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LE ANEMIE

Prima di comprendere cosa siano le anemie, è necessario chiarire alcuni concetti:

IL SANGUE
Il sangue può essere definito come un tessuto connettivo fluido specializzato presente negli animali dotati
di apparato circolatorio, quindi anche nell’uomo. Esso ha colore rosso (quello più chiaro è arterioso, quello
più scuro è venoso) e ha un sapore ferroso, dovuto alla presenza del metallo in forma ossidata (+2).
È costituito da:

- una parte corpuscolata/cellulata/figurata (45%), formata da globuli rossi o eritrociti o emazie, globuli
bianchi o leucociti e piastrine o trombociti;

- una parte fluida, ovvero il plasma (matrice extracellulare 55%).

PLASMA
Il plasma è un liquido di colore giallo chiaro costituito:

- per il 91% da acqua;


- per il 2% da sostanze organiche e sali disciolti (ioni, nutrienti, prodotti di rifiuto, gas, sostanze regolatrici
come gli ormoni);
- per il 7% da proteine, quali l’Albumina (58%), le Globuline (38%) e il Fibrinogeno (4%).

L'Albumina mantiene la pressione oncotica costante.


Numerose, sono le globuline di cui fanno parte:

• le globuline α: con funzione di trasporto.


• le globuline β: hanno funzioni di trasporto ionico, di ormoni e di lipidi. Un esempio di beta
globulina è il fibrinogeno, la forma inattiva della fibrina, fondamentale per la costituzione
dei coaguli.
• le globuline γ: dette pure immunoglobuline (o anticorpi) contribuiscono alla difesa
immunitaria. Esistono 5 tipi di immunoglobuline: IgA, IgM, IgE, IgD e IgG.

Vi sono inoltre altri fattori della coagulazione: la protrombina, le proteine del sistema del complemento. Il
plasma contiene anche glucidi, principalmente sotto forma di glucosio, nonché lipidi quali i trigliceridi e
i fosfolipidi, quindi numerosi ioni, magnesio, sodio, potassio, cloruro, calcio, acido urico, urea, e
altri cataboliti. Il plasma privo di fibrinogeno viene definito siero.

GLOBULI ROSSI O ERITROCITI


I globuli rossi sono gli elementi senza nucleo più numerosi del sangue, nell'uomo adulto raggiungono i 5
milioni, nella donna 4,5 milioni per millimetro cubo. Hanno la forma di un disco biconcavo, che facilita gli
scambi per diffusione della membrana plasmatica, e, non possedendo nucleo (lo perdono durante
l'emopoiesi), non possono essere definite cellule vere e proprie. Tra le funzioni più importanti
dell’eritrocita c’è quella di trasportare ossigeno dai polmoni ai tessuti ed anidride carbonica dai tessuti ai
polmoni.
La membrana plasmatica dell’eritrocita è composta da:
- doppio strato lipidico (fosfolipidi e colesterolo);
- proteine che attraversano integralmente la membrana e proteine scheletriche che forniscono sostegno
alla membrana.
La principale proteina del citoscheletro di membrana, ovvero la spectrina, presenta due catene
polipeptidiche, alfa e beta, che sono un dimero intrecciato disposte a piatto sul versante citoplasmatico
della membrana cellulare; questi dimeri sono parti di una rete di collegamento uniti l’uno all’altro testa a
testa a formare tetrameri. Le connessioni laterali tra questi tetrameri di spectrina sono mantenute
dall’actina quindi c’è una rete di collegamento bidimensionale di spectrina che si forma ed è fissata alla
superficie interna della membrana per mezzo di un’altra proteina detta anchirina. L’anchirina è una
giunzione tra la spectrina IV e la proteina adibita al trasporto di ioni attraverso la membrana; dall’insieme
di questi complessi proteici dipendono la normale forma, solidità e flessibilità della membrana eritrocitaria.
Anche se le emazie possono essere alterate da un difetto di una qualsiasi proteina che costituisce lo
scheletro della membrana plasmatica, sembra che il difetto principale della sferocitosi sia attribuibile alla
spectrina. Il contenuto della spectrina varia dal 60% al 90%, correlato alla gravità della sferocitosi: le basi
molecolari del deficit di spectrina sono variabili, si osservano mutazioni, agiscono diminuendo le interazioni
verticali che mantengono il citoscheletro di membrana con il doppio strato lipidico. In queste condizioni si
ha un’anemia emolitica dovuta ad una carenza della struttura dell’eritrocita non dell’emoglobina, carenza
che conferisce breve emivita e capacità emocateretica distruttiva dell’eritrocita. Nel momento in cui
questi agganci strutturali vengono meno la membrana assumerà un’altra forma, il volume sarà sferoidale
da cui il nome sferocitosi ereditaria.

I radicali glucidici che costituiscono alcune glicoproteine degli eritrociti determinano anche il gruppo
sanguigno; com'è noto esistono tre tipi di antigeni sanguigni, l'antigene 0, A e B che danno origine a
quattro gruppi sanguigni (0, A, B, AB), ognuno di essi può avere inoltre fattore Rh positivo o negativo (e
altri fattori minori). Coloro che possiedono Rh- sono donatori universali.

il gruppo A, che presenta l’antigene A sulla superficie dei globuli rossi e gli anticorpi anti-B nel sangue

• il gruppo B, che presenta l’antigene B sulla superficie dei globuli rossi e gli anticorpi anti-A nel
sangue
• il gruppo 0, che non presenta antigeni sulla superficie del globuli rossi ma presenta gli anticorpi
anti-A e anti-B nel sangue
• il gruppo AB che presenta gli antigeni A e B sulla superficie dei globuli rossi, ma non presenta alcun
anticorpo nel sangue.

Ognuno di questi gruppi può essere suddiviso in RH positivo o Rh negativo in base alla presenza di una
specifica proteina, l’antigene Rh D. Sempre secondo la classificazione AB0 i gruppi sanguigni sono così
denominati:

• A+ (A Rh D positivo)
• A- (A Rh D negativo)
• B+ (B Rh D positivo)
• B- (B Rh D negativo)
• 0+ (0 Rh D positivo)
• 0- (0 Rh D negativo)
• AB+ (AB Rh D positivo)
• AB- (AB Rh D negativo)
IL FATTORE Rh
Il fattore Rh è uno specifico antigene proteico sulla superficie dei globuli rossi, l'antigene D. Se una
persona possiede questo fattore si dice che il suo gruppo, relativamente al sistema Rh, è Rh
positivo (Rh+), se invece i suoi globuli rossi non lo presentano, il suo gruppo sanguigno è definito Rh
negativo (Rh−).
Il fattore Rh è la causa di una patologia che in passato era molto comune nei neonati: l'eritroblastosi
fetale. Durante l'ultimo mese di gravidanza vi è un passaggio di anticorpi, utili per il nascituro, dal sangue
della madre a quello del feto, ma gli anticorpi prodotti contro il fattore Rh possono essere dannosi. Se
una donna Rh negativa alla prima gravidanza partorisce un bambino Rh positivo, è probabile che i globuli
rossi del feto con l'antigene Rh entrino nel circolo sanguigno materno; il corpo della madre reagisce
producendo anticorpi contro l'antigene estraneo che rimarranno presenti nel suo sangue. Questa
reazione rientra nella tipologia delle reazioni di ipersensibilità di tipo II. In caso di una seconda
gravidanza, gli anticorpi prodotti possono essere trasferiti nel sangue del feto, e nel caso esso sia Rh+ tali
anticorpi attaccheranno i globuli rossi fetali distruggendoli. Tale reazione può essere mortale prima o
dopo la nascita o portare gravi problemi al sistema nervoso del nascituro.
Oggi, i pericoli che corre un eventuale secondo figlio sono arginati attraverso exsanguinotrasfusione o
iniettando alla madre Rh−, entro 72 ore dal primo parto, anticorpi specifici che riconoscono e bloccano
l'antigene Rh che dal feto passa alla madre. Questo processo deve essere ripetuto con ogni gravidanza
successiva alla prima esposizione della madre all'antigene Rh.
Il fattore Rh prende il nome dal fatto che è stato isolato per la prima volta dalla scimmia Macacus
rhesus. Questo gruppo comprende più di una dozzina di antigeni eritrocitari proteici, e i più comuni
sono denominati C, D ed E.

Il citoplasma degli eritrociti è d'aspetto omogeneo e contiene una proteina fondamentale affinché
essi svolgano la loro funzione principale, cioè quella di trasportatori d'ossigeno, detta emoglobina.
L’EMOGLOBINA
L'emoglobina è un tetramero formato da quattro unità di globulina (due catene α e due catene β),
che racchiudono ciascuna, in una gabbia di amminoacidi idrofobici, un gruppo eme, contenente
ferro bivalente, a cui sono legati covalentemente. Abbiamo:

- l’ossiemoglobina, legata all’ossigeno;


- la carbossiemoglobina, legata all’anidride carbonica.

