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IPERGLICEMIA OCCASIONALE

Per iperglicemia occasionale a digiuno si intende un valore glicemico che superi la soglia di normalità
situata a 100 mg/dl. In genere i valori delle iperglicemie occasionali oscillano tra 101 e 125 mg/dl. Secondo i
criteri ADA, si ha condizione di diabete quando i valori di glicemia a digiuno risultano uguali o maggiori a
126mg/dl, quindi l’iperglicemia occasionale risulta al di sotto di tale valore.
Il riscontro di valori glicemici indicanti iperglicemia in un bambino o adolescente non diabetico richiede
almeno una verifica e se necessario un circostanziato approfondimento.
Quindi solo quando si è in presenza di due o più rilevazioni di glicemia compresa tra i valori di 101 e
125mg/dl si ha iperglicemia.

Le iperglicemie occasionali possono essere classificate in tre grandi categorie:


1. iperglicemie transitorie secondarie (ITS)
2. iperglicemie evolutive
3. iperglicemie persistenti familiari

Le iperglicemie transitorie secondarie (ITS) si palesano secondariamente a stress febbrili (ITSa) oppure in
concomitanza con l’assunzione di determinati farmaci (ITSb) e non sembrano ripresentarsi più (transitorie),
principalmente in soggetti non predisposti a patologia diabetica, dopo l’esaurimento dello stress o la
sospensione del farmaco. In soggetti predisposti per DM1-DM2 oppure in presenza di familiarità per DM1 si
può invece essere di fronte a iperglicemia evolutiva oppure iperglicemia persistente familiare.
Le ITSa presentano valori glicemici pari a 116±15mg/dl (106-132 mg/dl) e si osservano in caso di:
 crisi convulsiva con o senza febbre (42% dei casi)
 stato di grave disidratazione (26% dei casi)
 sepsi (22 % dei casi)
 intervento chirurgico (10% dei casi)
Ricorrono per lo più in bambini con età compresa tra i 5 e i 7 anni senza anamnesi positiva per sintomi
suggestivi di diabete e di anamnesi familiare positiva e non sono accompagnati da glicosuria (fatta
eccezione per i casi di sepsi in cui è possibile avere valori glicemici superiori a 180 mg/dl superanti la soglia
di riassorbimento renale) ma da possibile chetonuria, nel 64% dei casi.
La loro patogenesi è da ricercarsi nell’ipersecrezione di ormoni controinsulari (catecolamine, glucagone,
cortisolo, GH) che si verifica nelle situazioni di stress. Le catecolammine inibiscono da una parte la funzione
beta cellulare (si tratta di una relativa inibizione poiché i livelli di insulinemia sono normali o elevati ma più
bassi tenuto conto del grado iperglicemico) e dall’altra, glucagone e cortisolo in primis, stimolano la
gluconeogenesi con il risultato di fare aumentare il livello della glicemia.
Le ITSb vengono segnalate in concomitanza con l’assunzione di glucocorticoidi (73%), difenilidantoina (9%),
interferone (6%), GH (6%), tiazidici (6%).
Si osservano in bambini tra i 6 e 9 anni non poliurici né polidipsici. Non sono accompagnate né da glicosuria
né da chetonuria e si risolvono, quasi sempre, alla sospensione del farmaco implicato.
La loro patogenesi è da farsi risalire alla transitoria riduzione di sensibilità periferica nei confronti
dell’insulina oppure all’interferenza nei processi di sintesi oppure secrezione a livello betainsulare.

Il seguente lavoro (‘Non-Diabetic Hyperglycemia in the Pediatric age: why, how, and when to treat?’) mette
a confronto un insieme di studi che presentano come tema principale l’iperglicemia transitoria in pazienti
ricoverati in reparti come la TIN dove vengono gestite le iperglicemie secondarie a sepsi. Dal sommario di
tale studio si delinea che l’ipertensione transitoria da stress (SHY) è tipicamente definita per valori glicemici
superiori a 150 mg/dl e che si risolve spontaneamente al termine dell’evento acuto in pazienti senza
patologia diabetica pregressa. Basandoci sulla letteratura e la pratica clinica possono essere distinte due
situazioni: SHY1 che subentra durante acute-severe e prolungate patologie che minacciano seriamente la
vita del paziente; SHY2 che insorge durante patologie acute che non mettono a repentaglio la vita del
paziente. In caso di SHY1 è importante sapere perché, quando, e come trattare: correzione dell’evento
acuto; stabilizzazione emodinamica con idratazione e primariamente correzione dell’iperglicemia con
insulina ev.

