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Ulteriori analisi possono essere i test elisa, i test in rt-pcr (reazione a catena della polimerasi inversa), gli

array specifici per lo stress ossidativo (64-120 geni), la proteomica e la redoxomica.


Relativamente alla REDOXOMICA APPLICATA ALLE PROTEINE e quindi all’eventuale valutazione di
biomarcatori che sono collegati all’ossidazione e alla presenza di stress ossidativo, come misure a carico
delle proteine possiamo annoverarne diverse.
Solitamente i bersagli dei radicali liberi nelle nostre cellule sono le proteine che, essendo costituiti da residui
amminoacidici, l’effetto e il danno si ha su questi residui e questo riflette sulla struttura della proteina e sulla
sua funzionalità.
Di solito le modificazioni ossidative possono causare:
- frammentazione della proteina con perdita della sua struttura primaria, secondaria e terziaria;
- modificazione strutturale senza frammentazione, il che significa che la modifica che avviene a carico del
residuo amminoacidico porta ad una diversa conformazione della proteina alterando la sua struttura e di
conseguenza anche la perdita della funzione;
- aggregazione e precipitazione degli aggregati proteici, ossia, i residui amminoacidici modificati
determinano nella proteina un cambio conformazionale e causano una sorta di interazione tra le diverse
proteine precipitate che possono aggregarsi che precipiteranno nella cellula o nel liquido extracellulare e
questo porta ad alterazione sia della proteina ma anche della cellula o dell’ambiente in cui questa
modificazione è avvenuta.
La modifica più importante è la perdita della funzione della proteina.

Tra i bersagli che possono essere oggetto di ossidazione ritroviamo le diverse tipologie di amminoacidi che
costituiscono le nostre proteine, perché possono essere oggetto di ossidazione i residui amminoacidici che
hanno:
- Catene Alifatiche si tratta di quegli amminoacidi che presentano delle catene idrocarburiche costituite da
legami singoli C-C.
In questo caso l’ossidazione si traduce nella presenza di gruppi carbonilici, quindi un’ossidazione a carico
del carbonio fino a quando non diventa un carbonio carbonilico.
Questo tipo di ossidazione può essere rilevata attraverso diversi protocolli tra cui: spettrofotometria,
immunoistochimica, ELISA, Western Blot.
Gli amminoacidi alifatici possono anche subire delle ossidazioni che portano alla produzione di
idroperossidi e perossidi: gli amminoacidi che subiscono questo tipo di trasformazione sono la valina, la
lisina e la leucina.
- Catene Aromatiche in particolar modo i derivati della tirosina e del triptofano, che possono produrre a
seguito di modifiche ossidative diverse tipologie di marcatori e quindi di proteine ossidate come:
o dei derivati nitrosilati: la nitrosilazione è una delle modifiche più comuni che si possono
osservare a carico delle proteine quando vengono ossidate; anche in questo caso abbiamo
diverse tipologie di metodiche come la gascromatografia-spettrometria di massa GC-MS,
HPLC-UV
o i derivati della tirosina che possono essere alogenati, cloro derivati e bromo derivati, anche
questi visibili mediante tecniche come ELISA, Western Blot, tecnica immunoenzimatica
(IIC).
o Adotti tirosina-tirosina i quali possono essere visualizzati tramite una tecnica chiamata LC-
MS/MS cromatografia liquida-spettrometria di massa.
- I gruppi che sono più sensibili sono gli amminoacidi che contengono dei residui tiolici  questi all’interno
delle proteine, delineano le proteine sentinella che rilevano la variazione o la presenza di stress ossidativo.
I residui che si vengono a creare sono a carico della metionina e sono i derivati sulfossido e sulfone, oppure i
residui di cisteina che ossidandosi formano dei dimeri dando luogo a dei ponti disolfuro che sono dei legami
covalenti difficili da rompere.
Oltre ai prodotti di ossidazione su singoli amminoacidi abbiamo anche:
- i PRODOTTI DI GLICAZIONE che possono essere messi in evidenza con il test ELISA. Dove in
corrispondenza di un gruppo carbonilico si va a legare uno zucchero, e quindi una proteina che non era
glicosilata diventa glicosilata. Un esempio sono gli ACE o l’emoglobina glicata.
Dunque, è una modifica più tardiva rispetto al momento in cui si forma il danno ossidativo.
- i NEO-EPITOPI L'epitopo (o determinante antigenico) è quella piccola parte di antigene che lega
l'anticorpo specifico. La singola molecola di antigene può contenere diversi epitopi riconosciuti da anticorpi
differenti. Questi possono essere messi in evidenza con Western Blot e tecnica immunoenzimatica.
- PRODOTTI OSSIDAZIONE SINGOLI AA.