La particolare posizione del gruppo eme determina la difficoltà per agenti esterni di ossidare il ferro
bivalente al suo interno in ferro trivalente, in tal caso infatti l'ossigeno sarebbe legato
irreversibilmente alla proteina e quindi inutilizzabile per gli scambi.
L’emoglobina trasporta ossigeno dai polmoni ai tessuti periferici e anidride carbonica dai tessuti
periferici ai polmoni.

Nell'eritrocita non vi sono mitocondri, la fonte di energia principale, il glucosio, viene scissa tramite
la glicolisi e la via degli esoso-fosfati. I globuli rossi sono prodotti dal midollo osseo rosso delle ossa
piatte, hanno una vita di circa 120 giorni.

LEUCOCITI
I leucociti (o globuli bianchi) sono cellule contenenti un nucleo, più grandi ma meno numerose dei globuli
rossi, essi hanno inoltre il compito di difendere l'organismo dagli attacchi di agenti
patogeni come batteri o virus migrando nel sangue per mezzo di agenti chemio-attraenti che permettono
loro di raggiungere la sede dell'infiammazione.
I leucociti si distinguono in base alla presenza o assenza di granuli nel citoplasma.

Comprendono:
- basofili;
- linfociti;
- eosinofili;
- monociti;
- neutrofoli.

I basofili secernono sostanze anticoagulanti e vasodilatatrici, la loro funzione principale è quella di


secernere prodotti che mediano la reazione di ipersensibilità (reazione allergica).

I linfociti sono i costituenti principali del sistema immunitario che costituisce una difesa contro l'attacco
di microrganismi patogeni (virus, batteri, funghi e protisti). I linfociti producono anticorpi.

Gli eosinofili aggrediscono parassiti e fagocitano i complessi antigene-anticorpo.

I monociti sono precursori dei macrofagi. Sono le cellule del sangue di dimensione maggiore ed hanno
anche loro attività macrofaga.

I neutrofili sono molto attivi nel fagocitare batteri e sono presenti in grandi quantità nel pus delle ferite.
PIASTRINE
Le piastrine sono cellule del sangue, senza nucleo che vengono prodotte dal midollo osseo.
La principale funzione delle piastrine, o trombociti, è di fermare la perdita di sangue nelle
ferite (emostasi). A tale scopo, esse si aggregano tra loro promuovendo la coagulazione del sangue.

FUNZIONI DEL SANGUE


- Trasporto dei gas respiratori → ERITROCITI
- Trasporto e distribuzione di sostanze nutrienti
- Trasporto di sostanze di rifiuto e tossiche
- Trasporto di ormoni
- Regolazione dell’equilibrio idrico e salino
- Difesa contro agenti patogeni (immunità) → LEUCOCITI
- Prevenzione di perdita dei fluidi (coagulazione) → PIASTRINE
- Termoregolazione

SISTEMA EMOPOIETICO

Il sistema emopoietico è formato dagli organi responsabili dell’emopoiesi, cioè della produzione degli
elementi cellulari del sangue: i globuli rossi, i globuli bianchi e le piastrine. Durante lo sviluppo embrionale
questa funzione è svolta principalmente dalla milza, dal fegato e dal midollo osseo, mentre dopo la nascita
a occuparsene sono soprattutto il midollo osseo e i linfonodi.
Il principale produttore di questi elementi è il midollo osseo, in particolare quello localizzato all’interno
delle vertebre, dello sterno, delle costole e delle scapole. Fra i globuli bianchi, però, i linfociti vengono
prodotti soprattutto a livello delle ghiandole linfatiche, piccole strutture dalla forma sferica localizzate in
diversi punti del corpo.
Il sistema emopoietico permette di rinnovare continuamente i globuli rossi, le piastrine e i globuli
bianchi (granulociti, monociti e linfociti) presenti nel sangue. In questo modo l’organismo può avere
sempre a disposizione gli elementi figurati del sangue di cui ha bisogno anche se questi hanno una durata di
vita ben definita.
Infatti i globuli rossi, che permettono il trasporto dell’ossigeno verso i tessuti e quello di anidride carbonica
verso i polmoni, hanno una vita di circa 120 giorni, trascorsi i quali devono essere sostituiti. Altri elementi,
come i granulociti neutrofili, vivono molto meno e dopo sei ore sono destinati a essere rimpiazzati da
nuovi elementi. L’intera popolazione di piastrine viene invece rimpiazzata in media ogni 9,9 giorni.
Nel midollo osseo sono presenti cellule staminali pluripotenti da cui possono originare i precursori dei
diversi tipi di cellule del sangue. Dalle staminali pluripotenti possono infatti formarsi le cellule progenitrici
delle cellule linfatiche e le cellule staminali mieloidi, da cui possono invece formarsi i globuli rossi, i
megacariociti da cui si formeranno le piastrine, i mastociti e i mieloblasti da cui di formeranno i granulociti
(basofili, neutrofili ed eosinofili) e i monociti.
A regolare la differenziazione delle cellule sono diversi fattori di crescita e ormoni.
Dalla cellula staminale pluripotente traggono origine le cellule staminali commissionate, quindi cellule che
producono 3 linee importanti che poi si differenziano:
- linea eritroide megacariocitaria da cui derivano eritrociti e piastrine
- linea granulocitica macrofagica da cui derivano mieloblasti e monoblasti ovvero neutrofii e monociti;
- linea leucocitaria da cui derivano basofili ed eosinofili.

Gli organi emopoietici sono:

- PRIMARI: midollo osseo


- SECONDARI: timo, milza, linfonodi e tessuto linfoide.

IL MICROAMBIENTE EMOPOIETICO
Il midollo osseo presenta un microambiente unico nella sua capacità di favorire e supportare l´emopoiesi.
Il midollo osseo ha una consistenza da gelatinosa a semiliquida e risulta costituito dalle cellule
emopoietiche, da cellule adipose e da un complesso sistema cellulare (fibroblasti, macrofagi, cellule
endoteliali, cellule avventiziali, fibre nervose) ed extracellulare (collagene, glicoproteine di adesione,
proteoglicani) che prende il nome di microambiente midollare. La funzione di quest´ultimo è sia di
supporto alle cellule emopoietiche che sono ancorate alle cellule stremali ed alla matrice extracellulare
attraverso un complesso sistema di molecole di adesione, che di regolazione della proliferazione e
differenziazione dei progenitori emopoietici. Ciò avviene attraverso la secrezione ad opera delle cellule
stremali di fattori di stimolazione e di inibizione, come pure attraverso lo stabilirsi di interazioni dirette
cellula-cellula o cellula-matrice extracellulare.

Il microambiente (nicchia emopoietica) è composto da una moltitudine di cellule stromali ed


emopoietiche che forniscono:
- Superfici;
- Matrice extracellulare;
- Fattori solubili che in concerto sono responsabili della regolazione e proliferazione, quiescenza,
differenziazione, reclutamento ed accumulo dei progenitori emopoietici e delle cellule staminali.

Le funzioni della nicchia emopoietica sono diverse:


- Fornire uno spazio anatomico (impartisce dei segnali);
- Istruire le cellule ad autorinnovarsi (stretto rapporto con il microambiente) o a differenziarsi (lontano dalle
cellule stromali);
- Influenzare la mobilità cellulare (per afferire al torrente circolatorio);
G-CSF → granulocyte colonystimulating factor,
M-CSF → monocyte colonystimulating factor,
GM-CSF → granulocyte, monocyte colony-stimulating factor,

CELLULE STAMINALI ‘’COMMITTED’’


Col termine "cellula staminale" si indica in generale una cellula non specializzata, capace di differenziarsi
specializzandosi in uno dei molti tipi di cellule diverse presenti nel nostro corpo (un neurone, un globulo
bianco, una cellula della pelle, ecc.).
l costante processo di rinnovamento cellulare assicurato giornalmente dall´emopoiesi si fonda sulla
presenza di una ristretta popolazione di cellule dotate della capacità di automantenersi e differenziare.
Queste cellule sono chiamate staminali emopoietiche. L´automantenimento delle cellule staminali
emopoietiche è indispensabile per impedire il loro esaurimento nel tempo ed è basato sulla capacità di
ciascuna di queste cellule di dividersi, dando origine a due cellule figlie. Di queste, l´una rimpiazza la cellula
madre, l´altra va incontro a differenziazione e maturazione. La combinazione della capacità proliferativa e
differenziativa delle cellule staminali emopoietiche è finalizzata allo sviluppo di cellule con potenzialità
differenziativa e maturativa sempre più ristretta. Questo processo porta ad una notevole produzione di
cellule emopoietiche mature e funzionalmente specializzate che dal midollo osseo vengono, infine,
immesse in circolo. Le cellule staminali più indifferenziate sono chiamate pluripotenti e sono in grado di
dare origine a tutti gli elementi maturi mieloidi e linfoidi circolanti nel sangue periferico. Dalla
proliferazione e differenziazione di queste cellule prendono origine le cellule staminali multipotenti che
possono essere differenziate o per la mielopoiesi o per la linfopoiesi e dalle quali, per ulteriore restrizione
differenziativa, derivano i progenitori commissionati per lo sviluppo di una sola linea cellulare. L´attività
proliferativa delle cellule staminali è inversamente proporzionale al loro livello differenziativo.

