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EMOGLOBINURIA PAROSSISTICA NOTTURNA

Epidemiologia
L’emoglobinuria parossistica notturna è una patologia rara la cui insorgenza varia da 1 a 6 su
1.000.000 di abitanti.
È più frequente nelle aree in cui è presente anemia aplastica, come le regioni rurali della Thailandia.
L'emoglobinuria parossistica notturna è più frequente nei maschi di 20-30 anni, ma può manifestarsi
in entrambi i sessi e ad ogni età.

Patogenesi
L'emoglobinuria parossistica notturna è una malattia clonale causata da una mutazione acquisita
nel gene PIGA delle cellule staminali ematopoietiche.
Le alterazioni alla base della malattia comportano, quindi, un deficit funzionale di PIG-A,
importante per la sintesi di un complesso glicolipidico (glicosil-fosfatidil-inositolo, GPI) che
permette l'ancoraggio sulla membrana cellulare delle proteine CD55 e CD59, fondamentali nel
proteggere le cellule ematiche dall'azione litica del complemento. Sebbene sia frequente il
coinvolgimento di tutte le linee cellulari, questo fenomeno si traduce nella manifestazione clinica
maggiore dell'emoglobinuria parossistica notturna, rappresentata dall'emolisi intravascolare, dovuta
all'incrementata sensibilità dei globuli rossi alla lisi mediata dal complemento.
L'emoglobinuria parossistica notturna è più frequente nei maschi di 20-30 anni, ma può manifestarsi
in entrambi i sessi e ad ogni età.

Clinica

I segni clinici dell'emoglobinuria parossistica notturna comprendono:

-leucopenia,

-trombocitopenia,

-crisi emolitiche episodiche

-manifestazioni trombotiche, i pazienti sono fortemente predisposti a sviluppare trombosi, sia


venosa, che arteriosa, con coinvolgimento di vasi epatici, addominali, cerebrali e cutanei.
A seconda della loro localizzazione, gli episodi trombotici possono causare dolore
addominale, ischemia intestinale, epatomegalia, ascite o cefalea.

-Il deficit moderato-grave dell'emopoiesi può esitare in pancitopenia; l'insufficienza del midollo
osseo può evidenziarsi durante le fasi iniziali o può rappresentare una complicazione tardiva della
malattia.
-anemia aplastica

Nella maggior parte dei casi, l'esordio è insidioso ed il decorso cronico.

All'inizio, l'emoglobinuria parossistica notturna si manifesta con


affaticamento, pallore e affanno durante le attività.
I pazienti possono presentare sanguinamento gengivale ed epistassi.
L'emoglobinuria porta alla produzione di urine scure durante la notte ed al primo mattino.
Una perdita urinaria protratta di emoglobina può determinare una carenza di ferro.
I pazienti possono sviluppare, inoltre, ittero e insufficienza renale.
Il deficit dei globuli rossi ne comporta una ridotta sopravvivenza, da cui consegue un'anemia non
compensata adeguatamente. L'iper-emolisi è, in genere, cronica, con improvvise esacerbazioni.
Le crisi emolitiche possono essere scatenate da fattori diversi, come interventi chirurgici, infezioni
o stress fisico. Alcuni pazienti possono presentare dolore addominale e lombare e sintomi di anemia
grave; sono frequenti emoglobinuria macroscopica e splenomegalia e, nelle urine, può essere
presente emosiderina.

Diagnosi
anemia emolitica acquisita test di Coombs negativa

L'emoglobinuria parossistica notturna va sospettata in pazienti che presentano sensibilità delle


emazie al complemento previa acidificazione del siero (test di Ham) ed evidenza di emolisi
intravascolare (emoglobinemia, emoglobinuria, incremento LDH e
riduzione aptoglobina plasmatica).

L'esame più sensibile e specifico è la determinazione dell'espressione di specifiche proteine di


membrana (CD59 e CD55) mediante citofluorimetria. L'esame del midollo osseo non è necessario
ma, se effettuato per escludere altre patologie, mostra solitamente un'ipoplasia.

Terapia

Il trattamento è in gran parte sintomatico e può avvalersi


di corticosteroidi, somministrazione di eritropoietina ed anticoagulanti, supplementazione di ferro e
folati e, talvolta, trasfusioni e trapianto di cellule staminali allogeniche.
La prognosi dipende dalla frequenza e dalla gravità delle crisi emolitiche, dalle trombosi e
dall'insufficienza midollare. La morte può insorgere a causa delle trombosi, delle emorragie o delle
complicanze infettive.
Recentemente si è reso disponibile, per le forme più gravi (emolisi non altrimenti controllabile,
trombosi, danno d’organo, dolori addominali) un trattamento in grado di bloccare l’attività della
frazione complementare C5. Nello specifico si tratta di un anticorpo monoclonale umanizzato
(eculizumab). Il trattamento è ben tollerato espone a un maggior rischio di infezioni da agenti
batterci capsulati (Neisseria Meningitis) e a emolisi extravascolare. Pur essendo un farmaco efficace
la diffusione di tale terapia è rallentata dall’elevato costo del trattamento che deve essere proseguito
per tutta la vita