Le iperglicemie evolutive sono espressione di una funzionalità betainsulare compromessa in forma parziale
o completa. Possono riscontrarsi in bambini con malattie croniche coinvolgenti anche la struttura e la
funzione betainsulare (es: fibrosi cistica) o in bambini sani (diabete pre-clinico, diabete clinico tipo 1 e 2).
Le iperglicemie evolutive nei bambini con fibrosi cistica sono la conseguenza di un deficit di insulina
proporzionale al numero delle insule pancreatiche «strozzate» dal processo di fibrosi. La terapia
corticosteroidea o le infezioni ricorrenti possono fungere da eventi precipitanti e trasformare l’iperglicemia
latente in una iperglicemia sintomatica da trattarsi con l’insulina che per le sue proprietà anabolizzanti
risulta essere a beneficio del peso e della funzionalità respiratoria del bambino o adolescente con FC.
Il diabete secondario a fibrosi cistica (CFD) è un diabete di tipo misto perché presenta aspetti conformi al
DM1 e DM2. Il CFD segue delle linee guida terapeutiche totalmente a parte. La soglia glicemica in pz con FC
che comporta glucotossicità e quindi che va a peggiorare la funzionalità respiratoria è pari a 140 mg/dl.

Secondo il GdS Diabete della Società italiana di endocrinologia e diabetologia pediatrica (SIEDP), i n caso di
riscontro di iperglicemia occasionale a digiuno (glicemia tra 100-125mg/dl) va riconfermato una seconda
volta il dato glicemico facendo attenzione che il dato venga raccolto sempre in condizioni di benessere, in
assenza di terapie che possano interferire con il metabolismo glucidico. Se viene confermata l’iperglicemia,
il passo successivo è rappresentato da una attenta raccolta anamnestica. Occorre prendere in
considerazione:
a) Tutti i casi di diabete presenti nel pedigree indipendentemente dalla gravità, dall’età e dal
trattamento pregresso e in corso, con particolare attenzione ai casi di diabete non insulino-
trattato.
b) Casi di diabete gestazionale.
c) Peso alla nascita di tutti i membri del pedigree.
d) Modalità di trasmissione ereditaria.
e) Associazione con altre patologie.
Questi aspetti anamestici sono di rilevanza per considerare un eventuale MODY oppure, in presenza di
altre malattie autoimmuni, una Sindrome poliendocrina autoimmune. Considerando che il MODY è una
malattia ad insorgenza precoce e trasmessa con modalità autosomica dominante, estrema importanza
assume la costruzione di un albero genealogico, che mostrerà un pattern di trasmissione verticale in 2-
3 generazioni (anche se talora si può essere dinnanzi a neomutazioni)
Bisogna in seguito valutare markers immunitari e markers metabolici poiché occorre temere un’evoluzione
verso un DIM (stato preclinico di diabete). Il rischio di evoluzione è proporzionale al numero di markers
immunologici presenti in circolo contemporaneamente. Infatti studi di predizione hanno identificato il
rischio relativo di pazienti disglicemici (presenza di iperglicemia associata ad HbA1c tra 5,7 e 6,4% oppure a
IGT) con X autoanticorpi positivi di poter sviluppare una condizione di DT1a conclamato.
 I Markers immunologici sono fondamentali per escludere la presenza di prediabete tipo 1°
autoimmune. In questo caso infatti, già nella fase preclinica, sono riscontrabili autoanticorpi
specifici contro antigeni delle isole pancreatiche:
- ICA (autoanticorpi citoplasmatici anti-beta cellule delle insule pancreatiche). Al momento
della manifestazione clinica di un DM 1° sono evidenziabili nel70-90% dei soggetti.
