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FISIOLOGIA GENERALE

Programma esteso
 Le membrane cellulari: lipidi e proteine di membrana. Il movimento attraverso
le membrane cellulari. Trasporto passivo: la diffusione attraverso il doppio
strato lipidico. Trasporto mediato da proteine di membrana. Diffusione
facilitata. Trasporto attivo primario e secondario. Co-trasporto e contro-
trasporto. Endocitosi ed esocitosi. Osmosi. Osmolarità e tonicità. Le giunzioni
intercellulari: comunicanti e serrate. Trasporto di ioni e di acqua attraverso gli
epiteli.
 Il potenziale di membrana a riposo. Proprietà elettriche passive di membrana.
Potenziali graduati e propagazione elettrotonica. Le basi molecolari del
potenziale d’azione: i canali ionici voltaggio-dipendenti. I canali del sodio del
potassio e del calcio: proprietà e relazioni tra struttura molecolare e funzione.
 Struttura del neurone. Propagazione degli impulsi nervosi: la conduzione
saltatoria. Le sinapsi elettriche e chimiche. La natura quantica del rilascio di
neurotrasmettitore e il ruolo del calcio. Potenziali post-sinaptici eccitatori ed
inibitori. Canali ionici attivati da neurotrasmettitori: recettori ionotropici e
metabotropici. Relazioni tra struttura e funzione dei recettori-canale. La
modulazione della trasmissione: i sistemi di secondi messaggeri.
L’integrazione sinaptica. Plasticità e facilitazione sinaptica.
 Proprietà generali dei sistemi sensoriali: recettori, trasduzione sensoriale, vie
sensoriali, codificazione ed elaborazione dello stimolo. I recettori somato-
sensoriali. Tatto. Temperatura. Nocicezione: meccanismi periferici.
Neuropeptidi e dolore.
 Il muscolo scheletrico: struttura e funzione. La contrazione muscolare:
slittamento dei ponti trasversi e curva tensione-lunghezza, il ruolo del calcio e
dell’ATP. L’accoppiamento eccitazione-contrazione: i tubuli T, il reticolo
sarcoplasmatico ed il ruolo del calcio intracellulare. Scossa singola e tetano.
Il muscolo cardiaco: contrazione e potenziali d’azione cardiaci. Il muscolo
liscio: contrazione e regolazione neuro-ormonale dei muscoli vasali e viscerali.
 Il sistema nervoso centrale. Il midollo spinale. Unità motoria. I riflessi
somatici.
 Il sistema nervoso autonomo. I riflessi autonomi.
 Gli ormoni: sintesi, rilascio e meccanismo d’azione. Il sistema ipotalamo-
ipofisario. Le ghiandole surrenali. Ormoni della midollare ed azione delle
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catecolammine. Ormoni della corticale: glucocorticoidi, mineralcorticoidi e
steroidi sessuali. La tiroide e gli ormoni tiroidei. Il pancreas endocrino:
l’insulina, il glucagone e la somatostatina. Gli ormoni sessuali. Metabolismo
del calcio e del fosfato: il paratormone, la calcitonina e la vitamina D3. I fattori
di crescita.
 Fisiologia dell’apparato digerente. La motilità gastrointestinale. Peristalsi e
segmentazione. Organizzazione dei circuiti nervosi alla base della motilità
gastrointestinale. Secrezione gastrointestinale. Secrezione salivare, gastrica,
pancreatica, biliare ed intestinale. Digestione ed assorbimento di carboidrati,
lipidi e proteine. Assorbimento delle vitamine, degli elettroliti e dei minerali.
Assorbimento dell’acqua. Fisiologia del fegato.
 Il sangue: composizione, emostasi e coagulazione. Le parti costituenti il
circolo. Il miocardio: attività elettrica e contrattile del miocardio, ciclo cardiaco
e regolazione dell’attività cardiaca. L’elettrocardiogramma. Flusso sanguigno e
controllo della pressione arteriosa. La resistenza a livello delle arteriole. La
microcircolazione e i capillari. I vasi linfatici. Le vene. I barocettori e il
controllo della pressione arteriosa.
 Struttura e funzione del sistema respiratorio. Le leggi dei gas. La ventilazione.
Lo scambio gassoso nei polmoni. Il trasporto dei gas nel sangue. Il trasporto di
ossigeno. L’emoglobina. La curva di dissociazione ossigeno-emoglobina.
Fattori che influenzano il legame ossigeno-emoglobina. Il trasporto della CO2.
Regolazione della ventilazione.
 Struttura del rene: il nefrone e il circolo renale. L’ultrafiltrazione. Formazione
e composizione dell’urina: meccanismi molecolari di riassorbimento e di
secrezione. Escrezione e clearance renale.

Modalità di verifica dell'apprendimento


 L'apprendimento sarà verificato attraverso una prova scritta, che si svolgerà in
un’aula di informatica e che sarà articolata in 30 domande a risposta chiusa ed
1 domanda aperta.
 Le tipologie di domande più frequenti sono domande a risposta multipla,
domande vero/falso, domande a completamento e domande a corrispondenza.
Il test permetterà di valutare le conoscenze e la capacità di comprensione
acquisite e l'abilità dello studente di comunicare correttamente con un
linguaggio scientifico.
 Criteri di valutazione della prova scritta:
 domande vero/falso: 1 punto per risposta corretta; -1 punto per risposta
sbagliata; 0 punti non risposta;

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 domande a scelta multipla: 1 punto per risposta corretta; -0.5 punti per
risposta sbagliata se la domanda permette di scegliere fra tre opzioni, -
0.33 tra quattro, -0.25 tra cinque, eccetera; 0 punti non risposta;
 domanda aperta: 0-3 punti;
 domanda a corrispondenza: 1 punto per risposta corretta; se la risposta è
solo parzialmente corretta sarà assegnato un punteggio < 1 in misura
proporzionale alle corrispondenze corrette; 0 punti non risposta.
 Gli studenti che superano l’esame scritto (votazione minima: 18/30) possono o
accettare il voto o chiedere di sostenere un esame orale (facoltativo) che sarà
valutato in trentesimi. In questo caso, la votazione finale sarà la media
aritmetica delle votazioni dell’esame scritto e dell’esame orale.

LA FISIOLOGIA
 La fisiologia è la scienza che studia le funzioni degli organismi viventi per
conoscere le cause, le condizioni e le leggi che determinano e regolano i
fenomeni vitali a livello:
 molecolare;
 cellulare;
 di organi;
 di apparati;
 dell’intero organismo.

OMEOSTASI
 È l’attitudine propria dei viventi a mantenere intorno a un livello prefissato il
valore di alcuni parametri interni, perturbati di continuo da fattori esterni e
interni.
 È la costanza della composizione chimica e delle proprietà fisiche del sangue e
degli altri liquidi biologici.

LIQUIDO INTRACELLULARE E LIQUIDO


EXTRACELLULARE
 Il liquido intracellulare (ICF) è il liquido contenuto all’interno della cellula.
 Il liquido extracellulare (ECF) è il liquido presente all’esterno delle cellule. È
distinto in liquido circolante (plasma) e in liquido interstiziale a contatto con
le membrane degli organi (ISF).
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 L’acqua corporea totale (TBW) è costituita da acqua intracellulare
(all’interno delle cellule) ed acqua extracellulare (all’esterno delle cellule).

OMEOSTASI
 L’omeostasi è mantenuta grazie ad una rete di sistemi di controllo che
permettono di mantenere immutato o quasi l’ambiente interno.
 Per mantenere l’omeostasi è necessario:
 un sistema di sensori, che misurano il parametro vitale (variabile
regolata);
 un centro di integrazione, che confronta il valore misurato con il valore
di riferimento (set point);
 un sistema di effettori in grado di modificare il parametro riportandolo
al valore di riferimento.

MEMBRANA PLASMATICA
 La membrana plasmatica:
 racchiude la cellula;
 definisce i confini;
 mantiene le differenze di composizione tra l’ambiente intracellulare e
quello extracellulare;
 è un trasduttore dei segnali intercellulari.
 Le membrane delimitano gli organelli intracellulari.
 È costituita da:
 lipidi: hanno un ruolo strutturale, hanno la funzione di compartimenti
funzionali e di barriere impermeabili, trasducono i segnali;
 proteine: hanno un ruolo strutturale e catalitico, trasducono i segnali,
trasportano le molecole e gli ioni.
 Il rapporto tra le proteine e i lipidi può variare molto a seconda della funzione
che la membrana ha in quella cellula:
 membrana della mielina: il rapporto è 1:5;
 membrana delle cellule rosse del sangue: il rapporto è 1:1;
 membrana del reticolo sarcoplasmatico: il rapporto è 2:1;
 membrana mitocondriale interna: il rapporto è 3:1.

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DOPPIO STRATO LIPIDICO
 I lipidi di membrana sono:
 insolubili in acqua;
 molecole anfipatiche: presentano un’estremità polare idrofilica e
un’estremità apolare idrofobica (la testa è a contatto con l’acqua, mentre
le code con l’olio).
 Spontaneamente in soluzione acquosa si aggregano per formare:
 doppi strati;
 micelle;
 liposomi.

PROPRIETA’ DEL DOPPIO STRATO


LIPIDICO
 Le proprietà del doppio strato lipidico sono:
 auto-sigillamento: riparo del danno e membrane nere (son dei modelli
sperimentali);
 fluidità: dipende dalla composizione lipidica, dalla temperatura, dal
moto di agitazione termica, dalla rotazione, dalla flessione, dal flip-flop
e dalla diffusione laterale.

COMPOSIZIONE DEL DOPPIO STRATO


LIPIDICO
 Il doppio strato lipidico è costituito da:
 fosfolipidi;
 glicolipidi;
 sfingolipidi;
 colesterolo;
 altri lipidi.

ZATTERA LIPIDICA (LIPID RAFT)


 È un microdominio di membrana altamente dinamico, ricco di sfingolipidi e
molecole di colesterolo, che costituisce una “piattaforma” con funzioni
specializzate.
 A seconda delle necessità funzionali della cellula, delle proteine specifiche
possono essere rapidamente reclutate, aggregate o allontanate.
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PROCESSO DI DIFFUSIONE
 L’equilibrio si raggiunge quando la concentrazione di elettroni è uniforme.

DIFFUSIONE SEMPLICE
 È il trasporto di una sostanza in base ai movimenti termici casuali delle sue
molecole o ioni (moto browniano).
 Avviene in tutte le direzioni.