Regolazione dell’ematopoiesi dipende da numerosi fattori di crescita e citochine.

- Fattori intrinseci (fattori trascrizionali: Bmi-1, Oct-2, GATA-1/2);


- Fattori estrinseci (interleuchine, chemochine, fattori di crescita prodotti dalle cellule stromali, ormoni
come l’eritropoietina, molecole di adesione, proteine della matrice extracellulare).

La maturazione dei precursori è caratterizzata da:


– Riduzione delle dimensioni;
– Scomparsa dei nucleoli;
– Addensamento della cromatina;
– Comparsa nel citoplasma delle caratteristiche della cellula matura (granuli);

Per maturazione s’intende un processo di mielodifferenziazione che ha portato alla formazione di


eritroblasti i quali danno luogo ai reticolociti (forma immatura dell’eritrocita) e poi agli eritrociti veri e
propri.
L’ERITROPOIESI
L'eritropoiesi è il processo di formazione dei globuli rossi attraverso una serie di elementi cellulari immaturi
(serie eritroblastica). L'eritropoiesi inizia nell'embrione durante la terza settimana di gestazione, a livello del
sacco vitellino. A partire dalla quarta settimana comincia l'eritropoiesi nel fegato, che diventa predominante alla
fine del secondo mese. A partire dal quinto mese inizia a livello del midollo osseo, sede che diventa
predominante alla fine della gestazione; questa sede resta l'unica nell'adulto.
Mediamente il tempo necessario perché un proeritroblasto maturi fino allo stadio di reticolocita è di 7
giorni, durante i quali avvengono una serie di trasformazioni morfologiche nelle cellule precursori degli
eritrociti, che al termine del processo diventeranno globuli rossi.

-Nel primo stadio della eritropoiesi le cellule precursori vengono chiamate proeritroblasti: esse hanno un
diametro di circa 15-19 micron, un nucleo eucromatico e un citoplasma basofilo per via della presenza di
numerosi poliribosomi. La divisione cellulare (mitosi) avviene numerose volte in questo stadio;
l'eritropoietina non è necessaria in questo stadio per il completamento del processo.

-Nel secondo stadio i proeritroblasti diventano eritroblasti basofili: rispetto allo stadio precedente, le
dimensioni cellulari diminuiscono e la cromatina è molto addensata; il citoplasma è ancora molto basofilo e
la cellula va ancora incontro a intense divisioni mitotiche. I recettori per la transferrina vengono espressi.
Nel terzo stadio le cellule precursori diventano eritroblasti policromatici, in quanto il citoplasma presenta
colorazione mista; rispetto allo stadio precedente, le dimensioni del nucleo diminuiscono, la cromatina è
ancora più addensata, scompare l'apparato di Golgi e il nucleolo non è più visibile.
-Nel quarto stadio le cellule precursori diventano eritroblasti ortocromatici, caratterizzati da un nucleo
piccolo ed eterocromatico, da citoplasma acidofilo per l'accumulo di emoglobina e da assenza di mitosi.
-Nel quinto stadio le cellule precursori diventano reticolociti in quanto in queste cellule è presente un
reticolo dovuto alla precipitazione dei ribosomi causata dal colorante blu-cresile-brillante: essi sono globuli
rossi immaturi, infatti sono ancora presenti ribosomi. Il nucleo è stato estruso dalla cellula e fagocitato da
cellule specializzate dell'isolotto eritroblastico-macrofagico.
Alla fine del processo il nucleo viene espulso dalla cellula e si formano i globuli rossi; i nuclei espulsi
vengono fagocitati dall'isolotto eritroblastico che avvolge i vari eritroblasti. L'isolotto eritroblastico inoltre
cede ai precursori ferritina, proteina essenziale per la sintesi di eme.
L'eritropoiesi viene regolata da vari meccanismi di controllo che fanno sì che avvenga una costante
dismissione in circolo di nuovi elementi maturi che sostituiscano i vecchi globuli rossi fagocitati
dai macrofagi. L'eritropoietina (EPO) è uno di questi meccanismi di controllo: essa stimola la produzione di
globuli rossi quando c'è carenza di ossigeno (per esempio in alta montagna).

- Eritropoietina (fattore di crescita) secreta dal rene;


- Cellule staminali “committed” (BFU-E, CFU-E);
- Proeritroblasti, eritroblasti, basofili e policromatofili proliferano e maturano (sintesi Hb);
- Eritroblasti ortocromatici “perdono” il nucleo e continuano a sintetizzare Hb,
- Reticolociti: cellula in cui si completa la sintesi dell’Hb (il numero dei reticolociti misura il grado e
l’efficienza dell’eritropoiesi, l’aumento dei reticolociti dimostra la ripresa dell’emopoiesi);
- Eritrociti;
ANEMIE
L’anemia è definita come la diminuzione della concentrazione di emoglobina circolante rispetto ai
normali livelli fisiologici, quindi il numero di globuli rossi non è sufficiente a trasportare abbastanza
ossigeno da soddisfare i bisogni dei diversi tessuti e organi.

Il livello di emoglobina definisce il grado di anemia, che può essere:


-lieve
-moderata
-grave
e non il tipo di anemia!!
La quantità di emoglobina informa della gravità clinica dell’anemia ma non sulla sua eziopatogenesi.

EMATOCRITO
L'ematocrito (abbreviato con Ht o HCT) è un esame del sangue che indica la percentuale del volume
sanguigno occupata dagli eritrociti. Il suo valore normale varia dal 37% al 47% per le donne, mentre
normalmente per il sesso maschile è più alto (42-52%), mentre nei neonati ha un valore molto alto e si
riduce in caso di età avanzata e gravidanza. La percentuale restante è occupata dalla frazione liquida,
il plasma.
Questo esame è considerato parte integrante del risultato totale del sangue di una persona, insieme con la
concentrazione dell'emoglobina, al numero di globuli bianchi e alla conta piastrinica. Un ematocrito del
campione di sangue ossia la percentuale di volume dei globuli rossi all'interno del sangue serve per capire il
grado di capacità di fornire ossigeno ai tessuti.
Al contrario, tale valore aumenta in tutte quelle situazioni nelle quali si ha esuberante produzione di globuli
rossi e di emoconcentrazione, con conseguente riduzione della frazione plasmatica del sangue
(policitemia). In questo caso aumenta notevolmente la viscosità del sangue e secondo la legge di Hagen-
Poiseuille la velocità del sangue viene notevolmente diminuita.
L’ematocrito rappresenta la quota di volume ematico occupata esclusivamente dagli eritrociti; è chiaro
che una condizione di sofferenza eritrocitaria legata ad una carente produzione o ad una maggiore
distruzione degli eritrociti determina una diminuzione degli eritrociti circolanti ed una diminuzione della
percentuale espressiva dell’ematocrito.
Quando questa percentuale è al di sotto del 40%, soprattutto se è associata ad un valore di emoglobina
diminuito, bisogna pensare alla presenza di un’alterazione dell’eritropoiesi (la presenza di un’emoglobina
inferiore a 13 indica un globulo rosso con un basso contenuto o che ha un’emivita più breve).

SINTOMI DELL’ANEMIA
I sintomi sono secondari al ridotto apporto di ossigeno.

➢ Segni: pallore (ittero), tachicardia;


➢ Sintomi generali: astenia, facile stancabilità, dispnea da sforzo, cardiopalmo;
➢ Sintomi d’organo: cefalea, angina, scompenso cardiaco, edemi.

La gravità dei sintomi dipende dalla gravità dell’anemia e dalla rapidità con la quale l’anemia si stabilisce,
l’anemia cronica è relativamente ben tollerata. L’ittero si verifica soprattutto in condizioni di anemia
emolitica con un aumento della bilirubina indiretta ovvero la quota di bilirubina che deve essere ancora
coniugata dall’acido glucuronico a livello epatico: ad esempio, l’ittero pre-epatico che prescinde
dall’efficienza dei meccanismi di coniugazione epatica della bilirubina è causato da un’anemia emolitica (es.
falcemia). Sono tutte condizioni che accentuano l’azione di emocateresi ovvero l’azione distruttiva da parte
di alcuni emuntori, soprattutto splenico ed epatico.

