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Neurologia - Prof.ssa C.

Camarda 19-10-2016

LIQUOR CEFALORACHIDIANO
Il liquido cerebrospinale, o cefalorachidiano, o più brevemente LIQUOR, è un secreto plasmatico
prodotto dai plessi corioidei dei ventricoli cerebrali, che diffonde dalle cavità ventricolari agli
spazi subaracnoidei encefalici e spinali ed è riassorbito in massima parte dal seno longitudinale
superiore. Il liquor contiene Proteine, l’Albumina, il Glucosio, il Lattato e le IgG. Questo è utile
conoscerlo per la natura di alcune patologie.

FUNZIONE
Il liquor ha una funzione nutritiva per le cellule nervose, è deputato ad ammortizzare il tessuto
nervoso centrale “morbido” nei confronti dell’osso e funge da cuscinetto prevenendo la
comparsa di ematomi ed emorragie che si possono verificare durante i movimenti se si forma una
forza d’urto. Gli ematomi nel tessuto nervoso centrale sono più gravi di quelli che si possono
verificare in un arto, ad esempio, poiché il neurone è una cellula perenne e quindi, non andando
incontro a replicazione e sostituzione, in caso di emorragia, subisce un danno irreversibile. Il
metabolismo del liquor si basa sul glucosio e sull’ossigeno e scambia sostanze con la BEE.

ESAME LIQUOR: RACHICENTESI


La Rachicentesi è un importante mezzo diagnostico di laboratorio utilizzato per misurare la
pressione del liquor e raccoglierne un campione sufficiente per l’analisi citochimica; è utile,
inoltre, per introdurre nello spazio subaracnoideo spinale farmaci o mezzi neuroradiologici di
contrasto.

la puntura viene effettuata nell’interspazio tra le apofisi spinose L3-L4 ma in caso di difficoltà
(grave osteoartrosi con deformità della colonna) si prestano altrettanto bene gli interspazi L4-L5
o L2-L3 ma non più rostrali o cervicali poiché aumenta il rischio di lesioni midollari accidentali.
E’ un esame invasivo e doloroso che presenta poche, ma importanti, controindicazioni come
l’IPERTENSIONE INTRACRANICA dovuta ad una massa occupante spazio emisferico o una
localizzazione tumorale in fossa cranica posteriore poiché la rapida sottrazione di liquor può
causare ERNIE CEREBRALI. Fisiologicamente la pressione intracranica si mantiene costante ma in
caso di alterazione comporta una sintomatologia neurologica. L’ipertensione liquorale di per se
non costituisce controindicazione assoluta, infatti, vi sono casi in cui la sottrazione di liquor,
riducendo la pressione, offre un transitorio beneficio (ad esempio nelle meningiti o nelle
emorragie etc.). Altre controindicazioni potrebbero essere la presenza di lesioni o infezioni
cutanee della zona lombare, per una possibile trasmissione di agenti batterici o micotici, oppure
gravi spondiloartrosi lombari o pazienti con patologie della coagulazione o che assumono
anticoagulanti.

Per una corretta esecuzione dell’esame è importante che il paziente sia a digiuno da almeno 6h
e che assuma una corretta posizione, infatti, deve essere posto sulla sponda di un letto rigido in
decubito laterale destro, con il dorso perpendicolare al piano del letto ed in posizione
genupettorale per aumentare al massimo la distanza interapofisaria. Un’altra posizione per
eseguire la Rachicentesi è quella di far sedere il paziente sulla sponda del letto e fargli
abbracciare un cuscino facendo estendere il più possibile la schiena.
L’ago è lungo per poter superare lo strato adiposo e le vertebre e viene inserito con una certa

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inclinazione dal basso verso l’alto. Il campo operatorio deve essere sterile per prevenire
infezioni.

PARAMETRI DA VALUTARE
Vi sono determinate caratteristiche valutabili in estemporanea durante la Rachicentesi e altre
da valutare in laboratorio:

-PRESSIONE: deve essere determinata prima e dopo l’estrazione di liquor, mediante manometri
monouso inseriti perpendicolarmente sull’ago tramite raccordi a tre vie. La pressione normale
misurata a livello lombare ed in decubito laterale supino è compresa nell’adulto tra i 60 e i
200mm di H2O, nel bambino tra i 41 e 102mm di H2O.

-ASPETTO: è limpido e incolore e viene definito per questo anche “acqua di roccia”. Qualsiasi
alterazione è indice di patologia. Si modifica proporzionalmente all’aumento delle cellule
liquorali, o pleiocitosi; una lieve opalescenza è riscontrabile nelle meningiti linfocitarie e nella
meningite tubercolare con tipico aspetto “smerigliato” o altrimenti si può avere un aspetto
torbido o purulento nelle meningiti da piogeni.

-COLORE: le modificazioni patologiche del colore possono dipendere da una contaminazione da


parte di eritrociti o pigmenti ematici o da parte di leucociti e costituenti batterici. In caso di
liquor rosso, e quindi con eritrociti, si può sospettare un’emorragia subaracnoidea o può essere
un fenomeno accidentale causato dalla puntura di un vaso intratecale durante l’inserimento
dell’ago da rachicentesi. In quest’ultimo caso le prime provette saranno più rosse rispetto alle
ultime.
Nel liquor abbiamo un aspetto xantocromico quando ritroviamo i prodotti dell’emoglobina
(ossiemoglobina e bilirubina) e quindi quando la permanenza del sangue nel liquor è prolungata
e permette una lisi degli eritrociti e la formazione di metaboliti pigmentati dell’Hb di colore
giallo-brunastro. Questa situazione si verifica in caso di emorragia subaracnoidea e
cerebromeningea. Gli eritrociti scompaiono dal liquor nel giro di 3-7 gg mentre la xantocromia
inizia a manifestarsi già alcune ore dopo l’emorragia per raggiungere il massimo dopo una
settimana e scomparire in 2-4 settimane.
Nel liquor purulento abbiamo una intensa torbidità con colore grigio o giallo-verdastro ed è
rapportabile all’elevato numero di leucociti, batteri e pigmenti da essi prodotti che
caratterizzano la fase acuta delle meningiti purulente.

