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Vi ricordate quando abbiamo parlato delle varie fasi di maturazione dell'eritrocita?

Abbiamo spiegato che lo


scopo principale dell'eritrocita, o globulo rosso, è trasportare l'ossigeno. Durante le sue fasi di maturazione,
l'eritrocita subisce trasformazioni al fine di diventare quel singolo disco biconcavo privo di organuli e altre
strutture complesse nel citoplasma, ma che contiene solo l'emoglobina, il gruppo eme e il ferro che si lega
all'ossigeno. È importante che questo processo si completi affinché si formi un eritrocita maturo.

Come potete vedere, la composizione degli eritrociti nelle varie forme immature può essere molto
eterogenea a livello midollare. La forma, la colorazione e l'affinità tintoriale dell'emoglobina cambiano nel
raggiungere il globulo rosso, che normalmente ha una forma rotondeggiante e una colorazione data
principalmente dal ferro dell'emoglobina. Man mano che l'eritrocita diventa sempre più maturo, la quantità
di ferro aumenta.

In generale, quando parliamo di anemia, ci riferiamo alla riduzione complessiva della quantità di
emoglobina circolante. È importante sottolineare che l'emoglobina circola all'interno dei globuli rossi e non
è presente in forma libera. La definizione di anemia dipende strettamente dal numero di globuli rossi e può
variare leggermente tra uomini e donne. Ad esempio, un valore di emoglobina inferiore a 12,5 grammi per
decilitro è considerato anemico negli uomini, mentre negli uomini si parla di anemia quando scende sotto
gli 11,5 grammi per decilitro. Questa differenza è dovuta al numero leggermente maggiore di globuli rossi
negli uomini, influenzato dagli androgeni come il testosterone, che favoriscono l'eritropoiesi rispetto agli
estrogeni presenti nelle donne.

Allora, ricordiamoci delle varie fasi di maturazione dell'eritrocita. Abbiamo spiegato che lo scopo principale
dell'eritrocita, o globulo rosso, è il trasporto di ossigeno. Durante le fasi di maturazione, l'eritrocita subisce
trasformazioni fino a diventare il caratteristico disco biconcavo privo di organuli e altre strutture
citoplasmatiche complesse. All'interno dell'eritrocita si trova l'emoglobina, che contiene il gruppo eme con
il ferro legato all'ossigeno.

Le anemie, in generale, si distinguono in diversi gruppi in base a quale aspetto dell'eritrocita risulta ridotto
numericamente o a carico dell'emoglobina. Possiamo avere diversi gruppi di anemia, come mostrato qui, in
cui il difetto può essere a diversi livelli. Questi difetti a diversi livelli identificano i vari gruppi di anemia.

Nel caso del gruppo 1, ad esempio, tutte le fasi di maturazione del globulo rosso, la sintesi dell'emoglobina
e la sopravvivenza degli eritrociti sono normali. Quello che cambia è l'eritroblastogenesi, cioè la formazione
degli eritrociti immaturi. In questo caso, si ha un'eritropoiesi inefficace, in cui gli eritrociti formati
rimangono in uno stato immaturo. Questo avviene perché le prime fasi della maturazione dell'eritrocita
sono compromesse, impedendo al globulo rosso di progredire nella sua maturazione. Di conseguenza,
l'eritrocita matura non viene prodotto e la sintesi dell'emoglobina non avviene correttamente. Ciò porta a
un difetto funzionale in cui l'apporto di ossigeno ai tessuti è compromesso, causando uno stato anemico.

Questa condizione viene chiamata anemia megaloblastica, in cui l'eritrocita si presenta in forme immature,
chiamate megaloblasti. Questi megaloblasti hanno dimensioni eccessivamente grandi rispetto all'eritrocita
maturo a causa della presenza di granuli, vacuoli e organuli cellulari che consentono ancora la sintesi
proteica e la proliferazione cellulare. Tuttavia, questi processi sintetici non si verificano nell'eritrocita
maturo, poiché non ha il DNA necessario per la trascrizione e la traduzione proteica.

Questo blocco nella maturazione dell'eritrocita a livello delle prime fasi dell'eritroblastogenesi causa
un'anemia megaloblastica. È importante notare che questa condizione non è causata da difetti nelle catene
dell'emoglobina o dalla distruzione degli eritrociti immaturi, ma piuttosto da un blocco precoce nel
processo di eritropoiesi.

Ci sono diversi difetti che possono riguardare la formazione dell'eritrocita maturo, la sintesi dell'emoglobina
o la sopravvivenza degli eritrociti. Queste alterazioni possono essere presenti in diverse fasi maturative e
funzionali del globulo rosso, incluso il processo di sintesi dell'emoglobina. Ad esempio, le emoglobinopatie
sono caratterizzate da un difetto strutturale dell'emoglobina, che può influenzare anche la struttura del
globulo rosso. In ogni caso, queste alterazioni causerebbero uno stato anemico, motivo per cui l'anemia può
essere il risultato di diverse condizioni patologiche.

Per riassumere, possiamo classificare le anemie in quattro gruppi principali: ridotta formazione di
eritroblasti (le prime fasi della maturazione), ridotta formazione degli eritrociti maturi, ridotta sintesi
dell'emoglobina e ridotta sopravvivenza degli eritrociti. Questi gruppi sono determinati dalle fasi di
maturazione dell'eritrocita e dalla presenza di alterazioni dell'emoglobina, che è alla base della definizione
di anemia come riduzione significativa dei livelli di emoglobina.

