Sei sulla pagina 1di 3

ISOMMUNIZZAZIONE Rh

I gruppi sanguigni sono caratterizzati da Ag presenti sulla superficie dei GR; ne esistono più di 300, raggruppati in 35
sistemi. Il sistema Rhesus (Rh) comprende i determinanti antigenici CDE-ce; l’Ag D (o Rho) è però quello più
immunogeno di questo e di tutti i sistemi di gruppi caratterizzati dalla produzione di anticorpi immuni (cioè non naturali,
come quelli per il sistema AB0). Se una persona presenta l’antigene D si dice che il suo gruppo sanguigno è Rh+, altrimenti
è Rh–. Questo carattere ereditario si trasmette con modalità autosomica dominante (quindi un individuo Rh+ può essere
omozigote [40%] o eterozigote [60%]) ed ha una prevalenza variabile (dal 70-65% nei Paesi baschi al 99,5% in Estremo
Oriente), ma nella razza bianca l’85% degli individui è Rh+.

Isoimmunizzazione: produzione di Ab verso un Ag proveniente da un’altra persona.


Isoimmunizzazione materno-fetale da incompatibilità Rh: produzione di Ab nella madre verso l’Ag Rh del feto,
ereditato dal padre ma a cui la donna è estranea (quindi si verifica solo se il feto è Rh+ e la madre è Rh-). I GR fetali
possono attraversare la placenta a partire dalla 5° settimana di gravidanza, ma è soprattutto al momento del parto che queste
“trasfusioni” sono di entità notevole. La risposta immune primaria materna provoca però la sintesi di IgM
(sensibilizzazione), che non attraversano la placenta, quindi il rischio di MEN (sdr emolitica del neonato) nel corso della
prima gravidanza incompatibile è minimo (in una donna non immunizzata da pregresse trasfusioni). Nel caso di una
seconda gravidanza incompatibile, i primi GR fetali che entrano nel circolo materno determinano una nuova stimolazione,
provocano una rapida produzione di Ab di tipo IgG e il loro passaggio attraverso la placenta provoca nel feto la distruzione
dei suoi GR (anemia emolitica). Una volta verificatasi l’isommunizzazione, la produzione anticorpale e le conseguenze
cliniche aumenteranno sempre di più ad ogni gravidanza incompatibile successiva.
L’isommunizzazione Rh (in un soggetto Rh-) può verificarsi:
al di fuori della gravidanza in seguito a:
- trasfusione con sangue Rh+ [per errore o in emergenza] o puntura con ago contaminato con sangue Rh+
- trapianto d’organo o di cellule staminali da donatore Rh+
nell’ambito della gravidanza, in cui gli eventi potenzialmente sensibilizzanti, causa di emorragia transplacentare, sono:
- parto (in considerazione della fisiologica emorragia che si - chirurgia fetale
verifica con il secondamento) - trauma addominale materno (indicente
- minaccia di aborto stradale, caduta)
- aborto spontaneo o indotto - rivolgimento podalico
- gravidanza extrauterina - distacco di placenta
- gravidanza molare - sanguinamento in gravidanza
- diagnosi prenatale invasiva (amniocentesi, CVS) - secondamento manuale