L’eculizumab è un anticorpo monoclonale IgG umanizzato, prodotto con la tecnologia del DNA
ricombinante, che inibisce il complemento terminale.
CRIOAGGLUTINEMIE
Epidemiologia
La malattia da agglutinine fredde è una forma di anemia emolitica autoimmune (si veda questo
termine) caratterizzata dalla presenza di autoanticorpi freddi (autoanticorpi attivi alle temperature
inferiori ai 30°C).
Le agglutinine fredde sono autoanticorpi prodotti dal sistema immunitario in grado di riconoscere
erroneamente i globuli rossi. La presenza delle agglutinine causa, in seguito all'esposizione alle
basse temperature, l'aggregazione dei globuli rossi. L'agglutinazione può comportare la distruzione
dei globuli rossi operata dall'organismo. Questo test rileva e misura la quantità di agglutinine fredde
nel sangue.
La malattia da agglutinine fredda rappresenta il 16-32% dei casi di anemia emolitica autoimmune,
la cui incidenza annuale è compresa tra 1/35.000 e 1/80.000 nel Nord America e nell'Europa
occidentale. Insorge spesso dopo i 55 anni.
Clinica

La malattia si manifesta come un'anemia emolitica cronica o acuta, associata a pallore e


affaticamento.
I sintomi durante le crisi emolitiche sono caratterizzate da:
- dolore alla schiena e alle gambe,
-cefalea,
-vomito,
-diarrea,
-urine scure ed
-epatosplenomegalia.
Un ambiente freddo o un'infezione coesistente (Mycoplasma pneumoniae) possono scatenare o
peggiorare la malattia. In inverno sono più comuni gli episodi di emolisi acuta con emoglobinemia
ed emoglobinuria.
La malattia può insorgere all'improvviso con anemia ed emoglobinuria oppure l'esordio può essere
graduale e subdolo.
In alcuni casi, la diagnosi è posta per caso durante un esame emocromocitometrico completo (EEC),
con il quale si evidenzia l'agglutinazione dei globuli rossi.
La malattia da agglutinine fredde può essere primitiva (idiopatica) o secondaria, scatenata da
un'altra malattia, come le infezioni (Mycoplasma pneumoniae), le malattie linfoproliferative, le
malattie autoimmuni sistemiche o neoplastiche. La maggior parte dei casi è secondaria ed è dovuta
alla presenza di IgM monoclonali (sottotipo kappa nella maggior parte dei casi), che presentano le
caratteristiche di un'agglutinina fredda e si associano ai linfomi a basso grado a cellule B
(macroglobulinemia di Waldenström o linfoma linfocitico; si veda questo termine). La AIHA fredda
idiopatica associata al linfoma tende a essere cronica, mentre le infezioni tendono a causare una
malattia acuta.
Diagnosi
La diagnosi si basa sulle evidenze cliniche e di laboratorio dell'anemia emolitica e
sull'individuazione di autoanticorpi, in particolare IgM, con il test direttoantiglobulina (DAT, C3-
positiva), con la presenza di agglutinine fredde nel siero. Nei casi secondari, si può osservare
linfocitosi nel sangue periferico, con linfociti atipici sugli strisci ematici.
La diagnosi differenziale della malattia da agglutinine fredde si pone con la AHA mista (si veda
questo termine).
I pazienti con pochi sintomi clinici e con lieve anemia possono non avere bisogno di terapia, ma
devono evitare il freddo. Può essere una misura sufficiente mantenere i pazienti al caldo. La
malattia è di solito refrattaria ai corticosteroidi. Il rituximab può essere un'opzione terapeutica in
alcuni casi.
In presenza di linfoma, può essere utile il clorambucil o la ciclofosfamide per via orale. La malattia
ha un decorso cronico e un esito di solito benigno, ad eccezione dei pazienti con episodi ricorrenti
di anemia grave o di quelli nei quali il linfoma a cellule B ha un decorso aggressivo.

EMOFILIA A
L'emofilia A è la forma più comune di emofilia (si veda questo termine) ed è caratterizzata da
emorragie spontanee o prolungate da deficit del fattore VIII della coagulazione (malattia Xlinked
recessive)

La prevalenza è stimata in circa 1:6.000 maschi. L'emofilia colpisce prevalentemente i maschi, anche
se è stata descritta una forma sintomatica di emofilia A nelle femmine portatrici (si veda questo
termine), che comporta un quadro clinico di solito più lieve.

In genere, l'esordio delle emorragie si verifica quando i neonati affetti iniziano a camminare. La
gravità dei segni clinici dipende dall'entità del deficit del fattore VIII.