E adesso cerchiamo di comprendere le diverse tipologie di anemia e come si suddividono nei vari gruppi.
Come si può notare, ci sono malattie di base genetica, chiamate eritropatie congenite, come ad esempio
l'anemia di Diamond-Blackfan. In questo caso, si verifica un'inefficace eritropoiesi a causa di una malattia
genetica che impedisce la formazione degli eritroblasti. È importante sottolineare che questa condizione
può anche essere acquisita, il che significa che non è necessariamente di origine congenita, ma può essere
secondaria a diverse patologie. Ad esempio, i tumori possono essere una causa valida dell'aplasia midollare,
che rappresenta un'alterazione del midollo osseo. Questa alterazione midollare può essere causata anche
da farmaci, come i chemioterapici, che agiscono sulle cellule con un alto potenziale proliferativo. L'obiettivo
dei chemioterapici è ridurre la proliferazione delle cellule tumorali, ma purtroppo, se non vengono
somministrati direttamente al tumore, possono agire in maniera non specifica, colpendo tutte le cellule con
un alto potenziale proliferativo, incluso il famoso precursore dei globuli rossi, l'eritroblasto. Pertanto, è
evidente che la cellula staminale del midollo osseo, che possiede la capacità di auto-rinnovarsi e proliferare
in modo quasi illimitato, può presentare caratteristiche simili a un tumore dal punto di vista dell'attività
metabolica e mitotica. Quando i chemioterapici agiscono, colpiscono anche il midollo osseo, privandolo
delle stesse cellule staminali che sono importanti per l'eritropoiesi. La riduzione delle cellule staminali che
possono dare origine ai precursori dei globuli rossi porta alla ridotta formazione degli eritroblasti, e di
conseguenza si manifesta un'anemia di primo grado, causata da una causa secondaria, come ad esempio
l'insufficienza renale. L'insufficienza renale può essere una causa di anemia di primo grado perché
l'eritropoiesi avviene principalmente nel midollo osseo sotto l'influenza dell'eritropoietina, un ormone
prodotto a livello renale. Abbiamo già discusso in precedenza della regolazione dell'eritropoiesi e
dell'importanza dell'eritropoietina nel dirigere le prime fasi della formazione degli eritroblasti. Pertanto, se
si verifica un'insufficienza renale, si avrà una ridotta produzione di eritropoietina, che influenzerà
negativamente la formazione dei globuli rossi. È importante notare che l'insufficienza renale può
rappresentare una causa secondaria di anemia di primo grado e, in particolare, agisce sulla fase iniziale della
formazione degli eritroblasti. L'insufficienza renale causa un deficit o una compromissione quasi totale della
funzione renale, inclusa la capacità di regolare l'eritropoiesi e promuovere la formazione dei globuli rossi.

Andiamo ora ad analizzare l'anemia del gruppo 2. A cosa si riferisce l'anemia del gruppo 2? Si riferisce alla
ridotta formazione degli eritrociti, in particolare alla formazione degli eritroblasti. Abbiamo già visto che
questa condizione può essere causata da diverse ragioni, sia congenite che secondarie a farmaci o danni agli
organi coinvolti nell'eritropoiesi. Nel caso dell'anemia del gruppo 2, si osserva l'assenza della formazione di
eritrociti maturi. In altre parole, gli eritroblasti non completano il loro processo di maturazione e non si
trasformano in eritrociti maturi.

Un esempio di anemia appartenente al gruppo 2 è l'anemia megaloblastica. Cos'è l'anemia megaloblastica?


Si tratta di una condizione in cui l'eritropoiesi si verifica, ma risulta inefficace. Perché è inefficace?
Fondamentalmente, si verifica un difetto nella sintesi del DNA. Gli eritroblasti, essendo ancora cellule
sintetiche che richiedono proteine strutturali per il processo di maturazione e la divisione mitotica
necessaria per diventare eritrociti maturi, si trovano bloccati nella fase di sintesi del DNA. Questo difetto
comporta l'arresto della proliferazione e della divisione mitotica nelle prime fasi di maturazione cellulare.
Il problema principale risiede quindi nel DNA. È importante notare che la sintesi dell'RNA dell'emoglobina è
normale, il problema riguarda esclusivamente la sintesi del DNA. La sintesi del DNA è fondamentale per il
ciclo cellulare, in particolare per la fase S del ciclo cellulare, che rappresenta la fase di duplicazione del DNA.
Senza la divisione del DNA, non si può avere la divisione fisica nelle cellule figlie. Di conseguenza, il ritardo
nella sintesi del DNA porta anche a un ritardo nella divisione cellulare e nella progressione della
maturazione. Ciò comporta una minore divisione degli eritrociti maturi, e quindi la differenziazione delle
cellule eritrocitarie viene compromessa. Si possono osservare, quindi, i cosiddetti megaloblasti, cioè
eritrociti immaturi, in un esame del sangue.

