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La storia di Billy
Billy viveva in uno stato spesso confusionale, con rari momenti di lucidità. Passando
continuamente da una personalità all’altra, viveva con discontinuità la propria identità e le proprie
azioni, non riuscendo a giustificare gli avvenimenti in cui era coinvolto e riportando continue
amnesie. I rari momenti di consapevolezza, intollerabili per Billy, lo indussero più volte a tentare il
suicidio. Dopo una vita spesa tra ospedali psichiatrici e prigioni, e dopo essersi riabilitato
numerose volte con altrettante ricadute, nel 1988 Billy Milligan ottenne il rilascio definitivo perchè
ritenuto dai medici “integrato”, ossia guarito dal Disturbo dissociativo di cui era affetto.
Morì di cancro nel 2014, all’età di 59 anni.
Quello di Milligan è probabilmente un caso estremo, così come estremi e poco realistici sono i
tanti casi portati sul grande schermo (la “personalità multipla” è un tema amatissimo dal cinema)
ma il disturbo dissociativo d’identità esiste davvero. Vediamo di che cosa si tratta.
Alla base di questo disturbo ci sono spesso esperienze di violenza cronica ed estrema subite
durante l’infanzia, e molti dei sintomi, tra cui il disagio, la confusione ed il turbamento, sono
condizionati dalla contiguità del trauma.
Di fronte a ripetute violenze, la psiche dell’individuo mette in atto un meccanismo inconscio di
dissociazione durante la quale alcuni elementi psichici si separano dal restante sistema. Come se la
mente si attrezzasse per canalizzare il dolore all’interno di condotti differenti e quindi sopportarlo
meglio.
Alcuni autori sono arrivati a definirlo un fattore di resilienza evolutiva: come se l’individuo,
costretto ad adattarsi a un contesto insopportabile, trovasse in questa separazione l’unico modo
per resistere. In parole semplici, si ipotizza che la mente si dissoci in una parte “cattiva”,
meritevole dei maltrattamenti e degli abusi, e in una parte “apparentemente sana”, che non
comunicano tra di loro. Questo meccanismo difensivo attivato dalla mente per proteggersi e
fronteggiare il dolore, diventerebbe però, con il passare del tempo, disadattivo, dannoso e
patologico per la persona.
La matrice traumatica del Disturbo dissociativo è oggi confermata e riconosciuta, tanto da essere
inclusa nell’ultima edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM 5) e
inserita non a caso accanto ai disturbi da trauma. Non si parla più, dunque, di un fenomeno oscuro
e soprannaturale, ma di una grave e dolorosa condizione di sofferenza psichica.