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PATOLOGIA CLINICA LEZIONE 2 – GIUSEPPE E FEDERICA

La scorsa volta abbiamo visto in linea di massima come si effettua il prelievo di sangue e quali
potrebbero essere gli errori
procedurali che per via preanalitica,
analitica o post-analitica possono in
qualche modo inficiare il risultato e
quindi ci possono dare dei falsi
positivi o dei falsi negativi. Su questo
ricordiamoci che è molto importante
la preparazione adeguata del
paziente, soprattutto per la fase
preanalitica. Nella fase analitica
ricordiamoci di utilizzare il metodo
idoneo e di adeguare sempre il
nostro metodo con i controlli positivi
e negativi, quindi di utilizzare degli
approcci che ci consentano di
verificare la qualità del metodo che
stiamo utilizzando. La fase post-
analitica è una fase dove effettivamente c'è massimo una percentuale del 17% di errore e quindi
stiamo parlando di una fase in cui la trascrizione del risultato e la refertazione dovrebbero essere
teoricamente in assenza di errori.

Per entrare nel merito della lezione odierna, ci occuperemo oggi dell'esame emocromocitometrico
e in particolare delle informazioni principali che ci fornisce quest’esame e quando questi valori
possono essere alterati di che malattie possono essere indicativi in linea di massima. Per fare
questo ricordiamoci da cosa è costituito il sangue che è un tessuto liquido e come vedete in una
provetta di sangue che faremo coagulare noi avremo un 45% di volume costituito da globuli rossi
(anche un po’ meno in realtà intorno al 43-42%), poi c'è questo 1-3% costituito da globuli bianchi e
piastrine. Invece la parte liquida sovrastante, che è formata per lo più da una soluzione acquosa in
cui sono disciolti sali minerali e le proteine plasmatiche, corrisponde al 55%. Quando parlo di
globuli rossi sto parlando di tutta la parte corpuscolata e come voi già sapete sono dell'ordine di
grandezza di 4-5 milioni per mm3 di sangue, mentre le piastrine sono dell'ordine di grandezza di
200/300/400 mila per mm3 e i globuli bianchi sono dell'ordine di grandezza di 4.000 massimo
10.000. Per cui il 100% del volume della massa corpuscolata è effettivamente costituita dai globuli
rossi e il resto diciamo è abbastanza trascurabile. Perciò quando parliamo di ematocrito mi
riferisco al rapporto del volume tra la parte corpuscolata e la parte liquida. Sicuramente il globulo
rosso è quello che pesa maggiormente nel determinare questo rapporto per quanto riguarda la
parte corpuscolata. Quindi sappiamo che se ci sono variazioni di questo rapporto in senso
patologico questo è imputabile ad un aumento o ad una riduzione dei globuli rossi o ad un
aumento o ad una riduzione della parte acquosa. Sicuramente globuli bianchi e piastrine non
determinano una variazione apprezzabile di questo rapporto. Quindi all’ematocrito contribuiscono
essenzialmente il plasma e il volume dei globuli rossi, non sicuramente quello dei globuli bianchi e
piastrine e il motivo lo capite grazie a questa raffigurazione grafica che ci aiuta a capire il perché
quando facciamo il rapporto tra il volume percentuale di parte corpuscolata e parte liquida. Quindi
alterazioni di quel valore sono correlabili a questi due fattori non tanto a globuli bianchi e
piastrine.
Quali sono le funzioni del sangue? Mantenimento della temperatura, trasporto di gas respiratori,
trasporto di ormoni e altri metaboliti vari. Quindi diciamo ha una funzione importantissima.
Il processo di
formazione delle
cellule del
sangue viene
definito
emopoiesi e ha
origine proprio
dal midollo
osseo. Solo in
epoca fetale
inizialmente
viene espletato
nel sacco
vitellino, poi
successivamente
avviene a livello
epatico o nella
milza e poi in
epoche
successive si
stabilizza nel midollo osseo. Questo processo non è nient'altro che una differenziazione cellulare,
quindi partiamo da un precursore staminale multipotente emopoietico e avviene quello che viene
definito commitment, cioè c'è qualche segnale che proviene dal microambiente che dice a questa
cellula staminale multipotente di differenziarsi o in senso mieloide a partire da un progenitore
comune mieloide che darà a sua volta origine anche ai granulociti (basofili, neutrofili ed eosinofili),
ai monociti e ai megacariociti da cui poi derivano le piastrine, o in senso linfoide che parte da un
progenitore linfoide per dare origine alle cellule natural killer, ai linfociti di tipo T e di tipo B.

Questo processo di eritropoiesi che dà luogo alla formazione di eritrociti da chi è iniziato?
Innanzitutto, quando nel sangue sono presenti basse tensioni di ossigeno si ha lo stimolo
eritropoietinico, quindi a livello renale viene rilasciato questo ormone e questo viaggia proprio a
livello midollare per dare l'input al commitment in senso mieloide e in senso eritropoietico. Le
cellule degli eritrociti sono cellule anucleate molto semplici che non hanno un abbondante
citoplasma e sono cellule molto povere da un punto di vista strutturale. Sono semplicemente
dotate di estrema elasticità e flessibilità. Hanno questa forma di disco biconcavo che ne aumenta
notevolmente la superficie e questo è fondamentale per gli scambi e hanno un diametro di 8 μm
per cui riescono ad infilarsi anche nei capillari più piccoli. Quindi abbiamo detto che sono cellule
senza nucleo, senza mitocondri, non presentano ribosomi né tanto meno componenti del reticolo
citoplasmatico o per esempio apparato di Golgi e quant'altro. Come mai hanno questo asset così
particolare da un punto di vista strutturale e da un punto di vista metabolico? Perché la loro
funzione non è quella sintetica. A livello dell’eritroblasto abbiamo una cellula che darà origine agli
eritrociti ed è una cellula che ha un apparato sintetico molto sviluppato perché produrrà
tantissima emoglobina che è la proteina più importante contenuta nei globuli rossi deputata allo
scambio dell'ossigeno e dell’anidride carbonica. Tuttavia, quando l’eritroblasto matura va a
perdere tutte queste componenti e rimane con la sola emoglobina perché di fatto deve espletare
solo questa funzione. Il processo eritropoietico è un processo tutto sommato abbastanza breve
della durata di 4-5 giorni e una volta che si formano in circolo questi globuli rossi avranno una vita
media di 120 giorni e quindi verranno immediatamente rimpiazzati alla fine del loro ciclo vitale.

