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L’esame emocromocitometrico
Fra le cellule circolanti nel sangue troviamo eritrociti e leucociti (granulociti, linfociti e piastrine).
1. Eritrociti, che sono senza nucleo perché lo hanno espulso nei processi maturativi; questi
spendono tutta la vita in circolo, per circa 120 giorni. E’ importante conoscere la vita degli
eritrociti, al fine di capire quando queste cellule dureranno in circolo, dopo una trasfusione.
Di eritrociti ne troviamo circa 4,4-5,5 x 109/mm3 negli uomini e 4,2-5 x 109/mm3 nelle donne.
2. Granulociti. Presentano il nucleo, non si dividono e quindi non si moltiplicano, trascorrono
10-12 ore in circolo, poi passano ai tessuti, dove vivono fino ad alcuni giorni, svolgendo
funzione antibatterica, senza più tornare nel circolo ematico. I granulociti si dividono in
neutrofili, eosinofili e basofili. CERCA SU INTERNET CHE COSA FA OGNUNO.
I neutrofili aumentano per infezione batterica.
3. Linfociti. Hanno il nucleo e si moltiplicano intensamente, vivono da pochi giorni a molti
anni, viaggiano continuamente per il sangue, la linfa e gli organi linfoidi. Sono i responsabili
della competenza immunitaria. I linfociti aumentano per infezione virale.
4. Piastrine. Non sono cellule, ma frammenti citoplasmatici. Trascorrono tutta la vita in
circolo per 8-10 giorni circa. Queste sono 150-450 x 103/mm3.
Adesso che abbiamo analizzato anche le dimensioni degli eritrociti, come ci muoviamo?
Il passo successivo è quello di osservare la loro forma.
L’eritrocita normale presenta una forma rotondeggiante.
Fra le alterazioni della forma, abbiamo:
1. Poichilocitosi, ossia una variabilità di
forma (a racchetta, a pera, a biscotto, a
lacrima), generalmente espressione di
eritropoiesi inefficace e fragile. Queste
forme derivano dal fatto che c’è poco
ossigeno, poca Hb e quindi soffrono,
ripiegandosi; a volte, invece, sono proprio
difetti di membrana, che non permettono il mantenimento della forma.
2. Anisocitosi, ossia una disuguaglianza di dimensioni (alcuni eritrocitosi appaiono piccoli,
altri grandi, ecc.).
3. Anisopoichilocitosi, che rappresenta un’unione di poichilocitosi e anisocitosi. Tanto
maggiore è l’anisocitosi, tanto più frequente è la poichilocitosi. Lievi gradi di anisocitosi e
poichilocitosi si riscontrano anche in soggetti sani.
Eritrociti in anemia
I reticolociti sono giovani globuli rossi in cui la colorazione a fresco con alcuni coloranti basici
mette in evidenza una sostanza granulo-filamentosa di materiale basofilo: residui di RNA.
Sono in grado di sintetizzare proteine.
In soggetti non anemici questi sono circa 30 000 - 90 000 / mm3 in circolo in 1 giorno.
Usando fluorocromi che si legano all’RNA ribosomiale si riconoscono:
1. LFR = reticolociti a bassa fluorescenza, relativamente più maturi
2. MFR = reticolociti a media fluorescenza e maturazione
3. HFR = reticolociti ad elevata fluorescenza, più immaturi
L’eritropoietina, in condizioni di anemia, favorisce l’immissione in circolo di reticolociti ad uno
stadio di maturazione più precoce (rimangono in circolo 2-3 gg).
In base a questi indici possiamo riconoscere:
1. Anemie con risposta midollare adeguata (emorragia acuta, anemia emolitica) in cui la
conta dei reticolociti è alta.
2. Anemie con compromissione della capacità del midollo di aumentare la produzione
cellulare (anemie sideropeniche, anemie da insufficienza midollare primitiva) con
reticolociti non molto alti.