GRADIENTI DI CONCENTRAZIONI E
DIFFUSIONE NETTA

 Gradiente di concentrazione: differenza di concentrazione tra i due ambienti.


 J è la quantità di sostanza che diffonde nell’unità di tempo [mol s-1].
J = J1 2 - J2 1 = 0

1a LEGGE DELLA DIFFUSIONE DI FICK


JDIFF = A D ΔC/ΔX [mol s-1]
A = area attraverso cui la sostanza diffonde.
D = coefficiente di diffusione.
C = concentrazione.
x = distanza di diffusione.

[m2 s-1]
R = costante dei gas
T = temperatura assoluta
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r = raggio della particella
η = viscosità del solvente

TRASPORTO DI MOLECOLE IN DOPPI


STRATI LIPIDICI: DIFFUSIONE
SEMPLICE
 È un processo passivo.
 La diffusione avviene lungo il gradiente di concentrazione della molecola.
 Continua finché il gradiente non si annulla.
 È un processo rapido per brevi distanze e molto lento per lunghe distanze (il
tempo di diffusione è inversamente proporzionale al quadrato della distanza da
percorrere).
 La diffusione dipende direttamente dalla temperatura, inversamente dal raggio
della sostanza che diffonde e dalla viscosità del mezzo.
 Nei doppi strati dipende dalla solubilità della molecola in olio.

DIFFUSIONE SEMPLICE ATTRAVERSO


IL DOPPIO STRATO LIPIDICO
J = k A D ΔC/ΔX
k = coefficiente di ripartizione olio-acqua
D = coefficiente di diffusione della sostanza nel doppio strato lipidico
ΔC = C1 –C2 = differenza di concentrazione fra i compartimenti acquosi ai lati della
membrana
Δx = spessore del doppio strato lipidico
A = area del doppio strato lipidico

COEFFICIENTE DI PERMEABILITA’
P = k D/ Δx [m s-1]

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DIFFUSIONE SEMPLICE ATTRAVERSO IL
DOPPIO STRATO LIPIDICO
J = P A (C1-C2)
PROTEINE DI MEMBRANA
 Svolgono delle funzioni specifiche e specializzano la membrana cellulare.
 Sono spesso associate ad oligosaccaridi (glicocalice).
 Si associano con la membrana in modi diversi:
 proteine integrali (o intrinseche);
 proteine periferiche (o estrinseche);
 proteine ancorate alle code lipidiche (sfingolipidi, lipid raft) con dei
legami covalenti.

TRASPORTO ATTRAVERSO PROTEINE


DI MEMBRANA
 Carrier (o trasportatori): cambiano conformazione, presentano un sito di
legame e permettono la transizione delle molecole.
 Canali ionici: permettono un passaggio diretto attraverso i pori, hanno una
conformazione aperta o chiusa ed un sito di selettività per gli ioni definiti.
 Esistono:
 trasporto passivo (diffusione facilitata): avviene secondo un gradiente
chimico ed elettrochimico;
 trasporto attivo: avviene secondo un gradiente chimico ed
elettrochimico. Trasporta attivamente i soluti contro gradiente.
È di due tipi:
 primario: l’attività di trasporto è direttamente accoppiata ad una fonte di
energia metabolica, quale l’idrolisi dell’ATP;
 secondario: l’attività di trasporto è indirettamente accoppiata ad una
fonte di energia metabolica.
Crea delle differenze di concentrazione tra l’interno e l’esterno della cellula.
 Esistono tre modalità di trasporto:
 uniporto: trasporto di un unico tipo di sostanza attraverso la membrana;
 simporto (o co-trasporto): due sostanze vengono trasferite nella stessa
direzione;
 antiporto: due sostanze vengono trasferite in direzione opposta.
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SPECIFICITA’
 I canali sono selettivi, ovvero legano certe sostanze e non altre.

COMPETIZIONE
 L’affinità del trasportatore per il glucosio è maggiore di quella per il fruttosio.
 Ci sono più ligandi che possono competere per il sito di trasporto.

SATURAZIONE
 Il flusso è direttamente proporzionale al gradiente di concentrazione.

TRASPORTI ATTIVI PRIMARI


ATPasi di trasporto
 Le ATPasi di trasporto, dette anche pompe ioniche o trasportatori protonici,
sfruttano l'idrolisi dell’ATP per trasportare ioni o protoni contro il gradiente di
concentrazione. Si suddividono in tre classi, a seconda del meccanismo
utilizzato e del substrato trasportato:
 ATPasi di tipo P;
 ATPasi di tipo F ed ATPasi di tipo V.

ATPasi di tipo P
 Sono deputate al trasporto degli ioni.
 Presentano un’unica catena polipeptidica con funzione idrolitica e di trasporto.
 Sono chiamate di “tipo P” perché il carbossile di un residuo aspartico lega il
gruppo fosforico.
Le ATPasi di tipo P sono presenti sia sulla membrana plasmatica che sulla
membrana del reticolo endoplasmatico (Na+/K+, H+/K+, Ca++).

ATPasi di tipo F e di tipo V


 Sono deputate al trasporto dei protoni.
 Sono formate da più subunità proteiche.
 Non trasferiscono su un proprio amminoacido un gruppo fosfato.
Le ATPasi di tipo F si trovano nei mitocondri, sfruttano un flusso protonico secondo
gradiente per produrre ATP attraverso l’ATP-sintetasi.
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Le ATPasi di tipo V sono presenti sulla membrana plasmatica di alcuni tipi cellulari
e su endosomi e lisosomi, dove il trasporto dei protoni instaura un pH acido.
Lo scambio ionico non è bilanciato: 3 cariche negative escono dalla cellula e 2
cariche positive entrano nella cellula. Genera una corrente di ingresso di cariche
negative, cioè un potenziale di membrana.

ATPasi sodio/potassio (Na+/K+-ATPasi)


 Nel ciclo vengono trasportati 3 ioni sodio all’esterno e 2 ioni potassio
all’interno.
 I siti di legame all’interno della cellula hanno bassa affinità per il potassio e
alta affinità per il sodio.
 Tramite la fosforilazione, la proteina volge i siti di legame all’esterno: i siti di
legame hanno alta affinità per il sodio e bassa affinità per il potassio. Gli ioni
potassio, perciò, tornano all’interno perché viene tolto un gruppo fosfato e
l’affinità ritorna quella originale.

Ca2+-ATPasi (SERCA)
 Lega gli ioni calcio liberi nel citosol e li trasporta all’interno del reticolo
endoplasmatico. Vengono poi concentrati per generare dei segnali.
SERCA sta per “Sarcoplasmic/Endoplasmic Reticulum Calcium ATPase”.

Ca2+-ATPasi (PMCA)
 Opera sulla membrana plasmatica e libera il calcio all’esterno.
PMCA sta per “Plasma Membrane Calcium ATPase”.

TRASPORTI ATTIVI SECONDARI


 Trasportano contro gradiente una molecola (ad esempio, il glucosio) o uno ione
(ad esempio, il Ca2+).
 Utilizzano l’energia potenziale del gradiente elettrochimico per un determinato
ione (ad esempio, il Na+).
Utilizzano, quindi, indirettamente l’energia derivante dalla scissione di ATP.
 Sono dei cotrasportatori:
 sodio-dipendenti: per amminoacidi, neurotrasmettitori e glucosio;
 scambiatori di sodio: Na+/Ca2+ o Na+/H+;
 scambiatori anionici: HCO3-/Cl- o NaCO3-/Cl-.

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CITOSI
 È un trasporto che prevede la formazione delle vescicole.
Comprende:
 ENDOCITOSI: dall’esterno all’interno della cellula. Comprende la
fagocitosi, la pinocitosi, l’endocitosi recettore-mediata, la potocitosi e
l’esocitosi;
 ESOCITOSI: può essere regolata o costitutiva.

Fagocitosi
 È una forma speciale di endocitosi, in cui delle grosse particelle come
microrganismi sono ingeriti mediante la formazione di vescicole endocitiche,
dette fagosomi.
 Le estensioni della membrana (gli pseudopodi) fondono racchiudendo la
molecola.

Endocitosi recettore-mediata
 Questo processo permette l’ingresso nella cellula di specifiche molecole (i
ligandi), che si legano a delle specifiche proteine di membrana (i recettori).
L’endocitosi è innescata dal contatto delle molecole da introdurre in una cellula
con dei recettori specifici.
Può essere:
 clatrina-mediata;
 caveolina-mediata;
 clatrina e caveolina dipendenti.
 Le molecole si legano ad un recettore specifico sulla membrana che migra e
comincia la formazione di un’invaginazione nella membrana. La membrana
assume una forma ad ω rovesciata, definita REGIONE A FOSSETTA
RIVESTITA. Le vescicole vengono poi recuperate e riciclate per altre
molecole: queste sono le VESCICOLE VELLUTATE ricoperte dall’adattina
che favorisce la fusione della membrana.

Potocitosi
 Utilizza delle speciali regioni di membrana, dette CAVEOLE (cavità), ricche
in sfingolipidi e colesterolo.
 Le zattere lipidiche sono dei micro-domini di membrana stabilizzati dal legame
con le CAVEOLINE, che sono delle proteine dimeriche di membrana che
legano il colesterolo.
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 Avviene, ad esempio, il trasporto dell’albumina dal plasma al liquido
interstiziale.

Esocitosi costitutiva e regolata


 Può essere:
 COSTITUTIVA: avviene sempre, le proteine sono sempre rinnovate
insieme ai lipidi. Si ha un rilascio continuo. È un meccanismo con cui si
verifica il turnover di membrana;
 REGOLATA: è mediata da dei segnali intracellulari che derivano da dei
legami tra le molecole e i recettori. Le vescicole sono legate alla
membrana.

EPITELI
 Le sostanze attraversano sempre gli epiteli.
 Le cellule sono unite da delle giunzioni, ma creano una polarizzazione delle
cellule verso il lume della proteina.
 La membrana APICALE è rivolta verso il lume, mentre la membrana BASO-
LATERALE internamente poggia su una lamina basale.

