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LINFOEMOPOIETICO
INDICE
Apparato Emopoietico 1
Patologia Oncoematologica della serie Mieloide 2
Leucemia Mieloide Acuta 4
Leucemia Acuta a Fenotipo Ambiguo 10
Neoplasie Mieloproliferative 11
Sindromi Mielodisplastiche 21
Struttura Linfondale 23
Diagnostica Linfonodale 25
Oncogenesi delle neoplasie a cellule B e T 26
Processi Linfoproliferativi 29
Neoplasie dei Precursori B 30
Neoplasie dei Linfociti B Maturi 31
Neoplasie dei Linfociti T Maturi/periferici 42
Linfoma di Hodgkin 45
Discrasie Plasmacellulari 49
Linfoadenopatie Non-Neoplastiche 62
APPARATO EMATOPOIETICO
Il sistema emopoietico è un apparato sistemico e quindi per definizione tutte le patologie del sistema
emopoietico sono patologie sistemiche.
Di fatto, per quanto riguarda il comparto linfoide, dal 2001 la dizione "linfomi" e "leucemie" è stata sostituita
dal concetto di "processo linfoproliferativo".
Questo termine indica lo stesso processo e la stessa cellula, ma vi sara una distinzione tra:
Leucemia linfatica cronica → se viene invaso il circolo e colonizzato il midollo
Linfoma linfocitico → se è interessato un linfonodo in maniera solida.
Quindi, se è presente un processo di piccoli linfociti che interessa il linfonodo ma rimane indolente e non da
clinica, la diagnosi si basa sul linfonodo asportato e la terapia è “watch and wait”.
Mentre, se è presente lo stesso processo nel midollo con sostituzione del parenchima emopoietico e la
diffusione in circolo, il paziente fa infezioni ed emorragie, in quanto diventa anemico, granulocitopenico e
piastinopenico.
Agoaspirato
Da questo esame si può evincere la presenza di ipercellularita midollare in quanto, ad esempio, le leucemie
acute sono neoplasie di cellule mieloidi immature. Ad ogni tappa maturativa delle cellule midollari
corrisponde una controparte neoplastica, da questo punto di vista il frustolo osteomidollare da una resa che in
termini di morfologia è meno dettagliata rispetto all'esame citologico.
Vantaggi dell’aspirato midollare:
- preparati allestiti velocemente poiche non sono fissati ne decalcificati, solamente colorati
- alta definizione cellulare
- si può effettuare diagnostica molecolare o immunoistochimica
I paramenti fondamentali che devono essere valutati sono i valori quantitativi e qualitativi della cellularità
midollare.
Nel midollo osseo normale deve esserci una quota di plasmacellule, in quanto dopo aver raggiunto lo stadio
“long life” cioe plasmacellule della lunga vita, queste cellule fanno homing nel midollo osseo, ed è proprio
per questo motivo che la sede di una neoplasia plasmacellulare è solitamente il midollo; in questo caso viene
definito mieloma, invece quando la neoplasia plasmacellulare e in sede extramidollare si chiamera
plasmocitoma.
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Il primo dato che si puo cogliere valutando un midollo è la cellularita, che si intende come rapporto tra la
quota cellulare e la quota adiposa. Fisiologicamente in un neonato la cellularita è del 100% mentre in un
anziano del 25-30%, quindi va diminuendo con l’età.
Vantaggi della biopsia midollare
- Migliore definizione della cellularita
- Valutazioni anomalie ossee
- Localizzazione dei precursori granulocitari → la mielopoiesi avviene a ridosso delle trabecole, se
si ritrova a livello parenchimale possiamo fare diagnosi si SMD.
- Valutazione degli aggregati → per esempio i megacariociti aggregati sono un segno tipico di
patologia, in quanto nel midollo normale hanno solitamente una distribuzione diffusa.
- Distribuzione cellulare → la quota linfoide B fisiologica nel midollo è del 2-3% rispetto alla
cellularita totale; la quota dei linfociti T è intorno al 7%; anche in questo caso la distribuzione è
abbastanza diffusa, e quindi i linfociti aggregati possono essere dei noduli reattivi o noduli patologici
da infiltrazione da linfoma; la biopsia osteomidollare è importante per la stadiazione dei disordini
linfoproliferativi, infatti pur essendo un organo emopoietico, la sua infiltrazione in corso di linfoma
indica un IV Stadio.
- Emofagocitosi → la sindrome emofagocitica è un contesto clinico che inquadra una condizione
caratterizzata da febbre molto alta sui 39/40 gradi, anemia scatenata da iperplasia istiocitaria nel
midollo con segni di fagocitosi, cioè le cellule macrofagi che divorano eritrociti ma in alcuni casi
anche granulociti. Tutto questo spesso è una condizione che si accompagna ad altre patologie (es.
virus).
La sindrome di Emofagocitosi viene considerata come un effetto, quindi si cura la patologia alla base.
Se scatenata da virus o batteri la malattia segue l'andamento dell'infezione. Diverso è
il riscontro di emofagocitosi, cioe vedere istiociti che stanno fagocitando cellule della linea eritroide
senza acquisire la dignita che la fa definire sindrome.
- Valutazione di anomalie stromali → il midollo ha una sua quota stromale, costituita da tessuto
connettivo, tessuto osseo, tessuto adiposo e tessuto vascolare.
PATOLOGIA ONCOEMATOLOGICA
DELLA SERIE MIELOIDE
La funzione della cellula staminale ematopoietica è quella di mantenere il pool di riserva, l'autorinnovamento
e la produzione di precursori che si vanno differenziando verso tutte le linee dell'apparato emopoietico.
Il destino della cellula staminale emopoietica è un fato asimmetrico, quindi è utile ricordare come le cellule
immature siano tutte simili tra loro e come invece poi diventino sempre piu riconoscibili man mano vadano
verso la maturazione.
Il presupposto fisiologico è che tutta la fase di maturazione avvenga nel midollo mentre le cellule presenti in
circolo siano mature e la normalità del periferico sia definita dall'assenza di forme immature e di blasti.
Si possono distinguere:
Neoplasia mieloproliferativa → colpisce la staminale con capacità differenziativa e
maturativa quindi con la capacita di andare in circolo. Si presenta con ipercitosi periferica e
ipercellularita midollare. Vi è anche epato/splenomegalia dovuta ad uno stimolo neoplastico
all'emopoiesi extramidollare per la presenza di fibrosi midollare e per la funzione emocateretica
della milza. Nelle prime fasi vi è assenza di displasia. Può andare incontro a evoluzione acuta.
Sindromi mielodisplastiche → sono neoplasie a carico dei progenitori committed.
L'emopoiesi è inefficace con ipercellularita midollare, pancitopenia periferica e maturazione
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disordinata in una o piu linee cellulari. Il destino di questa sindrome è la leucemia mieloide
acuta perche il blocco all'immissione in circolo, dovuto al non raggiungimento della maturita,
cede per l' aumento della quota di blasti nel midollo (valutato con la quota di CD34, marcatore
efficace per i blasti e le staminali).
Patologie mieloproliferative/mielodisplastiche → con caratteristiche intermedie, emopoiesi
efficace di grado variabile e aspetti displastici.
Leucemie mieloidi acute (LAM) → leucemia acuta vuol dire aumento della quota di blasti nel
midollo oltre il 20% e soprattutto immissione di blasti in circolo. Infatti la definizione di LAM
è proliferazione neoplastica con arresto maturativo ed immissione di blasti in circolo. La
clinica classica è costituita da anemia, piastrinopenia, granulocitopenia. Tanto più grande è la
sostituzione midollare, tanto più evidente è la clinica.
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5. Sindromi mielodisplastiche (SMD) → comprendono:
- MDS con displasia uniliniare (eritroide, granulocitaria o megacariocitaria)
- MDS con sideroblasti ad anello (MDS-RS).
- MDS/RS a singola linea displastica
- MDS/RS a multilinea displastica (displasia almeno biliniare)
- MDS con displasia multilinea
- MDS con eccesso di blasti (sempre <20%)
- MDS con delezione isolata di 5q- (in pz anziani si associa ad anemia)
- MDS inclassificabile Entita provvisorie (citopenia refrattaria dei bambini)
6. Neoplasie mieloproliferative → comprendono:
- Leucemia mieloide cronica BCR-ABL1
- Leucemia neutrofila cronica
- Policitemia vera
- Mielofibrosi primaria (forme pre-fibrosi e forme post-fibrosi)
- Trombocitemia essenziale
- Leucemia eosinofila cronica
- MPN inclassificabile
- Mastocitosi
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I meccanismi di citogenetica possono essere traslocazioni bilanciate, prodotti genici di fusione, la
trascrizione di proteine della crescita o le mutazioni geniche. La clinica risiede nell'insufficienza midollare e
nella presenza di infiltrati leucemici extramidollari (fegato, milza, linfonodi e SNC).
La diagnosi si può fare su sangue periferico, su striscio periferico, sull'aspirato midollare, sulla biopsia
osteomidollare(utile in condizione di midollo ipoplastico), immunoistochimica e citogenetica.
Meccanismi patogenetici
Alla base delle LAM si riscontrano tra le piu disparate mutazioni:
- Traslocazioni bilanciate/inversioni con formazione di geni di fusione: t(8;21); inv(16); t(15;17)
- Prodotti di geni di fusione: differenziazione (PML/RARα, bcr/abl)
- Trascrizione di proteine di regolazione della crescita e maturazione
- Mutazioni geniche (FLT3, NPM, CEBPA)
- Gain of function con promozione della crescita (N-ras, K-ras)
- Loss of function oncosoppressori (p53, WT1)
I meccanismi citogenetici che si possono ritrovare sono soprattutto traslocazioni bilanciate o inversioni che
portano alla formazione dei geni di fusione, che codificano per delle proteine di fusione, che hanno un ruolo
oncotrasformante, di stimolo della proliferazione.
Altro meccanismo riguarda i prodotti dei geni di fusione (per es. BCL/ABL o PML/RARα) che incidono non
solo sulla proliferazione, ma anche sulla differenziazione:
- PML/RARα → riesce a far produrre una espansione clonale di una tappa piuttosto avanzata
(promielocita);
- BCL/ABL → riesce a portare a maturazione il clone.
In molte neoplasie si ha l’azione di più mutazioni geniche, che incidono a vario livello.
Un altro meccanismo, ancora piu avanti nel processo genetico, riguarda la trascrizione di proteine di
regolazione della crescita e maturazione.
Ultimo meccanismo riguarda la mutazione di singoli geni: se la mutazione riguarda l’oncogene dobbiamo
avere la sua amplificazione perchè possa indurre neoplasia; al contrario, se riguarda l’oncosoppressore, la
mutazione deve portare alla sua inattivazione.
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Criteri genotipici → Importante è determinare la presenza di alterazioni genetiche specifiche,
tramite lo studio di geni, di fusione e di delezioni geniche. E’ possibile effettuare dunque
analisi citogenetiche e di biologia molecolare per definire il genotipo del clone e monitorarlo
durante il decorso della malattia.
Criteri clinici → bisogna valutare l’emocromo che puo evidenziare citopenia o leucocitosi (la
conta dei globuli bianchi puo essere normale, ridotta o aumentata). In realtà è difficile fare una
conta leucocitaria perche i normali globuli bianchi vengono sostituiti dai blasti che circolano e
che deprimono la produzione dei normali neutrofili.
Indagine sul midollo → Valutando la citologia e l’istologia del midollo, si troverà la
sostituzione del normale parenchima midollare con una popolazione di blasti che impedisce di
evidenziare i normali precursori. Talvolta, è possibile trovare ancora i normali precursori a
testimonianza di quanto l’emopoiesi sia residua e destinata ad essere soppiantata del tutto dal
clone neoplastico. Quanto detto è evidenziabile tramite l’aspirato midollare, lo striscio di
sangue midollare o la biopsia osteomidollare.
Immunoistochimica → si fa su biopsia ed è fondamentale per differenziare le varie forme di
leucemia gia diagnosticate dal punto di vista morfologico, citochimico o immunochimico. Tra i
marker piu importanti vi sono:
- CD34 (marker si staminalita per identificare blasti, anche per valutare angiogenesi dato che è
marker delle cellule endoteliali)
- Desossi-nucleotidil-transferasi terminale (depone a favore della leucemia linfoide)
- CD45 (antigene comune leucocitario, viene espresso abbastanza precocemente)
- marker Pan-B (CD19, CD20, CD22, CD79A, nei linfomi il ventaglio di marker aumenta)
- CD4 e CD8 (usati per differenziare i T)
- mieloperossidasi e CD117 (marcatori della linea mieloide o granulocitaria)
- CD41 e CD61 (marcatori della linea megacarioblastica)
- Caderina e Glicoforina (marcatori eritroidi).
La proliferazione senza maturazione delle cellule blastiche determina infiltrazione e danno di
tessuti e organi quali linfonodi, milza, SNC, scheletro con segni e sintomi di tipo tumorale.
Sede di infiltrazione → la leucemia mieloide può determinare infiltrazione linfonodale,
tuttavia, i blasti a fenotipo linfocitario, avendo proprietà comuni ai normali linfoblasti, hanno
una maggiore tendenza a fare homing nei linfonodi causando linfadenopatie. Inoltre, le forme
linfoblastiche hanno maggior tendenza ad invadere il SNC, infiltrando il parenchima (neuroni)
ma anche le meningi, causando la meningiosi leucemica (clinica simile alla meningite).
Nulla vieta che questa infiltrazione possa essere data anche dalla mieloide.
L’infiltrazione leucemica delle meningi puo comportare una paralisi facciale per
interessamento del settimo paio di nervi cranici.
Insufficienza midollare → La mancata o insufficiente produzione di eritrociti, granulociti e
piastrine causa, d’altra parte, segni e sintomi tipici dell’insufficienza midollare: anemia e
conseguente astenia, maggiore suscettibilita a gravi infezioni (presenti gia all’esordio),
emorragie legate alla piastrinopenia. Il
quadro emorragico, in particolare, puo interessare vari distretti, dalle mucose al tessuto
cerebrale, ed è la causa principale del fatto che la leucemia acuta venga indicata molto spesso
come fulminante per la drammaticita del quadro che comporta e per la ridotta aspettativa di vita
(spesso solo qualche mese).
In alcuni casi di leucemia mieloide acuta, alla piastrinopenia, puo accompagnarsi un quadro di
CID (coagulazione intravascolare disseminata). Questo quadro causa la presenza di ecchimosi
emorragiche marcate e tendenza all’emorragia nei distretti retinico e nervoso configurando un
quadro di rischio emorragico vastissimo che porta il paziente alla morte in poche ore.
Fibrosi midollare → le leucemie mieloproliferative hanno spesso come dato di
accompagnamento, in modo molto variabile secondo le forme interessate, l’insorgenza di
fibrosi midollare. La fibrosi in sede midollare condiziona dal punto di vista diagnostico
l’esecuzione della biopsia perche l’aspirato non è sempre esauriente ai fini diagnostici.
La fibrosi è una conseguenza dell’intensificazione del comparto delle fibre collagene della
quota midollare, si crea un reticolo che interferisce pesantemente, a lungo andare, con
l’emopoiesi. La fibrosi agisce sotto stimolo del fattore T3 piastrinico. Se si esaminano tutte le
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patologie che hanno un’espansione megacariocitaria imponente, nello specifico di
megacariociti atipici, presentano la fibrosi.
Clinica
Si presenta nei piu giovani con decorso clinico iperacuto, infatti, si presenta con una importante pancitopenia.
Inoltre, i blasti producono TF e fibrinolitici innescando la CID.
La gravita del quadro è determinata da una diatesi emorragica e CID fatali.
Morfologia blasti
C’è una grande variabilità e irregolarità della forma e della dimensione nucleare.
Nucleo spesso con aspetto reniforme e bilobato.
Nel midollo prevalgono i blasti e promielociti abnormi a dimostrazione del fatto che la mielopoiesi si è
bloccata a livello del promielocita.
I promielociti nell’85% sono ipergranulari (citoplasma granulare) e, quando questi granuli si condensano,
danno vita a corpi bastoncellari detti corpi di Auer.
Alla biopsia osteomidollare, questa forma leucemica appare con un quadro di monomorfismo, si ritrovano
solo cellule uguali tra di loro con un citoplasma non troppo scarso, il nucleo vescicoloso, fortemente
immaturo e non segmentato, nucleolo molto sviluppato.
È parecchio evidente da queste osservazioni che si sta esaminando un quadro in cui le cellule non
raggiungono la maturazione fermandosi ad uno stadio di completa immaturita.
Per diagnosticare questa patologia oltre la traslocazione 15/17 si puo anche valutare la presenza di oltre il
20% di blasti nel midollo o nel sangue periferico e da un’enorme presenza di promielociti.
Ci sono delle forme leucemiche con anomalie citogenetiche ricorrenti che in realtà poi si presentano con una
morfologia variabile, invece per quanto riguarda la traslocazione 15-17 coincide sempre con la leucemia
promielocitica.
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LEUCEMIE MIELOIDI ACUTE CORRELATE A SINDROMI
MIELODISPLASTICHE
Possono insorgere de novo o secondariamente a SMD, e tipicamente si verificano negli individui piu anziani.
Sono:
LAM secondarie a MDS → pz con sindrome mielodisplastica nota, che poi sviluppa la LAM.
LAM con displasia multilinea → pz con LAM, diagnosticata in fase acuta, nel cui midollo
pero si vedono alterazioni mielodisplastiche; nel midollo di questi pz non ci sono solo blasti,
ma anche alterazioni mielodisplastiche; naturalmente i blasti devono essere > 20%.
LAM con anomalie citogenetiche correlate a MDS → Si associano a profilo citogenetico
sfavorevole (delezioni 7q e delezione 5q), si associano a fenotipo multi-drug resistance e hanno
comportamento clinico sfavorevole.
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All’istologia si presenta un quadro monomorfo ma che non è significativo per la diagnosi (indistinguibile
dalla M0) che infatti in questo caso è sempre associata all’immunoistochimica dalla quale si evidenzia una
grande espressione di CD34 data dalla forte presenza di blasti.
Vi è pure una piccola quota neutrofila che in questo caso diventa secondaria. In questa fase i nuclei di questo
tipo di cellule diventano reniformi, assumono la forma che sara quella definitiva e tipica dei monociti.
Clinica M4-M5 → questi tipi di leucemia hanno una maggiore tendenza all’infiltrazione meningea e tissutale
con particolare attrazione per il rene (tubulopatia renale e ipokaliemia). I monoblasti hanno una particolare
tendenza a fare homing nelle gengive, pertanto, i pazienti possono esordire con una ipertrofia gengivale tale
da coprire totalmente i denti. Presentano una enorme massa leucemica con iperleucocitosi, prognosi
sfavorevole.
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Leucemia Acuta Eritroide (AML-M6a -AML-M6b)
Sono caratterizzate da una popolazione prevalentemente eritroide. Sono riconosciuti due sottotipi in base alla
presenza/assenza di una significativa componente mieloide.
- M6a (eitroleucemia) → si vedono eritroblasti, cellule rotonde e molto scure con nucleo intensamente
eosinofilo. Si trovano anche pro-eritroblasti, cellule piu grandi. Compare glicoforina C, pochissima
MPO.
- M6b(leucemia eritroide pura) → proliferazione neoplastica di cellule immature esclusivamente di
linea eritroide (>80% delle cellule midollari) senza evidenza di significativa componente
mieloblastica.
Morfologia → Le dimensioni di queste cellule vanno da enormi a piccole e sono in un numero tale da
non poter essere equivocate. Positivita per fattore VIII.
Rappresenta il 3-5% delle AML e, clinicamente, si presenta con trombocitosi vista la presenza di
megacariociti proliferanti e sintesi di piastrine, ma anche trombocitopenia perche non necessariamente la
megacariopoiesi è efficace; un’altra caratteristica è la fibrosi. Nei bambini si vede organomegalia nell’AML-
M7 associata a t(1:22) che mostrano masse addominali.
Si associa anche con tumori mediastinici a cellule germinali visti in giovani adulti di sesso maschile.
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NEOPLASIE MIELOPROLIFERATIVE (MPN)
Le neoplasie mieloproliferative sono delle neoplasie clonali che prendono origine da un elemento precursore
toti o pluripotente, ovviamente committed in senso emopoietico. Il processo maturativo della cellula non
viene bloccato, infatti, alla fine dei processi che portano a questo tipo di neoplasia l’evento che si notera sarà
un’immissione in circolo di un eccesso di cellule mature della linea coinvolta (megacariocitaria,
granulocitaria, eritroide).
