiti acute vengano censiti, poiché tutti i pazienti che la
manifestano si presentano in PS. Per lo stesso motivo, i ritardi diagnostici generalmente sono compresi nell’arco
di qualche ora.
QUADRO CLINICO
Il paziente si presenta lamentando dolore addominale ad insorgenza improvvisa, solitamente dopo un pasto
abbondante. Al dolore si associa una “risposta” della parete dell’addome, che tende alla distensione e risulta poco
trattabile all’esame obiettivo, per lo sviluppo di una peritonite consensuale asettica (si ricorda che il pancreas è
rivestito anteriormente dal peritoneo). Nei casi più gravi può essere presente una massa palpabile in regione
epigastrica percepita come un “peso” dal paziente e accompagnata da un dolore epigastrico che può irradiare
soprattutto al dorso, ma anche verso destra o sinistra.
I segni caratteristici di pancreatite acuta all’esame obiettivo tendono a positivizzarsi molto raramente e tardivamente
e sono:
• segno di Turner: presenza di ecchimosi sui fianchi;
• segno di Cullen: presenza di un’ecchimosi superficiale con formazione di lividi nel tessuto sottocutaneo
attorno all’ombelico.
Si tratta di segni dovuti alla liberazione delle lipasi pancreatiche in circolo, che provocano la digestione del tessuto
sottocutaneo.
L’ittero non è frequente poiché richiederebbe una compressione delle vie biliari che non è detto che ci sia. Quelle
rare volte in cui v’è un calcolo incuneato nella via biliare ci può essere un ittero secondario. È comunque più facile
che non si sia interrotto completamente il flusso della bile, ma ciononostante si è verificata una pancreatite acuta.
L’ittero è quindi incostante, non molto significativo. Il paziente talvolta arriva già all’osservazione in PS con
dispnea o chiari segni di shock e talora con emorragia intestinale.
Nei pazienti con forma severa il quadro può precipitare verso un’insufficienza d’organo con necessità di essere
trasferiti in rianimazione e di un consulto chirurgico. In tali casi tendono a svilupparsi shock (PAO sistolica < 90
mmHg) e, precocemente, segni di disfunzione polmonare con pO2<60 mmHg: il peggioramento è molto rapido e
l’alterazione della funzionalità respiratoria è seconda solo al peggioramento della funzionalità renale, che si
manifesta con un incremento della creatinina ed oliguria. Il paziente inoltre può manifestare emorragia
gastrointestinale. Un altro evento particolarmente grave, che può accompagnare la pancreatite acuta severa entro
24-48 h, è il calo delle piastrine con sviluppo di CID.
Ricapitolando, i parametri che identificano una insufficienza d’organo sono:
• Shock (PAO sistolica <90 mmHg);
• Insufficienza polmonare (pO2 < 60 mmHg);
• Insufficienza renale (creatinina > 2 mg%);
• Presenza di emorragia gastrointestinale (>500 ml/die);
• insufficienza d’organo intesa in senso lato, per la presenza di CID con piastrine al di sotto delle
100.000/mm3, fibrinogeno <100 mg/dl e prodotti di degradazione del fibrinogeno >80μg/ml;
In genere la pancreatite acuta severa esordisce come tale, ma può essere difficilmente riconoscibile nelle prime ore,
oppure può essere non particolarmente evidente il passaggio da una forma lieve ad una severa. Per facilitare il
processo diagnostico, in PS, si utilizzano i criteri di Ranson: se il paziente presenta più di tre criteri, è molto
probabile che si tratti di una forma severa.
Nella forma severa quasi sempre compare necrosi già nell’arco di qualche
ora ed infatti è molto raro il passaggio da una forma edematosa a necrotica.
Le aree necrotiche si dispongono in modo variabile sia nelle dimensioni
che nella localizzazione e sono riconoscibili alla TC con mdc data
l’assenza di perfusione.