In condizioni patologiche la struttura


dell’emoglobina può cambiare: è formata
da due catene alfa e due catene beta che
costituiscono una parte globinica e poi ci
sono dei gruppi prostetici (gruppo eme)
che hanno la caratteristica di avere la
presenza di uno ione ferro che nella
forma ferrosa si può coordinare
all'ossigeno. Una molecola di emoglobina
può legare quattro molecole di ossigeno
in corrispondenza dei quattro gruppi
prostetici e all'interno di un singolo
globulo rosso sono presenti 300 milioni di
molecole di emoglobina, per cui facendo
un banale calcolo ogni singolo globulo
rosso può trasportare 1,2 miliardi di
molecole di molecole di ossigeno.
Il gruppo eme è costituito da una struttura
chimica particolare: c'è questo anello che
viene definito anello tetrapirrolico proprio
perché ha questi quattro gruppi pirrolici e
centralmente questo ione ferro allo stato
ferroso che nel contesto del piano
dell'anello tetrapirrolico si trova
leggermente sfalsato verso l'alto e questo è
funzionale al legame di coordinazione con
l'ossigeno.
Quali sono i tipi principali di emoglobine?
Ne abbiamo diverse isoforme fisiologiche, la
più importante è l'emoglobina di tipo A
(Hb A) che corrisponde a più del 95% di
tutta l’isoforma di emoglobina
fisiologica dell'adulto costituita appunto
dalle due catene alfa ed alle due catene
beta. Dopodiché ci possono essere due
varianti principali che però si attestano
in percentuale 3% e 2%, quindi diciamo
sono abbastanza poco significative: le
catene beta vengono sostituite da due
catene di tipo delta nell’emoglobina di
tipo A2 (Hb A2) e da due catene gamma
nell’emoglobina F (Hb F).
Per quanto riguarda i globuli
bianchi, questa slide ci offre
una raffigurazione grafica di
quella che sarà la formula
leucocitaria. Che vuol dire la
formula leucocitaria quando
andiamo a leggere un
esame
emocromocitometrico?
La formula leucocitaria non
è altro che l'espressione di
ciascuna popolazione di
leucociti in percentuale
rispetto al loro valore
assoluto. Sappiamo che per
essere normale questa
percentuale deve essere
compresa in un certo range.
Innanzitutto, abbiamo i
granulociti che sono costituiti dai neutrofili, dagli eosinofili e dai basofili. I granulociti
rappresentano la maggior parte delle cellule della nostra formula leucocitaria e quindi delle cellule
della serie bianca arrivando quasi all' 80% ma mediamente al 50%. Diciamo che i neutrofili sono
compresi tra il 40 e il 70% e la restante percentuale invece è di eosinofili, basofili e monociti. Per
cui se uno vi chiede qual è la popolazione di leucociti più abbondante nel soggetto sano
sicuramente questa sarà rappresentata dai granulociti di tipo neutrofilo. Subito dopo i granulociti
neutrofili abbiamo i linfociti, quindi linfociti T e B che contribuiscono alla formula leucocitaria in
una percentuale che va dal 20 al 50%. Poi ci sono i monociti circa un 6% quindi dal 3 al 10%. Invece
gli eosinofili e i basofili che hanno delle azioni un po' più accessorie e intervengono in casi
particolari, per cui l'azione più grossa se la vedono i neutrofili e poi i macrofagi a livello tissutale.
Perché sappiamo che il pool circolante dei monociti non è elevatissimo ma poi a livello tissutale si
trasformano in macrofagi ed è lì che esercitano un’azione chemiotattica e fagocitica. Quindi gli
eosinofili saranno
compresi tra lo 0 e il
6% e invece i più scarsi
di tutti sono i basofili
che sono espressi tra 0
e 1,5% massimo di
tutte le cellule della
serie bianca.

Questi neutrofili come


li riconosciamo?
Mediamente arrivano a
1800 7000 cellule per
microlitro (massimo
10.000) e
rappresentano come
abbiamo già detto la maggior
parte della popolazione
leucocitaria circolante.
Hanno questo nucleo
particolare segmentato e
un’azione battericida che si
esercita tramite l'azione
chemiotattica e fagocitica
che questi sono in grado di
esercitare.
Non so se avete mai sentito
parlare di queste trappole
extracellulari di neutrofili. Si
tratta praticamente che i
neutrofili sono in grado di
rilasciare in alcune
condizioni, quando vengono
in qualche modo attivati, sia
frammenti di DNA proprio di cromatina e di proteine nucleari associate che in qualche modo
vengono a formare questa rete. Nell’infiammazione può avvenire che si formino queste reti che
inglobano gli agenti patogeni e quindi questo diciamo è un meccanismo di rafforzamento
dell’immunità innata che fino a qualche anno fa non era conosciuto e invece si sa adesso che
queste trappole effettivamente le fanno i neutrofili e le fanno gli eosinofili. Cioè un meccanismo
molto oltre alla fagocitosi, oltre all'effetto chemiotattico per richiamare altre cellule, che consiste
nella capacità di formare queste trappole.

Gli eosinofili invece sono tra lo 0 e 6% di tutta la popolazione leucociti e arrivano a massimo 450
cellule per microlitro o mm3 di sangue. La caratteristica del nucleo è quella di essere a forma
bilobata. Se fate uno striscio di sangue li individuate veramente facilmente a casa del nucleo
peculiare e analogamente a quanto succede per i basofili queste cellule presentano un recettore
per le immunoglobuline E e quindi diciamo si possono legare alcuni allergeni. Dunque, in qualche
modo partecipano in reazioni allergiche ma soprattutto intervengono nella difesa aspecifica da
parte di parassiti ed
elminti proprio perché
contengono una serie
di molecole, tra cui
questa proteina basica
maggiore (MBP), uno
dei componenti dei
granuli degli eosinofili
che viene colorato
dall’eosina. Gli
eosinofili si chiamano
così proprio perché
amano l’eosina che è
un colorante a
carattere acido. Quindi
significa che i granuli
degli eosinofili sono basici poiché appunto si fanno legare dai coloranti di carattere acido e la
proteina basica maggiore è proprio uno dei componenti più importanti dei granuli degli eosinofili
che vanno a legare l’eosina quando uno fa lo striscio di sangue ed esercita azione citotossica che
anche insieme a delle perossidasi ci consente di difenderci da infezioni parassitarie ed elmintiche.

Anche i basofili come


abbiamo detto sono molto
poco espressi ancora meno
degli eosinofili. La loro
azione importante è quella
di partecipare e modulare le
reazioni allergiche e da
ipersensibilità. Allo striscio
di sangue li riconoscente per
questo grosso nucleo che
però non è tondeggiante
come quello dei monociti,
questo è un po’ più
frastagliato. I basofili
possiedono anche loro i
recettori per le
immunoglobuline E capaci di legare l'allergene e quindi di scatenare queste reazioni allergiche o di
ipersensibilità come avviene nel corso di orticaria. Il contenuto dei loro granuli è ricco in
mucopolisaccaridi acidi come l'eparina. Ricordiamoci che infatti sono basofili proprio perché
presentano questi componenti di tipo acido che legano i coloranti basici. È ricco anche di fattore
attivante le piastrine, leucotrieni che intervengono nel dare ad esempio la broncocostrizione,
istamina e altri componenti che intervengono in queste reazioni d'ipersensibilità.