- GADA (autoanticorpi anti-decarbossilasi dell’acido glutammico). L’isoenzima specifico del
pancreas è il GAD65. Nel caso del DM1 diagnosticato di recente sono riscontrabili nel 70-
75% dei pazienti e sono dimostrabili anche anni dopo l’inizio della malattia.
- IA-2 (autoanticorpi anti tirosina-fosfatasi). Sono positivi all’inizio della malattia nel 70-80%
dei diabetici di tipo 1° pediatrici e in meno del 50% degli adulti.
- IAA (autoanticorpi anti-insula). Nei bambini con DT1a sono positivi nel 70-80% ma negli
adulti il loro riscontro scende a 20-30%.
- ZnT8A (autoanticorpi anti trasportatore 8 dello zinco). Sono stati rilevati nel 60-80% dei
pazienti DT1a di recente insorgenza.
 I Markers metabolici sono indispensabili per valutare il grado di alterazione del metabolismo
glucidico:
- Glicemia a digiuno e profilo glicemico spontaneo pre e post prandiale
- Curva da carico orale di glucosio (OGTT secondo Fajans e Conn: 1,75 gr/kg peso corporeo
fino a un max di 75 gr in soluzione acquosa al 50%. Per capire in quanti ml di acqua bisogna
diluire il glucosio da utilizzare bisogna rifarsi all’OGTT dell’adulto, in cui si diluiscono 75 gr
di glucosio in 150ml di acqua, seguendo la proporzione 1,75 gr/kg: x ml = 75gr:150ml) che
può dimostrare:
1. Una condizione di sola alterata glicemia a digiuno (IGF) (Glicemia a digiuno tra 100
e 125 mg/dl) oppure
2. Una ridotta tolleranza glucidica (IGT per glicemia a due ore dal carico tra 140 e 199
mg/dl) oppure
3. Diagnosi di diabete (DGT per glicemia a due ore dal carico ≥200 mg/dl)
- emoglobina glicosilata (HbA1c, in % oppure in mmol/mol) al fine di svelare un eventuale
scompenso glico-metabolico e valutarne l’entità. È utile ricordare che in età pediatrica la
HbA1 non è considerata da sola diagnostica per la definizione di prediabete (5,7-6,4%)
oppure di diabete (6,5%) per bassa specificità e sensibilità quindi non può essere
sostitutiva della glicemia e dell’OGTT.
- Dosaggio del C-peptide per valutare la produzione endogena di insulina. È un test che
viene eseguito a tutti i pz in condizioni di diabete ed attuato con somministrazione di
glucagone.
- Dosaggio dell’insulinemia, basale e dopo OGTT, per valutare la presenza di iperinsulinismo
tipico del DT2.
- IVGTT (test da carico endovenoso di glucosio). Si esegue iniettando 0.5 gr/kg di glucosio al
25% infuso in 2–3 minuti e si esegue il dosaggio dell’insulinemia basale, al 1’, al 3’, al 5’ e al
10’. La somma dell’insulinemia a 1’ e al 3’ fornisce la FPIR (first phase insuline response).
L’interpretazione della FPIR è valutata in base a tabelle percentili specifiche per età
evolutiva.
Se i markers autoimmunitari sono positivi e i markers metabolici indicano una condizione di diabete
conclamato o di prediabete la diagnosi è di Diabete di tipo 1 autoimmune o di prediabete tipo 1
autoimmune.
Se i markers autoimmunitari sono negativi in presenza di un OGTT sia patologico che nella norma si
prosegue l’iter, poiché si prospettano diverse possibilità diagnostiche che vanno vagliate sulla scorta delle
informazioni anamnestiche personali e familiari. In questi casi bisogna capire il tipo di diabete che potrebbe
essere inquadrato nella classe ‘altro tipo’ di diabete
Classificazione del Diabete: (vedi immagine al termine della sbob)
 diabete di tipo 1: DT1a (immuno-mediato, positività autoimmunitaria) e DT1b (assenza di
autoanticorpi)
 diabete di tipo 2: l’incidenza in età pediatrica è in aumento in modo proporzionale all’incidenza di
obesità
 altro tipo o tipo 3
 diabete gestazionale

