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Smistamento delle proteine

Il reticolo endoplasmatico è direttamente coinvolto nello smistamento delle proteine.

 Come fanno le proteine a conoscere la loro destinazione finale?

La sintesi di tutte le proteine ha inizio al livello del citoplasma, dopodiché ogni proteina possiede una
sua sequenza scritta a livello del DNA e trascritta a livello dell’RNA, per cui ogni proteina possiede
una sequenza segnale che indica alla cellula dove questa proteina dev’essere localizzata: esiste, per
esempio, una sequenza di importazione dal nucleo, esiste una sequenza di esportazione dal nucleo,
di importazione a livello mitocondriale, nei plastidi, nei perossisomi e soprattutto una sequenza che
smista le proteine a livello del RER, questa sequenza si trova in una posizione strategica della catena
polipeptidica. 

Quindi:
 Il citoplasma è dove ha inizio la sintesi;
 Alcune classi di proteine sono sintetizzate a livello citoplasmatico e direttamente smistate
dopo la sintesi a livello della destinazione finale (nucleo, perossisomi, mitocondri e plastidi).

Un’altra categoria di proteine inizia la sintesi a livello del citoplasma, ma viene direttamente trasferita
a livello del RER, dove la sintesi prosegue e dal RER avviene l’ulteriore smistamento verso gli organuli
o verso l’esterno della cellula oppure a livello dei lisosomi.

 Principali vie di smistamento:


1. Dal citosol al nucleo

Uno dei meccanismi che riguarda lo smistamento delle proteine è quello che attraversa il poro
nucleare. Questo passaggio è mediato da alcune proteine che hanno il compito di legare in modo
estremamente specifico la proteina da trasportare, permettendone il passaggio.

Un esperimento che ha utilizzato l’ingegnerizzazione delle proteine ottenute con le tecnologie del
DNA ricombinante, hanno dimostrato che sostituendo un amminoacido di segnalazione con un altro,
la proteina non si andava più a localizzare a livello del nucleo ma invece rimaneva a livello
citoplasmatico, non potendo più svolgere la funzione. 

2. Dal citosol al mitocondrio


Un meccanismo di importazione delle proteine è anche quello che riguarda l’invio di proteine dal
citoplasma al mitocondrio. I mitocondri possiedono una doppia membrana, di conseguenza non si
crea solo il problema della localizzazione della proteina ma abbiamo necessità di localizzare più
proteine in più comparti.

Come avviene lo smistamento?

Prima di tutto, c’è da premettere che per effettuare il processo di smistamento della proteina
all’interno del mitocondrio, questo deve essere perfettamente funzionante, in grado cioè di svolgere
la fosforilazione ossidativa.
Il mitocondrio, seppur presenta un proprio DNA circolare, è semiautonomo e, infatti, il 99% delle sue
proteine viene codificato dal DNA nucleare e di conseguenza, le proteine hanno bisogno di entrare
all’interno degli organuli.

Per poter passare, la proteina deve rompere la sua struttura terziaria e tornare alla sua struttura
primaria. Questo processo avviene grazie all’intervento di alcune proteine: le heat-shock proteins,
proteine messe in evidenza a seguito di uno shock termico. In particolare, si tratta di molecole
chaperon, famiglia delle Hsp70 citosoliche.

Le proteine sintetizzate nel citosol hanno una sequenza segnale amminoterminale, la ‘’sequenza di
indirizzamento ai mitocondri’’. A questo punto, un recettore posto sulla membrana esterna del
mitocondrio, riconosce la sequenza segnale della proteina. Il complesso recettore-proteina diffonde
lateralmente nella membrana, sino ad un sito in cui la membrana esterna ed interna sono in stretto
contatto: in queste regioni, il passaggio viene effettuato grazie alla presenza di alcuni traslocatori,
noti come TOM e TIM, composti da una porzione che lega e riconosce le proteine ed un’altra che
costituisce il vero e proprio canale idrofilo per il passaggio della proteina.

Una volta che la proteina è entrata nel mitocondrio, la sequenza segnale viene rimossa grazie a degli
enzimi proteolitici. Inoltre, ora il rilascio delle Hsp70 favorisce il ripiegamento della proteina allo stato
iniziale, utilizzando l’energia di idrolisi dell’ATP e del gradiente protonico.

Questo è, quindi, un processo che necessita di fonte d’energia sotto forma di molecole di ATP.
Ulteriori trasferimenti in particolari dislocazioni dell’organello (MM o MME) richiedono altri segnali di
smistamento che solitamente risultano esposti dopo la rimozione della sequenza segnale primaria.