Qual è la causa di questo ritardo nella sintesi del DNA? È dovuto alla carenza di alcuni fattori importanti
come la vitamina B12 e l'acido folico. Sia la vitamina B12 che l'acido folico sono essenziali per la sintesi delle
purine. Le purine sono le basi azotate del DNA, insieme alle pirimidine. Se mancano le purine, la sintesi del
DNA non può fisicamente e tecnicamente avvenire, cioè la duplicazione del DNA e l'incorporazione delle
basi azotate non possono avvenire correttamente. Ecco perché si osserva un ritardo nella sintesi del DNA,
che a sua volta causa una divisione mitotica rallentata e una progressione inefficace nella maturazione degli
eritrociti. La vitamina B12 e l'acido folico rappresentano quindi i due principali fattori che possono
determinare l'anemia megaloblastica, ed è essenziale garantire un apporto costante di queste sostanze,
soprattutto di acido folico.

È importante notare che la vitamina B12 è presente principalmente nelle proteine animali, e quindi una
dieta completamente vegetariana può determinare una significativa carenza di vitamina B12, diventando
una potenziale causa di anemia megaloblastica.

L'anemia perniciosa è un esempio classico delle anemie di tipo 2. In questo caso, la significativa riduzione
della vitamina B12 non è causata da una carenza alimentare, ma è dovuta alla presenza di una patologia
autoimmune. L'autoimmunità si verifica quando il sistema immunitario, per motivi legati alla rottura della
tolleranza, attacca le proprie cellule e tessuti. Normalmente, l'intestino sviluppa una tolleranza verso gli
antigeni derivanti dagli alimenti che ingeriamo, il che significa che il sistema immunitario non risponde in
modo eccessivo a ciò che mangiamo. Durante lo sviluppo, sia nel periodo neonatale che nell'età adulta, si
sviluppa una tolleranza nei confronti degli alimenti e degli antigeni ad essi associati.

Tuttavia, nell'anemia perniciosa si verifica una rottura di questa tolleranza, dando origine a una malattia
autoimmune. In particolare, si sviluppano autoanticorpi che riconoscono la vitamina B12 come antigene.
Questo porta a una risposta immunitaria contro la vitamina stessa, compromettendo l'assorbimento e
rendendo inefficace l'eritropoiesi. Di conseguenza, si verifica un'anemia megaloblastica, che prende il nome
di "perniciosa" proprio a causa dell'origine autoimmune.

La gastrectomia, cioè la rimozione parziale dello stomaco, può contribuire alla carenza di vitamina B12.
Infatti, nello stomaco viene prodotto il fattore intrinseco, una sostanza che favorisce l'assorbimento della
vitamina B12. Pertanto, la mancanza fisica dello stomaco e la riduzione della produzione del fattore
intrinseco possono influire sull'assorbimento della vitamina B12.

La carenza di folati segue una valutazione simile a quella della carenza di vitamina B12. Durante la
gravidanza, la circolazione fetale richiede un aumento del trasporto di ossigeno, che è sostenuto
principalmente dalla produzione di eritroblasti nel midollo osseo. Di conseguenza, durante la gravidanza si
verifica un aumento della richiesta di acido folico per la produzione di eritroblasti e degli eritrociti maturi. La
carenza di folati in questo periodo è considerata parafisiologica, ovvero una condizione normale che
richiede un'adeguata integrazione di acido folico da parte delle donne in gravidanza.
Andiamo ora ad esaminare le anemie di gruppo 3. Le anemie di gruppo 3 si riferiscono a diverse patologie
che coinvolgono principalmente la sintesi dell'emoglobina. Queste alterazioni dell'emoglobina possono
determinare uno stato anemico caratterizzato da una quantità ridotta di emoglobina che non garantisce
adeguatamente il trasporto di ossigeno ai tessuti, una funzione vitale per il loro mantenimento.

Iniziamo analizzando l'anemia sideropenica. Quando pensiamo all'anemia sideropenica, la prima


associazione che ci viene in mente è il ferro. La sideremia e l'emosiderina sono parametri clinici che ci
permettono di valutare la quantità di ferro presente nel nostro organismo, sia in termini di deposito sia in
termini di trasporto attivo del ferro. Ma perché il ferro è così importante? Il ferro si trova nei gruppi eme
delle catene globiniche dell'emoglobina. L'emoglobina è composta da quattro catene globiniche, ognuna
delle quali contiene un gruppo eme che contiene un atomo di ferro. L'atomo di ferro è in grado di legarsi
reversibilmente all'ossigeno, facilitando il trasporto dell'ossigeno e l'acquisizione di anidride carbonica,
essenziale per il trasporto di gas e nutrienti ai tessuti.

Nell'anemia sideropenica, lo striscio di sangue è un importante strumento diagnostico. Il ferro è ciò che
conferisce il colore rosso al sangue, quindi una riduzione significativa del ferro porta ad una riduzione del
gruppo eme. Di conseguenza, l'emoglobina non può svolgere appieno le sue funzioni, causando un difetto
nella formazione dell'emoglobina stessa. La causa di questa anemia è quindi la carenza di ferro, da cui il
termine "sideropenica". I globuli rossi risultano ipocromici, cioè pallidi, a causa della ridotta presenza di
ferro. La colorazione rossa tipica dei globuli rossi diventa meno evidente fino a diventare ipocromica.