NB (integra da REG 1h 02 ca): nello studio di una diagnosi è importante partire nello studio di
quella più frequente, per esempio, se pensiamo che un soggetto presenti anemia e dobbiamo capire
di quale tipologia si tratta, iniziamo con gli esami della sideremia e di conseguenza con gli esami
sugli elementi che hanno affinità con il ferro. Valuteremo quindi la ferritina e le transferrasi. Se i
valori sono ok, si passerà all’analisi della seconda anemia più frequente, la talassemia. Si
analizzeranno quindi gli elementi che hanno a che fare con questa anemia. Se ancora ottengo valori
positivi, andrò a valutare la saturnia, la terza anemia in una scala di frequenza, e così via.
Nello studio di un’anemia tuttavia, posso pensare che essa sia presente solo se vari fattori inerenti
ad un tipo di anemia sono deficitari. Se per esempio, durante un esame, trovo la sola ferritina a
livelli bassissimi, essa non sarà indice di una sideremia, bensì di un’altra patologia, che non ha a che
fare con l’anemia
Come è possibile vedere dalla tabella qui sopra, sia i valori di ematocrito che di emoglobina sono
differenti fra uomini e donne.
Abbiamo detto che, in caso di anemia, i valori di Hb sono alterati (possiamo trovati anche valori di
eritrociti alterati) e l’MCV è sicuramente alterato. A questo punto, che cosa possiamo fare per
capire meglio che tipo di anemia abbiamo davanti?
Prima di tutti andiamo a vedere se siamo di fronte all’anemia più diffusa, ossia quella microcitica:
andiamo, pertanto, a dosare i trasportatori per il ferro, come la ferritina e la transferrina.
Se troviamo tutto normale, andiamo a vedere se c’è un’altra tipologia di anemia (quella poco meno
diffusa della microcitica, ossia l’anemia falciforme). Andiamo, quindi, a vedere l’Hb, che ci
permette di capire il tipo di talassemia. Alcune di queste sono anche dovute alla carenza di alcuni
enzimi, come la Glucosio-6-Fosfato-Deidrogenasi e la Piruvato-Chinasi (andremo, dunque, a dosare
anche questi).
Infine, l’acido folico e la vitamina B12 le dosiamo per vedere si ci sono anemie megaloblaste (in
queste abbiamo, infatti, una carenza di una di queste due vitamine provocano l’aumento
dell’omocisteina).
Se troviamo alterata la sideremia, poi, ci troviamo di fronte ad un’anemia iposideremica.
Importante ricordare come, se trovo una carenza di ferritina e transferrina, insieme ad altri parametri
alterati, è molto probabile che sia di fronte ad un’anemia. Se, invece, mi trovo di fronte ad una sola
carenza di ferritina, non si ha un’anemia, ma si hanno 2 possibilità principali: o siamo di fronte ad
una malattia autoimmune o c’è un problema di assorbimento.
Le alterazioni dell’emocromocitometrico
Le alterazioni possono essere di tipo quantitativo (aumento o diminuzione delle popolazioni
cellulari) o morfologiche (allontanamento dalla morfologia normale).
Le alterazioni quantitative vengono chiamate sempre classificate attraverso l’inserimento del
suffisso “-citosi”, se rappresentano un aumento, mentre “-penia” se abbiamo una diminuzione.
Cosa possiamo ottenere di informazioni da uno striscio di sangue periferico?
Questo ci dà moltissimo informazioni utili, perché ci permette di osservare subito quali anomalie il
sangue presenta; a seconda dell’alterazione, possiamo identificare una particolare patologia.
1. Bisogna tenere presente, per esempio, se le cellule tendono ad essere allungate (ellissocitosi,
sferocitosi): questo, infatti, corrisponde proprio ad un’anemia precisa. Nel caso delle cellule
sferiche, abbiamo la sferocitosi ereditaria, mentre nel caso delle cellule ovali, abbiamo
l’ellissocitosi ereditaria.
2. Possiamo trovare i basofili con tutta una serie di punteggiature all’interno, che
corrispondono all’inglobamento di piombo (o altri metalli pesanti): il soggetto avrà, quindi,
un’intossicazione da piombo.
3. L’aumento degli eosinofili evidenza la presenza di un’allergia.
4. Una diminuzione dei neutrofili, con un aumento dei linfociti sottolinea la presenza di una
patologia che prende il nome di agranulocitosi (sottolinea il fatto che sta diminuendo la
quantità di granulociti).