La patologia si presenta con un aumento periferico del citotipo coinvolto e con la clinica conseguente. Nel
momento, ad esempio, che si presentera una massa eritrocitaria imponente si notera di conseguenza una
sindrome di iperviscosita, quando invece il citotipo coinvolto sono le piastrine si potra assistere ad un
disequilibrio della coagulazione.
Tutte le MNP tendono a trasformarsi in Acute!!!
Tutte sono caratterizzate dall'incremento di una o piu linee cellulari, con il mantenimento, almeno negli stadi
iniziali, della normale emopoiesi.
La peggiore in assoluto è la Leucemia Mieloide Cronica, che è una patologia che, lasciata incurata, ha una
storia naturale che evolve inesorabilmente in leucemia acuta. Al contrario, le altre sono piu benigne ed
evolvono di meno in LAM. Nel dettaglio:
- La LMC nel 100% dei casi ed ha una mediana di 4 anni
- La PV nel 10%-20% dei casi ha una mediana di 10 -12 anni
- La TE nel 20%-30% dei casi ha una mediana di 6-8 anni
- La MF primaria nel 30%-40% dei casi, ha mediana 5-6 anni
Queste patologie sono anche accomunate dal fatto che c'è anche una possibile trasformazione di una forma in
un'altra (patomorfosi), nel senso che una può iniziare come trombocitemia essenziale, ad esempio, e questa
malattia diventa mielofibrosi primaria.
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dizione che fosse sostitutiva a Bcr/Abl negativa, e quindi ora si chiama leucemia neutrofilica
cronica.
3. Policitemia vera (PV) → è la malattia che colpisce essenzialmente il clone eritroide; anche
se, per definizione, nel midollo si presenta, quantomeno nella fase iniziale, con un’iperplasia
trilineare, quindi con un aumento medio di tutte le linee. È una patologia caratterizzata da un
incremento dei globuli rossi, dell'emoglobina e dell'ematocrito; EPO indipendente.
4. Mielofibrosi primaria (PMF) → nella nuova classificazione è divisa in due forme: una
tardiva (fibrotica), ed una precoce (fase pre-fibrotica).
5. Trombocitemia essenziale (ET) → deriva da una linea pura megacariocitaria e quindi sale
la conta piastrinica in maniera notevole (supera le 450.000 piastrine) ma è selettiva per
questo citotipo; anche il midollo ha un quadro che rispecchia questa condizione.
6. Leucemia eosinofilica cronica non altrimenti specificata (NOS)→ è una neoplasia
mieloproliferativa inclassificabile. Viene definita NOS perchè esiste tutto un capitolo che fa
riferimento a condizioni di ipereosinofilia associata a processi di tipo mieloide o linfoide su
presupposti di tipo citogenetico. La diagnosi di leucemia eosinofilica non classificabile,
chiaramente, richiede l’esclusione di tutte le mutazioni che portano a ipereosinofilia, quindi
èuna diagnosi da esclusione e temporanea. Blasti periferici >2%, blasti midollari 5-19%.
7. MPN inclassificabile
8. Mastocitosi
Ago aspirato del midollo osseo e sangue periferico → si sceglie l’uno o l’altro in relazione al tipo di
patologia sospettata. Per sangue periferico si intende sia esame emocromocitometrico che come
striscio periferico che evidenzia le cellule presenti per poterle esaminare.
Conta dei blasti → si fa col CD34 ed è necessaria per identificare la soglia del 20%: le malattie di cui
stiamo parlando sono malattie che possono evolvere, e le mielodisplasie con maggiori probabilita, verso
prognosi peggiori. È un dato da tenere costantemente sotto controllo.
Citogenetica→ L’utilizzo della citogenetica risale, storicamente, all’identificazione di Bcr/Abl, poi si sono
studiate tutte le neoplasie mieloidi con le eosinofilie. La scoperta di Bcr/Abl fu clamorosa, tanto che le altre
patologie venivano identificate come Philadelphia negative.
Il dato che cambia per ogni patologia, al di la della forma, è il dato molecolare, fondamentale per la diagnosi.
Ne consegue da questa osservazione che la diagnosi ha un costo maggiore finche non ci sara un
appiattimento dei costi per la biologia molecolare, come è accaduto gia per l’immunoistochimica
JAK2-V617F
È un gene che mappa sul braccio corto del cromosoma 9 nel locus 24 (9p24) ed è associato, nell’età avanzata,
ad elevati livelli di Hb, leucocitosi e bassa conta piastrinica. È associato ad un fenotipo eritroide, infatti, si
trova maggiormente nelle forme di PV con alti livelli di Hb e nelle forme di TE con quota eritroide alta.
Agisce come fattore di differenziazione piu che di proliferazione, quindi non è associato alla sopravvivenza,
ne al rischio di trombosi ne a trasformazione leucemica.
Vi è, infatti, la possibilita di crisi blastiche JAK-2- nella PV. Quindi JAK2 è una tirosin chinasi che agisce
sulla differenziazione e non influenza i progenitori, il che suggerisce che altri fattori siano coinvolti nella
regolazione alterata del comparto staminale: JAK2 interviene in una seconda fase nel processo neoplastico.
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Caso dei megacariociti
I megacariociti sono la componente cellulare piu caratteristica che puo variare la sua forma e la sua
morfologia; in alcuni casi la valutazione della componente megacariocitaria diventa un ausilio diagnostico, e
questo è, in fondo, il motivo per cui, al di la della cellularita, troviamo i criteri istopatologici che sono stati
inseriti come criteri diagnostici per la mielofibrosi primaria, e in parte per le trombocitemie.
- TE → il nucleo dei megacariociti appare iper-maturo, polilobato;
- MF → il nucleo dei megacariociti appare vescicoloso o nuvoloso;
- LMC → i megacariociti vengono definiti nani, e il nucleo risulta ipolobato, rotondeggiante;
- PV → i megacariociti sono pleomorfi
Caratteristiche cliniche
Una conseguenza di questo tipo di patologie sono sempre l’epato e la splenomegalia.
La splenomegalia è dovuta alla riattivazione di focolai ematopoietici nella milza, a seguito di una fibrosi
midollare spinta che determina l’insufficienza midollare nei confronti del periferico. Nelle fasi classiche di
queste patologie non c’è displasia intesa come presenza di blasti perche la maturazione cellulare e efficace,
mentre nelle patologie mielodisplastiche, che sono caratterizzate da emopoiesi inefficace, può essere
presente.
Crisi blastica → si presenta perche subentrano altre mutazioni e c’è sempre una richiesta che ad un certo
punto non riesce ad essere compensata dall’offerta. Perchè si arrivi alla crisi blastica ci deve essere una fase
“pre-blastica”, che è la fase accelerata, in cui i blasti aumentano nel midollo. La crisi blastica era
l’evoluzione classica della leucemia mieloide cronica, in epoca precedente agli inibitori della tirosinchinasi;
in percentuale minore si manifestava anche nella mielofibrosi, ancor meno nella policitemia vera e di fatto
assente nella policitemia essenziale.
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Il cromosoma Philadelphia è il cr22 che, dopo la traslocazione, era accorciato, mentre il cr9 si allungava: Abl
(chinasi) trasloca sotto il promotore forte del cr22 (BCR) e si viene a determinare un gene di fusione BCR-
Abl, una tirosin chinasi costitutivamente attiva.
L’attivita proliferativa importante si associa all’adesione e alla migrazione delle cellule e poi ad altre
mutazioni, quale quella di p53.
La LMC se non curata evolve entro 4 anni in LLA o LMA secondarie. Può anche capitare che la crisi
blastica si evolva silenziosamente, ad esempio, quando non viene notata la fase cronica della malattia
(sottovalutare sintomi o asintomaticita).
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Fase blastica
Si ha l’aumento dei blasti in circolo (>20%) e l’aumento dei blasti midollari (>30%). Dato che questa fase si
manifesta dopo l’accumulo progressivo di mutazioni, non è infrequente trovare aneuploidie cromosomiche.
Si presenta severa anemia (<8g/dl) con piastrinopenia.
Nel 20-30% dei casi la crisi blastica è linfoide (LAL).
La diagnosi è molto difficile per via della fase asintomatica, tuttavia è spesso casuale guardando
l’emocromo:
- Hb normale o moderatamente ridotta
- Piastrine raramente ridotte, spesso aumentate
- Leucociti sempre aumentati (20.000-50.000)
In periferia si trovano tantissimi granulociti maturi e anche precursori a causa della fibrosi e iperplasia
midollare (metamielociti, mielociti, mieloblasti, promielociti). Per la diagnosi sono importanti le analisi
citogenetiche (ricercare crPh) e le indagini molecolari (studiare il trascritto di BCR-Abl).
Terapia
Prima si usavano Busulfano e Idrossiurea che normalizzavano l’emocromo (risposta patologica completa)
ma era una terapia palliativa, i cloni neoplastici non scomparivano e la sopravvivenza era di 5 anni. oggi una
svolta e stata data da Imatinib (inibitore di BCR-Abl) che da una risposta molecolare maggiore (BCR-ABL
<0,1%) entro 18 mesi, il farmaco va preso a vita e non si sospende mai.
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POLICITEMIA VERA (PV)
È caratterizzata dall’espansione primaria dell’eritrone per mutazione puntiforme del gene che codifica per la
chinasi JAK-2 (normalmente stimolata da EPO, TPO, G-CSF).
Se JAK-2 è mutata, essa sara attiva costitutivamente, quindi la policitemia vera è primaria e indipendente da
EPO. La chinasi JAK2 influenza la differenziazione eritroide (alti livelli di Hb e piastrine basse) in
dipendenza del suo carico allelico: maggiore è il carico allelico, maggiore è il tipo di differenziazione verso
un fenotipo eritroide, infatti, la trombocitemia essenziale JAK2 positiva somiglia ad una policitemia vera,
avra una spinta eritroide maggiore rispetto ad una JAK2 negativa.
La presenza di JAK2 non è associata alla sopravvivenza e alla trombosi, quindi è solo un fattore diagnostico
di neoplasia mieloproliferativa, e non prognostico.
Le policitemie possono essere:
Policitemia secondaria (da aumento di EPO) → alta montagna (bassa pO2), malattie
toraciche e polmonari che determinano ipossia, malattie cardiovascolari, bassa pO2 nei tessuti
(talassemia etc), tumori renali che producono EPO. Si fa diagnosi differenziale mediante la
ricerca di mutazioni.
Policitemia relativa → si riduce il volume ematico e quindi aumenta l’ematocrito.
Policitemia vera → esiste nella forma conclamata, in una forma non classificata ed in una
forma precoce in cui non ci saranno 16g di emoglobina ma in cui ritroviamo valori piu bassi,
che meritano di essere attenzionati e si deve, in questo caso, studiare il paziente.
Manifestazioni cliniche
Sono dovute all’aumentata resistenza al circolo dovuta all’aumento della quota eritrocitaria con intasamento
dei vasi: ipossia tissutale, liberazione di istamina e ipercoagulabilità.
Si trasforma in LAM nel 10-20% dei casi e può progredire anche verso una mielofibrosi. La sopravvivenza è
di 10-15anni.
- Splenomegalia;
- Trombosi dei grossi vasi;
- Microcitosi;
- Leucocitosi o trombocitosi persistente;
- Basofilia;
- Elevata fosfatasi alcalina leucocitaria.
- Astenia, prurito, cefalea
- Ipertensione arteriosa
- Disturbi del visus
Diagnosi della PV
Nel 2005 tra i criteri maggiori diagnostici è arrivato JAK2 per la diagnosi di policitemia vera, mielofibrosi
primaria e trombocitemia essenziale.
Questo gene è presente nel 90% delle policitemie vere, 50% delle mielofibrosi e 30% delle trombocitopenie
essenziali.
Tra i criteri del 2008, poco diversi quelli di oggi, per porre diagnosi di trombocitemia essenziale e della
mielofibrosi spunta la morfologia dei megacariociti.
Mentre, per fare diagnosi di policitemia vera ci si basa su esami quali il rialzo dell’emoglobina (superiore a
18.5 per gli uomini e a 16.5 per le donne), presenza di JAK2 e altri fattori che fanno riferimento ad una
diagnosi di tipo ematologico, per la trombocitemia essenziale invece quando si trovano i megacariociti, oltre
alle piastrine, si deve eseguire un la biopsia osteomidollare. Un’altra molecola da attenzionare è la
calreticulina, che è una molecola che aiuta a fare diagnosi di mielofibrosi.
CRITERI MAGGIORI
- Parametri clinici (Hb>16g/dl, ematocrito>48-49%)
- BOM e morfologia (ipercellularita, iperplasia multilineare, megacariociti pleomorfi)
- JAK-2 mutata
CRITERI MINORI
- EPO bassa (feedback)
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Tramite la sommazione di criteri minori e maggiori si arriva alla diagnosi corretta di policitemia vera, per la
quale devono essere positivi i tre criteri maggiori, oppure due maggiori piu il criterio minore.
Midollo osseo in fase early → lieve incremento della cellularita (meno rispetto la fase spenta), incremento
della megacariopoiesi, assenza di fibrosi e proliferazione dell’eritrone.
Midollo osseo in fase policitemica → Nel midollo osseo si ha un’intensificazione dell’eritropoiesi che si
riscontra attorno ai sinusoidi, quindi: voluminosi accumuli di eritroblasti, incremento dei sinusoidi e della
cellularita. Si determina una proliferazione ematopoietica trilineare, i mieloblasti appaiono grossi
e chiari.
Ci sono punti di spiccata basofilia che corrispondono agli eritroblasti. Presenza di megacariociti pleomorfi,
assenza di depositi di ferro e scarsezza di fibre reticolari.
I megacariociti clusterizzano, sono utili per la diagnosi differenziale tra trombocitosi secondarie e malattie
mieloproliferative. Normalmente questo tipo di cellula ha una distribuzione diffusa e se ci sono condizioni
reattive c’è sicuramente un aumento numerico ma la distribuzione rimane diffusa, invece quando
clusterizzano depongono per una malattia mieloproliferativa.
Midollo osseo in fase spenta→ la fase spenta è in relazione alla fibrosi, poichè, se aumenta la fibrosi, si
riduce l’emopoiesi. Si assiste alla riduzione della conta dei GR, aumento della splenomegalia per
ematopoiesi extramidollare, fibrosi midollare con anomalie tipiche dei GR e anomalie dei GR circolanti
(nella forma e nelle dimensioni). In questo caso, la policitemia vera va incontro ad una condizione che
volendo si può definire di mielofibrosi (perche di fatto e una fibrosi midollare) ma che è sempre secondaria
alla policitemia.
Terapia
Nel tempo si è cercato di mettere a punto terapie che tengano conto della presenza JAK-2. Una neoplasia
cresce seguendo diversi percorsi quali la differenziazione, la proliferazione, il rapporto con il microambiente,
l’espressione di molecole, la neoangiogenesi: quindi il concetto di base è che se si mette a punto una
molecola, o un inibitore di una molecola, questa può bloccare una via non impedendone altre, quindi non è
mai escluso il fallimento terapeutico.
Invece, ad esempio l’Imatinib, inibitore della tirosinchinasi, antiproliferativo, agisce sulla differenziazione a
monte (importante e la terapia mirata). Nonostante l’espressione di JAK-2, il suo inibitore Ruxolitinib
(Jakavi) non è molto efficace, i suoi risultati non si discostano tanto dalla terapia citotossica tradizionale.
Si devono dare farmaci per la trombosi (antiaggreganti), salassi (eliminare la materia prima per la
proliferazione) e farmaci citotossici e interferone.
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TROMBOCITEMIA ESSENZIALE (TE)
Condivide la basi molecolari con la PV (mutazione di JAK-2) ma solamente nel 30-40% dei casi.
Si differenzia dalle trombocitosi secondarie dovute ad anemia sideropenica, malattie croniche (TBC etc),
tumori, gravidanze e splenectomia.
Caratteristiche
- Numero di piastrine che si aggira intorno a 450.000.
- Megacariociti grandi ed ipermaturi, aumentati di volume con nucleo iperlobato (ipersegmentato)
- Cellularita non esaltata
- No granulocitopoiesi
- Nessun ritardo maturativo
- Fibrosi rarissima
Per diagnosticare la trombocitemia devono essere escluse altre patologie, quindi si fa diagnosi di esclusione.
Devono essere presenti calreticulina, JAK2 e MPL e si deve escludere la trombocitosi reattiva.
I criteri da valutare sono:
Midollo osseo → cellularita normale o poco aumentata, incremento dei megacariociti con presenza di
aggregati e forme mature over-aged (polipoidi, giganti). Scarsa fibrosi reticolinica.
Clinica
I pazienti presentano disturbi della microcircolazione (trombosi venosa, arteriosa, ictus, infarto, necrosi
cutanea), emorragie secondarie a disfunzione piastrinica, sintomi vasomotori (mal di testa, vertigini,
parestesie, acrocianosi). Basso rischio di evoluzione in LAM (20-30% in 8 anni) e aspettativa di vita normale.
Si tratta con ASA, antiaggreganti, chemioterapici e interferone.
La patologia consiste di una fibrosi primaria del midollo osseo che determina la sintomatologia: le fibre
reticoliniche aumentano sotto stimolo dei megacariociti che vanno incontro a iperplasia (cloni neoplastici) e
iniziano a produrre FGF che stimola i fibroblasti a secernere collagene.
Fegato e milza diventeranno sedi secondarie di emopoiesi con epatosplenomegalia e messa in circolo delle
staminali ematopoietiche CD34+ poichè il midollo è completamente intasato.
È una malattia clonale, con coinvolgimento di tutte le linee cellulari nelle prime fasi (trilineare), e con la
prevalenza delle linee granulocitaria e megacariocitaria nelle fasi successive.
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Questo aspetto del coinvolgimento trilineare e condiviso con la trombocitemia vera, solo che in quest’ultima
il clone eritroide diventa prevalente e la diagnosi si realizza sui valori di ematocrito, emoglobina e sulla
massa eritroide; invece, per quanto concerne la mielofibrosi, si tengono in considerazione tutte e tre le linee.
Manifestazioni cliniche
All'inizio si ha un incremento delle piastrine (trombocitosi), che può essere accompagnato anche da
incremento delle altre linee cellulari. C’è un’espansione extramidollare di tutta l’emopoiesi (trilineare):
- Anemia progressiva
- Piastrinopenia/piastrinosi (all’inizio piastrinosi)
- Leucocitosi
- Precursori eritroblastici e granulocitari in circolo
- Sudorazione notturna abbondante
Mielofibrosi secondarie → si verificano per interessamento metastatico midollare da parte di tumore solido,
quindi si parla di fibrosi reattiva. Un certo grado di fibrosi midollare puo accompagnare anche i linfomi che
si localizzano nel midollo.
Diagnosi differenziale con anemia aplastica → nell’anemia aplastica c’è un’insufficienza midollare di tipo
pancitopenico, la milza è normale, non ci sono precursori in circolo (aspirato midollare agevole).
Nella mielofibrosi primaria c’è la fibrosi (punctio sicca), precursori in circolo e spiccata anisopoichilocitosi.
Diagnosi
Nelle prime fasi, per la diagnosi, ha rilevanza il dato molecolare, mentre, nelle fasi avanzate confermare una
diagnosi di mielofibrosi è molto piu facile perchè la fibrosi è gia visibile ed impegnativa. La fibrosi
condiziona la deformazione degli eritrociti dandogli una conformazione “a goccia”, quindi è evidente una
condizione di poichilocitosi, che è presente quasi sempre, o comunque nelle fasi avanzate.
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Criteri classificativi fase pre-fibrotica
Nel midollo osseo, inizialmente c’è una situazione di iperplasia trilineare e quindi ipercellularità, che però
non raggiunge il 100% come nella leucemia mieloide cronica ma si ferma ad un 60-70%.
Aumento della fibrosi → la fibrosi con il progredire della malattia provoca una condizione che rende
impossibile valutare la citologia tramite aspirato (“punctio sicca”). Man mano progredisce la malattia, la
fibrosi aumenta e diminuisce la cellularita.
Fasi estremamente avanzate→ può iniziare l’apposizione di tessuto osseo, e la distorsione delle lamelle
ossee, per cui si parla di osteo-mielosclerosi.