Oltre alla necrosi, possono essere presenti anche versamenti enzimatici
localizzati nei pressi del pancreas, che formano raccolte liquide prive di
parete fibrosa che possono infettarsi e tendono ad organizzarsi in
pseudocisti nell’arco di qualche settimana. I versamenti generalmente si
risolvono spontaneamente dopo la guarigione dalla pancreatite.
EZIOLOGIA
DIAGNOSI
• Lipasi: hanno una specificità leggermente più elevata delle amilasi, ma sono meno utilizzate e
principalmente riservate ai casi più complessi, a causa della difficoltà nel processo di misurazione. Il valore
di cut-off è tre volte il valore normale. Tendono a normalizzarsi più lentamente rispetto alle amilasi.
• PCR: particolarmente utile nella diagnostica delle forme necrotiche. Se un paziente che si presenta in PS
con addome acuto e amilasi/lipasi elevate presenta valori bassi di PCR probabilmente è una forma lieve,
mentre se è elevata si tratta di una forma severa. Il picco si manifesta a 48 h dall’evento.
ESAMI STRUMENTALI
CLASSIFICAZIONE DI BALTHAZAR
TERAPIA MEDICA
- Digiuno assoluto;
- Sondino nasogastrico: da usare in particolare se il paziente ha ristagno;
- Reintegro idro-elettrolitico: questi pazienti sono solitamente ipovolemici, ipocalcemici, disionemici,
vomitano e hanno perdita di liquidi retroperitoneale;
- Controllo del dolore: una volta si usavano solamente gli oppiacei, ora riservati solo a casi di dolore molto
severo, essendoci molti altri farmaci analgesici;
- Inibizione della secrezione pancreatica: negli ultimi quarant’anni sono stati provati tutti i farmaci
immaginabili come gli anticolinergici, il glucagone, l’acetazolamide, la cimetidina, la calcitonina, la
somatostatina. In caso di pancreatite acuta bisogna pensare a un processo simile a una valanga a causa
dell’auto-attivazione degli enzimi e usare questi farmaci è un po’ come cercare di fermare una valanga con
le mani. Quindi, nessuno di questi farmaci ha mostrato un’azione inibitoria su questa cascata, la quale non
può che arrestarsi da sola;
- Inibizione degli enzimi pancreatici: in Italia e in Giappone è ancora in uso il gabesato mesilato, che è
un anti-proteasi, il quale ha effetto se somministrato prima dell’attivazione degli enzimi. Tuttavia, l’unica
situazione in cui si può prevedere la comparsa di una pancreatite acuta è quando il medico effettua una
procedura che la può causare, come una ERCP. È quindi un farmaco usato nella prevenzione della
pancreatite acuta da ERCP.
Nel momento in cui gli enzimi pancreatici sono già in circolo, esiste una terapia medica per la prevenzione delle
complicanze:
- Antibiotici: di solito vengono utilizzati solo in caso di pancreatite acuta severa. Gli antibiotici devono
essere in grado di penetrare nelle raccolte pancreatiche, di conseguenza dovranno essere scelti solo quelli
che sono in grado di farlo come l’imipenem, i fluorochinolonici e le cefalosporine di III generazione;
- Gli anti-H2 (difficili ormai trovarli in commercio) o l’omeprazolo: questo farmaco viene usato perché,
diminuendo l’acidità gastrica, si impedisce che quest’ultima arrivi in duodeno stimolando così la secrezione
pancreatica. L’acidità gastrica, infatti, funge da stimolo per la secrezione del succo pancreatico;
- Eparina a basso peso molecolare: importante per la prevenzione trombotica in quanto sono pazienti che
possono andare incontro a CID;
- Destrano a basso peso molecolare;
- Vasopressina;
- Lavaggio peritoneale.