SCIENZE OMICHE
Nelle parole redoxomica o proteomica c’è il suffisso omica.
Il suffisso omica è applicato a diverse discipline per intendere lo studio di un sistema biologico nel suo
insieme: per esempio, la proteomica studia il contenuto totale in proteine di un particolare sistema, la
metabolomica ne studia metaboliti e piccole molecole e così via.
Queste molecole biologiche che appartengono allo stesso gruppo vengono analizzati nello stesso contesto e
nello stesso momento.
Le scienze omiche, ad esempio, analizzano nel loro insieme:
-GENOMICA: i geni contenuti nel DNA e le loro molteplici funzioni (genomica funzionale);
-EPIGENOMICA: le modificazioni epigenetiche presenti nel materiale genetico di una cellula
(l’epigenoma)
-TRASCRITTOMICA: un gran numero o di tutti i trascritti (trascrittoma)
-PROTEOMICA: il complesso delle proteine, in particolare delle loro strutture e funzioni;
-METABOLOMICA: tutti i metaboliti di un organismo biologico, che sono i prodotti finali del suo
metabolismo.

Tra gli obiettivi delle scienze omiche vi è anche quello di studiare le connessioni e le interazioni reciproche
tra i pool di molecole biologiche (Interattomica) e tra queste molecole e i microrganismi intestinali
(microbiomica), o i patogeni (Infettivomica), i cibi e i nutrienti (nutrigenomica) e l'ambiente in generale
(exposomica). Ovviamente queste scienze omiche sono delle nicchie poiché rappresentano dei sottogruppi
di analisi molto più ampie.

PROTEOMICA
Se consideriamo la genomica questa studia i 30- 40 mila geni che abbiamo nelle nostre cellule e viene
definita come una tecnica statica poiché i geni e il nostro DNA è una molecola stabile che non cambia nel
tempo.
Nel fluire di queste informazioni il DNA ci dice ciò che noi possiamo essere.
Ma, quello che noi siamo dipende da altri due gruppi di molecole:
- Dal trascrittoma: la trascrittomica va a studiare i circa 100 mila RNA messaggeri che si trovano
all’interno della cellula allo stesso momento.
Rispetto alla genomica questa analisi è di tipo dinamico poiché gli RNA messaggeri dipendono da
cosa del mio DNA viene trascritto, quindi dipende dai geni attivi e i geni repressi.
Quindi l’RNA ci dice cosa potremmo essere poiché questo nonostante sia stato trascritto può non
essere tradotto.
- Dal Proteoma: La proteomica è l’insieme delle tecnologie e degli approcci sviluppati per lo studio
del proteoma, ossia di tutte le proteine presenti nella cellula. È un complesso di tipo dinamico poiché
i pool di proteine cambiano a seconda del distretto, tessuta o cellula in cui si trovano.