I megacariociti morfologicamente sono riconoscibili nella mielofibrosi con caratteri particolari e questo non
è un dato identificabile tramite agoaspirato, motivo per cui la biopsia riveste un ruolo importante per
riconoscere la topografia megacariocitica.
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Morfologia fibrosi → La fibrosi morfologicamente si presenta con lamelle sparse, che cominciano ad
intrecciarsi tra di loro e interferiscono con l’emopoiesi. La condizione midollare si va a valutare tramite
l’impregnazione argentica, tuttavia, la cellularita con questo tipo di colorazione non appare in modo molto
chiaro.
La densita microvascolare midollare si va a valutare con l’utilizzo di CD34, che nella fibrosi è utile perche
valuta l’accompagnamento della fibrosi da parte dei piccoli vasi.
La MF evolve in LAM nel 30-40% dei casi nell’arco medio di 5-6anni e la sopravvivenza è minore rispetto
alla TE.
Terapia
Il Ruxolitinib si usa principalmente nella mielofibrosi con risultati accettabili, principalmente a livello
splenico.
Pazienti con evidenza di MPN ma con patologia neoplastica o flogistica concomitante che rende il quadro
clinico/diagnostico non chiaro. È chiaro che se si tratta di una fase estremamente precoce, la diagnosi sara
una diagnosi provvisoria che deve essere chiarita, se siamo in una fase tardiva, a quel punto la terapia viene
fatta sullo stato del paziente.
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SINDROMI MIELODISPLASTICHE
Disordini clonali della cellula staminale totipotente, caratterizzate da emopoiesi inefficace con conseguente
citopenia e maturazione disordinata (displasia) di una o piu linee cellulari.
L’elemento fondamentale è quindi l’emopoiesi inefficace: c’è una spinta neoplastica, una spinta proliferativa,
l’emopoiesi non arriva a maturazione, quindi non c’è l’immissione di cellule mature in circolo, e quindi il
soggetto è citopenico, ma il midollo naturalmente è ipercellulare, proprio per la spinta proliferativa.
Il destino di queste patologie è che a un certo punto lo stimolo proliferativo è la citopenia periferica (che
contribuisce a incrementare il circolo vizioso), porteranno all’immissione dei blasti in circolo.
Ecco perche le mielodisplasie erano definite pre-leucemie, ed ecco perche le sindromi mielodisplastiche
prima o poi evolvono in leucemia acuta. All’inizio, i blasti sono tra il 4-5% e si mantengono sotto il 20%,
tuttavia, quando i blasti arrivano al 15% si tratta di una SMD che si sta trasformando in leucemia acuta che si
conclama quando i blasti superano il 20%.
Si hanno:
- MDS con displasia uniliniare (eritroide, granulocitaria o megacariocitaria)
- MDS con sideroblasti ad anello (MDS-RS).
- MDS/RS a singola linea displastica
- MDS/RS a multilinea displastica (displasia almeno biliniare)
- MDS con displasia multilinea
- MDS con eccesso di blasti (sempre <20%)
- MDS con delezione isolata di 5q- (in pz anziani si associa ad anemia)
- MDS inclassificabile
- Entita provvisorie (citopenia refrattaria dei bambini)
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Le sindromi mielodisplastiche, più che croniche, sarebbe meglio definirle subacute con andamento più o
meno variabile.
- Anemia
- e/o neutropenia
- e/o piastrinopenia
La citopenia può interessare una, due o tre linee cellulari, quindi si parlera o di una pancitopenia, o di una
dicitopenia, o di una monocitopenia. Sono delle forme che tendono ad evolvere in una leucemia acuta
secondaria, di difficile gestione, con una pessima prognosi, anche perche le leucemie acute secondarie sono
poi il risultato finale di una patologia pre-esistente (SMD), aggravata poi da ulteriori mutazioni genetiche e
molecolari.
I cloni leucemici, derivanti dalle SMD, sono infatti dei ceppi resistenti alle terapie messe in atto. Infine, sono
sindromi la cui incidenza aumenta con l’eta.
Displasia → per poter parlare di sindromi mielodisplastiche è necessario che la morfologia dei precursori sia
di tipo displastico, ovvero devono essere presenti anomalie morfologiche del tipo ponti, ‘’bridge’’,
internucleari, che caratterizzano i precursori midollari. Reticolociti diminuiti. È presente anche una displasia
dei megacariociti che si presentano ipodiploidi (cromosomi in meno).
Aspirato midollare e biopsia ossea → Mostrano un incremento della cellularità, diseritropoiesi (morfologia
displastica degli eritrociti), disgranulocitopoiesi, displasia dei megacariociti e presenza di sideroblasti (blasti
ad anello con depositi di ferro).
La percentuale dei blasti puo essere piu o meno variabile, ma non deve superare il 20% altrimenti si parla di
una leucemia acuta. Per poter diagnosticare la SMD, l’ipercellularità e i blasti non bastano, ci sono delle
forme con dei blasti cosi piccoli da non essere facilmente individuabili. Per diagnosticare la SMD si fa
ricorso alla FISH, ricercando quindi sul cariotipo eventuali anomalie.
- Delezione del cromosoma 5 → la sindrome del 5 o 5q- .Identifica una particolare SMD ‘’buona’’
perchè risponde ad un farmaco biologico, ma non è la piu frequente.
- La delezione del 7→ la sindrome del 7 o 7q-. Ha un significato prognostico negativo , sia isolata sia
associata ad altre anomalie
- La sindrome +8 → una trisomia dal significato incerto.
CLINICA E DIAGNOSI
È una clinica pesante, l’anemia cronica è molto debilitante.
L’astenia non è proporzionale al grado di anemia.
Hanno una qualita della vita molto scadente, sono a rischio di infezioni a causa della neutropenia e di
emorragie per via della piastrinopenia.
Per la diagnosi, si procede con un esame obiettivo ‘’negativo ‘, con un ematocrito (anemia, MCV
normale/aumentato, pochi reticolociti, neutropenia, blasti) avranno una sideremia alta, una transferrina bassa,
ferritina alta perchè il ferro viene poco utilizzato. Sarà presente un midollo ipercellulare, displastico,
parzialmente blastico con un cariotipo che può essere alterato.
Ai fini della classificazione morfologica occorre annoverare anche i blasti e la loro incidenza, che
contribuisce all’inquadramendo della SεD in una sottoentita.
Bennett e coll. Distinguevano 2 tipi di blasti:
1. BLASTO DI TIPO I → senza granulazioni;
2. BLASTO DI TIPO II → dotato di granulazioni. (< di 20)
3. BLASTO DI TIPO III → ricco di granulazioni. (> di 20)
Le caratteristiche dei 3 tipi di blasti sono identiche:
- Nucleo centrale;
- Cromatina fine;
- 1 o 2 nucleoli;
- Golgi non visibile;
- Citoplasma basofilo
Le terapie (supporto, citotossica, correttiva) si modulano in base al rischio (prognosi), il quale si valuta
tramite l’IPSS che tiene conto di: numero di citopenie, percentuale di blasti e alterazioni citogenetiche.
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STRUTTURA DEL LINFONODO
Il linfonodo è un organo molto ben compartimentalizzato, ha una struttura ben riconoscibile e assume
dimensione variabile, in genere sotto 1cm.
Ha una forma tipicamente a fagiolo ed è rivestito da una capsula connettivale che invia setti dentro
l’organello e lo divide in porzioni parenchimali ben precise. Procedendo dall’esterno verso l’interno, il
linfonodo risulta formato da tre strati:
1. Zona corticale
2. Zona paracorticale
3. Zona midollare
Il linfonodo raccoglie i vasi linfatici che afferiscono nei seni della capsulare (nel linfonodo sentinella si
cercano le micro metastasi a livello capsulare essendo questa la porta di entrata) per poi arrivare ai seni della
midollare.
I seni della midollare drenano e spesso sono ricchi di istiociti, quindi un quadro di attivazione reattiva del
linfonodo corrisponde istologicamente a una dilatazione dei seni che appaiono ricchi di istiociti.
Quindi in questo caso c’è una linfoadenomegalia ma non c’è un sovvertimento della struttura e spesso si
tratta di un linfonodo adiacente a una neoplasia ma non ancora metastatico.
ZONA CORTICALE
La zona corticale è costituita da aggregati sferici o ovoidali di linfociti che formano i noduli o follicoli. Tali
follicoli presentano:
- zona marginale
- zona mantellare
- zona follicolare (centro germinativo)
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Zona marginale (nella milza più rappresentata) → è la zona piu sottile e chiara, esterna al mantello
ed è un’area compresa tra i B e i T. La zona marginale contiene i B-naive T-indipendenti per la risposta
immune B (T-indipendente).
Si verifica anche l’espansione clonale dei B e l’ipermutazione somatica.
Nel follicolo splenico si vede bene la zona marginale che appare piu chiara, costituita da cellule piu ovoidale
con citoplasma piu ampio.
Zona mantellare → piu esterna, è composta dai B naive che mano a mano entrano a far parte del centro
germinativo. Tali cellule, da punto di vista funzionale, sono inerti. Il mantello è popolato quasi
esclusivamente da cellule naive (il linfoma mantellare, nella stragrande maggioranza dei casi, e costituito
da cellule naive anche se possono esserci dei casi con cellule mutate).
Centro germinativo → è costituito da linfociti B, da un numero minore di macrofagi, cellule dendritiche e
linfociti T. Nel centro germinativo avvengono i fenomeni di: risposta immune B-dipendente, ipermutazione
somatica, selezione positiva ed espansione clonale.
Contiene una zona scura (centroblasti) e una zona chiara (centrociti): I centrociti sono piu piccoli, i
centroblasti piu grandi e attivati. Centrociti e centroblasti esprimono determinati antigeni, hanno un loro
profilo immunologico e mutazionale, stanno sperimentando la mutazione.
La mutazione ipersomatica consiste nell’incontro del piccolo linfocita Naive, con l’antigene, poi si crea un
clone diretto che portera a cellule effettrici (plasmacellule producenti le immunoglobuline) e a cellule
memoria. Questa mutazione si compie nel centro germinativo, poi le cellule diventate effettrici, escono e
vanno a colonizzare la zona marginale e, dato che la zona marginale è maggiormente rappresentata nella
milza, il linfoma della zona marginale è il piu frequente linfoma della milza (raramente ha origine nodale).
I centroblasti non si chiamano cosi perchè sono immaturi ma perche fabbricano immunoglobuline, e sono
cellule con spiccata attivita proliferativa. Nel centro germinativo si trovano anche linfociti T (importante
perche la WHO nel 2016 ha aggiunto il linfoma follicolare T).
Follicolo splenico → presenta tre strati: centro germinativo, mantello e zona marginale. La zona
marginale è molto piu rappresentata rispetto ad altre sedi e si pone a corona sul mantello. È formata da
cellule chiare dette cellule B monocitoidi (ovalari, somigliano ai monociti) e aumentano in alcuni processi
infettivi e nel linfoma nodale della zona marginale (raro). La zona marginale non è particolarmente
sviluppata nei follicoli del linfonodo, mentre è presente sia nella milza che nel MALT.
Ciò spiega il motivo per cui i linfomi della zona marginale sono i principali linfomi splenici e MALTomi,
mentre sono rarissimi nei Linfonodi.
I follicoli possono essere primari o secondari in relazione al fatto di contenere o meno il centro germinativo:
i follicoli primari non hanno il centro germinativo e sono piu scuri, mentre i secondari possiedono il centro
germinativo e, al microscopio ottico, appaiono piu chiari. Il centro germinativo attivato ha un altissimo tasso
apoptotico perchè tutto quello che non va a buon fine va incontro ad apoptosi.
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Linfonodo reattivo (iperplasia reattiva) → In un follicolo attivato di un linfonodo reattivo il Bcl-2
(antiapoptotico) sara negativo nel centro germinativo e positivo nel mantello.
Linfoma follicolare → nella maggior parte dei casi ha una traslocazione 14;18 (IgH/Bcl2) e presenta nelle
prime fasi un aspetto follicolare (mima la follicologenesi). Quindi il problema di diagnosi differenziale tra
linfoma follicolare e iperplasia reattiva è possibile. Il primo antigene che si va a cercare è proprio Bcl-2.
Trovare centri germinativi positivi per questo antigene è un segno che indirizza verso una neoplasia.
Inoltre, il fatto che vi siano cellule inerti (mantello) e cellule attive (centro germinativo) pone le basi per la
distinzione tra linfomi indolenti e linfomi aggressivi: i processi linfoproliferativi da un punto di vista
biologico/clinico riflettono la biologia della controparte normale, quindi, un linfoma costituito da
immunoblasti sarà aggressivo mentre un linfoma costituito da piccoli linfociti vergini o memoria e
teoricamente un linfoma indolente.
ZONA PARACORTICALE
Si trova tra midollare e corticale (si trova tra i follicoli) ed è T-dipendente. Rappresenta il punto di uscita dei
linfociti verso il torrente ematico ed è la sede delle cellule APC. Tra queste APC si trovano anche le
cosiddette cellule a velo, ovvero, delle cellule di Langerhans migrate dai territori drenati dal vaso su cui
staziona il linfonodo. Caratteristiche di questa zona sono le venule a endotelio alto (HEV), un particolare
tipo di struttura vascolare che rappresenta un punto di entrata nei tessuti linfoidi (tranne la milza) per linfociti
che abbandonano il torrente circolatorio.
ZONA MIDOLLARE
È formata da cordoni cellulari formati da macrofagi, linfociti e plasmacellule. Tali cordoni sono supportati da
una rete di cellule reticolari e sono piu evidenti le trabecole che, a livello dell'ilo, accompagnano i vasi
sanguigni in entrata e in uscita.
DIAGNOSTICA LINFONODALE
Il linfonodo si guarda sempre a piccolo e ad alto ingrandimento.
Ad alto ingrandimento si vedono le caratteristiche cellulari e si cerca di fare una diagnosi immuno-
istochimica e biomolecolare.
A basso ingrandimento si osservano architettura, forma, dimensioni, rapporti fra i vari compartimenti e
pattern strutturali.
Inoltre, la diagnostica del linfonodo non puo prescindere dalle notizie cliniche quindi, al di la dell’emocromo,
bisogna vedere se ci sono sintomi (es. linfadenite da graffio di gatto, chiedere se c’è un gatto a casa). È
indispensabile inoltre l’uso dell’immunoistochimica e della biologia molecolare.
Protocollo anatomopatologico
- Materiale fresco (il linfonodo ha bisogno di una fissazione ottimale per le varie indagini su antigeni)
- Apposizioni a fresco per citologia
- Sezioni da 3 mm in B5 e/o formalina tamponata
- Sezione congelata per IHC o BM
- Sezioni in paraffina per PCR
Immunoistochimica
- CD20 e CD79a (cellule B)
- CD3 (cellule T)
- CD5 (cellule T e alcuni linfomi B)
- CD10 (cellule B del centro follicolare e leucemie linfoblastiche)
- Bcl2 (traslocazione 14;18)
- CD68 (monociti e macrofagi)
- K, lambda, CD38, CD138, EMA (plasmacellule)
- CD21 e CD35 (cellule follicolari dendritiche)
CD21 e CD35 sono utili per individuare le rare neoplasie a cellule dendritiche ma anche per studiare
l’architettura di un linfonodo. Il CDβ0 colorera il follicolo (senza distinzioni tra mantello e centro
germinativo).
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Fattori predittivi di malignità in presenza di linfadenopatia
I linfonodi che sono maggiormente sospetti nel momento in cui aumentano di volume sono quelli che
normalmente non sono sottoposti a grandi operazioni di drenaggio, quindi non sono normalmente stimolati.
I linfonodi inguinali, ascellari e laterocervicali sono linfonodi che drenano ampie aree e sono spesso reattivi
per condizioni infiammatorie. Il linfonodo sopraclaveare che diventa visibile e aumenta di volume,
difficilmente diventa cosi per una flogosi.
È un linfonodo che va asportato perchè ci sono molte probabilità che la causa della linfadenopatia sia una
neoplasia. I linfonodi profondi sono molto difficili da asportare con un conseguente ritardo diagnostico.
- Sesso maschile
- Età (l’età avanzata aumenta il rischio di linfoma)
- Dimensioni (sotto 1,5cm spesso sono reattivi)
- Durata (<2sett o >1anno senza aumento di volume basso rischio di neoplasia)
- Regione sovraclaveare
- Estensione (>2 aree linfonodali)
- Segni e sintomi extranodali
- Adenopatia singola (la generalizzata depone per processo reattivo)
- Associazione a splenomegalia
Indicazioni all’asportazione
- Età adulta (in età pediatrica la linfadenopatia viene per motivi piu banali, come una carie)
- Linfadenopatia di lunga durata e di causa non nota
- Assenza di sintomi di altra patologia e/o flogosi
- Sierologia negativa per infezioni
- Assenza di risposta dopo terapia antiflogistica
Se la patologia non è neoplastica, la linfadenectomia non ha un ruolo perchè effettivamente il processo si puo
diagnosticare in altro modo.
Sono stati fatti degli studi e presi 543 casi di linfadenopatia:
- 32% sono stati asportati per patologia reattiva
- 26% per una neoplasia
- 11,4% per un linfoma
- 6,1% per metastasi
Quindi dallo studio si è visto che la causa piu frequente di linfadenopatia era patologia reattiva.
Inoltre, su
2556 soggetti che sono stati sottoposti a screening per linfoadenomegalie solo 256 sono stati inviati dallo
specialista e 83 sono stati sottoposti a biopsia. Di questi 83, 29 avevano una neoplasia.
Il processo di linfogenesi ha inizio da una cellule staminale linfoide, cioè una cellule committed in senso
linfoide (e non mieloide) che però ancora “non ha deciso” se essere T o B. Da questa cellula infatti potra
formarsi un linfoblasto B-precursore o un linfoblasto T-precursore. Tutti i precursori linfoidi presentano il
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TdT (desossinucleotil-transferasi terminale) che diventa marker della fase linfoblastica. Altri marker espressi
sono il CD4, CD8, CD7, CD2 e CD3.
Linfociti B → CD10, CD19, CD20, CD22, IgM etc.
Linfociti T → si dividono in due popolazioni (CD4 e CD8) entrambe con CD3+, CD2+, TCR+, CD5, CD7+.
Linfociti NK → CD56+
Plasmacellule → IgG/A, CD38, CD138.
La topografia differenziativa e maturativa è rispettata nei processi linfoproliferativi, ovvero, ad ogni fase
maturativa, corrisponde una neoplasia. Per esempio, una neoplasia linfoblastica di tipo B sara quasi sempre
una leucemia (perche i precursori sono nel midollo) invece una neoplasia linfoblastica di tipo T sara quasi
sempre una neoplasia solida che comprende il timo (perchè i precursori dei T stanno nel timo).
Le LLC sono quasi sempre circolanti (ma possono essere anche sul linfonodo), per esempio il linfoma
mantellare è quasi sempre nodale. La LLC-B, il mieloma e il linfoma della zona marginale sono processi
aberranti che interessano le fasi post maturazione.
Infine, la linea B è molto piu conosciuta rispetto alla linea T, infatti mentre le neoplasie B hanno una
classificazione piu molecolare, le neoplasie T hanno una classificazione piu topografica.
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- linfoma di Burkitt
- linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL)
Differenziazione post-antigenica → Dopo che c’è stato l’incontro con l’antigene all’interno del follicolo
linfonodale, abbiamo la formazione di plasmacellule che producono anticorpi e delle memory cells che
saranno abbandonate al destino di deposito, di conservazione della memoria che possono poi eventualmente
ridare una nuova risposta immunitaria umorale incontrando un nuovo antigene. Gli equivalenti neoplastici di
queste tappe evolutive possono essere:
- immunocitoma (gammapatia monoclonale)
- linfoma MALT
- alcune varianti del linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL).
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originare da cellule della memoria o da cellule B Naive perchè morfologicamente entrambe le
popolazione sono Piccoli Linfociti B Circolanti, la differenza è che le prime hanno gia incontrato
l’Ag, quindi c’è la mutazione ipersomatica, nelle seconde, essendo vergini, non la presentano.