TERAPIA ENDOSCOPICA
Se la causa della pancreatite acuta è un calcolo che blocca il flusso del succo pancreatico, ha senso rimuoverlo
precocemente. La precocità con cui ciò dovrebbe essere fatto richiederebbe la presenza di un endoscopista nelle ore
successive alla diagnosi di pancreatite acuta e questo non è sempre possibile. Il calcolo deve essere indagato con
un’ecografia che evidenzia una dilatazione delle vie biliari e poi bisogna procedere con una sfinterotomia.
TERAPIA CHIRURGICA
Si interviene chirurgicamente quando c’è una necrosi pancreatica infetta, la quale è un’indicazione tassativa
all’intervento chirurgico. Attraverso una TAC viene evidenziata una necrosi infetta con bolle aeree e il paziente si
presenta con segni di sepsi come la febbre: in questi casi intervenire rimuovendo la parte necrotica infetta può
modificare in maniera netta l’evoluzione della malattia.
Se, invece, la necrosi è sterile, intervenire chirurgicamente non è indicato, poiché nel momento in cui si apre il
paziente la necrosi si infetta, peggiorando così la situazione.
L’altra indicazione alla chirurgia è il trattamento delle complicanze e la correzione delle patologie associate
all’albero biliare: per esempio, se un paziente con colelitiasi sviluppa una pancreatite è meglio rimuovere la
colecisti perché lo esporrebbe a recidive. Tuttavia, se ha sviluppato una pancreatite acuta severa, è bene aspettare il
momento più opportuno per intervenire chirurgicamente.
I pazienti con questa patologia muoiono per due motivi: per un’infezione oppure per MOF. Un drenaggio non
chirurgico percutaneo non è adeguato a rimuovere la necrosi pancreatica.
La resezione pancreatica talvolta è considerata eccessiva.
Un altro trattamento che veniva effettuato era un drenaggio con lavaggi della cavità retroperitoneale che poteva
aiutare un paziente con necrosi infetta.
Un altro trattamento effettuato dal chirurgo è la necrosectomia con lavaggio della retrocavità degli epiploon: il
paziente viene operato e viene asportato tutto il materiale necrotico, dopodiché si posizionano dei tubi di lavaggio
e si può persino lasciare il paziente “a pancia aperta” con la cosiddetta laparostomia, tamponandola con delle garze
che vengono cambiate ogni due giorni e facendola guarire per seconda intenzione. Questa procedura viene definita
“open packing” e inevitabilmente espone il paziente a un rischio infettivo elevato.
Un’ulteriore possibilità sono le relaparotomie ad intervalli regolari attraverso le quali si fanno le medicazioni
riaprendo l’addome più di una volta nei giorni successivi, in modo tale da dare una maggiore protezione al paziente.
L’ultima procedura ad essere stata introdotta è la necrosectomia endoscopica con accesso percutaneo dal fianco
sinistro, attraverso il quale si penetra nell’addome e con l’endoscopio viene rimosso il tessuto necrotico. Tuttavia,
questa procedura è associata ad un elevato rischio emorragico, dato che a sinistra ci sono molti vasi importanti come
la vena e l’arteria splenica.
Nelle immagini in basso si possono vedere degli esempi di drenaggio: in quella al centro viene effettuata
un’aspirazione di una raccolta per definire se è infetta e vicino al pallino rosso si possono vedere delle bolle aeree
che indicano la presenza di un germe produttore di gas. A sinistra, invece, si vede un altro drenaggio di una raccolta
infetta, la quale dovrebbe essere prevalentemente liquida.
Nell’immagine all’estrema destra, invece, si possono vedere i risultati di una necrosectomia, e cioè dei pezzi
(chiamati dal professore “debris”) di pancreas marcescente.
PSEUDOCISTI PANCREATICA
ASCESSO PANCREATICO
L’ascesso pancreatico è un’evenienza rara, grave e che prevede una sola cura: l’asportazione chirurgica. In genere
si preferisce questa soluzione piuttosto che il drenaggio perché l’ascesso guarisce meglio se si porta fuori
l’infezione. L’ascesso si manifesta in un paziente che sa di avere una pseudocisti in cui compare febbre fino a 39-
40°C, talvolta uno stato di shock, leucocitosi e uno stato tossico generale.
