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STUDIO DELLA FUNZIONE GENICA

I metodi tradizionali che valutano l'espressione genica, come il Northern blotting e la RT-PCR, monitorano i
livelli dei singoli geni, o di un piccolo gruppo di geni.
Al contrario, i GENE ARRAYS consentono un profiling dei trascritti dell’intero genoma con un'elevata
produttività, in cui i livelli di espressione di migliaia di geni vengono misurati contemporaneamente.
La superficie dell'array è coperta da migliaia, decine di migliaia (o centinaia di migliaia) di punti, ogni punto
contenente un diverso oligomero di DNA (diversi geni).
Ogni oligomero in un microarray di DNA può servire come sonda per rilevare una molecola di DNA o RNA
univoca e complementare.
Tramite delle piccole sonde di DNA o RNA ancorate alla superficie (10-20copie, fino a centinaia di
migliaia) è possibile evidenziare una griglia, che è proprio il chip, è possibile passare da un chip incolore, a
una presenza di barre colorate.
Ogni quadratino del chip contiene più sonde e questo mi aumenta la sensibilità del mio test.
Ciascun gene occupa una determinata posizione sul Chip (spot).
Il riconoscimento, ossia l’ibridazione, tra la sonda e il DNA o RNA, avviene per complementarità.

Una stessa alterazione a livello genico che verrà trasmessa all’RNA e alle proteine, può essere vista
attraverso diverse metodiche:
• SNP Detection Arrays per identificare Single nucleotide polymorphism nel genoma di diverse
popolazioni
• Comparative Genomic Hybridization (Array CGH) per identificare riarragiamenti coinvolgenti un
numero significtativo di basi
• mRNA Or Gene Expression Profiling  per studiare I livelli di espressione di migliaia di geni
simultaneamente • Chromatin Immunoprecipitation (Chip) Studies  per determinare il legame di
specifche proteine in porzioni specifiche del DNA (ChIP-on-chip technology).

DNA MICROARRAY
Il DNA microarray una metodica che rileva i livelli di espressione genica di centinaia e migliaia di geni
specifici in diversi tipi di cellule.
Questa tecnica aiuta gli scienziati a comprendere quali geni sono attivi o inattivi, ad esempio, in cellule
trattate con un farmaco specifico rispetto a cellule non trattate virgola di controllo.
Come funziona questa tecnica: come prima cosa vi è la preparazione del microarray; ciascuno spot contiene
molte copie di uno specifico cDNA a singolo filamento.
Solitamente sullo stesso chip viene condotta un’analisi comparativa e differenziale dell’analisi del
trascrittoma; quindi utilizzando un solo chip posso studiare i profili di espressione di due diverse tipologie di
soggetti, o tessuti, o culture cellulari.
Poiché utilizzo lo stesso chip per analizzare i diversi campioni, per differenziare i due campioni di cDNA,
devo coniugare queste molecole con delle sonde fluorescenti, scelte in maniera specifica per i due campioni.
Quindi i cDNA avrà attaccato ad una delle estremità una molecola che è fluorescente che viene detta
fluoroforo.
Questo vale per entrambi i cDNA.
A questo punto ho i due cDNA coniugati alle due sonde pronti per essere spalmati sul chip fornitomi
dall’azienda.
Quando ci sarà il legame tra la sonda e cDNA coniugato, il chip verrà preso e messo nell’analizzatore.
L’analizzatore contiene dei raggi laser che riescono ad eccitare i fluorofori e recuperare la fluorescenza e,
attraverso questa scansione, il macchinario acquisisce i dati e tramite un computer ci rimanda l’immagine
del chip in cui si evidenziano alcuni spot colorati e alcuni neri.