5. Se incontriamo dei rouleaux, ossia delle macchie rosse costituite da agglomerati di eritrociti,
siamo di fronte o ad un mieloma multiplo o ad una macrogobulinemia.
6. Se ci troviamo di fronte alla presenza di alcune cellule target (sono cellule a forma di
bersaglio, con delle stratificazioni colorate alternate, bianche e rosse, che danno propri l’idea
di un bersaglio da tiro) significa che abbiamo incontrato un’anemia caratterizzata da un
deficit di emoglobina C.
7. Se abbiamo la presenza di parassiti negli eritrociti, allora siamo di fronte ad un caso di
malaria o di babesiosi.
8. Se ci troviamo di fronte ad alcuni linfociti anormali ed atipici, molto probabilmente il
soggetto presenta una mononucleosi.
9. Malattie molto importanti, come le leucemie, possono essere evidenziate, a livello
periferico, dalla forma imperfetta delle cellule condroblastiche.
β-Talassemia Minor
48min ca
Riassumendo
Da un punto di vista fisico, i globuli rossi vengono spinti a sedimentare dalla forza di gravità,
proporzionale alla massa e al volume cellulare, contrastata dalla forza di galleggiamento; la massa
perciò aumenta quando le cellule si aggregano. L'aggregazione è di norma ostacolata dalla carica
negativa della superficie, che fa sì che gli eritrociti si respingano tra loro: è possibile, però, che tale
negatività si neutralizzi quando sono presenti nel plasma proteine a carica positiva che favoriscono
perciò l'impilamento delle emazie. Si spiega in tal modo l'aumento della VES nelle situazioni
fisiologiche o patologiche che implicano un aumento di fibrinogeno e di globuline plasmatiche.
Quindi, la determinazione della VES è una prova di valutazione delle proteine della fase acuta poco
costosa e semplice da eseguire. E’, tuttavia, difficile la sua standardizzazione in quanto:
1. I campioni non sono stabili
2. I risultati non sono disponibili prima di un’ora
3. La VES non riflette solo la variazione delle proteine plasmatiche giacché dipende in parte
anche dalla componente eritrocitaria.
Lo studio della VES; tuttavia, è molto importante da usare, poiché:
1. Un aumento della VES indica la presenza e l’intensità di un processo infiammatorio, anche
se non è mai diagnostico di una malattia specifica
2. Le sue variazioni sono più significative del rilievo di un singolo valore elevato
3. Può permettere l’identificazione di malattie nascoste
4. Può servire a monitorare il decorso o la risposta alla terapia di alcune malattie croniche,
come l’artrite reumatoide
Tuttavia, nonostante tutti i vantaggi, la VES è e rimane un indice aspecifico di malattia e non
costituisce nemmeno un indice specifico di fase acuta. Infatti, l’aumento della VES si ha per:
1. Patologie infettive (batteriche, virali, micotiche, sistemiche, ecc.)
2. Processi infiammatori non infettivi (artrite reumatoide, fratture, traumi, interventi chirurgici)
3. Processi necrotici (infarti del miocardio, pancreatite acuta)
4. Neoplasie (linfomi, leucemie, tumori metastatizzate)
5. Altri processi patologici (anemie gravi, emorragie gastro-intestinali, ipotiroidismo,
gravidanza, ecc.)
Normalmente, in caso di un normale o lieve aumento della VES, si possono avere tubercolosi
polmonare attiva, tifo, brucellosi, epatite virale, altre malattie virali non complicate, allergie,
appendice acuta, toxoplasmosi acquisita. In caso di una diminuzione della VES, invece, potremmo
presentare anemie ipercromiche, talassemia minor, policitemia, ipofibrinogenemia,
afibrinogenemia, linfogranuloma benigno.
Importante ricordare, al fine di eseguire una giusta lettura delle analisi chimico-fisiche del
campione, di non refrigerare, per evitare precipitazione di Sali e lipofili; inoltre, è necessario
analizzare il campione entro 2 ore dalla raccolta: una lunga permanenza del campione a temperatura
ambiente favorisce, infatti, l’evaporazione dei composti volatili e la proliferazione batterica; questa
distrugge il glucosio (per la riproduzione), provoca variazioni di pH e un’alterazione degli elementi
da identificare.