La TAC permette di fare diagnosi mostrando un liquido che ha una densità pari a quella del pus e spesso con bolle
d’aria. A questo punto, se la pseudocisti può essere asportata in toto col pancreas si procede con l’intervento.
Il professore mostra le due immagini in basso sottolineando come in una si veda una capsula spessa (a sinistra) e
nell’altra (a destra), invece, una capsula molto più sottile. Inoltre, si possono vedere anche le bolle tipiche di un
ascesso pancreatico.
FISTOLA PANCREATICA
PANCREATITE CRONICA
La pancreatite cronica è un processo infiammatorio cronico a carico del pancreas, con progressiva scleroatrofia
parenchimale cui corrisponde un’ingravescente insufficienza esocrina ed endocrina. Ciò non deve essere presente
necessariamente perché molte pancreatiti croniche decorrono per molto tempo senza nessun sintomo.
EPIDEMIOLOGIA
L’età più colpita è 40-50 anni e vengono colpiti maggiormente i maschi (2:1). L’incidenza è di 4 nuovi casi/100.000
abitanti/anno nei paesi anglosassoni, ma in Italia è più elevata, soprattutto nel Nord Est dove si trovano i 7/10 dei
casi italiani. Nei paesi nordici come la Finlandia, invece, l’incidenza è di 13,4 nuovi casi/100.000 abitanti/anno.
La prevalenza (41 casi/100.000 abitanti) è quasi 10 volte più elevata perché è una malattia di cui non si muore
velocemente.
EZIOLOGIA
Il motivo per cui gran parte dei casi sono nel Nord Est è dovuto al maggior utilizzo di alcol, essendo questo una
delle cause di pancreatite cronica. Non esiste una quantità minima di alcol in grado di causare pancreatite cronica,
il rischio aumenta semplicemente con la durata del consumo, quindi, anche bere mezzo bicchiere di vino a pasto
non garantisce che non si sviluppi una pancreatite cronica.
Esistono anche le forme idiopatiche, che sono quelle di cui non conosciamo bene le cause, comprese le forme
genetiche, che sono una minoranza (2%). A questo gruppo appartengono anche la forma tropicale e quella indiana,
forme che si sviluppano in certe comunità, non si sa se per questioni alimentari o etniche o altro. Da qualche anno
si sa che in Europa la maggior parte dei casi di pancreatite cronica sono in Ungheria: in questo paese qualsiasi
ospedale ha a che fare con questa patologia. Ciò è interessante e spinge ad indagare sul ruolo che ha la genetica in
questa malattia, perché l’Ungherese è un ceppo linguistico unico in Europa, come il finlandese. Di conseguenza si
sa che ci sono delle cause genetiche e delle cause ambientali, ma non siamo ancora in grado di capire il peso che
hanno nella patogenesi della pancreatite cronica.
Tra le altre cause ci sono l’iperparatiroidismo e l’ipertrigliceridemia, ma sono molto rare, più importanti, invece,
sono le pancreatiti croniche ostruttive, le quali sono causate da un’ostruzione a livello del Wirsung, che può essere
la conseguenza di una pancreatite acuta. Ciò non vuol dire che tutte le pancreatiti acute diventano pancreatiti
croniche.
La pancreatite cronica può anche avere origine traumatica: un trauma può comportare una difficoltà di scarico a
livello del Wirsung portando allo sviluppo di una pancreatite cronica settoriale ostruttiva.
Un’altra forma è quella autoimmune, di recente scoperta.