Il termine proteoma, ormai universalmente accettato come equivalente linguistico di genoma, fu coniato da
M.R. Wilkins nel 1994 per definire il complemento proteico codificato da un genoma.
Oggi la definizione di proteoma può essere ampliata considerando che:
✓ identifica tutte le proteine prodotte in una determinata cellula, tessuto o organismo;
✓ definisce come queste proteine interagiscono tra loro e quindi studiare l’aspetto funzionale delle proteine;
✓ descrive la precisa localizzazione delle proteine all’interno della cellula e, ad oggi, si può scendere in
compartimenti subcellulari;
✓ descrive l’esatta struttura tridimensionale di queste proteine (lo scopo è quello di trovare il loro punto
debole, ossia il punto in cui l’azione di un farmaco potrebbe attivarne o disattivarne la funzione).
Lo studio del proteoma è variabile proprio perché le proteine non sono la traduzione di un mRNA ma sono
espressione delle varianti geniche. La diversità, la funzionalità e l’abbondanza proteica dipendono infatti
anche da altri meccanismi (regolazione della traduzione, folding, modificazioni post-traduzionali e
degradazione proteica) che regolano l’espressione genica.
Si studia il proteoma perché il sequenziamento del DNA umano (progetto genoma) e lo studio
dell’espressione dell’mRNA (microarray) non forniscono tutte le informazioni necessarie per lo studio dei
processi biologici che possono essere:
-le malattie, dove il 2% delle malattie dell’essere umano sono caratterizzate dal difetto di un singolo gene.
-il differenziamento
-l’invecchiamento cellulare
-gli effetti dell’ambiente sul nostro organismo
La proteomica permette di studiare l’espressione proteica di una cellula o tessuto in un determinato
momento, perché prende in considerazione il prodotto finale dell’espressione genica, cioè le proteine.

L’approccio classico allo studio proteomico prevede una serie di passaggi, di metodiche differenti che
vengono applicate.
Tutto questo porta allo sviluppo di uno studio proteomico e di un risultato di proteoma che ci dà
l’informazione di tutte le proteine presenti in un organismo.
La parte fondamentale è rappresentata dalla divisione delle proteine che prevede l’utilizzo di due diverse
metodiche:
- L’elettroforesi bidimensionale
- La cromatografia multimensionale
Si può fare una rilevazione di quelli che vengono definiti gli spot proteici facendo un’analisi di tipo
qualitativo e quantitativo;
si possono isolare questi spot proteici tramite un’analisi dell’immagine e procedere all’identificazione della
proteina attraverso tecniche di digestione enzimatica, spettrometria di massa e bioinformatica.
Dunque, per poter fare il tutto è necessario un gruppo di ricercatori esperti nei vari ambiti scientifici.

