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Lezione del 11/10/2021

Materia: Ematologia
Docente: Michele Cavo
Sbobinatori: Edoardo Farnè, Francesco Fasulo
Revisionatore: Ludovica Elia
Argomenti: anemie megaloblastiche da deficit di folati e introduzione anemie del III gruppo

ANEMIE MEGALOBLASTICHE DA DEFICIT DI FOLATI

CAUSE

L’acido folico e i folati sono vitamine del gruppo B (B9) ed dal loro deficit può insorgere un tipo di anemia.
Questa mancanza può essere dovuta ad un apporto minore attraverso la dieta: la maggior parte di essi
viene di fatti introdotto nell’organismo attraverso l’ingestione di cibi come frutta, legumi ed in particolare
verdura a foglia verde solo se cruda. Di fatti i folati sono termolabili e la cottura delle verdure li altererebbe
soprattutto se la cottura avvenisse in acqua poiché sono anche idrosolubili.
Altra causa di deficit dei folati è l’alcolismo o in tutti i quei casi in cui c’è una problematica a livello del tratto
di assorbimento ovvero il duodeno e il digiuno prossimale.
Le condizioni di gran lunga più frequenti sono quelle nelle quali le richieste sono eccedenti l’offerta, ovvero
c’è una necessità che supera la capacità di introduzione o assorbimento dei folati anche mantenendo una
dieta appropriata. Infatti non c’è donna in gravidanza che non riceva un supplemento di acido folico, ma
anche durante la fase di accrescimento fino all’età puberale l’individuo richiede di più di quanto
effettivamente riesca ad introdurre.
Ogni qual volta in cui vi è un aumento dell’eritrocitogenesi si è in una condizione di aumentato consumo e
vi è necessità di un’implementazione.

DIFFERENZA TRA VITAMINA B12 E FOLATI

Le differenze principali tra vitamina B12 e l’acido folico sono:


 L’acido folico è presente negli alimenti vegetali e nei legumi mentre la vitamina B12 solo nelle
proteine animali
 La sede di assorbimento è l’ileo per la vitamina B12, mentre per l’acido folico è il duodeno ed il
digiuno prossimale

ANEMIE DEL II GRUPPO

Le anemie del II gruppo sono associate ad un deficit di sintesi del DNA secondario a:
 Carenza di vitamina B12
 Carenza di acido folico/folati
 Farmaci che interferiscono o col metabolismo dei folati come il metatrexato (MTX) o con la sintesi
purinica e pirimidinica. Questi ultimi, sono farmaci utilizzati dall’ematologo per la terapia di varie
neoplasie del tessuto emopoietico
QUADRO CLINICO-LABORATORISTICO

Poiché vi è un deficit della sintesi di DNA, la sintomatologia tipica dell’anemia viene primariamente
ricondotta a quegli organi o tessuti che sono in una fase di attiva replicazione quindi l’apparato digerente
ed il midollo osseo.
Il quadro clinico è condiviso laddove c’è deficit di vitamina B12 e acido folico, con la differenza che alla
mancanza di vitamina B12 si collega un deficit di metionina con conseguente difetto di sintesi della mielina
e perciò una sintomatologia neurologica che è assente in caso di deficit di solo acido folico.

La patologia gastrointestinale si
estrinseca con una serie di sintomi e
segni come: atrofia delle papille linguali,
sensazione di bruciore assumendo cibi
solidi e talvolta liquidi e afte recidivanti.
Questi sintomi insieme costituiscono un
quadro detto Glossite di Hunter. Altri
aspetti possono essere fissurazioni ai lati
della bocca, ovvero cheilite angolare.

Le manifestazioni neurologiche sono


ricollegate solamente ad un deficit di
vitamina B12 e non di acido folico. In
questo quadro avremo quindi un difetto
della mielina.

Si avranno ulteriormente i tipici segni e


sintomi dell’anemia

Questo è un esempio invece di paziente con


anemia perniciosa, una patologia autoimmunitaria
che può manifestarsi in concomitanza con altre
patologie autoimmuni e ha una netta predilezione
per il sesso femminile.

Dal punto di vista laboratoristico, le anemie megaloblastiche da deficit di vitamina B12 e folati si
caratterizzano da condizioni associate alla deficitaria sintesi di DNA:
 Macrocitosi con volume corpuscolare medio estremamente esuberante fino a 120/130 micrometri
cubi. Questi macrociti sono l’effetto del salto di una o più divisione mitotiche di cellule che hanno
continuato il loro percorso maturativo senza andare incontro ad un’eritropoiesi inefficace a partire
dal proeritroblasto fino al globulo rosso maturo
 Riduzione del numero di reticolociti poiché ci si ritrova comunque in un contesto di esaltata
eritropoiesi inefficace
 In questi pazienti i globuli rossi non sono solo più grandi del normale, ma hanno perso la loro
forma caratteristica a disco biconcavo diventando sferici —> macrovalocitosi
 Il nucleo dei granulociti neutrofili è iperisegmentato
 Attraverso una biopsia midollare, non necessaria ai fini diagnostici, si ritrova una spiccata
iperplasia dell’eritropoiesi con megaloblastosi (megaloblasti = precursori di grandi dimensioni con
asincronismo maturativo nucleo/ciroplasma) e predominanza dei progenitori eritropoietici più
immaturi rispetto ai più maturi che rimangono invece soppressi, ovvero un eccesso di eritroblasti
basofili e policromatofili rispetto agli ortocromatici