PATOGENESI
Ostruzione da concrezioni: un aumento della concentrazione di proteine nel succo pancreatico (nel quale ci sono
enzimi, ma anche glicoproteine, proteine di grandi dimensioni, ecc.) e, quindi, una variazione della sua
composizione favorisce, così come nella bile, la deposizione di calcoli. Si formano così dei plugs (tappi proteici),
che creano il nucleo per l’aggregazione e la deposizione di sali di calcio. La pressione nel dotto di Wirsung
normalmente si aggira intorno ai 15 cmH2O, mentre nei pazienti con pancreatite cronica è molto più elevata (40
cmH2O) a causa delle ostruzioni che si formano e questo porta alla dilatazione dei dotti.
Effetto tossico: l’alcol agisce in maniera diretta verso le cellule acinari causando un danno di tipo necrotico
influenzando anche la composizione del succo pancreatico. Si può dire che questa sia l’unica noxa riconosciuta con
certezza.
Stress ossidativo: favorisce la necrosi acinare, l’infiammazione e la fibrosi come effetto riparativo.
STORIA NATURALE
SINTOMI E SEGNI
• Dolore: è il sintomo prevalente presente nel 95% dei pazienti. Comunque, il 5% dei pazienti hanno un
pancreas completamente calcifico nonostante non abbiano mai manifestato una sintomatologia dolorosa.
Le riacutizzazioni presentano caratteristiche simili alla pancreatite acuta, tanto che il primo episodio di
pancreatite cronica può essere scambiato per una pancreatite acuta. La pancreatite cronica si manifesta con
accessi, poussée dolorosi. Il dolore è violento, localizzato prevalentemente in sede epigastrica e irradiato a
cintura, aggravato dai pasti.
Tutti gli altri sintomi sono tardivi (si manifestano dopo 20 anni di patologia, intorno ai 40-50 anni):
• Malassorbimento: è molto tardivo dato che è sufficiente che la funzionalità del pancreas sia conservata al
15-20% per una buona digestione del cibo;
• Calo ponderale, conseguente alla maldigestione;
• Diabete insulino-dipendente che è causa di morte di questi pazienti;
• Ittero;
• Complicanze:
o Pseudocisti: diverse da quelle della pancreatite acuta, meno frequenti, meno evidenti, ma
difficilmente guariscono spontaneamente. Il sistema duttale, infatti, non permette il drenaggio del
contenuto di tali pseudocisti;
o Stenosi duodenali à episodi di vomito;
o Stenosi del coledoco à episodi recidivanti di ittero.
Questi pazienti arrivano all’osservazione del chirurgo a causa del dolore e delle complicanze (stenosi della via
biliare e del duodeno).
DIAGNOSI
È possibile ricorrere alla PET con 18FDG per fare diagnosi differenziale con l’adenocarcinoma pancreatico.
Esistono pancreatiti croniche con attività metabolica elevata. L’età media del paziente non è utile per distinguere i
casi in quanto si osservano pazienti giovani con cancro del pancreas e pazienti più vecchi con pancreatite cronica.
In alcuni casi le distorsioni del sistema duttale sono peggiori in caso di pancreatite piuttosto che nel cancro.
EGDS può rilevare patologia ulcerosa, associata nel 20% a pancreatite cronica, ma soprattutto può dimostrare la
presenza di stenosi a livello duodenale.
TERAPIA
TERAPIA ENDOSCOPICA
Si ricorre alla terapia endoscopica per il drenaggio del dotto principale tramite stenting: in questo modo si controlla
il dolore causato dall’ostruzione del dotto principale, ma lo stent non può essere permanente. Lo stent viene
utilizzato anche per le stenosi della via biliare e del duodeno.
Si ricorre all’endoscopia anche per il trattamento delle pseudocisti.
Utilizzi dell’endoscopia:
- Sfinterotomia endoscopica per facilitare il flusso degli enzimi nei casi di stenosi o PC ostruttiva peri-
ampollare;
- Estrazione endoscopica dei calcoli. Si può ricorrere alla extracorporeal shock wave per frantumare i
calcoli;
- Dilatazione di stenosi duttale risolutiva in caso di singola stenosi, ma nella PC si ritrovano multiple
stenosi con andamento a corona di rosario;
- Posizionamento di endoprotesi.
