Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Sindrome causata da un insieme di disturbi metabolici, i quali hanno in comune l’alterazione dei livelli di
glucosio (iperglicemia), la quale può essere dovuta da
I tre tessuti che più saranno coinvolti nel metabolismo del glucosio sono rappresentati dal muscolo
scheletrico, miocardio, fegato e dal tessuto adiposo.
A livello di questi tre tessuti, chiaramente, si esplica quella che è l’azione dell’ormone coinvolto in questa
via metabolica, ossia l’insulina, la quale è prodotta dalle cellule β pancreatiche, contenute all’interno delle
isole di Langherans; a questo livello, il rilascio d’insulina avviene secondo due modalità:
1. Costantemente circa ogni 10 minuti, a seguito dell’ingresso di calcio, all’interno della cellula β,
tramite un canale voltaggio dipendente;
2. A seguito dell’aumento del glucosio circolante, che viene segnalato alla cellula tramite recettori
accoppiati a proteine G (legame con l’incretina), i quali hanno come effetto finale l’apertura dei
traportatori GLUT e l’ingresso del glucosio nella cellula (che determina, a sua volta la secrezione dei
granuli contenti insulina).
È una patologia che nella fascia tra 20 e 79 anni ha una prevalenza elevatissima (415 milioni di persone nel
mondo), la quale è dovuta alle condizioni sempre maggiori di benessere, fortemente legata all’obesità.
Il diabete, dal punto di vista didattico, può essere diviso in quattro grandi gruppi:
II. Diabete di Tipo 2: Forma metabolica, su base genetica, anch’essa non regredibile;
III. Diabete Gestazionale: Può regredire completamente o meno (obesità e familiarità) e dipende dagli
alternati valori di cortisolo e progesterone nella gestante (prevalenza 7%);
per rilevarlo è possibile fare il test di challange (50 gr di glucosio e glicemia
post - prandiale positiva se >140 mg/dl) o il test da carico (100 gr di glucosio
e glicemia post - prandiale ≥ 180 mg/dl dopo un’ora, ≥ 155 mg/dl dopo 2
ore e ≥ 140 mg/dl dopo 3 ore).
IV. Peculiari forme di diabete: A seconda dei casi, possono anch’esse regredire (diabete da
corticosteroidi); tra questi ricordiamo
Pre – Diabete: al di sopra del valore soglia di 100 mg/dl sino a 125 mg/dl (141-199 mg/dl post –
prandiale) e comprende due sottogruppo che prendono il nome di
Questa categoria viene così definita poiché i pazienti presentano iperglicemia, pur
non essendo diabetici; questa può presentarsi alterata a digiuno (IFG), post –
prandiale (IGT) o in entrambe le condizioni. La diagnosi può essere effettuata anche
tramite dosaggio di emoglobina glicata (5.6 % < HbA1C < 6.5 %), sebbene non si
identifichi il tipo di disturbo nello specifico.
Diabete Mellito: valore di glicemia al di sopra di 126 mg/dL a digiuno (da 200 mg/dl post –
prandiale); i valori di emoglobina glicata (importante strumento che riflette i dati
glicemici degli ultimi tre mesi, per correlazione diretta dei livelli glucidici, utilizzato
anche per controllare l’efficacia terapeutica) si attestano al di sopra del 6.5%.
Chiaramente per i valori a digiuno sarà necessaria una seconda misurazione,
mentre se si utilizza la curva da carica di glucosio (75 gr di glucosio nell’adulto e
glicemia post - prandiale a due ore ≥ 200 mg/dl) allora è sufficiente quella come
diagnosi di diabete mellito. In pazienti sintomatici (poliuria, polidipsia e perdita di
peso) è sufficiente una glicemia random con valore ≥ 200 mg/dl.
Quando la distruzione degli autoantigeni è florida è possibile, perciò, dosare gli anticorpi per poter
diagnosticare la malattia, la quale, nella prima fase, vedrà una quota di cellule che riuscirà a
sopperire la quota d’insulina (stage 1) necessaria per la compensazione dei livelli di glucosio sino
circa al 50% della massa β cellulare, dove si cominciano ad avere i primi scompensi nei valori
glucidici (stage 2); al di sotto di questa quota critica (stage 3) si ha la manifestazione della malattia.
