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LABORATORIO ANALISI – SPECIALISTICA

EMATOLOGIA

Presso il settore di ematologia le provette giungono non centrifugate, poiché l’esame si effettua su
sangue intero, in provette tappo viola con anticoagulante EDTA, un sale di potassio che chela il
calcio, componente fondamentale per l’attivazione dei fattori della coagulazione. Chelando il calcio,
dunque, l’attivazione di questi fattori risulta impossibile e di conseguenza non avverrà la
formazione del coagulo.

Il tecnico dell’ematologia effettua il controllo di ciascuna provetta per verificare l’idoneità del
campione.

La non idoneità del campione sarà dovuto ad un errore nella preanalitica, in cui il campione è:

• Non correttamente identificato


• Non pervenuto in provetta dedicata
• Non pervenuto in ghiaccio (per alcune analisi)
• Insufficiente o scarso (< 4 ml)
• Coagulato

Gli esami di specialistica che si effettuano nel settore di ematologia, sono:

• Ricerca di protozoi
• Schistociti
• Reticolociti
• Test di resistenza osmotica eritrocitaria
• Piastrine in citrato
• Liquidi in tappo viola
• VES

Ricerca dei protozoi: Il plasmodium è il protozoo agente eziologico della malaria, ed utilizza come
vettore la zanzara anopheles. Il plasmodium si presenta con una caratteristica forma ad “anello
con castone”. Esistono quattro specie di plasmodium e sono l’ovale, falciparum, malariae e vivax.
Tra questi, il falciparum è il più letale poiché è una specie nuova e non è ancora ben adattata;
mentre il malariae è la specie più antica e meno pericolosa. Il vivax e l’ovale sono le forme più
particolari: essi infatti si replicano nel fegato dove rilasciano delle forme “quiescenti” nelle cellule
epatiche, dette ipnozoiti. Questi possono rimanere in uno stato latente per mesi, senza
sintomatologia annessa, per poi risvegliarsi -dopo un evento scatenante- ed andare in circolo,
causando la malaria. Di qui, la distinzione tra le specie diviene di fondamentale importanza per
individuare la terapia più adatta.
A seconda della specie di falciparum –la cui sintomatologia si esplica con febbre intermittente – si
distinguono due forme di malaria: la malaria terzana (con i picchi febbrili ogni tre giorni) e la
quartana (con i picchi febbrili ogni quattro giorni).

Il plasmodium compie il suo ciclo vitale nel globulo rosso: matura, si replica, distrugge il globulo
rosso e rilascia i “plasmidi figli”, che andranno quindi ad infettare altre emazie. In poche ore il
paziente risulta infetto.

Per la ricerca del plasmodium si effettua un emocromo e si eseguono da 6 a 12 vetrini, strisciando


sul vetrino in modo uniforme, tale che lo striscio sia lungo ed omogeneo, in questo modo le emazie
saranno più distanti possibili le une dalle altre ed è più semplice individuare il parassita. I vetrini
vengono quindi colorati con May-Grunwald Giemsa ed analizzati dal clinico. I parassiti sono molto
simili tra loro, dunque è difficile capire di quale specie si tratti. La determinazione specifica viene
poi eseguita con metodiche di biologia molecolare.

In questo contesto, è fondamentale individuare il momento in cui effettuare il prelievo: quando il


paziente non è febbrile, infatti, i plasmidi sono ancora in fase di replicazione all’interno del globulo
rosso, ed è quindi impossibile vederli al vetrino, rischiando di dare un falso negativo; quando i
plasmidi hanno ormai distrutto la membrana del globulo rosso, si verificano i picchi febbrili, ed è
questo il momento adatto per effettuare il prelievo, perché i plasmidi sono liberi di circolare al di
fuori dei globuli rossi e sono quindi visibili al vetrino.

L’esame è positivo se, in almeno uno dei campi dei vetrini, si è individuato un plasmodium;
negativo, invece, se esso non è stato riscontrato in nessuno dei vetrini allestiti.

Schistociti: Sono frammenti di globuli rossi rotti o rovinati. Gli schistociti vengono ricercati
attraverso l’analisi del vetrino. Una percentuale elevata di questi frammenti (generalmente >0.1%)
può essere causata da un’infezione renale. Tuttavia, la presenza di una percentuale elevata di
schistociti può essere riconducibile anche ad un prelievo difficoltoso, che ha causato l’emolisi delle
emazie. È improbabile invece, che la presenza dei frammenti possa essere stata causata dallo
striscio stesso delle emazie sul vetrino.

Reticolociti: Sono globuli rossi immaturi, fermi al penultimo stadio dell’emopoiesi, in cui sono
presenti ancora residui di acido nucleico. Nella linea di formazione emopoietica, il reticolocita
perde del tutto il nucleo, trasformandosi in emazia matura. La presenza di reticolociti nel sangue
dell’adulto è fisiologica, in percentuali tra lo 0.5% e il 2.5%, in cui è indice di una buona funzione
midollare. Percentuali più alte (>2.5% delle emazie circolanti), sono invece allarmi che indicano
stati patologici del midollo, spesso tumorali.