ANEMIE DA ECCESSIVA PERDITA DI SANGUE


Le perdite di sangue possono essere acute, quando avvengono in un tempo breve (minuti-ore), o croniche,
quando si instaurano più lentamente, nell'arco di mesi od anni.
Le reazioni cliniche alla perdita acuta di sangue variano a seconda della velocità con cui avviene l'emorragia
ed a seconda che essa sia esterna o interna. Le alterazioni che si sviluppano in corso di perdita acuta di
sangue riflettono soprattutto la diminuzione del volume sanguigno piuttosto che la perdita di emoglobina.
Le conseguenze possono essere uno stato di shock e la morte. Se il paziente sopravvive, il volume ematico è
rapidamente ripristinato mediante lo spostamento dell'acqua dal compartimento dei fluidi interstiziali.
L'emodiluizione (diluizione del sangue) che ne deriva, abbassa i livelli di ematocrito. La ridotta
ossigenazione dei tessuti innesca la produzione di eritropoietina, a cui il midollo risponde aumentando
l'eritropoiesi. Quando la perdita di sangue è interna, come ad esempio nella cavità addominale, il ferro può
essere recuperato. Se invece la perdita è esterna, un'adeguata ricostituzione della massa ertitrocitaria può
essere ostacolata dalla carenza di ferro, se le riserve sono insufficienti.
Subito dopo l'emorragia acuta i globuli rossi appaiono normali per dimensioni e colore, cioè normocitici e
normocromici. Tuttavia, quando inizia la rigenerazione nel midollo, nel sangue periferico compaiono delle
modificazioni.
L'emorragia cronica comporta anemia solo quando la quota persa supera la capacità rigenerativa dei
precursori eritroidi o quando le riserve di ferro sono esaurite. Oltre all'emorragia cronica, qualsiasi causa
di carenza marziale (di ferro) può condurre ad una identica manifestazione anemica. Tra queste cause
ritroviamo gli stati di malnutrizione e di malassorbimento intestinale del ferro ed un aumento delle
richieste al di sopra dell'introito giornaliero, come durante le mestruazioni od in gravidanza.

-Emorragia acuta → diminuzione del volume ematico (stato di shock, morte), emodiluizione (abbassamento
dei valori di ematocrito). Nel periodo post-emorragico è caratteristico un aumento del numero dei
reticolociti circolanti.
-Emorragia cronica → a carico dell’apparato gastrointestinale (ulcera gastrica, emorroidi, neoplasie
dell’apparato digerente), mestruazioni molto abbondanti, non viene modificata la volemia, perdite di ferro.
ANEMIE EMOLITICHE
Anemie causate da riduzione della vita media del globulo rosso, e quindi vi è una eccessiva distruzione dei
globuli rossi.

- Anemie emolitiche da causa intrinseca: difetti di membrana, Hb anomale, difetti enzimatici dell’eritrocita.
(difetti interni al globulo rosso);

- Anemie emolitiche da causa estrinseca: cause immunologiche, cause meccaniche, fisiche, chimiche,
ipersplenismo, epatopatie e nefropatie. (difetti esterni al globulo rosso).

- Emolisi extravascolare (sistema mononucleato-macrofagico della milza). Si verifica quando i globuli rossi
danneggiati vengono allontanati e distrutti dalla milza e dal fegato.

- Emolisi intravascolare (danno meccanico, attivazione del complemento): emoglobinemia, emoglobinuria,


emosiderinuria, ittero. Si verifica quando la membrana cellulare è stata danneggiata.

CATABOLISMO DELL’EMOGLOBINA
Le anemie emolitiche comportano l’emoglobina nel sangue, la quale aumenta: la degradazione
dell’emoglobina avviene nel sistema mononucleato-macrofagico della milza, si libera del ferro e
attraverso l’eme ossigenasi si trasforma in biliverdina la quale attraverso una biliverdina riduttasi-NADPH
diventa bilirubina (trasportata al fegato dove viene elaborata ed escreta con la bile). Le anemie emolitiche
ereditarie sono legate ad un difetto eritrocitario:

- Sferocitosi ereditaria, difetto della membrana plasmatica del globulo rosso: l’eritrocita assume una forma
sferica, la superficie della membrana cellulare è ridotta in misura sproporzionata rispetto al contenuto
intracellulare, a causa della perdita di proteine associate alla membrana cellulare. La riduzione della
superficie della cellula si ripercuote negativamente sulla flessibilità necessaria alla cellula per passare
attraverso il microcircolo splenico, causando emolisi intrasplenica.

-Deficit di glucoso-6-fosfato deidrogenasi (G6PD): riduce il NADP a NADPH e quest’ultimo fornisce il


potere riducente che converte il glutatione ossidato alla forma ridotta; manca la protezione contro il danno
ossidativo, le catene globiniche vengono ossidate, l’Hb denatura e precipita formando i corpi di Heinz. Le
anemie emolitiche acquisite dipendono dalla presenza di autoanticorpi (immunoemolitiche). Vi sono
un’infinità di varianti della glucosio-6- fosfato deidrogenasi, ma la maggior parte di queste mutazioni non
comporta alcuna manifestazione clinica o anemia emolitica. La più comune forma è la Glucosio-6-fosfato-B,
ma ci sono anche varianti che comportano emolisi di rilevanza clinica: la Glucosio-6- fosfodeidrogenasi-A e
la Glucosio-6- fosfodeifrogenasi D. La prevalenza di geni nocivi si è mantenuta in quanto si ritiene che il
deficit della Glucosio-6-fosfato deidrogenasi possa proteggere contro le malattie sostenute da plasmodio
falciparum che durante l’infezione non trovano un’ambiente eritrocitario favorevole alla propria
sopravvivenza e replicazione. Quindi in base alla mutazione ed in base al tipo di deficit enzimatico e delle
sue conseguenze cliniche di solito queste varianti sono raggruppate in 4 classi in base all’indice di gravità. La
variante glucosio-6-fosfodeidrogenasi-A associata ad un deficit di media entità dal 10 al 70% appartiene alla
classe 3. La forma mediterranea in cui i globuli rossi mantengono meno del 10% della normale attività fa
parte del gruppo 2. In entrambi i casi la mutazione non altera la sintesi di enzima, piuttosto né
compromette la stabilità. Nei reticolociti, ad esempio, nelle forme che precedono la forma matura degli
eritrociti, l’attività enzimatica è normale ma risulta marcatamente ridotta nelle emazie più vecchie.
Pertanto, l’esposizione ad agenti ossidanti tende ad indurre l’emolisi delle emazie più vecchie e non di
quelle più giovani, c’è una maggiore predisposizione da parte di questi eritrociti malati a presentare un
evento emolitico. Le mutazioni associate alla malattia danno come risultato la perdita di normali
ripiegamenti della molecola, perché le forme non ripiegate vanno incontro ad una degradazione
proteolitica e possiedono un’emivita piuttosto breve. È una malattia ereditaria legata al cromosoma X,
quindi il difetto è espresso da tutti gli eritrociti dell’individuo maschio colpito perché non ha la possibilità di
avere uno stato compensato da una normalità espressa dal gene normale dell’altro cromosoma, nella
femmina eterozigote (XX) sono presenti due popolazioni di eritrociti e cioè alcuni portatori del difetto, altri
normali. I maschi sono dunque più sensibili, ad esempio, agli agenti ossidanti che possono creare una
situazione emolitica. Ci possono essere alcuni farmaci che in seguito ad esposizioni a radicali liberi danno
l’azione ossidante e possono dar luogo ad eventi emolitici trovando già una predisposizione funzionale
legata alla presenza dell’attività enzimatica le cui mutazioni possono avere rilevanza clinica di diverso grado
da soggetto a soggetto. Vi possono essere infezioni che possono scatenare emolisi nei pazienti con deficit di
quest’enzima, come le epatiti virali, le polmoniti ecc. Pazienti con deficit delle Glucosio-6-fosfo
deidrogenasi possono presentare emolisi anche in seguito all’ingestione di fave (favismo) in quanto questi
legumi generano sostante ossidanti con modalità simili a quelle dei farmaci e non trovano i meccanismi
protettivi descritti perché manca l’azione protettiva da parte della glutatione-perossidasi. Quest’emolisi
avviene sia a livello intra che extra cellulare perché in presenza di un agente ossidante sono proprio i gruppi
solfidrilici delle catene globiniche che ne fanno le spese e quindi c’è una denaturazione dell’Hb che
precipita, quindi la presenza dei corpi di Heinz (inclusioni scure all’interno degli eritrociti) che danneggiano
la membrana a tal punto da causare emolisi intra-vascolare. Queste inclusioni aderendo alle membrane
cellulari, diminuiscono anche la deformabilità dell’eritrocita; quindi, durante il passaggio attraverso i
cordoni splenici questi eritrociti strappano i corpi di Heinz e danno origine ad emazie. Queste modificazioni
predispongono altresì al sequestro delle emazie nei cordoni splenici e alla distruzione per eritrofagocitosi.

ANEMIE IMMUNOEMOLITICHE
Le anemie immunoemolitiche comprendono un gruppo di malattie caratterizzate da malfunzionamento
del sistema immunitario con produzione di autoanticorpi che aggrediscono i globuli rossi come se fossero
sostanze estranee all’organismo.
Sono anemie emolitiche autoimmuni determinate dalla presenza di IgG o IgM dirette contro antigeni
presenti sulla membrana plasmatica degli eritrociti.

Il test di Coombs è il mezzo principale di diagnosi. Si basa sulla capacità di anticorpi (preparati in animali)
diretti contro le immunoglobuline sieriche umane di agglutinare i globuli rossi del paziente (se presentano
sulla superficie di membrana globuline anti-emazie). È un test di laboratorio utilizzato per rilevare la
presenza di anticorpi fissati alla superficie dei globuli rossi (test di Coombs diretto) oppure di anticorpi
liberi nel siero (test di Coombs indiretto).