Le manifestazioni cliniche più importanti della MEN, cioè dell’eccessiva distruzione dei GR nei feti/neonati, sono:
- l’anemia: se l’emolisi è lieve, l’emopoiesi extramidollare nel fegato e nella
milza può essere sufficiente a mantenere normali livelli di GR; tuttavia, con
un’emolisi più severa, si sviluppa un’anemia progressiva (Hb < 7 g/dl) che
può comportare una lesione ipossica che interessa cuore e fegato. A causa
della lesione del fegato, la sintesi delle plasmaproteine diminuisce e i livelli
di tali proteine possono abbassarsi drasticamente. L’ipossia cardiaca può
portare a scompenso. La combinazione di una ridotta pressione oncotica
plasmatica e di una maggiore pressione idrostatica nel circolo ematico
(secondaria a scompenso cardiaco), sfocia in edema generalizzato ed
anasarca, che infine culminano in idrope fetale.
- l’ittero: si sviluppa in quanto l’emolisi produce bilirubina indiretta. La
bilirubina passa altresì attraverso la barriera ematoencefalica poco sviluppata
del neonato, ed essendo insolubile nell’acqua, si lega ai lipidi nell’encefalo
causando un danno al SNC (ittero nucleare).
[Altre possibili conseguenze: trombocitopenia e neutropenia, da inibizione del MO?]
La gravità del quadro varia però considerevolmente a seconda del grado di emolisi e
della maturazione dei sistemi di organi nel bambino. Quindi le conseguenze della
malattia vanno da un processo emolitico non sempre evidenziabile (nonostante la
positività per il test di Coombs) (30-40% dei casi), a malattia emolitica grave più o meno tardiva (40-50%), a idrope fetale
subito dopo il parto (5%), a morte intrauterina del feto a 25-35 settimane (15%).
Trattamento dell’isommunizzazione: comprende
1) Identificazione delle donne a rischio di emolisi fetale e anemia:
- Stato Rh fetale: le donne Rh- (se non già sensibilizzate) sono sottoposte a screening per gli anticorpi anti-Rh alla
prima visita e a 28 settimane di gestazione; a tale scopo si esegue il test di Coombs indiretto. Se risulta positivo,
deve essere determinato il genotipo fetale: se il padre è omozigote (DD), il feto sarà obbligatoriamente Rh+ (Dd)
e quindi sarà a rischio, se il padre è eterozigote (Dd) o non può essere testato, viene prelevato del sangue
materno per ottenere il DNA fetale (NIPT) e valutare lo stato Rh fetale. Se il feto è Rh- (dd), non è a rischio.
- Livello materno di anticorpi: la determinazione del titolo anticorpale è possibile attraverso l’esecuzione di
diluizioni seriali: si parte dalla provetta iniziale e la si diluisce, poi si prende una parte di questa e la si diluisce
ulteriormente, e così via fino a che non sono più dosabili gli anticorpi. Il titolo anticorpale e il suo trend sono
predittivi della gravità di malattia fetale e servono quindi a decidere se e quando iniziare il monitoraggio fetale.
La concentrazione anticorpale in donne eventualmente sensibilizzate durante la prima gravidanza rimane
tendenzialmente bassa fino alla seconda gravidanza, quando un nuovo passaggio di sangue fetale, di solito nel 2°
trimestre, provoca l’aumento del titolo; quindi, oltre che un titolo elevato (valore critico > 1:32), un aumento
repentino dello stesso ha valore prognostico negativo. La valutazione del trend del titolo è utile inoltre per
discriminare fra una positività al test di Coombs da Ig anti-D secondarie ad immunizzazione passiva
(immunoprofilassi) o attiva: i livelli di anti-D da immunoprofilassi (in genere ≤ 1:4) vanno a diminuire, mentre
gli anti-D di natura immune rimangono stabili o crescono per stimolo antigenico.
Quindi se il titolo è basso e/o in diminuzione, un problema fetale significativo è molto improbabile e quindi si
procede con il controllo del livello degli anticorpi periodicamente nei mesi successivi; se il titolo è alto e/o in
aumento, si rende necessario il monitoraggio ecografico del feto.
2) Valutazione dell’anemia fetale e della sua gravità:
La velocimetria Doppler dell’arteria cerebrale media (MCA) [angolo di insonazione di 0°, cioè il vaso deve essere
parallelo al fascio di ultrasuoni] ha un’elevata sensibilità per l’anemia significativa, in quanto il questa comporta una
riduzione della viscosità ematica e quindi un aumento della velocità di picco sistolico (PSV). Se il rapporto fra il
valore ottenuto e quello mediano per l’età gestazionale (Multiplo di Mediana, MoM) è ≥ 1,50, il feto è anemico.
Questa metodica viene quindi usata almeno ogni due settimane nelle gravidanze a rischio.
L'anemia molto grave (ad esempio, <5 g/dl) è rilevabile con l’ecografia come idrope fetale.
Il dosaggio dell’Hb fetale richiede invece una procedura invasiva: inserendo un ago nella vena ombelicale nel punto di
inserzione del cordone sulla placenta, sotto guida ecografica, si può prelevare il sangue fetale. Considerando i rischi di
questa procedura (sia in termini di perdita fetale che di isommunizzazione), si esegue qualora, nel sospetto di anemia
fetale, si preveda la necessità di una trasfusione intrauterina.
3) Trasfusione di sangue in utero o parto di feti colpiti:
Il prelievo di sangue fetale viene eseguito tenendo pronto sangue Rh-, a elevato ematocrito (90%), leucodepleto,
irradiato per prevenire la GvHD, e negativo al CMV, che può essere iniettato nella vena ombelicale se l’anemia è
confermata. Questo processo di quantificazione dell’anemia e di trasfusione deve essere ripetuto a intervalli più lunghi
(in quanto la maggior parte del sangue fetale proviene dal donatore e quindi non è soggetto a emolisi) fino a circa 34-
36 settimane, dopodiché si programma il parto. Dopo la nascita potrebbe essere necessario trasfondere il neonato con
trasfusioni semplici (per correggere l’anemia) e sostitutive, cioè exsanguino-trasfusioni, (per correggere anche
l’iperbilirubinemia conseguente all’emolisi).