GIUNZIONI CELLULARI
 Le giunzioni fanno da barriera e non fanno passare le proteine apicali nella
zona basale. Sono:
 GIUNZIONI STRETTE O OCCLUDENTI (TIGHT JUNCTIONS):
bloccano la diffusione delle proteine fra la porzione apicale e quella
baso-laterale della membrana plasmatica, sigillano cellule confinanti
bloccando il passaggio di molecole idrosolubili. Tutte le giunzioni
serrate sono impermeabili alle macromolecole, ma la permeabilità alle
piccole molecole e agli ioni varia nei diversi tipi di epiteli (epitelio denso
o lasso);
 GIUNZIONI DI ANCORAGGIO:
 giunzioni aderenti: siti di legame per i filamenti di actina fra
cellula e cellula (fasce di adesione);
 desmosomi: siti di legame per i filamenti intermedi fra cellula e
cellula (o cellula e matrice);
 giunzioni cellula-matrice: contatti focali ed emi-desmosomi.

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Sono tutti e tre formate da delle molecole di adesione cellulare (CAM)
quali caderine, integrine e selectine;
 GIUNZIONI COMUNICANTI (GAP JUNCTIONS): sono dei grossi
canali trans-cellulari che mettono in comunicazione il citosol di due
cellule adiacenti. Sono date dall’interazione tra due proteine
(CONNESSONI). Ciascun connessone è costituito da 6 subunità
proteiche (CONNESSINE), ognuna delle quali è costituita da 4 alfa-
eliche.

TRASPORTO ATTRAVERSO UN
EPITELIO
 Il trasporto attraverso un epitelio può essere:
 trans-cellulare: trasporta dalla lamina basale al lume, attraversa le
giunzioni tra le cellule ed insieme la membrana baso-laterale e quella
apicale;
 para-cellulare: trasporta dalla lamina basale al lume ed attraversa in
serie la membrana apicale e poi quella baso-laterale;
 trans-citosi: prevede endocitosi da un polo cellulare, trasporto cellulare
lungo il citoplasma ed un processo di esocitosi dall’altro polo cellulare.

ASSORBIMENTO DEL GLUCOSIO


 L’assorbimento del glucosio a livello dell’intestino avviene grazie ai cosiddetti
glucotrasportatori, ovvero delle proteine di membrana che ne permettono il
passaggio attraverso la membrana plasmatica.
 Si forma un potenziale elettrico utile per il trasporto para-cellulare:
 negativo sul lato apicale;
 positivo sul lato baso-laterale.

OSMOSI
 È un processo di diffusione dell’acqua lungo il suo gradiente di
concentrazione: il flusso avviene in direzione opposta rispetto al gradiente di
concentrazione delle particelle in essa disciolte.
 Vale la legge di Fick.

FLUSSO DELL’ACQUA PER OSMOSI


JV = Kf Δπ
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Kf = conduttanza idraulica (la membrana deve essere permeabile all’acqua)

Δπ = R T ΔCosm Legge di Van’t Hoff


π = pressione osmotica
R = costante dei gas
T = temperatura assoluta
ΔCosm = differenza fra la concentrazione più bassa e più alta delle particelle disciolte

OSMOLARITA’
 Descrive la concentrazione di tutte le particelle disciolte in soluzione,
indipendentemente da quali sostanze o miscele di sostanze si tratti (ioni o
molecole).
 Unità di misura: osmol/L(OsM)
 E’ una proprietà colligativa delle soluzioni, cioè dipende soltanto dal numero
di particelle di soluto presenti nel solvente e non dalla loro natura chimica e
fisica.
 Molarità (mol/L) x numero di particelle per ogni molecola in soluzione =
osmolarità

COMPARTIMENTI LIQUIDI CORPOREI


 Il liquido intracellulare costituisce il 67% del totale dei liquidi corporei, ovvero
28,1 litri.
I liquidi corporei (intracellulari ed extracellulari) sono separati dalla
membrana cellulare e dall’endotelio capillare.
 Il liquido extracellulare costituisce il 33% del totale dei liquidi corporei. È
costituito da:
 plasma: è presente in 3,4 litri e costituisce la porzione liquida del
sangue;
 liquido interstiziale: è presente in 10,5 litri e costituisce la porzione
acquosa dei tessuti.
 Osmolarità dei liquidi corporei: 280-296 mOsM

ACQUAPORINE
 Sono dei canali proteici per il trasporto dell’acqua.

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 Sono espressi in numerosi tipi cellulari in organi diversi (occhio, barriera
emato-encefalica, milza, fegato, polmoni, colon, pancreas, cuore, globuli rossi
e nefrone).
 La famiglia delle acquaporine è la famiglia APQ.
 Famiglia GLP (acquagliceroporine): sono dei canali meno selettivi, che
trasportano l’acqua, il glicerolo e l’urea.
 Gli inibitori sono dei composti del mercurio.
Un’acquaporina è costituita da 6 passaggi alfa-elica transmembrana, dalle anse
extracellulari e dalle anse intracellulari.
Il poro per l’acqua è formato dal ripiegamento delle due anse idrofobiche nella
membrana costituite da residui amminoacidici specifici di asparagina, prolina ed
alanina che si incontrano a meta del doppio strato lipidico formando una struttura a
clessidra attraverso cui fluisce l’acqua. Le acquaporine formano dei tetrameri.

TONICITA’
 E’ un termine fisiologico che descrive cosa accade al volume cellulare se la
cellula è posta in soluzione.
 E’ un termine comparativo ed è adimensionale.
 I soluti diffusibili provocano solo delle variazioni transitorie del volume
cellulare. Il volume cellulare è determinato solamente dalla concentrazione di
soluti indiffusibili nel liquido extracellulare.
 Dipende dalla natura delle particelle e non solo dalla loro concentrazione.
 Per determinare la tonicità di una soluzione in relazione ad una cellula
dobbiamo considerare le concentrazioni relative dei soluti indiffusibili nella
cellula e nella soluzione.
Soluzione ipertonica: i soluti indiffusibili sono più concentrati nella soluzione
extracellulare.
Soluzione ipotonica: i soluti indiffusibili sono più concentrati nella cellula.

BIOELETTRICITA’
 È utilizzata da tutte le cellule per:
 immagazzinare energia metabolica;
 compiere lavoro;
 produrre variazioni dello stato interno;
 generare dei segnali;
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 comunicare.
 La capacità di utilizzare bioelettricità dipende dall’esistenza in tutte le cellule
di una differenza di potenziale elettrico a cavallo della membrana plasmatica.

POTENZIALE DI MEMBRANA A RIPOSO


VR
• E’ la differenza di potenziale elettrico (o voltaggio) che si instaura a cavallo
della membrana plasmatica di ogni cellula vivente.
• VR = Vi – Ve (mV)
• Assume dei valori negativi.

DOPPIO STRATO LIPIDICO E CAPACITA’


ELETTRICA DELLA MEMBRANA
 Il doppio strato lipidico è un isolante elettrico che:
 separa le soluzioni elettrolitiche conduttive;
 accumula ai suoi lati cariche (ioni) di segno opposto.
 Il doppio strato lipidico è così sottile che un accumulo di particelle cariche su
un lato comporta una forza elettrica che attira le particelle con una carica
opposta dell'altro lato.
 La capacità misura la quantità di carica che deve essere separata per originare
una data differenza di potenziale. Si misura in Farad (Coulomb/Volt).
 Il doppio strato lipidico ha una capacità specifica di circa 1µF/cm2.

POTENZIALE DI MEMBRANA A RIPOSO


VR
 La separazione di cariche si verifica solo a cavallo del doppio strato lipidico
quando pochi ioni attraversano la membrana lasciando gli ioni di carica
opposta nel lato opposto.
 Le soluzioni intracellulare ed extracellulare sono elettroneutre.
 Il potenziale di membrana a riposo è stabile nel tempo. Il potenziale di
membrana a riposo è uno stato stazionario che si instaura quando i flussi ionici
totali (o la corrente ionica totale), che attraversano la membrana cellulare, sono
nulli.

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DIFFUSIONE PASSIVA NETTA DI IONI
ATTRAVERSO UNA MEMBRANA
 Le forze in gioco sono:
 gradiente chimico, derivante dalle differenze di concentrazione ai due
lati della membrana;
 differenza di potenziale elettrico ai capi della membrana.
 La somma delle due forze origina il gradiente elettrochimico.

QUANTO VARIANO LE
CONCENTRAZIONI DI POTASSIO
ALL’EQUILIBRIO?
 Se il volume dei compartimenti è 1 cm3 e la capacità specifica della membrana
è 1 µF cm-2, allora avremo circa 6 x 1019 ioni potassio nel compartimento 1 e 6
x 1018 ioni potassio nel compartimento 2.
 Possiamo calcolare la quantità di carica Q = C V, dividerla per la costante di
Faraday ed infine moltiplicarla per il numero di Avogadro ottenendo circa 3,7
x 1011 ioni (è inferiore di 7 o 8 ordini di grandezza).
 1 ione ogni 100 milioni si è spostato dal compartimento 1 al compartimento 2
per realizzare la condizione di equilibrio.

POTENZIALE DI EQUILIBRIO DI UNO


IONE
 E’ definito come la differenza di potenziale elettrico transmembrana Ei, che
controbilancia la differenza di concentrazione (potenziale chimico) dello ione i
a cavallo di una membrana permeabile allo ione stesso.
 E’ un potenziale di equilibrio: il flusso netto dello ione è nullo.
 E’ stabile nel tempo.
 Dipende dalla temperatura.
 E’ proporzionale al logaritmo del rapporto delle concentrazioni dello ione ai
due lati della membrana.

EQUAZIONE DI NERNST
Ei = R T/zi F ln[i2]/[i1]
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dove
Ei = potenziale di equilibrio dello ione i [ V ]
R = costante dei gas
T = temperatura assoluta
zi = valenza dello ione
F = costante di Faraday
[i] = concentrazione dello ione

Ei = 61 log[iout]/[iin] [mV]
T = 310 K
zi = 1

CALCOLO DEL GRADIENTE


ELETTROCHIMICO
 Note le concentrazioni di uno ione ai lati di una membrana e il valore di Vm,
possiamo calcolare il gradiente elettrochimico per lo ione i: (Vm – Ei).
Intensità e direzione della forza che spinge lo ione ad attraversare la
membrana:
Vr = -65 mV EK = -95 mV Vr-EK= (-65-(-95))= +30 mV ↑
Vr = -65 mV ENa= +80 mV Vr-ENa = (-65-(+80))= -145 mV ↓
Al potenziale di membrana a riposo di -65 mV il gradiente elettrochimico
tenderà a far uscire gli ioni potassio dalla cellula e a far entrare gli ioni sodio
nella cellula. La forza che spinge gli ioni sodio è maggiore della forza che
spinge gli ioni potassio.