-ANEMIE EMOLITICHE AUTOIMMUNI DA ANTICORPI CALDI: > o uguale a 37 gradi;


-ANEMIE EMOLITICHE AUTOIMMUNI DA ANTICORPI FREDDI: < 37 gradi.

ANEMIE MEGALOBLASTICHE
Sono un gruppo di anemie caratterizzate da macrocitosi (aumento delle dimensioni cellulari) dei globuli
rossi dovuta ad una alterata sintesi di DNA con ritardo di maturazione del nucleo e normale maturazione
del citoplasma della cellula. Il processo maturativo degli eritrociti viene alterato portando alla formazione di
eritrociti di dimensioni superiori alla norma (megalociti).

Cause:
∙Carenza di Vitamina B12;
∙Carenza di Acido Folico;
Si riconoscono:

-Rare forme ereditarie (deficit di enzimi coinvolti nella biosintesi delle basi azotate);
-Forme acquisite (principalmente carenza di vit b12);
-Ridotta assunzione alimentare;
-Alterato assorbimento intestinale;
-Alterazioni nel trasporto ematico della vitamina (transcobalamina);
-Riduzione dei depositi per aumento del fabbisogno (tumori, gravidanza);

È dovuta ad una carenza di vitamina B12 che rappresenta un complesso organometallico che prende il
nome di cobalamina: solitamente questa metalloproteina ha una derivazione alimentare non tanto dai
vegetali ma dai prodotti animali che hanno avuto però una contaminazione microbica. Il soggetto che ha
un’alimentazione prevalentemente/esclusivamente vegetariana è un soggetto che ha carente apporto di
vitamina B12. Il fabbisogno giornaliero della vitamina B12 (cobalamina) è dell’ordine di 2/3 microgrammi
con una dieta normale e le riserve dell’organismo quando vengono mantenute complete possono essere
sufficienti anche per anni.
Come avviene l’assorbimento della vitamina B12?
Richiede un fattore secreto dalle cellule parietali, insieme a HCl e alle pepsine, ovvero alla componente
enzimatica, che conferisce al chimo un ambiente a pH acido fondamentale per la seconda fase della
digestione definita digestione gastrica. Quando vi è un’alterazione della mucosa gastrica è chiaro che ci può
essere un deficit secretorio delle cellule parietali e quindi un deficit di fattore intrinseco di Castle che è
quello che si lega alla cobalamina e ne consente la diffusione nell’organismo: quando questo fattore è
carente si ha un carente utilizzo della cobalamina. Il fattore intrinseco, dopo essere stato secreto dalle
cellule parietali del fondo gastrico, viene utilizzato più a valle, a livello dell’intestino tenue. Solitamente la
vitamina richiede questo fattore intrinseco: la cobalamina viene rilasciata a partire dalla forma legata a
proteine per azione delle pepsine nell’ambiente, la pepsina scinde il complesso proteina-cobalamina e la
vitamina libera si lega a proteine di derivazione salivare leganti la vitamina B12 dette cobalofiline. Nel
duodeno questi complessi definiti R-vitamina B12 (prodotto complessati a questa addizione) vengono scissi
dall’azione degli enzimi pancreatici, la vitamina B12 viene trasportata all’ileo e proprio qui si lega al fattore
intrinseco di Castle e insieme poi riconoscono un recettore specifico a livello della regione ileale
dell’intestino. A questo punto, la vitamina attraversa la membrana plasmatica, si lega al recettore ileale
attraverso il fattore intrinseco, entra nella cellula mucosa e viene legata ad una proteina plasmatica definita
transcobalamina la quale trasporta la vitamina dalla cellula della mucosa dell’ileo in circolo ed è importante
perché una volta in circolo va soprattutto agli epatociti attraverso la circolazione portale e alle cellule di
quegli apparati che hanno un’elevata attività proliferativa come le cellule del midollo osseo e del
rivestimento mucoso del tratto gastro-enterico; quindi si tratta di una vitamina coinvolta nei processi di
replicazione cellulare. L’azione biologica della vitamina B-12 ha bisogno di un co-fattore importante ovvero
l’acido folico: l’interazione tra essi è fondamentale nella sintesi del DNA ed è alla base del quadro di anemia
megaloblastica. Due sono le reazioni importanti:

1. Il prodotto metilato della cobalamina ovvero la Metil-Cbl è un co-fattore essenziale per l’enzima
metionina sintetasi coinvolto nel metabolismo della metionina (uno degli amminoacidi essenziali), è un
enzima coinvolto nella conversione dell’omocisteina a metionina. L’omocisteina oggi ha un ruolo
fondamentale anche nella valutazione dell’evoluzione prognostica di alcune patologie cardiovascolari, è un
precursore della metionina che si accumula quando il metabolismo di quest’ultima viene ad essere
alterato. L’omocisteina nella trasformazione in metionina assume un metile da parte della Metil-Cbl che
diventa cobalamina (Cbl), è importante perché la Metil-Cbl viene rigenerata dall’acido tetraidrofolico che è
presente nell’organismo nella sua forma metilata attraverso la metionina sintetasi, che è una sorta di
enzima ad azione ciclica, rigenera la Metil-Cbl; cedendo un gruppo metilico previene la forma di acido
tetraidrofolico. L’acido tetraidrofolico è indispensabile attraverso il suo derivato N-metilene-acido
tetraidrofolico alla conversione del dUMP (deossi-uridin-monofosfato) in dTMP (deossi-timidina-
monofosfato) fondamentale per la sintesi del DNA. Viene ipotizzato che la causa fondamentale di alterata
sintesi del DNA nel deficit di vitamina B12 sia la ridotta disponibilità dell’acido tetraidrofolico. Il deficit
interno di folato, che deriva dalla mancanza di vitamina B12, può essere anche causato dall’impossibilità di
sintetizzare i derivati dei folati metabolicamente attivi come i poliglutammati: la sintesi di questi dal folato
richiede singoli gruppi carboniosi attivi. Qualunque sia il meccanismo del deficit interno di folato, l’ipotesi
che la mancanza di folato sia la causa di una possibile anemia in corso di carenza di vitamina B12 è
sostenuta dal fatto che somministrando acido folico il quadro dell’anemia viene riversato.

2. Non vi è un coinvolgimento diretto del folato: a volte la somministrazione di acido folico corregge il
quadro anemico megaloblastico ma non porta a nessun miglioramento del disturbo neurologico; questo
succede perché la cobalamina subisce la reazione di transmetilazione, in cui il gruppo metilico viene ceduto
dall’acido metil-tetraidrofolico. La cobalamina è coinvolta in un processo di isomerizzazione del metil-
MalonilCoA a Succinil-CoA, in questo passaggio si richiede un intermedio, l’adenosil-cobalamina ovvero un
gruppo prostetico dell’enzima metilMalonil-CoA mutasi il quale permette l’isomerizzazione: quando questo
enzima non funziona perché c’è una carenza di adenosil-cobalamina si ha un accumulo dei livelli di metil-
malonato che viene escreto nelle urine e tale accumulo produce acidi grassi anomali che possono essere
incorporati nei lipidi neuronali e possono portare alla degradazione della mielina quindi produrre
complicanze neurologiche da carenza di vitamina B12, ma in questa situazione non c’è un coinvolgimento
diretto dell’acido folico. Quando si parla di anemia megaloblastica si parla di carenza di sintesi di DNA.
Somministrando acido folico si riattiva subito l’emopoiesi con la presenza di reticolociti che sono i
precursori dell’eritrocita maturo. Patogenesi: alterazione della mucosa gastrica, carenza del fattore
intrinseco di Castle.