Test di resistenza osmotica eritrocitaria: Questo test prevede che le emazie del campione vengano
messe in due soluzioni, una ipo-osmotica ed una iperosmotica, vengono quindi incubate a
temperatura ambiente per 15 minuti e poi centrifugate. Si aggiunge quindi una terza soluzione
lisante e si mescola energicamente. La resistenza delle emazie viene calcolata attraverso lo
spettrofotometro, con una lettura a 540 nm. Nel caso in cui risulti una iper-resistenza osmotica
eritrocitaria, questa è generalmente riconducibile a condizioni ipocromiche microcitiche, con
particolare sensibilità per la microcitemia B-talassemica). Invece, i casi di ipo-resistenza,
generalmente sono riconducibili a sferocitosi ereditarie o secondarie. Gli sferociti sono emazie che
si differenziano per la loro forma inusuale, appunto “sferica” e per le loro dimensioni ridotte rispetto
alle emazie normali.

Piastrine in citrato: La conta piastrinica può essere effettuata su una provetta tappo azzurro, in un
esame di piastrine citrato. Questo può essere necessario dal momento che l’anticoagulante EDTA,
presente all’interno delle provette tappo viola, può causare aggregati piastrinici che alterano il
valore delle piastrine, risultando una pseduopiastrinopenia in vitro. Il sodio citrato, invece, presente
nella provetta tappo azzurro non interferisce sul valore delle piastrine, il cui risultato finale si
calcola aggiungendo un 10%, corrispondente alla diluizione con l’anticoagulante presente nella
provetta tappo azzurro. Per questo esame arrivano quindi due provette in laboratorio: una provetta
tappo viola con EDTA, ed una provetta tappo azzurro con citrato di sodio. Vengono poi allestiti due
vetrini da entrambe le provette, su cui il clinico verifica l’eventuale aggregazione piastrinica.

Liquidi in tappo viola: Possono giungere in ematologia liquidi biologici o di versamento. Su questo
genere di campione si effettua una conta dei leucociti sul contaglobuli, per verificare un eventuale
infiltrato leucocitario nel liquido, ed eventualmente si approfondisce l’esame con una formula
leucocitaria. Inoltre, viene allestito un cito-centrifugato e vengono strisciati due vetrini, colorati con
May-Grunwald Giemsa, che completano la diagnosi.

VES: La VES è un esame che valuta la velocità di eritro-sedimentazione. Questo esame valuta
con che velocità i globuli rossi si sedimentano all’interno della provetta. Questo esame si esegue
su uno strumento automatico, che lascia sedimentare le provette per 24 minuti. La VES viene
quindi determinata attraverso un sistema ottico che legge il livello di sedimentazione attraverso le
provette. Il risultato della sedimentazione viene poi proporzionato ad 1 ora, ed è espresso in mm di
sedimentazione in un’ora (mm/h). I valori di riferimento per questo tipo di esame variano in base
alla fascia d’età del paziente e al sesso.

SESSO ETA’ VALORI in mm/h


F Fino ad 1 mese <2
F 1 mese-12 anni 3-13
F 12 anni-50 anni <20
F >50 anni <30
M Fino ad 1 mese <2
M 1 mese-12 anni 3-13
M 12 anni-50 anni <15
M >50 anni <30
Avere una VES superiore ai valori di riferimento è indice di infiammazione. Tuttavia, è un indice di
infiammazione aspecifico, che non consente dunque la localizzazione della stessa.

STRISCIO DI SANGUE: Generalmente, all’interno del settore, lo striscio di sangue sul vetrino
viene effettuato in automatico dallo strumento, che successivamente procede alla sua colorazione
con Giemsa. Tuttavia, in alcuni casi è necessario dover eseguire uno striscio in manuale. Lo
striscio di sangue sul vetrino ci permette lo studio visivo del sangue: della sua composizione
cellulare e della loro morfologia, mediante l’utilizzo di un microscopio ottico. Per eseguire
correttamente la metodica dello striscio di sangue, è necessario mescolare delicatamente il
sangue all’interno della provetta – un’agitazione eccessiva, infatti, potrebbe causare la lisi dei
globuli rossi.

In seguito, si inserisce sul tappo della provetta il dispositivo drop slide system. Questo è dotato di
un ago che fora la membrana del tappo della provetta ed esercitando una leggera pressione,
schiacciando il dispositivo sul vetrino, determina la fuoriuscita di una goccia di sangue. Si deposita
quindi una goccia di sangue all’estremità del vetrino (vicino alla parte smerigliata). Con un altro
vetrino, si striscia quindi la goccia con un’inclinazione di 30-40°, avanzando in avanti.

La forma che otteniamo con questa modalità di striscio è detta “fiamma” o “becco di clarino”. Con il
becco di clarino è possibile effettuare il conteggio dei globuli bianchi, e potendo quindi eseguire la
formula leucocitaria in manuale. Questo grazie al fatto che in questo modo, nella zona terminale
della fiamma si ha la maggior probabilità di trovare i globuli bianchi.

Il movimento dello striscio deve essere rapido per ottenere la forma a becco di clarino. Se invece il
movimento risulta più lento (ma costante), la forma che si viene ad ottenere è uno striscio
omogeneo e ben disteso su tutto il vetrino. Questa seconda tipologia di striscio è quella adatta
all’esame della malaria poiché in questo modo i globuli rossi sono ben distesi e separati tra loro,
facilitando l’individuazione di eventuali plasmodium.

COAGULAZIONE

Presso il settore di coagulazione giungono provette tappo azzurro, all’interno delle quali vi è un
anticoagulante CITRATO DI SODIO in proporzioni 1:9.