MODY (Maturity Onset Diabetes of Young)


Il MODY è una malattia ad insorgenza precoce e trasmessa con modalità autosomica dominante. Estrema
importanza assume la costruzione di un albero genealogico che mostrerà un pattern di trasmissione
verticale in 2-3 generazioni fatta eccezione per i casi di MODY con anamnesi familiare negativa e che risulta
essere dovuto a mutazione de novo. È una patologia che spesso può essere asintomatica o può manifestarsi
clinicamente in corso di infezioni. L’anamnesi familiare ci aiuta a distinguerlo dall’ITS e dall’iperglicemia
persistente familiare.
Fenotipicamente correla, in genere, con valori di iperglicemia di lieve entità e presenta di solito lenta
progressione da iperglicemia a digiuno (IGF), modesta ma persistente, a ridotta tolleranza di glucosio (IGF)
fino a diabete manifesto.
Epidemiologicamente le tipologie di MODY più frequenti sono rappresentate dal MODY 1, 2, 3, 5.
In Italia la forma più frequente è il MODY2 (locus genico 7p) che ha una prevalenza di circa il 63% dei casi
ed è dovuto a mutazioni eterozigoti inattivanti il gene GCK che codifica per la glucochinasi. Si tratta di un
difetto del ‘glucose sensing’ che determina un innalzamento della soglia glicemica necessaria per innescare
l’insulino-secrezione. Mutazioni in omozigosi causano diabete neonatale permanente. Uno studio recente
permette di individuare attraverso un semplice questionario, incentrato su soli 7 requisiti da ricercare con la
visita diabetologica, il rischio di MODY, principalmente MODY2, e quindi la necessità di proporre un
approfondimento genetico alla ricerca di mutazioni specifiche di questa forma di diabete monogenico. I 7
items che possono indirizzarci sono:
1. Assenza di markers autoimmuni;
2. Assenza di terapia insulinica attuale o in anamnesi;
3. Valori di HbA1c ≥ 6%;
4. Insorgenza di diabete oppure di iperglicemia tra i 6 e i 25 anni di età;
5. Anamnesi familiare positiva con familiare presentante diabete, IFG con o senza IGT;
6. Assenza di segnali di altro tipo di diabete (acanthosis nigricans, cisti renali,ecc);
7. Assenza di altre malattie intercorrenti.
Nel MODY2 molto spesso la madre presenta diabete gestazionale e il bambino presenta iperglicemia a
digiuno alla nascita.
Il MODY3 (locus genico 12q) ha una prevalenza in Italia di circa il 7% e risulta causato da mutazioni
eterozigoti inattivanti del gene TCF1 che codifica per il fattore di trascrizione nucleare epatico HFN-1α. Si
tratta di un difetto della funzione betacellulare che talora si accompagna a difetto del riassorbimento
tubulare renale. Le manifestazioni cliniche sono più tardive ma anche più severe rispetto al MODY2, con
possibile presenza di glicosuria e molto spesso inizialmente viene scambiato con DMT1b in quanto può
esordire con quadro di chetoacidosi e complicanze microangiopatiche a distanza. Di recente scoperta è la
correlazione tra il sospetto di MODY3, quindi la necessità di eseguire screening genetico per il MODY3
(mutazione HNF1A), e la presenza di pz pediatrico con diabete insorto all’età ≥ di 6, che presenta glicemia ≥
150 mg/dl, Hba1c ≥ 7,3% e autoimmunità negativa. (vedi tabella sotto)
Nel MODY5 è rilevante il riscontro di cisti renali. In alcune forme invece avremo macrosomia oppure
microsomia alla nascita.
È fondamentale fare diagnosi di MODY e del corrispettivo sottotipo, tramite l’analisi genetica, in quando
l’approccio terapeutico differisce: nel MODY2 l’unico approccio terapeutico è dieta regolare ed attività
fisica; altre forme come in primis MODY1 e MODY3 vengono trattati in prima linea con ipoglicemizzanti
orali quali le Sulfaniluree (che in età pediatrica hanno un rischio di ipoglicemia molto ridotto rispetto al
diabetico adulto) e solo in seconda linea con insulina.