-COMPONENTE CELLULARE: si tratta di monociti (30-40%) e linfociti (60-70%) che attraversano le


cellule endoteliali del capillare cerebrale, attraverso migrazione transcellulare di leucociti, in
vacuoli giganti dal versante luminale a quello abluminale della cellula endoteliale. In caso di
aumento dei linfociti (pleiocitosi) si sospetta quasi sempre una irritazione; possiamo anche
trovare la presenza di cellule tumorali, soprattutto nelle metastasi cerebromeningee e,
comunque, solo se la neoplasia si trova in prossimità degli spazi liquorali.

-PROTEINE: normalmente la concentrazione è tra 20-50mg, derivano prevalentemente dal


plasma ma alcune sono di sintesi intratecale; alterazioni di questi valori sono indice di patologie.
Si parla di IPERPROTEINORACCHIA quando si ha un aumento ed esprime l’esistenza di un danno
anatomico o funzionale delle strutture di barriera. L’iperproteinoracchia lieve o moderata (50-
100mg) si può osservare nelle lesioni cerebrovascolari, in alcuni tumori encefalici, nelle
meningiti linfocitarie, nelle encefaliti, in alcune neuropatie periferiche (diabetica, uremica) e
nella sclerosi multipla. L’iperproteinoracchia grave (100-3600mg) si osserva nelle meningiti

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purulente e tubercolari o nei tumori midollari. In alcune patologie neurodegenerative è possibile
analizzare il dosaggio delle proteine.
Si parla di IPERGLOBULINORACCHIA con l’aumento delle IgG (v.n 1.5mg) in seguito ad una
risposta immunitaria di tipo intratecale nel SNC. Possiamo anche dosare le IgA o le IgM, ad
esempio, nella Sclerosi Multipla. L’interpretazione di una iperglobulinoracchia richiede la
disponibilità di parametri aggiuntivi , quali concentrazione delle immunoglobuline plasmatiche e
stato della BEE. Quest’ultimo è espresso dal rapporto Albumina Liquor/Albumina Siero (Albumin
Ratio). L’Albumina è sintetizzata solo nel fegato, per cui tutta quella liquorale è di origine
ematica. L’innalzamento dei livelli di Albumin Ratio può quindi dipendere soltanto da un danno
della BEE.
Bisogna ricorrere anche alla determinazione dell’Indice di Link (Indice di IgG liquorale) dato dal
rapporto Albumina Liquor/ Albumina del Siero (IgG Liquor/IgG Siero), v.n. non devono superare
0.69 altrimenti si avrà sintesi intratecale di immunoglobuline.

-GLUCOSIO: proviene solo dal sangue e la sua concentrazione dipende da quella plasmatica e dal
metabolismo glucidico del tessuto nervoso. Nei soggetti normoglicemici la glicorrachia varia da
45 a 80 mg; il rapporto glicorrachia/glicemia è normalmente compreso tra 0.6-0.7 e risulta più
importante della glicorrachia assoluta per lo scopo clinico poiché l’iperglicemia, entro certi
limiti, comporta un aumento della glicorrachia. Questo è il motivo per cui è necessario
effettuare la Rachicentesi con pz a digiuno da almeno 6h. Abbiamo una situazione di
Ipoglicorracchia in presenza di un danno di BEE diffuso e grave come nelle meningiti batteriche,
fungine o più raramente virali e nella sarcoidosi meningea poiché i microrganismi consumano i
livelli di glucosio del liquor.

INFEZIONI DEL SNC


Le infezioni a livello del SNC possono essere di varia natura e di diversa localizzazione:

-Meningite: processo infiammatorio con interessamento delle leptomeningi

-Encefalite: processo infiammatorio con interessamento del parenchima cerebrale

-Meningoencefalite: processo infiammatorio con interessamento delle leptomeningi e del


parenchima cerebrale

-Encefalomielite: infezione del parenchima cerebrale e del midollo spinale

-Ascesso cerebrale: infezione localizzata all’interno del tessuto nervoso

Abbiamo tre meningi: la Dura Madre, la Pia Madre e


l’Aracnoide che vanno a delimitare lo spazio
subaracnoideo dove è presente il Liquor.

MENINGITE
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Una prima classificazione viene fatta a partire dagli agenti eziologici responsabili dell’infezione
che può essere batterica, virale, micotica, protozoaria, da elminti. Distinguiamo inoltre, in base
ad criteri temporali, una infezione acuta da quella subacuta o cronica. Ultimamente si è ricorsi
alla vaccinazione , per i giovani, per scongiurare la Meningite Fulminante poiché vi sono stati
casi in Sicilia; la prevalenza della malattia non è, però, cambiata ma c’è un’eccessiva
strumentalizzazione degli accadimenti.

Il microrganismo per poter entrare all’interno del tessuto nervoso utilizza 4 differenti vie di
penetrazione: penetrazione diretta dall’esterno (trauma, intervento chirurgico..), contiguità da
focolai infettivi vicini (otiti), disseminazione ematogena (polmoniti, batteriemia), via linfatica
perivenosa. I soggetti più colpiti sono gli anziani e gli immunocompromessi.

Quando parliamo di meningiti non dobbiamo solo considerare la semeiotica neurologica ma


anche le complicanze della patologia poiché l’essudato si deposita nello spazio subaracnoideo e
provoca una riduzione del calibro dei vasi arteriosi determinando, in alcuni casi, ischemia e
trombosi venose e arteriose. Bisogna anche valutare la formazione di edema interstiziale con
successivo aumento della pressione intracranica. In caso di sospetta meningite è importante
fare un E.O. generale e non solo neurologico perché possiamo, ad esempio, trovarci difronte ad
una meningite secondaria a varicella o polmonite.
I microrganismi che più frequentemente danno una meningite sono lo Staphylococcus aureus (47-
52%), i Bacilli enterici Gram negativi (16-38%), gli Stafilococchi coagulasi-negativi e gli
Streptococchi. Negli adulti (18-50aa) i microrganismi più presenti sono N. meningitidis e
S.pneumoniae, dopo i 50aa L.monocytogenes e S.pneumoniae.

MENINGITE BATTERICA
Costituisce la più frequente infezione a carico del SNC. L’infezione dello spazio subaracnoideo
provoca un’infiammazione del LCR, irritazione meningea e la classica triade di cefalea
ingravescente, febbre come sintomo di infezione e meningismo. Anche quando venga trattata
con una terapia antibiotica efficace la malattia può essere fatale per il 5-30% dei pz e causa
sequele neurologiche in più del 30% dei sopravvissuti.