IL POTENZIALE DI MEMBRANA A
RIPOSO VR E’ UN POTENZIALE DI
EQUILIBRIO?
 Il potenziale di membrana a riposo non è un potenziale di equilibrio, ma uno
stato stazionario.
 E’ il potenziale al quale i flussi ionici totali (o la corrente totale) che
attraversano la membrana sono nulli.

18
GENESI DEL POTENZIALE DI
MEMBRANA A RIPOSO
 Si possono distinguere due processi di diversa natura:
 processi di diffusione: secondo gradiente elettrochimico di ioni,
(principalmente K+ e Na+), attraverso i canali ionici ed altri trasportatori;
 processo attivo: consiste nel trasporto contro gradiente elettrochimico di
K+ e di Na+. È volto a creare e mantenere i gradienti chimici.
 VR, in quanto il potenziale di diffusione, tenderebbe a decadere nel tempo man
mano che si dissipano i gradienti ma questo fatto non si verifica grazie
all’attività della pompa Na+/ K+-ATP-asi.
 La pompa è elettrogenica, ovvero contribuisce anche direttamente alla genesi
di VR (3-4 mV).

EQUAZIONE DI GOLDMAN-HODGKIN-
KATZ
Itot = 0
Per i principali cationi monovalenti:

Itot = INa + IK = 0

Pi = coefficiente di permeabilità della specie ionica i [cm/s]


Coefficienti di permeabilità Pi: la differenza di concentrazione per ogni specie
ionica ai due lati della membrana influenza il valore di VR in base al valore di Pi.
VM assume un valore intermedio fra quello dei potenziali di equilibrio delle diverse
specie ioniche avvicinandosi al potenziale di equilibrio dello ione con P maggiore.
In altri termini il potenziale di membrana a riposo è negativo e pari a circa –70 mV
perché la cellula a riposo è molto più permeabile al potassio che al sodio (ossia i
canali del potassio aperti a riposo sono molto più numerosi dei canali aperti del
sodio).

19
Se P è diverso da zero per una sola specie ionica, VR = Ei ossia l’equazione di GHK si
riduce all’equazione di Nernst.
V varia al variare di P ossia, quando si aprono o si chiudono i canali ionici, P cambia
e di conseguenza varia anche il potenziale di membrana: le variazioni del potenziale
di membrana sono dei segnali elettrici.

SEGNALI ELETTRICI NEI NEURONI


 NEURONE: è l’unità funzionale del sistema nervoso. È una cellula altamente
specializzata nel ricevere, elaborare e trasmettere le informazioni agli altri
neuroni attraverso dei segnali elettrici e chimici.
In ogni neurone si distinguono un corpo cellulare e due tipi diversi di
prolungamenti (i dendriti e gli assoni):
 soma: è il corpo cellulare contenente il nucleo e gli organuli cellulari.
Riceve i segnali elettrici dai dendriti, li integra e produce una risposta
(potenziale d'azione) che invia all'assone;
 dendriti: i dendriti hanno il compito di ricevere le informazioni da altri
neuroni e di condurle al corpo cellulare sotto forma di segnali elettrici (i
recettori sono organi che rilevano dei cambiamenti dell’ambiente);
 assone: chiamato anche neurite, è in genere uno solo e trasporta
l'impulso nervoso verso la sua estremità. Ha inizio con un segmento,
chiamato cono d’integrazione.
 Il neurone presenta inoltre un terminale assonico, un monticolo assonico, dei
gangli e delle vie afferenti ed efferenti:
 terminale assonico: è la parte terminale dell’assone. È anche chiamato
bottone sinaptico (o terminale assonale);
 monticolo assonico: è la regione conica del soma, che termina con
l’assone;
 gangli: sono delle strutture nervose appartenenti al sistema nervoso
periferico, con l'aspetto di piccoli rigonfiamenti rotondi;
 vie afferenti: portano l'impulso dal sistema nervoso centrale alla
muscolatura striata e liscia;
 vie efferenti: portano l’impulso dalla muscolatura striata e liscia al
sistema nervoso centrale.

CLASSI STRUTTURALI DI NEURONI


 In base al numero e alla modalità di ramificazione dei prolungamenti, si
dividono in:
20
 cellule unipolari: presentano un tipo di prolungamento. Sono, ad
esempio, il neurone di un invertebrato;
 cellule bipolari: presentano un assone ed un solo dendrite. Sono, ad
esempio, la cellula bipolare della retina;
 cellule multipolari: presentano un assone e molteplici dendriti, i quali di
solito presentano aspetto arborescente. Sono, ad esempio, il
motoneurone spinale, la cellula piramidale dell’ippocampo e la cellula
di Purkinje del cervelletto;
 cellule pseudo-unipolari: sembrano presentare un solo tipo di
prolungamento. Sono, ad esempio, la cellule di un ganglio delle radici
dorsali.

ORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA


NERVOSO
 Il sistema nervoso consta di due parti principali: il sistema nervoso centrale e
il sistema nervoso periferico.
 Quello periferico è funzionalmente diviso nelle componenti afferente ed
efferente.

SEGNALI ELETTRICI NEI NEURONI


 Si generano in regioni specifiche del neurone.
 Hanno delle funzioni diverse.
 Dipendono dall’espressione e dall’attività di specifici canali ionici con
proprietà differenti.
 Il neurone è una cellula polarizzata morfologicamente e funzionalmente.

SEGNALI ELETTRICI GENERATI NEI


NEURONI: POTENZIALI GRADUATI
 Sono depolarizzazioni o iperpolarizzazioni del potenziale di membrana a
riposo.
 Si verificano tipicamente nei dendriti e nel soma di un neurone.
 Nel sistema nervoso centrale (SNC) e nei neuroni efferenti si generano quando
i segnali chimici rilasciati da altri neuroni aprono i canali ionici regolati
chimicamente.
 Nei neuroni sensoriali afferenti si generano a livello delle terminazioni in
risposta a dei specifici stimoli.
21
 La loro ampiezza è proporzionale all’intensità dello stimolo che li genera.
 Sono dei segnali locali, che percorrono delle brevi distanze dal punto di
origine.
 Si propagano con decremento in tutte le direzioni.
 Si possono sommare.

PROPAGAZIONE ELETTROTONICA
 Il potenziale graduato (detto anche elettrotonico o potenziale lento) si propaga
lungo tutte le direzioni, ma la sua ampiezza diminuisce esponenzialmente in
funzione della distanza che percorre.
 Si ha:
a. dispersione della corrente attraverso la membrana plasmatica, dovuta
alla presenza di canali ionici aperti che lasciano uscire delle cariche nel
mezzo extracellulare;
b. resistenza del citoplasma al flusso di corrente.

Vx = V0 e-x/ λ
V0 = variazione del potenziale nel punto x = 0
Vx = variazione del potenziale alla distanza x
λ = costanze di spazio

Rm = resistenza di un’unità di lunghezza della membrana assonale


Rl = somma delle resistenze longitudinali interna ed esterna
λ ∝√𝒂 a = raggio dell’assone

SEGNALI ELETTRICI GENERATI NEI


NEURONI: POTENZIALI GRADUATI
 Sono integrati nella zona trigger del neurone dove possono generare un
potenziale d’azione.

22
 Sono dei potenziali graduati:
 i potenziali post-sinaptici eccitatori (EPSP) e i potenziali post-sinaptici
inibitori (IPSP);
 i potenziali di recettore, che si originano nei neuroni sensoriali.

SEGNALI ELETTRICI GENERATI NEI


NEURONI: POTENZIALI D’AZIONE
 Sono dei segnali elettrici rapidi e transitori che si propagano velocemente
senza perdere l’intensità.
 Sono delle depolarizzazioni di breve durata di circa 100 mV di ampiezza.
 Si verificano nella zona trigger del neurone in risposta ad un valore critico di
depolarizzazione del potenziale di membrana, detto valore soglia.
 Sono dei fenomeni “tutto o nulla”.
 Sono generati dall’attivazione di canali ionici voltaggio-dipendenti.

CANALI IONICI
 Sono delle proteine integrali trans-membrana che presentano al loro interno un
foro che permette il passaggio degli ioni, a cui il canale è selettivo.
 Possono essere classificati in base a:
 selettività: Na+, K+, Ca++, Cl- ed H2O;
 meccanismi di attivazione: canali voltaggio-dipendenti (canali ionici di
membrana che presentano dei sensori del voltaggio, ovvero proteine interne
al canale dotate di carica positiva) e recettori-canale (recettori rapidi che si
concentrano maggiormente a livello delle cellule nervose);
 cinetiche di attivazione: inattivazione (passaggio da stato chiuso a stato
aperto) e de-attivazione (passaggio da stato aperto a stato chiuso);
 tipo di blocco: da ioni, da farmaci o da tossine.
 Un canale ionico si può trovare in tre stati:
 aperto: gli ioni lo attraversano;
 chiuso: gli ioni non lo attraversano;
 inattivo: il canale è aperto, ma gli ioni non lo attraversano. È anche
chiamato refrattario.

GENESI DEL POTENZIALE D’AZIONE


 È dovuta allo scambio di ioni attraverso due tipi di canali ionici molto
particolari:
 canali voltaggio-dipendenti per il sodio: sono i primi ad aprirsi;
23
 canali voltaggio-dipendenti per il potassio.

POTENZIALE D’AZIONE
 Il potenziale d’azione presenta diverse fasi:
1. potenziale di membrana a riposo: sono aperti i canali non-voltaggio
dipendenti del potassio e pochi canali del sodio;
2. inizio della fase di depolarizzazione: i canali ionici attivati dal voltaggio
del Na+ e del K+ si aprono;
3. soglia;
4. fase di depolarizzazione rapida: avviene il ciclo di Hodgkin a retroazione
positiva. Tutti i canali del Na+ si aprono;
5. picco del potenziale: si ha l’inattivazione dei canali ionici attivati dal
voltaggio del Na+;
6. fase di ripolarizzazione: si ha la massima attivazione dei canali ionici
attivati dal voltaggio del K+;
7. fase di iperpolarizzazione postuma: i canali ionici attivati dal voltaggio
del K+ sono ancora aperti;
8. i canali ionici attivati dal voltaggio del K+ si chiudono;
9. si ristabilisce VR.