Perché si collega l’anemia perniciosa ad una gastrite cronica su base immunitaria? Una gastrite vede il
sovvertimento della funzione secretoria delle ghiandole della mucosa perché si hanno reazioni
immunologiche alla base del quadro dell’anemia perniciosa. In una cellula parietale ci sono degli infiltrati
linfoplasmacellulari tra una cellula parietale e l’altra, ma vi sono anche modificazioni nucleari della mucosa
e ad un certo punto compaiono 3 tipi di anticorpi (patogenesi immunitaria):

1. Anticorpi di tipo I: nel 75% dei pazienti vi sono gli anticorpi di tipo 1 ovvero anticorpi che bloccano il
legame della vitamina B12 col fattore intrinseco di Castle, sono Ab bloccanti, si trovano sia nel siero che nel
succo gastrico;

2. Anticorpi di tipo II: non consentono il legame del fattore intrinseco di Castle o del complesso fattore
intrinseco-vitamina B12 al recettore ideale bloccando la sua distribuzione a livello plasmatico, epatico e a
livello degli organi dove la componente cellulare ha un’intensa attività replicativa (es. midollo osseo, cellule
della mucosa gastrica);

3. Anticorpi di tipo III: sono presenti nell’85-90% dei pazienti, si localizzano nel sistema canalicolare delle
cellule parietali gastriche, infatti si chiamano anticorpi parieto-canalicolari. Sono anticorpi contro la pompa
protonica: questo Ab è diretto contro la subunità α e β della pompa protonica gastrica; gli anticorpi parieto-
canalicolari non sono specifici per l’anemia perniciosa, infatti si possono trovare anche nel 50% di pazienti
anziani con gastrite cronica idiopatica non associata ad anemia perniciosa. Gli anticorpi rappresentano la
causa primaria delle modificazioni della mucosa gastrica, si sospetta che una reazione autoimmune mediata
dalle cellule T possa dare inizio al danno della mucosa gastrica e quindi innescare la formazione di
autoanticorpi successivamente, i quali a loro volta causano ulteriore danno alla mucosa e quando le cellule
parietali che producono il fattore intrinseco scendono al di sotto di un valore soglia si sviluppa l’anemia
perniciosa. La reazione cellulo-mediata T CD4-dipendente sviluppa poi un assetto auto-anticorpale che è
proprio quello dell’anemia perniciosa. Un soggetto con l’anemia perniciosa che decorso ha? Il decorso può
essere grave, se si ha un blocco della maturazione eritrocitaria aumentano gli eritrociti che invecchiano,
aumentano le proprie dimensioni ma stentano a moltiplicarsi perché vi è una carenza di DNA; si può avere
anche un deficit della linea granulocitaria per continuità della linea megacariocitica. La diagnosi si fa
dosando la vitamina B12 e gli anticorpi; si tratta di anticorpi che danno conferma di un processo auto-
immunitario in atto che produce il quadro dell’anemia perniciosa. Gli anticorpi sierici sono altamente
specifici e la loro presenza provoca il nesso causale tra anemia perniciosa e deficit di vitamina B12.
Anemie megaloblastiche da deficit di vitamina b12 e folati (terapia)
-Terapia sostitutiva con vitamina B12 e folati (per os e per via parenterale);
-Identificazione e correzione della causa;
-Risposta reticolocitaria dopo 4-7 giorni, normalizzazione dell’emoglobina dopo 1-2 mesi;

ANEMIA DA DEFICIT DI FOLATO


Quando si ha un deficit di acido folico si ha un’anemia megaloblastica che ha le stesse caratteristiche che
si osservano nei deficit di vitamina B12 ma non si hanno le alterazioni neurologiche dovute esclusivamente
ad un deficit di adenosil-cobalamina. La funzione dell’acido tetraidrofolico consiste nel ruolo di
intermediario nel trasferimento di unità monocarboniose derivate ad esempio dalla serina come gruppi
metilici, formilici a vari composti e in questo processo in cui vengono ceduti i gruppi monocarboniosi, l’FH₄
funge da accettore di questi frammenti carboniosi e li trasferisce. I derivati dell’acido tetraidrofolico cedono
il frammento monocarbonioso che hanno acquisito per la sintesi di molecole biologicamente attive. L’acido
tetraidrofolico può essere considerato come un intermediario biologico in questo scambio e i più
importanti processi metabolici dipendenti da questi trasferimenti di unità monocarboniose sono la sintesi
delle purine, la sintesi di metionina a partire da omocisteina e la sintesi del desossitimidilato monofosfato
che è alla base della sintesi del DNA. Nella sintesi del timidilato si produce un diidrofolato che deve essere
ridotto poi a diidrofolato reduttasi per poter poi rientrare in circolo. Il metabolismo dell’acido folico è
correlato al metabolismo della metil-cobolamina, ma i disturbi neurologici sono esclusivamente dovuti ad
una carenza di cobolamina e soprattutto ad una carenza di adenosilcobolamina che è il gruppo prostetico
della reazione enzimatica che fa transitare attraverso un’isomerizzazione, il metil-malonilCoA a succinil-
CoA.
Qual è il fabbisogno di acido folico?
Di solito l’organismo umano ha la necessità di avere un apporto tra i 50 e i 200 microgrammi al giorno.
L’acido folico contenuto in questi cibi è in gran parte sotto forma di poliglutammati. I folati animali
(monoglutammati) sono meglio assorbiti di quelli vegetali (per lo più poliglutammati). È contenuto in alcuni
tipi di frutta (limoni, meloni), proteine animali (fegato), nei vegetali verdi (asparagi, spinaci): la cottura o la
friggitura dei cibi per 5-10 minuti possono distruggere fino al 95% del contenuto dei folati, le fritture ad
esempio alterano il contenuto di folati.

Tre sono le principali cause di carenza di acido folico:

1. Diminuito apporto: può derivare da una dieta inadeguata, insufficiente assorbimento intestinale. Le
diete incongrue si osservano più frequentemente negli alcolisti cronici. In queste condizioni l’anemia
megaloblastica si accompagna ad aspetti di malnutrizione generale, manifestazione di vitaminosi;

2. Aumentata richiesta: come in gravidanza, in età infantile, in anemie emolitiche;

3. Insufficiente utilizzazione;

Vi sono antagonisti dell’acido folico, un esempio di antagonista è il metotressato: solitamente


nell’inibizione della funzione del folato le cellule a rapida crescita sono quelle più colpite soprattutto quelle
del tratto GI. L’anemia megaloblastica che deriva da un deficit di acido folico è identica a quella che si
osserva nel deficit di vitamina B12, quindi la diagnosi di deficit di folato richiede la diminuzione dei livelli di
folato nei globuli rossi e poi l’aumento dell’escrezione di questi frammenti monocarboniosi: in questo caso
aumentano questi prodotti che non vengono coniugati per essere metabolizzati altrove proprio per la
carenza di acido bifolato nella sua forma di acido tetraidrofolico.
ANEMIA MEGALOBLASTICA
Riguarda la sintesi del DNA dovuta ad un deficit di vitamina B12, ad un deficit di folati o ad un deficit di
transferrina ovvero quell’enzima che trasporta il ferro dall’ambiente plasmatico all’interno dei tessuti,
fondamentale per il metabolismo del ferro e per la sintesi dell’eme (emoglobina).

ANEMIE DA INSUFFICIENTE ERITROPOIESI


Comprendono le anemie da ridotta produzione di eritrociti o di Hb:
- Anemia aplastica (mancanza di cellule staminali multipotenti mieloidi);
- Anemie megaloblastiche (carenza di vitamina B12 e di folati);
- Anemie sideropeniche (ridotta sintesi dell’EME);

ANEMIE APLASTICHE
L'anemia aplastica è un disturbo nel quale le cellule di midollo osseo dalle quali si sviluppano le cellule
ematiche mature sono danneggiate, determinando una riduzione del numero di globuli rossi, globuli
bianchi e/o piastrine.
Costituzionali:
• Sindrome di Fanconi → una malattia autosomica recessiva, determinata dalla mancanza delle strutture
riparatrici del DNA;
• L’anemia aplastica si manifesta precocemente intorno al 3°- 4° anno di vita;
• Neutropenia e piastrinopenia;
• Associata ad altre anomalie congenite come: alterazioni scheletriche, ipoplasia del rene e della milza.
Acquisite:
• Insufficiente produzione di eritropoietina (insufficienza renale);
• Distruzione delle cellule staminali (agenti chimici, farmaci, infezioni virali).

MEGALOBLASTOSI DEI PRECURSORI ERITROIDI


- Asincronismi maturativi nucleo-citoplasmatici;
- Alterata divisione cellulare con frequente arresto in fase S e salto di una o più mitosi; Vi è quindi una
macrocitosi degli eritrociti (MCV > 100 m³). L’accumulo dei megaloblasti (aumentano di volume ma non
raggiungono mai la maturità) nel midollo osseo è il fattore limitante per una corretta maturazione degli
eritrociti che determina l’anemia.

MACROCITOSI ERITROCITARIA
∙Variazioni della forma e delle dimensioni degli eritrociti (anisocitosi);
∙I macrociti possono presentarsi ipercromici;
∙I neutrofili possono presentare più lobuli nucleari (5-6);

ANEMIA DA CARENZA DI FERRO


La carenza di ferro è la principale forma di malnutrizione nel mondo.
Cause della carenza marziale: malnutrizione, ridotto assorbimento, aumento delle richieste, perdita
cronica di sangue.
- Ferro funzionale → emoglobina, mioglobina (pigmento respiratorio presente a livello muscolare), enzimi
(garantiscono l’attività omeostatica dei sistemi d’organo);
- Ferro di deposito (si accumula a livello dei tessuti) → ferritina (accoglie il ferro di deposito sotto forma di
emosiderina), emosiderina.
Il ferro è veicolato nel plasma legato alla transferrina (trasporta il ferro inorganico dall’ambiente
plasmatico alle cellule dove viene successivamente organificato per la formazione dell’emoglobina),
compartimento mobile. La carenza di ferro induce un’anemia ipocromica (il contenuto di ferro non
risponde al contenuto di ferro normale) microcitica (la carenza di ferro fornisce uno sviluppo eritrocitario
carente che si rivela con le diminuite dimensioni cellulari).
ASSORBIMENTO DUODENALE DEL FERRO
Il ferro emico si assimila attraverso le proteine animali mentre il ferro non-emico o inorganico viene
trasportato dalla transferrina; il ferro che non viene trasportato si deposita sotto forma di ferritina (ferro di
deposito). Il fabbisogno di ferro nell’uomo varia da 5 a 10 mg al giorno mentre nella donna da 7 a 20 mg al
giorno.