Le tappo azzurro giungono in settore già centrifugate a 3800 giri per 10 minuti, in modo tale da
ottenere una separazione netta tra il plasma e la parte corpuscolata (sottile strato di bianchi ed
eritrociti). Tuttavia, queste provette non sono dotate di gel separatore, di conseguenza è
necessario maneggiarle con cura per non intaccare la superficie di separazione. All’arrivo ciascuna
provetta viene accuratamente controllata dal tecnico, che ne verifica l’idoneità; il campione risulterà
non idoneo se:
 Non correttamente identificato
 Non pervenuto in provetta dedicata
 Insufficiente o scarso (necessario affinché siano rispettate le proporzioni tra sangue ed
anticoagulante)
 Coagulato
 Emolizzato o itterico (possono avere interferenze solo sugli esami colorimetrici)

Gli esami di specialistica, all’interno del settore di coagulazione, comprendono:

• LAC
• APC-R
• PROTEINA C & PROTEINA S
• FATTORE DI VON WILLEBRAND
• FATTORE II, V, VII, VIII, IX, X, XI, XII
• PT MIX
• aPTT MIX

LAC: Il Lupus Anti Coagulant è un esame finalizzato alla ricerca di anticorpi anti-fosfolipidi, che se
presenti sono causa di trombosi in vivo. Questi anticorpi sono diretti contro fosfolipidi, e in vitro,
hanno la caratteristica di prolungare i tempi di coagulazione. I LAC sono anticorpi associati a vari
stati clinici, tra cui malattie autoimmuni (Lupus eritematoso sistemico), trombosi, aborti spontanei
ricorrenti o infezioni. La loro presenza inoltre può essere di tipo persistente o transitoria, per cui nei
casi di riscontri positivi è necessario eseguire l’esame per tre volte, a distanza di 12 settimane.

Per l’esecuzione di un esame di LAC giungono in laboratorio due provette tappo azzurro con
citrato di sodio, già centrifugate durante l’accettazione a 3800 giri per 10 minuti. I campioni
vengono quindi centrifugati una seconda volta a 4000 giri per 5 minuti, per assicurare un’accurata
separazione delle piastrine dal plasma. Si preleva quindi il surnatante plasmatico da entrambe le
provette dello stesso paziente, e si uniscono in un’unica nuova provetta.

Il plasma viene quindi congelato a -80°C fino al momento dell’esecuzione dell’analisi; quindi verrà
scongelato a 37°C per 20 minuti.

Si procede quindi alla preparazione di un pool di plasmi, che verrà utilizzato durante l’esame. Il
pool è costituito da plasmi di 40 provette di diversi donatori sani, del centro trasfusionale. Le
provette vengono quindi centrifugate a 4000 giri per 5 minuti e su di esse vengono testati PT,
aPTT e Tempo di trombina. I campioni vengono quindi uniti in un unico contenitore, che viene
nuovamente centrifugato. Il pool ottenuto viene ancora testato su entrambi gli strumenti e infine
diviso in aliquote da 2.5 ml, da utilizzare al momento dell’analisi. Le aliquote che non vengono
utilizzate vengono conservate in cella frigo a -80°C.
Il test STACLOT DRVV, per la rivelazione di lupus anticoagulanti, consta di tre fasi: Screening, Mix
e Confirm.

Nella prima fase di screening, viene messo a contatto il pool di plasmi con il veleno di vipera di
Russell e il plasma del paziente e il veleno. Il veleno di vipera di Russell ha la funzione di attivatore
del fattore X in presenza di calcio, provoca quindi la coagulazione ed elimina l’interazione di fattori
a monte. Oltre al veleno, i reagenti dell’analisi contengono fosfolipidi, calcio ed un inibitore
dell’eparina. Di queste due soluzioni, si mettono quindi a confronto i rispettivi clotting time.

Se il clotting time del paziente è uguale al clotting time del pool, il paziente non avrà anticorpi che
inibiscono la sua coagulazione. Generalmente il risultato si esprime con il rapporto:

Screen= Clotting time paziente / Clotting time pool

Se il rapporto del paziente è superiore a 1.20, il risultato è anomalo e si sospetta la presenza di


LAC.

In caso di sospetto, si procede ad un esame di secondo livello, ovvero l’esame di mix. In questa
analisi vengono uniti il pool con il plasma del paziente in una diluizione 1:1, al fine di differenziare
un deficit di uno o più fattori della coagulazione. Se il clotting time del paziente si accorcia, significa
che il pool sta compensando le carenze del plasma del paziente. Infatti, il pool di plasmi è in grado
di correggere l’allungamento dell’aPTT del plasma del paziente solo nei casi di carenza di fattori.
Quando il pool non è in grado di correggere questo allungamento, è indice della presenza di un
inibitore: i LAC.

Un ultimo test è necessario per la conferma: il plasma del paziente viene messo a contatto con un
eccesso di fosfolipidi: il clotting time ne risulterà accorciato, poiché l’eccesso fosfolipidi fa sì che gli
anticorpi anti-fosfolipidi non siano sufficienti ad arrestare la coagulazione. Il risultato è espresso
come rapporto normalizzato:

Confirm= Clotting time paziente / Clotting time pool

Rapporto normalizzato= Rapporto Screen / Rapporto Confirm

Assieme al DRVV, viene richiesto un altro tipo di test SILICA CLOTTING TIME, più sensibile
rispetto al precedente. Solo in caso di positività su entrambe le metodiche, possono determinare
una certezza di una positività per LAC.

