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Giada Guardigni 06/10/2022

Christian Cirillo Ematologia – lezione 2


Prof. Michele Cavo

ERITROPOIESI
La funzione dell’eritropoiesi è quella di
rinnovare i globuli rossi. Il sistema è
costituito da una comunità anatomo-
funzionale che prende il nome di eritrone.
L’eritrone è costituito dai progenitori
commissionati e dai precursori. Come
vediamo dall’immagine, ci troviamo in un
punto a valle della piramide rispetto alle
cellule staminali pluripotenti e multipotenti,
in questo punto abbiamo già cellule
commissionate per una specifica linea
specifica.
L’ematologo approccia la diagnosi attraverso
la valutazione citologica di un aspirato di
sangue midollare (biopsia midollare). Le
cellule staminali pluripotenti e multipotenti e
i progenitori commissionati risiedono nel
midolllo osseo, ma non hanno delle
caratteristiche note, quindi non le
riconosciamo morfologicamente ma solo
attraverso la citofluorimetria. I precursori
dell’eritropoiesi sono le prime cellule appartenenti a questa linea proliferativa che siamo in grado di
riconoscere morfologicamente per le loro caratteristiche.
Ci sono due diversi progenitori commissionati per l’eritropoiesi che sono tra di loro differenti per il
diverso livello di maturazione. I progenitori più alti, quelli più immaturi, sono cellule in grado di
originare macrocolonie in sistemi in vitro addizionati di eritropoietina, queste sono chiamate Burst
Forming Units-Erythroid (BFU-E). Sono i progenitori più alti e derivano per differenziamento
alla cellula staminale multipotente differenziata per la mielopoiesi, rispetto a questa hanno solo i
caratteri per la linea eritroide e mantengono una caratteristica di staminalità per espressione
dell’antigene CD34. Il passaggio successivo è rappresentato dalle CFU-E (Colony-forming units
Erythroid), progenitori che danno origine a colonie più piccole, qui abbiamo la perdita della
staminalità e CD34 negativa.
Dai progenitori commissionati originano i precursori, cellule che riusciamo a riconoscere
morfologicamente e che sono in grado di dividersi e maturare per un certo numero di step
(precursori proliferanti), dopo questi vediamo precursori che perdono le capacità di dividersi e
possono solo maturare.

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I precursori proliferanti sono: i proeritroblasti, gli eritroblasti basofili e gli eritroblasti
policromatofili. [dopo la spiegazione testuale sono inserite le ripsettive immagine, da sinistra a
destra vediamo proeritroblasti, eritroblasti basofili, eritroblasti policromatosi]
Proeritroblasti. Sono cellule con dimensione molto grande con un alto rapporto nucleo/citoplasma,
quindi presentano una componente nucleare nettamente maggioritaria e una rima citoplasmatica
estremamente ridotta. Il citoplasma è intensamente basofilo e azzurro perché è il primo progenitore
che ha origine dai precursori commissionati e comincia in qusto momento la sintesi di emoglobina,
quindi la cellula è molto povera di emoglobina. La cromatina è estremamente fine e dispersa.
Eritroblasti basofili. Questa cellula si differenzia dalla precedente: è molto piu piccola, comincia
ad acquisire un citoplasma più alto intensamente basofilo ma meno del precedente perché comincia
ad arricchirsi di emoglobina, il nucleo presenta la cromatina aggregata in zolle.
Eritroblasti policromatofili. La basofilia del citoplasma si sta riducendo, il citoplasma aumenta di
dimensioni e la cromatina è decisamente a zolle.