Come viene regolato il metabolismo del ferro e quali sono i suoi processi principali? Il ferro deve essere
introdotto attraverso la dieta. Una volta assorbito, il ferro viene trasportato a livello intestinale dalle cellule
enterociti, che costituiscono la mucosa intestinale. Una serie di molecole trasportatrici favoriscono il
passaggio del ferro dalla porzione basolaterale dell'enterocita al circolo ematico. Una volta nel torrente
circolatorio, il ferro viene distribuito alle funzioni principali nel nostro organismo. La proteina di trasporto
del ferro è la transferrina, la quale si assicura che una parte del ferro raggiunga gli eritrociti, sia quelli
immaturi sia quelli maturi, che contengono l'emoglobina. Circa il 75% del ferro assorbito dalla dieta viene
destinato all'emoglobina e al processo di eritropoiesi, mentre il 10-20% viene conservato come ferritina,
una molecola di deposito piuttosto che di trasporto. La ferritina ci permette di immagazzinare il ferro nei
depositi principali dell'organismo, come il fegato, il cuore e i macrofagi. I macrofagi, in particolare,
rappresentano un importante deposito di ferro.

Questi processi, compresi l'eritropoiesi, l'emoglobina e la ferritina, svolgono una funzione di sensori nel
nostro organismo. Quando ci sono alterazioni eccessive o difettose nel processo di eritropoiesi o accumuli di
ferro a livello macrofagico, i depositi di ferro nel fegato o nel cuore possono rappresentare un segnale di
allarme. Questo segnale di allarme determina un cambiamento nell'assorbimento del ferro e un'interazione
reciproca tra questi tessuti, al fine di regolare continuamente il metabolismo del ferro.

Il ferro è chiaramente presente in diverse forme. Come abbiamo menzionato in precedenza, si trova nei
composti di trasporto, come le trasferrine, e nei composti di deposito, come la ferritina e l'emosiderina.
L'emosiderina rappresenta un pigmento che indica un accumulo eccessivo di ferritina a livello cellulare, il
che non è auspicabile in quanto un eccesso di ferro può causare squilibri. Un esempio di patologia associata
all'eccesso di ferro è l'emocromatosi. Pertanto, non dovremmo pensare che più ferro abbiamo, meglio è. In
realtà, è necessaria una regolazione metabolica del ferro per evitare eccessi o carenze, che possono portare
a patologie e squilibri vari. La quantità totale di ferro nel nostro organismo viene mantenuta a circa 2.310
milligrammi.

A livello intestinale, il ferro viene assorbito dall'enterocita, che è la cellula intestinale epiteliale. Ci sono due
possibili destini per il ferro all'interno della cellula: può essere immagazzinato sotto forma di ferritina o
utilizzato per diversi processi di cui abbiamo parlato in precedenza. L'uso del ferro a livello intestinale è
limitato alla cellula intestinale stessa, quindi deve raggiungere il torrente circolatorio. Ciò avviene attraverso
una proteina chiamata ferroportina, che facilita l'uscita del ferro dall'enterocita e il suo trasferimento al
torrente circolatorio. Durante questo passaggio, la ferroportina si trova nella porzione basolaterale della
cellula intestinale, il che rende il ferro nuovamente disponibile. A questo punto, interviene la trasferrina, che
consente al ferro di essere effettivamente trasportato attraverso il torrente circolatorio. I globuli rossi
maturi, che esprimono il recettore per la trasferrina, ricevono il ferro trasportato dalla trasferrina. La
ceruloplasmina, anche se è principalmente una proteina trasportatrice del rame, può anche aiutare nel
trasporto del ferro. Quindi, diversi processi e proteine contribuiscono a rendere il ferro funzionale per i
globuli rossi.

Come abbiamo menzionato in precedenza, circa il 75% del ferro viene destinato principalmente ai globuli
rossi. Tuttavia, c'è un'altra cellula importante coinvolta nel deposito del ferro, il macrofago. I macrofagi
agiscono come deposito del ferro, quindi quando il ferro si trova nei macrofagi, viene ridistribuito
principalmente per il deposito, che avviene principalmente nei macrofagi. Va notato che i monociti, che
sono la forma circolante dei macrofagi tissutali, svolgono un ruolo nel processo di deposito del ferro. I
monociti migrano nei vari tessuti e diventano macrofagi. Questo è necessario per la regolazione fine del
ferro, in modo da evitare accumuli e difetti nella produzione e nella quantità di ferro nel nostro organismo.

Quando si presenta una richiesta di ferro, ad esempio quando si verifica un aumento dell'eritropoiesi
stimolato dall'eritropoietina, viene potenziato l'assorbimento intestinale di ferro. L'eritropoietina stimola la
produzione dei globuli rossi, che richiedono ferro per la formazione dell'emoglobina. Pertanto,
l'assorbimento di ferro a livello intestinale viene regolato principalmente dalla ferroportina, la molecola che
regola il rilascio di ferro dall'enterocita nel circolo linfatico. La regolazione del ferro è fondamentale per il
suo adeguato flusso sistemico, oltre che per il mantenimento dell'assorbimento intestinale. Va notato che la
regolazione del ferro può essere negativamente influenzata da un sovraccarico di ferro, ad esempio a
seguito di trasfusioni di emazie, così come da una carenza di ferro. Un sovraccarico di ferro inibisce
l'assorbimento, mentre una carenza di ferro stimola l'assorbimento intestinale.