3. Dal citosol ai perossisomi

Le proteine sintetizzate nel citosol, contengono due sequenze segnale amminoterminali, ovvero
“Sequenze di indirizzamento ai perossisomi” PTS1 e PTS2.

Tali sequenze sono riconosciute da recettori specifici, PEX5 per PST1 e PEX7 per PTS2, che
trasportano la proteina interessata al perossisoma dove altre proteine vengono utilizzate per
effettuare il trasporto transmembrana fino alla matrice.

4.1 Dal citosol al RE

Il RE è il complesso membranoso più esteso della cellula, esso è il punto d’arrivo per le proteine
transmembrana dello stesso RER e la tappa iniziale per il successivo smistamento delle proteine
destinate ad organuli quali il Golgi, i lisosomi, agli endosomi e alle vescicole che portano le proteine
secretorie e della membrana plasmatica.

I robosomi si legano al reticolo endoplasmatico al momento in cui sintetizzano proteine ad esso


indirizzate, inoltre esso non è solo sede di sintesi dei lipidi delle membrane cellulari e di lipidi in
generale, ma ha anche l’importante scopo di immagazzinare ioni Ca 2+ (REL).

Le proteine che traslocano dal citosol al RER possono essere idrosolubili e quindi attraversano
completamente la membrana del RER e si versano nella sua cavità, oppure transmembrana, le quali
attraversano solo parzialmente la membrana e vi restano immerse.

Solitamente, la sintesi della proteina inizia a livello del citoplasma, ma viene continuata solo
all’interno del RER, questo tipo di traslocazione è detta “traslocazione co-traduzionale”. Questa
differisce dalla traslocazione nel mitocondrio perché, in tale processo, la proteina si trova già
trascritta, seppur nella sua struttura primaria.

Le proteine importate nel RER posseggono delle sequenze di indirizzamento al reticolo


endoplasmatico, poste all’estremità ammino-terminale. Queste sequenze sono riconosciute da un
complesso ribonucleoproteico, una particella di riconoscimento del segnale, SR, costituito da una
molecola di RNA (7S) associata a sei proteine differenti.   

TRASPORTO DI UNA PROTEINA SOLUBILE


Il legame di un SRP a una sequenza di segnale induce un rallentamento della sintesi proteica finché il
ribosoma, associato alla sua SRP, non si lega ad un recettore SRP. Una volta che il ribosoma è arrivato
sulla membrana del RE, la particella SRP e il suo recettore si dissociano dal ribosoma, che entra nel
lume del RER attraverso un canale di traslocazione, il complesso Sec61, a cui rimane legata la
sequenza segnale.

Ad un certo punto, la sequenza segnale viene rimossa da una peptidasi del segnale presente sul lato
interno della membrana. Il peptide segnale viene quindi liberato dal canale di trascrizione e ridotto in
AA. Appena il carbossi-terminale proteico ha superato la membrana la proteina viene rilasciata nel
lume del RER.

Nel reticolo endoplasmatico rugoso, le proteine non vengono solo sintetizzate a partire dall’mRNA
introdotto nel suo lume, ma vengono anche inserite nel doppio strato fosfolipidico come dovrebbero
essere inserite nella loro destinazione finale, per evitare che gli amminoacidi idrofobici entrino a
contatto con l’acqua, perdendo la loro attività.
Non si può quindi sintetizzare una proteina idrofobica e inserirla dentro il doppio strato fosfolipidico:
la sintesi della proteina deve essere confortante al suo inserimento nel doppio strato fosfolipidico,
infatti nella catena polipeptidica non abbiamo solo la sequenza segnale che indica dove questa
proteina dovrà essere inserita ma anche una serie di sequenze che indicano come la proteina dovrà
essere inserita, quali sono le regioni interessate e quali regioni dovranno uscire dal doppio strato
fosfolipidico, ovvero di come la proteina debba essere orientata. (Sequenze di Stop & Go).