Per quanto riguarda i monociti,


queste cellule sono al terzo posto
dopo i neutrofili e i linfociti. Essi
rappresentano il 3-10% dei leucociti
e la maggior parte di questi va a
colonizzare i tessuti e ad esercitare
un'azione di difesa aspecifica
appunto innata a livello tissutale.
I linfociti sono le cellule
del sistema immunitario
adattativo e hanno questa
particolare struttura con
un nucleo tutto tondo che
occupa la maggior parte
del citoplasma. Sono la
popolazione leucocitaria
più abbondante subito
dopo i granulociti
neutrofili.

Le piastrine sono
frammenti cellulari
coinvolti nell’emostasi:
non hanno nucleo ed è
come se venissero da
questo grande
megacarioblasto che va
incontro a
frammentazione durante
la differenziazione
emopoietica in senso
megacariocitico.

Vediamo più nello specifico cosa troviamo


quando abbiamo il foglio del referto
dell'esame emocromocitometrico.
Ricordiamoci che nella nostra provetta di
sangue abbiamo come parte corpuscolata un
buon 45% a cui partecipano la maggior parte i
globuli rossi, in veramente minima quantità
globuli bianchi e piastrine e la parte successiva
invece è la parte liquida, un buon 55%, quindi i
fattori della coagulazione, proteine
plasmatiche, acqua e sali minerali.
Nell'esame
emocromocitometrico
troveremo:
• dati relativi a globuli
rossi, globuli bianchi e
piastrine
• dati relativi alla
morfologia e al volume
delle cellule
• dati relativi alla
quantità di emoglobina
• distribuzione
citometrica di queste
nuvolette che sono le
singole cellule del
sangue
• la formula leucocitaria
ovvero l'espressione in percentuale di ogni singola popolazione dei globuli bianchi rispetto
al valore assoluto

Il referto di un emocromo si compone di


tre sezioni:
• globuli bianchi (WBC)
• globuli rossi (RBC)
• piastrine

Comprenderà quindi il numero di


leucociti che va da 4.000 a 10.000 cellule
per microlitro di sangue. Potrete trovare
leggere variazioni rispetto a questi indici
perché spesso i valori di riferimento sono
un po’ geografici, cambiano un po’ anche
col tempo e sono relativi all’asset di ogni
laboratorio. Per quanto riguarda la
sezione delle White Blood Cells, quindi
dei globuli bianchi, avrà sia il numero dei
leucociti totali nonché la formula
leucocitaria ovvero le varie popolazioni
espresse in percentuale rispetto ai
leucociti in valore assoluto. Questa è la
formula leucocitaria: neutrofili prima di
tutto (40-70%), poi abbiamo i linfociti
(20-50%), poi i monociti (max 10%),
eosinofili (max 5-6%) e basofili (max
1.5%).
Le nuvolette che avete
visto prima sono relative
proprio al funzionamento
del citofluorimetro,
macchina il cui
funzionamento prevede
che la sospensione di
sangue passi attraverso
un fascio di luce laser e
venga poi deviata,
essendo una parte
corpuscolata, dal
passaggio di queste
cellule che vengono
spinte attraverso una
specie di buchetto ad una
pressione che deve
essere sempre costante in
maniera tale che vediamo
sullo schermo del
citofluorimetro questo
liquido che passa goccia a goccia. La persona che si occupa di citofluorimetria avrà l'esperienza tale
da capire quando il campione sta passando in maniera corretta e quindi quando la goccia sta
passando in maniera corretta oppure se bisogna aumentare o diminuire la pressione perché
questo è molto dipendente non solo dal campione ma anche dalla temperatura esterna e così via.
Per cui quando questo campione passa attraverso il raggio di luce, quest’ultimo viene deviato
secondo uno scatter laterale (side scatter) e secondo uno scattar in avanti (forward scatter).
Mentre la deviazione della luce in laterale ci dà delle informazioni su quanto è complesso il
citoplasma e la granulosità delle cellule, il forward scatter ci dà delle informazioni su quanto è
grande quella cellula. Quindi la macchina elabora queste informazioni mentre il campione passa e
sostanzialmente le va a mettere insieme in un dot plot, come potete vedere in questa figura, ed
escono fuori queste nuvolette dove diciamo abbiamo già in precedenza disegnato questi tondini
che sono quelli che in gergo vengono definiti gate ovvero porte, lo spazio entro cui noi ci
aspettiamo che il campione normalmente cada perché sappiamo in condizioni normali qual è la
granulosità della popolazione dei neutrofili, qual è la granulosità dei monociti e così via. Per
esempio, i neutrofili come potete vedere hanno una dimensione abbastanza grande e se vedete
nella direzione del forward scatter, sull'asse delle X, è come se fossero un po’ centrali mentre le
cellule più piccole sono proprio i linfociti perché si trovano un po' più a sinistra nell'asse delle X. Il
side scatter, sull'asse delle Y, ci dà informazioni sulla granulosità e come potete vedere qui sembra
che i neutrofili abbiano granulosità molto più alta perché i numeri di side scatter per quel che
riguarda i neutrofili sono più elevati rispetto invece al side scatter dei monociti e dei linfociti.
Normalmente questi campioni per
poterli quantificare li passiamo al
citofluorimetro e otteniamo queste
informazioni numeriche, queste
informazioni di tipo morfologico,
queste percentuali che costituiscono
la formula leucocitaria. Quando però
ci accorgiamo che ci sono delle
anomalie e il citofluorimetro mi
segnala per esempio una corsa
dell'eritrocita, come si dice in gergo,
non canonica quindi non si
distribuisce la nuvola come si
dovrebbe distribuire, allora passiamo
allo striscio di sangue periferico che è
una cosa antica ma che dà comunque tantissime informazioni e la visualizzazione la facciamo
attraverso questa colorazione differenziale che viene chiamata May Grunwald-Giemsa. È un
colorante costituito da coloranti acidi e basici. I coloranti basici si attagliano a queste componenti
di carattere acido (acidi nucleici,
proteine nucleo-citoplasmatiche, granuli
basofili) invece il colorante acido che è
rappresentato prevalentemente
dall’eosina si lega alle componenti
basiche (emoglobina e i granuli degli
eosinofili). Poi c'è questa bella quantità
di metanolo che serve come agente
fissativo. La procedura consiste
inizialmente nel fissare le cellule sul
vetrino dopo averlo strisciato ed
essiccato utilizzando il May Grunwald
diluito all'interno di metanolo,
successivamente di aggiungere May Grunwald in acqua in maniera tale che avvenga la colorazione.
Poi viene rimosso il colorante e successivamente si va ad aggiungere il Giemsa che invece è
costituito non solo dal blu di metilene e dall’eosina ma anche da quest’azzurro II che aumenta
l’intensità delle colorazioni. Quindi
successivamente facendo asciugare
andiamo a montare il nostro
vetrino col coprioggetto ed
osservare.
Vediamo gli eritrociti che sono di
colore rosa questo perché
l'emoglobina si lega all’eosina. Poi
vediamo le cellule in assenza di
granuli ovvero il monocita e il
linfocita che sono con citoplasma
praticamente trasparente e quello
che si va a colorare di blu-viola è
semplicemente il nucleo proprio
perché abbiamo detto assenza di
granuli. Poi abbiamo invece le cellule
con i granuli ovvero i neutrofili, i basofili
ed eosinofili. I neutrofili con nucleo blu-
viola abbastanza abbondante, i basofili
con dei granuli intensamente colorati
dal blu di metilene e gli eosinofili
intensamente colorati di rosa oppure di
arancio per la presenza di queste grandi
quantità di proteina basica maggiore
che, come abbiamo detto, si va a legare
all’eosina.