Se il livello del fattore VIII è inferiore all'1%, l'emofilia è grave e si presenta con emorragie
spontanee frequenti e sanguinamenti anomali, che originano a seguito di lievi traumi, o sono
secondari a interventi chirurgici o ad un'estrazione dentale (emofilia A grave; si veda questo termine).
Se l'attività biologica del fattore VIII è compresa tra l'1% e il 3%, l'emofilia è moderatamente grave
con sanguinamenti anomali secondari a piccoli traumi o a interventi chirurgici o a estrazioni dentali,
anche se l'emorragia spontanea è rara (emofilia A moderatamente grave; si veda questo termine).

Se l'attività biologica del fattore VIII è compresa tra il 5% e il 40%, l'emofilia è lieve con
sanguinamenti anomali secondari a piccoli traumi, a interventi chirurgici o a estrazioni dentali, con
possibilità di emorragie spontanee (emofilia A leggera; si veda questo termine).

Le emorragie si localizzano spesso nelle regioni periarticolari (emartrosi) e nei muscoli (ematomi),
ma può essere coinvolta ogni sede anatomica a seguito di traumi o di lesioni.
L'ematuria spontanea è abbastanza frequente e costituisce un segno fortemente suggestivo della
malattia.

L'emofilia A viene trasmessa come carattere recessivo legato all'X ed è dovuta alle mutazioni del
gene F8 che codifica per il fattore VIII della coagulazione.

Diagnosi

La diagnosi si basa sui test della coagulazione che rivelano un allungamento dei tempi di
coagulazione del sangue e può essere confermata dal dosaggio del fattore VIII. La diagnosi
differenziale si pone con la malattia di von Willebrand (si veda questo termine) e con altre anomalie
della coagulazione associate ad allungamento dei tempi della coagulazione. La diagnosi prenatale è
possibile mediante analisi molecolare dei villi coriali. Le analisi dei fattori della coagulazione
possono essere effettuate sul sangue venoso e del cordone ombelicale.

Il trattamento si basa sulla terapia sostitutiva con derivati plasmatici o fattore VIII ricombinante.
Il trattamento può essere effettuato in seguito a emorragie (trattamento a richiesta) o per prevenire il
sanguinamento (trattamento profilattico).

La complicazione più frequente è la produzione di anticorpi inibitori rivolti contro il fattore della
coagulazione somministrato. Possono essere effettuati interventi chirurgici, soprattutto di chirurgia
ortopedica, preferibilmente presso centri specializzati. Il decorso della malattia ne suggerisce la
gravità. Se non trattata, l'emofilia A grave è di solito fatale durante l'infanzia o l'adolescenza.

Un trattamento inappropriato o inadeguato delle emartrosi e degli ematomi ricorrenti può causare
deficit motori, che si associano a disabilità grave con rigidità, deformazione delle articolazioni e
paralisi. Gli attuali approcci terapeutici consentono comunque di prevenire queste complicazioni
rendendo la prognosi favorevole: tanto prima viene somministrata la terapia sostitutiva e tanto più
adatto è il trattamento al quadro clinico del paziente, tanto migliore è la prognosi.