In viceversa, se c'è un atomo di ferro presente nel flusso ematico, è possibile regolarne la quantità
mediante il deposito di ferritina o transferrina. Questo meccanismo serve a inibire l'assorbimento e il
metabolismo del ferro. L'eritropoiesi è un processo fisiologico che avviene costantemente nel nostro
organismo, poiché i globuli rossi devono essere continuamente rimpiazzati a causa della loro emivita
limitata. Tuttavia, esistono anche condizioni patologiche che possono aumentare significativamente la
richiesta di ferro. Quando l'eritropoiesi risulta inefficace o produce eritrociti non funzionali nel trasporto
dell'ossigeno, si verifica una compensazione attraverso un aumento della produzione di globuli rossi. Questo
meccanismo compensatorio cerca di ripristinare l'omeostasi e combattere l'anemia. Pertanto, in questi casi,
l'eritropoiesi risulta sempre aumentata, ma si tratta di un processo patologico, causato ad esempio dalle
talassemie, da infezioni o da infiammazioni croniche. In tali situazioni, si registra una ridotta assorbimento di
ferro a causa del fatto che i batteri utilizzano il ferro come nutriente essenziale per la loro sopravvivenza,
colonizzazione e proliferazione. Di conseguenza, il nostro organismo riduce la concentrazione di ferro nel
flusso ematico per privare i batteri di questa risorsa e ostacolarne la crescita. Pertanto, i soggetti con
accumulo patologico di ferro, come nei casi di emocromatosi, risultano più suscettibili alle infezioni
batteriche. Infatti, la presenza eccessiva di ferro nel corpo rappresenta una fonte di nutrimento per i batteri.
Durante le infezioni acute o i processi infiammatori acuti, si verifica una riduzione delle proteine coinvolte
nel trasporto e nella regolazione del ferro, come la transferrina e la ferritina, al fine di ridurre la disponibilità
di ferro nel sistema. Questo meccanismo protettivo viene messo in atto per evitare una potenziale
proliferazione batterica. Nelle infezioni croniche, si osserva un accumulo di ferro nei macrofagi. Questo
processo assicura che il ferro venga depositato all'interno delle cellule, impedendo il suo libero circolo che
potrebbe essere sfruttato dai batteri per la loro crescita. Di conseguenza, si verifica una ridotta
assorbimento di ferro a livello intestinale e un apporto ematico ridotto di ferro, favorendo così la
proliferazione batterica.

Come viene regolato ulteriormente il ferro? È regolato da un ormone chiamato Epcidina. Questo ormone
viene prodotto nel flusso sanguigno ed agisce come un regolatore negativo del ferro. In altre parole, funge
da sensore per la quantità di ferro presente nell'organismo, aumentando la sua produzione quando la
quantità di ferro è eccessiva e diminuendola quando la quantità di ferro è ridotta. Pertanto, un aumento di
Epcidina determina una carenza di ferro perché agisce direttamente sulla ferroportina, riducendone i livelli.

La riduzione dei livelli di ferroportina provoca una riduzione della concentrazione di ferro a livello periferico,
poiché la ferroportina è responsabile del passaggio del ferro dall'enterocita al flusso sanguigno. Di
conseguenza, quando l'Epcidina aumenta, è spesso correlato a condizioni infettive e infiammatorie. In tali
condizioni, si cerca di ridurre al minimo la quantità di ferro disponibile. Ciò avviene grazie all'aumento
dell'Epcidina, un ormone prodotto nel flusso sanguigno che incrementa la sua concentrazione in caso di
processi infiammatori o infettivi. L'Epcidina agisce sulla ferroportina, riducendone l'attività e
conseguentemente diminuendo l'assorbimento di ferro a livello sistemico. Questo comporta una minore
biodisponibilità di ferro nell'organismo.

Viceversa, quando l'Epcidina diminuisce, si verifica una condizione in cui è necessaria una maggiore quantità
di ferro, ad esempio durante gli stati anemici o l'ipossia, che indica una ridotta pressione parziale di
ossigeno nei tessuti al di sotto dei livelli normali. In tali casi, anche se i globuli rossi e l'emoglobina sono
presenti, non riescono a saturare completamente i loro gruppi eme con gli atomi di ossigeno a causa della
condizione di ipossia. In queste situazioni si osserva una significativa riduzione dei livelli di Epcidina, che
comporta un aumento della ferroportina. Di conseguenza, il ferro viene rilasciato dall'enterocita nel flusso
sanguigno, permettendo così i processi precedentemente descritti.

Dal punto di vista della diagnosi di laboratorio, possiamo identificare due possibili quadri clinici: la carenza
marziale e l'anemia sideropenica. La carenza marziale può essere considerata come una forma latente
dell'anemia sideropenica, essendo una forma più lieve ma comunque riconducibile all'insufficiente
disponibilità di ferro nel nostro organismo. In questi casi, i livelli di ferro sono ancora subottimali e non
generano sintomi clinici sistemici evidenti. Di conseguenza, non si osservano alterazioni significative dei
parametri clinici periferici che normalmente indicano la quantità di ferro, emoglobina o globuli rossi.
Tuttavia, si inizia a notare una riduzione dei livelli di ferro a livello sistemico, evidente anche nei valori di
sideremia e concentrazione plasmatica di ferro, sebbene non si riscontri ancora un quadro clinico anomalo.