Se abbiamo corso il nostro campione al


citofluorimetro e abbiamo trovato dei valori che non ci tornano, abbiamo fatto lo striscio di
sangue e abbiamo visto che c'è un incremento della conta dei leucociti allora si ha quella che viene
definita leucocitosi. Sappiamo che il
valore normale dei leucociti ha un range
di 5.000-10.000 cellule per mm3 di
sangue e definiamo quindi leucocitosi
quando il numero del gruppo di bianchi
aumenta rispetto alle 10.000 cellule
(valore massimo). La leucocitosi può
essere può essere una leucocitosi
neutrofila, eosinofila o basofila. Più
comunemente, a livello statistico,
abbiamo una leucocitosi neutrofila.
Ricordiamoci che concorrono a questo
5-10.000 per la maggior parte i neutrofili
perché eosinofili e basofili sono molto
rari, per cui diciamo che quando il
numero di neutrofili supera il valore di
7.500 cellule per mm3 allora possiamo parlare di leucocitosi neutrofila. Questo avviene in
condizioni di:
• stress intenso o attività fisica intensa
• quando usiamo delle terapie per esempio a base di steroidi
• quando aumenta in circolo
l’adrenalina
• quando somministriamo beta-agonisti
• più comunemente in presenza di
alcune cause infettive perché
ovviamente i neutrofili devono agire
contro le infezioni e in particolar
modo rickettsie e funghi
• altre cause accessorie come malattie
infiammatorie, infarti, insufficienza
renale
Cos’è la reazione leucemoide? Abbiamo detto che ci può essere un aumento dei granulociti
neutrofili ascrivibile alle cause che
abbiamo appena identificato
tuttavia molte volte ci può essere
un incremento non delle cellule
finali differenziate ma di cellule
precursori immature della serie
mieloide di differenziazione che
vengono ad essere in qualche
modo rilasciate e quindi si
trovano nel sangue periferico.
Effettivamente si possono trovare
sia precursori immaturi degli
eosinofili che dei basofili però più
comunemente quando avviene
questa reazione leucemoide i
precursori immaturi che noi
troviamo sono di tipo neutrofilo e vengono definiti promielociti, mielocita neutrofilo e
metamielocita neutrofilo che diciamo danno un profilo simile a quello della leucemia mieloide
cronica e per questo viene definita reazione leucemoide. Si tratta di un evento non molto comune
che interviene in presenza di neoplasie solide oppure di gravi infezioni e gravi disturbi metabolici a
carattere renale oppure a carattere epatico. Perciò quando parliamo di reazione leucemoide
parliamo di un incremento dei granulociti neutrofili non ascrivibile all'aumento delle cellule
terminalmente differenziate bensì all'aumento di precursori di tipo immaturo che per cause
neoplastiche oppure per gravi processi infettivi e gravi malattie metaboliche si accumulano
all'interno del sangue.

Quando invece aumentano in


maniera patologica gli eosinofili?
Quando questi superano la quantità
di 500 cellule per mm3 di sangue e
questo avviene come conseguenza di
allergie oppure in conseguenza a
malattie parassitarie perché questi
eosinofili vengono aumentati in
maniera compensatoria ovviamente
per rispondere principalmente a
questo problema.
Quando interviene la leucocitosi
basofila? Quando i basofili sono
maggiori di 150 cellule per mm3
di sangue. Molto spesso è un
referto comune non trovare
addirittura basofili e averli
addirittura assenti. Questi,
ricordiamoci che sono tra lo 0 e
l’1.5% della popolazione totale di
leucociti, aumentano al di sopra
di questo valore o nel corso di
reazioni da ipersensibilità, ad
esempio come avviene nella
reazione allergica associata ad
orticaria oppure in processi
neoplastici come quelli della leucemia mieloide cronica. Quindi andando ad aumentare tutte le
cellule bianche aumentano pure i basofili. Ricordiamoci che nel corso di leucemia mieloide cronica
un aumento dei basofili superiore al 10% è un indicatore prognostico negativo ma in generale
anche durante alcune infezioni virali o infiammazione cronica si può verificare un aumento della
presenza di basofili nel sangue venoso
periferico.

Viene definita linfocitosi assoluta un


aumento dei linfociti maggiore a 4000
cellule per mm3 di sangue. Questi
intervengono prevalentemente
quando siamo di fronte a malattie
virali come Epstein-Barr,
citomegalovirus, virus erpetico,
rosolia, influenza e ci possono essere
altre cause ma sono più rare e
comunque correlabili a processi
infettivi.

Il problema opposto invece è quello della leucopenia, ovvero una riduzione dei leucociti circolanti
al di sotto delle 4.000 cellule per mm3 di sangue. Per
quanto riguarda i neutrofili, parliamo di neutropenia
quando il valore dei neutrofili scende sotto le 2000
cellule per mm3, tuttavia, ricordiamoci che se il valore
si mantiene comunque al di sopra dei 1000 abbiamo
una neutropenia diciamo di carattere lieve e non è
eccessivamente preoccupante. Invece se il valore si
assesta tra 500 e 1000 cellule per mm3, la neutropenia
viene definita moderata e per valori di neutrofili
invece inferiori alle 500 cellule per mm3 parliamo di
una neutropenia severa. Ovviamente il rischio più
importante è quello che si sviluppino processi infettivi.
Ricordiamoci ancora una volta che
le cause più importanti di
neutropenia sono:
• le infezioni virali che vanno
essenzialmente a
consumare queste cellule e
a volte anche infezioni
batteriche
• l'utilizzo di farmaci come
per esempio
chemioterapici, antibiotici,
tranquillanti
• oppure la neutropenia può
intervenire per due cause
diciamo non esogene
(infezioni virali e farmaci): o
da eccessiva distruzione periferica, per esempio ci può essere una neutropenia di tipo
autoimmune quindi a causa di un processo autoimmunitario abbiamo una produzione di
autoanticorpi che vanno a distruggere i neutrofili oppure se la milza è interessata da
processi di splenomegalia allora si può avere anche un aumento del sequestro splenico di
queste cellule. Ricordiamoci anche un'altra cosa che se il midollo è ipoplasico, o aplasico
addirittura, oppure se c'è un'invasione neoplastica a livello midollare e nel contesto di
neoplasie solide che sono andate a metastatizzare a livello del midollo, allora questo
potrebbe determinare una neutropenia caratterizzata dall’alterazione a livello midollare.