Nella meningite da S.Pneumoniae abbiamo un tasso di incidenza per milione di abitanti di 5.1,
un’età media di insorgenza di 43aa con una letalità del 12% (2001).
La Meningite pneumococcica in genere consegue a diffusione da focolai di otite, mastoidite,
sinusite o a fratture craniche inapparenti (etmoide o temporale) anche a distanza di parecchi
anni dall’evento traumatico. Ha una diffusione ematogena da altre localizzazioni come ad
esempio nella polmonite o nell’endocardite e ci sono una serie di condizioni predisponenti come
il Mieloma multiplo. La Meningite da Haemophilus Influenzae ha un’incidenza in diminuzione
poiché si ricorre più spesso alla vaccinazione per soggetti a rischio ed è indicata per giovani,
anziani e operatori sanitari; nella stragrande maggioranza dei casi è provocata dal tipo B.
In generale la clinica delle Meningiti Batteriche si presenta con sintomatologia comune: cefalea,
febbre alta, rigor nucalis, alterazioni dello stato di coscienza e in alcuni casi crisi epilettiche. La
valutazione del rigor nucalis viene fatta spronando il pz a flettere ed estendere la nuca e si
noterà una notevole rigidità nel movimento.

La Meningite da ENTEROVIRUS ha un andamento stagionale (estate-inizio autunno) e si presenta


con sintomi non specifici come la febbre (38-40°C), malessere, cefalea della durata di 3-5gg, in
50% dei casi nausea e vomito, assenza di segni di meningismo nel 33% dei casi.

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SINTOMI: Cefalea, Fotofobia, Allucinazioni, Rachialgie, Vomito a getto e improvviso (succhi
gastrici)

SEGNI: Febbre, Meningismo, posizione a “cane di fucile”, Alterazione stato-mentale, paralisi


nervi cranici, Papilledema, Convulsioni e deficit neurologici focali ( per depositi a livello vasale).

DIAGNOSI: RACHICENTESI
Qualora ci fosse un sospetto di meningite si effettua la rachicentesi. Il liquor, in caso di
meningite batterica potrà essere “torbido” (a seconda del batterio), si potrà avere una
ipertensione liquorale (200-500 mmH2O), Pleiocitosi (100-100.000/mm3), Iperproteinoracchia
(per processo essudativo), Ipoglicorracchia (il batterio consuma glucosio). In caso di meningite
virale il liquor sarà limpido, la pressione aumentata con iperproteinoracchia, Pleiocitosi e una
modica Ipoglicorracchia.

Per un paziente affetto da meningite dobbiamo seguire diversi esami:

- Esame fisico, con particolare attenzione ai segni di irritazione meningea, segni


neurologici focali ed alle manifestazioni emorragiche

- Esame del fondo oculare, per eventuale edema della pupilla (probabile ma non
indispensabile in totale assenza di segni focali)

- Emocolture

- VES

- PCR

- Esame emocromocitometrico con piastrine e conta assoluta e differenziale del GB

- Funzione coagulativa

- Glicemia

- Proteinemia ed elettroforesi delle proteine

- Esami di funzionalità epatica e renale

- Ionogramma

- Emogasanalisi (per via di contaminazione ematica)

- Puntura lombare per:

 Esame fisico-chimico e microscopico del liquor

 Elettroforesi delle proteine liquorali

 Ricerca dell’agente eziologico

 Liquor coltura

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Per la diagnosi di Meningite utilizziamo anche la TC e la RMN che
mi fanno vedere un’iperintensità a livello meningeo. Se un
individuo è a rischio per ipertensione intracranica, che si
riscontra nel 45% di tutti i casi negli adulti, l'esecuzione di una TC
o di una RMN è raccomandata prima della puntura lombare. Se si
rileva la necessità di eseguire una TC o una RM prima della
puntura lombare o se quest'ultima si dimostra di difficile
esecuzione, le linee guida suggeriscono la somministrazione
precoce di antibiotici per evitare ritardi nel trattamento.  Spesso
la TC o la RM vengono eseguite in una fase successiva per valutare
le complicazioni della meningite.

ESAME OBIETTIVO NEUROLOGICO

In caso di Meningite si basa sulla ricerca dei segni, come precedentemente scritto, della rigidità
nucale e dei segni focali ma anche del Segno di Brudzinski di tipo 1: il pz si deve stendere
supino, si flette con una mano la nuca del pz mentre con l’altra, poggiata sul petto, si impedisce
l’alzarsi del torso (il movimento risultante è come se il pz dovesse guardarsi i genitali). Questo
movimento causa lo stiramento delle meningi. Se il pz reagirà cercando di flettere le ginocchia
e/o le anche, il segno si dirà positivo; se ciò non avviene sarà negativo.

Da valutare sarà anche il Segno di Brundzinski di tipo 2: il


pz si deve stendere supino, si effettua una flessione
passiva di uno degli arti inferiori. Se tale flessione
provoca un riflesso analogo nell’altro arto allora il segno
è da considerarsi positivo.

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In E.O.N. andiamo ad analizzare anche il Segno di Kernig che consiste nell’impossibilità di
flettere gli arti inferiori sul tronco senza che, a questo movimento, si associ una contemporanea
flessione delle gambe.

Nel Segno di Binda, meno importante per la pratica clinica, riscontreremo ipertonia e
contrattura muscolare, è costituito dal sollevamento della spalla dal lato opposto a quello in cui
si ruota il capo.

ASCESSO CEREBRALE
Consiste in un processo suppurativo focale del parenchima cerebrale, può presentarsi con
modalità atipiche, tanto da rappresentare una diagnosi difficile e con questo un efficace
intervento terapeutico che diminuisce rapidamente quanto più tardiva è la diagnosi.

L’incidenza è intorno ai 4-5 casi per milione con una frequenza circa doppia nei maschi rispetto
alle femmine; l’età di incidenza massima è 30-40 aa anche se varia in rapporto all’eziologia del
processo responsabile.

La formazione di un ascesso cerebrale presuppone la localizzazione, nel parenchima cerebrale,


di batteri o più raramente di altri agenti infettivi.

I batteri possono raggiungere il parenchima cerebrale:

-attraverso il torrente ematico

-per contiguità da un focolaio infettivo limitrofo

-per impianto diretto a seguito di un trauma o di un intervento neurochirurgico

In circa il 15-20% dei casi non si riesce ad identificare la fonte infettiva.

Esiste una correlazione tra la condizione predisponente e la localizzazione dell’ascesso, ad


esempio, un’otite media porterà un ascesso nel lobo temporale o in un emisfero cerebellare e
generalmente è dovuta ad una infezione da Streptococco; una sinusite fronto-etmoidale porterà
un ascesso nel lobo fontale sempre da infezione streptococcica.