Il RER è una fabbrica perfetta: non basta solo sintetizzare una catena polipeptidica, c’è bisogno di
modificare la proteina dal punto di vista conformazionale (realizzazione struttura terziaria,
mantenuta dai legami disolfuro).
Tra le modificazioni chimiche, ci sono:
 La catalisi di ponti disolfuro, per ossidazione a coppie laterali di cisteina, le quali riescono a
stabilizzare la conformazione tridimensionale della proteina (questi non si formano nel citosol
perché l’ambiente è riducente).
 Endoglicosilazione, cioè l’aggiunta con un legame covalente, all’amminoacido asparagina, di
una o più catene oligosaccaridiche, ad azione di un enzima glicosilante, l’oligosaccaride
transferasi, che trasporta il gruppo da una molecola di dolicolo fosfato all’amminoacido:
questo spiega perché nelle proteine transmembrana le catene saccaridiche sono esposte
sempre sul versante extracellulare.
L’N-glicosilazione vede l’aggiunta di una catena glucidica standard a livello dell’atomo di
azoto di una catena laterale di asparagina: la prima fase consiste nel trasferimento di una
catena di 14 zuccheri ad un residuo laterale di asparagina. L’elaborazione dell’oligosaccaride
comincia nel RER ma continua solo dopo, nel Golgi.
La glicosilazione ha diverse funzionalità, tra cui protegge dall’attacco di proteasi, aumenta la
solubilità della molecola proteica (che viene dunque stabilizzata in tutti gli aspetti), permette
lo svolgimento del controllo di qualità , processo operato dalla cellula per scartare le proteine
che non sono correttamente ripiegate, ed infine, permettono il funzionamento del processo
di riconoscimento delle varie proteine (che avviene proprio sulla base della presenza o meno
di un particolare residuo di glucosio sulla struttura glicosidica).

Una proteina glicosilata raggiunge un folding corretto e, in questo modo, può esplicare la propria
funzione. La catepsina, a livello delle membrane del RER riconosce solo e soltanto quelle proteine
opportunamente glicosilate: se la glicosilazione corretta non avvenisse, queste proteine sono
riconosciute come non funzionanti e vengono allontanate.

Esiste una malattia, la fibrosi cistica: questa è una proteina di trasporto della membrana, infatti,
nonostante questa proteina sia funzionante, questa non raggiunge la destinazione finale, perché il
sistema di controllo non la riconosce correttamente e di conseguenza la scarta, pertanto l’organismo
si ritrova assente la proteina che permette il passaggio di alcuni ioni, scatenando conseguenze
gravissime.
La malattia ha conseguenze a livello pancreatico, si ripercuote a livello dell’apparato respiratorio a
causa dell’eccesso di muco, che ha consistenza troppo densa.

Le proteine misfolded, invece, vengono traslocate al citosol per la degradazione tramite l’ubiquitina a
livello del proteosoma.
TRASPORTO NEL RER DI UNA PROTEINA TRANSMEMBRANA MONOPASSO

Come le proteine destinate al lume del RE, anche le proteine destinate alla membrana come proteine
transmembrana sono inizialmente inserite nel RE attraverso la sequenza di inizio di trasferimento ed
il suo legame con SRP, che le permette di transitare attraverso il complesso Sec61.
La sequenza di trasferimento, poi, viene ritagliata via e si libera dal canale nel doppio strato
fosfolipidico. A questo punto, il ribosoma procede con la traduzione dell’mRNA e sintetizza un’altra
sequenza di indirizzamento, la sequenza di arresto del trasferimento, costituita da amminoacidi
idrofobici, che ancora la proteina al doppio strato del RER, al livello del trasportatore.

Queste proteine rappresentano due regioni caratteristiche (un’orientazione precisa della proteina
nella membrana): il gruppo NH2 è direzionato verso il lume del RER, mentre il gruppo COOH verso il
lato citosolico del RER.

TRASPORTO NEL RER DI UNA PROTEINA TRANSMEMBRANA MULTIPASSO

In questo caso, le proteine contengono più di un tratto idrofobo transmembrana e contengono


diverse sequenze alternate di inizio e di arresto del trasferimento. Le sequenze di inizio di
trasferimento non vengono rimosse e rimangono inserite nel doppio strato fosfolipidico grazie al loro
carattere idrofobo.

Come detto precedentemente, una gran parte delle proteine che entrano nel RER sono destinate al
Golgi, ai lisosomi, alla membrana o allo spazio extracellulare:
  
4.2 Dal RER agli organuli/membrana/spazio extracellulare: trasporto vescicolare
Dal RER si originano due vie principali: la prima porta alla secrezione nell’ambiente extracellulare e
alla membrana plasmatica, la seconda arriva ai lisosomi.

Il meccanismo di trasporto vescicolare contenenti proteine consiste nel processo della gemmazione e
della fusione di vescicole.
Quello che all’apparenza sembra un processo caotico è uno dei processi meglio organizzati e più
specifici all’interno della nostra cellula. Il traffico vescicolare, infatti, deve portare con sé solamente la
proteina necessaria e deve fondersi con la membrana bersaglio appropriata.

La formazione delle vescicole è indotta dalla polimerizzazione di una classe di proteine particolari, la
clatrina, COPI e COPII, che catalizzano rispettivamente la formazione di vescicole rispettivamente
dalla membrana plasmatica, dal Golgi e dal RER e dicono dove e come le vescicole si devono
localizzare.