Esempio di microarray di oligonucleotidi per analisi differenziale dei trascritti tra popolazioni cellulari
differenti
Consideriamo i nostri cDNA:
-quello ottenuto da RNA da tessuto sano, marcato con CY3 (verde)
-quello ottenuto da RNA da tessuto tumorale, marcato con CY5. (rosso)
Sul quadratino del chip se il segnale è VERDE allora un gene è espresso per esempio solo nel tessuto sano;
se viene espresso il ROSSO vuol dire che un gene è espresso solo nel tessuto tumorale e diverse gradazioni
di GIALLO (rosso + verde) se un gene è espresso in entrambi i tessuti.
Dunque, ricapitolando:
-si prepara il cDNA totale del tessuto tumorale del tessuto normale;
-Entrambi gli insiemi di cDNA vengono fatti ibridare con un microarray contenente DNA che deriva da geni
del valore diagnostico;
-Ogni punto ricordiamo corrisponde a un particolare gene;
Il colore di un punto indica il livello di espressione del gene nel tessuto tumorale rispetto alla sua
espressione nel tessuto normale.
Il partner dei punti colorati fornisce informazioni importanti sul tipo di tumore:
- un punto verde indica che nel tessuto tumorale l'espressione del gene più bassa del normale
- un punto rosso indica che nel tessuto tumorale l'espressione del gene più alta del normale
- un punto giallo indica che nel tessuto tumorale l'espressione del gene non è diversa che nel tessuto
normale.
Dunque, possiamo distinguere grazie al pattern associato una prognosi favorevole o sfavorevole.

Uso di un microarray di oligonucleotidi per identificare SNPs (alterazione a singolo nucleotide che
avviene nella sequenza di un gene, molto frequente nella popolazione con un’abbondanza >1%)
Il gene BRCA1 è coinvolto nello sviluppo del tumore al seno e alle ovaie.
Nel 1994 è stato clonato il gene BRCA1, un gene oncosoppressore situato sul cromosoma 17.
Dunque, in condizioni normali reprime la crescita incontrollata di cellule che si verificano nel tessuto
mammario ed ovarico.
Una serie di mutazioni in questo gene sono state riscontrate prevalentemente in soggetti affetti da
carcinoma mammario od ovarico, di tipo familiare.
Il BRCA1 risulta essere implicato in una serie di funzioni cellulari di primaria importanza come la
riparazione del DNA, la regolazione della trascrizione, il controllo del ciclo cellulare e l’ubiquitinazione.
Nei soggetti portatori di questo tipo di mutazione il rischio di sviluppare un carcinoma mammario nell’arco
della vita è compreso tra il 50 e l’85%; per il carcinoma ovarico il rischio è del 15-60%.
Le mutazioni identificate sono più di 600 e quasi tutte comportano la produzione di una proteina tronca
alcune di esse sono più frequenti di altre all’interno di una popolazione.
Una donna su 500-800 è portatrice di una mutazione del BRCA1. È stato messo a punto un test di screening
per identificare mutazioni (SNPs) in qualsiasi posizione del cDNA di BRCA1, anche se al momento
abbastanza costoso.

Analisi per ASO multipla su microarray per identificare SNPs nel gene BRCA 1
Gli oligonucleotidi antisenso, detti anche ASO (dall'inglese, AntiSense Oligonucleotides) sono lunghi 15–21
nucleotidi.
Questi rappresentano delle sonde, dette ASO, che sono spottati sui nostri array.
Questo array è costruito specificatamente per BCRA1.
È di mio interesse la sequenza del gene BCRA1.
Il cDNA per BRCA 1 è lungo 5500 paia di basi.
Per identificare una mutazione posta in una qualsiasi delle posizioni nella sequenza, si disegnano 4 ASO di
sequenza identica per OGNI POSIZIONE NUCLEOTIDICA (con un cambio nel PRIMO nucleotide della
sequenza); dunque ho 22000 oligonucleotidi in tutto (4 x 5500bp).
Gli oligonucleotidi così ottenuti sono fissati ad un supporto, in modo permanente.

Immaginiamo di considerare solo una


piccola parte della lunghezza del gene, ed
in particolar modo consideriamo i primi 40
nucleotidi.

Ciascun ASO è un oligonucleotide lungo


dai 15 ai 21 nucleotidi, questo array è
costruito in maniera tale che per ogni
posizione siano presenti 4 SEQUENZE
ASO, ognuno delle quali differisce
dall’altra solamente per la prima base.
Ciascun ASO occupa uno spot all’interno
dell’array in corrispondenza della colonna
1.

Nella seconda colonna avremo il SECONDO GRUPPO DI 4 OLIGONUCLEOTIDI.


Gli ASO saranno complementari alla sequenza dalla base 2 alla 21, differenti solo per la prima base.
Ciascun ASO occuperà uno spot (quadratino) sulla superficie dell’array in corrispondenza della 2
COLONNA.

In questo modo otterrò che in corrispondenza dell’array e dello spot che contiene la sequenza
complementare al 100 % per tutte le 20 basi si andrà ad ibridare soltanto un tipo di spot, quello che ha la
sequenza corretta.