EMOFILIA B
L'emofilia B è una forma di emofilia (si veda questo termine) caratterizzata da emorragie spontanee
e prolungate da deficit del fattore IX della coagulazione.
La prevalenza è stimata in circa 1:30.000 maschi. L'emofilia colpisce prevalentemente i maschi,
anche se è stata descritta una forma sintomatica di emofilia B nelle femmine portatrici (si veda
questo termine) caratterizzata da un quadro clinico di solito più lieve. In generale, le emorragie
esordiscono quando i neonati affetti iniziano a deambulare. La gravità dei segni clinici dipende
dall'entità del deficit del fattore IX.
(STESSE COSE EMOFILIA A) Se l'attività biologica del fattore IX è inferiore a 1%, l'emofilia è
grave e si presenta con emorragie spontanee frequenti e sanguinamenti patologici secondari a
piccoli traumi, oppure a interventi chirurgici o a estrazioni dentali (emofilia B grave; si veda questo
termine). Se l'attività biologica del fattore IX è compresa tra 1% e 3%, l'emofilia è moderatamente
grave con sanguinamenti patologici secondari a piccoli traumi, oppure a interventi chirurgici o a
estrazioni dentali, mentre l'emorragia spontanea è rara (emofilia B moderatamente grave; si veda
questo termine). Se l'attività biologica del fattore IX è compresa tra 5% e 40%, l'emofilia è lieve con
sanguinamenti secondari a piccoli traumi, oppure a interventi chirurgici o a estrazioni dentali, ma
sono anche possibili le emorragie spontanee (emofilia B leggera; si veda questo termine). Le
emorragie si localizzano spesso intorno alle articolazioni (emartrosi) e nei muscoli (ematomi), ma
può essere coinvolto ogni organo o apparato a seguito di traumi o di lesioni. L'ematuria spontanea è
abbastanza comune e costituisce un segno altamente suggestivo della malattia.
L'emofilia B viene trasmessa come carattere recessivo legato all'X ed è dovuta alle mutazioni del
gene F9 (Xp27) che codifica per il fattore IX della coagulazione.
La diagnosi si basa sui test della coagulazione che mostrano un allungamento dei tempi della
coagulazione e può essere confermata dai dosaggi specifici del fattore IX. La diagnosi differenziale
si pone con la malattia di von Willebrand (si veda questo termine) e con altre anomalie della
coagulazione, associate all'allungamento dei tempi della coagulazione. La diagnosi prenatale è
possibile con le analisi molecolari sui villi coriali. Le analisi dei fattori della coagulazione possono
essere effettuate sul sangue venoso e del cordone ombelicale. Il trattamento si basa sulla terapia
sostitutiva mediante derivati plasmatici o con farmaci che utilizzano la proteina ricombinante. Il
trattamento può essere somministrato dopo emorragia (trattamento a richiesta) o per prevenire il
sanguinamento (trattamento profilattico). La complicazione più frequente è la produzione di
anticorpi inibitori rivolti contro il fattore della coagulazione somministrato. Possono essere utili gli
interventi chirurgici, soprattutto di natura ortopedica, da effettuarsi preferibilmente presso centri
specializzati. Il decorso suggerisce la gravità della malattia. Se non trattata, l'emofilia A grave è di
solito fatale durante l'infanzia o l'adolescenza. Il trattamento improprio o inadeguato delle emartrosi
e degli ematomi recidivanti può esitare in un deficit motorio, associato a grave disabilità con
rigidità, deformazione delle articolazioni e paralisi. Tuttavia, gli attuali approcci terapeutici
consentono di prevenire queste complicazioni e la prognosi è favorevole: tanto prima viene
somministrata la terapia sostitutiva e tanto più è adatto il trattamento in rapporto al quadro clinico
del paziente, tanto migliore è la prognosi.
CID
Questa patologia, un po’ paradossale, accomuna fenomeni emorragici e trombotici. Ciò si vede
anche nei pazienti Covid che progrediscono in maniera severa e che sviluppano microangiopatie
trombotiche sistemiche che poi sono la vera causa di morte in questi pazienti.
È una patologia molto spesso non curabile. Si può arrivare in alcuni casi fino all’80% di pazienti
persi. In questa patologia si esagera nella produzione di alcuni fattori spingendo troppo il sistema
dell’emostasi e in maniera sistemica portando poi ad una patologia da consumo di piastrine e fattori
della coagulazione, che portano il paziente ad emorragie perché è stato consumato tutto il
necessario per fare emostasi.
Dunque, alla base della patogenesi della CID c’è una produzione di trombina (fattore che
trasforma il fibrinogeno in fibrina) esagerata che porta a depositi di fibrina nel microcircolo di quasi
tutto il corpo.
A questa microangiopatia trombotica consegue un danno ischemico a vari organi (ad es. rene,
intestino, cuore). Tanta fibrina, inoltre, vuol dire tanta fibrinolisi e quindi i vasi diventano più
deboli e l’aggregazione piastrinica “soffre”.
Si formano tanti dimeri che sono i prodotti di degradazione di fibrina. Quindi la prima diagnosi di
CID, che si fa in reparto, si fa misurando i livelli di dimeri.
Successivamente, una volta esaurite tutte le scorte di piastrine e fattori della coagulazione, il fegato
e il midollo non fanno in tempo a produrre fattori della coagulazione e piastrine e quindi si arriva ad
un paziente che mentre prima aveva una microangiopatia trombotica diffusa, ora ha un rischio
elevato di emorragie.
Tutto questo fa capire perché è molto difficile la terapia: all’inizio si vorrebbero sciogliere i trombi,
ma se lo si fa con troppo ritardo il paziente muore perché gli si causano ulteriori emorragie, in
quanto si è in una fase di “consumo” (si sono consumati i vari fattori).
Perché si genera tanta trombina?
Perché c’è un insulto che genera una quantità esagerata di Tissue Factor, all’inizio della cascata
coagulativa. Il TF è poco prodotto dall’endotelio, ma molto prodotto da monociti, periciti, piastrine
e in generale da condizioni infiammatorie e infettive.
Cause più comuni:
• Sepsi, perché questa produce una tempesta citochinica e a volte un danno vascolare;
• Cancro (neoplasie ematologiche)
• Complicazioni ostetriche
• Morsi di serpente
• Reazioni trasfusionali (cioè reazioni emolitiche di incompatibilità ABO)
• Lesioni massicce dei tessuti: traumi gravi, ustioni, ipertermia, rabdomiolisi, chirurgia estesa
P.S. Le microangiopatie trombotiche sono condizioni morbose caratterizzate dall’occlusione
trombotica della microcircolazione (arteriole e capillari) con segni di sofferenza ischemica a carico
di vari organi. In alcune di queste condizioni i trombi sono prevalentemente costituiti da fibrina, in
altre da piastrine, più spesso sono a composizione mista. Non sono naturalmente da confondere con
le vasculiti, in cui l’interessamento patologico primario è a carico della parete del vaso, non del
lume. Tra le microangiopatie trombotiche è compresa la coagulazione intravascolare disseminata
(CID).
La coagulazione intravascolare disseminata è diagnosticata dimostrando le alterazioni significative
di alcuni parametri laboratoristici: trombocitopenia, prolungamento del tempo di protrombina (PT)
e del tempo di tromboplastina parziale (PTT), aumento dei livelli plasmatici dei prodotti di
degradazione della fibrina e riduzione del fibrinogeno plasmatico.
AMILOIDOSI
L’amiloidosi è una malattia rara in cui proteine che hanno assunto una configurazione
anomala formano fibrille amiloidi che si accumulano in vari tessuti e organi, causando
talvolta disfunzioni, insufficienze organiche e la morte del soggetto.
• Il tipo e la gravità dei sintomi dell’amiloidosi dipendono dagli organi vitali colpiti.