Tutte le cellule che seguono gli eritroblasti policromatofili rappresentano i


precursori maturanti: gli eritroblasti ortocromatici e i reticolociti.
Queste cellule hanno perso la loro capacità di divedersi e possono
solo andare incontro ad una maturazione.
Eritroblasti ortocromatici. Queste cellule hanno raggiunto una concentrazione intracellulare di
emoglobina superiore al 20% dell’intero volume cellulare, con posizionamento del nucleo a livello
periferico. Le caratteristiche delle cellule sono molto differenti rispetto a quelle dei precursori
proliferanti: il citoplasma è uguale a quello dei globuli rossi per colorazione (quindi molto carico di
emoglobina) e il nucleo è già a livello periferico, pronto per essere espulso. L’espulsione del nucleo
senza divisione della cellula rappresenta la transizione da eritroblasto ortocromatico a reticolocita.
Reticolociti. Queste cellule hanno residui ribosomiali e
mitocondriali, visibili come corpuscoli all’interno della cellula che
distinguono i reticolociti dai globuli rossi. Non riusciamo a
riconoscere queste cellule effetuando una striscio di sangue
periferico e colorandolo con Giemsa, bensì dobbiamo utilizzare una
colorazione specifica, il blu brillante di cresile, che ci permette di
individuare i corpuscoli all’interno dei reticolociti. Questa
colorazione è a carico dell’ematologo, ma ormai superata perché
attraverso la citofluorimetria possiamo conteggiare in modo più
preciso i reticolociti. Attraverso esame citofluorimetrico otteniamo
un numero assoluto (25.000 – 100.000 / mm3) e un numero relativo
di reticolociti (5-20 reticolociti per 1000 globuli rossi). I reticolociti
sono l’ultimo precursore dell’eritropoiesi che precede i globuli
rossi e hanno una durata media di vita di 4 giorni, la metà sono
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spesi nel midollo osseo e la seconda metà nel sangue periferico. La loro stima dà una valutazione
dell’efficienza dell’eritrone e consente di valutare indirettamente se ci si trova di fronte ad una
eritropoiesi ridotta -numero di reticolociti ridotto- oppure di fronte ad una eritropoiesi iperplastica –
numero di reticolociti aumentato.
Riassumendo:
1. Proeritroblasto
2. Eritroblasto basofilo
3. Eritrobasto policromatofilo: cessa la capacità di dividersi
4. Eritroblasto ortocromatico
5. Reticolocita
Il principale regolatore dell’eritropoiesi è l’eritropoietina, un ormone prodotto dalla cellule
interstiziali corticali che si trovano intorno ai tubuli prossimali. Il target dell’ormone è rappresentato
preferenzialmente dalle CFU-E e dai proeritroblasti, mentre la sua azione sugli altri precursori è
minimale. In particolare induce uno stimolo alla proliferazione e alla maturazione di queste
cellule, quindi incrementa la capacità dell’eritrone di produrre globuli rossi e provoca una
diminuzione dell’emivita fisiologica dei reticolociti provocando una transizione più rapida verso i
globuli rossi.
L’eritrone midollare è in grado di modulare la sua capacità di produrre globuli rossi in base alle
necessità dell’organismo. In condizioni di emergenza si può avere un’iperincrezione di
eritropoietina fino a sei volte il normale per compensare la situazione di anemia. Il sistema cellulare
è dinamico e può aumentare o ridurre la capacità di produrre globuli rossi.

ANEMIE
Il range riconosciuto dal WHO di normale concentrazione di emoglobina presenta una differenza di
circa un grammo tra uomo e donna
 13-18 g/dL nell’uomo
 12-16 g/dL nella donna, la condizione è legata al ciclo mestruale con una diminuita
capacità di accumulare e mettere da parte ferro di deposito durante il periodo fertile.
Parliamo di diversi gradi di anemie in base alle concentrazioni di emoglobina (questa
classificazione è molto usata nella pratica clinica e in reparto):
 Anemia lieve: Hb > 10 g/dL
 Anemia moderata: Hb < 10 g/dL ma Hb > 8 g/dL
 Anemia severa: Hb < 8 g/dL
Il fatto che ad una consensuale diminuzione della concentrazione di emoglobina vi sia una riduzione
del numero di globuli rossi non è un assioma assoluto. Esistono anemie come la beta-talassemia
eterozigote (interessa tre milioni di italiani ed è caratterizzata da un lieve difetto nella sintesi delle
catene globiniche beta) in cui a fronte di un eritrone perfettamente funzionante e ad un’aumentata
increzione di eritropoietina per contrastare una lieve anemia, il numero di globuli rossi è aumentato
rispetto al normale.