CICLO DI HODGKIN
 Il fatto che il potenziale d'azione non subisca le proprietà di cavo è dovuto al
fatto che esso è mantenuto dal ciclo di Hodgkin, che è costituito da tre passaggi
principali:
a. se la depolarizzazione supera la soglia, oltre a formare il potenziale
d'azione, apre anche i canali a controllo di potenziale;
b. si verifica una migrazione di ioni attraverso i canali, ovvero l'entrata del
Na+ supera la lenta fuoriuscita del K+;
c. l’aumento della concentrazione di ioni Na+ provoca un’ulteriore
depolarizzazione, che riporta al punto a. il ciclo.
 Il ciclo si interrompe quando sono entrati ioni Na+ a sufficienza: essi, infatti,
hanno colmato il gradiente elettrico e di concentrazione e non hanno più
motivo di entrare (il picco è a +20 mV).
 Quando il Na+ si è fermato, il K+ continua ad uscire per "inerzia": ciò fa sì che
la membrana vada incontro ad un processo di iperpolarizzazione a -80 mV.
Quando anche il K+ smette di uscire, le pompe sodio-potassio ricominciano a
funzionare e ristabiliscono i valori di concentrazione iniziale dei due ioni a -70
mV. È quindi questa differenza tra i comportamenti degli ioni Na+ e K+ che
rende possibile il mantenimento del potenziale d'azione. Se gli ioni Na+
24
entrassero e gli ioni K+ uscissero contemporaneamente, non potremmo avere
né la depolarizzazione nè l'iperpolarizzazione, cioè non potremmo avere un
potenziale d'azione.

MECCANISMO A RETROAZIONE
POSITIVA
 Si verifica quando uno stimolo produce su un “sistema” una risposta che
rafforza lo stimolo stesso.
 Questo meccanismo permette ad una variabile di cambiare molto rapidamente
in risposta ad uno stimolo e non si arresta fino a quando:
 lo stimolo non viene rimosso;
 il sistema perde la capacità di rispondere allo stimolo.

PERIODO REFRATTARIO ASSOLUTO E


RELATIVO
 Periodo refrattario ASSOLUTO: tutti i canali per il sodio sono allo stato
inattivato e non possono essere aperti. Quindi, non si può generare mai un
potenziale d'azione.
 Periodo refrattario RELATIVO: un certo numero di canali è già passato
dallo stato inattivato a quello chiuso e può, quindi, essere aperto e far passare
degli ioni sodio. Perciò, con uno stimolo notevolmente forte si può generare un
nuovo potenziale d'azione.

PROPAGAZIONE DEL POTENZIALE


D’AZIONE
 Una volta che il primo potenziale d’azione si è generato nel monticolo
assonico, la corrente che diffonde nelle regioni adiacenti è sempre di
sufficiente intensità da depolarizzare la membrana fino al valore soglia,
generando un altro potenziale d’azione.
 Grazie al fenomeno della refrattarietà, il potenziale d’azione si propaga solo in
direzione anterograda, potendo rigenerarsi solo in zone non ancora attraversate
da esso. In tal modo viene garantita la propagazione unidirezionale del segnale
elettrico.

25
PROPAGAZIONE DEL POTENZIALE
D’AZIONE IN UN ASSONE NON
MIELINIZZATO
 Negli assoni non mielinizzati la propagazione del potenziale d’azione si
verifica grazie all’alternanza elettrotonica.
 Esistono due tipi di direzione di propagazione:
 direzione di propagazione ANTIDROMICA del segnale: l’impulso va
dalla terminazione assonale al soma cellulare;
 direzione di propagazione ORTODROMICA del segnale: l’impulso
va dal soma cellulare alla terminazione assonale.

GUAINA MIELINICA
 È un organello prodotto dalle cellule gliali a livello del sistema nervoso
centrale e del sistema nervoso periferico. È chiamata anche mielina.
 Nel sistema nervoso centrale le cellule che rivestono l’assone sono gli
oligodendrociti, che possono mielinizzare fino a 60 assoni diversi.
 Nel sistema nervoso periferico le cellule che rivestono l’assone sono le
cellule di Schwann, che mielinizzano un solo assone.
 I nodi di Ranvier sono delle interruzioni regolari che permettono una
trasmissione dell'impulso nervoso più veloce: infatti l’impulso viaggia da un
nodo di Ranvier all'altro. A livello di ogni nodo sono presenti dei canali ionici:
l'ingresso e l'uscita degli ioni determina una variazione di potenziale, che
permette la trasmissione del potenziale d'azione che si è generato.

PROPAGAZIONE DEL POTENZIALE


D’AZIONE IN UN ASSONE
MIELINIZZATO: PROPAGAZIONE
SALTATORIA
 La conduzione dell'impulso nervoso nelle fibre mieliniche è detta saltatoria
perché il potenziale d'azione salta da un nodo di Ranvier all'altro.
 I nodi Ranvier corrispondono alla zona dove termina una cellula di Schwann e
ne inizia un’altra.
 Il tratto tra un nodo di Ranvier e l’altro si chiama internodo o tratto
internodale.
26
STRUTTURA E FUNZIONE DEI CANALI
IONICI VOLTAGGIO DIPENDENTI
 Canale del sodio: è costituito da una subunità α e da 2 subunità β.
 Canale del calcio: è costituito da 2 subunità α e dalle subunità δ, β e γ.
 Canale del potassio: è costituito da 4 subunità α e da 4 subunità β.

STRUTTURA DEI CANALI IONICI


VOLTAGGIO DIPENDENTI
 Sono dei filtri di selettività situati lungo la parete interna del canale: sono
caratterizzati dalla presenza di un sito specifico, che lega blandamente gli ioni
sodio.
 Secondo questo modello uno ione sodio, quando attraversa il poro, si lega
reversibilmente ad un sito attivo. La carica positiva dello ione viene
stabilizzata nel sito di legame dal residuo idrofilo di un amminoacido caricato
negativamente, che costituisce una delle pareti del canale, e da una molecola di
acqua che viene attratta dal residuo di un secondo aminoacido posto sulla
parete opposta del poro.
 Secondo il modello gli ioni potassio che hanno delle dimensioni maggiori non
sono in grado di attraversare la zona del filtro, in quanto le interazioni
elettrostatiche con le cariche negative del filtro stesso non li stabilizzano in
maniera efficace.
 L’apertura dei canali voltaggio-dipendenti comporta una ridistribuzione di
cariche all’interno del segmento S4.
 Modello della regione S4 per il canale del sodio: gli R rappresentano i residui
di arginina carichi positivamente. A riposo, ogni carica positiva netta della
struttura ad α-elica è stabilizzata da una carica negativa presente nelle regioni
vicine della molecola. Quando la cellula viene depolarizzata, la variazione del
campo elettrico determina uno spostamento delle cariche positive verso
l’estremità esterna della membrana con un andamento elicoidale a passo di
vite. Il movimento si arresta quando le cariche in S4 incontrano altre cariche
negative fisse di strutture elicoidali adiacenti. Il riallineamento delle cariche
stabilizza la nuova conformazione.

27
CANALE DEL SODIO VOLTAGGIO-
DIPENDENTE: SUBUNITÀ ALFA
 ATTIVATORI: veratridina e batracotossina.
 BLOCCANTI: tetrodotossina, saxitossina e conotossina.

CANALE DEL CALCIO VOLTAGGIO-


DIPENDENTE: SUBUNITÀ ALFA
 BLOCCANTI: antagonisti della diidropiridina.

CANALE DEL CALCIO VOLTAGGIO-


DIPENDENTE CARDIACO DI TIPO L:
SUBUNITÀ ALFA
 I canali del calcio di tipo L (o long lasting, ovvero duraturi in riferimento alla
lunghezza della attivazione) sono dei canali ionici del calcio voltaggio-
dipendenti.
 Si aprono ad un potenziale di membrana di circa -20 mV e possono rimanere
aperti per tempi più lunghi.
 I canali del calcio di tipo L sono formati da 5 subunità: α-1, α-2, β, γ e δ.

CANALE DEL POTASSIO VOLTAGGIO-


DIPENDENTE: SUBUNITÀ ALFA
 Sono presenti almeno 40 membri divisi in 12 sottofamiglie.
 INIBITORI: dendrotossina, margatossina e noxiustossina.

COMUNICAZIONE INTERCELLULARE
NEL SISTEMA NERVOSO
 Si verifica attraverso le sinapsi, che sono delle zone di contatto tra un neurone
ed una cellula bersaglio (un neurone o una cellula non neuronale).
 Le sinapsi, in base al tipo di segnale che viene trasmesso, vengono definite
elettriche o chimiche.

28
SINAPSI ELETTRICHE
Conducono i segnali elettrici direttamente dal citoplasma di una cellula a quello di
un’altra attraverso delle giunzioni comunicanti.
PROPRIETA’
 Fattori che operano la trasmissione: le correnti ioniche.
 Ritardo con cui avviene la trasmissione: praticamente assente.
 Direzione della trasmissione: generalmente bidirezionale.
 Componenti ultrastrutturali: le giunzioni comunicanti.
 Sono adatte a sincronizzare l’attività elettrica di un gruppo di cellule.
 Si trovano nel SNC, nelle cellule muscolari lisce e cardiache e nei recettori
sensoriali.

SINAPSI CHIMICHE
Usano le sostanze chimiche per trasmettere le informazioni tra le cellule.
PROPRIETA’
 Fattore che opera la trasmissione: neurotrasmettitore.
 Ritardo con cui avviene la trasmissione: apprezzabile (0.3 ms -2.0 ms o di
più).
 Direzione della trasmissione: unidirezionale.
 Sono composte da tre parti: terminale assonale della cellula presinaptica,
vallo sinaptico e membrana della cellula postsinaptica.
 Componenti ultrastrutturali: vescicole sinaptiche, recettori postsinaptici e
canali ionici.
 La trasmissione può essere diretta o indiretta.

CICLO DELLE VESCICOLE SINAPTICHE


 I precursori delle vescicole sono inizialmente prodotti nel soma del neurone.
 Il riciclaggio è funzionale alla particolare anatomia del neurone.

29
RILASCIO DEL
NEUROTRASMETTITORE: MODELLI DI
SECREZIONE
 Esocitosi classica: la membrana della vescicola si fonde con la membrana del
terminale sinaptico.
 Poro di fusione (kiss and run): le vescicole si fondono solo in corrispondenza
di un complesso (il poro di fusione). Si apre un piccolo canale che permette il
passaggio del neurotrasmettitore.