• La diagnosi si pone prelevando un campione di tessuto (campione bioptico) ed


esaminandolo al microscopio.

• Esistono molte forme di amiloidosi e sono necessari ulteriori esami per individuare
la forma e la causa specifica.

• Il trattamento dipende dal tipo di amiloidosi.

Cause
In tutti i tipi di amiloidosi una proteina presenta una conformazione anomala (tutte le proteine
sono lunghe catene di molecole che si ripiegano assumendo forme particolari e la forma corretta
di ogni proteina è fondamentale per il suo funzionamento).

Questa proteina anomala si raggruppa e si accumula in vari tessuti, formando depositi chiamati
depositi di amiloide o fibrille amiloidi. Esistono molte proteine diverse che possono ripiegarsi in
modo anomalo formando depositi di amiloide. Tutte queste proteine sono prodotte all’interno
dell’organismo e non provengono dall’alimentazione. Alcune proteine amiloidi sono versioni
mutate di proteine normali, mentre altre sono proteine normali che tendono semplicemente a
ripiegarsi in modo anomalo. Alcune proteine sono prodotte da diverse patologie.

Forme amiloidosi

I depositi di amiloide possono essere:

• Sistemici (diffusi in tutto l’organismo)

• Localizzati (interessano un solo organo o tessuto)

La gravità della patologia dipende dagli organi interessati dai depositi di amiloide.

Amiloidosi sistemica
L’amiloidosi sistemica può essere classificata in quattro gruppi principali:

• L’amiloidosi primaria (AL), o amiloidosi da catene leggere, si manifesta con


alterazioni delle cellule plasmatiche che producono quantità eccessive di proteine
anticorpali anomale, dette catene leggere. Alcuni soggetti con amiloidosi primaria
sono anche affetti da tumore delle cellule plasmatiche (mieloma multiplo). Solo il
10-20% dei soggetti con mieloma multiplo sviluppa amiloidosi primaria. Le sedi
tipiche dei depositi di amiloide nell’amiloidosi primaria sono pelle, cuore, reni,
nervi, lingua, intestino, fegato, milza e vasi sanguigni.
• L’amiloidosi secondaria (AA) può insorgere in risposta a numerose malattie che
causano infezioni o infiammazioni croniche (come tubercolosi, artrite
reumatoide e febbre familiare mediterranea) e determinati tipi di cancro.
L’amiloidosi secondaria causa il più delle volte una malattia renale, ma possono
essere colpiti anche altri organi.
• L’amiloidosi familiare (AF) è caratterizzata da una serie di rare patologie ereditarie
e causa sintomi nell’età adulta. L’alterazione che causa la formazione di amiloide
compare per la mutazione ereditaria di proteine specifiche del sangue. Queste
proteine mutate formano fibrille amiloidi che solitamente colpiscono i reni, i nervi o
il cuore. La transtiretina mutata (ATTRm), una proteina prodotta dal fegato, è la
causa più frequente di amiloidosi familiare.
• L’amiloidosi da transtiretina wild type (ATTRwt), in passato detta amiloidosi
sistemica senile, di solito colpisce il cuore. È molto più comune negli uomini che
nelle donne. L’amiloidosi ATTRwt è causata dalla conformazione anomala della
proteina transtiretina normale (“wild type”, non mutata). Non è nota la causa dei
depositi di amiloide a livello cardiaco.
Amiloidosi localizzata
L’amiloidosi localizzata insorge quando l’amiloide si deposita in determinati organi o tessuti. Per
esempio, l’amiloide si deposita anche nel cervello di soggetti con malattia di Alzheimer e si
ritiene sia uno dei responsabili della malattia stessa. I depositi di amiloide localizzati possono
anche formarsi sulla pelle, nell’apparato digerente, nelle vie aeree o nella vescica.
L’accumulo di grandi quantità di depositi di amiloide può alterare la normale funzionalità di molti
organi. Alcuni soggetti presentano sintomi modesti, mentre altri vanno incontro a patologie gravi,
potenzialmente letali. Sintomi frequenti dell’amiloidosi sono affaticamento e perdita di peso. Altri
sintomi dell’amiloidosi dipendono dalla sede dei depositi.