3. Switching immunoglobulinico
PROCESSI LINFOPROLIFERATIVI
Con l’espressione “processi linfoproliferativi” si indica un insieme di neoplasie che originano
dall’espansione clonale del linfocita a prescindere da quale sia la loro distribuzione. Quindi dal punto di vista
topografico, nell’ambito dei processi linfoproliferativi sono compresi γ gruppiμ
Leucemie linfatiche (a cellule immature o a cellule periferiche)
Processi linfoproliferativi solidi nodali (linfomi)
Processi linfoproliferativi solidi extranodali
Tutti questi gruppi ormai (da circa 15 anni) rientrano nella stessa classificazione. L’esempio tipico è dato
dalla leucemia linfatica cronica/linfoma linfocitico che è la stessa malattia (la cellule neoplastica è la stessa),
ma nell’LLC sono interessati il midollo ed il circolo periferico, mentre nel linfoma linfocitico sono
interessati 1 o piu linfonodi.
Sono diverse per presentazione clinica perche la LLC si rende evidente all’emocromo mentre il linfoma
linfocitico puo avere un decorso più indolente con linfoadenopatia ed è necessaria l’asportazione del
linfonodo per la diagnosi.
Il sistema immunitario si divide in immunita innata ed immunita adattativa.
Bisogna considerare che ad ogni tappa di maturazione delle cellule immunitarie puo corrispondere una
controparte neoplastica che, in linea di massima, tende a mantenere la stessa espressione delle corrispettive
cellule normali.
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CLASSIFICAZIONE WHO 2016
I parametri presi in considerazione per classificare i processi linfoproliferativi sono 3: istogenesi, stadio di
maturazione e presentazione clinica.
1. Istogenesi
- Neoplasie a cellule B
- Neoplasie a cellule T/NK
- Linfomi di Hodgkin (prima veniva considerato una entita a parte per la presenza della cellula di
Reed-Stemberg, in cui non si evidenziano antigeni di linea. Oggi si sa che e un linfoma a cellule
B centrofollicolari
2. Stadio maturativo
- Dei precursori
- Delle cellule periferiche
3. Presentazione clinica
- Forme disseminate (leucemie)
- Neoplasie nodali (linfomi)
- Neoplasie extranodali primitive
Le basi della classificazione REAL/WHO sono: istologia, immunologia, biologia molecolare, decorso clinico
(linfomi aggressivi e indolenti) e controparte normale.
Pro della nuova classificazione → linguaggio comune, approccio multidisciplinare e sistema aperto
all’introduzione di nuove entità.
Contro della nuova classificazione → eccessiva specializzazione e presenza di entità rare con incerti criteri di
definizione.
WHO 2016
- Linfoma/leucemia linfoblastica B, NOS
- Linfoma/leucemia linfoblastica con anomalie genetiche ricorrenti
- Linfoma/leucemia linfoblastica con t(9;22)(q34,1;q11,2);BCR-ABL1
- Linfoma/leucemia linfoblastica con t(v;11q23,3);KMT2A riarrangiata
- Linfoma/leucemia linfoblastica con t(12,21)(p12,2;q22,1);ETV6-RUNX1
- Linfoma/leucemia linfoblastica con iperploidia
- Linfoma/leucemia linfoblastica con ipoploidia
- Linfoma/leucemia linfoblastica con t(5;14)(q31,1;q32,3) IL3-IGH
- Linfoma/leucemia linfoblastica con t(1;19)(q23;p13,3);TCF3-PBX1
- Entita provvisorie (Linfoma/leucemia linfoblastica BCR-ABL like)
- Entita provvisoria (Linfoma/leucemia linfoblastica con iAMP21)
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Clinica → Colpiscono piu frequentemente i maschi e si caratterizzano per masse mediastiniche (LLA a
cellule T), versamento pleurico, insufficienza midollare e pancitopenia (infezioni, emorragie, anemia). Il
soggetto puo andare incontro a morte se si innesca la CID con fenomeni emorragici drammatici.
Frequente è la meningiosi leucemica (interessamento SNC).
L’immunofenotipo permette di fare diagnosi certa di leucemia linfoblastica e, in particolare, l’antigene che
permette di dire che si tratta di una LLA è la TdT (desossinucleotil-transferasi terminale).
Linea B → in base ai gradi di maturazione dei B che vengono colpiti dall’evento neoplastico, si distinguono
varie forme di LLA: pre-B (CD34, TdT, CD79a), una B-common (CD10, perde CD34) ed una
pro-B (piu vicina al prolinfocita, acquisisce CD20)
Linea T → CD1a, CD3, CD7
La genetica è importante per valutare la prognosi, infatti, le iperploidie sono associate a prognosi favorevole,
le ipoploidie sono associate a prognosi sfavorevole. La terapia si basa su chemioterapici (vincristina,
corticosteroidi, antracicline, asparaginasi e nelle LLA Ph+ = Imatinib).
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Linfoma a grandi cellule B con riarrangiamento di IRF4
Linfoma cutaneo primitivo del centro follicolare (quasi sempre bcl2-negativo)
Linfoma a cellule mantellari
Neoplasie a cellule mantellari in situ
Linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL), NOS
- Germinal center B-cell Type (GCT, costituito da centrociti e centroblasti, non troppo
aggressivo)
- Actived B-cell type (ACT, costituito da immunoblasti, molto aggressivo)
Linfoma a grandi cellule B ricco di cellule T/istiociti (entra in diagnosi differenziale con i LH)
DLBCL primitivo del SNC
DLBCL primitivo cutaneo
DLBCL EBV-positivo NOS (si pensava che colpisse solo gli anziani)
DLBCL HHV8-positivo, NOS
DLBCL associato con infiammazione cronica
Ulcera mucocutanea EBV-positiva (rarissima)
Granulomatosi linfomatoide (interessa quasi sempre il polmone, infiltrato granulomatoso + C.
neoplastiche)
Linfoma a grandi cellule B a primitivita mediastinica (timo)
Linfoma a grandi cellule B intravascolare
Linfoma a grandi cellule B ALK-positivo
Linfoma plasmablastico
Linfoma primitivo delle effusioni (interessamento primitivo dei mesoteli ed in particolare della
pleura)
Linfoma di Burkitt (traslocazione 8-14, ovvero myc/IgH)
Linfoma Burkitt-like con aberrazione 11q
Linfoma a cellule B inclassificabile (caratteristiche intermedie tra DLBCL e linfoma di Hodgkin)
Chiude la classificazione delle neoplasie a cellule B mature la “scala dei grigi”, ovvero, i quadri intermedi
tra i linfomi a grandi cellule ed il linfoma di Burkitt (per esempio morfologia del Burkitt ed espressione
immunologica del DLBCL).
Fino al β008 si parlava di “linfoma diffuso inclassificabile con caratteristiche intermedie tra Burkitt e
linfoma a grandi cellule”, oggi questa dicitura è stata eliminata ed si ha:
- Linfomi a cellule B di alto grado, con myc e bcl2 e/o bcl6 mutati (quindi double hit or triple hit)
- Linfomi a cellule B di alto grado, NOS questa dicitura si usa quando non si trovano le mutazioni
precedenti (myc, bcl2, bcl6): quindi è una diagnosi di esclusione
Linfomi e HIV
Esiste una ulteriore classe di linfomi costituita dalle forme associate ad infezione da HIV. L’infezione da
HIV è stata negli anni ridimensionata in quella che è la sua portata clinica, in quanto in breve tempo i
soggetti infetti sviluppavano la sindrome da immunodeficienza acquisita, condizione che predisponeva
all’insorgenza di patologie associate tutte correlate alla immunodepressione come l’infezione da
Pneumocystis, il sarcoma di Kaposi e alcuni linfomi B tra cui il DLBCL primitivo del SNC o alcune forme
di linfoma plasmablastico.
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In relazione all’entita si stabilisce il rischio di progressione:
- 0,001x 109/L (rischio bassissimo)
- 2.9 x 109/L (1-2% rischio di progressione medio, follow-up)
Questa quota circolante non viene esaminata dal patologo bensi dall'ematologo; qualora si eseguisse una
biopsia osteomidollare, non sarebbe possibile contare tale componente (non ci sara al momento nessun
patologo che scrivera in un referto “riscontro di MBL”).
Nella LLC i linfociti si accumulano nel sangue periferico (componente circolante) e anche negli organi
linfoidi (componente solida). L’architettura linfonodale viene sovvertita ma la capsula viene risparmiata.
Morfologia tipica → costituita al 90% da elementi tipici (B neoplastici piccoli, nucleo grande e poco
citoplasma). Se il linfocita viene attivato, diventa piu grande con molto citoplasma basofilo. Al 10% è
formata da elementi atipici.
Morfologia atipica → gli elementi atipici superano il 15% e la morfologia appare con una forma
prolinfocitica, in cui ci sono cellule piu grandi con nucleoli. Altre forme atipiche sono quelle con
differenziazione cellulare plasmocitoide in cui la cromatina è condensata e il citoplasma è molto
rappresentato e basofilo.
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Il grande problema di queste forme neoplastiche è che ad oggi, esiste una distinzione in una forma mutata e
in una forma non mutata, e che all’interno della LLC esistono delle “sacche” con prognosi differente.
All'interno della popolazione di pazienti con LLC, vi era infatti un gruppo con una prognosi nettamente
peggiore, che tendeva a progredire di piu verso la forma di linfoma a grandi cellule.
Forma pre-germinal (Unmutated, Bnaive) → condizione maligna più aggressiva. Allo striscio sono
presenti prevalentemente elementi atipici, prevale nei maschi. È una forma Unmutated che significa che il B-
naive non ha ancora subito la variazione mutazionale della regione variabile delle Ig. Esprime in una %
elevata CD38, sono ZAP70 positive e si associa a delezioni dei cr 11 e 17.
Forma post-germinal (Mutated, B-memory cell) → colpisce le cellule della memoria, quindi B che hanno
gia iniziato a produrre Ig in risposta all’antigene. CDγ8 è espresso in una percentuale <30%, sono ZAP70
negative, hanno una morfologia tipica, prevalgono nel sesso femminile e hanno prognosi buona (decorso
indolente). Si associano a delezione del cr13q.
Con la biologia molecolare si è potuto identificare CD38 e ZAP70 che sono marker surrogato valutabili
con citofluorimetria. Sono marker mutazionali che aiutano a definire la prognosi e il tipo di LLC. Tuttavia,
ZAP70 è maggiormente espresso nelle cellule T/NK e poco nei B, quindi per ricercare ZAP70 bisogna fare
la doppia citofluorimetria andando a fare il ZAP70 solo sulle popolazioni CD20+ (linfociti B).
Caratteristiche cliniche e diagnosi → Il soggetto con LLC e immunodepresso poichè l’espansione clonale
della serie B non ha fatto bene alla serie T: riduzione dei CD4 e aumento dei TC8 (alterazioni del network
immunoregolatorio). I pazienti hanno anche una ipogammaglobulinemia (difetto immunita umorale) poichè
c’è l’immortalizzazione dei linfociti B naive e non vengono prodotte plasmacellule e anticorpi.
Alcuni soggetti, hanno andamento clinico molto aggressivo della malattia con severa immunodepressione,
organomegalie importanti (linfoma linfocitico) associate ad anemia e trombocitopenia. La forma ad alto
grado di malignita viene definita sindrome di Richter (3-10%) , e può evolvere piu frequentemente nel
linfoma a grandi cellule B, ma a volte anche nella forma Hodgkin classica (EBV+) o ancora verso una di tipo
paraiimmunoblastico.
All’emocromo c’è una linfocitosi e si deve fare la citofluorimetria per caratterizzarla: stabilire se e B o T,
vedere se policlonale o monoclonale e studiare i marcatori e immunofenotipo.
Immunofenotipo → la cellula leucemica esprime CD20, CD79A, CD22, quindi tutti gli Ag che
caratterizzano la filiera B. Un dettaglio fondamentale è l’espressione del CD5 (fenotipo aberrante) poichè
normalmente è espresso dai linfociti T. Se CD5 è espresso da una popolazione neoplastica che so essere B
perche CD20+, la patologia in questione sara o una LLC o un linfoma mantellare.
Per fare diagnosi differenziale si valuta la positivita per CD23, e se positivo allora sara LLC.
Inoltre, per distinguere tra mutated e unmutated, si considera Vh+/- che fa riferimento alla mutazione
ipersomatica presente o assente: se presente sara una cellula di memoria, viceversa una cellule naive.
Queste analisi possono essere condotte anche dall'ematologo, con citofluorimetria. Il patologo invece
studiera una biopsia osteomidollare o linfonodale con tecniche immunoistochimiche. La stadiazione fu fatta
da Rai nel 1975 e da Binet nel 1981.
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Terapia → Un farmaco molto usato e la Bendamustina (agente alchilante+antimetabolita). Altri farmaci
sono: Fludarabina, ciclofosfamide, Rituximab e alemtuzumab (anti-CD52).
LEUCEMIA PROLINFOCITICA B
Entità che vede l’ematologo concentrato sullo studio del midollo e del citoaspirato. Si tratta di linfociti meno
maturi dei linfociti che ritroviamo nella LLC, un po’ piu grandi. In realta in istologia (quindi all’analisi del
tessuto ricavato da biopsia osteomidollare), la differenza non si coglie. Nell’analisi del citoaspirato il
dettaglio citologico è molto piu evidente.
È una forma leucemica piuttosto rara.
Quadro clinico → esordisce con sintomi aspecifici (astenia, febbre, calo ponderale, sudorazioni notturne) e
successivamente si hanno infezioni batteriche e fungine, splenomegalia ed epatomegalia (assenti le
linfoadenomegalie). È presente pancitopenia e fibrosi midollare (le cellule producono TGF- che induce
l’apposizione di connettivo). Le cellule capellute, nella formula leucocitaria, rappresentano il 30% di tutti i
leucociti.
Buona parte delle biopsie midollari (che dopo si rivelano essere quadri di HCL) giungono all’osservazione
del patologo come sospetto di mielodisplasia, se al periferico ci sono poche cellule capellute. Ciò significa
che, in questo caso, non c’è una componente circolante rilevante, per cui la diagnosi sul periferico è negativa.
Se gia il periferico è positivo per cellule capellute, si esegue comunque la biopsia per valutare la percentuale
di infiltrazione midollare.
Immunofenotipo → prima della citofluorimetria si faceva l’indagine citochimica (reazione della fosfatasi
acida) dato che le cellule capellute contenevano l’isoenzima V della fosfatasi acidaμ se dopo trattamento con
acido tartarico questo enzima persisteva si parlava di reazione TRAP+. Oggi, si ricerca l’annessina, (non è un
Ag di linea ma è rappresentato nella HCL), si ricercano i marker panB (CD20, CD19, CD22, e CD11c) ma
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c’è la negativita per CD5. Si valuta anche la monoclonalita delle catene leggere e pesanti di membrana.
Marker specifici di HCL sono CD25 (IL2-R) e CD103.
Sulle HCL è stata messa a punto la positivita per il B-Raf (mutazione V600E), gia riscontrato nel melanoma
e, alla luce della sua espressione, è stata messa a punto il trattamento con Vemurafenib. Si impiegano anche
antimetaboliti e Rituximab.
Iter diagnostico → la prima cosa da fare è l’emocromo per confermare il sospetto diagnostico. Poi si
procede con l’analisi dello striscio periferico (letto dall’ematologo) e, qualora non ci sono informazioni
utili, allora si osserva il midollo osseo con il puntato sternale (agoaspirato).
L’agoaspirato è perfetto per valutare la citologia, quindi la maturazione cellulare: si fa diagnosi di leucemia
linfoplasmacitode qualora si ritrova un midollo ricco di linfociti linfoplasmacitoidi.
Se all’esame del puntato sternale emerge un disordine linfoproliferativo o altro, spesso l’ematologo richiede
per ulteriore conferma una biopsia midollare. La biopsia è ovviamente istologica e viene esaminata dal
patologo.
Fornisce informazioni si sulla cellularita, in maniera più accurata e affidabile, ma ripropone anche la struttura
midollare. Proprio come il linfonodo, anche il midollo osseo è una struttura compartimentalizzata, con aree
paratrabecolari in cui si realizza l’emopoiesi, aree periostiarie in cui si svolge l’eritropoiesi.
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Sono dettagli che non si vedono alla citologia, ecco perchè si richiede la valutazione della biopsia midollare,
che dunque comprende una valutazione istologica, morfologica e immunologica.
Il linfoma linfoplasmacitoide è un linfoma con una attitudine differenziativa verso la forma plasmacellulare,
per cui possibilmente si ritroverrano cumuli globulinici (proteici) intracellulari di tipo intracitoplasmatico o
intranucleare, descritti rispettivamente come corpi di Russel (citoplasma) e di Dutcher (nucleo).
Si ritrovano anche immunoblasti, cellule della filiera immunoproliferativa.
Immunofenotipo → non c'è alcun Ag chiave che suggerisca la natura del linfoma. Ovviamente qui CD5 è
negativo. PAX5 è un fattore di trascrizione della linea B. Ritroviamo una traslocazione 9;14. Quindi, la
patologia è facilmente diagnosticabile qualora ci fosse la secrezione di IgM, per la negativita del CD5.
Infatti, quando si trova un linfoma a piccole cellule CD5 negativo, o è un linfoma linfoplasmocitico o è
un linfoma marginale. Tanto l’immunoistochimica, quanto la genetica (si riscontrano alterazioni multiple,
come perdita allelica 7q21-32, t6;14, trisomia 3) non hanno elementi associati esclusivamente a questo
linfoma.
Uno dei piu grandi studiosi del linfoma defini questo quadro immunocitoma.
Il linfoma linfoplasmacitico è indolente, ma puo progredire verso forme a grandi cellule, soprattutto
immunoblasti.
NEOPLASIE PLASMACELLULARI
Vengono compresi il mieloma con tutte le sue varianti, quindi lo smouldering, la leucemia plasmacellulare, i
plasmocitomi solitari, l’MGUS.
Ontogenicamente, il mieloma e tutte le discrasie plasmacellulari rientrano in questa classificazione, dal
momento che la plasmacellula è una cellula ancora in fase di modulazione linfocitaria, cioè è una cellula B in
fase terminale.
Il mieloma e tutte le discrasie plasmacellulari si caratterizzano per la secrezione monoclonale di Ig. È proprio
questa componente monoclonale a determinare la malattia (sindrome CRAB: anemia, lesioni ossee,
ipercalcemia, insufficienza renale).
Plasmocitoma → La dizione plasmocitoma identifica una neoplasia fatta da plasmacellule con
primitivita linfonodale; la dizione mieloma fa invece riferimento ad una neoplasia plasmacellulare nella sua
più comune estrinsecazione a livello midollare.
Il mieloma multiplo è considerato indolente ma di fatto ha poche caratteristiche che lo possono far definire
tale: è poco aggredibile, dal momento che la plasmacellula, a fronte di una crescita moderata, presenta un
fenotipo fortemente adesivo, ovvero si eradica nel midollo, interagisce con le cellule stromali qui presenti.
È cosi una patologia non curabile, con un decorso verso l’exitus in γ/4 anni circa, anche se oggi si
prospettano nuove terapie.
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LINFOMI FOLLICOLARI
È il piu frequente linfoma in assoluto tra quelli della filiera B. Ha un’incidenza del γ5% e piu frequentemente
si ritrova nella forma T.
Spessissimo è nodale, ma esistono anche forme a carattere extranodale, come ad esempio, il linfoma
follicolare a primitività cutanea.
A differenza dei linfomi che crescono in forma diffusa, qui il pattern di crescita è nodulare e le cellule
coinvolte sono quelle del centro germinativo (centrociti e centroblasti).
Il linfoma follicolare è l'unico linfoma ad avere un grading, strettamente correlato alla composizione della
popolazione neoplastica. Centrociti e centroblasti hanno infatti caratteri diversi: in particolare i centrociti
(oltre a possedere dimensioni minori) sono meno attivi sul piano replicativo dei centroblasti. Ciò fa si che il
linfoma con una quota maggiore di centroblasti sia piu aggressivo, e tanto piu alto sara il numero dei
centroblasti tanto piu aggressivo sara il linfoma.
Il numero di centroblasti determina il grading
- G1 → 0-6
- G2 → 6-15
- G3→ >15
Di fatto, pero, si è visto che G1 e G2 non si differenziano sul piano prognostico, per cui sono stati accorpati
in un unico grado (G1-G2).