Oltre al MODY in età pediatrica possiamo trovarci di fronte a DMT2, sempre più frequente in rapporto
all’incremento dei tassi di sovrappeso/obesità. In questo caso un overlapping con il MODY è rappresentato
dalla familiarità per diabete tipo 2. Tuttavia manca la trasmissione verticale, in due-tre generazioni
successive, tipica del MODY e sono in genere presenti alcuni segni peculiari del DM2, quali obesità e la
possibile presenza di acanthosis nigricans. L’età di insorgenza è di solito adolescenziale e prevale nel sesso
femminile ed in alcune etnie. Lo screening va eseguito in questo caso a partire dai 10 anni di età, specie nei
soggetti che abbiamo almeno due fattori di rischio (etnia, sovrappeso/obesità, dislipidemia, familiarità per
DM2, turbe del met glucidico, ipertensione, PCOS)

ALCUNE MALATTIE GENETICHE RARE ASSOCIATE A SVILUPPO DI DIABETE


Sindrome di Wolfram: è un disordine degenerativo a lenta progressione dovuto a mutazioni di un gene
nucleare denominato wolframina (WFS1) mappato sul cromosoma 6p16.1. La proteina WFS1 localizzata
prevalentemente a livello del reticolo endoplasmatico ha la funzione principale nella regolazione del flusso
ionico transmembrana e dell’omeostasi del calcio. Svolge un ruolo essenziale nel regolare la sopravvivenza
e il mantenimento di alcune linee cellulari neuronali ed endocrine fra cui la beta cellule pancreatiche.
I pazienti presentano una tetrade clinica: nella prima decade di vita insorge DM a patogenesi autoimmune
ed atrofia ottica e nella seconda decade manifestano diabete insipido e sordità neurosensoriale. Altri segni
sono disfunzioni urinarie (dilatazione delle vie urinarie e atonia vescicale), disordini neurologici (atassia,
mioclonie, nistagmo orizzontale, disartria, episodi di apnee centrale). È inoltre una patologia autosomica
recessiva che pur avendo una bassa incidenza in Italia si caratterizza per una incidenza notevole in Sicilia,
principalmente nell’area dei Nebrodi dove si nota tale sindrome in pz nati da genitori consanguinei.

In sintesi la diagnostica delle iperglicemie risulta dunque importante soprattutto nella definizione di diabete
non autoimmune, in particolare il MODY che rappresenta il 27% dei casi costituendo la seconda forma di
alterazione del metabolismo glucidico dopo il DT1 (5,7% dei casi di diabete, probabilmente ancora
sottostimato) e il prediabete tipo 2 che viene individuato in circa il 12.5% dei casi di iperglicemia in soggetti
in sovrappeso/obesi. In Europa i casi di DT2 rappresentano circa l’1-2% di tutti i casi di diabete in età
evolutiva nei soggetti di origine caucasica. Meno importante è la prevalenza del prediabete autoimmune
che è pari a circa il 5% delle famiglie sottoposte a screening per iperglicemia. E’ necessario formulare una
corretta diagnosi per evitare errori nella condotta terapeutica e nel follow-up.

CRITERI DIAGNOSTICI PER DIABETE MELLITO:


1. Sintomi di diabete (poliuria, polidipsia, polifagia e perdita di peso) in aggiunta a valori glicemici
casuali (definiti come in qualsiasi momento della giornata indipendentemente dal tempo
trascorso dall’ultimo pasto) ≥200 mg/dl.
Oppure
2. Glicemia a digiuno ≥126 mg/dl
Oppure
3. Glicemia a due ore da carico orale di glucosio ≥200 mg/dl durante OGTT

4. HbA1c ≥6.5%

Il prediabete include IGT (impaired glucose tolerance) e IFG (impaired fasting glycaemia):
 IGT: glicemia tra 140 e 199 mg/dl dopo due ore dal carico orale durante OGTT
 IFG: glicemia a digiuno tra 100-125mg/dl

Ad oggi e principalmente nella pratica


clinica futura si distingue il diabete
secondo i seguenti stadi a seconda del
numero di autoanticorpi positivi e dei
valori glicemici.

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