Quando è colpito il cuore, il soggetto può presentare alterazioni del ritmo cardiaco o insufficienza
cardiaca, che causano respiro affannoso, debolezza o svenimento.
Quando sono colpiti i nervi, il soggetto può presentare formicolio o intorpidimento delle dita delle
mani e dei piedi o vertigini nello stare in piedi. Quando sono colpiti i reni, il soggetto può
presentare tumefazioni (edemi) su piedi e gambe e talvolta sull’addome.

Quando è interessata la pelle è comune la tendenza alle ecchimosi, che possono talvolta comparire
intorno agli occhi. Talvolta la lingua si ingrossa (macroglossia).

Diagnosi

• Biopsia

L’amiloidosi talvolta può risultare difficile da diagnosticare, perché determina patologie molto
diverse tra loro. Tuttavia, il medico sospetta l’amiloidosi quando il soggetto manifesta sintomi in
diversi organi o presenta insufficienza cardiaca, renale o epatica inspiegata. La macroglossia non
è un sintomo comune, ma quando insorge è un segnale di amiloidosi. Se diversi membri della
famiglia sono affetti da problemi cardiaci o neurologici, potrebbe essere un segnale di amiloidosi
familiare. Sintomi cardiaci inspiegati negli uomini anziani sono indicativi di amiloidosi ATTRwt.

Generalmente si arriva alla diagnosi esaminando un frammento di grasso addominale prelevato


con un ago inserito nella pancia (biopsia del grasso periombelicale). In alternativa, si può
eseguire una biopsia con prelievo di un frammento di tessuto da una parte del corpo colpita da
amiloidosi, come il cuore, i reni o il fegato, per esaminarlo al microscopio, sottoponendolo a
colorazione ROSSO CONGO.

Una volta posta la diagnosi di amiloidosi, il medico esegue altri esami per stabilire il tipo di
amiloidosi e per individuare eventuali patologie che potrebbero averla causata. Vengono inoltre
eseguiti esami per verificare quali organi siano stati colpiti.

La prognosi dipende dal tipo di amiloidosi e dagli organi colpiti. Il coinvolgimento del cuore è il
più pericoloso e può avere una prognosi infausta.

Trattamento

• Nell’amiloidosi primaria, chemioterapia

• Nell’amiloidosi secondaria, trattamento della malattia di base

• Nell’amiloidosi causata da depositi di transtiretina, farmaci che stabilizzano la


transtiretina

• Talvolta trapianto di organo

Il trattamento per ridurre o controllare i sintomi e le complicanze dell’amiloidosi può migliorare


la qualità della vita per i soggetti affetti da tutte le forme di amiloidosi. Trattamenti specifici per
arrestare o rallentare la formazione di amiloide possono essere utili in alcune forme di amiloidosi.
Per i soggetti affetti da amiloidosi primaria, la chemioterapia con melfalan e farmaci di nuova
generazione come bortezomib e lenalidomide, talvolta con un trapianto di cellule
staminali periferiche, può arrestare la malattia nel midollo osseo e prevenire la progressione dei
depositi di amiloide. La radioterapia può essere usata nei soggetti con amiloidosi primaria
presente solo in una zona (malattia localizzata).
Nell’amiloidosi secondaria (AA), il trattamento della malattia di base può ridurre i depositi di
amiloide. Nell’amiloidosi secondaria causata da febbre familiare mediterranea, il farmaco
colchicina è molto efficace.
Nell’amiloidosi causata da depositi di transtiretina, farmaci come diflunisal e tafamidis
possono stabilizzare la proteina transtiretina (evitando che formi fibrille amiloidi) e quindi
rallentare la progressione dell’amiloidosi ereditaria e dell’amiloidosi da transtiretina wild type. Le
terapie geniche che riducono la produzione di transtiretina (come patisiran e inotersen) possono
attenuare gli effetti sul sistema nervoso causati dalla patologia ereditaria.
Il trapianto di alcuni organi (per esempio, rene o cuore) ha prolungato la sopravvivenza di alcuni
soggetti con insufficienza d’organo dovuta all’amiloidosi.

Nell’amiloidosi familiare da transtiretina è possibile ricorrere al trapianto di fegato. Il trapianto di


fegato può rallentare la progressione della malattia, in quanto è nel fegato che viene prodotta la
proteina mutante. È interessante notare che a causa della scarsità di donatori di organo, il fegato
rimosso da un soggetto con amiloidosi familiare da transtiretina viene talvolta trapiantato in
soggetti con patologie epatiche letali, come la cirrosi o il cancro del fegato. Questo tipo di
“trapianto domino” è possibile in quanto il fegato di un soggetto con amiloidosi familiare da
transtiretina è un fegato altrimenti normalmente funzionante. Anche se il soggetto che riceve il
fegato da un donatore con amiloidosi familiare da transtiretina potrebbe sviluppare amiloidosi, il
trapianto potrebbe salvargli la vita nel breve termine.