G3 è diviso in “a” e “b” a seconda della percentuale di aree diffuse:
- G3 → c’è ancora una prevalenza di centrociti;
- G3b→ centroblasti nettamente superiori o esclusivamente presenti, quasi considerabile come un
linfoma diffuso a grandi cellule.
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LINFOMA MANTELLARE
È una forma a cellule naive e la controparte normale è rappresentata dalle cellule del mantello (B-naive).
Difficilmente si trova in soggetti giovani, riguarda infatti l’età avanzata. È di tipo nodale nella maggior
parte dei casi, anche se alle volte c’è una primitivita extranodale.
Linfomatosi polipoide → si verifica nel caso ci sia una primitivita extranodale. Si tratta di una forma con
sede intestinale, caratterizzata dalla estrinsecazione di polipi linfoidi nell’intestino (neoplastici).
Sul piano morfologico, si tratta di cellule di piccole dimensioni, angolate. Il linfoma mantellare era
annoverato tra i linfomi a piccole cellule, ma alludendo, con la dizione “a piccole cellule”, al significato di
indolente.
In realtà, il linfoma mantellare ha poche caratteristiche di indolenza, e ha anzi un decorso aggressivo, inteso
come scarsa risposta alla terapia (difficilmente curabile ed eradicabile, soprattutto se infiltra il midollo),
elevata frequenza di recidive e facilita di progressione.
Linfomagenesi mantellare → inizia con l’espansione in senso centrifugo e centripeto del mantello che
porta progressivamente al soffocamento della zona marginale e del centro germinativo. Inizialmente si
forma una cresta parafollicolare, successivamente ha aspetto omogeneo. Qui è il centro germinativo ad
essere compresso e viene sostituito dall’espansione del mantello. Il mantello non è una zona ad aggregazione
follicolare, per cui, una volta che c’è stata la massima espansione, il quadro diventa diffuso.
Varianti più aggressive → la variante pleomorfa è la variante blastoide. Sono varianti conseguenti alla
progressione della malattia o tali ab initio. Qui le cellule hanno maggiori dimensioni e un indice di
proliferazione maggiore.
Sul piano immunofenotipico, la cellula si presenta CD20+, CD79a+, CD5 +, CD23-. La diagnosi di certezza
viene fatta con la ricerca della ciclina D1, espressione proteica del riarrangiamento BCL1, prodotto della
traslocazione 11;14. Nel caso delle varianti aggressive si possono avere alterazioni citogenetiche
caratteristiche, sovrapposte a precedenti.
Il DLBCL è caratterizzato nella maggior parte dei casi da un completo sovvertimento della struttura
linfonodale, da un pattern di crescita diffuso e, le cellule neoplastiche, sono tutte di taglia molto grande,
quindi facilmente distinguibili dai piccoli linfociti. Oltre all’aumento dimensionale, sono caratterizzate da un
nucleo vescicoloso e da altri elementi francamente atipici (difficile che entri in diagnosi differenziale con
altre patologie).
Il DLBCL rappresenta la possibile evoluzione di altri disordini linfoproliferativi, puo infatti essere
diagnosticato come primitivo ma può anche rappresentare la progressione di un altro linfoma come quello
marginale o di una LLC.
Dal punto di vista morfologico si possono quindi evidenziare DLBCL costituiti da centroblasti, che verranno
definiti Germinal center type (GCT), o da immunoblasti che verranno definiti Activated center type (ACT)
Germinal center type(le cellule sono centroblasti e centrociti) → sono le cellule del centro
germinativo, con tre nucleoli, nucleo rotondo e ampie dimensioni. I linfomi che nascono da queste
cellule sono, immunologicamente e molecolarmente, si derivazione del centro germinativo (si
correlano ai linfomi follicolari, ma risultano più aggressivi). È caratterizzato da una positivita CD10.
Activated center type (le cellule sono gli immunoblasti) → cellule ancora piu grandi in grado di
sintetizzare le immunoglobuline con un singolo nucleolo. Un linfoma caratterizzato da queste cellule
risulta secondo alcuni autori piu aggressivo rispetto a quello di provenienza centrofollicolare. Si
caratterizza per la positivita a MUM1.
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Ki67 è fondamentale per entrambe le forme, in quanto, essendo un antigene di proliferazione, indica la
frazione di cellule che stanno proliferando che rappresenta un segno diretto dell’aggressivita del linfoma.
Dal punto di vista genetico, nel 10% dei casi, può esserci un riarrangiamento di C-myc, che caratterizza
inoltre il linfoma di Burkitt, che è una forma con indici di proliferazione elevatissimi.
Spesso quando c’è un DLBCL con un Ki67 che si aggira al di sopra del 75%, è stata evidenziata
l’associazione con la traslocazione di C-myc che nel processo dell’oncogenesi è un evento piu tardivo.
Prima dell’avvento del KI67 per valutare il tasso di proliferazione delle cellule queste venivano colorate con
ematossilina-eosina e venivano contate le cellule mitotiche. Questa suddivisione può risultare utile in quanto
tra le due forme esistono alcune differenze dal punto di vista prognostico e terapeutico.
Si hanno:
DLBCL primitivo del SNC→ è un linfoma che insorge primitivamente nel SNC ed è
collegato a stati di immunocompromissione conclamata, sia che si tratti di immunodepressione
sia che si tratti di immunosoppressione, sia che si tratti di una seconda neoplasia sia che si
collegata a terapia.
DLBCL primitivo cutaneo, leg type → era classificato tra i linfomi cutanei e si manifestava
principalmente a livello degli arti inferiori, tuttavia non si manifesta solo a livello degli arti
inferiori, quindi questa è una dicitura che sicuramente sara cambiata nelle successive
classificazioni.
DLBCL associato ad EBV→ i criteri per fare diagnosi sono quindi il criterio anagrafico e la
positività ad EBV, virus spesso implicato nel processo di linfomagenesi.
DLBCL HHV8+ (associato a malattia di Castleman multicentrica) → Patologia
monostazionale, monocentrica o multicentrica. Se multicentrica, può associarsi all'infezione da
HHV8.
DLBCL associato a patologie infiammatorie croniche → linfoma che si associa a stati
infiammatori cronici come la malattia infiammatoria cronica idiopatica dell’intestino, artrite
reumatoide, etc. La diagnosi anche in questo caso è clinica, in quanto il linfoma è sempre lo
stesso ma lo si caratterizza in questa maniera se c’è questa associazione.
DLBCL ricco di cellule T/istiociti → la popolazione linfonodale è dominata da cellule reattive
che sono cellule di piccola taglia non clonali quindi non neoplastica ed istiociti, quadro che può
creare problemi di diagnosi differenziale con il linfoma di Hodgkin, ma in questo caso le
cellule neoplastiche sono cellule B a tutti gli effetti. Le due popolazioni si vedono meglio con
CD3 (linfociti T) e CD20(linfociti B).
DLBCL intravascolare → la sua principale caratteristica è che manca di molecole di adesione,
quindi tende ad invadere esclusivamente i vasi senza invadere i tessuti. Ciò, tuttavia, non limita
la sua capacità di disseminazione, infatti, non infiltra in senso stretto, bensi “viaggia”, “circola”
attraverso i vasi, raggiungendo anche i distretti vascolari del SNC. Non stupisce quindi che sia
un linfoma interessato da una clinica importante, che può anche riguardare il SNC. Dà molta
sintomatologia trombotica.
È difficilmente diagnosticabile, anche perche poco si pensa durante la fase diagnostica a questa
patologia, che oltretutto è abbastanza rara. Lo si ritrova anche nel midollo osseo dove interessa
i sinusoidi ma non tende a fare noduli all’interno del midollo cosi come negli altri organi.
L’identificazione di cellule neoplastiche nei sinusoidi risulta quasi impossibile senza far ricorso
alla immunoistochimica, con la colorazione al CD20 infatti si evidenziano cluster di cellule B
all’interno dei vasi.
DLBCL a primitività mediastinica→ ha una topografia tipica, fa riferimento alle cellule B
della midollare del timo. È una forma abbastanza rara.
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LINFOMA PLASMABLASTICO
È di introduzione piuttosto recente, forma quasi sconosciuta negli immunocompetenti e presente invece nei
soggetti immunodepressi (soggetti con AIDS , soggetti trapiantati, in corso di trapianto, pazienti in
trattamento per seconde neoplasie, pazienti con malattie croniche invalidanti. Persino l'allungamento della
vita media potrebbe essere considerato come una forma di immunocompromissione).
Si tratta di una forma piuttosto aggressiva, dal momento che le cellule coinvolte sono plasmablasti
(precursori delle plasmacellule) quindi cellule post modulazione, di grandi dimensioni, atipiche sul piano
morfologico, in attiva replicazione.
Morfologia → il LB è costituito da cellule di grandi dimensioni, ma non grandi quelle del linfoma diffuso B
a grandi cellule, e hanno il classico aspetto dei linfoblasti, ovvero delle cellule immature quindi media taglia,
nucleoli, nucleo vescicoloso nonostante dal punto di vista molecolare non siano delle cellule immature in
quanto hanno la mutazione in corso.
La cellula del Burkitt, che da sempre è stata considerata immatura (si considerava un linfoblasto), oggi
invece è considerato un blasto, inteso come cellula in fase di attiva replicazione, ma di origine follicolare.
Dato che la cellula è di origine follicolare, come nel linfoma follicolare anche nel Burkitt la cellula esprime
CD10. Tutto ciò è emerso dagli studi molecolari. La mutazione somatica è ongoing, quindi è in corso,
dunque si tratta di una cellula follicolare. La cellula neoplastica risulta positiva a: CD19, CD20, CD22,
CD10 e BCL-6.
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Clinica → è molto aggressivo col sovvertimento dell’architettura linfonodale e può dare invasione
extranodale. La prima manifestazione è una tumefazione molto grande al collo e, in particolare, a mandibola
e mascella. Poi possono apparire le bulky addominali (masse) che colpiscono tipicamente reni, ovaie e
linfonodi addominali. Si puo avere compromissione del SNC.
Nella terapia del LB, il focus attuale è centrato nell’identificazione di bersagli molecolari su cui attuare delle
terapie biologiche, tra queste si ricordano il Rituximab (ab anti-CD20), capostipite degli immunoterapici, che
tuttavia è diretto contro una molecola che è presente su cellule normali e non è implicato nei processi di
progressione neoplastica, o il Brentuximab (ab anti-CD30).
Terapia → La radioterapia, tranne che nel Linfoma di Hodgkin al primo stadio, difficilmente viene messa in
atto: il motivo è che il linfoma, anche se localizzato ad una sola stazione linfonodale, è considerato sistemico
per definizione proprio perche l’apparato emopoietico è considerato sistemico.
Assieme al Rituximab si associa una polichemioterapia (etoposide, doxorubicina, metotrexato, vincristina,
ciclofosfamide ecc..).
Linfomi a cellule T precursori → Leucemia/linfoma linfoblastico a cellule T, quasi sempre presente come
linfoma ad insorgenza timica, per il motivo che la maturazione delle cellule T avviene in quest’organo,
tuttavia può anche esserci la formula con cellule linfoblasti che circolanti.
Buona parte della classificazione delle leucemie, specialmente di quella a cellule T dipende non tanto da un
quadro morfologico tipico e caratteristico di ogni singola forma, quanto da un’associazione tra le
caratteristiche morfologiche e quelle cliniche, per cui risulta impossibile classificare una neoplasia come
appartenente a una di queste forme esclusivamente da un vetrino senza avere coscienza del quadro clinico
del paziente. Ciò è dovuto sia al fatto che le neoplasie sono più rare, sia che la modulazione si conosce meno
rispetto a quella delle cellule B, per cui diventa piu difficile caratterizzare le neoplasie senza un criterio
topografico clinico.
Distribuzione topografica delle neoplasie
Nodali puri 20%
Presentazione extranodale 16%
Misti (nodale ed extranodale) 62%
La morfologia è estremamente variabile, esiste infatti un minore monomorfismo, possono essere cellule più o
meno piccole o grandi, e questa sorta di confusione è dovuta al fatto che la modulazione della filiera T non è
ancora del tutto stata caratterizzata. Esistono diverse classificazioni funzionali delle cellule T, si dividono in
CD4,CD8 e NK, ma gia all’interno dei linfociti CD4 T-helper esistono varie sottoclassi con funzioni diverse
(Th1, Th2,Th17, T-reg); questa molteplicita spesso all’interno della neoplasia viene persa, risulta quasi
impossibile identificare un linfocita neoplastico come appartenente ad una classe piuttosto che ad un'altra,
perchè nel riarrangiamento l’espressione cosi fine di questi fattori si perde.
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Componente reattiva → Ci può essere spesso nel contesto del linfoma una commistione tra cellule
neoplastiche e cellule reattive, questo ad esempio è facile immaginarlo in quei linfomi correlati ad infezione
o ai vaccini, tuttavia la maggior parte dei linfomi insorgono nei casi in cui sia avvenuta una condizione
reattiva di stimolazione B con proliferazione di cellule T che in un primo momento non è neoplastica e che
morfologicamente risulta difficilissimo da differenziare da una forma tumorale.
Ci sono forme nelle quali per fare diagnosi di neoplasia e obbligatorio poter dimostrare la monoclonalita
delle cellule, nelle cellule T la possiamo provare solo mediante la dimostrazione del riarrangiamento del
TCR (T-cell receptor) quindi con metodiche biomolecolari.
CLASSIFICAZIONE WHO 2016
LINFOMA EPATOSPLENICO
Come dice il nome stesso, interessa il fegato e la milza, nelle classificazioni precedenti era chiamato
“epatosplenico δ” perchè costituito dai linfociti T caratterizzati da forme di riarrangiamento δ, che hanno
un ruolo nell’immunita innata e che possono avere, come in questo caso, una controparte neoplastica.
Sono tuttavia stati documentati dei casi caratterizzata dai linfociti T con riarrangiamento α , motivo per il
quale ha perso la precedente denominazione.
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MICOSI FUNGOIDE
È una forma che viene spesso diagnosticata clinicamente dal dermatologo essendo la sua manifestazione
estremamente caratteristica. Presenta delle fasi precoci piuttosto sfumate e poi delle fasi conclamate
caratterizzate prima dalla comparsa di una macchia, poi di una placca fino a diventare un vero e proprio
nodulo, quindi le lesioni diventano multiple e vengono facilmente riconosciute dal dermatologo.
La controparte normale delle cellule neoplastiche e rappresentata dai linfociti T CD4 residenti a livello
cutaneo.
La terapia nella micosi fungoide isolata è realizzata attraverso l’utilizzo di raggi UVA, quindi un approccio
di tipo dermatologico.
Sindrome di Sézary → è costituita dalle stesse cellule della micosi fungoide ma con una fase sistemica, e
quindi una “leucemizzazione” della micosi fungoide che mette delle cellule in circolo, ed è possibile
ritrovarle anche a livello del midollo.
Nel caso della sindrome di Sezary rispetto alla micosi fungoide cambiano sia la prognosi che la terapia.
In una biopsia cutanea posta su un vetrino è facile identificare una certa quota di infiltrato infiammatorio, che
è presente il qualsiasi forma di dermatite cronica, formato da cellule T e B miste che interessano il derma ma
la micosi fungoide ha delle caratteristiche peculiari che permettono di distinguerla da altre forme
dermatitiche:
CD20- (non sono presenti Linfociti B)
CD3+ (anche in condizioni normali i T sono maggiori dei B nella cute. Squilibrio a favore dei
CD4).
Linfociti neoplastici aggrediscono l’epidermide (nella dermatite l’infiltrato interessa il derma,
ricco di vasi)
L’aggressione dell’epidermide è un segno di aggressivita tumorale che porta alla formazione di raccolte di
linfociti neoplastici nella giunzione dermo-epidermica chiamati microascessi di Puatrier, che possono
aggredire l’epidermide e risalire.
Questo tipo di lesione istologica associata al quadro clinico caratteristico permette di fare una facile diagnosi.
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LINFOMA ANGIOIMMUNOBLASTICO
Insieme al linfoma a cellule T è il linfoma più frequentemente riscontrato a livello linfonodale (20% di tutti i
linfomi), ed è estremamente aggressivo e la sua controparte normale è rappresentata dai Linfociti T della
zona centrofollicolare (è un linfoma centrofollicolare, CD10+). Nel centro germinativo, nella zona B
dipendente sono presenti dei linfociti T-helper il cui ruolo è quello di coadiuvare la risposta immunitaria.
Cellule diagnostiche → Queste sono suddivise in forme mononucleate chiamate cellule di Hodgkin, e
altre, ancora più caratteristiche, plurinucleate o con la tipica morfologia dei “nuclei a specchio”,
chiamate cellule di Reed-Stendberg (RSC). Per molto tempo non si riuscirono a caratterizzare dal punto
di vista del lineage poiche non esprimono antigeni B, T o di altre cellule e vennero considerate entita a
se stanti a istogenesi sconosciuta. Oggi sono perfettamente caratterizzate grazie alla tecniche
molecolari che permettono si valutare la singola cellula, es. single cell PCR.
Un’informazione importante sul LH, che spiega il motivo per il quale le cellule diagnostiche siano circondata
da un cosi ricco background cellulare, e che il microambiente all’interno del quale si sviluppa la neoplasia è
ricchissimo di citochine che interagiscono con tutti i citotipi presenti.
Vecchia classificazione
LH a prevalenza linfocitaria (moltissimi linfociti e pochissime cellule diagnostiche)
LH con sclerosi nodulare (capsula ispessita, con bande di sclerosi e cellule diagnostiche dette
cellule lacunari)
LH a cellularita mista (quadro classico con background infiammatorio polimorfo)
LH a deplezione linfocitaria (molti di questi sono stati riclassificati come linfomi a cellule
anaplastiche)
Nuova classificazione
Si osservò, in seguito, che molti dei LH a prevalenza linfocitaria esprimevano antigeni B, anche se non in
quota prevalente, si penso quindi che questa classe potesse essere ricollocata all’interno dei linfomi a cellule
B e lo si è quindi scorporato dalla classificazione.
1. LH a prevalenza linfocitaria → linfoma B, le cellule diagnostiche non si chiamano piu cellule di
Reed- Stendberg ma cellule LH (lympocyte-hystiocyte). Quindi, background cellulare ricco di
linfociti nel contesto del quale non vi sono RSC.
2. LH classico
- Cellularita mista
- Deplezione linfocitaria
- Sclerosi nodulare
- Ricco in linfociti (background cellulare ricco di linfociti all’interno del quale vi sono RSC)
La diagnosi differenziale tra il LH a prevalenza linfocitaria e il LH classico si basa sul fatto che nella forma a
prevalenza linfocitaria la mutazione ipersomatica è andata a buon fine quindi sono espressi antigeni di linea
B, cosa che non avviene nella forma classica perchè la mutazione e difettosa.
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Eziopatogenesi
Dal punto di vista epidemiologico il LH ha tre diversi periodi di incidenza: nei paesi in via di sviluppo, cosi
come nel caso del Linfoma di Burkitt, ha una incidenza maggiore nell’infanzia e anche in questo caso esiste
una forte correlazione con l’EBV; nei paesi occidentali vige invece un picco bimodale per cui c’è una
frequenza maggiore nei giovani adulti (15-40 aa) soprattutto di sesso maschile, e un secondo picco meno
elevato che coinvolge gli adulti anziani (55-75aa).
Si pensava che il linfoma avesse un’origine virale e non si pensava male dato che il virus EBV ha un ruolo
patogeno consolidato, infatti, i pazienti con mononucleosi infettiva hanno un rischio maggiore di sviluppare i
linfoma di Hodgkin e, da un punto di vista molecolare, si è visto che nel genoma di circa il 50% delle RSC
era riscontrabile il genoma virale.
Probabilmente, le cellule B del centro germinativo, in seguito all’evento trasformante (EBV), subiscono delle
mutazioni che ne determinano la trasformazione in cellule di Reed-Sternberg.
Manifestazioni cliniche
Nella stragrande maggioranza dei casi è presente una linfadenopatia (esistono anche delle forme a primitivita
extranodale ma sono una quota esigua) che coinvolge i linfonodi superficiali principalmente quelli del
distretto superiore del collo laterocervicali e sopraclaveari e, nella sclerosi nodulare, soprattutto nel sesso
femminile coinvolgimento dei linfonodi mediastinici.