Nel caso, invece, di analisi dei metaboliti urinari, è necessario refrigerare a 2-8°C, utilizzando
contenitori acidificati (non si ha la precipitazione di sali!). Infine, riportare il campione a
temperatura ambiente.
Le proteinurie
La proteinuria fisiologica prevede la presenza di albumina per 40%, di proteine di origine renale e
urogenitale per un altro 40% (mucoproteine), di immunoglobuline per il 15% e, infine, di altre
proteine plasmatiche (α1- α2- β- e γ-globuline, transferrina, ceruloplasmina, aptoglobina) per il 5%.
Ma quali tipi di proteinurie conosciamo?
1. Da sovraccarico, causata da un’aumentata filtrazione di proteine anomale
2. Glomerulare, causata da un difetto di ritenzione glomerulare di proteine normali
3. Tubulare, causata da un difetto di riassorbimento di proteine normali
4. Emodinamica, causata da un’aumentata filtrazione
5. Secretoria, causata da un’aumentata secrezione di IgA
Analizziamo, adesso, le proteinurie glomerulari.
Queste sono caratterizzate dalla penetrazione di proteine presenti, ad elevato peso molecolare
(100.000 Dalton e più), nelle urine.
Se abbiamo un danno a carico del glomerulo, possiamo avere:
1. Danno alle glicosialoproteine, che provoca una perdita di albumina e transferrina
2. Danno ai podociti, che provoca una perdita “non selettiva” di proteine, con perdita di
albumina e altre proteine di alto PM
Nel caso di proteinurie tubulari, invece, abbiamo una perdita di proteine a basso peso molecolare
(<40.000 Dalton), normalmente filtrate dai glomeruli, ma che non vengono riassorbite a livello del
tubulo distale. Fra le proteine a basso peso molecolare troviamo la β-2-microglobulina, l’α-1-
microglobulina, il lisozima e le proteine di Bence-Jones.
La β-2-microglobulina, per esempio, è una proteina costituente la catena leggera degli antigeni di
istocompatibilità (MHC o HLA) presenti sulle membrane cellulari. Questa proteina ha un PM di
11800 Dalton e aumenta nelle urine di 100 o anche 1000 volte, in caso di tubulopatie congenite.
Infine, parliamo delle microalbuminurie.
La microalbuminuria è una condizione caratterizzata da una minima escrezione urinaria di
albumina. Nei soggetti con diabete mellito la microalbuminuria è un importante marker di rischio di
nefropatia diabetica, che può evolvere fatalmente in un’insufficienza renale.
Ma come si esegue un iter diagnostico delle proteinurie?
Prima di tutto si esegue un rilievo al dipstick di proteinuria. I dipstick hanno, in genere, una
sensibilità soprattutto per l'albumina e per proteine ad alto peso molecolare. Si esegue, poi, un
dosaggio quantitativo della proteinuria ed, infine, si vanno ad identificare le proteine presenti nelle
urine, attraverso il metodo dell’elettroforesi e dell’immunoelettroforesi.
Sindrome nefrosica:
1. Proteinuria > 3,5 g/die
2. Ipoalbuminemia
3. Edema (ritenzione renale di acqua e sali)
4. Iperlipidemia e lipiduria (aumentata sintesi epatica di lipoproteine da riduzione della
pressione oncotica, perdita di proteine che regolano l'omeostasi lipidica)
4. Diatesi trombofilica
5. Lento declino della funzione renale
Alcune definizioni importanti
Acido urico: è un prodotto di scarto derivante dalla degradazione degli acidi nucleici. La maggior
parte di acido urico passa, attraverso il sangue, ai reni, che lo tolgono dal sangue e lo eliminano con
le urine. Sono considerati valori normali 0,4-1g/die.
Albumina: E' la proteina più abbondante dell’organismo. In condizioni di normalità deve essere
assente nell’urina. La semplice presenza nell’urina è già una cosa anomala e l’anomalia è definita
albuminuria; l’albuminuria indica la presenza di un difetto di funzionamento del meccanismo di
filtrazione del rene.
Aldosterone: Ormone secreto dalla corticale surrenale di grande importanza per controllare la
pressione del sangue e regolare la concentrazione di sodio e potassio. L’aldosterone, inoltre, agisce
sul rene riducendo la quantità di sodio nelle urine.