Gemmazione:
La clatrina è formata da tre catene pesanti e tre leggere, a formare una struttura detta triskellion
che, polimerizzando, genera strutture esagonali che formano una gabbia sferica. La polimerizzazione
prevede la presenza di altre molecole sulla membrana: le adattine, che hanno il compito di
riconoscere il cargo da trasferire. La polimerizzazione fa sollevare la membrana ed accrescere la
vescicola che si stacca dalla membrana mediante l’intervento di una proteina, la dinamina.
Le vescicole migrano nel citosol utilizzando il citoscheletro e si fondono con le membrane
dell’organulo bersaglio.
Es) Internalizzazione nelle cellule delle LDL

La fase iniziale consiste nel riconoscimento del cargo da parte della cellula. Il riconoscimento avviene
tramite l’interazione con specifici recettori di membrana. Appena il recettore si è legato alla sostanza
(il ligando) si comincia a formare una depressione sulla superficie cellulare circostante; questa attira
la clatrina, la quale accentua l’invaginazione e porta alla formazione della cosiddetta fossetta
rivestita o coated pit. La fossetta si ripiega ulteriormente fino a richiudersi e formare una vescicola.
Quando questa si fonde con un endosoma primario nella cellula il rivestimento si rompe e la clatrina
ritorna alla membrana plasmatica pronta per formare una nuova fossetta rivestita.
L’ultima fase consiste nel riconoscimento dell’organulo bersaglio da parte della vescicola e la fusione
delle due membrane con il rilascio del carico nel lume. Questo processo è controllato principalmente
dalle proteine SNARE, proteine fibrose ancorate alle membrane e dalle GTPasi Rab.
Le v-SNARE, presenti sulle membrane delle vescicole, sono in grado di riconoscere e legare le t-SNARE
(sono complementari tra loro) presenti sulle membrane degli organuli bersaglio. Le due estremità ad
alfa-elica interagiscono formando una struttura superavvolta. Il complesso, quindi, favorisce
l’avvicinamento delle due membrane e la loro successiva fusione, grazie anche, agli enzimi di fusione.
Le GTPasi Rab sono implicate sia nel trasferimento delle vescicole lungo i microtuboli, che nel
riconoscimento delle SNARE.

Queste GTPasi monomeriche sono presenti in forma inattiva legate al GDP, mentre quando sono in
forma attiva, legate al GTP, si trovano sulle membrane delle vescicole e degli organuli.

Dal Golgi gemmano anche vescicole che trasportano molecole destinate alla membrana plasmatica e
allo spazio extracellulare, lungo un itinerario noto come via di secrezione.
Nel caso in cui si parla di secrezione costitutiva, si intendono, per esempio, le proteine seriche secrete
dagli epatociti, quali albumina e fibrinogeno, che vengono prodotte e rilasciate nel mezzo esterno.
Nel caso in cui si parla di secrezione regolata, si intendono, invece, molecole impacchettate nelle
vescicole di secrezione e poi rilasciate all’esterno soltanto dopo uno stimolo specifico, come nei
terminali sinaptici delle cellule nervose.
Il RE e il Golgi sono quindi centri fondamentali di smistamento delle proteine, alcune delle molecole,
tuttavia, devono rimanere in questi complessi. Alcune molecole, infatti, grazie a COPI, COPII e la
clatrina, transitano tramite vescicole dal RER al Golgi e nuovamente dal Golgi indietro al RER
(meccanismo di traffico vescicolare retrogrado).
Il trasporto vescicolare è un meccanismo di trasporto incessante. Inoltre, in questi processi, i
recettori di carico non vengono mai buttati via, ma continuamente riciclati dalla cellula.

 L’apparato di Golgi

L’apparato di Golgi è un ‘laboratorio di biochimica’ dove avviene l’aggiunta di catene


oligosaccaridiche (glicosilazione), il loro rimodellamento, l’aggiunta di alcuni gruppi chimici, il
perfezionamento della proteina.
Le membrane dell’apparato del Golgi non sono in continuità tra di loro come le membrane del
reticolo endoplasmatico rugoso o liscio: le varie membrane qui sono separate e distanziate, infatti, il
passaggio di materiale avviene grazie al distacco di vescicole e la loro fusione al sistema membranoso
successivo.
Tutte queste reazioni sono organizzate in modo tale che il prodotto della reazione    sia fondamentale
per la reazione successiva: tutto deve avvenire in modo sequenziale.
Se tutto avvenisse in una sola reazione, si perderebbe infatti la specificità e il sistema non può
permetterselo. Allora la cellula è in grado di segregare queste molecole in modo tale che una volta
modificate tutte correttamente possano passare al livello successivo e così via.   
Nell’apparato Di Golgi riconosciamo una via di ingresso dal RER (faccia cis), una regione mediale e
una zona di trasferimento di tutto il materiale, (faccia trans).
Delle vescicole molto importanti del Golgi sono quelle che uscendo dal trans, vanno a costituire i
lisosomi, iniziano a far parte della membrana plasmatica, oppure sono destinate alla secrezione. 