Cos'è l’inversione della formula leucocitaria?


Abbiamo detto che le popolazioni di
globuli bianchi più abbondanti sono
rappresentate dai neutrofili e dai linfociti.
Sappiamo che i neutrofili, come abbiamo
detto prima, sono il 40-70% mentre dal
20 al 50% abbiamo in linfociti. È possibile
che vi sia una riduzione di questi rapporti
cioè a livello percentuale i neutrofili si
riducono e contemporaneamente
abbiamo un aumento relativo dei linfociti.
Quest’inversione della formula
leucocitaria avviene frequentemente nel
corso di infezioni virali a carico delle vie
respiratorie oppure quando ci infettiamo
per citomegalovirus o virus di Epstein-
Barr ed è un fenomeno solitamente benigno e transitorio che va ad estinguersi con l'eliminazione
del processo infettivo.
Parliamo adesso invece della
linfopenia: riduzione del
numero dei linfociti al di sotto
delle 1500 cellule per mm3 di
sangue. È nella maggior parte
dei casi associata a un eccesso
di cortisolo che può essere sia
derivante da terapia steroidea
oppure terapia nel corso di
patologie surrenaliche oltre
chemioterapia oppure a un
incremento di cortisolo
endogeno che si può verificare
nel corso di malattie infiammatorie di tipo acuto oppure di tipo anche cronico degenerativo e
autoimmunitario come lupus, sclerosi multipla, miastenia, neoplasie e così via. Come vedete molto
spesso si possono sovrapporre questi quadri ecco perché queste informazioni generiche dobbiamo
in qualche modo appaiarle ad altri tipi di reperti laboratoristici e strumentali per poter avere poi
una diagnosi e poter trattare adeguatamente il paziente.

Per quanto riguarda invece la


riduzione del numero di
eosinofili o di basofili
effettivamente anche questo
può essere un evento
transitorio che può essere una
diretta conseguenza di uno
stress acuto o di
infiammazione acuta e
ricordiamoci che la riduzione
del numero di basofili è anche
una delle caratteristiche
associate all' ipertiroidismo.

Nella sezione dei globuli rossi abbiamo 3 parametri fondamentali e 4 indici eritrocitari.
Dall'insieme di questi tre parametri e quattro indici riusciamo a derivare un’ampia quantità di
informazioni che ci serve per definire le anemie ovvero quelle condizioni patologiche
caratterizzate da una riduzione dell’emoglobina circolante.
I globuli rossi sono cellule deputate al trasporto di ossigeno che massimo durano 120 giorni. Sono
caratterizzate da:
• presenza di emoglobina di tipo A (due catene alfa e due catene beta) e se diversa da questa
è nella maggior parte dei casi patologica perché le altre due isoforme sono scarsamente
presenti
• una membrana elastica estremamente deformabile ed estremamente plastica in maniera
tale da poter entrare anche a livello dei capillari più piccoli
• produzione a livello midollare sotto stimolo eritropoietinico
• distruzione a livello splenico quindi nell'organo emocateretico più importante e recupero
essendo metabolizzata poi a bilirubina
I globuli rossi appena prodotti, quando sono immessi in circolo dopo il processo di differenziazione
in senso eritropoietico nel midollo osseo, sono cellule giovani che vengono definite reticolociti
poiché presentano un citoplasma ricco in reticoli. Hanno già perso il nucleo, tuttavia contengono
ancora una certa quantità di ribosomi per continuare un po’ di sintesi proteica però nel giro di
pochi giorni, massimo due giorni, questi reticolociti maturano completamente perdendo i pochi
ribosomi rimasti e quindi diventano eritrociti maturi. I reticolociti, evidenziabili con la colorazione
di blu di metilene e ovviamente al citofluorimetro perché hanno dimensioni più grandi rispetto ai
globuli rossi, sono importanti nel contesto delle malattie dei globuli rossi e delle emoglobinopatie
perché ci possono dare un'informazione di quanto il midollo sta lavorando in senso eritropoietico
perché è chiaro che se vediamo assenza di reticolociti nel sangue periferico (sono sempre espressi
come percentuale del numero di globuli rossi e sono 1-2% massimo dei globuli rossi circolanti)
allora il problema può essere proprio nell’eritroblastogenesi, come un’aplasia midollare,
un’invasione neoplastica del midollo, un farmaco che mi determina una soppressione della
funzione emopoetica. Quindi l'assenza di reticolociti ci potrebbe definire una di quelle anemie che
appartengono alle classi dell’anemia da ridotta o assente eritroblastogenesi.
Combinando questi tre parametri fondamentali ai quattro indici abbiamo dei valori che ci aiutano
a capire le patologie collegate ai globuli rossi e in particolare all'emoglobina. Le anemie vengono
definite come delle condizioni patologiche conseguenti a una riduzione del contenuto di
emoglobina circolante che poi può essere attribuibile alla presenza di emoglobina patologica, a
una presenza di globuli rossi più piccoli o in numero alterato oppure a globuli rossi che vengono
più facilmente intrappolati dagli organi dell’emocateresi e vanno incontro ad emolisi più
facilmente.
Vediamo quali sono questi tre parametri per poter procedere:
• numero dei globuli rossi. Cosa ce lo da? O facciamo lo striscio di sangue o più
frequentemente andiamo ad applicare il campione al citofluorimetro e il campione corre là
e la macchina ci dà il numero dei globuli rossi che abbiamo detto va da 4,2 a 5,6 milioni di
cellule per mm3 di sangue con delle piccole oscillazioni tra il sesso femminile e il sesso
maschile
• contenuto di emoglobina con
un range dai 12 ai 17 grammi
per decilitro di sangue con
differenze sempre tra sesso
maschile e sesso femminile
• l’ematocrito che è il rapporto
fra la componente
corpuscolata e la parte liquida
del sangue. Il valore normale
di ematocrito è mediamente
45%, leggermente di meno
per le donne e leggermente di
più per gli uomini. A
determinare questo rapporto
tra la parte corpuscolata e la
parte liquida la fanno da
maggiore i globuli rossi rispetto ai globuli bianchi e piastrine perché sono in quantità molto
più alta quindi il contributo che apportano le altre due è estremamente trascurabile
Gli indici eritrocitari invece sono quattro:
• il volume medio dei globuli rossi (MCV)
• il contenuto medio di emoglobina del singolo globulo rosso (MCH)
• la concentrazione media di emoglobina espressa come percentuale sulla massa totale di
eritrociti (MCHC)
• l'ampiezza di distribuzione dei volumi eritrocitari (RDW)

Il numero di globuli rossi varia dai 4.2 ai 5.2


milioni/microL nella donna e dai 4.5 ai 5.5
milioni/microL nell’uomo. I valori di emoglobina
(Hb) oscillano tra 12-16 g/dl nella donna e 13-17.5
g/dl nell’uomo.