I reagenti del kit Silica Clotting Time, in presenza di ioni calcio, attivano direttamente la intrinseca
della coagulazione. Il reagente utilizzato nello Screen contiene una sospensione di silice colloidale
con tampone e conservante. Mentre il reagente del Confirm contiene, oltre al tampone e al
conservante, una sospensione di silice colloidale con fosfolipidi sintetici. L’aggiunta di fosfolipidi
all’interno SCT Confirm neutralizza l’eventuale presenza di Lupus anticoagulante ed accorcia i
tempi di coagulazione.

I risultati dei campioni, espressi in secondi, devono essere divisi per la media dell’intervallo di
normalità del SCT Screen:

Risultato pazienti(¿ secondi)


Ratio SCT Screen= '
media dell intervallo di normalità SCT Screen(¿ secondi)

Stesso procedimento si segue per i risultati dell’SCT Confirm.

Infine, i risultati in ratio dello Screen devono essere divisi per i valori del Confirm.

Il risultato finale deve essere espresso in Ratio normalizzata SCT. Se la ratio è maggiore di 1.20, si
ha una positività per LAC.

Ratio SCT Screen


Ratio normalizzata SCT=
Ratio SCT Screen

APC-R: L’APC-R Factor V Leiden è un test utilizzato per la determinazione della resistenza alla
proteina C attivata, causata dalla mutazione del fattore V di Leiden. Questo tipo di resistenza è un
fattore trombofilico, che predispone alla trombosi venosa profonda.

Il principio del test si basa su un attivatore della protrombina, dipendete dal fattore V, estratto dal
veleno del serpente Notechis Scutatus. Il plasma del campione viene pre-diluito e incubato a 37°C
con attivatore del fattore V di veleno di serpente in presenza o assenza della APC, al fine di
convertire il fattore V in fattore Va. Si eseguono quindi due determinazioni: APC+: in cui sono
presenti sia la proteina C che la proteina S, che si uniscono a formare un complesso che lega il
fattore V, bloccando la cascata e svolgendo la sua fisiologica azione anticoagulante e allungando i
tempi di PT e aPTT; APC- : in cui è presente la proteina C, ma la proteina S è presente solo in una
quantità irrisoria tale che non riesce a svolgere la sua funzione di cofattore della proteina C. Ne
consegue che il complesso PC/PS non legherà del tutto il fattore V, accorciando di fatto i tempi di
PT e aPTT.

La coagulazione viene innescata con l’aggiunta dell’attivatore della protrombina in assenza di


calcio.

Viene quindi misurato il tempo di formazione del coagulo e viene calcolata una ratio:

Tempo di coagulazione∈ presenza di APC ¿ ¿

Dal rapporto che si ottiene, i valori che risultano < 2.20 sono positivi. I valori > 2.20 saranno
negativi.
PROTEINA C & PROTEINA S: Le proteine C ed S sono importanti anticoagulanti naturali, la cui
presenza è fondamentale per mantenere in equilibro la bilancia emostatica. Un deficit di una o di
entrambe le proteine, causa trombofilia in vivo.

In particolare, la proteina C appartiene al gruppo delle proteine vitamina K-dipendenti che


intervengono nella coagulazione, ed è sintetizzata dal fegato. Come gli altri fattori della
coagulazione, la proteina C si trova nel plasma sotto forma di proenzima: la sua trasformazione in
enzima attivo richiede la presenza di trombina, calcio e fosfolipidi. La proteina, così attivata regola
il processo di coagulazione neutralizzando l’attività anticoagulante dei fattori Va e VIIIa, in
presenza di un cofattore plasmatico vitamina K-dipendente: la proteina S. Il principio del test si
basa sull’attivazione della proteina C da parte di un componente specifico estratto dal veleno del
serpente Agkistrodon contortrix. Il campione viene quindi unito ad un reagente contenente tutti i
fattori costanti e in eccesso, ad eccezione della proteina C, che è presente direttamente nel
campione del paziente. La proteina C attivata è quindi in grado di inibire i fattori V e VIII,
prolungando l’aPTT della soluzione (campione + veleno + reagente).

Il livello di proteina C, espresso in percentuale, viene visualizzato in tempo reale sullo schermo
dello strumento. Normalmente nell’adulto il tasso plasmatico della proteina C è compreso tra il 70 e
il 130%, ed è indipendente dal sesso. Alla nascita il tasso risulta più basso a causa dell’immaturità
epatica, da cui dipende la sintesi della proteina stessa.

La proteina S, allo stesso modo, è una proteina plasmatica vitamina K-dipendente, e si trova nel
plasma sotto forma di catena polipeptidica. Viene sintetizzata a livello epatico sotto forma di
precursore inattivo, ed è attivata per azione di una carbossilasi che forma residui ℽ-
carbossiglutammici che le consentono di fissare il calcio. Dal punto di vista fisiologico, la proteina S
svolge il ruolo di cofattore della proteina C, amplificando notevolmente la funzione anticoagulante
della proteina C, aumentando l’affinità di quest’ultima per le membrane fosfolipidiche. In presenza
di calcio questo complesso si lega alle superfici fosfolipidiche, regolando così le vie pro-coagulanti
mediante degradazione dei fattori V e VIII. Una carenza di proteina S, congenita o acquisita,
aumenta il rischio tromboembolico. Il principio del dosaggio si basa sulla valutazione dell’attività di
cofattore della proteina S, che intensifica l’azione anticoagulante della proteina C. Tale
intensificazione ha come effetto il prolungamento del tempo di coagulazione di un sistema
arricchito con fattore Va, che costituisce il substrato fisiologico per la proteina C attivata.