Le cause più frequenti di ascesso cerebrale sono le Infezioni da Staphylococcus aureus,


Streptococcus pneumoniae e solo una piccola percentuale di Miceti e Protozoi.

CLINICA
Circa nella metà dei casi si presenta con la triade classica costituita da Cefalea, febbre e deficit
neurologici focali in rapida progressione con alterazione della funzione motoria. La Cefalea è il
sintomo più frequente (75% dei casi) e può essere diffusa o localizzata; la Febbre è presente

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circa nella metà dei casi. Frequentemente si manifestano le crisi epilettiche, (più generalizzate,
con clone in tutti gli arti, che parziali), perché l’ascesso è una “nuova struttura” che si viene a
creare e quindi si può omologare ad una massa che, occupando spazio, porta a compressione e
alterazione nella conduzione elettrica tra neuroni. Nella clinica possiamo riscontrare anche
un’ipertensione endocranica con possibilità, anche, di ernie cerebrali che ci portano in diagnosi
differenziale con la meningite.

DIAGNOSI
TC: il quadro TC varia a seconda della fase della malattia.

-STADIO PRECOCE I: aria ipodensa, eventualmente circondata da edema, che inizialmente


non assume contrasto

-STADIO II: la lesione inizia ad assumere contrasto in modo irregolare

- STADIO III: formazione capsula, caratteristica immagine ad anello, di solito già visibile senza
m.d.c.

La TC cerebrale può dimostrare anche l’eventuale molteplicità delle lesioni, la presenza di un


idrocefalo o di un effetto massa.

ENCEFALITI
Le encefaliti sono caratterizzate da un processo infiammatorio a carico del tessuto cerebrale;
come tutti i processi infiammatori possono essere di varia natura: batterica, virale o
parassitaria. Vi sono alcune forme in cui non è presente il microrganismo ma si ha un innesco a
partire da un processo immunitario. Quando vi sono associati processi infiammatori a carico
del midollo spinale (mieliti), si parla di encefalomielite; quando il processo infiammatorio
coinvolge anche le meningi, si parla di meningoencefalite o meningoencefalomielite.
Possono essere classificate in rapporto a numerosi parametri:
-agente eziologico
-meccanismo patogenetico
–decorso (Acuta, subacuta, cronica)
–caratteristiche epidemiologiche
–localizzazione
-quadro neuropatologico

Vi sono dei fattori eziologici e sociali che possono influenzare l’evoluzione e la diffusione degli
agenti patogeni come alcuni fenomeni di costume (promiscuità negli adulti, contatti
extrafamiliari, modificazioni ambientali) o interventi medici (trasfusioni, terapie
immunosoppressive, trapianti d’organo).

Possiamo distinguere due forme principali di Encefalite: Primaria (o Diretta, causa batterica,
virale o parassitaria) e Secondaria (post-infettiva o post-vaccinica).

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PATOGENESI DELLE ENCEFALITI PRIMARIE
L’invasione diretta dell’encefalo da parte dell’agente infettivo può avvenire attraverso tre vie
fondamentali:
-via ematogena
-via neurale
–per contiguità

Tutte le infezioni virali naturali del sistema nervoso iniziano, quindi, con una crescita locale del
virus in un tessuto non neurale.

PATOGENESI DELLE ENCEFALITI SECONDARIE


La risposta anticorpale contro antigeni virali può comportare una reazione crociata contro
alcune strutture del SNC, ed una conseguente aggressione autoimmunitaria che coinvolge
soprattutto la mielina o le cellule che la producono, e quindi la sostanza bianca dell’encefalo.
Questo processo si verifica nelle forme post-infettive, post-esantematiche, post-vacciniche,
tutte caratterizzate da una sostanziale unitarietà del quadro clinico e neuropatologico, che
comporta una malattia demielinizzante monofasica, classicamente denominata ENCEFALITE
GLIOPERIVENOSA. Il decorso clinico tipico appare quando la malattia di base ormai è in fase di
remissione e per questo risulta difficile porre diagnosi precocemente rispetto, ad esempio, alle
meningiti che presentano una clinica neurologica e di imaging peculiare.

ENCEFALITI ACUTE
Nelle encefaliti acute e subacute abbiamo la presentazione clinica con sintomi generali di un
processo infiammatorio acuto; la febbre sarà più o meno elevata, presenza di astenia e
malessere diffuso, VES aumentata, positività dei parametri infiammatori ed eventuale
leucocitosi. Vi saranno sintomi neurologici di sofferenza cerebrale diffusa con disturbi della
coscienza (confusione mentale, alterazioni della vigilanza) fino ad uno stato di coma di varia
profondità, cisi epilettiche generalizzate e mioclonie. Difronte ad un paziente in stato soporoso
risulta difficile fare una diagnosi immediata tra encefalite ed ictus per queste alterazioni. Sono
da valutare anche manifestazioni cliniche di una eventuale ipertensione endocranica come
cefalea, vomito, papilla da stasi e disturbi vegetativi.
Frequenti, ma non obbligatori, sono i sintomi di sofferenza cerebrale focale e le loro
caratteristiche dipendono dalle aree colpite dal processo morboso, con manifestazioni sia
irritative che deficitarie: i fenomeni irritativi sono rappresentati da crisi epilettiche parziali con
eventuale generalizzazione secondaria e sono frequenti poiché si ha interruzione della
conduzione elettrica tra neuroni; quelli deficitari possono essere motori (emiparesi), atassia,
disturbi cognitivi o deficit dei nervi cranici.

CASO CLINICO

Spesso ci troviamo difronte ad un pz che durante la giornata ha subìto un ictus ed


improvvisamente ha smesso di parlare con emiparesi o che ha avuto una alterazione dello stato
di coscienza e questo è un caso tipico; se mi trovo davanti ad un paziente anziano , ad esempio,
dovrò valutare se soffre di patologie cardiovascolari. Se il sospetto è orientato verso una

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encefalite dovrò valutare se il pz ha avuto nei giorni precedenti segni tipici come la febbre,
indice di processo infettivo.

Un quadro clinico ad insorgenza rapida è costituito da febbre elevata, alterazioni della coscienza
e crisi epilettiche generalizzate, eventualmente in un contesto anamnestico sospetto (viaggio in
paesi esotici, recente malattia esantematica, puntura di insetto) l’ipotesi diagnostica di una
encefalite emerge in modo evidente. Un buon E.O.N. e una corretta anamnesi sono alle basi di
una corretta diagnosi nell’ambito di queste patologie neurologiche.