Mediamente l’ematocrito ha valori intorno al 45% nei


soggetti normali. Variazioni patologiche dell’ematocrito
possono essere rappresentate da un abbassamento
dell’ematocrito oppure da un innalzamento di questo.

Un abbassamento dell’ematocrito può essere


dovuto a una diminuzione della parte
corpuscolata rispetto alla parte liquida o perché
vengono meno i globuli rossi, quindi si riducono
numericamente in seguito al processo di
anemizzazione, oppure perché è aumentata
troppo la quantità di plasma in seguito ad emo-
diluizione, condizione che si osserva in caso di
ritenzione idrica, scompenso cardiaco, cirrosi
epatica, insufficienza renale acuta, infezioni gravi, ipoalbuminemia e gravidanza.
Un innalzamento dell’ematocrito si ha o perché aumenta la massa eritrocitaria, come può avvenire
nelle policitemie vere oppure perché si riduce la parte del plasma, condizione che si può verificare
in seguito a disidratazione, quindi in caso di nausea, diarrea e vomito, oppure quando c’è eccessiva
sudorazione o anche in corso di diabete.
INDICI ERITROCITARI

MCV: volume cellulare medio. Questo valore si può calcolare andando a dividere il valore
dell’ematocrito con il numero dei globuli rossi (Hct/RBC). Comprendendo quale sia il volume
cellulare medio dei globuli rossi possiamo distinguere globuli rossi normocitici, in caso di volume
medio corpuscolare normale compreso tra 80-97 fL (femtolitri, cioè micrometri cubici), emazie
microcitiche, quando abbiamo valori inferiori agli 80 fL e macrocitiche quando si osservano valori
superiori ai 97 fL.
MCH: contenuto emoglobinico eritrocitario medio. Questo indice eritrocitario si può calcolare
dividendo il valore dell’emoglobina totale con il numero di globuli rossi (Hb/RBC). Questo ci
consente di differenziare emazie normocromiche (25-34 pg), ipocromiche (<25 pg) e ipercromiche
(>34 pg).
MCHC: concentrazione emoglobinica eritrocitaria media. Si calcola dal rapporto tra emoglobina ed
ematocrito (Hb/Hct) e sta ad indicare il grado di saturazione dell’emoglobina della massa

eritrocitaria .
RDW: red cell distribution width, cioè l’ampiezza della curva di distribuzione dei volumi eritrocitari.
Ovviamente i globuli rossi non presentano tutti un uguale volume perciò questo indice ci permette
di osservare l’ampiezza di un intervallo dove ad un estremo avremo il globulo rosso con volume
minore e all’estremo opposto il globulo rosso con volume maggiore. Più il valore di ampiezza della
curva di distribuzione dei volumi eritrocitari è grande, più gli eritrociti saranno di dimensioni
diverse tra loro. Viceversa, più l’ RDW è piccolo, più gli eritrociti avranno lo stesso volume. Se
abbiamo un soggetto anemico di tipo ipocromico e tutti i globuli rossi sono tutti esattamente
piccoli, avremo un RDW molto piccolo. Quando l’RDW ha valori elevati, abbiamo eritrociti di
dimensioni eterogenee. È un indice di anisocitosi. Valori normali :11-16.5 %. Di solito, in un
soggetto normale abbiamo un valore di RDW pari a 14%.
Questo valore ci permette di differenziare i vari tipi di anemia. A parità di emazie microcitiche e
quindi di dimensioni minori rispetto alla media, allora abbiamo anemie carenziali, come l’anemia
sideropenica , da carenza di ferro, in cui però l’RDW è più alto rispetto alla norma, superiore al 16
%, quindi una popolazione di eritrociti con dimensioni più eterogenee, in cui coesistono globuli
rossi di volume ridotto e di volume normale perché la carenza di ferro varia nel tempo, a causa
della variabilità dell’introito marziale e delle perdite ematiche . Invece, nelle anemie talassemiche,
che sono altrettanto microcitiche, ma caratterizzate da un deficit genetico o relativo alle catene
alfa o relativo alle catene beta, avremo un RDW nella norma, perché i globuli rossi sono tutti
equamente piccoli. Dunque grazie a questo valore sarà possibile operare una diagnosi
differenziale.
ANORMALITA’ MORFOLOGICHE DEI GLOBULI ROSSI

• Attraverso lo striscio di sangue possiamo


osservare globuli rossi che anziché avere la tipica
forma di disco a lente biconcava, presentano forma
differente. Possiamo osservare sferociti, ovvero
globuli rossi con forma sferica che intervengono
quando il soggetto è affetto da una malattia
genetica di tipo ereditario, che si può trasmettere a
seconda della mutazione con modalità autosomica
dominante o recessiva, che prende il nome di
sferocitosi ereditaria.
I globuli rossi, infatti, sono costituiti da proteine di membrana e del citoscheletro che formano
delle connessioni proteiche fondamentali. Queste proteine sono la banda 3, la banda 4.2, la
glicoforina, la spectrina, l’anchirina, etc. . Ognuna di queste proteine ha la capacità di intrecciare il
citoplasma del globulo rosso con la membrana, garantendo l’estrema flessibilità della membrana
eritrocitaria, in modo tale che quandoil globulo rosso si trova a passare nei capillari, anche in quelli
più piccoli, non è soggetto a deformazione, né a problemi meccanici e così via. Possiamo avere una
mutazione a carico delle proteine che determina che il globulo rosso sia meno facilmente
modificabile e quindi meno elastico, nei capillari più piccoli si assiste all’eritrostasi, quindi al blocco
del transito eritrocitario, che determina ipossia, accumulo di CO2 e acido lattico (che derivano dal
metabolismo essenzialmente glicolitico dei globuli rossi, che non possiedono i mitocondri) e di
conseguenza avremo una minore produzione di ATP, da cui scaturisce una minore energia del
globulo rosso che non potrà più svolgere la sua funzione e, poiché la pompa Na-K ATPdipendente
non riesce più ad espletare le proprie funzioni, il globulo rosso assume una forma sferica
(SFEROCITI) e va incontro ad emolisi. Non si tratta di una malattia mortale, solitamente si deve
intervenire con delle trasfusioni, ma l’individuo nella maggior parte di casi riesce a mantenere
un’ottima qualità di vita.
• In caso di anemia sideropenica, nelle talassemie e nell’ellissocitosi ereditaria possiamo,
invece, osservare globuli rossi con forma elissoide, quindi parleremo di ellissociti.
• In soggetti affetti da mielofibrosi idiopatica, abbiamo dacriociti, ovvero emazie sottili con
estremità allungata (cellule a lacrima).
• Un’altra alterazione morfologica dei globuli rossi si evince in caso di anemia falciforme. Qui
avremo emazie a falce, i cosiddetti drepanociti. Questa è dovuta alla presenza di
un’emoglobina patologica, Hbs, che fa deformare i globuli rossi.