Anche in questo caso, come nel diabete di tipo I, la componente genetica avrà la sua importanza
sebbene, nella fattispecie, la malattia risulti poligenica (mentre nel primo caso è di tipo
monogenica, il più delle volte), nonché multifattoriale, con una forte componente ambientale.
Nel caso dei gemelli omozigoti, la concordanza genetica sarà paradossalmente più alta (70 – 90%),
anche senza la componente ambientale.
L’elemento ambientale chiave, già citato, per l’insulino – resistenza è rappresentato dall’obesità,
poiché agisce sui tre tessuti insulino – sensibili per eccellenza, ossia il muscolo scheletrico/cardiaco,
tessuto adiposo e il parenchima epatico.
Questo è dovuto ad un aumento dell’accumulo della componente adiposa (soprattutto viscerale),
per una grande disponibilità di acidi grassi liberi, causando una condizione infiammatoria sistemica,
alla base dell’insulino – resistenza (tanto che programmi di calo ponderale, nei soggetti obesi,
determinano un miglioramento della sensibilità insulinica).
Gli altri fattori coi quali può correlare sono rappresentati dalle dislipidemie (si parla di sindrome
metabolica), dall’ipertensione arteriosa, dalle alterazioni di coagulazione e fibrinolisi, i quali
rappresentano un rischio vascolare (infarto e ictus) progressivamente crescente; infatti, questa
diretta correlazione è dimostrabile nel calo ponderale dove, per ogni kg di peso perso, si ha un
miglioramento della pressione sistolica di 1 mmhg.
La sindrome metabolica, perciò, sarà una situazione complessa che aumenterà il suddetto rischio e
sarà individuata da una serie di parametri, in particolar modo:
Da notare il valore glicemico che fa rientrare anche il prediabete nella sindrome metabolica.
Con la presenza di almeno tre degli elementi della tabella, è necessario effettuare prevenzione
vascolare (soprattutto pressione arteriosa ed eventuale ipercoagulabilità), per alto rischio di
sviluppare una patologia in questo senso (infarto e ictus).
La sintomatologia del diabete, a cui abbiamo fatto menzione, vedrà principalmente la presenza di
poliuria, polidipsia e calo ponderale; tra quelli meno frequenti, invece, possiamo ricordare la
polifagia, astenia, alterazione della vita, prurito generalizzato ma, soprattutto infezioni ricorrenti
(dovute al sistema immunitario molto meno reclutato, per il legame tra leucociti e glucosio, nonché
per la maggior disponibilità di glucosio per la crescita batterica, in sedi dove essi facilmente
proliferano, quali cavo orale, genitali e vie urinarie), parestesie (generando insensibilità o
iposensibilità di mani e piedi, laddove si ha un danno vascolare e nervoso, per il danno a seguito del
legame del glucosio anche con queste strutture).
Purtroppo, la maggior parte delle volte, questi sintomi non hanno una rilevanza tale da suscitare
l’attenzione medica, perciò, spesso si sviluppano prima le complicanze, ossia gli effetti a carico di
altri organi (Infarto, ictus, glomerulonefrite…).
Gli obiettivi terapeutici sono multipli, poiché è necessario migliorare non solo il diabete, ma la
sindrome metabolica (trattando il paziente diabetico alla pari di un paziente non diabetico
infartuato, controllando i valori lipidici e di colesteroli, pressione arteriosa…).
Chiaramente la terapia più immediata, effettuabile già in condizione di prediabete, è rappresentata
dalla dieta (calcolo dei carboidrati assunti), nonché dall’attività fisica, entrambe finalizzate non solo
alla riduzione della glicemia in sé, ma ad evitare il rischio cardiovascolare;
in particolar modo quest’ultima, riduce la pressione arteriosa, la massa grassa e l’insulino –
resistenza (oltre alla glicemia che, talvolta, può abbassarsi anche eccessivamente, determinando
ipoglicemia, per uno sforzo fisico intenso, associato ad una terapia che, in questa particolare
situazione, risulta eccessiva).
Laddove persistano valori alti di LDL, nonostante i due interventi già citati, è possibile effettuare
terapia farmacologica; per il miglioramento (aumento), invece, dei valori di HDL l’unica terapia, che
ha avuto riscontro, rimane l’attività fisica.