ENCEFALITI SUBACUTE E CRONICHE


Il quadro clinico è privo dei segni generali di malattia infiammatoria acuta, e risulta
caratterizzato da sintomi di interessamento diffuso o multifocale dell’encefalo, ad evoluzione
più o meno rapidamente ingravescente. L’aspetto fondamentale è in genere rappresentato da un
progressivo deterioramento mentale, accompagnato da crisi epilettiche e da segni di deficit
neurologico. Solo nelle fasi più avanzate si manifestano anche disturbi della coscienza con
evoluzione progressiva.

ESAMI DIAGNOSTICI
Nel sospetto diagnostico di un’ encefalite, le indagini fondamentali sono:

-l’EEG: in corso di encefalite possiamo avere onde con alterazioni aspecifiche e


patognomoniche, nelle encefaliti acute è quasi sempre alterato in modo grossolano a meno che
il processo infiammatorio non sia localizzato a livello sottocorticale come nelle forme
paucisintomatiche. L’EEG ha delle indicazioni ben precise come le encefaliti, epilessie e alcune
forme di demenza come le malattie da prioni;

-l’esame del liquor: viene effettuato per la ricerca di ipertensione intracranica. L’esame del
liquor dimostra alterazioni, anche se una normalità del reperto liquorale non deve ritenersi in
assoluto incompatibile con la diagnosi di encefalite. Viene valutata anche la presenza di una
Pleiocitosi, è utile per l’identificazione di un antigene specifico, di un DNA o RNA virale o di IgM;

-imaging con TC e RMN: possono risultare negative in circa la metà dei casi di encefalite e posso
avere solamente dei segni di edema cerebrale con ipodensità diffusa alla TC con scarsa
rappresentazione degli spazi subaracnoidei e dei ventricoli cerebrali.

TERAPIA
Comprende misure specifiche per l’agente eziologico e misure di carattere generale (Pressione,
FC, pervietà vie aeree, idratazione, glicemia, terapia anticoagulante se pz immobilizzato,
controllo equilibrio acido-base) per combattere le conseguenza della malattia.

Sclerosi laterale amiotrofica


E' una malattia neurodegenerativa che si caratterizza per la paralisi progressiva dei muscoli
secondaria alla degenerazione del primo o del secondo motoneurone. I motoneuroni sono i
neuroni della via piramidale.

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E' stata descritta per la prima volta da Charcot nel 1873. Caratterizzato nella descrizione del
primo caso clinico, da una compromissione bulbare e la presenza di spasticità. La
compromissione bulbare è dovuta al fatto che il fascio cortico bulbare scende fino ai nuclei dei
nervi cranici dove avviene la sinapsi con il secondo motoneurone.

Ho un andamento progressivo perché è una malattia neurodegenerativa, come Parkinson,


Alzheimer e malattia di Creutzfeldt-Jakob (morbo della mucca pazza, malattia
neurodegenerativa a rapida evoluzione), abbiamo quindi la degenerazione del motoneurone. I
meccanismi degenerativi sono svariati, ci sono fattori genetici.

Clinicamente, in maniera grossolana, i sintomi sono:

 deficit piramidale

 atrofia

 presenza di fascicolazioni

Epidemiologia
se in passato di SLA ne identificavamo un solo tipo, oggi ci sono diverse patologie del
motoneurone, molto spesso vent'anni fa quando si parlava di sclerosi laterale amiotrofica o di
patologie del motoneurone erano considerate la stessa malattia. Oggi sappiamo che il capitolo
delle patologie del motoneurone è molto più ampio.

La caratteristica di questa malattia è quella di colpire soggetti giovani a differenza di altre


malattie neurodegenerative come l'Alzheimer che colpisce soggetti in età avanzata, dopo la
settima-ottava decade di vita.

Ha una predilezione per il sesso maschile.

La sopravvivenza non è alta. Ammonta a 36-45 mesi dall'esordio. Soltanto il 25% ha una
sopravvivenza a cinque anni.

La prevalenza è di 6-8 casi per 100.000 abitanti e un'incidenza di 2,5 per 100.000 abitanti.
Considerando che le cefalee hanno una prevalenza del 75% sulla popolazione generale e le
emicranie del 35%, si evince come questa patologia abbia una bassa prevalenza e incidenza. I
tassi di incidenza e prevalenza stanno aumentando perché vengono identificate nuove forme ed
è più facile fare la diagnosi. L'incidenza aumenta con l'aumentare dell'età con un picco tra i 55-
75 anni.

La causa della malattia è ancora sconosciuta.

Eziopatologia
I meccanismi che sono stati chiamati in causa per spiegare l'eziologia di questa malattia sono
molti e diversi tra loro. È possibile che diversi meccanismi interagiscano fra loro e portino alla
malattia. Si parla di danno ossidativo, cito-tossicità, alterazioni mitocondriali, alterazioni dei
neurofilamenti, mutazioni genetiche che spesso hanno una trasmissione autosomica dominante.
In circa il 2% delle forme sporadiche abbiamo una mutazione localizzata al braccio lungo del
cromosoma 21 che codifica per una superossido dismutasi (SOD). Enzima che generalmente

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elimina i radicali liberi dalla cellula. Questo cromosoma ritornerà nelle malattie
neurodegenerative, è un cromosoma particolarmente importante da un punto di vista genetico.

Abbiamo anche un'ipotesi eccito-tossica. Ci sono una serie di neurotrasmettitori come il


glutammato e l'aspartato che possono provocare morte neuronale. L'evidenze scientifiche
dimostrano che il glutammato è presente in concentrazioni maggiori nel sangue e nel liquor di
questi pazienti e contemporaneamente posso avere concentrazioni minori a livello del tessuto
nervoso del SNC. Quindi c'è un alterazione di tipo metabolico.

In alcuni pazienti in uno studio non recente, è stato visto che il 65% dei pazienti presenta
un'alterazione di una proteina che trasporta il glutammato, in particolare a carico del RNA
messaggero.

Abbiamo anche un'ipotesi autoimmune, alcuni pazienti presentano un'associazione con il linfoma
di Hodgkin o non Hodgkin, e nel 10-20% dei casi abbiamo gli anticorpi anti GM1, un ganglioside
che fa parte della membrana neuronale.