I tassi di proteina S libera e totale, espressi anch’essi in percentuale, sono inferiori nella donna
rispetto all’uomo. Nella donna inoltre sono state osservate variazioni in base allo stato ormonale
della paziente, inoltre durante la gravidanza si è riscontrata una diminuzione della proteina S
libera. Alla nascita, invece, sono riscontrabili valori ridotti di proteina S sia libera che totale. Nei
casi generali il tasso negli uomini è del 110%, mentre nelle donne dell’89%.
DEFICIT DEI FATTORI: Questa tipologia di esame viene utilizzata per l’identificazione dei deficit di
uno o più fattori all’interno della cascata coagulativa. I fattori in esame sono: II, V, VII, VIII, IX, X, XI
e XII. I campioni giungono sempre in provette tappo azzurro, che vengono centrifugate. Dalla
centrifugazione viene prelevato il plasma, e diviso in aliquote che vengono congelate a -20°C fino
al momento dell’esame, quando occorrerà scongelarle termostatandole a 37°C.

Tra le carenze più gravi, ricordiamo quelle ereditarie quali: il deficit del fattore VIII, che causa
emofilia di tipo A; il deficit del fattore IX, che causa emofilia di tipo B; ed il deficit del fattore XI, che
causa emofilia di tipo C.

Il principio del test si basa sulla misurazione del tempo di coagulazione di un sistema (campione +
reattivo) in cui tutti i fattori sono presenti e in eccesso, ad eccezione del fattore che deve essere
testato, fornito dal campione stesso. Qualora il tempo di coagulazione risultasse allungato,
significa il fattore in esame è effettivamente deficitario.

Valori normali per i fattori sono:

 Fattore II: 70-120%


 Fattore V: 50-120%
 Fattore VII: 70-130%
 Fattore VIII: 60-150%
 Fattore IX: 60-150%
 Fattore X: 60-120%
 Fattore XI: 50-140%
 Fattore XII: 50-140%

FATTORE DI VON WILLEBRAND: L’esame viene eseguito per determinare la causa di emorragie
ripetute ed inspiegabili, e per fare diagnosi della malattia di Von Willebrand. Il fattore vWF, infatti, è
coinvolto nella cascata coagulativa attraverso due ruoli: in primo luogo influenzando la disponibilità
del Fattore VIII e il suo trasporto nel circolo ematico, aumentandone l’emivita e rilasciandolo in
caso di necessità; in secondo luogo attraverso l’attivazione piastrinica, determinandone l’aumento
dell’aderenza e dell’aggregazione. Nei casi di deficit di questo fattore, infatti, è possibile riscontrare
una diminuzione dei livelli di Fattore VIII e una scarsa attivazione piastrinica, con conseguente
aumento dei tempi di coagulazione e di formazione del trombo.

Il principio del test è basato su un dosaggio dell’antigene vWF, mediante un test immunologico con
anticorpi monoclonali specifici diretti contro l’antigene. La lettura è spettrofotometrica, la cui
torbidità sarà direttamente proporzionale alla quantità di vWF.

PT-MIX & aPTT-MIX: Lo scopo di questo test è quello di indagare sulle possibili cause di un
allungamento dei tempi della coagulazione in un paziente. Le possibili cause sono generalmente la
presenza di anticorpi interferenti con la coagulazione (anticorpi anti-fosfolipidi) o deficit fattoriali
che riguardano uno più fattori. Il principio del test si basa su una diluizione 1:1 tra il campione e un
pool di plasmi di pazienti sani (ovvero con tempi di coagulazione normali). In seguito alla diluizione
si testano i tempi di PT e aPTT prima a tempo zero e successivamente dopo due ore in termostato
a 37°C. Nel caso in cui il pool di plasmi, corregge i tempi della coagulazione (il tempo si accorcia),
si sospetta un deficit fattoriale, poiché è probabile che i fattori del pool stiano compensando le
mancanze deficitarie del paziente. Nel caso, invece, in cui il pool non è in grado di correggere i
tempi di coagulazione (il tempo si allunga), si sospetta la presenza di anticorpi che interferiscono
con la coagulazione (cosa che il pool non può correggere).

BIOCHIMICA CLINICA

Presso il settore di biochimica clinica giungono le provette tappo marrone, le quali non contengono
anticoagulante e sono dotate di un gel separatore che divide la parte corpuscolata dal siero. Il
processo di separazione è reso possibile grazie alla centrifugazione del plasma post-coagulazione:
la provetta viene lasciata coagulare subito dopo il prelievo e il coagulo imbriglia in sé i globuli rossi,
bianchi, piastrine e proteine plasmatiche (tra cui il fibrinogeno, che al termine della cascata
coagulativa si trasforma in fibrina). L’utilizzo del gel separatore rappresenta un vantaggio per la
conservazione degli analiti sierici durante le procedure preanalitiche e post-analitiche, il loro
utilizzo infatti previene alcune interferenze dovute al contatto con altre cellule del plasma. La
provetta viene dunque centrifugata a 3800 giri per 10 minuti e, al termine, il coagulo sarà scivolato
in fondo alla provetta e, separato dal gel, troveremo il siero.