Bilirubina: Normalmente la bilirubina non dovrebbe essere presente nell’urina, se non in
piccolissima quantità. Una sua eccessiva presenza conferisce alle urine un colore marrone scuro e la
presenza di schiuma.
Cloruri: Sono i principali anioni del plasma. I valori normali sono considerati 110-250 mEq nelle
urine delle 24 ore.
Nitriti: la presenza di nitriti nelle urine è indice di infezioni delle vie urinarie.
Peso Specifico: E' un buon indicatore della funzionalità del rene. Il suo valore è determinato dalla
presenza di urea, proteine, glucosio, urobilina e pigmenti biliari.
Varia in relazione alla capacità del rene di mantenere l’equilibrio dei liquidi e degli elettroliti.
In condizioni normali il peso specifico varia da 1007 a 1030 (normostenuria). In generale, se il peso
specifico è più alto rispetto ai valori normali (urine ipotoniche), significa che l’organismo si è
impoverito dei suoi liquidi. Se il peso specifico è più basso rispetto alla norma abbiamo, infine,
delle urine ipertoniche.
Pigmenti Biliari: Urobilina e Urobilinogeno sono prodotti di trasformazione della bilirubina per
mezzo dei batteri intestinali. Le urine con eccesso di urobilina presentano color giallo-marrone ma
non formano schiuma. Un’assenza di pigmenti biliari è indice di una severa alterazione della
funzionalità epatica.
Le feci
Esistono caratteri macroscopici delle feci:
1. Quantità giornaliera (120-200gr)
2. La consistenza può essere liquida (con presenza di acqua al 90%), semiliquida (con
presenza di acqua all’85%), poltacea (con presenza di acqua all’80%) e solida (con presenza
di acqua al 75%).
3. La forma è generalmente cilindrica o cilindroconica. Può essere caprina (in caso di colon
irritato), a fettuccia (spasmi riflessi dello sfintere anale), a nastro (stenosi dell’ultimo tratto
intestinale).
4. Il colore è giallo-bruno.
5. L’odore è fecaloide (non sui generis!!!!). Può diventare acido e penetrante, in presenza di
acido butirrico, acido propionico, acido acetico o acido lattico. Infine, può divenire putrido,
se presente idrogeno, metano, anidride carbonica, mercaptani, acido solfidrico o ammoniaca.
Steatorrea
Steatorrea è un termine medico utilizzato per indicare l'eccessiva presenza di grasso nelle feci. Si
manifesta con un'abbondante emissione di escrementi pastosi, di aspetto lucido e brillante.
Questo disturbo è spia di un malassorbimento intestinale, che può essere legato al
malfunzionamento di uno o più dei tre organi coinvolti nella digestione dei lipidi. La
metabolizzazione di questi nutrienti necessita infatti dell'attività coordinata di fegato (produzione di
sali biliari), pancreas (sintesi degli enzimi lipasi - colipasi) e intestino (succo enterico, assorbimento
nei microvilli e contrazioni peristaltiche).
La steatorrea è quindi frequente in presenza di insufficienze pancreatiche, pancreatiti, gravi deficit
di sali biliari o resezioni intestinali estese.
Nel caso di steatorrea, le feci si presenteranno con:
1. Aspetto chiaro, lucido, brillante
2. Feci adese al recipiente e untuose
3. Talora goccioline oleose in superficie
4. Odore rancido
5. Volume delle feci aumentato
Analisi microscopica delle feci ed anamnesi del paziente con turbe dell’alvo
Eseguiamo un prelievo delle feci ed andiamo ad osservare se sono presenti residui alimentari
vegetali, grassi, fibre cornee, amido, fibre connettivali (filamenti), cristalli (fosfati ossalati), muco,
pus, calcoli, eritrociti, leucociti, cellule epiteliali.
Al fine di capire, invece, se un soggetto presenta turbe dell’alvo, dovremo andare ad osservare:
1. Il numero di scariche giornaliere e la loro frequenza
2. I caratteri macroscopici delle feci
3. La quantità totale rispetto alla media
4. Bisogna vedere se le feci galleggiano o sprofondano in acqua