Da sapere è la tabella sottostante dove si può riscontrare una consensuale riduzione di emoglobina e del
numero di globuli rossi, ma diversamente da un’anemia del I gruppo da ridotta eritroblastogenesi dove i
globuli rossi sono normocitici, in questo caso sono spiccatamente macrocitici. La macrocitosi è il primo
elemento che può indirizzare verso una possibile diagnosi anche se vi sono delle condizioni in cui si
riscontra una macrocitosi senza ritrovarsi davanti ad un quadro di anemia del II gruppo. Se invece si
ritrovasse un MCV estremamente elevato, sicuramente è una condizione causa di un’anemia del II gruppo.
Siccome vi è una deficitaria sintesi del DNA ed il midollo osseo rispecchia questi problemi nella sua normale
funzionalità, il paziente oltre essere anemico può eventualmente anche essere neutropenico e
piastrinopenico.
C’è un’eritroblastolisi intramidollare quindi i segni di distruzione dei globuli rossi vengono amplificati e si
ritrova un aumento della lattico deidrogenasi e della bilirubina indiretta (segni tipici delle anemie del IV
gruppo da ridotta sopravvivenza eritrocitaria).

VALUTAZIONE DEL PAZIENTE

Davanti ad un paziente con spiccata anemia macrocitica, elementi che possono aiutare alla diagnosi sono:
 Età; età pediatrica o fertile possono indirizzare verso un’anemia perniciosiforme o un anemia da
aumentato consumo e quindi richiesta di acido folico. Una donna in età adulta/anziana invece sará
più predisposta ad un’anemia di tipo pernicioso che, oltre ad avere una predisposizione genetica ed
una patogenesi autoimmune, si manifesta caratteristicamente nell’etá adulta
 Sesso; per quanto riguarda l’anemia perniciosa il sesso più colpito è quello femminile
 Abitudini alimentari; poiché l’introito di folati deriva dalla dieta di vegetali crudi
 Patologie gastrointestinali; un paziente gastroectomizzato non riesce a secernere il fattore
intrinseco (fondamentale per l’assorbimento della vitamina B12) oppure patologie a carico di
duodeno, digiuno prossimale ed ileo per quanto riguarda l’assorbimento di vitamina B12 e acido
folico
 Assunzione di farmaci che potenzialmente vanno ad interferire con la sintesi del DNA o con la
sintesi di purine e pirimidine

DIAGNOSI

Davanti ad un paziente con un emocromo da anemia macrocitica si procede con un esame non invasivo
ovvero il dosaggio della vitamina B12 e dell’acido folico. Se ottengo dei valori per cui la vitamina B12 < 100
nanogrammi/ml e l’acido folico < 4 microgrammi/ml allora si può già fare diagnosi di anemia da deficit di
vitamina B12 o di acido folico. Questi pazienti hanno un blocco di conversione della metilomocisteina in
omocisteina quindi avranno anche un aumento dell’omocisteina (si può dosare come ulteriore esame).
Quando ci si trova davanti ad un quadro di deficit di vitamina B12 si può avere sia la possibilità di un’anemia
perniciosa che di una perniciosiforme. Se ancora non sia stato possibile diagnosticare l’anemia, bisogna
ricordare che il paziente con l’anemia perniciosa ha una patologia autoimmune e quindi vi è positività per
presenza di autoanticorpi anti cellule parietali gastriche o anti fattore intrinseco. Dal punto di vista
diagnostico quelli che contano sono gli autoanticorpi anti fattore intrinseco.
Per questo la biopsia midollare non è fondamentale ai fini diagnostici, solo nei casi dubbi.

TERAPIA

La terapia è sostitutiva con somministrazione di vitamina B12 per via orale o parenterale ovvero per via
intramuscolare, mentre l’acido folico viene assunto oralmente.
In un qualsiasi individuo che va incontro ad una gastrectomia o una gastroresezione, l’insorgenza
dell’anemia non è immediata, ma avviene in tempo relativamente lungo perché in questo periodo,
l’individuo riesce a sopperire alla mancanza grazie ai depositi di vitamina B12.
La terapia continua andando ad identificare la causa ed eventualmente correggerla.
Fisiologicamente si avrá che il paziente con difetto di vitamina B12 al quale viene somministrata una fiala da
5000 microgrammi di cobalammina per via parenterale, seguirà un aumento esponenziale dei reticolociti
come segno compensatorio di un eritrone che sta uscendo dal suo difetto di eritrocitogenesi.