La situazione è completamente diversa nell'anemia sideropenica manifesta e sintomatica. In questo caso, i


livelli di ferro, come si può osservare dalla sideremia, dalla transferrina e dalla ferritina, risultano ridotti
rispetto agli standard calcolati in base alla media di tali valori nella popolazione generale. Parallelamente, si
osserva una diminuzione chiara dei valori di emoglobina, eritrociti ed ematocrito. La combinazione di questi
tre valori, che sono indicativi del numero di globuli rossi e della concentrazione di emoglobina, insieme ai
risultati della sideremia, della transferrina e della ferritina, ci consente di valutare il tipo di anemia presente,
confermando che si tratta di un'anemia sideropenica, causata da alterazioni nel metabolismo del ferro che
portano a una ridotta quantità di emoglobina e possono influire anche sulla popolazione di globuli rossi.

Ora, prima di affrontare le talassemie, vogliamo parlare delle anemie del quarto gruppo. Queste anemie
sono caratterizzate da una distribuzione alterata dei globuli rossi e da una ridotta sopravvivenza degli stessi.
In questa situazione, i globuli rossi possono essere senescenti, patologici o soggetti ad alterazioni genetiche.
Per comprendere meglio, vi sono delle modificazioni delle proteine strutturali del globulo rosso. Il globulo
rosso è costituito da un citoscheletro e contiene l'emoglobina. Quindi, le due principali strutture che
possono causare anemia sono la membrana plasmatica e l'interazione delle emoglobine.
Perché la membrana plasmatica? Questa struttura è fondamentale per il corretto funzionamento dei globuli
rossi. La sua flessibilità ed elasticità permettono al globulo rosso di attraversare i piccoli capillari senza
frammentarsi. Ci sono delle proteine strutturali nel citoscheletro che garantiscono l'integrità e la
funzionalità del globulo rosso, consentendogli di essere elastico e flessibile. Un esempio di alterazione a
carico di queste proteine è rappresentato dall'anemia falciforme, in cui vi è un difetto a livello
dell'emoglobina che causa un cambiamento nella conformazione del globulo rosso, assumendo una forma a
falce. Questa forma anomala rende il globulo rosso rigido, contrapponendosi alla sua naturale elasticità e
flessibilità. Di conseguenza, il globulo rosso diventa incapace di passare attraverso i capillari e trasportare
l'ossigeno nei tessuti.

Nell'immagine sopra, potete vedere diverse proteine come la banda 3, le glicoforine, la banda 4.2 e la banda
4.1. Questi numeri rappresentano la loro mobilità elettroforetica durante l'emolisi. Dal punto di vista
strutturale, queste proteine possono avere una diversa mobilità elettroforetica, il che comporta una diversa
nomenclatura, come ad esempio proteina della banda 3, della banda 4.2 e della banda 4.1.

La proteina della banda 3 è spessa e associata alla glicoforina. La glicoforina A è un marcatore specifico dei
globuli rossi. Quando viene utilizzata l'analisi citofluorimetrica, la glicoforina A consente di distinguere i
globuli rossi dai globuli bianchi. Solitamente, usiamo anche il marcatore CD45, noto come panleucocita, per
identificare tutti i leucociti. La glicoforina A è la parte extracellulare della glicoforina A e della banda 3.
Durante la glicosilazione di queste porzioni extracellulari, si formano gli antigeni A, B e H che costituiscono i
gruppi sanguigni. Questi antigeni sono presenti sulla superficie dei globuli rossi e derivano dai residui
glicosidici della porzione extracellulare della glicoforina A e della banda 3. In pratica, questi antigeni sono
responsabili dei diversi gruppi sanguigni.

I processi di glicosilazione si verificano proprio su queste proteine strutturali del globulo rosso, come la
glicoforina A e la banda 3. Altre proteine importanti includono la spectrina e l'anchilina, che insieme
all'actina del citoscheletro, contribuiscono alla struttura del citoscheletro, fornendo l'elasticità e la
flessibilità necessarie al globulo rosso.

Il motivo per cui le alterazioni genetiche che coinvolgono le proteine strutturali come la spettina, l'anchirina
o l'actina a livello dei globuli rossi possono causare anemia ereditaria è che tali mutazioni determinano una
ridotta sopravvivenza dei globuli rossi. La ridotta sopravvivenza dei globuli rossi è causata dalle modifiche
genetiche che influenzano le proteine strutturali della membrana del globulo rosso. Ad esempio, la
mutazione della spettina può portare alla sferocitosi ereditaria, una condizione in cui i globuli rossi
assumono una forma sferica anomala nel sangue periferico. Questa deformazione del globulo rosso altera la
membrana plasmatica e riduce la sua capacità di sopravvivere. La ridotta sopravvivenza dei globuli rossi
causa un processo anemico, in cui i globuli rossi non sono più efficienti come quelli con una conformazione
normale e vengono eliminati più rapidamente dal sistema immunitario.