Da sbob vago #07


A livello del rene possono formarsi depositi di immunoglobuline che possono portare a
insufficienza renale e allo sviluppo di crioglobulinemia, agglutinemia e amiloidosi.
I depositi possono, come nel mieloma, esitare in depositi con caratteristiche di placche
amilodosiche quindi possono congregarsi e andare incontro a quadri amiloidosici.
L’amiloidosi deriva dalla deposizione extracellulare di frammenti insolubili di catene leggere o
pesanti delle immunoglobuline.
Questi depositi sono resistenti alla proteolisi e alla degradazione, andando a compromettere in
maniera irreversibile gli organi. Esistono forme di amiloidosi che non transitano nella forma di
mieloma e sono delle forme iniziali, mentre nelle forme tardive invece si marca in maniera più
evidente l’outcome di questi pazienti. Ad esempio, l’amiloidosi a livello cardiaco impatta
precocemente sulla funzione cardiaca e determina in maniera drammatica l’outcome di questi
pazienti. Nell’eliminare la cellula linfoide esistono diverse modalità, per l’amiloide invece servono
moltissimi mesi affinché venga assorbita. Ci sono amiloidosi reattive eredo-familiari o legate a
difetti nella linea cellulare. La diagnosi dell’amiloidosi è istologica attraverso la richiesta di
colorazione Rosso Congo, che permette di individuare depositi di IgM che hanno caratteristiche di
-amiloide (non è una colorazione standard), nelle sedi di deposito. Il trattamento deve essere
mirato alla patologia di base (es. mieloma o Waldenström) e deve essere particolarmente
aggressivo. Ricorda di chiedere la colorazione Rosso Congo in caso di diagnosi di mieloma! Una
sede precoce di deposito in caso di amiloidosi è il tessuto adiposo per cui il grasso periombelicale è
una tra le sedi di tessuto più facilmente prelevabile ai fini diagnostici. Nel mieloma con sospetto di
amiloidosi si esegue anche un’analisi del grasso periombelicale con richiesta specifica del Rosso
Congo. Altro evento può essere l’emolisi acuta secondaria, cioè il fatto che queste immunoglobuline
patologiche hanno un’azione di autoanticorpi e provochino una lisi dei globuli rossi. Neuropatie
sono osservate in circa il 20% dei casi o per autoreattività o per depositi.
ANTICORPI ANTI-FOSFOLIPIDI

È una particolare sindrome autoimmune sistemica caratterizzata dalla presenza di questi anticorpi
anti-fosfolipidi → i più importanti da ricordare sono gli anti-cardiolipina e gli anti-beta 2
glicoproteina I (che sono però contro proteine che legano i fosfolipidi).

EPIDEMIOLOGIA
- Malattia rara
- Avere gli anticorpi non vuol dire necessariamente avere la malattia (si trovano nel 2-5%
della popolazione, possono essere trovati a basso titolo nelle persone anziane, affette da
malattie croniche e in maniera transiente) → la malattia si ha se oltre ad avere gli anticorpi
si hanno:
- Eventi di trombosi vascolare → legate a uno stato trombofilico acquisito
- Complicanze ostetriche inattese

Come fanno in questa patologia i linfociti B a ricevere help dai linfociti T per produrre anticorpi
verso strutture non proteiche?
La realtà è che la maggior parte di questi anticorpi non attacca in realtà i fosfolipidi negativi in sé,
ma li attacca nel momento in cui questi sono legati a proteine (come b2-glicoproteina I) → questa
ha un ruolo nel limitare il processo di coagulazione legando appunto i fosfolipidi carichi
negativamente e, nel momento in cui legano questi (in seguito a varie situazioni come apoptosi,
extravasione leucocitaria, attivazione endoteliale e piastrinica) espongono gli epitopi che vengono
riconosciuti e attaccati da questi anticorpi.

VARIANTI CLINICHE
Esistono 3 varianti:
- Primaria
- Secondaria (ad altre forme di autoimmunità) → LES
- Sindrome catastrofica da anticorpi anti-fosfolipidi → grave, si deve intervenire subito →
somiglia ad una DIC (coagulazione disseminata intravascolare) → quando almeno 3 organi
sono colpiti dalla trombosi simultaneamente in un periodo di giorni o poche settimane (
rene/polmoni/pelle)
C’è un trigger (parto, gravidanza, trauma importante) → cascata di eventi:
1- Attivazione del complemento
2- Attivazione endoteliale
3- Stato di ipercoagualibità → consumo dei fattori della coagulazione e anticoagulazione →
danno d’organo importante