ANEMIE DEL III GRUPPO


Nelle anemie del III gruppo non c’è ridotta eritroblastogenesi, non c’è esaltata eritropoiesi inefficace, ma è
deficitario il progressivo caricarsi di emoglobina da parte del progenitore eritroide e le cause principali
sono:
 Deficit di ferro con conseguente carente sintesi di gruppo eme
 Deficitaria sintesi di catene globiniche

Queste sono le anemie di cui più spesso si fa diagnosi perché in questo gruppo si identifica l’anemia più
frequente sul pianeta da carenza di ferro e le talassemie (in Italia vivono circa 3 milioni di pazienti con una
beta-talassemia).

METABOLISMO DEL FERRO

L’introduzione avviene attraverso la dieta, ma vi è una differenza:


 Il ferro che si trova nel gruppo eme (ferro eme/emi(ni)co) si trova nelle carni e viene assorbito
direttamente
 Il ferro non eme/emi(ni)co è presente oltre che nella carne anche nei vegetali e ha un assorbimento
legato ad una chelazione da parte di complessi solubili macromolecolari
L’introduzione degli alimenti che danno un assorbimento diretto di ferro porteranno ad
un’implementazione superiore rispetto a quella degli alimenti in cui è necessario un assorbimento legato a
chelanti.
Ancora una volta è la dieta che principalmente influenza la quantità di sostanza nel nostro organismo, in
questo caso del ferro.

Ci sono 3 proteine che svolgono un ruolo cruciale nel metabolismo del ferro:
 DMT1; proteina che veicola il ferro introdotto con la dieta a livello dell’enterocita; proteina di
internalizzazione
 Ferroportina 1; proteina che esporta il ferro introdotto dall’interno della cellula nel sangue;
proteina di esternalizzazione
 Epcidina; proteina con funzione di regolazione della ferroportina

Tutto ciò perché l’organismo non ha degli approcci di regolazione del metabolismo del ferro che non siano
quello di regolare la sua introduzione: viene aumentata la sintesi di ferroportina quando ce n’è bisogno e
diminuita in caso contrario quando i depositi sono aumentati. Non vi è una capacità di esportazione. Di fatti
quando un atomo di ferro viene assorbito con la dieta, questo rimane nell’organismo per svariati anni, per
questo la regolazione viene svolta direttamente al suo ingresso nell’organismo.
L’assorbimento avviene nel duodeno.

La ferroportina in condizioni normali è una proteina transmembrana, l’epcidina fa sì che venga


internalizzata, annullando così la sua funzione, quando la concentrazione di ferro è elevata.

L’epcidina:
 È prodotta dagli epatociti
 Blocca la ferroportina impedendo
l’esternalizzazione del ferro
 La sintesi da parte degli epatociti viene stimolata
in tutte quelle condizioni in cui bisogna diminuire
l’apporto di ferro (aumento dei depositi,
aumentata produzione di citochine
infiammatorie). Può essere altresì inibita quando
vi è necessità di ferro al midollo osseo (carenza di
ferro, iperplasia dell’eritrone, anemia/ipossia)
TRASPORTO DEL FERRO

Il ferro rilasciato nel sangue deve essere


trasportato. La proteina trasportatrice del
ferro nel sangue è la transferrina prodotta
anch’essa dagli epatociti (fegato centrale nel
metabolismo, trasporto del ferro e, come si
vedrà, nel suo immagazzinamento).
Presenta due siti di legame per il ferro e
prenderà il nome di apotransferrina quando
non è legata allo ione, transferrina
monoferrica se legata ad un solo ione e
transferrina diferrica se il ferro occupa
entrambi i siti di legame.
Si instaura un circuito chiuso in cui il ferro,
attraverso gli enterociti, passa nel circolo
legato alla transferrina che lo porterà fino al
midollo osseo. Verrà quindi utilizzato per la formazione del gruppo eme e quindi far parte dell’eritrocita.
Una volta che il globulo rosso andrà incontro al processo di emocateresi, il ferro viene rilasciato all’esterno
e ricaptato dai macrofagi che nuovamente lo rimettono in circolo attraverso un meccanismo regolato
dall’epcidina (che regola quindi anche la dismissione del ferro da parte dei macrofagi).
La transferrina è quindi prodotta dagli epatociti e la sintesi è regolata da un meccanismo a feedback
negativo —> la sintesi aumenta nelle condizioni in cui bisogna trasportare più ferro e ridotta secondo
necessità.
I recettori della transferrina si trovano a livello del midollo osseo dove la transferrina viene internalizzata ed
il ferro da essa trasportata viene rilasciato.

IMMAGAZZINAMENTO DEL FERRO

Tutto il ferro che non viene utilizzato per la sintesi di emoglobina e altri enzimi, viene immagazzinato
all’interno degli epatociti e nel midollo osseo.
I depositi di ferro avvengono secondo due modalità diverse:
 Ferritina; è la forma di deposito principale di ferro da cui l’organismo attinge quando vi è un
bisogno immediato di produzione di emoglobina. Essa è costituita da 24 subunità aggregate a
forma di guscio che formano 6 canali di entrata e di uscita del ferro
 Emosiderina; è una forma di deposito più stabile. È costituita da aggregati di ferritina e si trova
all’interno delle cellule del sistema monocito-macrofagico tipicamente nel midollo osseo. Si
possono vedere i macrofagi carichi di emosiderina attraverso la colorazione di Perls

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