Prevenzione:
La produzione materna di anticorpi anti-D può essere impedita somministrando anticorpi anti-D esogeni alla madre. Questi
“assorbono” i globuli rossi fetali che hanno attraversato la placenta legandosi ai loro antigeni e quindi impedendone il
riconoscimento da parte del sistema immunitario della madre. Se entrambi i genitori sono Rh-, anche il feto deve essere Rh-
e quindi non sarà colpito. La NIPT, indagando il tipo di Rh fetale, può essere utilizzata per determinare se è necessaria una
profilassi anti-D nelle gestanti Rh- (non lo è se il feto risulta Rh-). La profilassi anti-D è inutile se sono già presenti
anticorpi anti-D nel sangue materno in quanto la sensibilizzazione è già avvenuta.
Prenatale: immunoprofilassi anti-D (1500 UI) deve essere somministrata di routine a 28 settimane (perché prima il rischio è
molto basso e la profilassi è efficace per 12 settimane) a tutte le donne Rh- se lo stato fetale non è noto o se il feto è Rh+;
basta questo per ridurre il tasso di isoimmunizzazione alla prima gravidanza da 1,5% a 0,2%. L’immunoprofilassi deve
essere eseguita a queste donne anche entro 72h da qualsiasi evento sensibilizzante, ma si ottiene un qualche beneficio anche
se viene eseguita entro 10 giorni.
Postnatale: il gruppo sanguigno del neonato viene controllato (a meno che non sia già noto) e, se risulta Rh+, viene
somministrata l’immunoprofilassi alla madre entro 72h dal parto. Viene eseguito sul sangue della madre, entro 2h dalla
nascita, un test citofluorimetrico o un test di Kleihauer, per valutare il numero di cellule fetali passate nella circolazione
materna, al fine di rilevare emorragie fetomaterne eventualmente più marcate e tali da richiedere dosi maggiori di anti-D.

Qualora una donna Rh- isoimmunizzata (test di Coombs indiretto positivo) desideri un altro figlio, considerando che
l’immunoprofilassi anti-D non sarebbe utile, ha 3 opzioni:
- inseminazione eterologa da donatore Rh-
- fecondazione in vitro con diagnosi preimpianto dell’Rh, se il padre è eterozigote
- gravidanza da madre surrogata.

* Il test di emoagglutinazione in vitro, o test di Coombs,


- diretto: rileva la presenza di anticorpi adesi ai
GR, mediante l’aggiunta del siero di Coombs
(anti-Ig umane) che lega gli anticorpi anti-GR
in modo da indurre l’emoagglutinazione;
- indiretto: rileva la presenza di anticorpi anti-
GR liberi nel siero, mediante l’aggiunta di GR
con specifici Ag e solo dopo del siero di
Coombs.

** Il farmaco contenente le Ig anti-D deve essere conservato in frigorifero; quindi nel Lazio, una volta comprato in
farmacia con la ricetta dello specialista, deve essere trasportato in opportuni contenitori termici per poi essere
somministrato dal MMG (in altre regioni esistono dei centri vaccinali appositi). Per la somministrazione
dell’immunoprofilassi anti-D richiesto il consenso informato.

Potrebbero piacerti anche