TERAPIA CHIRUGICA
È necessario bandire gli alcolici in quanto ciò garantisce dei migliori risultati chirurgici nel tempo. La terapia
chirurgica inoltre ha come obiettivi il controllo del dolore, la risoluzione delle complicanze (per esempio nel caso
di pseudocisti) e il miglioramento funzionale (solo se la funzionalità del pancreas è conservata, ma ostruita).
• Sospetto carcinoma pancreatico à 10% dei pazienti viene operato nel sospetto di carcinoma. Comunque,
il rischio di sviluppare il cancro è aumentato nei pazienti con PC rispetto alla popolazione generale.
PANCREATITE CRONICA
INTERVENTI PRINCIPALMENTE
L’intervento di Puestow è derivativo-demolitivo:
DERIVATIVI
si reseca parte della coda del pancreas, si apre
longitudinalmente il Wirsung e poi si incappuccia
con un’ansa intestinale in modo che il Wirsung
scarichi nell’intestino.
Intervento di Frey: apertura longitudinae del dotto di Wirsung à asportazione della parte
centrale della testa pancreatica à anastomosi pancreatico-digiunale L-L su ansa esclusa alla
Roux.
DCP secondo Kausch-Whipple: resezione della testa del pancreas, dell’ultima porzione di
stomaco e duodeno e della via biliare terminale; ricostruzione del transito alimentare con
gastro-digiuno anastomosi.
COMPLICANZE
• Psudocisti;
• Stenosi della via biliare;
• Ipertensione portale pre-epatica;
• Stenosi duodenale o intestinale;
• Pancreatite acuta severa;
• Emorragia digestiva, emo-wirsungorragia;
• Ascite pancreatica;
• Versamento pleurico;
• Ipresplenismo.
EMORRAGIE DIGESTIVE
Il paziente con pancreatite cronica solitamente muore a causa di altri cancri (esofago, polmone), legati alle abitudini
al fumo e all’alcol di questi pazienti.
Si deve sospettare un cancro pancreatico quando:
- pancreatite cronica ostruttiva a monte di
un dotto normale; PANCREATITE CRONICA
- età del paziente e in caso di un improvviso Quando sospettare un carcinoma pancreatico?
peggioramento del paziente; - Pancreatite cronica ostruttiva a monte di un dotto normale
- PC familiare che si sviluppa in soggetti di - Età del paziente
giovane età e che ha causa genetica; - Pancreatite cronica familiare
- Familiarità per sindromi ereditarie a rischio di carcinoma
- familiarità per sindrome ereditaria: pancreatico: - FAMMM (Familial Multiple Mole Melanoma): p53, p16
costituiscono il 2% di tutti i cancri del - BRCA 2 associated Breast Cancer
- HNPCC (Hereditary Non-Polyposis Colorectal
pancreas. Ad esempio, nella FAMMM le Cancer): instabilità dei microsatelliti
- Peutz-Jeghers: cromosoma 19p13.3
mutazioni di p53 e p16 inducono multipli - FAP (Familial Adenomatous Polyposis): APC gene
- Ataxia-Teleangectasia: cromosoma 11q22-23
melanomi e cancri del pancreas. - Hereditary Pancreatic Cancer
Hereditary pancreatic cancer à in una
FAP: adenomi del grosso intestino
famiglia almeno 2 casi tra consanguinei di
cui uno di primo grado o almeno 3 casi tra primo e secondo grado o 2 consanguinei oltre il primo grado
con età < 55 anni. In questa malattia, ogni generazione precede il cancro di 10 anni.
Il professor Pucciarelli specifica la differenza tra familiare ed ereditario (quest’ultimo trasmesso secondo le regole
della genetica mendeliana).
I pazienti con PC, un tempo, venivano chiamati morfinomani in quanto usavano quantità molto elevate di
analgesici: erano dipendenti dalla morfina a causa del dolore molto importante causato dalla PC.