Le sonde (gli oligonucleotidi) sono attaccate al supporto e costituiscono il microarray ed è il DNA da


saggiare ad essere marcato.
Una volta ottenuto l’array dovrò:
1. Si amplifica il cDNA dal soggetto in esame mediante PCR
2. Si marca l’amplificato con un colorante fluorescente
3. Si ibrida al microarray, usando condizioni che permettono l’ibridazione di piccole sequenze (gli
oligonucleotidi) perfettamente complementari
4. Si analizza il risultato dell’ibridazione mediante analisi computerizzata per identificare eventuali
differenze rispetto ad un campione amplificato da un individuo omozigote per l’allele normale del gene
BRCA 1.
nella colonna 1 è presente in ogni spot
le sequenze ASO che coprono la
sequenza del gene BRCA1 dalla base 1
alla base 20.
La differenza fra i 4 oligonucleotidi sta
solo nella prima base.
Stessa cosa per la colonna 2 che copre
la sequenza del gene BRCA1 dalla
base 2 alla base 21.
Quindi, considerando che la
complementarità deve essere del 100%,
sulla prima colonna ha una citosina.
Nella seconda colonna osservo che il
campione si è ibridato in
corrispondenza dell’ASO che presenta
come prima base l’adenina, e via via,
vado a leggere la sequenza del mio gene andando a vedere quali sequenze ASO si sono ibridate, ottenendo la
sequenza genica del gene.
Se vado a confrontare un individuo omozigote per allele normale e un individuo eterozigote per l’allele
normale ma con SNPs in qualche posizione, mi aspetto di vedere no solamente un segnale per quel punto,
bensì 2: uno normale, mentre l’altro è mutato.

IL SEQUENZIAMENTO DEL DNA


SEQUENZIAMENTO DEL DNA – Sanger sequencing
Sequenziare il DNA significa determinare l’ordine dei nucleotidi nella molecola d’interesse.
Nel sequenziamento di Sanger, il DNA target viene copiato molte volte, creando frammenti di lunghezze
diverse.
I nucleotidi "terminatori a catena" fluorescenti segnano le estremità dei frammenti e consentono di
determinare la sequenza.
Il metodo Sanger è un metodo cosiddetto enzimatico, poiché richiede l'utilizzo di un enzima; il principio
della tecnica sviluppata da Frederick Sanger si basa sull'utilizzo di nucleotidi modificati (presentano lo
zucchero desossiribosio privo del gruppo ossidrilico in posizione 3', ddNTPs) per interrompere la reazione di
sintesi in posizioni specifiche.
I nucleotidi dideossitrifosfato sono molecole artificiali corrispondenti ai nucleotidi naturali, ma si
differenziano per l'assenza del gruppo idrossilico sul carbonio 2' e 3' della molecola.
I dideossinucleotidi, a causa della loro struttura, impediscono che un altro nucleotide si leghi ad essi, in
quanto non si possono formare legami fosfodiesterici.

Confronto tra deossiadenosina (sopra) e dideossiadenosina (sotto).


Notare la mancanza del gruppo -OH che impedisce il legame di un
altro nucleotide, provocando la terminazione della polimerizzazione.
Il protocollo classico richiede un templato di DNA a singolo filamento,
un primer per iniziare la reazione di polimerizzazione, una
DNA polimerasi, deossinucleotidi e dideossinucleotidi per terminare la
reazione di polimerizzazione.

I nucleotidi modificati (ddNTPs) o il primer devono essere marcati (radioattivamente o per fluorescenza) in


