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CODICE GENETICO

La traduzione dell’informazione genetica in sequenze amminoacidiche avviene sui ribosomi ed è mediata


da molecole adattatrici, ovvero i tRNA.

Essi riconoscono gruppi di tre nucleotidi consecutivi, detti codoni.

Ogni tripletta codifica per un amminoacido.

Le permutazioni possibili per le 4 basi sono 64.

Di queste 64, 3 sono codoni di


stop, quindi sono 61 le triplette
che codificano per gli AA.

Gli AA sono solo 20, quindi


evidentemente più triplette
codificano per lo stesso
amminoacido.

Degenerazione del codice


genetico.

La degenerazione più utilizzata dagli organismi è la degenerazione in terza base.

Ovvero le prime due posizioni restano invariate, mentre il 3 nucleotide cambia,


sulla terza per via della extra-stabilizzazione del controllo del ribosoma.
Gli unici amminoacidi ad essere codificati da una sola tripletta sono:

 Metionina →AUG
 Triptofano →UGG

Non tutte le degenerazioni sono basate sull’equivalenza dei primi due nucleotidi, la degenerazione in terza
base, dunque, non è l’unico tipo di degenerazione perché ci sono altri AA codificati da triplette che sono
completamente diverse dalle quattro che cambiano soltanto per la terza base.

Un’analisi della distribuzione dei codoni nel codice genetico suggerisce che il codice si sia evoluto per
rendere minimi gli effetti deleteri delle mutazioni.

 Mutazioni della prima posizione di un codone portano alla specificazione di un amminoacido simile.
 I codoni con pirimidine nella seconda posizione spesso codificano amminoacidi idrofobici.
 I codoni con pirimidine nella seconda posizione spesso codificano amminoacidi polari.
 Quando le prime due posizioni del codone sono entrambe occupate da G o C, qualsiasi dei 4 sia il
nucleotide nella terza posizione, sarà specificato sempre lo stesso AA.
 Quando le prime due posizioni del codone sono entrambe occupate da A o U, il terzo nucleotide
determina la differenza.

In un primo momento, verrebbe da pensare, che così come esistono 20 amminoacil-tRNA sintetasi,
specifiche per ogni amminoacido, esisterebbero 61 tRNA per leggere i 61 codoni.

MA NON È COSÌ! esiste la possibilità di leggere le triplette con un appaiamento in terza base che non è il
classico appaiamento di Watson e Crick.

Nel 1966 propose il concetto di appaiamento tentennante.

Stabilisce che la base all’estremità 5’ dell’anticodone può formare legami a idrogeno con basi diverse da
quelle canoniche: uno stesso tRNA può riconoscere codoni diversi.

Però le uniche combinazioni possibili


sono quelle in figura.

 Se abbiamo un Uridina nella


prima base dell’anticodone,
questa si può appaiare sia con
l’adenina che con la guanina.

 L’inosina è una base modificata


del tRNA e può appaiarsi con
l’uridina, con la citosina e con
l’adenina, e quindi può leggere 3
codoni diversi.
Per sfruttare al massimo tutte le possibilità, servirebbero 32 tRNA diversi, ma
queste possibilità non vengono mai sfruttate al massimo, e quindi in ogni
cellula troviamo un numero di tRNA piuttosto variabile, tra i 40 e i 50 tRNA.

CODON USAGE: è la capacità di un organismo di utilizzare più frequentemente un codone rispetto ad un


altro, tiene conto in che percentuale si ritrova una stessa tripletta all’interno del genoma.

È vero che ogni AA può essere codificato da più triplette ma è anche vero che negli organismi non vengono
utilizzate con la stessa probabilità tutte le triplette. Ogni cellula ha dei codoni preferenziali per codificare un
certo AA: ci sono alcuni codoni che degli organismi a volte non usano proprio, questo dipende dal genoma
dell’organismo.

Quindi il numero di tRNA presenti in un organismo dipenderà dalla degenerazione del codice e dal codon
usage stesso che quell’organismo preferenzialmente usa.
La decifrazione del codice fu resa possibile intorno agli anni ’60, e i primi esperimenti furono fatti
utilizzando un estratto cellulare batterico che aveva ancora la capacità di sintetizzare proteine in vivo.

Nel momento in cui si estrae il DNA batterico ci saranno ancora i ribosomi


in grado di sintetizzare catene proteiche se si fornisce un messaggero dall’esterno.

Fornendo un messaggero a sequenza nota, e si determina la sequenza del polipeptide ottenuto,


era possibile capire a quale sequenza amminoacidica corrispondesse.

Il primo stampo sintetico fu prodotto usando la fosforilasi polinucleotidica, che normalmente catalizza la
degradazione dell’RNA.

Quindi la scissione di un legame fosfodiesterico, ma se utilizziamo un eccesso dei prodotti noi possiamo
spostare la reazione verso destra e ottenere una sintesi polinucleotidica.

Fu utilizzata questa reazione per sintetizzare dei messaggeri in vitro, poiché gli RNA non erano ancora stati
caratterizzati ed isolati.

In vitro tutti i polimeri sintetici possono funzionare da stampo per i ribosomi, se si usano alte concentrazioni
di magnesio, nascondendo la necessità dei fattori di inizio e di fMet-tRNA.

Il primo RNA sintetico ad essere usato come mRNA fu poli-U, e si stabilì che la tripletta UUU codifica per
alanina, poi anche poli-C (Pro) e poli-A (Lys).

Questo esperimento non chiarì quale amminoacido venisse specificato da GGG.