Il siero è dunque la parte liquida del sangue che si ottiene dopo la formazione del coagulo, e
corrisponde al plasma privato del fibrinogeno, in seguito alla sua trasformazione in fibrina al
termine della cascata coagulativa, e altre proteine plasmatiche.

Come negli altri settori, all’arrivo le provette vengono controllate dal tecnico, che ne verifica
l’idoneità; il campione risulterà non idoneo se ad esempio:

 Il coagulo nella provetta non si è completamente formato (indice del fatto che non è stato
rispettato il tempo di retroazione del coagulo).
 È lipemico (individuabili ad occhio nudo dall’aspetto lattescente della parte liquida). La
lattescenza è percepibile ad occhio nudo quando la concentrazione dei trigliceridi supera i
400 mg/dL. L’interferenza della lipemia può essere di natura spettrofotometrica, o può
interferire a livello analitico in alcuni esami.
 È emolizzato. L’emolisi consiste nella presenza di emoglobina nella parte liquida, in
conseguenza ad una rottura dei globuli rossi. La parte liquida tende assumere una
colorazione rossastra, più o meno intensa, a seconda della concentrazione dell’emoglobina
nel siero. Generalmente l’emolisi risulta visibile quando tale concentrazione supera i 200
mg/L.

I campioni itterici, invece, che assumono una colorazione giallo-verdastra, dovuta all’elevata
presenza di bilirubina nella parte liquida, non hanno interferenza con gli esami di biochimica
clinica, tuttavia vengono comunque segnalati.

Presso il settore della biochimica alcuni esami vengono eseguiti in routine; mentre altri fanno parte
della sezione di specialistica, tra cui:

Dosaggio dei farmaci: Tra i farmaci che vengono dosati, il più frequente è il Litio: un analita che
viene impiegato come farmaco elettivo nel trattamento del disturbo bipolare. È necessario
monitorare questo tipo di trattamento tramite il controllo della litiemia (ovvero la concentrazione di
litio nel sangue), in quanto questo farmaco ha un indice terapeutico ristretto (cioè un rapporto
effetto terapeutico/effetto tossico ristretto), tale che se la concentrazione ematica è troppo elevata
può risultare tossico per il paziente. L’analita viene quindi dosato come farmaco. È necessario
assicurarsi che non arrivi in provetta tappo verde che, contenendo eparina di litio, interferisce con i
risultati. Un valore di questo analita >2 mEq/L rappresenta un valore di panico. Altri farmaci su cui
si effettuano dosaggi sono la Digossina, farmaco utilizzato in patologie cardiache, poiché serve per
regolare il battito cardiaco (valore di panico se > 3 mmol/l), Valproico, Carbamazepina, Fenitoina,
Fenobarbital e Teofillina.

Dosaggio dell’ammonio: Il dosaggio di questo analita è chiamato ammoniemia, e corrisponde alla


concentrazione di ammonio nel sangue. L’ NH4 + è un metabolita tossico per il sistema nervoso
centrale e dev'essere rapidamente smaltito con l’urea dal fegato. In condizioni fisiologiche, la
quantità di questa sostanza riscontrabile nel sangue è bassa (<50 µmol/L). Tuttavia, in presenza di
alcune patologie, l'ammoniaca si accumula nell'organismo in concentrazioni eccessive. Spesso, un
aumento dell'ammoniemia può dipendere da un'insufficienza epatica severa. L'ammonio tende a
degradarsi facilmente a temperatura ambiente, motivo per cui occorre tenere la provetta all’interno
di un siberino fino al momento dell’esame, altrimenti il campione risulta non idoneo.

Dosaggio dell’alcol: L’alcolemia rientra nei bio-vari perché l’alcol è una sostanza molto volatile,
dunque evapora facilmente e per questo motivo la provetta deve essere stappata dal tecnico solo
nell’istante prima dell’inserimento nello strumento e ritappata subito dopo la fine dell’esame. L’alcol
viene dosato per dimostrare uno stato di ubriachezza nei casi in cui si sospetta che il soggetto non
abbia rispettato le regole sul consumo di alcol (Es: uso sul luogo di lavoro o alla guida). In questo
caso l’esame assume valore legale e qualora il valore superi i 50 g/L il soggetto è dichiarato
positivo. L’alcolemia talvolta viene richiesta anche dal pronto soccorso nei casi di pazienti in
evidente stato confusionale, in cui si sospetta che il soggetto abbia assunto sostanze stupefacenti
o abbia fatto abuso di alcolici; in questi casi, tuttavia, l’esame non ha alcun valore legale.
Dosaggio degli Acidi Biliari: il dosaggio di questo analita rientra nei bio-vari a causa della scarsa
richiesta dell’esame. I valori normali di acidi biliari rientrano in un range tra 1 e 10 µmol/L.