CICLO DEL FERRO


Il metabolismo del ferro ha delle compartimentalizzazioni d’organo a livello epatico, splenico, osseo,
intestinale. Il contenuto destinato alla metabolizzazione nell’ambito delle 24h a livello intestinale
corrisponde a circa 20 mg dell’alimentazione giornaliera. Gli organi emocateretici sono gli organi in cui
vanno gli eritrociti, invecchiano e vengono eliminati cedendo agli organi il contenuto in emoglobina che per
5 mg nell’arco delle 24h accede al fegato a livello del sistema reticoloendoteliale. Giornalmente si hanno - 5
mg di ferro ricevuto dall’emoglobina; - 15 mg dalla milza: contiene la quota di emoglobina che proviene
dagli eritrociti degradati, il ferro che la milza riceve dagli eritrociti degradati viene restituito al tessuto osseo
poi sempre ad opera della transferrina; Inoltre, i 5 mg che arrivano dalla degradazione dell’emoglobina
degli eritrociti da parte del tessuto epatico vengono anch’essi restituiti al tessuto osseo: ecco che
l’emoglobina di quella quota eritrocitaria che invecchia nel tessuto epatico viene restituita al midollo osseo
per ben 3 volte rispetto a quello del tessuto epatico. Dall’intestino la quota di 20 mg viene eliminata e solo
una minima quota viene restituita al tessuto osseo appena 1 mg trasformato dalla transferrina. Cosa ci
informa che l’organismo ha una carenza di ferro?

Parametri di laboratorio → ipoferritinemia, iposideremia, ipertransferrinemia: quando c’è carenza di ferro


vi è un aumento della transferrina (reazione compensatoria);

Sintomi → generali dell’anemia, determinati dalla carenza di ferro a livello tissutale (alterazione delle
mucose, unghie, lingua, in genere dei tessuti di derivazione epiteliale).

Cosa distingue una condizione di ferro carenziale? Variabilità del diametro dell’eritrocita, diminuzione
della dimensione cellulare, carenza interna di emoglobina (condizione ipocromica).

Eritrociti a falce → Si tratta di una molecola con binding affinity cioè con un’affinità di legame con
l’ossigeno ridotta, ma a bassa tensione di ossigeno questa struttura anomala precipita e deforma l’eritrocita
ecco perché si ha l’anemia falciforme: si parte dai tessuti periferici dove la tensione di ossigeno
progressivamente diminuisce.

TALASSEMIE
La talassemia è una malattia ereditaria del sangue ed è caratterizzata da un'anemia cronica dovuta alla
sintesi ridotta o assente di una delle catene polipeptidiche (alfa o beta) presenti nella molecola
dell’emoglobina, proteina responsabile del trasporto di ossigeno attraverso tutto l’organismo.
Il nome “talassemia” deriva dal greco “thàlassa” (mare) e “haîma” (sangue), ed è stato scelto per via della
grande diffusione di questa patologia nell’area del bacino del Mediterraneo. La malattia era tipicamente
presente tra le popolazioni residenti nelle aree paludose o acquitrinose, infestate per secoli dalla malaria: la
ragione di ciò risiede nel fatto che, nei talassemici, l'anomalia dei globuli rossi ostacola la riproduzione del
plasmodio della malaria, rendendoli più resistenti a questa malattia e consentendo, negli anni, una sorta di
selezione naturale delle persone con talassemia. Quindi con ‘’talassemia’’ si intende la riduzione o
assenza di sintesi di una o più catene globiniche.

Esistono diversi tipi di emoglobina che differiscono nel tipo di catene globiniche. Nell’adulto importante è la
HbA. Le catene β sono molto più frequentemente compromesse rispetto alle catene α, perché le catene β
sono codificate da due geni per la globina β, ognuno dei quali è localizzato su uno dei cromosomi 11;
viceversa per quanto riguarda l’α vi sono due paia di geni, due per ogni cromosoma. Ciò sta a significare
che avendo una mutazione in uno dei quattro geni della globina α, sicuramente ci saranno altri tre geni che
potranno assicurare la funzione; questo invece non succede nella β globulina. Si parla perciò più
frequentemente delle β talassemie, piuttosto che delle α talassemie.

TALASSEMIA ALFA
L'alfa talassemia è un'emoglobinopatia ereditaria, caratterizzata da un difetto della sintesi delle
catene dell'alfa globina.
Nell'alfa talassemia la produzione di catene α dell'emoglobina risulta deficitaria, e in conseguenza di ciò vi
sarà un eccesso di catene β nell'adulto e di catene γ nel neonato che non potranno combinarsi con le prime
per formare la molecola completa.
La catene β in eccesso si uniscono a formare tetrameri β4 con anormale curva di dissociazione dell'ossigeno,
chiamati emoglobina H o HbH.
Le catene γ in eccesso invece formano tetrameri γ4 (Hb di Barts) con alta affinità per l'ossigeno, che quindi
non riesce a dissociarsi alla periferia del sistema cardiocircolatorio per essere ceduto ai tessuti. Nella forma
omozigote α0, dove si formano molti tetrameri γ4 ma nessuna catena α, vi è solitamente aborto spontaneo.

L'alfa-talassemia origina da una diminuita produzione di catene polipeptidiche alfa dovuta alla delezione
di uno o più geni alfa. Le persone normalmente hanno quattro geni alfa (due su ciascuna coppia di
cromosomi) perché il gene alfa è duplicato. La classificazione della malattia si basa sul numero e sulla
posizione delle delezioni:
• Alfa + talassemia: perdita di un singolo gene su un cromosoma (alfa/--)
• Alfa 0 talassemia: perdita di entrambi i geni sullo stesso cromosoma (--/--)
• I pazienti con un singolo allele alfa + allele (alfa/alfa;alfa/--) sono clinicamente normali e sono
chiamati portatori sani.

• I pazienti che sono eterozigoti che presentano difetti in 2 geni su 4 come 2 alleli alfa+ (alfa/--
;alfa/--) o un allele alfa 0 (alfa/alfa;--/--) tendono a sviluppare un'anemia microcitica da lieve a
moderata, ma nessun sintomo clinico. Questi pazienti hanno un tratto alfa talassemico.
• I difetti in 3 dei 4 geni causati da co-ereditarietà sia di alfa + che di alfa 0 (alfa/-;--/--)
compromettono gravemente la produzione di catene alfa. La produzione danneggiata di catene
alfa si traduce nella formazione di tetrameri di catene beta in eccesso, chiamate emoglobina H, o,
nell'infanzia, di catene gamma chiamate emoglobina di Bart. I pazienti affetti da malattia da
emoglobina H presentano spesso anemia emolitica sintomatica e splenomegalia.

• I difetti in tutti e 4 i geni via 2 alleli alfa 0 (--/--;--/--) rappresentano una condizione letale (idrope
fetale) già in utero, poiché l'emoglobina che manca di catene alfa non è capace di trasportare
ossigeno.

TALASSEMIA BETA
La beta-talassemia deriva dalla diminuzione della produzione di catene di beta-polipeptidi a causa di
mutazioni o delezioni nel gene della beta globina, portando a una ridotta produzione di emoglobina A.
Mutazioni o delezioni possono comportare la perdita parziale (beta + allele) o la perdita completa (allele
beta 0) della funzione della beta globina. Ci sono due geni della beta globina, e i pazienti possono avere
mutazioni eterozigote, omozigote o eterozigote composte. Inoltre, i pazienti possono essere eterozigoti o
omozigoti per anomalie in 2 diversi geni globinici (p. es., beta e delta).

La beta-delta-talassemia è una forma meno comune di beta-talassemia in cui la produzione sia della
catena delta che della catena beta è compromessa. Queste mutazioni possono essere eterozigote o
omozigote.
Nella beta-talassemia, i fenotipi clinici sono classificati in 3 gruppi in base al grado in cui la produzione di
beta globina è compromessa:

• Minor (o tratto)

• Intermedia

• Major

La beta-talassemia minor (tratto) si manifesta in pazienti che sono eterozigoti (beta/beta + o beta/beta
0), che di solito sono asintomatici con anemia microcitica da lieve a moderata. Questo fenotipo può
verificarsi anche in casi lievi di beta +/beta +.

La beta-talassemia intermedia è un quadro clinico variabile che è intermedio tra la talassemia major o
minor, causato dall'ereditarietà di 2 alleli beta-talassemici (beta +/beta 0 o casi gravi di beta +/beta +).