I residui di guanina nei poli-G formano dei forti legami a idrogeno tra loro
e danno origine a multi-filamenti a tripla elica che non legano il ribosoma.

Nei copolimeri misti la sequenza delle basi è del tutto casuale e la frequenza con cui una base è
rappresentata dipende dalla sua concentrazione.

Passi avanti furono fatti quando si scoprì che molecole di amminoacil-tRNA legano complessi ribosoma-
mRNA solo in presenza di specifiche triplette.

Tutti questi studi messi insieme fecero decifrare il codice genetico, e uscirono fuori 3 regole:
 I codoni vengono sempre letti in direzione 5’-3’, che è la direzione di sintesi dell’RNA ed è anche la
direzione con la quale si indica una catena polinucleotidica, ed è anche la direzione di lettura del
ribosoma sul messaggero.
 I codoni non si sovrappongono e il messaggio non contiene interruzioni, il ribosoma legge una
tripletta dopo l’altra.
 Il messaggio viene tradotto seguendo uno schema fisso di lettura, determinato dal codone iniziale.
Le mutazioni sono variazioni della sequenza nucleotidica del DNA. Possono essere causate da:
1. errori durante la duplicazione del DNA
2. esposizione delle cellule ad agenti fisici o chimici (agenti mutageni)

Se la mutazione avviene all’interno di una regione di DNA implicata nella produzione di una proteina,
possiamo avere un’alterazione della proteina corrispondente e quindi della sua funzione.

Mutazioni puntiformi
Sono mutazioni che alterano il codice genetico e interessano una o poche basi del DNA.

 Mutazione missenso: è un’alterazione che cambia un codone specifico per un amminoacido in un


codone specifico per un altro amminoacido.
La conseguenza è che un gene che porta una mutazione missenso produrrà una proteina in cui un
singolo amminoacido è stato sostituito da un altro.
Un esempio è l’anemia falciforme, in cui il glutammato in posizione 6 nella subunità - globina
dell’emoglobina è sostituito da una valina.

 Mutazione nonsenso o mutazione di stop: è un’alterazione che introduce un codone di stop.

Si avrà terminazione prematura della traduzione, con rilascio di


un peptide incompleto, che verrà poi degradato.

 Mutazioni frameshift: sono inserzioni o delezioni di una o di un numero ridotto di coppie di basi che
alterano la fase di lettura. La delezione o l’aggiunta di un nucleotide porta a spostare la cornice di
lettura.

Il fatto che il codice si leggesse


a triplette fu scoperto facendo
degli esperimenti con il
batteriofago T4 e facendo delle
modifiche su di esso. Tali
modifiche prevedevano
l’inserimento di 1, 2 o 3
nucleotidi. Si vide che se si
inserivano 3 nucleotidi, anche
in punti diversi, il batteriofago
tollerava la mutazione perché
poi recuperava il frame di
lettura, ma se ne inserivano 1 o
2 il batteriofago non tollerava
più la mutazione e quindi si capì
che il codice era a triplette.
 Mutazione di reversione: riporta una sequenza nucleotidica alterata alla sua forma originale. Accade
più spesso nei batteri, perché duplicano più velocemente, le mutazioni si accumulano e può capitare
che una reverte quella precedente.
 Mutazione soppressore: produce copie funzionali di una proteina resa inattiva dalla mutazione
originale e può essere intragenica o intergenica.
Questa avviene su un punto diverso della mutazione originale.

Esempio: mutazione
sopressione intragenica.
In questo gene è stato deleto
un nucleotide, e si avrà quindi
un cambio del frame di lettura.
Vi sarà dunque un cambio della
sequenza amminoacidica e
apparirà un segnale di stop.
La proteina avrà amminoacidi
sbagliati e sarà più corta del
previsto.
Può accadere però che dopo la
delezione del nucleotide,
avvenga un’inserzione di un
nucleotide, anche in un punto
diverso da dove era stato
deleto, questa inserzione fa si
che venga recuperato il frame
di lettura.
Si otterrà una proteina mutata, ma se la mutazione non ha sconvolto la sua struttura tridimensionale, si
potrebbe ottenere una proteina ancora funzionale.

I geni soppressori non agiscono cambiando la sequenza nucleotidica di un gene mutato, ma cambiano il
modo in cui viene letto l’mRNA.

Uno degli esempi più conosciuti di mutazioni di sopressione è rappresentato dalla mutazione dei geni per i
tRNA, che annullano gli effetti di mutazioni nonsenso nei geni che codificano proteine.

Nei batteri è stato osservato che ci sono dei tRNA soppressori, ovvero che possono modificare i loro geni
per sopprimere delle mutazioni nonsenso, queste mutazioni fanno si che si riesca a leggere il codone di
stop e inserire un amminoacido, per cui la proteina continua ad essere codificata.
Passano dalla sequenza 3’-AUG-5’ → 3’-AUC-5’

Ma come è possibile che questo tRNA soppressore non vada a leggere anche le normali sequenze di stop
della traduzione facendola terminare?
Non avviene perché il codone UAG è molto poco utilizzato nella traduzione dei batteri come codone di stop.
I risultati del sequenziamento dei genomi su larga scala hanno confermato l’attesa universalità del codice
genetico.
Ha contribuito a sviluppare la branca dell’ingegneria genetica, rendendo possibile
l’espressione di copie clonate di geni che codificano proteine utili che rimpiazzano
quelle dell’organismo ospite, come per esempio l’espressione dell’insulina umana nei batteri.

Però per essere corretti bisogna dire che il codice è pressoché universale.

Nei mitocondri succedono delle cose diverse.

Ci sono quindi differenze nella lettura del messaggio.

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