Il LH puo essere asintomatico ma, nel caso in cui sia sintomatico, la sintomatologia è pesante proprio a causa
della enorme componente reattiva che secerne attivamente citochine infiammatorie (TNF, IL6, IL1 etc):
febbre alta e duratura (2-3mesi), calo ponderale, sudorazioni notturne.
ANATOMIA PATOLOGICA
Dal punto di vista macroscopico il LH presenta poche caratteristiche peculiari, il linfonodo risulta aumentato
di volume, l’aspetto del linfonodo in sezione e biancastro è lievemente traslucido e viene definito a “carne di
pesce”. Microscopicamente, la RSC ha un aspetto caratteristico ed è quello della mirror cell (Cellula a
specchio).
Mediamente nel contesto della neoplasia le cellule diagnostiche rappresentano circa il 10% delle cellularità
totale, ma possono raggiungere il 20-25% e valori piu alti nella deplezione linfocitaria, il tutto immerso in un
background composto da linfociti, eosinofili, istiociti, plasmacellule, neutrofili e fibroblasti.
In un T-cell rich B cell lymphoma le cellule grandi neoplastiche rappresentano una piccola parte delle cellule
totali ed, essendo immerse in un contesto ricco di linfociti T reattivi e spesso anche di istiociti, è un quadro
simile a quello del LH ma esistono anche delle differenze che permettono di fare diagnosi differenziale:
- Presenza delle grandi cellule atipiche del T-cell rich B cell lymphoma (cellule B meno caratteristiche
delle RSC)
- Background composto da moltissimi linfociti ed alcuni istiociti ma nessun neutrofilo, eosinofilo etc.
LH con sclerosi nodulare → Dal punto di vista macroscopico, un linfonodo con sclerosi nodulare, è
caratterizzato da un notevole ispessimento fibrotico della capsula linfonodale, fibrosi che si approfonda nel
linfonodo nel quale si evidenziano aree neoplastiche. Un’altra caratteristica della sclerosi nodulare è una
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variante della cellula diagnostica, in questo caso ancora una RSC, che per un artefatto di colorazione
presenta attorno al nucleo un alone citoplasmatico molto chiaro e vengono cosi definite cellule lacunari.
È effettuabile un grading (1° e 2°) in relazione al numero di cellule Reed-Sternberg.
Linfoma di Hodgkin ricco in linfociti → Il pattern è nodulare (più frequentemente) o diffuso. I noduli
presentano residui di centri germinativi eccentrici con cellule Reed-Sternberg disposte nelle zone mantellari
espanse. Per una diagnosi differenziale corretta rispetto al linfoma di Hodgkin a predominanza linfocitaria
nodulare è essenziale la positività per CD30 e CD15 delle cellule Reed- Sternberg.
LH con deplezione linfocitaria → Molte cellule diagnostiche con scarsa cellularita nel background.
Molti dei casi che in era pre-immunoistochimica venivano inclusi in questa categoria vennero in seguito ri-
caratterizzati come linfomi a cellule anaplastiche, la morfologia in fatti tra questa due forme e simile ma la
tipizzazione immunologica ha permesso di discriminare le due forme. Possono essere presenti in questa
forma delle aree di necrosi, che microscopicamente appare come una zona rosa all’interno della quale non si
riescono più a distinguere i profili cellulari.
Le classificazioni istologiche hanno perso valenza dal punto di vista terapeutico, tuttavia, quando non
venivano trattate, una forma a prevalenza linfocitaria aveva una prognosi nettamente migliore di una
associata a deplezione linfocitaria. I moderni indici prognostici non si basano più sull’istotipo che ha un
valore relativo ma su altri parametri come il performance status.
La caratterizzazione istologica del LH ha valenza solo nel caso di riscontro della variante “a sclerosi
nodulare” poichè ha una prognosi peggiore rispetto alle altre forme.
La definizione delle RSC come cellule B del centro follicolare nasce dall’osservazione che nel centro
germinativo dei follicoli linfatici si svolge il processo della mutazione ipersomatica che è un processo
molecolare di tipo qualitativo che seleziona le cellule, da l’imprinting alle cellule B della memoria e alle
cellule B effettrici (plasmacellule), traducendosi poi nell’espressione non solo dei fattori di trascrizione, ma
anche degli antigeni di superficie che ci permettono di capire che quelle sono cellule B e che sono
visualizzabili con l’espressione proteica di membrana, cosa che succede ad esempio con il CD20.
La mutazione si svolge attraverso varie tappe, per cui tutte le cellule che passano dal centro follicolare sono
cellule che hanno la cosiddetta mutazione in corso (ongoing), mentre quelle che escono dal centro
germinativo sono cellule post mutazione somatica e che quindi hanno la mutazione già avvenuta.
Nel momento in cui il processo della mutazione non va a buon fine le cellule dal centro germinativo vengono
avviate all’apoptosi, motivo per il quale nel centro germinativo ci sono indici di apoptosi elevatissimi.
Le cellule diagnostiche di Reed Stendberg sono cellule centrofollicolari che hanno una mutazione difettosa o
“zoppicante” (crippling) che, anziche andare incontro ad apoptosi, vengono salvate e avviate a
proliferazione; il motivo per il quale riescono a sopravvivere può essere imputato ad alcuni cofattori, tra
questi, per esempio, l’infezione da EBV.
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Avendo una mutazione in corso difettosa, non possono esprimere gli antigeni di superficie, quindi, qualsiasi
colorazione immunoistochimica basata sugli antigeni di linea risultera negativa.
Fattori di trascrizione → anche se i marker di linea sono negativi, è stato visto che a livello nucleare le
cellule RSC esprimono fattori di trascrizione tipici delle cellule B: PAX5, OCT2, BOB1 per il quale adesso
sono disponibili degli anticorpi in grado di metterli in evidenza.
STADIAZIONE DI ANN-HARBOR
Questa stadiazione, messa a punto per i LH, viene anche utilizzata in tutti le altre classi di linfomi.
Tutti gli stadi associano la lettera A o B nel caso in cui il soggetto sia rispettivamente asintomatico o
sintomatico. Con la lettera E si indicano localizzazioni extranodali, mentre con I quelle linfonodali.
DIFFERENZE TRA LH E NH
LINFOMA DI HODGKIN LINFOMA NON HODGKIN
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DISCRASIE PLASMACELLULARI
Sono anche chiamate gammapatie monoclonali e, dalla WHO 2016, vengono inserite nel grande calderone
classificativo delle “Neoplasie dei B maturi”, quindi nell’ambito delle patologie linfoproliferative.
Chiamandole gammapatie monoclonali si fa riferimento a qualcosa che accomuna queste patologie
(componente monoclonale), mentre chiamandole discrasie plasmacellulari ci si riferisce al processo
linfoproliferativo a carico delle plasmacellule.
Plasmacellule → sono generalmente ovali, con un rapporto nucleo/citoplasma a favore del citoplasma e un
nucleo caratteristicamente decentrato, cioe spostato verso la periferia, con una disposizione della cromatina
dispersa, definita “a ruota di carro”. Sono cellule perfettamente riconoscibili.
Le gammapatie monoclonali sono quindi caratterizzate dalla proliferazione e accumulo nel midollo
osseo di un clone di linfociti B e plasmacellule sintetizzanti immunoglobuline che hanno due precise
caratteristiche:
1. Isotipiche → stessa classe di immunoglobuline sintetizzate (picco monoclonale all’elettroforesi)
2. Idiotipiche → stesso sito di legame con l’antigene da parte della regione variabile
CLASSIFICAZIONE
Gammopatia monoclonale di significato indeterminato (MGUS)
Mieloma multiplo
Leucemia plasmacellulare
Plasmocitoma (solitario dell’osso ed extramidollare)
Macroglobulinemia di Waldenstrom
Amiloidosi sistemica
Mieloma osteosclerotico
MGUS
È un processo clonale sostenuto da un numero di plasmacellule che nel midollo osseo e inferiore al 10%,
l’incidenza aumenta con l’età ed è raro prima dei 50 anni (1% tra pazienti >50 anni e >3% sopra i 70).
Di fatto è un processo che non ha clinica, e che quando viene diagnosticato come malattia monoclonale non
ha un impatto da malattia neoplastica (MGUS è come un neo del sangue).
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Il problema dell’MGUS è che non c’è possibilità di predizione del suo comportamento in modo attendibile,
infatti, si parla di gammapatia monoclonale a significato indeterminato.
Nella storia naturale dell’MGUS ci sono state evoluzioni verso il mieloma multiplo, verso la forma
smouldering, anche dopo molti anni.
L’MGUS è una pre-neoplasia, ma è stata inserita nel gruppo dei processi linfoproliferativi perchè si e visto
che, anche dal punto di vista delle traslocazioni e della citogenetica, può considerata come una tappa
nell’oncogenesi del mieloma, nell’ambito di una progressione multistep del mieloma stesso.
Uno dei punti che ha confermato la progressione multi-step del mieloma è il fatto che anche nell’MGUS, in
circa il 50% dei casi, sono documentabili traslocazioni che coinvolgono i loci delle immunoglobuline pesanti
o delle catene leggere, quindi la progressione è legata al ruolo di diversi fattori, fra cui l’angiogenesi (VEGF).
È stato riportato in letteratura, e ipotizzato (visto il ruolo che pare abbia il VEGF) il valore prognostico della
MVD (MicroVascularDensity) nell’MGUS.
È raccomandato in questi pazienti lo screening delle catene leggere circolanti, poiche anche dopo 20 anni ci
sono stati casi di evoluzione a MM.
Istogenesi del MM
Si tratta di una neoplasia a cellule post-centro germinativo, che quindi hanno gia subito il loro processo
modulativo a livello linfonodale e che gia hanno migrato a livello del midollo osseo (homing). Questa cellula
post-centro germinativo è il plasmablasto, una cellula di grossa taglia, in cui sono gia avvenuti il
riarrangiamento genico, la mutazione ipersomatica e lo switch immunoglobulinico.
I plasmablasti migrano nel midollo osseo, dove avviene l’ultima fase della differenziazione in plasmacellule
“long lived”.
Ce ne sono anche alcune piu immature, le cosiddette plasmacellule “short lived”, esitate a livello di risposta
immune per la risposta immediata che secerne IgM. Le plasmacellule responsabili del mieloma sono le
plasmacellule “long lived” che hanno fatto homing nel midollo osseo.
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La fase del ciclo cellulare in cui queste cellule nella maggior parte dei casi si trovano è la fase G1 ed è
proprio per queste che il mieloma è una neoplasia indolente (le cellule sono quiescenti e non proliferano).
È una neoplasia con uno spiccato fenotipo di adesione nel midollo osseo, per cui, a fronte della sua indolenza,
non è particolarmente facile da trattare, per lo meno con le terapie convenzionali attualmente in uso.
Espressione di CD20 → il 20% dei mielomi lo esprimono e tale espressione si associa a prognosi peggiore.
Queste cellule vengono considerate quasi come le cellule staminali del mieloma, poichè durante il processo
maturativo della plasmacellula il CD20 si perde e quindi una plasmacellula CD20+ viene considerata ai
livelli piu alti dell’ontogenesi.
La presenza di queste cellule è stata anche associata alla scarsa risposta alla terapia e, a tutt’oggi, si sta
provando il Rituximab contro questa quota cellulare.
Il concetto di cellule staminali tumorali è stato approfondito dagli americani Huff e Matsui.
Sono state individuate queste cellule rotondeggianti CD20+ con morfologia linfocitaria. I due autori
suggeriscono di aggiungere il Rituximab alla terapia proprio per fare in modo che anche il comparto
staminale, non suscettibile alle terapie convenzionali, possa essere bersagliato. Questo discorso delle cellule
staminali si trova in realta in un pò tutte le neoplasie, infatti, queste non sono altro che processi afinalistici di
proliferazione, che teoricamente originano da una singola cellula.
Prima si pensava che la popolazione fosse sempre uguale a se stessa, e quindi il termine “monoclonalità”
significava “identita di popolazione”.
Ora si sa come in realtà ci siano una progressione e un’eterogeneità clonale. Il punto si pone su quale sia la
cellula ad originare il processo neoplastico. Anticamente si riteneva che le neoplasie traessero origine da
cellule mature che perdevano la differenziazione. Poi, per molto tempo c’è stata l’ipotesi della cellula
staminale progenitrice, toti o multipotente, che nella sua proliferazione neoplastica mantiene una maggiore o
minore capacita differenziativa, che si ritrovera nella maggior parte della popolazione neoplastica, e che
condizionera la diagnosi.
Però il presupposto è che un pool di cellule neoplastiche in continuo atteggiamento replicativo ci sia
sempre; si è sempre pensato che proprio queste cellule in continua replicazione fossero le responsabili della
progressione e del fallimento terapeutico, perchè non colpite dalle terapie convenzionali.
Nelle neoplasie dei tessuti molli, tale ipotesi della cellula staminale sta un pò lasciando il passo ad un’altra
ipotesi, quella della riprogrammazione epigenetica delle cellule.
Fino ad ora si è pensato che, nel destino cellulare, la cellula partisse da una condizione di totipotenza, e poi,
man mano, andasse incontro a processi di maturazione con degli switch di tipo on-off: In pratica, la cellula va
avanti verso una certa fase, si chiude una via e se ne apre un’altra, fino alla completa e terminale
differenziazione. Secondo tale teoria, dunque, la cellula capace di dare origine a tutto sarebbe solo quella
multipotente, che ha ancora tutte le vie aperte.
Secondo alcuni non sarebbe sempre cosi: questi switch progressivi non sarebbero on-off, ma ci potrebbe
essere sempre una riprogrammazione epigenetica, per cui la cellula potrebbe sempre tornare indietro.
È chiaro che, accettando questa visione, la possibilita di origine delle neoplasie si amplia moltissimo. In ogni
caso non sono ancora dati certi, e valgono comunque piu per le neoplasie mesenchimali.
Patogenesi del MM
Il processo patogenetico è multi-step e i fattori di rischio noti sono tanti: radiazioni ionizzanti, pesticidi,
benzene, altri fattori chimici ed MGUS (aumenta il rischio del 16% a 10 anni).
1. Colonizzazione del midollo → Le cellule di partenza sono cellule B del centro germinativo che
vanno a collocarsi nel midollo osseo. La cellula neoplastica, migrata nel midollo osseo, contrae
rapporti e aderenze, entra in simbiosi e in rapporto con le cellule stromali del midollo stesso. Inizia
ad incentivarsi una secrezione di citochine, di cui la prima è il SDF-1 (Stromal cell-derived factor 1).
2. MGUS → Si arriva al processo monoclonale, che va avanti nell’MGUS
3. Mieloma smouldering (indolente) → Tuttavia, a poco a poco c’è un’espressione di molecole di
adesione (CD56, Syndecan, ICAM-1, LFA-1, VCAM, CD38/CD31) e si crea un fine rapporto tra
cellule neoplastiche del mieloma e cellule stromali del midollo. Questo rapporto porta alla
secrezione di fattori: IL-6, IL-1, TNF-α e il suo recettore, IL-11, e soprattutto i fattori attivanti gli
osteoclasti.
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4. Mieloma intramidollare → Questa fase, nella sua evoluzione, in qualche modo puo anche essere
inibita, perchè è sottomessa alla sorveglianza di vari fattori, come il bilancio citochinico, da parte del
midollo. Questo è un momento chiave, perchè è quello in cui comincia la fase litica del mieloma: gli
osteoclasti cominciano a riassorbire osso, nonostante l’azione di controllo dell’osteoprotegerina,
perchè si crea uno squilibrio tra i fattori osteoblastici e i fattori osteoclastici.
Dopo un certo periodo di tempo, si viene a determinare un circolo viziosoμ c’è una distruzione di
matrice, con secrezione di fattore di crescita insulinico (IGF) e di -FGF, che stimolano a loro volta
la crescita e la sopravvivenza delle cellule mielomatose. Queste continuano a secernere citochine,
che causano il rilascio di ulteriori fattori attivanti gli osteoclasti. A quel punto si è creata la lesione
litica e la malattia.
Se c’è una lesione litica, c’è riassorbimento, e c’è anche l’anemia, perchè le plasmacellule vanno a
infiltrare il midollo osseo e si sostituiscono all’eritropoiesi normale.
5. Mieloma extramidollare → disseminazione in cui la neoplasia è ormai fuori controllo.
6. Mieloma puro → Nell’ultima fase, si giunge al mieloma in cui le linee cellulari neoplastiche sono
pure e isolate.
Nella patogenesi del mieloma multiplo, si riconosce anche una forte interazione tra i recettori espressi dalle
cellule del mieloma e ligandi delle cellule stromali. Vengono attivate anche molecole anti-apoptotiche,
cosicchè il clone sopravvive e prolifera. In piu, c’è l’induzione di angiogenesi, che nel mieloma è molto
importante: difatti, uno dei presidi terapeutici piu recentemente impiegati e il Bevacizumab (anti-VEGF).
Progressione smouldering →MM = smouldering significa che “cova sotto le ceneri”. Tra i fattori
importanti per la progressione si trovano: catene libere nel siero, concentrazione della componente
monoclonale e immunofenotipo aberrante (documentabile con citofluorimetria).
L’immunofenotipo aberrante è rappresentato dall’espressione del CD56, l’unico anticorpo che sicuramente
non è espresso nelle plasmacellule tipicheμ se citofluorimetricamente c’è una popolazione CD56+ (>95%
delle plasmacellule midollari) associata ad immunoparesi, il quadro è abbastanza indicativo di progressione.
Immunofenotipo
Sono cellule B, ma possono perdere l’espressione di alcune molecole, ad esempio, quasi sempre si perde
l’espressione di CDβ0. Normalmente CDβ0 viene perso nelle fasi finali di maturazione delle plasmacellule e,
se si ritrova positivo in alcuni mielomi, questo ritrovamento ha valore prognostico negativo.
Anche il CD19 può essere perso nelle plasmacellule neoplastiche, mentre il CD79a in genere viene
mantenuto.
Il CD38 (PCA-1, plasma cell antigen), viene espresso anche da alcune leucemie linfatiche croniche con
significato prognostico sfavorevole. In ogni caso, l’unico antigene che permette di fare diagnosi
differenziale tra cellule tipiche e atipiche è il CD56 (assente nelle cellule normali).
La presenza di diclina D1 esprime una traslocazione t(11,14) proprio come il linfoma mantellare.
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Assetto molecolare del MM
I loci base interessati dalle tralocazioni sono quelli delle catene immunoglobuliniche pesanti (cromosoma 14)
e delle catene leggere ( k sul cromosoma 2 e lambda sul cromosoma 22):
- Locus 14q32
- Locus 2p11
- Locus 22q11
Queste traslocazioni che interessano i loci di base possono avere altri partner mutazionali:
- 11q13 (15%, codifica per ciclina-D1)
- 4p16 (15%)
- 16q23 (4%, c-maf)
- 6p21 (3%, ciclina-D3)
- 20q11 (3%, maf-8)
- 12p13 (<1%, ciclina-D2)
- 8q24 (<1%, MAFA)
Le traslocazioni vengono fuori dall’accoppiamento, più o meno frequente, tra i cromosomi 14, 2 e 22 e gli
eventuali partner: t (4;14), t (6;14), t (14;20), t (2;20).
Queste traslocazioni possono essere presenti con frequenze diverse: alcune di queste hanno un significato
prognostico sfavorevole, come la t(4;14) e la t(6;14).
Proprio sulla base delle traslocazioni riscontrate nei vari soggetti, gruppi di studio americani della Mayo
Clinic e della M.D. Anderson stanno cercando di fare una stratificazione di rischio su base molecolare.
Una prova a favore della patogenesi multi-step del mieloma è data dal fatto che la possibilità di riscontrare
una tra queste traslocazioni aumenta percentualmente dall’MGUS allo Smouldering, al mieloma
intramidollare, fino ad arrivare ad una frequenza ancora maggiore, che rasenta l’85%, nella leucemia
plasmacellulare. Nelle linee isolate di mieloma puro si arriva a percentuali del 90%. Nel dettaglio:
- MGUS/SSM 46-48%
- MM intramidollare 55-73%
- LPC primitiva 85%
- HMCL >90%
Il gruppo di studio americano del mieloma della MAYO Clinic ha portato avanti uno studio che mirava a
distinguere due gruppi di mielomi, in base al loro contenuto di DNA (non iperdiploide e iperdiploide), e alle
loro alterazioni citogenetiche e traslocazioni, studiando su quali meccanismi cellulari si ripercuotono le
diverse alterazioni. Tutto questo era volto a cercare un nuovo pathway che potesse diventare un target
terapeutico.