Abbiamo pure l'alterazione dei neurofilamenti, vedete come le ipotesi sono ancora diverse, non
sia ha un quadro chiaro della malattia, ci sono studi che dicono che le HSP (heat shock protein)
in particolare la 60 e la 70, sono alterate in questo gruppi di pazienti. Vedete come la ricerca
scientifica non riesce ad amalgamare tutte le informazioni.

I neurofilamenti permettono il trasporto di proteine, sostanze nutritizie, le informazioni, i


neurotrasmettitori dal corpo cellulare fino alla sinapsi. Un'ipotesi dice che questi neurofilamenti
sono alterati.

Anatomia Patologica
Da un punto di vista anatomo patologico sarà presente una degenerazione del fascio cortico
spinale e una perdita delle corna anteriori del midollo, dei motoneuroni e del tronco
dell'encefalo.

A livello troncale i nervi cranici maggiormente colpiti saranno il XII°, il IX°, X° e XI°. Raramente
il V° e il VII°.

Classificazione e sintomi
La classificazione della patologia: abbiamo le forme recessive, dominanti e X legata. In base al
tipo di trasmissione abbiamo una fascia di esordio a maggiore prevalenza , un fenotipo a
maggiore prevalenza e ovviamente avremo il gene mutato. Ad esempio la forma con HSP mutato,
avrà insorgenza in età adulta, fenotipo dominante.

La forma con HSP-B1 in cui abbiamo sempre un esordio in età adulta e in cui il fenotipo
coinvolge prevalentemente gli arti inferiori rispetto agli arti superiori.

Esistono diverse forme cliniche di malattia del motoneurone:

1. forme comune o tipica

2. forma pseudopolineuropatica

3. forma bulbare

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4. paralisi bulbare progressiva, esclusivo interessamento dei soli muscoli bulbari

5. Sclerosi laterale primaria, solo del primo motoneurone

6. l'atrofia muscolare progressiva, solo del secondo motoneurone

Nella SLA generalmente abbiamo l'ipotrofia dei muscoli della lingua che si caratterizza anche per
la presenza di fascicolazioni, si viene a creare la cosiddetta mano ad artiglio, causata
dall'ipotrofia alle mani, ipotrofia agli arti inferiori. Nell'ultima fase della malattia, ipotrofia dei
muscoli respiratori che comporta il ricorso alla ventilazione assistita, PEG (gastrostomia
endoscopica percutanea). Le fascicolazioni si vanno a localizzare anche negli arti superiori e nel
tronco. Riesco ad elicitarli con un colpo di martelletto o con le dita.

l'insorgenza della malattia è insidiosa e progressiva.

Abbiamo una riduzione di forza alle mani (difficoltà a far girare la chiave nella toppa, nel-
l’usare la penna, aprire un vasetto -> semplici azioni quotidiane)

si realizza l'atrofia che poi con l'andare avanti della malattia coinvolge tutti i segmenti corporei.

Il deficit motorio, può esser limitato per un tempo, anche relativamente lungo, ad un arto o ad
un emilato, ed è in genere associato all’ipotrofia ed alle fascicolazioni che talvolta sono rare e
devono essere attentamente ricercate. Specie negli stadi iniziali possono essere frequenti
crampi muscolari, in tutti i distretti coporei, specialmente alle mani.

Da un punto di vista semeiologico all'esame obiettivo neurologico valuto un iperreflessia ai


quattro arti e un ipotrofia muscolare. Un soggetto anziano o diabetico può avere iporeflessia.
Quando vado ad elicitare il riflesso rotuleo o bicipitale avrò dei riflessi scattanti.

Posso riscontrare un andatura pareto-spastica.

Tutti i segni della SLA sono riconducibili all'interessamento della via piramidale.

Posso avere il clono della rotula quando elicito il riflesso. Il clono non è altro che una
contrattura ripetuta.

Posso avere delle turbe vaso motorie i cosiddetti piedi freddi, arti freddi, mani fredde.

Con l'andare avanti della malattia si realizzano anche quelle che sono le turbe vescicali.

Negli ultimi anni la ricerca sulla SLA ha cercato di capire se in questi pazienti si può determinare
un alterazione del quadro cognitivo perché nei lobi frontali di essi risiedono le funzioni
esecutive.

Nei lobi frontali risiedono le funzioni esecutive( pensiero, pianificazione), la memoria ha sede
nell'ippocampo. Una degenerazione dei lobi frontali può portare ad una degenerazione delle
aree della memoria perché nella memoria recente interviene l'attenzione.

Nella sua evoluzione, la malattia interessa gradualmente tutti i gruppi muscolari con la
comparsa di disartria, disfagia perchè sono tutti muscoli motori. Si viene a creare un
insufficienza respiratoria di tipo restrittivo che è spesso la causa di morte del paziente.

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Nella paralisi bulbare progressiva, caratterizzato da un andamento più lento rispetto alla forma
tipica, abbiamo sempre ipotrofia e fascicolazioni perchè parliamo sempre di primo e secondo
motoneurone, i segni cardine sono la difficoltà a pronunciare le parole, la disartria, la difficoltà
alla deglutizione che generalmente coinvolge prima i cibi liquidi e poi i solidi.

In questa forma la voce cambia, abbiamo la disfonia, voce flebile, fino all'afonia nei casi
avanzati.

Nell'andamento tipico della SLA il paziente nelle fasi avanzate di malattia sviluppa un
alterazione del linguaggio, i pazienti arrivano a non parlare più, alcuni usano quando capaci le
tavolette, le lavagnette indicando con le mani le lettere se la motilità volontaria è ancora
integra. Molti sviluppano la disfonia.

Possiamo avere un interessamento del VII nervo cranico con una riduzione della mimia facciale,
dell'espressività facciale.

Nell'atrofia muscolare progressiva abbiamo un debutto giovanile con prevalenza nel sesso
maschile, atrofia degli arti superiori e rispetto la forma tipica riscontriamo un assenza dei
riflessi profondi. In alcuni non abbiamo la presenza di segni piramidali.

Diagnosi

La diagnosi di sclerosi laterale amiotrofica la pongo, in seguito ad esame obiettivo neurologico


per mezzo di un elettromiografia, che mi da informazioni sulla denervazione dei gruppi
muscolari e quindi sulla via motoria, generalmente dobbiamo registrare quattro distretti
muscolari e l'alterazione deve essere presente in almeno due.