PROTEINE DI ANCORAGGIO E DI
FUSIONE DELLE VESCICOLE
SINAPTICHE
 Solo un numero limitato di vescicole è localizzato a livello delle zone attive.
La maggioranza è legata in prossimità a dei filamenti del citoscheletro grazie a
un gruppo di proteine (le sinapsine).
 Altre proteine indirizzano le vescicole verso i siti di ancoraggio delle zone
attive della membrana presinaptica.
 Le vescicole sono ancorate grazie alla formazione di un complesso proteico,
che si genera dall’interazione di un gruppo di proteina chiamate SNARE
(SNAP RECEPTOR):
 proteine donatrici: sono intrinseche alla membrana della vescicola e
sono, ad esempio, la sinaptobrevina;
 recettrici: sono intrinseche alla membrana plasmatica e sono, ad
esempio, la sintaxina e la snap 25.
 Un gruppo di proteine citoplasmatiche regola l’assemblaggio delle SNARE.
 Una proteina delle vescicole, la SINAPTOTAGMINA I, lega gli ioni calcio
ed è implicata nel meccanismo di avvio dell’esocitosi.
 È il probabile bersaglio, insieme alle NEUREXINE, dell’α-latrotossina
(componente proteica neurotossica del veleno del ragno vedova nera), che
causa una massiccia liberazione di vescicole anche in assenza di calcio nel
mezzo extracellulare.
 La tossina tetanica e la tossina botulinica sono delle neurotossine di origine
batterica. Appartengono al genere Clostridium e sono anaerobiche.
 Bloccano l’esocitosi legandosi a delle specifiche proteine del complesso di
ancoraggio.
30
 Sono delle proteasi specifiche delle proteine SNARE.

NEUROTRASMETTITORI
 I neurotrasmettitori rilasciati nel vallo sinaptico raggiungono per diffusione la
membrana postsinaptica, dove si legano a dei specifici recettori.
 Ogni vescicola contiene, in media, la stessa quantità di neurotrasmettitore:
si parla di rilascio quantale (la quantità di neurotrasmettitore è contenuta in una
singola vescicola sinaptica, chiamata quanto, e corrisponde ad un numero
normalmente costante di molecole).
 L’azione del neurotrasmettitore termina per:
 ricaptazione nel terminale sinaptico;
 allontanamento dalla sinapsi;
 degradazione enzimatica nel vallo sinaptico (ad esempio, l’acetilcolina).

SINAPSI TRIPARTITA
 È una sinapsi in cui è coinvolta una cellula gliale. È chiamata così perché è
costituita da 3 componenti:
 terminale assonico;
 cellula gliale;
 membrana del neurone post-sinaptico.

NEUROTRASMETTITORI
 Si dividono in:
 neurotrasmettitori a piccola molecola;
 neurotrasmettitori di natura peptidica.

Neurotrasmettitori a piccola molecola


 Acetilcolina.
 Amminoacidi: glutammato, aspartato, GABA e glicina.
 Purine: ATP.
 Ammine biogene: catecolammine (dopamina, adrenalina e noradrenalina),
indoleammina (serotonina) e imidazoleammina (istamina).

Neurotrasmettitori di natura peptidica


 Encefalina.

31
NEUROTRASMETTITORI NON
CONVENZIONALI
 Di natura gassosa: sono, ad esempio, il monossido di azoto ed il monossido di
carbonio.
 Acidi grassi liberi: sono, ad esempio, l’acido arachidonico.
 Di natura lipidica: sono, ad esempio, gli endocannabinoidi.

LIBERAZIONE DI
NEUROTRASMETTITORI E CO-
TRASMETTITORI
 Quando in una terminazione nervosa è presente più di un neurotrasmettitore,
questi vengono definiti CO-TRASMETTITORI.
 Solitamente, i co-trasmettitori sono immagazzinati in vescicole sinaptiche
diverse. Sono delle sostanze chimiche liberate per esocitosi e sono anche
chiamati MODULATORI.

EVENTI POSTSINAPTICI
 Il legame del neurotrasmettitore con il recettore avvia una serie di risposte
nella cellula post-sinaptica che culminano con la genesi di un potenziale post-
sinaptico, ossia in una variazione del potenziale della membrana post-sinaptica.
 I potenziali post-sinaptici sono dei segnali graduati (l’ampiezza è proporzionale
allo stimolo), che si propagano elettrotonicamente lungo la membrana.
 Possono essere eccitatori (EPSP: facilitano la genesi di un potenziale d’azione
e sono depolarizzanti) o inibitori (IPSP: sfavoriscono la genesi di un potenziale
d’azione e sono iper-polarizzanti).
 I potenziali post-sinaptici possono essere classificati in risposte rapide o lente.
 In entrambi i casi il neurotrasmettitore regola, direttamente o indirettamente,
l’attività dei canali ionici.
 Nel caso della trasmissione chimica diretta, il neurotrasmettitore si lega ai
recettori-canale (IONOTROPI) aprendoli; si generano delle risposte di tipo
rapido (EPSP o IPSP). Mentre nel caso della trasmissione chimica indiretta, il
neurotrasmettitore si lega a dei recettori (METABOTROPI) accoppiati a delle
proteine G e a dei sistemi di secondi messaggeri che regolano i canali ionici
aprendoli o chiudendoli; in questo caso, si generano delle risposte di tipo lento
(EPSP o IPSP).
32
RISPOSTE RAPIDE E LENTE
 Molti neurotrasmettitori generano delle risposte rapide e di breve durata
aprendo dei canali ionici. Il potenziale sinaptico è veloce (dura pochi
millisecondi).
 Alcuni neurotrasmettitori innescano delle risposte lente e durature, attivando
dei sistemi di secondi messaggeri.
 Queste risposte comprendono sia l’apertura che la chiusura dei canali ionici,
ma non si limitano a questo: infatti, possono modificare delle proteine esistenti
o determinare la sintesi di nuove proteine.

MODULAZIONE DEI CANALI IONICI


 La maggior parte dei meccanismi post-sinaptici coinvolge i recettori per il
neurotrasmettitore, essi stessi canali ionici. Esistono, tuttavia, molte sinapsi
con i recettori accoppiati alla proteina G che non sono direttamente associati ai
canali ionici.
 L’attivazione sinaptica di questi recettori non evoca direttamente i potenziali
post-sinaptici eccitatori ed inibitori, ma modula invece l’efficacia dei potenziali
post-sinaptici eccitatori generati da delle altre sinapsi che sono dotate di canali
trasmettitore dipendenti. Questo tipo di trasmissione sinaptica è chiamato
modulazione.

EVENTI POSTSINAPTICI: RECETTORI


IONOTROPI
 GABAAR: recettore del GABA tipo A.
 GlyR: recettore della glicina.
 NMDAR: recettore NMDA.
 AMPAR: recettore AMPA.
 KAR: recettore KAR (per il kainato).
 5-HT3R: recettore di 5-HT3 (serotonina).
 nAchR: recettore colinergico nicotinico.
 P2XR: recettore purinergico dell’ATP (P2X).

RECETTORI IONOTROPI
 Recettori P2X: recettori-canale cationici.
 Recettori Cys loop: recettori pentamerici.
 Recettori glutammato-dipendenti: AMPA, NMDA e kainato.
33
TRASMISSIONE CHIMICA DIRETTA:
GIUNZIONE NEUROMUSCOLARE O
PLACCA MOTRICE
 La giunzione neuromuscolare è la sinapsi periferica che si viene a formare tra
la terminazione di un motoneurone α ed una determinata fibra muscolare,
dando origine ad un’unità motrice.

GIUNZIONE NEUROMUSCOLARE:
COLINA ACETILTRANSFERASI
1) L’acetilcolina (Ach) è formata a partire da colina e acetil CoA.
2) Nella fessura sinaptica l’Ach viene rapidamente degradata dall’enzima acetil-
colinesterasi.
3) La colina viene ritrasportata nel terminale assonico e viene utilizzata per
sintetizzare altra Ach.

PROTEINE G TRIMERICHE
 Le proteine G trimeriche sono costituite dalle subunità polipeptidiche α, β e γ.
 Le proteine G trimeriche si trovano sulla superficie interna della membrana
cellulare accoppiate ad un recettore di membrana (o di superficie).
 Esse vanno continuamente incontro ad un ciclo di attivazione e de-attivazione
grazie all’attività GTPasica (cioè idrolizzano GTP a GDP).

TRASMISSIONE CHIMICA INDIRETTA


1) La molecola segnale si lega al recettore accoppiato alla proteina G, attivando la
proteina G.
2) La proteina G attiva l’adenilato ciclasi, un enzima amplificatore.
3) L’adenilato ciclasi converte l’ATP in AMP ciclico.
4) Il cAMP attiva la protein-chinasi A.
5) La protein-chinasi A fosforila altre proteine, determinando infine una risposta
cellulare.

VIE DI TRASDUZIONE DEL SEGNALE


 La capacità delle cellule di ricevere e rispondere ai segnali che provengono
dall’esterno della membrana plasmatica è un processo fondamentale per la vita.
34
 Negli organismi multicellulari le cellule con funzioni diverse si scambiano
molte informazioni e segnali (ad esempio, la concentrazione degli ioni o del
glucosio).
 Il segnale (informazione) è rilevato da dei recettori specifici e convertito in una
risposta cellulare, che implica sempre un processo chimico.
 La conversione dell’informazione in una modificazione chimica si chiama
trasduzione del segnale.
 Le vie di trasduzione del segnale sono molto specifiche e molto sensibili. La
specificità deriva dalla complementarietà tra segnale e recettore.
 La straordinaria sensibilità delle vie di trasduzione del segnale dipende da
un’alta affinità dei recettori per le molecole segnale, da una cooperatività
nell’interazione ligando-recettore e da un’amplificazione del segnale.

I MESSAGGERI INTRACELLULARI:
NUCLEOTIDI CICLICI
 cAMP: è l’adenosina monofosfato ciclico. È un nucleotide ciclico che deriva
dall’ATP. Viene utilizzato per la trasduzione del segnale intracellulare in molti
organismi diversi.
 cGMP: è la guanosina monofosfato ciclico. È una molecola che deriva dal
GTP.

I MESSAGGERI INTRACELLULARI
 Inositolo trifosfato (IP3): è una molecola molto piccola e solubile in acqua.
Consiste di un’unità di inositolo con tre gruppi fosforici.
 Ione calcio: è un sale minerale molto importante per il corpo umano.

OMEOSTASI DEL CALCIO


INTRACELLULARE
 Le Ca2+-ATPasi, in base alla loro localizzazione, si dividono in due classi:
 PMCA: si trova a livello della membrana plasmatica. Mantiene bassa la
concentrazione di calcio nella cellula;
 SERCA: si trova a livello del reticolo endoplasmatico. Sequestra gli ioni
calcio all’interno dell’organello.