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Il numero dei globuli rossi da solo non fa diagnosi di anemia, anche se nella maggiorparte dei casi
si ha sia una diminuzione della concentrazione di emoglobina che una diminuzione del numero di
globuli rossi.
I sintomi riflettono la condizione di diminuita emoglobina circolante nell’organismo e a livello
tissutale sono: astenia ed incapacità di svolgere azioni quotidiane.
[da slide gli altri sintomi:
 secondari al ridotto apporto di ossigeno
 sintomi generali : astenia, facile stancabilita’, dispnea da sforzo, cardiopalmo.
 sintomi d’organo: cefalea, angina, scompenso cardiaco, edemi.
 segni: pallore (ittero), tachicardia, tachipnea.]
Il paziente ha una clinica che può essere assente, lieve o severa in funzione di due elementi: la
gravità dell’anemia (quanto più è grave, tanto più sarà severa la clinica) e dal tempo necessario per
l’insorgenza dell’anemia (un’anemia che si instaura rapidamente passando da 13g a 8g in pochi
giorni a seguito di un’emorragia digestiva avrà una clinica conclamata, differente da quella
asintomatica di una donna pluriparipara ipermenorroica con un progressivo depauperimento dei
depositi di ferro che la porta a diminuire la concentrazione di emoglobina da 13g a 8g in mesi,
adattando nel frattamento l’apparato cardiovascolare e polmonare).
I parametri che dobbiamo tenere a mente per la diagnosi di anemia sono:
 ematocrito: valore percentuale che corrisponde al volume occupato dai globuli rossi di 100
ml di sangue in toto, anche in questo caso il range percentuale ha una variabilità in sfavore
della donna rispetto all’uomo (36-42% donna; 40-45% uomo);
 conta dei globuli rossi, calcolata automaticamente;
 (la conta dei reticolociti non è calcolata automaticamente bensì va richiesta);
 Concentrazione di emoglobina;
 Grandezza dei globuli rossi o volume corpuscolare medio MCV, valore importante per la
diagnosi dei vari tipi di anemia. MCV è ottenibile dal rapporto tra ematocrito e numero
di globuli rossi ed è espresso in microncubi
o MCV nel range di normalità tra 80-95 µ3
o Microcitosi con globuli rossi più piccoli del normale MCV < 80 µ3
o Macrocitosi: MCV > 95 µ3

La classificazione diagnostica deve considerare numerosi parametri, ma il primo elemento che


consiederiamo per indirizzarci ad una diagnosi è il volume corpuscolare.

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Le anemie possono essere classificate da molti punti di vista, in particolare quella che segue è una
classificazione in gruppi in base al meccanismo patogenetico che porta all’instaurarsi dell’anemia.

 Anemie del primo gruppo sono date da una riduzione dell’eritroblastogenesi che
consegue a un difetto dell’eritrone molto alto a livello delle staminali o dei progenitori
commissionati
 Nel II gruppo il difetto è più basso e riguarda la capacità dei precursori eritroidi di dividersi
e maturare: ridotta eritrocitogenesi.
 Il III gruppo è caratterizato da una ridotta sintesi di emoglobina. Fisiologicamente i
precursori si dividono e maturano progressivamente, contemporaneamente si caricano nel
citoplasma di emoglobina che sintetizzano. Le anemie di questo gruppo hanno una corretta
divisione ma non si caricano efficientemente di emoglobina
 L’ultimo gruppo è rappresentato da anemie nelle quali una causa patologica porta a
riduzione della sopravvivenza degli eritrociti.
Spesso più cause patogenetiche concorrono all’insorgenza dell’anemia, ma solitamente tra queste
una domina le altre ed è maggioritaria e fa in modo che sia collocata in un gruppo piuttosto che in
un altro. Uno stesso meccanismo patogenetico può essere indotto da cause diverse, in altre parole
cause diverse possono portare alla stessa anemia attraverso un meccanismo analogo. Un esempio è
quello delle anemie del II gruppo che hanno in comune il meccanismo patogenetico, ma cause
diverse: un difetto di vitamina B12, un difetto di acido folico oppure farmaci che interferiscono con
la sintesi di DNA.

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