I segni di denervazione sono dati da potenziali di unità motoria di ampiezza e durata aumentate.
La velocità di conduzione motoria, la velocità con cui viene condotto un impulso è rallentata in
circa il 10% dei casi.

Possiamo fare una rachicentesi, troviamo un elevato valore di proteine e l'eventuale presenza di
bande oligoclonali che suggeriscono la presenza di altre patologie. Si si ritiene che l'aumento
delle proteine sia dovuto ad un'aumentata permeabilità della barriera ematoencefalica.

Poi facciamo una risonanza magnetica, che generalmente non ci permette di fare diagnosi, sono
veramente rari i casi in cui si vede l'atrofia della via piramidale alla RM.

Fare una diagnosi di SLA, è una diagnosi difficile. È una diagnosi impegnativa per il  paziente,
dobbiamo essere assolutamente sicuri. Ci sono dei criteri assolutamente stretti che bisogna
seguire che ci permettono di fare la diagnosi. Ovviamente abbiamo avere i centri per la SLA,
dove avviamo il paziente in caso di un sospetto diagnostico.

Dobbiamo avere segni interessamento del primo e/o del secondo motoneurone, una buona
ananmesi e in prima istanza dobbiamo escludere tutta una serie di patologie che possono darmi
iperreflessia, disturbi della deglutizione, ipofonia.

Intanto per fare la diagnosi, ricapitolando:

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1. evidenza di segni di degenerazione del II motoneurone (clinici, neurofisiologici, o neuro-
patologici)

2. evidenza clinica di degenerazione del I motoneurone

3. progressione anamnestica od obiettiva dei segni e dei sintomi con diffusione nello stesso
o in altri distretti.

4. Esclusione per mezzo di neuroimaging e di elettromiografia di altre patologie che mi


portino ad una manifestazione clinica simile, capaci di spiegare i segni di compromissione
del I e II motoneurone, sulla base di dati elettrofisiologici o neuropatologici

per porre la diagnosi devo utilizzare i seguenti criteri:

SLA sospetta», quando esistono segni di lesione del motoneurone inferiore in due o più distretti
corporei (e cioè: distretto bulbare, cervicale, toracico, lombosacrale) in casi che non possono
essere inquadrati nelle forme possibili.

«SLA possibile», che comporta segni di compromissione del motoneurone superiore o inferiore in
un solo distretto corporeo o segni di lesione del motoneurone superiore sono presenti solamente
in due o più regioni.

«SLA probabile», divisa in due sottogruppi, quello in cui abbiamo un supporto laboristico e la
forma in cui non c'è. Quando la compromissione del motoneurone superiore e inferiore è
presente in almeno due distretti, e, almeno alcuni segni di lesione del motoneurone superiore,
devono essere rostrali ai segni di lesione del motoneurone inferiore. Nella forma con supporto di
laboratorio dobbiamo avere l'esame elettromiografico che ci mette in evidenza i potenziali
denervazione

«SLA definita o certa» è identificata dalla presenza di segni di lesione del motoneurone
superiore e inferiore sia nel distretto bulbare che, almeno, in due distretti corporei oppure da
segni di lesione del motoneurone superiore e inferiore in almeno tre distretti corporei.

La terapia è prevalentemente sintomatica abbiamo soltanto un farmaco, il Riluzolo


(antiglutamatergico) che ha lo scopo di rallentare l'evoluzione della malattia. Una serie di fattori
di crescita come il Gabapentin che hanno dato nei trial farmacologici risultati deludenti. E poi
abbiamo le terapie sintomatiche e palliative.

I farmaci sintomatici possono essere gli antidepressivi triciclici per contrastare la scialorrea ad
esempio, l'incontinenza emotiva, i disturbi del tono dell'umore che accompagnano la malattia
possono essere curati con gli SSRI (inibitori selettivi del reuptake della serotonina), il litrio, i
triciclici, l'astenia può essere trattata con Amantadina,il Bupropione. La spasticità con le
benzodiazepine,Baclofen. Le fascicolazioni e i crampi con Pregabalin, Gabapentin, la vitamina
E . Con il progredire della malattia il paziente necessita di una PEG per sopperire alla disfagia.
Può sviluppare un insufficienza respiratoria e un incontinenza urinaria. Oggi si stanno
realizzando una serie di algoritmi per migliorare la qualità della vita di questi pazienti. Quindi
abbiamo dei centri di riferimento per la diagnosi, il medico di famiglia, i centri di riferimento
aziendali, servizi sociali e riabilitazione e il sistema di cure domiciliari.

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MCI (mild cognitive impairment )
quando parliamo di malattie neurodegenerative noi facciamo un associazione classica con la
malattia di Alzheimer. In realtà le malattie cosiddette dementigene, sono svariate,
comprendono la demenza fronto temporale, la paralisi sopranucleare progressiva, l'atrofia
multisistemica.

Prima di parlare di demenza dobbiamo parlare di una nuova entità nosografica che si chiama
Mild Cognitive impairment). Parliamo di nuova entità nosografica perché è un concetto, una
patologia che rientra nella neurologia da circa un decennio a differenza di patologie come
l'Alzheimer scoperte nel 1800. l'Mci è una malattia “giovane”.

È una malattia che colpisce gli adulti. Parliamo di Mci, perché la popolazione invecchia e
migliorano le cure,aumenta l'aspettativa di vita, oggi pari a 85-88 anni. Quando parliamo di
demenze dobbiamo identificare quello che è un normale invecchiamento del soggetto e un
invecchiamento patologico.

Il declino cognitivo moderato e progressivo, può essere considerato normale invecchiamento.

L'MCI, è un declino cognitivo lieve.

Ci sono disturbi della memoria che possono rimanere stabili nel tempo e far parte di un
invecchiamento di un soggetto e ci sono disturbi della memoria ingravescenti, tipici della
malattia di Alzheimer.

Con questo termine noi indichiamo tutte le possibili alterazioni cognitive nel corso di
invecchiamento. Si ritiene oggi che l'MCI non sia altro che una sindrome predementigena, nel
senso che le alterazioni cognitive che presentano questi pazienti non siano altro che l'anticamera
della malattia di Alzheimer, non diventiamo dementi dall'oggi al domani, ma durante il percorso
di invecchiamento si iniziano a mostrare delle alterazioni cognitive generalmente a carico della
memoria che peggiorano e iniziano a interessare altre funzioni cognitive.

Noi possiamo avere un invecchiamento di successo,


l'invecchiamento che tutti ci ci augureremmo.