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CALCIO, CALMODULINA E PROTEIN-
CHINASI C
1) Diacil-glicerolo-inositol trifosfato: può essere un lipide di membrana.
2) Protein chinasi calcio-calmodulina dipendente: trasferisce dei gruppi fosfato
su altre proteine in corrispondenza di serina e treonina.
3) Protein chinasi C: è una serina/treonin-chinasi. Prende parte ai meccanismi di
segnalazione e comunicazione cellulare.

I MESSAGGERI INTRACELLULARI
 Acido arachidonico: è un acido grasso poli-insaturo.

MODULAZIONE DEI CANALI IONICI


 I recettori accoppiati alle proteine G sono delle strutture recettoriali
transmembrana costituiti da sette domini transmembrana, la cui risposta è
modulata da una proteina G.
 Le proteine G sono degli interruttori molecolari, che usano il GDP per
controllare il loro ciclo di segnalazione.

MESSAGGERI RETROGRADI
 Gli endocannabinoidi si comportano da MESSAGGERI RETROGRADI.
Agiscono a livello pre-sinaptico rinforzando la trasmissione sinaptica.

TRASMISSIONE SINAPTICA NEL


SISTEMA NERVOSO
 È più complessa della trasmissione neuromuscolare, in quanto:
 un neurone centrale riceve (e invia) simultaneamente dei segnali da (a)
numerosi altri neuroni;
 le sinapsi sono sia eccitatorie che inibitorie;
 uno stesso neurotrasmettitore può legarsi a differenti recettori;
 uno stesso neurotrasmettitore può modulare l’attività di differenti tipi di
canali ionici;
 un neurone centrale integra i segnali in entrata e genera una risposta.
 Le sinapsi si formano tipicamente nei dendriti e nel soma. Possono formarsi
sull’assone o sul terminale assonale.

36
 Le sinapsi che si formano in un singolo neurone sono 10.000, mentre le sinapsi
nell’arborizzazione dendritica in un neurone del cervelletto sono 150.000.

TIPI DI SINAPSI
 Da un punto di vista anatomico, si distinguono 4 tipi di sinapsi:
 sinapsi asso-dendritiche: l’assone di un neurone pre-sinaptico viene a
contatto con i dendriti di un neurone post-sinaptico;
 sinapsi asso-assoniche: l’assone di un neurone pre-sinaptico viene a
contatto con l’assone di un neurone post-sinaptico;
 sinapsi asso-somatiche: l’assone del neurone pre-sinaptico viene a
contatto con il corpo cellulare di un neurone post-sinaptico.

SOMMAZIONE
 È la capacità di più impulsi subliminali di attivare una sinapsi su cui
confluiscono.

PROPRIETA’ DI SOMMAZIONE
 Sommazione spaziale: è la somma dei potenziali graduati che si generano in
risposta all’arrivo di stimoli pressoché simultanei in diverse zone del neurone.
 Sommazione temporale: è la somma dei potenziali graduati che si generano in
rapida successione in una stessa zona del neurone.

TRASMISSIONE SINAPTICA NEL


SISTEMA NERVOSO
 L’efficacia dei potenziali sinaptici prodotti da due diversi neuroni in punti
diversi del neurone post-sinaptico dipende dalla distanza che il potenziale
sinaptico deve percorrere prima di arrivare nella zona di innesco del potenziale
d’azione.
 Per questa ragione, le sinapsi inibitorie sono spesso asso-somatiche.

MODULAZIONE
 Nelle reti nervose l’attività elettrica di un neurone è modulata dall’attività dei
neuroni, che formano delle sinapsi con esso in regioni diverse della cellula:
 MODULAZIONE POSTSINAPTICA: si verifica quando un neurone
post-sinaptico è bersaglio di più neuroni pre-sinaptici che rilasciano
neurotrasmettitori diversi. Il neurone, detto modulatore, rilascia un
37
neurotrasmettitore (solitamente inibitorio) sulla cellula post-sinaptica
che modifica la risposta indotta dalla trasmissione sinaptico dell’altro
neurone pre-sinaptico;
 MODULAZIONE PRESINAPTICA: un neurone può esercitare la sua
azione formando delle sinapsi sulla terminazione pre-sinaptica di un
assone. In questo modo, il neurone modulatore determina una variazione
della quantità di neurotrasmettitore rilasciato dalla terminazione.
 Inibizione presinaptica: il neurone modulatore diminuisce il rilascio di
neurotrasmettitore dalla cellula pre-sinaptica.
 Facilitazione presinaptica: il neurone modulatore incrementa il rilascio di
neurotrasmettitore dalla cellula pre-sinaptica.

PLASTICITA’ SINAPTICA
 La plasticità sinaptica è la capacità del sistema nervoso di modificare
l’intensità delle relazioni inter-neuronali, di instaurarne di nuove e di
eliminarne alcune.
 Le connessioni sinaptiche si modificano con l’attività sinaptica: si verificano
dei cambiamenti duraturi nella qualità o nella quantità delle connessioni
sinaptiche.
 Si hanno delle:
 modificazioni a breve termine: facilitazione, depressione e
potenziamento post-tetanico;
 modificazioni a lungo termine: potenziamento a lungo termine (LTP) e
depressione a lungo termine (LTD).
 Si ha, inoltre, l’apprendimento di nuovi compiti e l’acquisizione di nuova
memoria.

PLASTICITA’ SINAPTICA A BREVE


TERMINE
 Molte forme sono provocate da un’azione prolungata degli ioni calcio nella
terminazione presinaptica e inducono un incremento del rilascio di
neurotrasmettitori: si parla di facilitazione e potenziamento.
 La depressione sinaptica provoca una riduzione del rilascio di
neurotrasmettitore durante una prolungata attività sinaptica.

38
FACILITAZIONE
 Si verifica quando uno o più potenziali d’azione invadono la terminazione
sinaptica in rapida successione. Produce un aumento dell’ampiezza del
potenziale post-sinaptico. Permane per decine di millisecondi.
 Il calcio entra rapidamente nella terminazione, ma i meccanismi che lo
riportano ai valori basali sono più lenti. Si accumula nella terminazione
presinaptica. Il potenziale d’azione successivo produce un maggior rilascio.

DEPRESSIONE SINAPTICA
 È una riduzione del rilascio di neurotrasmettitore durante una prolungata
attività sinaptica.
 Ipotesi della deplezione delle vescicole: quando l’attività sinaptica è elevata,
si riduce il numero di vescicole disponibili per l’esocitosi. È necessario
attendere che la scorta di vescicole di riserva, ancorate al citoscheletro, sia
mobilizzata e venga resa disponibile per l’esocitosi.

POTENZIAMENTO POST-TETANICO
(PPT)
 Agisce per un periodo di tempo compreso da decimi di secondo ad alcuni
minuti.
 Consiste in un aumento dell’ampiezza dei potenziali post-sinaptici, che si
instaura dopo un periodo di stimolazione ad alta frequenza.
 È un meccanismo non ancora chiarito: si ha un’azione dell’attivazione di
protein-chinasi presinaptiche su bersagli molecolari, che regolano l’esocitosi
delle vescicole ed il rilascio del neurotrasmettitore.

POTENZIAMENTO A LUNGO TERMINE


 Si ha un aumento dell’efficacia della trasmissione sinaptica per giorni,
settimane o mesi.
 L’attività di una sinapsi induce un duraturo cambiamento della qualità o della
quantità delle sinapsi.
 Si hanno delle modifiche presinaptiche, delle modifiche postsinaptiche e delle
modifiche strutturali.
 LTP è stato scoperto e studiato nell’ippocampo, che è una regione del sistema
limbico ed un’importante sede di memoria delle esperienze apprese. La

39
memoria esplicita è un tipo di memoria accessibile alla consapevolezza, che
può essere richiamata alla mente verbalmente o non verbalmente.
 Le sinapsi chimiche vanno incontro a delle modificazioni persistenti in seguito
a dei particolari pattern di stimoli.
 Le connessioni sinaptiche tra due neuroni si rinforzano se questi sono eccitati
simultaneamente: la membrana postsinaptica deve essere depolarizzata
nell'intervallo di tempo in cui il terminale presinaptico libera il
neurotrasmettitore. È una situazione che sperimentalmente si ottiene
utilizzando la stimolazione tetanica.
 L’attività coincidente dell’elemento pre-sinaptico e post-sinaptico rinforza la
connessione sinaptica.

RICEZIONE ED ELABORAZIONE DEGLI


STIMOLI SENSORIALI
 Tramite gli organi di senso, l’organismo raccoglie le informazioni (109 bit/s)
dall’ambiente circostante. Solo una minima parte viene elaborata
coscientemente (101-102 bit/s).
 1 bit (binary digit) rappresenta una misura del contenuto di informazione. Il
flusso di informazione si misura in bit/s. Ad esempio una pagina di un libro
contiene circa 1000 bit, l’immagine televisiva trasmette oltre 106 bit/s.
 L’organismo emette le informazioni nell’ambiente circostante (ad esempio, sul
linguaggio e sull’attività motoria) con un flusso di circa 106 bit/s.
 Gli stimoli si presentano sotto varie forme di energia: elettromagnetica,
meccanica e chimica. La forma di energia di uno stimolo è detta modalità.
 L’organismo possiede dei recettori capaci di percepire delle specifiche forme
di energia, raggruppati a formare degli organi di senso o diffusi sulla superficie
corporea.
 I recettori possono essere classificati sulla base del tipo di energia che
catturano e trasducono (fotorecettori, meccanocettori, chemiocettori e
termocettori) oppure sulla base della provenienza dello stimolo (esterocettori,
enterocettori e propriocettori).
 Ogni cellula sensoriale risponde ad un determinato tipo di stimolo (secondo la
legge delle energie nervose specifiche).

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UNITA’ SENSORIALE
 L’unità sensoriale è costituita da un neurone afferente (NEURONE
SENSORIALE DI PRIMO ORDINE) e dall’insieme di tutti i recettori a lui
associati o delle sue terminazioni nervose.
 Per ogni unità sensoriale esiste un campo recettivo, che è l’area in cui uno
stimolo può produrre una risposta nel neurone.