Gruppo ad alto rischio (25%) → in questo gruppo sono state identificate delle alterazioni, messe in evidenza
con tecniche di ibridazione in situ (FISH o CISH): delezione 17p, t(4;14) e t(14;16)
Gruppo a rischio standard (restante 75%) → iperdiploidia, t(11;14), con iperespressione della ciclina
D1, t(6;14).
Obiettivo di questo studio è riuscire a stratificare i pazienti in base al rischio, che proviene dalla presenza di
un’alterazione piuttosto che di un’altra. Ciò andra tenuto da conto sia per la diagnosi che per la terapia: se si
identifica un gruppo ad alto rischio è chiaro che l’approccio terapeutico rispetto al gruppo standard sarà
diverso.
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Caratteristiche anatomopatologiche del MM
Si riscontrano > 10% di plasmacellule nel midollo osseo e possono essere tipiche o atipiche:
Tipiche → identiche alle loro controparti normali, indistinguibili, da questo punto di vista, da
quelle non neoplastiche.
Atipiche → con caratteri di atipia classica: nuclei piu grossi, meno eccentrici, nucleoli evidenti
e citoplasma ristretto. Il continuo diminuire del citoplasma a favore del nucleo è un indice di
atipia. Plasmacellule cosi fortemente atipiche possono essere presenti anche in condizioni
reattive.
Nel caso di MM in un aspirato midollare si vedono solo plasmacellule, e questo è fortemente indicativo,
perchè in genere il midollo di per se è un tessuto polimorfo, in cui si dovrebbero vedere cellule di tutte le
linee emopoietiche, ben riconoscibili (il monomorfismo non è mai un buon segnale).
Questi elencati sono i segni morfologici (tradizionali, quasi antichi) visibili con Giemsa ed ematossilina-
eosina, non c’è bisogno dell’immunoistochimica per evidenziarli. Inoltre, non sono segni differenziali
assoluti, ma indicativi, poichè sono dati dall’eccesso di immunoglobuline che vanno a depositarsi, allora la
proliferazione, la monoclonalità, l’ipersecrezione di componente monoclonale saranno alla base di questi
segni, che di solito in processi reattivi non si trovano. I segni sono:
Corpi di Dutcher → se c’è una produzione aberrante di materiale proteico di natura immunoglobulinica,
questo si deposita e crea dei depositi amorfi nel nucleo, visibili come depositi grigiastri, proprio a livello
nucleare.
Flame cells → il materiale proteico si deposita diffusamente nelle plasmacellule,. Queste plasmacellule
hanno un citoplasma molto rappresentato, il nucleo un pò più centrale, ma la loro caratteristica è il
colore rosso, sono dette “cellule a fiamma”. Si tratta sempre di depositi proteici di prodotto monoclonale.
Cellula di Mott → espressione nodulare di immunoglobuline, che si mostra con questo aspetto
inconfondibile.
Corpi di Russel → dati anch’essi da accumuli di materiale proteico nel citoplasma.
L’infiltrazione midollare ha una sua importanza sul versante prognostico perchè il mieloma cresce nel
midollo osseo. I pattern di infiltrazione possono essere molteplici:
Pattern interstiziale → infiltrazione piu o meno diffusa, si vede la componente adiposa e poi
molte cellule. Queste vanno contate, perchè, per definire il mieloma, deve essere superata la
soglia del 10%. Le cellule disposte in modo disperso vengono definite infiltranti a modalita
interstiziale: e in genere questo, soprattutto di fronte ad una cellularita neoplastica bassa (10%,
15%, 20%) significa che l’emopoiesi puo esserci.
Nodulare → le plasmacellule crescono ad ammassi. È la modalita di infiltrazione più semplice
dal punto di vista diagnostico, soprattutto per la diagnosi differenziale: una plasmocitosi
reattiva puo essere anche abbondante, anche vicino al 10% o superiore purche sia policlonale.
Per parlare di mieloma la quota di plasmacellule nel midollo deve essere >10% ma
rigorosamente monoclonale.
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Pero la plasmocitosi reattiva è sempre interstiziale: se le plasmacellule fanno massa o nodulo,
in genere sono più facilmente neoplastiche.
Diffuso (Packed Marrow) → il midollo è sostituito dall’infiltrazione plasmacellulare. Questi
soggetti saranno quasi sempre anemici, neutropenici con conseguente suscettibilita alle
infezioni, e spesso avranno anche cadute delle conte piastriniche.
Atrofia settoriale → si vede solo ed esclusivamente tessuto adiposo.
Dunque l’infiltrazione delle plasmacellule condiziona la clinica, non solo per il riassorbimento osseo e i
conseguenti sintomi dell’osso, ma anche per la sua interferenza con l’emopoiesi. A livello midollare, la
proliferazione plasmacellulare neoplastica puo dare origine a masse solide (plasmocitoma).
Il plasmocitoma può anche subire una trasformazione blastica (plasmocitoma plasmablastico) con la
formazione di cellule meno riconoscibili (molte atipie), tondeggianti e aggressive. Sono quasi tutti
immunoblasti, con nucleolo centrale evidentissimo (chiara atipia). È una fase di malattia biologicamente più
aggressiva, e l’equivalente di una forma ad alto grado.
Immunoistochimica
Colorando con anticorpo anti-IgG le cellule positive, che quindi hanno reagito con l’anticorpo anti-IgG,
vengono colorate in marrone. Si puo anche fare una reazione analoga ma usando l’anticorpo anti-catene k o
(catene leggere), colorando le cellule. Se le due reazioni si riferissero allo stesso caso, allo stesso soggetto, e
se le corrispondenti colorazioni per IgA e IgM e per mostrassero, se non proprio una totale negatività,
almeno una positività molto ridotta, allora ci si potrebbe esprimere per un mieloma multiplo IgG-k.
Teoricamente, in base all’immunoelettroforesi, si tratta di un dato che il clinico (ematologo o medico di
base) ha gia; ma l’immunoistochimica fornisce un’ulteriore conferma, e in ogni caso con la sola elettroforesi
mancherebbe l’informazione sull’infiltrazione midollare e sulla cellularità, fondamentale a fini diagnostici.
Tutto quello che non appare colorato in marrone, non sono plasmacellule IgG: ci saranno cellule eritroidi,
cellule mieloidi, perchè questo non e un midollo zaffato.
A questo punto, si fa la batteria completa delle immunoglobuline va comunque fatta tutta: anche se in
anatomia patologica giunge un campione per cui il clinico ha detto, sulla base dell’immunoelettroforesi, che
e monoclonale IgG-k, la batteria andra fatta anche per IgA, IgM, e llambda, per avere la controprova.
E in ogni caso, si fa sempre una colorazione generica, per esempio un CD138, e si va a valutare la
corrispondenza tra tutte le plasmacellule, positive al CD138, e quelle positive solo all’IgG o a k.
I bifosfonati rappresentano una terapia di supporto, agiscono e sono nati per supportare, però non inibiscono
l’osteolisi. Con le terapie convenzionali, oggi, si riesce ad allungare la sopravvivenza, e i bifosfonati fanno
proprio parte delle terapie convenzionali, pero non cambiano il decorso. Il mieloma, ad oggi, non arriva a
lunghe remissioni, ne a guarigione, infatti, da quando si usano farmaci come gli inibitori del proteasoma
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(Bortezomib) e gli anti-angiogenetici, le casistiche sono piu lunghe, ma a lunghissime sopravvivenze di 10-
20 anni non si e ancora arrivati.
Diagnosi del MM
Clinica → dolore, fratture patologiche etc.
Radiologica e di laboratorio (RX, RMN Whole body, elettroforesi sieroproteica)
Anatomo-patologica (biopsia osteomidollare)
Criteri diagnostici maggiori
1. Plasmocitosi midollare (>30%)
2. Plasmocitoma su biopsia osteomidollare (massa di plasmacellule neoplastiche)
3. Componente M (IgG>3g/dl, IgA>2g/dl nel siero e >1g/24h proteinuria di Bence-Jones)
Criteri diagnostici minori
1. Plasmocitosi midollare >10% ma <30%
2. Componente monoclonale (che non supera i livelli del criterio maggiore)
3. Lesioni ossee litiche
4. Immunoparesi (IgG<600mg/dl, IgA<100mg/dl, IgM<50mg/dl)
Per fare diagnosi occorrono 1 criterio maggiore + 1 criterio minore, oppure, 3 criteri minori.
Stadiazione del MM
I parametri presi in considerazione per la stadiazione sono:
Componente Monoclonale
Presenza di lesioni ossee
Valore di Hb
Valore di calcemia
Valori di Immunoglobuline
Funzionalita renale (determina due varianti per ogni stadio, A e B, in relazione a creatinina <o
>2mg/dl)
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New International Staging System
Questo nuovo sistema di staging tiene conto di altri due fattori:
- Albumina (ipoalbuminemia, cut-off 3,5g/dl)
- 2-microglobulina (aumento, cut-off 5,5mg/dl)
Sono entrambi due parametri affidabili dal punto di vista prognostico, sono parametri clinici:
Stadio I → 2-microglobulina sierica <3,5mg/dl e albumina >3,5g/dl
Stadio II (non I non III) → valori intermedi. Comprende due categorie:
1. 2-microglobulinemia < 3,5 mg/L e albuminemia < 3,5 g/dL
2. 2-microglobulinemia tra 3,5 e 5,5 mg/L, indipendentemente dai valori di albuminemia
Stadio III → 2-microglobulinemia >5,5mg/dl nel siero.
LEUCEMIA PLASMACELLULARE
Le plasmacellule vanno in circolo. Può insorgere come neoplasia ex novo (rarissima, 2%) o come evento
terminale di un mieloma (evenienza piu frequente, ma comunque rara). Per fare diagnosi di leucemia
plasmacellulare deve essere documentata la quota plasmacellulare circolante.
Se la leucemia plasmacellulare viene diagnosticata all’esordio, ciò significhera che le plasmacellule non sono
in grado di creare adesione con il midollo osseo e vanno in circolo: probabilmente questi pazienti avranno
una minore quota di lesioni ossee, perche la componente neoplastica circola. Di contro, potranno avere una
più facile colonizzazione di organi extranodali, o anche linfonodali.
Se invece la neoplasia plasmacellulare è una complicanza terminale di un mieloma, eèfacile che si associ ad
un quadro di clinica conclamata, con insufficienza renale.
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Morfologia
Il carattere fondamentale è il riscontro di plasmacellule, oltre che nel midollo, anche nel sangue periferico,
dove in realta di solito ce ne sono ben poche (emocromo alterato, cosa che non succedeva nel mieloma).
Anche in questo caso, comunque, valutare eventuali atipie delle plasmacellule, anche in periferia, da un
punto di vista diagnostico ha un suo valore.
PLASMOCITOMA
Proliferazione di plasmacellule (neoplasie plasmacellulare) del tutto identiche a quelle del mieloma che
formano una massa e hanno una localizzazione diversa dal mieloma: localizzazione ossea singola
(plasmocitoma solitario dell’osso), oppure extraossea (gran parte di questi casi e localizzata nel tratto delle
vie aeree superiori). Non si accompagna una componente monoclonale circolante.
Può essere:
Solitario dell’osso → Il plasmocitoma solitario dell’osso ha un interessamento monostotico, ovvero, è
coinvolto un solo osso. Il coinvolgimento di piu ossa si indica invece con il termine poliostotico.
Plasmocitoma extramidollare → rari casi di plasmocitoma linfonodale, infrequenti ma possibili, o casi di
plasmocitoma a sede extranodale. Ne è un esempio il plasmocitoma laringeo: le vie aeree superiori sono una
delle sedi un pò piu spesso interessate, ma si tratta di evenienze piuttosto rare.
Vedendo ad alto ingrandimento dei pezzi laringei, si possono vedere le plasmacellule neoplastiche tra i fasci
muscolari.
Plasmocitoma Solitario
dell’osso
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MACROGLOBULINEMIA DI WALDENSTRÖM
È definita dalla WHO come un linfoma linfoplasmocitico associato a componente monoclonale della classe
IgM.
Rispetto al mieloma, l’infiltrato midollare è eterogeneo (linfociti maturi, linfociti plasmocitoidi,
plasmacellule franche). Può essere associata a fenomeni autoimmunitari o alla presenza di crioglobulinemie.
Il linfoma linfoplasmacitico nella maggior parte dei casi non secerne, è un linfoma indolente a cellule B,
CD5 -, eventualmente accompagnato a sintomi B (astenia, febbricola), come tutti i linfomi indolenti.
In una quota minoritaria di casi, si associa ad una secrezione di IgM: allora la clinica è caratterizzata dalla
sindrome da iperviscosità, perche le IgM sono macroglobuline, hanno dimensioni maggiori delle IgG e delle
IgA, quindi la loro secrezione nel siero condiziona la clinica, che sarà connessa alle dimensioni molecolari, e
sarà quindi diversa da quella del MM.
Livelli di malattia
MGUS IgM con infiltrato midollare <10%
Smouldering macroglobulinemia (no sintomi, infiltrato midollare >10%)
IgM related disorder (entita non presente nel MM, sintomi correlati alle IgM sieriche)
Macroglobulinemia conclamata (elevate IgM, sintomi, infiltrazione midollare >10%)
Caratteristiche tipiche
- Esprime componente M della classe IgM
- Non ha un fenotipo clinico CRAB
- Rara nell’adulto (eta media 6γ anni, 4/1.000.000, M/F=βμ1)
- Diagnosi può essere casuale
- Può essere associata ad MGUS (una MGUS a IgM che precede il Waldenstrom, sintomatica
a differenza dell’MGUS IgA o IgG del mieloma che e asintomatica)
AMILOIDOSI SISTEMICA
Disordine sistemico, caratterizzato da una quota neoplastica cellulare scarsa e da un’abnorme deposito
proteico di proteina anomala (amiloide) in diversi tessuti. Questi depositi formano delle strutture proteiche
pieghettate (a beta-foglietto), in grado di legarsi ad un colorante particolare, il Rosso Congo, evidenziandosi
in maniera caratteristica alla luce polarizzata, mostrando una birifrangenza, con un tipico colore che viene
definito “verde mela”. L’amiloidosi può essere sistemica o localizzata e, ancora, acquisita o ereditaria.
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Vecchia classificazione
- Amiloidosi primaria
- Amiloidosi secondaria
- Amiloidosi familiare
Nuova classificazione
L’amiloidosi AL è quella di interesse ematologico ed è la piu temibile (piu grave). Può accompagnare un
linfoma e può accompagnare una gammapatia monoclonale. Quindi, in se, l’amiloidosi AL è una
gammapatia monoclonale poichè le fibrille AL derivano dalle catene leggere delle immunoglobuline
monoclonali (regione Nterminale) secrete dal clone neoplastico.
Le fibrille derivano maggiormente dalle catene leggere lambda piuttosto che k e, in piu dell’80% dei casi,
l’amiloidosi AL si associa ad MGUS. Infatti, solo il 15% dei pazienti con MM mostrano l’amiloidosi AL.
Indipendentemente dal tipo di amiloidosi le componenti della sostanza amiloide sono:
1. Fibrille amiloidi ripiegate a beta-foglietto (varia in base al tipo di amiloidosi)
2. Glicosaminoglicani
3. Componente sierica P dell’amiloide (SAP)
Manifestazioni cliniche
Clinicamente, a seconda del deposito di amiloide, si avranno quadri diversi:
- Rene → 30%, sindrome nefrosica e/o insufficienza renale
- Fegato → epatomegalia (per avere l’insufficienza deve essere colpito al λ0%)
- Miocardio → 50% dei casi, cardiomiopatia restrittiva e insufficienza cardiaca
- Polineuropatia sensitiva dolorosa → sindrome del tunnel carpale nel 20% dei casi, deficit motori nel
10%.
- Disordini del SNA → impotenza, ipotensione ortostatica, disturbi GI (stipsi, diarrea, incontinenza
sfinteriale)
- Cute → vasi sanguigni del derma con porpora (in sede periorbitaria caratteristica), papule, noduli e
placche.
- Articolazioni → poliartrite infiammatoria
Biopsie di screening → consistono nel cercare l’amiloidosi in punti specifici anche se non c’è ancora
coinvolgimento di organi specifici. Consistono nella biopsia del colon-retto e nell’aspirazione del grasso
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addominale (si fa piu spesso poiche poco invasiva), diagnostici nel 50-80% dei casi. La biopsia
osteomidollare viene fatta per differenziare un MGUS da un MM, tuttavia, la si puo usare per andare a
ricercare l’amiloidosi midollare che e patognomonica del tipo AL.
L’iter diagnostico è clinico, e una diagnosi quasi di esclusione, non è una patologia particolarmente frequente.
Potrebbe essere sospettata se, ad esempio, c’è una sintomatologia nefrosica non nefritica ed è stato escluso il
diabete, oppure se c’è una cardiopatia non ischemica con ispessimento del ventricolo sinistro, o
un’epatomegalia.
Proprio per questo, molto spesso, l’amiloidosi viene scoperta dai cardiologi (cardiopatia ischemica con
cuore ipertrofico senza ipertensione e aterosclerosi).
Early flags → NT-proBNP elevato, proteinuria, elevazione GGT e transaminasi, sindrome del tunnel
carpale, neuropatia e sintomi vegetativi (impotenza, perdita della termocezione etc).
L’iter medico-legale prevede: biopsia, esame istopatologico, tipizzazione della componente fibrillare e
trattamento.
L’amiloidosi AL ha prognosi infausta se non trattata (mediana di sopravvivenza 1β-15mesi) e, addirittura,
nei pazienti con primitivo interessamento cardiaco solo di 6 mesi. Per il trattamento si ricorre a
trattare le condizioni di base (gammapatia monoclonale): trapianto di midollo, desametasone, ciclofosfamide,
talidomide, lenalidomide, bortezomib.
MIELOMA OSTEOSCLEROTICO
Associato alla sindrome P.O.E.M.S (Polineuropatia, Organomegalia, Endocrinopatia, componente
Monoclonale, Skin lesions). È l’evenienza meno frequente ma piu caratteristica, particolare e complessa.
Questa sindrome si puo associare a condizioni di mieloma osteosclerotico, nel quale c’è un forte
rimodellamento osseo.
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LINFADENOPATIE NON NEOPLASTICHE
Le patologie non neoplastiche non sovvertono quasi mai la struttura del linfonodo ma la struttura del
linfonodo ci puo aiutare ad identificare un determinato processo. Se il linfonodo diventa reattivo e mette in
moto tutto il sistema immune e in particolare ad esempio il compartimento B, quella che verra esaltata è tutta
la parte follicolare con i follicoli aumentati di volume con grandi centri germinativi e con un pattern di tipo
follicolare.
I quadri piu frequenti di linfadenopatia non neoplastica sono due: iperplasia reattiva e linfadeniti. I primi tre
pattern (follicolare, sinusale e diffuso) sono quadri di iperplasia reattiva, mentre, il pattern misto è un quadro
di linfadenite (si inizia gia a parlare di infiammazione).
IPERPLASIA REATTIVA
Quadro a cavallo tra fisiologia e patologia poichè, è vero che una causa patologica lo stimola, ma il
linfonodo si iperplasizza in maniera fisiologica perchè quello è il suo compito di reagire, cioè di combattere
le infezioni in atto.
L’osservazione di un linfonodo iperplastico può dare informazioni specifiche riguardo il tipo di insulto
patologico, infatti, se uno dei compartimenti linfonodali viene enfatizzato piu di un altro, possiamo desumere
che la risposta del paziente sia orientata in un modo rispetto ad un altro; nei referti troveremo quindi
“iperplasia reattiva prevalentemente follicolare florida”, “prevalentemente Paracorticale” oppure “con
marcata dilatazione e istiocitosi dei seni”.
Nessun patologo si sognerebbe di far diagnosi esclusivamente sulla base della morfologia dell’iperplasia, ma
aiuta parecchio.
LINFADENITE
Le linfadeniti sono patologie infiammatorie a carico del sistema linfatico e, in particolare, dei linfonodi.
Esistono le linfadeniti specifiche (luetica e tubercolare), le linfadeniti aspecifiche acute (non meritano
biopsia) e le linfadeniti aspecifiche croniche (T. gondii, linfadenite da graffio di gatto e linfadeniti atipiche).