Calcio ionizzato (Ca++): Il calcio ionizzato è un esame fondamentale per il monitoraggio di questo
ione, poiché esso è un importante modulatore dei processi neuronali. È un esame che viene
effettuato tramite l’aspirazione del siero, da provette tappo marrone, con siringhe sterili, in modo
tale da non dover stappare la provetta poiché il calcio ionizzato è molto sensibile a variazioni di pH,
che varia a contatto con l’ossigeno. All’aumentare del pH, il Ca++ diminuisce e viceversa. L’esame
si esegue inserendo la siringa contenente siero in uno strumento particolare, l’emo-gas-
analizzatore ABL90FLEX, che fornisce il risultato in 1 minuto. Sul referto risulterà:

 valore di Ph del sangue del paziente [7.320 – 7.420]


 valore del Calcio ionizzato [1.15 – 1.29 mmol/l]
 valore di Calcio ionizzato a Ph 7,4 in mmol/l

BAB: L’esame bilancio acido-base viene anch’esso, come il calcio ionizzato, effettuato sullo
strumento emo-gas-analizzatore ABL90FLEX. Per l’esecuzione di tale esame, il cui scopo è
conoscere immediatamente (1 minuto) le condizioni respiratorie e metaboliche del paziente, dando
una panoramica del quadro clinico generale. Viene effettuato un prelievo, arterioso o venoso, su
una siringa contenente anticoagulante eparina di litio. Lo strumento analizza i diversi analiti.

I parametri misurati sono:

 pH Rappresenta la misura dell'acidità o dell'alcalinità di un campione [7.350 – 7.450]


 cH+ Concentrazione di ioni idrogeno nel sangue
 pCO2 Pressione (o tensione) parziale di anidride carbonica nel sangue [35 – 48 mmHg]
 pO2 Pressione (o tensione) parziale di ossigeno nel sangue [83 – 108 mmHg]
 ctHb Concentrazione di emoglobina totale nel sangue [12 – 17 g/dL]
 sO2 Saturazione dell'ossigeno, il rapporto tra le concentrazioni di ossiemoglobina ed
emoglobina meno le disemoglobine [95 – 99 %]
 FO2Hb Frazione di ossiemoglobina dell'emoglobina totale nel sangue [94 – 98 %]
 FCOHb Frazione di carbossiemoglobina dell'emoglobina totale nel sangue [0.5 – 0.15 %]
 FMetHb Frazione di metaemoglobina dell'emoglobina totale nel sangue [0.0 – 0.15 %]
 FHHb Frazione di deossiemoglobina dell'emoglobina totale nel sangue
 FHbF Frazione di emoglobina fetale dell'emoglobina totale nel sangue
 cK+ Concentrazione di ioni potassio nel plasma [3.4 – 4.5 mEq/mol]
 cNa+ Concentrazione di ioni sodio nel plasma [136 – 146 mEq/mol]
 cCa2+ Concentrazione di ioni calcio nel plasma [1.15 – 1.29 mmol/L]
 cCl- Concentrazione di ioni cloruro nel plasma [98 – 106 mEq/L]
 cGlu Concentrazione di D-glucosio nel plasma [70 – 105 mg/dL]
 cLac Concentrazione di L-lattato nel plasma [0.3 – 1.2 mmol/L]
 ctBil Concentrazione di bilirubina totale nel plasma

VALORI DI PANICO: Quando nel referto del BAB sono presenti questi valori di panico, è
necessario che il tecnico provveda a chiamare il reparto da cui proviene la provetta ed avvisare
riguardo le condizioni critiche del paziente. I valori di panico da visionare sono:

 ph < 7.20; oppure > 7.58


 pCO2 > 65 mmHg
 Hb< 6 g/dL
 K+> 6 mEq/mol
 Glu< 45 mg/dL

Dai risultati ottenuti, viene quindi ricostruito un diagramma Acido-Base. Dal grafico è possibile
associare le condizioni del paziente, ad una specifica patologia, causata da uno squilibro acido-
base:

 A Acidosi respiratoria acuta


 B Acidosi respiratoria cronica
 C Alcalosi metabolica cronica
 D Alcalosi respiratoria acuta
 E Alcalosi respiratoria cronica
 F Acidosi metabolica cronica
 G Acidosi metabolica acuta

Infermieri o operatori sociosanitari hanno il compito di trasportare la siringa di BAB presso il


laboratorio analisi agitando in modo delicato continuamente la provetta fino al momento
dell’esame, per evitare la formazione di coaguli o micro-coaguli. Il tecnico dunque, procederà
all’inserimento della siringa con sangue intero all’interno dell’emo-gas-analizzatore, specificando
se si tratti di sangue venoso o arterioso: questo è importante poiché i valori di riferimento per le
due tipologie di sangue sono diversi. Dopo 1 minuto, i risultati sono disponibili e visionabili su di
uno scontrino che viene consegnato all’operatore e portato in reparto.

L’esame del BAB può essere eseguito anche su sangue capillare. In laboratorio gli ausiliari
trasportano un tubicino – privo di anticoagulante – che contiene sangue capillare. Poiché il tubicino
non contiene l’anticoagulante, prima dell’analisi è necessario far scorrere lungo il tubicino un
magnete, per evitare la formazione di coaguli. Dunque, si inserisce all’estremità del tubicino un
dispositivo riduttore, che facilita l’ingresso all’interno dell’emo-gas-analizzatore. Gli analiti in esame
sono gli stessi sopracitati.

Gli esami eseguiti sull’emo-gas-analizzatore non sono soggetti alla validazione tecnica, poiché i
risultati vengono inviati direttamente in reparto attraverso il sistema informatico.

