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La condizione di disbiosi ha diverse ripercussioni e si è notato che c’è un’interazione tra asse Cervello-

Intestino e Microflora.
Il microbiota svolge un ruolo importante nella segnalazione bidirezionale tra cervello ed intestino, oltre ad
essere importante dal punto di vista immunitario.
Il cervello e l’intestino comunicano attraverso il sistema nervoso centrale autonomo, tramite il nervo vago e
i nervi periferici che derivano dal midollo spinale e come, talvolta, l’intestino riesce a fare arrivare delle
informazioni al cervello.
Qualsiasi segnale che dal cervello attraversa il midollo spinale arriva tramite i nervi adrenergici all’intestino
rilasciando noradrenalina.
Questa riesce ad influenzare la composizione della flora batterica.
Viceversa, il nostro intestino è in grado di comunicare attraverso il cervello, mediante una serie di sostanze
che vengono rilasciate o dai batteri, come gli acidi grassi, il GABA e i precursori della 5-idrossitirosina.
Queste sostanze possono attraversare la barriera e una volta in circolo raggiungere il cervello.
Queste sostanze possono, in egual modo, raggiungere il cervello indirettamente, attraverso la stimolazione
della sintesi di alcune cellule che si trovano al di sotto della mucosa o frammiste nell’epitelio enterico.
Queste cellule producono delle sostanze che hanno un’azione diretta sul SNC come la serotonina da parte
delle cellule enteroendocrine, oppure da parte delle cellule del sistema immunitario delle sostanze di natura
infiammatoria come le citochine, che hanno la capacità di viaggiare nel circolo sanguigno raggiungendo
diverse regioni.
Questo tipo di comunicazione mette in evidenza come se c’è qualcosa che turba l’integrità della barriera
intestinale, tutti quei segnali che partono da questo distretto riescono a raggiungere in quantità più elevata e
con una maggiore velocità, il SNC.
Di conseguenza una deregolazione di questa struttura diventa responsabile dell’istaurarsi di una condizione
infiammatoria della mucosa che, per una serie di eventuali processi biologici mediate da delle molecole
prodotte dai microrganismi e da altre cellule presenti nell’organo intestino, determina un aumento della
segnalazione sensoriale che può anche dare disturbi addominali.
Un esempio è la sindrome del colon irritabile.

SINDROME DEL COLON IRRITABILE


Chi soffre di Sindrome Del Colon Irritabile (IBS), deve infatti fare i conti con ricorrenti dolori di pancia,
tensione addominale, gonfiore, diarrea e perdita di appetito.
Lo stress non causa la sindrome del colon irritabile, ma modifica l’interazione intestino-cervello, altera la
composizione del microbiota INTESTINALE, sopprime l’azione dell’inflammasoma, che svolge un ruolo
primario nel mantenere il microbiota (la flora batterica intestinale) nella normalità, provoca infiammazione.
Uno studio su modello animale dimostra che questo effetto dannoso dello stress potrebbe essere protetto con
l’uso di probiotici, batteri vivi che favoriscono lo sviluppo e la crescita della flora batterica intestinale.
Quindi il trattamento dei pazienti con IBS, con i probiotici, ha senso.
Determinare la terapia probiotica ottimale non sempre è facile, i pazienti possono comunque iniziare a
condurre stili di vita più sani per migliorare la loro flora intestinale, aggiungere più frutta e verdura alla loro
dieta, ricercare modi per tenere sotto controllo lo stress.

MICROBIOTA ED INFLAMMASOMA
L'attività dell'inflammasoma influenza in parte la composizione del microbioma attraverso la segnalazione
di IL-18.
IL-18, a sua volta, sovra regola la produzione di peptide antimicrobico (AMP), che può influenzare
l'abbondanza relativa delle popolazioni batteriche attraverso la sua attività battericida.
In assenza di segnalazione di inflammasoma, la disbiosi si sviluppa con l'accumulo di batteri promotori della
malattia (punti rossi) che possono sovra regolare le risposte infiammatorie come la produzione di CCL5, IL-
6 e TNFα che possono causare malattia infiammatoria
Dunque, molti dei metaboliti batterici che sono presenti nel lume intestinale, passano attraverso la barriera
secondo un meccanismo di difesa che ha anche il compito di educare il sistema immunitario, e hanno il
compito di tenere a bada i meccanismi patogeni.
Se questo meccanismo di produzione del peptide antibatterico mediata dall’interluchina-18 viene meno, si
avrà una maggiore proliferazione dei batteri che saranno sensibili a quel peptide, che adesso è assente e
porteranno alla produzione di altre tossine, pamps e damps che saranno responsabili di attivazione di
processi infiammatorie mediate da altre citochine.