La beta-talassemia major (o anemia di Cooley) si verifica in pazienti che sono omozigoti (beta 0/beta 0)
o eterozigoti composti gravi (beta 0/beta +) e deriva da una grave carenza di beta globina. Questi pazienti
sviluppano grave anemia e iperattività del midollo osseo. La beta-talassemia major si manifesta entro il
1o e il 2o anno di vita con sintomi di anemia grave e sovraccarico di ferro trasfusionale e da
assorbimento. I pazienti sono itterici e possono presentare ulcere agli arti inferiori e colelitiasi (come
nella malattia falciforme). È frequente splenomegalia, spesso massiva. Può verificarsi sequestro splenico,
il che accelera la distruzione dei globuli rossi normali trasfusi. L'iperplasia del midollo osseo causa un
ispessimento delle ossa del cranio e delle eminenze malari. Il coinvolgimento delle ossa lunghe
predispone a fratture patologiche e ritarda l'accrescimento, eventualmente ritardando o impedendo la
pubertà.
Quando vi è un sovraccarico di ferro, i depositi di ferro nel miocardio possono provocare insufficienza
cardiaca. È tipica la siderosi epatica, con conseguente insufficienza funzionale e cirrosi. Di solito è
necessaria la chelazione del ferro.
PATOGENESI MOLECOLARE
-mutazioni della regione promotrice della β-globina → Se si tiene presente che alcune mutazioni
puntiformi nel promotore del gene che codifica alterano i legami con la RNA-polimerasi, si ha di
conseguenza una riduzione della quota di trasduzione dal 75% all’80%, per questo motivo si ha una
riduzione della catena globinica;

-mutazioni di termine della catena (inserimento di codoni di stop) → si ha una prematura interruzione
della translazione dell’mRNA, cioè se all’interno di un esone si ha una mutazione puntiforme si può avere la
formazione di un codone di stop. Ad un certo punto, dunque, la trasduzione si ferma e si avrà perciò un
trascritto per una catena più corta. L’interruzione della catena ad opera di questi meccanismi genera
frammenti non funzionanti per la globina β, questi causano una β-0-talassemia cioè una talassemia
caratterizzata da un’assenza funzionale della β-globina;

- difetti di splicing → mutazioni che causano un’alterata separazione di un introne da un esone. In questi
casi l’mRNA formato è un mRNA anomalo, non separato, che viene degradato all’interno del nucleo e
quindi allo stesso modo ne concerne una β-0-talassemia; L’alterata sintesi della β-globina contribuisce alla
patogenesi della talassemia. Se si h una β-globina non espressa o espressa male con una catena più corta, il
rapporto α / β-globina è alterato, cioè viene a mancare un’adeguata produzione di emoglobina funzionante
e la concentrazione globale di emoglobina nelle cellule diminuisce. L’emoglobina non è più una proteina
vettrice capace di trasportare l’ossigeno perché le sue strutture cominciano ad essere alterate.

Qual è il meccanismo reale con cui si determina una condizione di anemia?


Si ha un effetto quasi duplice, nel senso che un eritrocita che vive con questa emoglobina anomala, con
questo rapporto alterato α/β, è un eritrocita che vive di meno e che è dunque distrutto più facilmente.
Questo produce perciò una carenza di globuli rossi. Quindi non soltanto vi è un’anemia dovuta alla
diminuzione di un’emoglobina funzionante con cellule ipocromiche in cui c’è un trasporto di ossigeno
deficitante, ma la stessa cellula è nel contempo più facilmente distrutta, ha un’emivita molto più corta.
Quando si ha un rapporto α/β globulina che cambia, si avranno catene α prodotte che però non trovano
una catena β complementare perché queste sono deficitarie. Si ha dunque un eccesso di catene α libere
che si aggregano, sono instabili e precipitano all’interno dei normoblasti. La conseguenza funzionale più
importante del deficit di sintesi della β-globulina è il danno della membrana cellulare che per l’accumulo dei
precipitati determina l’incapacità dell’eritroblasto di sintetizzare adeguate quantità di DNA. Quando si ha
un’emoglobina patologica come nel caso della falcemia, si avrà anche una diminuita sopravvivenza degli
eritrociti e una maggiore distruzione da parte della milza. Tutto ciò comporta il rilascio da parte
dell’eritropoietina, una proteina importante che ha la funzione di registrare la carenza di eritrociti
circolanti, di stimolare l’eritropoiesi midollare, un’eritropoiesi che per motivi genetici non può essere
normale. Quindi ci sarà un’esasperazione a livello midollare di un’eritropoiesi che è sempre un’eritropoiesi
patologica, cioè che produrrà degli eritroblasti e poi degli eritrociti deficitari per le ragioni sopra elencate.
Vi è un’eritropoiesi che vuole essere compensatoria ma che funzionalmente non lo diventa mai, quindi
un’eritropoiesi massiva a livello midollare ed extra-midollare (milza, fegato) che si espande nelle ossa,
ostacola l’accrescimento dell’osso, provoca anomalie scheletriche. Un altro disastroso evento osservato
nelle β-talassemie è l’eccessivo assorbimento del ferro introdotto con la dieta. L’accumulo eccessivo di
ferritina, dovuto ad un processo eccessivo distruttivo degli eritrociti può determinare anche la regressione
delle funzioni d’organo (alterata funzione tiroidea, alterata funzione cardiaca a causa di una condizione
ipossica anche nei confronti del tessuto cardiaco). Nell’immagine sopra riportata, a sinistra è rappresentato
un eritrocita normale preceduto da un eritroblasta normale. Quando si ha una ridotta sintesi di β globina,
come è possibile notare nell’immagine a destra, si ha la presenza di corpi inclusi nel citoplasma, ossia
precipitati di aggregati di α-globina. Un’eritropoiesi difettiva, come già detto, fa morire per apoptosi gli
eritroblasti già all’interno del midollo o gli consente di andare in circolo dove sono più facilmente distrutte
all’interno degli organi. I segnali che si trasmettono a certe strutture recettoriali sono quelli di compensare
addirittura con una maggiore assunzione a livello gastrico di ferro, ferro che però non può essere utilizzato
all’interno di una struttura che è l’eme che si trova a sua volta all’interno di una proteina che è anomala, la
globina, in cui i processi di legame, di saturazione ecc dell’ossigeno non avvengono in modo normale. I
tessuti saranno allora ipossici, vi è un maggiore circolo di eritropoietina che cerca di compensare in modo
improprio l’eritropoiesi che produce eritroblasti ed eritrociti anomali.
Gli omozigoti per i geni β-talassemici sono affetti da anemia grave (talassemia major). È la più comune.
Genotipo: β+β+ o β0β0.
Gli eterozigoti per i geni β-talassemici (talassemia minor). Nei soggetti in cui l’anemia è grave e nei pazienti
non trasfusi, gli eritrociti si presentano con gravi anomalie.

ANEMIA FALCIFORME
L'anemia falciforme è una malattia genetica ed ereditaria del sangue. Il nome si deve alla caratteristica
forma a falce o mezzaluna che viene assunta dai globuli rossi che diventano anche rigidi, viscosi e
facilmente aggregabili. La forma irregolare ne ostacola il movimento attraverso i vasi sanguigni,
rallentando o bloccando il flusso del sangue. La patologia è a eredità autosomica recessiva, vale a dire che
per la trasmissione al figlio è necessario che entrambi i genitori siano portatori della malattia.
Dunque una delle forme più note di Emoglobinopatia è, appunto, l’anemia falciforme in cui si ha nella β
globina una mutazione puntiforme, la sostituzione dell’acido glutammico con valina e gli eritrociti
tendono ad assumere una caratteristica forma a falce in quanto l’Hb tende a formare aggregati. I soggetti
portatori di questa anomalia, soprattutto in eterozigosi, hanno la capacità di resistere alla malaria proprio
perché non presentano condizioni ottimali di propagazione dell’infezione.
Nell’emoglobina falciforme si ha la sostituzione dell’acido glutammico con la valina. Ciò è preceduto
dall’inversione delle due basi A-T che dà delle triplette che poi portano alla sintesi di un amminoacido
diverso da quello normale. Quello che è più importante è che questa mutazione altera l’affinità di legame
dell’O da parte della β-globina. Si ha quindi una condizione in cui soprattutto in presenza di basse tensioni
di ossigeno, si ha un precipitato dell’emoglobina che deforma l’eritrocita facendogli assumere la
conformazione di una falce. Questi precipitati comportano un’alterazione dell’equilibrio osmotico
cellulare, ma soprattutto comportano un’alterazione di quella che è la membrana eritrocitaria. Si ha
dunque una cellula che per le sue mutate condizioni chimico-fisiche si disidrata, che è scarsamente
ossigenata, con un danno della membrana notevole. Anche in questo caso si ha un duplice meccanismo: la
carenza del trasporto di ossigeno e l’aumentata distruzione dell’eritrocita. Una cellula falciforme è una
cellula che ha una vita molto più contenuta, è una cellula destinata alla distruzione. Le molecole di HbS
polimerizzano a bassa tensione di O2 determinando modificazioni della membrana eritrocitaria (globuli
rossi a falce):

-anemia emolitica cronica (milza);


-ostruzione dei vasi capillari (crisi vasculo-occlusive dolorose);

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