Linfadenite tubercolare → Oggi è ritornata ad essere consueta. Questo è l’unico quadro quasi
paradigmatico e patognomonico poichè, all’interno del linfonodo, vedremo una flogosi granulomatosa
necrotizzante caseosa. La necrosi caseosa è una necrosi “pastosa” macroscopicamente e istologicamente, e
che la parola caseosa fa riferimento al rivestimento ceroide esclusivo del Micobatterio, allora in quel caso la
diagnosi è fatta, anche se è buona norma anche in questo caso avere il conforto dei test di laboratorio
(es.Quantiferon).
Linfadeniti atipiche → Oggi, l’unico esponente è la malattia di Castleman. Non esistono neoplasie
benigne del linfonodo poichè la parola linfoma indica una patologia neoplastica maligna, anche se
prima si usava la dizione linfosarcoma per indicare i processi maligni, oggi non più utilizzata. In
passato esisteva la linfadenopatia angioimmunoblastica, distinta dal Linfoma Angioimmunoblastico
(Linfoma a cellule T), ma poi si vide che questa forma non neoplastica atipica evolveva quasi sempre in
neoplasia ed era clonale. Fu cosi quindi che la Linfadenopatia Angioimmunoblastica fu tolta dalla lista
delle Linfoadenopatie Atipiche per lasciare spazio esclusivamente alla Malattia di Castleman e altre
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poche forme particolari, come la Malattia di Rosai-Dorfman: una forma di iperplasia gigante con cellule di
grossa taglia caratteristiche.
PATTERN FOLLICOLARE
Centri germinativi iperplastici composti da linfociti di varia dimensione, plasmacellule, macrofagi, scarso
numero di cellule follicolari dendritiche. Le cellule sono polari, vi è intensa attività mitotica e fagocitica,
proliferazione mista di cellule centrofollicolari, mantelli sottili o spessi ma completi.
Il pattern follicolare è un pattern patologico fino ad un certo punto perchè c’è una patologia di base ma il
linfonodo sta espletando la sua funzione.
Caratteristiche anatomopatologiche
Rispetto della polarità
Intensa attività mitotica e fagocitica (Ki67 100%, altre zone linfonodali inerti dal punto di vista
mitotico)
Proliferazione mista di cellule centro follicolari (plasmacellule, macrofagi, cellule APC etc)
Mantelli possono essere piu sottili ma completi
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MALATTIA DI CASTLEMAN
Processo linfoproliferativo benigno sistemico atipico. La malattia di Castleman è considerata un processo
linfoproliferativo atipico perchè è un processo regionale. Anche la forma plasmacellulare, pur avendo un
assetto piu preoccupante e complesso, non presenta nelle prime fasi un riarrangiamento monoclonale. Nella
sua evoluzione potra avere una trasformazione, ma non è etichettabile come un quadro neoplastico sin
dall’inizio.
Forma ialino vascolare → all’interno del follicolo i vasi vanno incontro ad una trasformazione ialina facile
da riconoscere. Colpisce tipicamente in età giovanile e l’interessamento è monostazionale e, piu
frequentemente, nel mediastino. Assenza di sintomi, è come se fosse un’iperplasia gigante (linfonodi 2-
3cm).
Dal punto di vista morfologico si vede l’espansione dei mantelli con pattern “onion skin” (il mantello ha un
aspetto a bulbo di cipolla). I centri germinativi sono ridotti di volume con penetrazione di vasi ialinizzati e si
associa proliferazione vascolare interfollicolare.
Forma plasmacellulare → ha un interessamento sistemico e può interessare anche i linfonodi, tipicamente
interessa il distretto mesenterico e retroperitoneale (multistazionale). Si caratterizza per iperproduzione di
IL6 con sintomi sistemici importanti: febbre, sudorazione, astenia, perdita di peso, alterazione degli esami di
laboratorio. Presenta un alto tasso di recidive, può progredire verso un linfoma ad alto grado (linfoma
plasmablastico o DLBCL) e la patogenesi è probabilmente su base autoimmune.
Dal punto di vista morfologico vi sono mantelli intatti circondati da plasmacellule mature (abbondanti),
centri germinativi di volume normale (ricchi di centrociti, centroblasti, macrofagi e grandi cellule), la
proliferazione vascolare interfollicolare è scarsa o assente. Tale forma può associarsi al sarcoma di Kaposi
e/o infezione da HIV con positivita per HHV8. Si associa anche a sindrome POEMS.
Nel Plasmocitoma, con cui entra in diagnosi differenziale, si avrà un fortissimo infiltrato plasmacellulare
nel linfonodo, ma quest’ultimo sara profondamente sovvertito nella sua architettura, al contrario del
Castleman plasmacellulare in cui i follicoli e l’architettura linfonodale viene mantenuta.
Forte infiltrato Plasmacellulare si trova anche nella Sifilide, ma in quel caso si avrà clinica e sierologia
inequivocabile.
Le plasmacellule verranno naturalmente tipizzate per le catene leggere (k/ ) per vederne la policlonalità
(benignita). In seguito a questi indizi si costruisce e ci si indirizza verso la diagnosi di Castleman piuttosto
che altre patologie.
Le due forme non hanno molto in comune, nemmeno il trattamento. Il Castleman ialino-vascolare non merita
uno stretto follow up poiche, tolto il linfonodo, il soggetto e “guarito”, mentre nella forma Plasmacellulare il
follow up deve essere piu aggressivo essendo questa una forma che puo evolvere in linfoma.
INFEZIONE DA HIV
L’HIV da origine ad una fase acuta che in realtà si associa ad un’iperplasia linfonodale perchè è simil
influenzale, i linfonodi aumentano di volume. Poi si avra la fase di linfadenopatia cronica, fino alla fase di
malattia conclamata (immunodeficienza).
1)Fase acuta simil influenzale con tumefazione linfonodale → Disseminazione ematogena del virus con
localizzazione ai linfonodi e notevole stimolazione immune. Si vede un’iperplasia follicolare florida
(follicoli reattivi con polarita conservata e aspetto “starry sky”), ci sono clusters di cellule B monocitoidi
e il virus si dimostra tramite immunoistochimica. Non c’è la certezza, in questa fase, che sia un quadro
di iperplasia da HIV a meno che non arrivi la notizia della sierologia positiva per HIV e la dimostrazione
che ci sono gli anticorpi per l’HIV.
2)Linfadenopatia cronica → Progressiva distruzione dei linfociti T CD4 con inversione del rapporto
CD4/CD8. Si hanno dei cambiamenti nella morfologia linfonodale: involuzione follicolare (follicoli
atrofici e ipocellulari), aumento delle plasmacellule e area interfollicolare espansa.
3)Fase di immunodeficienza → franca riduzione dei CD4, aumento dei vasi linfonodali e sostituzione
fibrotica (lisi follicolare e collagenizzazione). Libero spazio alle infezioni opportunistiche (linfadeniti) e
neoplasie correlate ad HIV.
In casi di linfadenopatie multiple ed in presenza di iperplasia follicolare che non depone per nulla in
particolare è bene fare uno screening sierologico per HIV, anche perche ormai HIV non è esclusivo di quelle
nicchie a rischio che erano 30 anni fa.
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PATTERN SINUSALE
I seni appaiono dilatati e ripieni di istiociti/macrofagi e alcune plasmacellule. I follicoli sono normali, questa
volta è la midollare che si espande. Può essere dato da:
Istiocitosi sinusale (condizione comune nei linfonodi che drenano neoplasie ma in assenza di
metastasi)
Malattia di Rosai-Dorfman (Linfadenopatia massiva con istiocitosi sinusale)
Alterazione post-linfoangiografica
Malattia di Whipple
MALATTIA DI ROSAI-DORFMAN
Colpisce giovani adulti e maschi, gli istiociti si accumulano in diversi distretti extranodali (orbita, vie
respiratorie superiori, meningi, tratto GI) e nodali (multidistrettuale) con quadri clinici a prognosi molto
differente (dall’assenza di sintomi alla clinica blanda alla sintomatologia importante).
Una tipicità è l’ipergammaglobulinemia policlonale ma la caratteristica tipica, morfologicamente, è la
presenza di linfonodi grandi con seni dilatati, grosse cellule istiocitarie S100+ e CD1-.
Il linfonodo appare come una massa multinodulare attraversato da bande fibrose poichè c’è un ispessimento
di capsula con fibrosi pericapsulare e plasmacellule infiltrate. Gli istiociti presentano il processo
dell’emperipolesi, cioe la presenza di una cellula intatta (in questo caso linfocita) all’interno del citoplasma
di un’altra cellulaμ è un processo passivo, in contrapposizione con la fagocitosi, processo attivo, in cui il
macrofago è stimolato all’inglobamento di un’altra cellula.
L’emperipolesi lo troviamo anche nei megacariociti contenenti neutrofili segmentati e nelle epatiti
autoimmuni (processo tipico delle infiammazioni croniche).
MALATTIA DI WHIPPLE
Rara malattia infettiva sostenuta dal Tropheryma Whipplei che porta a malassorbimento, ma può colpire
diversi distretti tra cui cuore, encefalo, polmoni, pelle, articolazioni. Alla biopsia duodenale si troverànno
macrofagi PAS-positivi nella lamina propria contenenti bacilli Gram+ acido-alcol resistenti. Si trovano anche
granulomi non necrotizzati.
La malattia di Whipple determina un malassorbimento per compromissione dei vasi linfatici. Colpisce i
linfonodi addominali, si presenta con seni dilatati e vacuoli lipidici.
PATTERN DIFFUSO
Architettura linfonodale appare diffusamente distorta (per questo è un quadro abbastanza difficile per un
patologo), per proliferazione diffusa di piccoli linfociti e pochi immunoblasti. In questo caso la paracorticale
(zona T) prende il sopravvento. Tutto quello che muove l’immunita T espande la paracorticale e da pattern
diffuso. Data da:
Iperplasia a cellule monocitoidi (si associa a T. gondii e a linfadenopatia da HIV)
Infezioni virali (EBV, CMV, HHV, VZV, morbillo)
Terapia anticonvulsivante
Linfoadenite post-vaccinica
La diagnosi differenziale con i linfomi comincia a diventare difficile per via della sovrapposizione dei
patterns.
In questo caso si deve prima escludere che ci sia un’infezione in atto, solamente dopo si procede a togliere il
linfonodo.
EPSTEIN-BARR VIRUS
Nei paesi in via di sviluppo porta all’evoluzione in Burkitt o nel linfoma di Hodgkin, mentre nei paesi
sviluppati determina la mononucleosi infettiva. La mononucleosi infettiva è una malattia acuta
autolimitantesi, colpisce adolescenti (malattia del bacio) e giovani adulti, infatti, la trasmissione è
orofaringea (incubazione 30- 40giorni). Si presenta con: faringite, febbre, epatosplenomegalia e
linfadenopatia, all’emocromo linfomonocitosi e, nel linfonodo, ci sono cellule linfocitarie atipiche
(immunoblasti bystander, cellule B infettate dal virus).
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Il virus entra a livello dell’epitelio orofaringeo e infetta i linfociti B cosi da stimolare una risposta citotossica
importante (iperplasia della paracorticale linfonodale)
Istologia → Struttura linfonodale distorta ma non sovvertita, iperplasia diffusa con cellule RSC-like (molto
grandi, aspetto mirror). Pattern tarlato dei centri germinativi e proliferazione vascolare. I linfociti sono “wait
standers”, ovvero, ospitano il virus ma non partecipano.
Diagnosi differenziale con LH → La biopsia linfonodale in corso di mononucleosi non fa altro che
complicare la diagnosi, mai farla. Il problema di diagnosi differenziale col linfoma nasce per due motivi:
1. c’è una crescita diffusa
2. perché il virus colonizza le cellule B che assumono una morfologia attivata (immunoblastica) con
grosso nucleo e grosse dimensioni.
Queste cellule esprimono CD30 ed entrano in diagnosi differenziale con cellule di Reed-Sternberg tipiche
del L. di Hodgkin. Nell’Hodgkin spesso c’è la positività all’EBV, inoltre l’Hodgkin è una patologia dei
giovani. Quindi, se si toglie un linfonodo in corso di mononucleosi infettiva viene molto difficile
differenziarlo da un linfonodo in corso di Hodgkin, quindi si rischia di prendere fischi per fiaschi e dare per
neoplasia ciò che in realtà è infettivo
La diagnosi si fa grazie alla presenza delle IgM che indicano infezione in atto ma, nel momento in cui viene
mandato il linfonodo al patologo, la diagnosi si fa dimostrando la presenza di LMP1 (latent membran
protein) o EBER (Epstein–Barr virus encoded small RNAs) nelle grandi cellule B.
PATTERN MISTO
Stimolazione che coinvolge follicoli, paracorticale e seni. Alcune di queste patologie sono facilmente
riconoscibili all’istologia, ma abbiamo bisogno sempre del dato di laboratorio sierologico per far diagnosi.
Da quanto detto si evince che il pattern misto è una combinazione di pattern follicolare, pattern sinusale e
pattern diffuso. Dato da:
Toxoplasmosi
Malattia da graffio del gatto
Linfadenopatia dermopatica
Tubercolosi
Sarcoidosi
Linfadenite necrotizzante di Kikuchi-Fujimoto
Con il pattern misto ci si avvicina ad un quadro di linfadenite, quindi a un quadro di infiammazione propria
del linfonodo. Finora sono stati trattati quadri di iperplasia e quindi di dilatazione del linfonodo, ora parliamo
di quadri flogistici.
TOXOPLASMOSI
Decorso subclinico, non è rara (frequenza del riscontro di anticorpi anti-toxoplasma nella popolazione si
aggira tra il 50 e il λ0%). L’infezione avviene tramite ingestione di carne contaminata, anche in questo caso
può essere collegata al gatto (porta le cisti del parassita nell’intestino). Le uniche forme di contagio
interumano sono quella materno-fetale (idrocefalo a sole nascente), dei trapianti o molto raramente
trasfusioni.
I trofozoiti vengono liberati nell’organismo e diffondono per via ematica e linfatica e in seguito stimolano la
fagocitosi.
Dato il coinvolgimento dei macrofagi la linfadenite sara con granulomi e, la linfadenopatia relativa, puo
essere transitoria o persistente. I linfonodi colpiti maggiormente sono linfonodi cervicali, nucali e
sovraclaveari (distretto superiore).
Morfologia → Ci sono cellule B monocitoidi nei seni. I centri germinativi sono attivatissimi, c’è un
alto tasso mitotico ed apoptotico. L’architettura linfonodale è intatta con marcata iperplasia follicolare.
Di conseguenza ci sono corpi apoptotici e vengono reclutati macrofagi per fagocitarli. Si formano cellule
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giganti (epitelioidi) per l’ingrandimento dei macrofagi e si ritrovano bastoncelli dentro gli istiociti.
Piccoli aggregati interfollicolari di istiociti epitelioidi (<20 cellule). Non ci sono generalmente cellule
giganti multinucleate. Nei centri germinativi arrivano queste grandi cellule (cellule epitelioidi) che, nel
contesto del blu dei linfociti, danno il famoso aspetto “starry sky, aspetto che si trova anche nel linfoma
di Burkitt. Nel linfoma di Burkitt troviamo un indice proliferativo mitotico ed apoptotico altissimo
(100%) quindi si ritrova lo stesso meccanismo ma in una patologia diversa.
Il dato diagnostico importante è il ritrovamento dei microgranulomi (piccoli aggregati interfollicolari di
istiociti epitelioidi).
La linfadenite si chiama toxoplasmica se si vuole etichettarla etiologicamente e, microgranulomatosa, se la si
vuole definire dal punto di vista morfologico.
Nella toxoplasmosi la conferma della diagnosi è sierologica e la diagnosi differenziale si pone con fase
florida dell’HIV (dove sono assenti le cellule epitelioidi) e con la Leishmaniosi (non ci sono i bastoncelli
intraistiocitari).
LINFOADENOPATIA DERMOPATICA
Quadro diffuso che si associa spesso a patologia cutanea (micosi fungoide). È caratterizzata da espansione
nodulare della paracorticale per presenza di grandi cellule a citoplasma chiaro (istiociti con pigmenti, cellule
di Langerhans, cellule interdigitate dendritiche), eosinofili e plasmacellule.
Il segno clinico è la linfoadenomegalia e l’elemento di diagnosi di certezza è la presenza di cellule
pigmentate.
La prima cosa da escludere sono le metastasi da melanoma e si possono escludere sulla base del fatto che si
tratta di istiociti e non melanociti.
La linfadenopatia dermopatica può essere una lesione isolata, reattiva, senza patologia associata, oppure, puo
essere il segno rivelatore di una lesione come una micosi fungoide anche in stato precoce, poiche vengono
interessati quei linfonodi che drenano il distretto colpito dal disordine linfoproliferativo.
LINFOADENITI GRANULOMATOSE
Si tratta di patologie che mettono in moto un’immunita cellulo-mediata e la cellula protagonista è il
monocitomacrofago.
La flogosi cronica granulomatosa è il prototipo della flogosi da corpo estraneo. Nella tubercolosi, ad esempio,
c’è una fase primaria essudativa e una fase post primaria produttiva. Una volta che l’organismo ha
memorizzato mette in moto tutta l’immunita cellulo mediata e si ha la formazione del granuloma. Vale per
tutte le forme di flogosi granulomatosa.
Sarcoidosi → granulomi incassati non caseificanti (granulomi epitelioidi). La sarcoidosi è una malattia
sistemica. Si vede il linfonodo totalmente occupato da formazioni nodulari rosee, con alcune cellule
giganti, c’è qualche focolaio di necrosi fibrinoide. Si fa diagnosi di linfadenite granulomatosa non
necrotizzante maggiormente compatibile con sarcoidosi (è chiaro che la diagnosi deve essere completata dal
quadro clinico).
La diagnosi di sarcoidosi è di esclusione e la diagnosi differenziale si fa con linfonodi nei soggetti con il
morbo di Crohn. ci possono essere i Corpi Concoid, Corpi Asteroidi e Corpi di Schaumann, ma non è
comune trovarli.
I corpi di Schaumann sono ammassi tondeggianti composti da calcio e proteine disposti in lamelle
concentriche, osservate nelle cellule giganti dei granulomi in condizioni come sarcoidosi e berilliosi.
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Cat Scratch Disease → linfadenite granulomatosa ascessualizzata (granulociti neutrofili ascessualizzati).
Sostenuta da Bartonella haensela e B. quintana. Per quanto riguarda le linfadeniti granulomatose ascessuali,
sono linfadeniti su base infettiva (ad esempio da Clamydia, da Bartonella).
Più note sono le linfadeniti da graffio del gatto ma anche da spina di rosa. La linfadenite granulomatosa
ascessuale si puo trovare anche nel linfogranuloma venereo che si trasmette per via sessuale.
Nella linfadenite mesenterica l’agente protagonista è la Yersinia (la linfadenite mesenterica si presenta
con forti dolori e puo simulare un’appendicite acuta).
In queste linfadeniti ci sono granulomi con raccolte ascessuali all’interno, aree di necrosi con aggregati
neutrofili. Il linfonodo aumenta di volume e per questo a volte desta preoccupazione, viene tolto ed
esaminato.
Linfadenite necrotizzante di Kikuchi → è frequente nei paesi orientali e colpisce soprattutto il sesso
femminile. Si può associare a forme fruste di LES (cioè che clinicamente sono poco evidenti).
Interessa soprattutto i linfonodi cervicali, si presenta asintomatica o con febbricola, rash cutanei, faringite.
È caratterizzata dalla presenza di un’area di necrosi nelle aree corticali e paracorticali dei linfonodi. Sono
presenti immunoblasti, istiociti, monociti plasmacitoidi. Si tratta di una linfadenite benigna, ad eziologia
sconosciuta, caratterizzata da focolai di necrosi ben circoscritti, in sede paracorticale (apoptosi mediata da
linfociti citotossici).
La necrosi appare delimitata da aree a composizione cellulare eterogenea (linfociti T citotossici, linfociti B
monocitoidi, cellule monocitomacrofagiche) con fenomeni di carioressi e cariolisi.
L’assenza di granulociti neutrofili e di plasmacellule è un utile elemento diagnostico.
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PANNELLO ANTICORPALE USATO NELLA DIAGNOSTICA
LINFONODALE
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