Le alterazioni della membrana plasmatica, dovute alle mutazioni delle proteine strutturali come la spettina,
l'anchirina e l'actina, possono influenzare la struttura del globulo rosso e portare a un quadro anemico.
Queste mutazioni possono causare un'alterazione nella conformazione del globulo rosso, compromettendo
la sua funzionalità. Di conseguenza, il globulo rosso diventa meno efficiente nel svolgere le sue normali
funzioni e viene eliminato dal sistema immunitario. Ciò porta a un processo di emolisi, che è essenzialmente
la distruzione progressiva del globulo rosso. Durante questo processo, si verificano rimaneggiamenti
strutturali della membrana del globulo rosso, che comportano l'esposizione di nuovi antigeni. Poiché questi
antigeni non erano esposti sulla superficie del globulo rosso in condizioni normali, il sistema immunitario
può riconoscerli come estranei e attaccare il globulo rosso producendo anticorpi. Questo attacco del globulo
rosso da parte degli anticorpi può portare alla lisi del globulo rosso.

L'emolisi dei globuli rossi può avvenire sia in sede intravascolare che extravascolare. L'emolisi
extravascolare, che rappresenta circa l'80% dei casi, avviene principalmente a livello della milza, dove i
macrofagi splenici svolgono un ruolo attivo nella distruzione dei globuli rossi. Questo sistema di distruzione
dei globuli rossi esterno al flusso sanguigno normale è noto come sistema reticoloendoteliale. La restante
parte dell'emolisi, che rappresenta circa il 20%, avviene invece all'interno del flusso sanguigno,
principalmente nei casi di coagulazione intravascolare disseminata (CID).

Durante l'emolisi, l'emoglobina rilasciata dai globuli rossi viene metabolizzata in modo diverso a seconda
che si tratti di emolisi extravascolare o intravascolare. Nell'emolisi extravascolare, l'emoglobina viene legata
dall'aptoglobina nel sangue periferico e trasportata agli epatociti, dove viene convertita in bilirubina e
quindi escreta con la bile. Nell'emolisi intravascolare, l'emoglobina liberata nel flusso sanguigno viene
anch'essa legata dall'aptoglobina e poi trasportata agli epatociti per il processo di metabolizzazione.

In breve, le mutazioni delle proteine strutturali della membrana dei globuli rossi possono causare alterazioni
nella conformazione e nella stabilità dei globuli rossi, portando a una minima sopravvivenza dei globuli
rossi. Questo può innescare un processo di emolisi, durante il quale i globuli rossi vengono distrutti,
causando anemia e l'accumulo di prodotti metabolici come la bilirubina.

L'albumina è una proteina plasmatica presente nel sangue umano, costituendo approssimativamente il 60%
delle proteine plasmatiche. Oltre al suo ruolo fondamentale nella regolazione dell'equilibrio osmotico,
l'albumina svolge una funzione di trasporto essenziale. Essa consente il trasporto di sostanze che,
normalmente, presentano una bassa solubilità nel sangue verso diverse parti del corpo. Accanto
all'albumina, che svolge una funzione di trasporto generica, troviamo l'emopessina, una proteina
specializzata nel trasporto dell'emoglobina stessa. Pertanto, mentre l'albumina può trasportare diverse
molecole insieme all'emopessina, quest'ultima si concentra nel trasporto diretto dell'emoglobina.
All'interno del rene, l'emoglobina viene filtrata attraverso il glomerulo renale e successivamente riassorbita,
garantendo il recupero del ferro che viene quindi riciclato e riutilizzato. Inoltre, l'emoglobina può subire una
trasformazione in bilirubina nel rene, e l'urobilinogeno può essere escreto. Pertanto, la distruzione e
l'emolisi dei globuli rossi possono influire sul livello di bilirubina nel sangue, causando ittero. L'ittero è
caratterizzato dall'accumulo di bilirubina e rappresenta solo una manifestazione sintomatica di questo
accumulo. L'emolisi dei globuli rossi può essere causata da vari fattori, come interazioni a livello della
membrana dei globuli rossi, anemia emolitica autoimmune o patologie autoimmuni sistemiche come il
lupus eritematoso sistemico. In tali casi, gli autoanticorpi possono svilupparsi contro gli antigeni espressi dai
globuli rossi. Analogamente a quanto discusso in precedenza riguardo alla formazione di nuovi antigeni a
seguito del rimodellamento della membrana plasmatica, le patologie autoimmuni, sia primarie che
secondarie, possono causare emolisi. Alcuni farmaci utilizzati per patologie neurodegenerative, come la
levodopa, possono indirettamente generare anticorpi anti-Rh, causando l'attacco dei globuli rossi nei
soggetti Rh-positivi. Pertanto, le cause dell'emolisi possono variare, coinvolgendo interazioni antigeniche
plasmatiche, alterazioni del metabolismo dei globuli rossi, patologie autoimmuni primarie o secondarie,
nonché farmaci che inducono la produzione di autoanticorpi. In tutte queste situazioni, si verifica
un'emicolisi, che può essere sia extravascolare che intravascolare, portando a un'eccessiva produzione di
bilirubina che supera la capacità di degradazione fisiologica del pigmento. Ciò provoca un aumento
patologico dei livelli di bilirubina nel corpo, manifestandosi come ittero. Inoltre, a causa della colorazione
della bilirubina, le urine diventano ipercromiche.