Test di gravidanza: È un esame d’urgenza che viene eseguito su urina mediante l’utilizzo di una
saponetta. Il test rappresenta un dosaggio qualitativo (positivo o negativo) che rileva o meno la
presenza della gonadotropina cronica umana (BHCG), un ormone prodotto dalla placenta subito
dopo la fecondazione. In condizioni normali è circa zero, ma in condizioni di gravidanza segue un
aumento esponenziale, per poi diminuire nuovamente dopo il parto. La metodica di questo test è di
tipo immuno-cromatografico. Sulla saponetta vi sono due linee: la prima, a contatto con l’urina,
dovrà colorarsi sempre, è infatti detta linea di controllo, se essa non si colora, il test non è valido
per due motivi: la saponetta è difettosa o malfunzionante; oppure non è stata inserita dell’urina, ma
altro materiale biologico; la seconda linea, invece, è la vera e propria linea del test, sulla quale
sono posti specifici anticorpi monoclonali per le BHCG: alla reazione immunologica (ovvero la
formazione del legame antigene-anticorpo) è associata una reazione cromatografica, dunque se la
seconda linea si colora, il test è positivo e ha rilevato la presenza di BHCG.

L’esecuzione è molto semplice: si versano due/tre gocce di urina all’interno della saponetta con
l’utilizzo di una pipetta Pasteur e si attendono circa 3 minuti. Si attende che l’urina corra lungo la
saponetta e colori la prima linea (linea di controllo), successivamente potrà o meno colorare la
seconda linea (linea del test) per determinare la positività o meno.

Questo test rapido, tuttavia, ad oggi è in disuso: si è preferito infatti virare la scelta su un dosaggio
delle BHCG di tipo immunometrico. Il dosaggio immunometrico, infatti, effettuato sulla
strumentazione Centaur, è più sensibile e più specifico rispetto al test rapido, permettendo un
dosaggio quantitativo e non solo qualitativo.
NEFCAT: I Nefcat rappresentano un gruppo di esami che richiedono il dosaggio delle proteine
specifiche. Le proteine specifiche richieste sono: Antitrombina, APO A1, APO B, ASO, C3, C4,
Aptoglobina, IgA, IgG, IgM.

LIQUOR: L’esame del liquor è un esame la cui matrice biologica è il liquido cefalorachidiano o
liquido cerebrospinale. È un esame utilizzato per diagnosticare una condizione o una patologia a
carico del sistema nervoso centrale, come ad esempio la presenza di un’emorragia celebrale,
disordini autoimmuni, infezioni o tumori. Sul liquor prima di tutto viene effettuato un esame visivo
della torbidità: infatti fisiologicamente il liquor appare sempre limpido (tipicamente l’aspetto è
definito “acqua di fonte”); qualora apparisse invece torbido è da sospettare una possibile infezione
batterica (che causa la meningite). Segue un esame ematologico in cui si effettua la conta dei
globuli bianchi sul conta-globuli; ed un esame biochimico delle proteine specifiche, poiché nei casi
di infezioni le proteine tendono ad alzarsi.

Screening delle droghe: È anch’esso è un esame d’urgenza eseguito su urine mediante l’utilizzo di
una saponetta che funziona in maniera analoga a quella del test di gravidanza. Viene rilevata la
positività a determinati tipi di droghe quali: marijuana, cocaina, oppiacei, metadone, amfetamina e
metamfetamina.

Sullo strumento automatico ADVIA, inoltre, è possibile eseguire l’esame delle droghe urgenti; Le
sostanze stupefacenti che si vanno a ricercare sono: cocaina, amfetamine, tetraidrocannabinolo,
oppiacei, metanfetamine, metadone, benzodiazepina e barbiturici. La matrice biologica richiesta
per l’esame è l’urina.

Curva glicemica: La rilevazione della curva glicemica è un esame che viene effettuato su plasma.
In laboratorio giunge in provetta tappo grigio con anticoagulante eparina di litio e iodio acetato, di
cui il primo svolge una funzione anticoagulante e il secondo ha la funzione di inibire la glicolisi,
impedendo che il livello di glucosio in provetta si riduca a causa del consumo. L’esame ha lo scopo
di comporre una curva, riflettendo all’interno di essa la concentrazione di glucosio – ovvero la
glicemia – rilevata in tre prelievi diversi, eseguiti a distanza di circa 3h nell’arco della giornata (Es:
se il primo prelievo è eseguito alle ore 8.00, il secondo avverrà alle 11.00 e il terzo alle 14.00).

OGTT: Il test da carico orale di glucosio è un esame che viene eseguito generalmente per la
diagnosi e lo screening del diabete mellito e dell'intolleranza glucidica o, nei casi di donne in
gravidanza, del diabete gestazionale. L'esame viene eseguito al mattino e al paziente viene
rilevata la glicemia a digiuno, dopodiché è invitato a bere una soluzione in cui sono disciolti 75 g di
glucosio (100 g per la diagnosi di diabete gestazionale) in 300 ml di acqua, possibilmente in breve
tempo. La glicemia viene misurata ad intervalli di tempo regolari, solitamente dopo 30, 60, 90 e
120 minuti dall'ingestione del primo sorso di glucosio. Se dopo 120 minuti la glicemia è tra 140 e
199 mg/dl si pone diagnosi di intolleranza glucidica; Se la glicemia è ≥ 200mg/dl, si fa diagnosi di
diabete mellito. Per quanto riguarda il diabete gestazionale, i valori della curva sono considerati
normali fino a 95 mg/dl subito dopo l’assunzione della soluzione; fino a 180 mg/dl dopo 60 minuti e
inferiori a 155 mg/dl, dopo i 120 minuti.

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