modo da poter visualizzare le bande dei frammenti di DNA neosintetizzato dopo aver effettuato
l'elettroforesi.
Il campione di DNA da sequenziare viene diviso in quattro reazioni separate, ognuna delle quali contiene
la DNA polimerasi e tutti e 4 i deossiribonucleotidi (dATP, dCTP, dGTP, dTTP).
Ad ognuna di queste reazioni viene poi aggiunto solo uno dei quattro nucleotidi dideossi (ddATP, ddCTP,
ddGTP, ddTTP) in quantità stechiometricamente inferiore per permettere una elongazione del filamento
sufficiente per l'analisi.
L'incorporazione di un dideossinucleotide lungo il filamento di DNA in estensione ne causa la terminazione
prima del raggiungimento della fine della sequenza di DNA stampo; questo dà origine ad una serie di
frammenti di DNA di lunghezza diversa interrotti in corrispondenza dell'incorporazione del
dideossinucleotide, che avviene casualmente quando esso è utilizzato dalla polimerasi in luogo di un
nucleotide deossi.
I frammenti generati da queste reazioni vengono poi fatti correre su gel di poliacrilammide-urea che
permette la separazione dei vari frammenti con una risoluzione di un nucleotide.
Ognuna delle 4 reazioni è corsa su pozzetti vicini, dopodiché le bande sono visualizzate su
lastra autoradiografica o sotto luce UV, e la sequenza viene letta direttamente sulla lastra o sul gel, a
seconda del tipo di marcatura dei nucleotidi dideossi.
Quando i ddNTPs vengono marcati radioattivamente le bande scure corrispondono ai vari frammenti di
lunghezza diversa.
Le posizioni relative delle bande nelle quattro corsie sono utilizzate per leggere la sequenza (dal basso verso
l'alto).
Basandosi su questa procedura, la metodica è stata affinata per facilitare la reazione, e con l'avvento
dell'automatismo la reazione di sequenziamento è diventata molto più veloce.
Attualmente è possibile effettuare, anziché quattro reazioni distinte per ogni nucleotide modificato, una sola
reazione utilizzando i 4 ddNTPs marcati fluorescentemente in modo diverso tra loro ed utilizzando lettori
ottici appropriati.
In questo modo ogni filamento di DNA emetterà una luce di colore diverso in base al nucleotide (ddNTP)
col quale terminerà.

L’ELETTROFORESI SU GEL
L'elettroforesi su gel di agarosio è una tecnica classicamente utilizzata per analizzare e separare acidi
nucleici. Questa tecnica sfrutta le cariche presenti nelle molecole di DNA o RNA (caricate negativamente)
per farle migrare, in un campo elettrico, attraverso un gel di agarosio. Il gel funge da setaccio, essendo
costituito da una rete di pori, i quali consentono di separare le molecole in base alla loro grandezza: quelle
più piccole attraversano più velocemente i pori rispetto a quelle più grandi quindi si avrà una separazione in
funzione della velocità.
L'agarosio è un polisaccaride lineare e neutro formato da unità di D-galattosio e di 3,6-anidro-L-galattosio
legate alternativamente con legami glicosidici. L'agarosio è uno zucchero solubile in acqua alla temperatura
di ebollizione, mentre diventa solido man mano che si raffredda formando una matrice attraverso dei legami
a idrogeno tra le catene lineari. L'agarosio non è l'unico composto utilizzato per i gel, infatti, esistono diversi
tipi di supporti utilizzabili: come ad esempio l'amido o miscele di agarosio e poliacrilammide (che
consentono una più fine separazione delle molecole).
I campioni da analizzare vanno depositati, con una micropipetta, in apposite fenditure verticali, dette
"pozzetti", praticate nel gel a poca distanza dal margine dalla parte del polo negativo. Essendo il DNA un
polianione i frammenti migreranno in avanti verso il polo positivo. All'atto del caricamento, al campione
viene solitamente aggiunta una "soluzione di caricamento", colorata generalmente con blu di
bromofenolo e xilene cianolo, contenente glicerolo per agevolare la precipitazione del campione sul fondo
del pozzetto.
L'elettroforesi su gel è una tecnica ideale per determinare le dimensioni dei frammenti di DNA digeriti
con enzimi di restrizione. Per questo scopo è necessario costruire una curva di taratura in grado di fornire un
valore approssimativo sulle reali dimensioni delle molecole di DNA. Per la taratura bisogna far migrare nel
gel un marcatore contenente frammenti di DNA di dimensioni già note. Da questo si vede che esiste una
relazione di linearità fra il logaritmo delle dimensioni del frammento e la distanza percorsa dal gel. Dalla
curva di taratura è perciò possibile stabilire le dimensioni dei frammenti di DNA.
Per consentire la visualizzazione degli acidi nucleici migrati si possono utilizzare diversi tipi di coloranti;
quello più usato in assoluto è l'etidio bromuro. Questa molecola planare si inserisce (intercala) tra le basi
dell'acido nucleico a doppio filamento, ed emette luce fluorescente quando irradiata con luce
ultravioletta (300 nm). L'etidio bromuro può essere aggiunto direttamente al gel (la velocità di migrazione si
riduce del 10-15 %), al campione, o, alternativamente, dopo l'elettroforesi. Altri tipi di colorazioni
utilizzano: sali di argento, blu cresile brillante, blu di metilene, GelRed, GelGreen.

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