La splenomegalia è un aumento delle dimensioni della milza. Questo accade perché l'80% dell'emolisi,
ovvero la distruzione dei globuli rossi, avviene a livello della milza. L'organo è sottoposto a una grande
pressione funzionale e attività, il che porta alla necessità di adattamento cellulare. Le cellule della milza
aumentano di volume e di numero, rendendo l'organo ipertrofico o iperplastico. Dal punto di vista
macroscopico, l'organo risulterà ingrandito, causando la condizione clinica nota come splenomegalia.
Dal punto di vista laboratoristico, si possono verificare alcune modifiche. L'aumento della bilirubina è
prevalente, poiché si tratta principalmente di bilirubina indiretta che non è ancora stata elaborata dal
fegato. L'enzima latticodeidrogenasi (LDH), che svolge un ruolo importante nel metabolismo dei globuli
rossi, aumenta a causa della lisi dei globuli rossi. L'LDH è normalmente presente all'interno delle cellule,
quindi un aumento dei suoi livelli nel sangue indica la lisi dei globuli rossi. L'aptoglobina, coinvolta nella
comunicazione con l'emoglobina, diminuisce a causa dell'utilizzo durante il processo di coniugazione
dell'emoglobina nel fegato. L'aumento del bilinogeno fecale è associato all'escrezione della bilirubina
attraverso le feci e l'urina.

È importante notare che queste modifiche sono strettamente legate al processo di distruzione dei globuli
rossi. L'anemia che si verifica è causata dalla ridotta sopravvivenza dei globuli rossi. Nella diagnosi
dell'anemia, si osserva una riduzione dell'emoglobina, poiché i globuli rossi vengono distrutti insieme
all'emoglobina. Si riscontra anche una reticolocitosi, ovvero un aumento dei giovani eritrociti immessi in
circolo come meccanismo di compensazione. Si può notare un leggero aumento delle dimensioni dei globuli
rossi (macrocitosi) con normocromia, il che significa che non ci sono alterazioni significative nella
dimensione dei globuli rossi.

Inoltre, i valori di LDH, aptoglobina e bilirubina possono aiutare a determinare se si tratta di un'anemia
emolitica, ovvero un'anemia causata da un'eccessiva distruzione dei globuli rossi. Alcune anemie emolitiche
possono presentare anche alterazioni conformazionali, come la sferocitosi, che indica mutazioni nella
spettrina che portano a una forma alterata dei globuli rossi. Gli schistociti, frammenti di globuli rossi,
possono essere presenti in uno striscio di sangue in caso di anemia emolitica. Pertanto, le variazioni nella
forma dei globuli rossi possono dipendere da alterazioni delle proteine che costituiscono la membrana,
come l'anchirina, la spettrina e l'actina, e contribuire alla condizione di anemia emolitica poiché i globuli
rossi alterati sono soggetti a emolisi prematura.

È evidente che, dal punto di vista terapeutico, intervenire in queste condizioni non è semplice, specialmente
per le anemie di origine genetica. Dal punto di vista logistico, l'obiettivo e l'idea sono di cercare di eliminare
il difetto generico sostituendo i globuli rossi mutati. Per fare ciò, è necessario conoscere il difetto specifico
legato alla proteina di interesse e utilizzare sistemi in grado di rimuovere la mutazione.

Tuttavia, nel caso delle anemie emolitiche di origine autoimmune, alcune terapie potrebbero non essere
altrettanto efficaci, poiché l'obiettivo in questo caso è anche sopprimere la risposta immunitaria. Ad
esempio, considerando le anemie emolitiche di origine autoimmune o quelle che si verificano a seguito di
un attacco ai globuli rossi, il riarrangiamento della membrana può portare all'esposizione di nuovi antigeni,
suscitando una risposta da parte degli anticorpi. In tali situazioni, una possibile strategia terapeutica
potrebbe essere quella di bloccare questa risposta anticorpale che medierebbe la distruzione dei globuli
rossi. Abbiamo visto che la risposta autoimmune è responsabile della causa dell'anemia, e quindi la sua
soppressione potrebbe rappresentare una strategia efficace.

Per raggiungere questo obiettivo, un approccio possibile è bloccare gli autoanticorpi, ad esempio utilizzando
un anticorpo monoclonale chiamato Rituximab. Il Rituximab mira specificamente a un antigene chiamato
CD20. Il CD20 è un marcatore dei linfociti B attivati, cioè dei linfociti B che producono gli autoanticorpi. Gli
autoanticorpi possono essere prodotti in contesto di malattie autoimmuni, ma possono anche essere
coinvolti in risposte protettive contro agenti biologici esterni. L'utilizzo del Rituximab mira a eliminare
selettivamente i linfociti B che producono gli autoanticorpi, sfruttando i meccanismi delle immunoglobuline
nel nostro organismo. Di conseguenza, avviene una deplezione massiva dei linfociti B, riducendo così la
produzione di autoanticorpi. Questo si traduce in una minore distruzione progressiva dei globuli rossi
causata dagli autoanticorpi generati in modo autoimmune.

È importante notare che l'utilizzo del Rituximab non è una terapia di prima linea, poiché manca di specificità
per i cloni B autoreattivi. Essendo rivolto ai linfociti B in generale, può colpire in maniera poco selettiva i
cloni B coinvolti in risposte non autoimmuni come l'epatite, il virus SARS-CoV o un semplice raffreddore.
Pertanto, l'uso di questo anticorpo richiede attenzione e valutazioni specifiche.

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