Un invecchiamento usuale, in cui possiamo


avere dei piccoli disturbi dovuti ad esempio
ad una piccola lesione ischemica, ad una
atrofia, ma questo invecchiamento non va a
interferire con le nostre
attività quotidiane.

Abbiamo
il

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deterioramento cognitivo senza demenza per poi sviluppare una demenza.

Dobbiamo capire se queste sono delle entità nosografiche distinte o se sono un continuum. Negli
ultimi vent'anni si è cercato di capire se tra l'invecchiamento usuale e la demenza vi siano dei
quadri patologici che possano essere predittivi o meno di demenza.

Quindi vedete che cominciamo a parlarne nel 1962 e arriviamo fino


al 1999 fino a quando si comincia
a parlare di MCI.
Precedentemente
definito in maniera
diversa. Oggi si è
arrivati ad un
consenso
scientifico.
Quindi l'MCI si pone in
questo momento tra

l'invecchiamento
usuale e la
demenza.

Come facciamo una diagnosi


di MCI?

Utilizziamo i criteri di Peterson del 1999 in cui dobbiamo avere:

1. abbiamo un disturbo soggettivo di memoria, confermato da un caregiver

2. dobbiamo avere un disturbo soggettivo di memoria adeguato all'età, cioè commisurato


all'età del soggetto e alla sua scolarizzazione e lo rendo obiettivabile, misurabile per
mezzo di test che vanno ad esplorare tutte le funzioni cognitive. Si somministra una
batteria testologica come il “mini-mental state examination”, un test di facile
somministrazione che mi va a valutare la memoria breve e a lungo termine, la capacità
di calcolo, la capacità di disegno, le capacità e l'orientamento nello spazio e nel tempo.
Poi abbiamo la “lista di rey” che mi va a valutare la memoria a breve e lungo termine. Il
“breve racconto”, la capacità di denominare gli oggetti, perché le funzioni corticali
superiori sono tante. Dobbiamo obiettivare il disturbo con una valutazione
neuropsicologica.

3. altre funzioni cognitive relativamente conservate. Caratteristica principale del MCI, il


disturbo riguarda soltanto la memoria.

4. Attività vita quotidiana essenzialmente intatte. Peculiarità di questa diagnosi, che la

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differenzia da un invecchiamento patologico. Esempio: nell'Alzheimer probabilmente il
paziente dimentica la pentola sul fuoco, le chiavi attaccate al portone, tendenza a
nascondere oggetti di valore, denaro, oggetti a cui si è legati (comune a molte forme di
demenza), che spesso sono il motivo che inducono il paziente a rivolgersi al neurologo.
Tutto ciò non avviene nel MCI. Abbiamo solo il disturbo di memoria. Le attività della vita
quotidiana sono integre a differenza del malato di Alzheimer ad esempio.

5. assenza di demenza o comunque di una patologia del sistema nervoso centrale che porti
ad un'alterazione delle funzioni cognitive come le encefalopatie neonatali. Ci sono
pazienti con dei ritardi mentali dovuti alla nascita in cui c'è un disturbo cognitivo. Ma
quella non si è sviluppata nel tempo.

Abbiamo detto che dobbiamo cercare di capire se l'MCI è un continuum tra l'invecchiamento
normale è la malattia di Alzheimer o un'entità nosografica a se stante.

Quindi
ci sono
una
serie di
studi
che
cercano
di
valutare
il tasso
di

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conversione dell'MCI verso la demenza, in questo studio vediamo che circa il 12% degli MCI hanno
una probabilità maggiore di andare incontro a demenza tipo di Alzheimer rispetto a soggetti sani
che hanno una probabilità dell'1%. Questo in esame è uno studio vecchio datato ma che serve a
darci un idea di cosa è il concetto di MCI.

Le cose si complicano con l'individuazione di diverse forme di MCI.

Abbiamo la forma:

1. aMCI: Forma amnestica che riguarda solo la memoria, con tutte le altre nostre funzioni
cognitive normali o nei limiti della norma

2. mdMCI: forma a multiplo dominio, in cui abbiamo più domini cognitivi alterati.

3. SnmMCI: forma single non memory dominio, in in cui il dominio cognitivo interessato in
questa forma di MCI non è quello amnesico ma un altro

qual è il tasso di conversione del MCI rispetto a una forma di demenza?

Se se io ho un paziente con un aMCI è più probabile che sviluppi una malattia di Alzheimer o di
tipo alzheimer. Piccola parentesi, nella tabella trovate scritto depressione. Perché il disturbo
depressivo è come una nebbia. Non si vede niente. La depressione si comporta così, il paziente
depresso può avere disturbi di memoria molto spesso. Quindi è possibile pure che voi fate una
diagnosi di MCI date una terapia e riscontrate anche una depressione, non dovete subito pensare
che lui si farà la malattia di Alzheimer. Posso valutare lo stato depressivo, lo stato d'ansia anche
con la batteria di test neuropsicologici. E quindi eventualmente curi la depressione. Se a nella
forma multiplo dominio distanza di mesi i disturbi depressivi non migliorano, puoi pensare che ci
sia di
fondo
una
demenza
o un
declino

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cognitivo. Bisogna fare un ragionamento inverso, ho il disturbo di memoria e la depressione curo
prima quest'ultima. Gli antidepressivi agiscono in un mese- 45 giorni, a 3 mesi già noti se
l'antidepressivo ha fatto effetto o meno.

Nella forma a multiplo dominio la possibilità di peggioramento è variabile. Nella forma mdMCI
abbiamo una sotto classificazione In mdMCI con componente amnestica o meno.

In base a quale forma vi è la predominanza potremmo sviluppare la malattia di Alzheimer o una


demenza vascolare se il multiplo dominio ha una componente amnestica se il multiplo dominio
non ha una componente amnestica è più probabile che il nostro paziente sviluppi una demenza a
corpi di Lewy piuttosto che una demenza di tipo vascolare.

Quando l'MCI è di tipo singolo non amnestico la probabilità di sviluppare la demenza riguarda
soprattutto la demenza fronto temporale e la demenza a corpi di Lewy.

Ci

sono altri studi che ci dicono che non tutti gli MCI sviluppano una demenza, quindi ancora gli
studi vanno avanti, perché vedete che il tasso di conversione dell'MCI verso una demenza a 2-4
anni è bassissimo, a quattro anni tende ad aumentare a 6-8 anni tende ad essere un pochino più
stabile.

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