• Si osservano i leptociti (eritrociti sottili e


piatti, con Hb disposta alla periferia) in caso
di talassemia e sideropenia.
• In pazienti portatori di valvole cardiache
artificiali, che possono essere soggetti a una
perturbazione di quella che è la normale
meccanica di efflusso della circolazione, può
succedere che i globuli rossi vadano incontro
a frammentazione cellulare e che quindi
ritroviamo sottoforma di piccoli frammenti tondeggianti, dove è comunque visibile il disco
biconcavo. In questo caso parliamo di schistociti.

RETICOLOCITI
Si tratta di ‘’giovani’’ globuli rossi
appena rilasciati dal midollo osseo,
dopo il processo eritropoietico, sono
presenti in quantità pari all’1% degli
eritrociti totali. La loro conta, che si
può effettuare perché questi
presentano reticoli endoplasmatici
colorabili con blu di metilene, ci
permette di avere un’idea circa la
funzionalità del midollo osseo in senso
eritropoietico. La conta dei reticolociti
è espressa di solito come percentuale
dei globuli rossi ( valore normale 1-2% dei globuli rossi totali). In termini numerici, la conta
reticolocitaria normale varia da 50.000 a 100.000 su mm cubo. Possiamo osservare una riduzione
del numero dei reticolociti, quando l’eritropoiesi è inefficace, in presenza o di anemie
megaloblastiche o di sindromi mielodisplastiche oppure in caso di talassemie (microcitica
ipocromica) o anche di anemia perniciosa (macrocitica ipocromica). Invece, in caso di anemie
rigenerative, carenziali e emorragiche, abbiamo un aumento di tipo compensatorio del numero di
reticolociti. In questi casi la reticolocitosi persiste finché non si ripristina il livello normale di
emoglobina.
Per quanto riguarda la sezione delle piastrine, l’emocromo,
analogamente a quanto succede con la sezione dei globuli
rossi, riporta:
- il numero di piastrine
- il volume piastrinico medio (MPV)
- Il rapporto percentuale piastrine / parte liquida
(piastrinocrito-PCT)
- L’ampiezza della distribuzione dei volumi piastrinici
(PDW)
- La P-LCR (platelet-large cell ratio) percentuale delle piastrine di grandi dimensioni

ANEMIE

Sono le patologie relative alla riduzione


della quantità totale di emoglobina
circolante nel sangue periferico e
all’interno degli eritrociti.
Per la donna, si definisce anemia un
contenuto di emoglobina inferiore ai 12
g/dl di sangue; per l’uomo, invece, un
contenuto inferiore ai 13 g/dl di sangue.

I meccanismi patogenetici delle anemie sono principalmente 4:

1. Ridotta formazione di eritroblasti, si parla di anemia da ridotta eritroblastogenesi quando


abbiamo una riduzione di tale processo al livello midollare. Quindi qualsiasi patologia che
determina aplasia midollare o farmaco che causa aplasia midollare oppure quando
abbiamo invasione del midollo da neoplasie solide determinerà un deficit di emoglobina
che si estrinseca in anemia dovuta ad assenza di eritroblasti o scarsa produzione di
eritroblasti. In questo caso, nel sangue
periferico, i reticolociti saranno bassi o
assenti. Avremo globuli rossi
normocitici (normale dimensione) e
normocromici (normale contenuto
emoglobinico medio), saranno ridotti
l’emocromo, il numero di eritrociti e il
contenuto di emoglobina totale. Gli
eritroblasti saranno assenti nel midollo
e avremo ipersideremia, in seguito
all’accumulo di ferro, che non viene incorporato nell’emoglobina. Il volume corpuscolare
medio e la concentrazione emoglobinica media saranno normali.
2. Ridotta formazione di eritrociti, quindi ridotta eritrocitogenesi. Queste possono essere
anche definite anemie da eritropoiesi inefficace, perché mancano i folati e/o la vitamina
b12, fondamentali per la maturazione degli eritrociti. In questo caso, molto spesso
l’alterazione è relativa alla maturazione dell’eritrocita, la differenziazione procede
normalmente fino a un determinato punto, gli step finali che spesso richiedono folati e
vitamina B12 non riescono ad essere compiuti correttamente. Avremo, dunque, anemie
megaloblastiche, perché spesso l’eritrocita per compensare a questo difetto eritropoietico
hanno un volume maggiore. Quindi abbiamo eritrociti macrocitici e normocromici, pochi
reticolociti, alterata maturazione degli eritroblasti.

3. Ridotta sintesi di emoglobina, che si


verifica in caso di malattie genetiche, come le
talassemie dove o la catena alfa o la catena beta
non è prodotta adeguatamente, determinando
una sintesi di emoglobine inefficace, oppure in
caso di carenza di ferro o in caso di gravi
carenze proteiche per cui mancano i substrati
per poter produrre l’emoglobina. Si tratta di
un’anemia microcitica e ipocromica.

4. Ridotta sopravvivenza degli eritrociti,


quindi aumento dei processi emolitici e
dell’emocateresi. Normalmente i globuli
rossi hanno una vita media di 120 giorni.
In questo caso si ha un accorciamento
della vita media degli eritrociti al di sotto
dei 20 giorni. L’anemia è normocromica e
spesso macrocitica, quindi la produzione di eritrociti e la sintesi di emoglobina sono
normali, ma l’eritrocita permane in circolo per un tempo minore, implicando lo stato
patologico di riduzione dell’emoglobina circolante. Si tratta di un gruppo abbastanza
eterogeneo.
Un esempio di anemia emolitica da
ridotta sopravvivenza degli eritrociti è la
sferocitosi ereditaria, patologia
caratterizzata dalla peculiare forma
sferica delle emazie (sferociti), da ittero,
per eccessivo rilascio di bilirubina, e
splenomegalia, perché la milza risulta
essere sovraccaricata di lavoro.

Talvolta questi gruppi si sovrappongono perché spesso oltre all’emoglobina patologica abbiamo
una deformazione della membrana del globulo rosso che porta ad emolisi meccanica automatica
che determina la ridotta sopravvivenza del globulo rosso stesso. Abbiamo, dunque, alterazioni
dell’eritrocita di tipo metabolico-strutturale, alterazioni dell’emoglobina, quindi presenza di
emoglobina patologica, come nel caso dell’anemia falciforme oppure emolisi immune o
meccanica.