PATOGENESI
Avere gli anticorpi positivi è il primo hit per sviluppare la malattia. Il secondo hit è trovare qualcosa
che li attivi.
Gli anticorpi hanno bisogno di un trigger → ovvero di qualcosa che faccia esporre i fosfolipidi
carichi negativamente sulla membrana consentendo il legame con la B2-glicoproteina I, che
solitamente circola in forma chiusa, ma nel momento in cui trova fosfolipidi esposti da legare si
srotola e li lega.
Quando li lega fisiologicamente lo fa per limitare il processo di attivazione dell’endotelio.
Quando al complesso fosfolipide carico negativamente e b2-glicoproteina I si lega l’autoanticorpo
questo porta all’effetto opposto → fissazione del complemento, richiamo neutrofili, monociti e
linfociti → che instaura uno stato pro-coagulativo.

PATOGENESI COMPLICANZE OSTETRICHE (sindrome ostetrica)


Gli anticorpi anti-fosfolipidi causano complicanze in gravidanza e in particolare interferiscono con
la formazione/funzione della placenta:
1. La placenta è un sistema in cui le cellule trofoblastiche fetali costituiscono dei gettoni
tissutali che formandosi devono approfondare nei tessuti uterini materni della decidua → da
qui possono esserci cellule trofoblastiche che vanno nel circolo materno e per muoversi è
necessaria l’esposizione di fosfolipidi negativi → se ci sono gli anticorpi anti-fosfolipidi la
colonizzazione è impedita (sempre per richiamo di neutrofili → infiammazione → danni
trombotici ecc)
2. In gravidanza c’è una fusione dei distretti vascolare materno e fetale grazie ad una
maturazione delle cellule endoteliali (specie nel terzo trimestre) → è necessaria anche in
questo caso l’esposizione di fosfolipidi carichi negativamente
3. Durante la formazione della placenta si ha un rimodellamento tessutale con cellule che
muoiono → vengono digerite dai macrofagi in maniera apoptotica lasciando segnali
tollerigenici (che quindi non dovrebbero causare danno di base) → gli anticorpi potrebbero
opsonizzare il complesso apoptotico (impedendone la degradazione) → conseguente
attivazione macrofagica → reclutamento neutrofilico → danno complemento mediato →
trombosi → rigetto della gravidanza.

MANIFESTAZIONI CLINICHE
- Trombosi: riscontrabili a qualsiasi livello → vene, arterie o distretto capillare → arteriose
più negli uomini, venose più nelle donne → ci può essere trombosi delle piccole arterie
distali degli arti → necrosi ischemica della punta delle dita → patognomica nella giovane
donna
- Lieve piastrinopenia o lieve trombocitopenia (tra 80000 e 100.000 unità)
- Emicrania non altrimenti spiegata → cefalea (in una giovane donna con emicrania forte e
senza familiarità è giustificato misurare gli anticorpi
- Endocardite sterile o di Libman-Sacks, pericardite, miocardite sterili
- Aterosclerosi cardiaca
- Problemi valvolari
- Danno renale trombotico microangiopatico (solo rilevabile alla biopsia)
- Manifestazioni dermatologiche → ulcere, livedo reticularis, piccole emorragie dovute al
danno capillare
- Multiple organ failure → microangiopatia trombotica

DIAGNOSTICA
CRITERI DI SAPPORO (si analizzano per la diagnosi di questa sindrome)

A. Trombofilia
B. Criteri ostetrici:
1. Tre aborti nel primo trimestre
2. Un aborto dopo la 10ima settimana (raro)
3. Insufficienza placentare con IUGR o resistente vascolari aumentare al doppler placentare

ESAMI LABORATORISTICI

- Positività a 3 mesi per 2 volte degli antifosfolipidi (anti B2 glicoproteina I o anticardiolipina


sia IgM o IgG)
- LAC (anticoagulante lupico) → è un autoanticorpo prodotto dal sistema immunitario che
attacca erroneamente le cellule del proprio organismo e può interferire con i meccanismi
coagulativi → allunga il PTT → tempi di coagulazione allungati → si fa D D con emofilia (
in emofilia se si aggiunge sngue di individuo sano i tempi tornano normali) → nella
sindrome da anticorpi antifosfolipidi non si corregge il PTT anzi si allunga (in vitro) → gli
anticorpi antifosfolipidi interferiscono con la cascata della coagulazione → IN VIVO →
effetto procoagulativo, favoriscono cascata coagulativa

TERAPIA
1. Anticoagulanti a vita → WARFARIN e COUMADIN → i NAO non funzionano
2. Cardioaspirina → il pz appare piastrinopenico ma è a rischio trombotico (piastrine
intrappolate negli organi) → non si sospende in gravidanza! In gravidanza si danno eparina
e cardioaspirina a basso peso molecolare → WARFARIN TERATOGENO (chi ha la
sindrome ostetrica fa terapia solo in gravidanza)
D D: con trombofilia congenita e altre che compaiono in gravidanza e post partum.

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