Chiaramente va associata anche una terapia farmacologica diretta all’insulino – resistenza, tramite
la somministrazione di farmaci antidiabetici orali, che dividiamo in:
Farmaci che stimolano la secrezione insulinica: i quali stanno per essere abbandonati;
Combinazione d’insuline alla basale aggiungiamo le tre dosi rapide, dopo i tre
pasti principali (in corrispondenza dei tre picchi glicemici).
Gli effetti del diabete, a carico degli altri tessuti possono suddividersi in
Sindrome Iperglicemica Tipica del diabete di tipo II; è favorita dalle infezioni (genitali,
piedi, mucosa orale, mucosa urinaria), le quali causano uno
scompenso dei valori glicemici o sono causate (a loro volta)
da questo, e vede un’aumentata perdita di liquidi, dovuta,
anche in questi casi, all’aumentata escrezione di glucosio.
La terapia prevede reidratazione e ottimizzazione della
terapia antidiabetica, dopo aver escluso le cause di
scompenso (infezioni, farmaci cortisonici, ferite chirurgiche.
Complicanze Croniche: La loro comparsa è dovuta a uno scompenso glicemico nel tempo che,
solitamente, vede esordire prima quest’ultima, rispetto alla sua causa
primitiva (diabete); vengono distinte in tre sottogruppi
Altre Vi rientrano una serie di quadri complessi che possono o meno vedere il
coinvolgimento di altre determinanti, come la compromissione micro- e
macro-vascolare; tra di essi ricordiamo
Dal punto di vista fisiopatologico, le condizioni che facilitano l’insorgenza di patologie sono
rappresentate, ancora una volta, dalla microangiopatia periferica (dovuta a glicosilazione delle
proteine di membrana, inficiando la perfusione e gli scambi metabolici), difetti della risposta
immunitaria (poiché le cellule immunitarie legate dal glucosio presentano una minor attivazione e,
di contro, i batteri saranno riforniti di sostanze nutritive per proliferare) e le alterazioni
emoreologiche (stato di iperaggregabilità piastrinica che contribuisce a determinare eventi
ischemici o trombotici a livello gengivale, diminuendo la perfusione distrettuale), alterazioni del
collagene (ridotta sintesi e incrementata degradazione, le quali non favoriscono la guarigione delle
ferite), alterazioni neuropatiche (periferiche, favoriscono l’aggravarsi di lesioni, e autonomiche, le
quali determinano iposcialia), alterazione della composizione salivare (maggiore concentrazione di
glucosio e pH più basso che favoriscono la crescita batterica).
Nel diabetico, perciò, ci è rischio aumentato di malattia parodontale, per alterazione della flora
batterica distrettuale e alterata risposta all’insulto dei batteri che ne sono la causa (il diabete perciò
cofattore del danno al parodonto); la malattia parodontale, a sua volta, determina un
peggioramento della condizione glicemica nel diabetico.
Questo tipo di pazienti hanno una maggiore suscettibilità per le complicanze, come micro- e
macroangiopatie, rischio cardiovascolare e compromissione renale, rispetto ai pazienti con assenza
di parodontopatie (tuttavia la disbiosi può comparire già nel soggetto con prediabete,
determinando in questi ultimi, in caso di parodontite severa, aumento dell’HbA1c).
Altri quadri tipici sono rappresentati da candidosi orale, carie, stomatiti polimicrobiche, xerostomia
(legata a neuropatia periferica), afte traumatiche (per insufficienza del microcircolo), lichen planus
e la glossite migratoria benigna (la cui eziologia è sconosciuta, ma molto frequente nei pazienti
diabetici di lunga data, come i soggetti anziani).
Odontoiatra e paziente diabetico
Fondamentale, come sempre, è la prevenzione, a maggior ragione in pazienti maggiormente
suscettibili di malattia come i soggetti diabetici, attraverso assidua e corretta igiene orale e la
gestione attenta delle lesioni, poiché piccoli quadri ulcerativi, in presenza di neuropatia e
microangiopatia, possono essere misconosciuti e divenire più complessi (estendendosi e
sovrainfettandosi).
È importante, inoltre, la pianificazione oraria degli interventi nei pazienti in terapia insulinica,
poiché va gestista, in questi pazienti, l’ipoglicemia (è preferibile intervenire dall’una alle tre ore
dopo colazione).