CARENZA DI GLUCOSIO-6-
FOSFATO DEIDROGENASI

Possiamo poi avere carenza di G6PD (glucosio-6-


fosfato deidrogenasi) in seguito a patologia
ereditaria X-linked. Si tratta di un deficit che può
essere qualitativo o quantitativo di un enzima
chiave della via dei pentoso-fosfati, una via
metabolica che interviene nella generazione di
materiale riducente che genera il glutatione che è
importantissimo nella detossificazione da parte di
stress di tipo ossidativo, che può alterare le
membrane, i lipidi, il DNA. La carenza enzimatica è espressa principalmente nei globuli rossi e , in
grado minore, nelle altre cellule ematiche. Per questo motivo, si manifesta principalmente con
anemia emolitica non immune in risposta a diverse cause, più comunemente infezioni o
esposizione a determinate sostanze chimiche o farmaci., nei soggetti portatori di queste mutazioni
e solo delle mutazioni più importanti. Anche nella carenza di G6PD si immaginava che solo una
mutazione fosse responsabile del quadro patologico. In realtà, ci sono tante mutazioni responsabili
di diversi quadri patologici a fenotipi patologici di diversa intensità. Per cui non appena aumenta il
danno ossidativo, in seguito ad uno di questi eventi appena nominati, la carenza dell’enzima al
livello eritrocitario può determinare anemia emolitica.
Un tempo si pensava che la carenza di G6DP potesse
essere definita come favismo, perché a volte
caratterizzata da una manifestazione patologica a
carattere emolitico quando l’individuo affetto da questo
deficit ingeriva fave. In realtà la terminologia è impropria,
perché in effetti non tutti i pazienti con deficit del G6PD
manifestano questa sintomatologia in seguito al
consumo di fave. La
mutazione più importante responsabile del deficit di tipo
quantitativo e qualitativo è proprio quella che genera
mis-folding della proteina, quindi ripiegamento alterato
della proteina, e aumentata suscettibilità alla degradazione proteosomica.
È possibile distinguere diverse classi di varianti geniche della G6PD, cui corrispondono diverse
manifestazioni cliniche:
- Classe 1: deficienza molto grave (attività
enzimatica <10%), con anemia emolitica
cronica ( non sferocitica). Questi individui
devono essere monitorati attentamente e sono
soggetti a trasfusioni.
- Classe 2 : deficienza grave (attività
enzimatica <10%), con emolisi intermittente
- Classe 3: deficienza lieve (attività 10-
60%), emolisi solo se esposti ad ossidanti
- Classe 4: variante non deficitaria,
nessuna manifestazione clinica
- Classe 5: attività enzimatica incrementata, nessuna manifestazione clinica.
Talvolta questi gruppi si sovrappongono perché spesso oltre all’emoglobina patologica
abbiamo una deformazione della membrana del globulo rosso che porta ad emolisi meccanica
automatica che determina la ridotta sopravvivenza del globulo rosso stesso. Abbiamo,
dunque, alterazioni dell’eritrocita di tipo metabolico-strutturale, alterazioni dell’emoglobina,
quindi presenza di emoglobina patologica, come nel caso dell’anemia falciforme oppure
emolisi immune o meccanica.

DISORDINI EREDITARI DELLA SINTESI DI EMOGLOBINA


Possiamo distinguere alterazioni quantitative, come le sindromi talassemiche, dove si ha una
riduzione della produzione delle catene alfa o beta, e qualitative, quali le varianti strutturali
dell’emoglobina, che sono spesso caratterizzate da mutazioni puntiformi che interessano singoli
residui amminoacidici della struttura primaria.
TALASSEMIE
Le talassemie sono anemie di tipo microcitico, ma con ampiezza di distribuzione dei volumi
eirtrocitari nella norma. Sono delle alterazioni caratterizzate da una mancata o diminuita sintesi
sia della catena alfa che di quella beta dell’emoglobina A. Si dividono in alfa talassemie, che hanno
un deficit nella produzione delle catene alfa e quindi accumulano catene non alfa, ovvero catene
beta, e beta talassemie, che hanno un deficit di produzione di catene beta e accumulano quindi le
catene alfa.

Le alfa talassemie sono più frequenti in Africa,


perché si tratta di un meccanismo biologico di
adattamento evolutivo. Sembra, infatti, che nel
globulo rosso caratterizzato da questo tipo
anomalo di emoglobina, le infezioni da malaria
fossero sfavorite. Per cui si è diffuso questo
tratto alfa-talassemico proprio come
meccanismo evolutivo di resistenza alle infezioni
da plasmodium falciparum.
Le beta talassemie sono, invece, più frequenti
nell’area del mediterraneo e hanno un quadro
patologico peggiore rispetto a quello delle alfa
talassemie, dove poiché abbiamo un accumulo di catene beta, più idrosolubili, non abbiamo
un’eccessiva alterazione della plasticità del globulo rosso. Questo non si verifica nelle beta
talassemie, dove abbiamo un processo emolitico ben più importante.

EMOGLOBINOPATIE
Si tratta di alterazioni nella produzione di
emoglobina, che risulterà strutturalmente
anomala. Nella maggior parte dei casi,
abbiamo la sostituzione di un aminoacido
del residuo di acido glutammico nella
catena beta dell’emoglobina.

Tra le emoglobinopatie più comuni ricordiamo:


- Emoglobina S: tipica dell’anemia falciforme,
dove in posizione 6 della catena beta
dell’emoglobina abbiamo la sostituzione di un
aminoacido idrofilico, l’acido glutammico, con
uno idrofobico, la valina. Ciò determinerà che il
folding della proteina soprattutto in un ambiente
scarsamente ossigenato sarà alterata e si avrà la
tendenza della proteina a precipitare proprio
perché non si riescono a instaurare dei legami
che consentono alla proteina di rimanere in
produzione. Quindi quando questa precipiterà in
condizioni di deossigenazione, andrà a deformare la membrana del globulo rosso e darà luogo
al drepanocito (emazie a falce)

L’esame più semplice che possiamo


attuare per evidenziare la
presenza di emoglobine
patologiche è l’elettroforesi
dell’emoglobina presente nei globuli rossi. Il sangue viene prelevato e raccolto in una provetta
contenente anticoagulante EDTA, successivamente i globuli rossi vengono isolati attraverso
centrifugazione e lavaggio e poi lisati con soluzione ipotonica o buffer di lisi e l’emoglobina viene
così rilasciata dalle cellule. Le emoglobine vengono poi separate attraverso elettroforesi usando
uno o più sistemi elettroforetici. Il gel di poli-acril-ammide viene poi colorato per rilevare le bande
di emoglobina. Infine, la migrazione delle emoglobine del paziente viene comparata alla
migrazione sul gel di proteine standard (A,F,S,C).

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