L’apparato di Golgi ha la funzione di rielaborare, selezionare ed esportare i prodotti cellulari.


Tra le reazioni che coinvolgono le proteine che hanno subito sia glicosilazione che la prima
modificazione nel RER e che ora sono state trasportate, tramite vescicole, all’apparato del Golgi, vi è
la O-glicosilazione, in cui gli zuccheri vengono legati al peptide sintetizzato (modificazione post-
traduzionale) a livello dell’atomo di ossigeno delle catene laterali di serina o treonina. La grande
differenza col RER è che qui, ogni specifica proteina viene riconosciuta e modificata in base alla
propria funzione.
La specificità delle singole catene glucidiche è infatti proprio il meccanismo utilizzato dalla cellula per
lo smistamento delle proteine nelle varie sedi di destinazione: lisosomi, membrana e vescicole di
secrezione.

 I lisosomi
È da relativamente poco tempo che abbiamo le idee chiare su cosa siano i lisosomi.
Essi sono definibili dei “riciclatori cellulari”, che modificano alcune molecole in modo tale da rendere
disponibile per tutta quella cellula una serie di molecole che poi verranno utilizzate, costituiscono
l’aspetto funzionale della cellula.
I lisosomi sono organuli citoplasmatici, delimitati da membrana, che contengono una serie di enzimi
in grado di degradare tutti i tipi di polimeri biologici (proteine, lipidi, polisaccaridi ed acidi nucleici).
Nella loro forma più semplice appaiono come vacuoli sferici, ma possono presentare forme e
dimensioni diverse, in relazione ai materiali che sono stati trasportati al loro interno per essere
degradati.

Tutti gli enzimi dei lisosomi sono idrolasi acide, attive al pH acido dei lisosomi (circa 5.0) ,ma non al
pH neutro del citoplasma (7,2). Questo meccanismo protegge la cellula dalla eventuale rottura della
membrana del lisosoma. Infatti, le idrolasi rilasciate sarebbero inattive al pH neutro del citosol.

Cosa sono le idrolasi acide? Sono tutti gli enzimi in grado di smontare le proteine in amminoacidi, gli
acidi nucleici in nucleotidi, i lipidi in acidi grassi e i polisaccaridi in monosaccaridi. Sono in grado di
rompere i legami fosfodiesterici, fosforici e così via. Per mantenere acido il pH al loro interno i
lisosomi devono attivamente concentrare ioni H+. Ciò è assicurato dalla presenza nella membrana di
una pompa protonica, che trasporta attivamente protoni dal citosol nei lisosomi. L’attività di questa
pompa richiede consumo di energia che è fornita da idrolisi di ATP per mantenere nei lisosomi una
concentrazione di H+ circa 100 volte più alta rispetto al citosol.

Le idrolasi lisosomiali e le proteine di membrana dei lisosomi iniziano la propria sintesi a livello
citoplasmatico, dopodichè vengono traslate e sintetizzate nel RER e attraverso l’apparato del Golgi
vengono trasportate agli endosomi tardivi (precursori dei lisosomi) da vescicole che gemmano dalla
porzione trans del Golgi.

Come fa una proteina lisosomiale a sapere in quale vescicola dovrà localizzarsi?

Le proteine lisosomiali appena arrivano all’A. Di Golgi vengono marcate trasformando un residuo di
mannosio in residuo di mannosio 6-fosfato che permette a queste proteine di arrivare al trans-Golgi
network e di essere catturate da un recettore che riconosce il mannosio 6 fosfato. Abbiamo un unico
recettore che riconosce tutte le proteine lisosomiali, in quanto tutte queste possiedono un residuo di
mannosio 6-fosfato. Il legame di questa proteina con il suo recettore di carico a livello del trans-Golgi
network permette la formazione di una vescicola rivestita da clatrina, clatrina che si perde nel
citoplasma, questa vescicola carica con proteine lisosomiali, arriva nell’endosoma tardivo che
possiede un pH interno di 5,5 rispetto al pH 7 dove abbiamo captato queste proteine. Questa
variazione di pH comporta il distacco della proteina dal suo recettore e il recettore riprende il suo
percorso in grado di caricare altre proteine. 

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