Un altro aspetto molto importante che viene messa in relazione con una condizione di disbiosi intestinale, e
dunque con un’alterazione a carico del microbiota intestinale, è lo sviluppo di sindrome metabolica e, in
particolar modo, dell’obesità.
L’obesità sembra essere legata ad un microbiota alterato. Per dimostrare il link tra microbiota alterato ed
obesità è stato condotto un esperimento:
prelevando il microbiota dei soggetti obesi e magri li hanno separati, purificati, e trapiantati in dei topi
riceventi.
Hanno atteso lo sviluppo e la crescita dei topi e hanno seguito una stessa dieta non particolarmente
ipercalorica, ma ricca di fibre.
I topi che hanno ricevuto il microbiota dal soggetto obeso hanno sviluppato un fattore di obesità, mentre i
topi che sono stati trapiantati con il microbiota dell’individuo magro, non hanno sviluppato l’obesità.
Dunque, si doveva ricercare cosa nel microbiota dei soggetti obesi conduceva effettivamente all’obesità.
Quindi si individuarono delle specie batteriche differenti che erano in grado di agire a diversi livelli, a livello
del cervello, del fegato, del tessuto adiposo e dei muscoli, inducendo dei cambiamenti riscontrabili nella
sindrome metabolica, come l’obesità.
Dal punto di vista metabolico tra i due topi presi in esame hanno individuato che il topo “magro” presentava
una popolazione batterica che favoriva la fermentazione, l’utilizzo e la formazione di acidi grassi a catena
corta e una serie di attività metabolica che permetteva di trasformare i Sali biliari in acidi biliari.
I topi “obesi” avevano un aumento del metabolismo di acidi grassi a catena ramificata.
Gli acidi grassi a catena corta presentano il principale prodotto del catabolismo di carboidrati e proteine
all’interno del nostro intestino. Questi svolgono un ruolo importante nella comunicazione tra l’ospite ed il
microbiota.
Tra questi abbiamo: l’acido propionico, acetico e butirrico che vengono prodotti dai batteri e che hanno la
funzione di essere dei substrati energetici che entrano nel nostro metabolismo energetico.
Gli acidi grassi a catena ramificata a cui appartengono l’acido isobutirico e l’acido isovalerico, sono dei
prodotti del metabolismo batterico che si trovano in bassissime quantità in condizioni di normale flora
batterica.
La loro determinazione viene fatta a livello fecale e un loro aumento indica che ci sono delle popolazioni
batteriche differenti rispetto al microbiota “magro”.
Questo tipo di acido grasso a catena ramificata è stato proposto come marcatore di fermentazione proteica
all’interno dell’intestino, che potrebbe essere pericoloso per l’epitelio dell’intestino stesso.
Questo perché sembra che una dieta ricca di proteine, in particolar modo di aminoacidi ramificati, sia
responsabile della produzione di acidi dovuto ad un metabolismo a carico dei batteri.
In particolare, questo è sostenuto da due generi in particolare che sono i Bacteroides e i Clostridium.
Prendiamo in considerazione il confronto tra due soggetti: uno magro ed uno obeso.
Una condizione associata allo sviluppo di obesità e l’insulino resistenza.
Nei soggetti obesi, solitamente, manifestano insulino resistenza, e ciò vuol dire che non rispondono
correttamente alla presenza di insulina senza bisogno di avere il diabete.
Nei soggetti magri con un microbiota ottimala non presenta questa risposta alla presenza di insulina.
La disbiosi nei soggetti obesi conduce a:
-Riduzione del senso di sazietà;
- Aumento dello stato infiammatorio che causa un aumento del lipopolisaccaride;
-A livello epatico si osserva una maggior eliminazione degli acidi grassi a catena corta e un aumento della
lipogenesi
-A livello del muscolo si ha una minore ossidazione degli acidi grassi
-A livello intestinale c’è una riduzione della produzione di butirrato.
In un soggetto con ottime condizioni del microbiota intestinale si ha tutto l’opposto.

Hanno anche condotto un esperimento mettendo a confronto le specie batteriche presenti nel microbiota dei
due topi magro ed obeso.
Questo microbiota è stato paragonato al microbiota dei bambini che si alimentano mediante
un’alimentazione definita EU in cui rientrano i bimbi appartenenti ai paesi industrializzati e i bambini dei
paesi più poveri.
Le popolazioni che prevalevano nel primo caso erano le specie firmicutes con riduzione dei bacteroidetes e
viceversa nei bambini con un’alimentazione più povera.

L’interazione tra dieta e microbioma intestinale modula il metabolismo dell’ospite.


L’uso di probiotici e prebiotici altera la composizione e la capacità metabolica del “gut microbiota”.
L’uso dei medesimi in obesi favorisce la presenza di batteri buoni ed aumenta la produzione di acidi grassi a
catena corta (SCFAs), riduce la lipogenesi, l’infiammazione e lo stress ossidativo nel fegato, diminuisce
l’adipogenesi, riduce le dimenzioni e il numero di adipociti, aumenta la produzione di ormoni intestinali e
riduce la fame a livello cerebrale.

Il microbiota influenza il metabolismo della donna in gravidanza ed il metabolismo del nascituro.


Una donna obesa avrà un dato microbiota che, in parte, sarà ereditato dal figlio il quale, avrà la possibilità di
diventare obeso.

Nelle patologie su base infiammatoria e immunitaria si riscontra anche una correlazione con casi di disbiosi
intestinale.
In particolar modo si ha una crescita della specie Prevotella.
L’aumento della Prevotella Copri intestinale accresce l’incidenza dell’Artrite Reumatoide (75%) e
dell’Artrite Psoriasica (37,5%).
Questa condizione di disbiosi porta ad un’iperstimolazione del sistema immunitario e, in particolar modo,
alla produzione di un gruppo di linfociti T helper che sono I T-17.
Questi saranno responsabili della condizione infiammatoria a livello delle articolazioni con lo sviluppo
patologico successivo.
Alcuni microrganismi possono influenzare l’insieme delle cellule immunitarie associate alla parete
intestinale (GALT) per contrastare i patogeni presenti nell’intestino: azione protettiva
Il microbiota regola il corretto equilibrio tra queste quattro sottopopolazioni linfocitarie delle cellule CD4+:
Th1, Th2, Th17 e Treg
Oggi sono note almeno 7 sottopopolazioni di linfociti Thelper e sono originate tutte da una cellula T
indifferenziata Tnaive.

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