WESTERN BLOT
La procedura può essere suddivisa in 3 passaggi:
1. separazione elettroforetica dei polipeptidi
2. trasferimento di tutte le proteine su una membrana appropriata
3. visualizzazione delle proteine di interesse
LA SEPARAZIONE è DI TIPO VERTICALE E LE PROTEINE DENATURATE SONO CARICATE
NEGATIVAMENTE.
Quando noi applichiamo questa tecnica sappiamo già quale tipo di proteina vogliamo andare a ricercare nel
pool di proteine che stiamo analizzando.
Questa tecnica ci permette di ricavare uno, o al massimo due, proteine che andiamo a ricercare con
l’anticorpo specifico, a differenza della proteomica che va a ricercare tutte le proteine presenti e, sulla base
dei risultati ottenuti, alla fine si sceglie quale proteina è di nostro interesse.
Le tre fasi possono essere visualizzate nel seguente modo:
 Come prima cosa si ha la preparazione del campione partendo da un pool di cellule. Queste cellule vengono
ricavate tramite lisi della membrana cellulare e si deve ricavare tutto il contenuto proteico delle cellule;
 il contenuto proteico verrà separato in un gel attraverso l’applicazione di una corrente elettrica e di
conseguenza si farà una separazione su gel in presenza di un campo elettrico. I gel potranno essere
costituiti da due diversi matrici polimeriche o agarosio, nella maggior parte dei casi questo polimero viene
applicato per la separazione di acidi nucleici, mentre nel caso delle proteine si utilizza la poliacrilamide.
Si costruiscono dei gel con differente concentrazione, quindi una differenza delle dimensioni dei pori e delle
maglie, poiché la separazione viene fatta in base alle dimensioni delle proteine.
 Le proteine con peso molecolare maggiore saranno bloccate prima rispetto a quelle con peso molecolare
più piccolo poiché le prime non riescono a passare dai pori del gel.
Le proteine con basso peso molecolare si andranno a posizionare verso la fine del gel.
 Lo step successivo prevede di non lavorare sul gel poiché rischia di rompersi in quanto molto sottile e quindi
si avvia una fase di trasferimento su una membrana: in funzione di una corrente elettrica avviene la
migrazione dal gel verso la membrana di nitrocellulosa o di pvc.
Per trasferire proteine dalla matrice del gel sono state utilizzate tre procedure
1. diffusione per contatto
2. capillarità o blotting per convezione
3. blotting elettroforetico
Il gel deve entrare in contatto con la membrana applicando una differenza di potenziale e una corrente
elettrica in una soluzione tampone.
La membrana viene tirata fuori dalla cella elettroforetica.
 Prima di arrivare alla parte finale ci sono una serie di step che preparano la membrana ad essere idonea a
permettere l’interazione con l’anticorpo e alla visualizzazione del risultato. Le fasi sono di bloccaggio della
membrana e dei siti che non hanno proteine all’interno; questo bloccaggio viene fato con una soluzione di
latte in polvere o BSA (albumina sierica bovina) a determinate concentrazioni.
Questi si vanno a legare nei punti della membrana dove non sono presenti proteine ed evitano dei segnali
aspecifici.
 Le fasi successive prevedono la parte di incubazione con l’anticorpo, ed ecco perché questa tecnica viene
definita immunometrica: perché prevede l’utilizzo di anticorpi che sono specifici verso la proteina di nostro
interesse.
 L’anticorpo primario si lega alla porzione antigenica della proteina per cui è specifico, in una condizione di
idealità.
Le temperatura devono essere mantenute basse.
La membrana viene sciacquata per eliminare l’eccesso.
 In condizioni reali non basta solo l’anticorpo primario a riconoscere la proteina poiché questo non è molto
specifico, di conseguenza interviene un anticorpo secondario che riconosce il complesso tra la proteina e
l’anticorpo primario.
L’anticorpo secondario è solitamente coniugato alla perossidasi e quindi si utilizza un sistema di rilevazione
CLIA, ossia il metodo della chemiluminescenza.
 Nella visualizzazione si vedrà che sulla membrana saranno resi visibili gli spot che corrispondono al
riconoscimento della proteina nella membrana dovuto all’anticorpo primario.
Le posizioni saranno uguali a cambiare sarà l’intensità della banda: quando le bande appaiono più scuro vuol
dire che ci sarà nel pool di proteine una quantità maggiore della proteina riconosciuta dall’anticorpo.
Inoltre utilizzo nel pozzetto anche un marcatore con delle proteine a peso molecolare noto per aiutarmi nella
scelta della proteina.

Per quanto riguarda la separazione dei peptidi una miscela di proteine può essere risolta mediante svariate
tecniche elettroforetiche (gel non-denaturante, gel contenente SDS, gel per isoelettrofocalizzazione…)
Tra il passaggio delle proteine dal gel alla membrana viene fatta una prima visualizzazione in modo tale da
verificare se il passaggio, prima dell’aggiunta dell’anticorpo, è corretto.
Questa colorazione si ottiene utilizzando coloranti quali Comassie Blue, Ponceau Red, India ink, fast green
e Aurodye.

Il gel di poliacrilamide:
• si ottiene dalla copolimerizzazione di acrilamide con N,N’- metilenbisacrilamide in presenza di un
catalizzatore e di un iniziatore
• la porosità del gel dipende dalla concentrazione di acrilamide e bisacrilamide
• le proteine vengono separate sulla base delle loro dimensioni, in quanto la presenza di SDS conferisce a
tutte le molecole la stessa carica

VANTAGGI:
- le proteine sono più accessibili;
-non c’è perdita di risoluzione se il trasferimento delle proteine viene eseguito correttamente;
-durata e stabilità delle membrane;
-una volta trasferite le proteine possono essere conservate per mesi;
- il western blot può essere analizzato diverse volte

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