PROPRIETA’ GENERALI DEI SISTEMI


SENSORIALI
 Il recettore trasduce (o converte) l’energia dello stimolo in potenziali elettrici
graduati (POTENZIALE DI RECETTORE). Più elevato è lo stimolo,
maggiore è l’ampiezza del potenziale di recettore.
 RECETTORE NERVOSO: se il potenziale di recettore supera il valore
soglia, si generano dei potenziali d’azione che percorrono la fibra afferente
sensoriale per raggiungere il sistema nervoso centrale dove avviene la
percezione.
 ALTRI RECETTORI: il potenziale graduato modula il rilascio di
neurotrasmettitore alla sinapsi con il neurone afferente.

CODIFICA DEL SEGNALE


 È una modalità sensoriale.
 Codice della linea marcata: il cervello associa una modalità sensoriale ad un
tipo di recettore.
 Comprende una localizzazione, una durata ed un’intensità dello stimolo.

CODIFICA DELL’ INTENSITA’ DELLO


STIMOLO
 CODICE DI FREQUENZA: uno stimolo più intenso produce un aumento
della frequenza di scarica dei potenziali d’azione.
 CODICE DI POPOLAZIONE: uno stimolo più intenso attiva (o recluta) un
maggior numero di recettori associati ad uno stesso neurone o a differenti
neuroni afferenti:
 stesso neurone: i potenziali di recettore si sommano e aumenta la
frequenza di scarica;

41
 neuroni diversi: più neuroni trasmettono informazioni al sistema nervoso
centrale.

TRASMISSIONE ED ELABORAZIONE
DELL’INFORMAZIONE LUNGO LE VIE
SENSORIALI: VIE SENSORIALI
 Il neurone di primo ordine forma delle sinapsi nel SNC con dei neuroni di
secondo ordine, che trasportano l’informazione al talamo.
 Dal talamo l’informazione è trasmessa alla corteccia primaria attraverso dei
neuroni di terzo ordine.

LOCALIZZAZIONE DELLO STIMOLO


 La precisione con cui localizziamo la provenienza dello stimolo (acuità)
dipende da:
 densità dei recettori;
 dimensione dei campi recettivi;
 convergenza: è un parametro molto variabile nei sistemi sensoriali.

CAMPO RECETTIVO
 Il campo recettivo è la regione a cui risponde un singolo neurone all’arrivo di
uno stimolo.
 Anche per i neuroni di secondo e terzo ordine possiamo definire i campi
recettivi.
 Se i neuroni primari convergono su un neurone secondario, i loro campi
recettivi si fondono in un unico campo, detto campo recettivo secondario.
 Minore è la convergenza, maggiore è la sensibilità dell’area ad uno stimolo.
 Ad esempio, alcune regioni della cute (ad esempio, i polpacci) non
percepiscono come distinti due stimoli che investono contemporaneamente due
punti posti a una distanza inferiore a 40 mm.

LOCALIZZAZIONE DELLO STIMOLO:


SOGLIA DEL DOPPIO PUNTO
 La soglia del doppio punto è la distanza minima attraverso cui noi
distinguiamo distinti due stimoli.

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LOCALIZZAZIONE DELLO STIMOLO:
INIBIZIONE LATERALE
 Durante la propagazione al sistema nervoso centrale, a livello delle sinapsi si
possono verificare dei fenomeni di inibizione ed eccitazione dovuti alle
connessioni con altri neuroni. Si verifica, spesso, l’attenuazione degli impulsi
che percorrono i neuroni adiacenti il neurone che ha ricevuto la stimolazione
massima: si parla di inibizione laterale.
 L’inibizione laterale incrementa l’acuità in quanto migliora la percezione del
contrasto tra regioni debolmente e fortemente stimolate.

SENSIBILITA’ SOMATICA
 I sensi somatici derivano dall’innervazione della cute e sono classificati in:
 tatto-pressione;
 termocezione;
 nocicezione;
 propriocezione.

SENSIBILITA’ SOMATICA: PROPRIETA’


DEI RECETTORI PER TATTO-PRESSIONE
 DISCHI DI MERKEL: provocano percezione e discriminazione della forma e
della struttura superficiale; sono altamente sensibili a spessori e curvature.
Innervano fibre a lento adattamento con campi recettivi di piccole dimensioni
con confini precisi.
 CORPUSCOLI DI MEISSNER: sono molto sensibili ai movimenti della
pelle; provocano una sensazione di slittamento di un oggetto stretto in mano ed
il controllo della presa. Innervano fibre nervose a rapido adattamento con un
campo recettivo di piccole dimensioni con confini precisi.
 CORPUSCOLI DI PACINI: sono usati in caso di vibrazioni profonde
quando, ad esempio, un oggetto viene afferrato (si fa uso di strumenti).
Innervano fibre a rapido adattamento con campi recettivi larghi con confini
imprecisi.
 CORPUSCOLI DI RUFFINI: sono implicati nella ricezione di segnali di
stiramento cutaneo prodotto dal movimento delle dita; contribuiscono al
controllo del movimento e della forma della mano. Innervano fibre a lento
adattamento con campi recettivi larghi con confini imprecisi.

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SENSIBILITA’ SOMATICA: VIE
MECCANOSENSORIALI
 SISTEMA DELLE COLONNE DORSALI-LEMNISCO MEDIALE:
trasporta al SNC le informazioni della sensibilità meccanica relative al terzo
posteriore della testa ed al resto del corpo.
 SISTEMA SOMATOSENSORIALE DEL TRIGEMINO: comunica le
informazioni relative alla faccia (il nervo trigemino è costituito dal ramo
oftalmico, dal ramo mascellare e dal ramo mandibolare).

DERMATOMERO
 È la regione cutanea innervata dal ganglio di una singola radice dorsale e dal
corrispondente nervo spinale.

SENSIBILITA’ SOMATICA: CORTECCIA


SOMATOSENSORIALE PRIMARIA
1. E’ densamente innervata dalle fibre che provengono dal talamo.
2. I suoi neuroni sono molto sensibili agli stimoli somato-sensoriali, ma non ad
altri stimoli.
3. Le lesioni in questa area compromettono la sensazione somatica.
4. La stimolazione elettrica evoca delle esperienze sensoriali somatiche.
5. Si occupa dell’elaborazione dello stimolo.
L'area 3b di Brodmann riceve delle informazioni somato-sensitive (tatto fine e
grossolano, temperatura, dolore e pressione) ed invia delle fibre efferenti all’area 1
per la texture degli oggetti ed all’area 2 per la forma e le dimensioni.
Tutte le aree svolgono un ruolo nell’elaborazione dell’informazione tattile e tutte
contengono una rappresentazione completa ed indipendente del corpo.

SENSIBILITA’ SOMATICA: MAPPE


SOMATOTOPICHE
 Le mappe somato-topiche sono delle proprietà del funzionamento del sistema
nervoso, per cui ad aree adiacenti dello spazio recettivo nel mondo esterno
corrispondono dei gruppi di neuroni adiacenti in un nucleo cerebrale o in
un’area corticale.

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 L'homunculus corticale è una rappresentazione della suddivisione anatomica
dell'area somato-sensoriale primaria, dove prende il nome di homunculus
somato-sensoriale, e dell'area motoria primaria dove prende il nome di
homunculus motorio.
 Il termine homunculus è dovuto al fatto che la rappresentazione del corpo
umano appare grottesca e sproporzionata.

PLASTICITA’ NELLA CORTECCIA


CEREBRALE ADULTA
 La plasticità continua nell’età adulta.

TERMOCEZIONE
 I termocettori periferici sono dei neuroni localizzati a livello cutaneo. Sono
delle terminazioni libere (fibre C e Aδ) di neuroni dei gangli della radice
dorsale e del ganglio trigemino. Ci sono due tipi di recettori:
 RECETTORI PER IL CALDO: aumentano la frequenza dei potenziali
d’azione in relazione ad un aumento della temperatura in un range
compreso tra 36°C e 43°C;
 RECETTORI PER IL FREDDO: aumentano la frequenza dei potenziali
d’azione in relazione a una diminuzione della temperatura in un range
compreso tra 36°C e 20 °C.
 Vengono percepiti come stimoli dolorifici dai nocicettori termici.
 I recettori sensoriali sono, entro i 20-40°C, soggetti ad un rapido adattamento.
 Temperature superiori a 45 °C o inferiori a 15 °C vengono percepite come
stimoli dolorifici dai nocicettori termici.
 Le proteine termosensibili si attivano ad una data variazione dello stimolo e
sono:
 canali Transient Receptor Potential (TRP);
 pompa Na+/K+ ATPasi (inibita dal freddo);
 canali del potassio aperti al potenziale di membrana a riposo (inibiti
dal freddo).

CANALI TRP (Transient Receptor Potential)


 È costituito da 6 sottofamiglie:
 TRPC (canonici);
 TRPM (melastatinici);
 TRPV (vanilloidi);
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 TRPP (policistinici);
 TRPML (mucolipidici);
 TRPA (anchirinici) (l’unico membro è TRPA1).

CANALI TRP
 Il primo membro di questa famiglia è stato clonato nel moscerino della frutta.
 Sono dei canali calcio permeabili.
 Il range di temperatura va da -17°C a più di 52°C.
 TRPM8 ha come agonisti il mentolo e l’eucaliptolo.
 TRPV1 ha come agonisti la capsaicina, la resiniferatossina, l’anandamide e i
protoni.

DOLORE
 È un evento sensoriale ed emozionale spiacevole. Non è una semplice
percezione ma piuttosto un’emozione, un fenomeno sensoriale e
neurofisiologico complesso.
 È causato da uno stimolo realmente (o potenzialmente) dannoso.
 I recettori sensoriali implicati nella percezione del dolore sono i nocicettori:
riconoscono degli stimoli termici, meccanici e chimici particolarmente intensi
ed in grado di produrre danno tissutale.
 Il sistema nocicettivo coinvolge delle reti nervose a livello del midollo, del
tronco encefalico, del diencefalo e del telencefalo.
 Le due vie di trasmissione del dolore sono:
 circuiti talamo-corticali: comprendono una componente sensoriale ed
una componente discriminativa (sede, intensità e durata);
 circuiti limbici: comprendono una componente motivazionale ed una
componente affettiva.
 Sono sensibili al dolore la cute, la tela sottocutanea, le arterie ed in misura
minore le vene, l’osso spugnoso, la dentina, il periostio, le capsule articolari, il
peritoneo e le pleure parietali, la pelvi, l’uretere (base della vescica), le gonadi
e le meningi.
 Alcuni tessuti, come lo stomaco e l’intestino, sono insensibili al taglio ma lo
diventano se infiammati.
 Il miocardio è sensibile all’anossia, che è la mancanza di ossigeno.
 Non sono sensibili al dolore lo smalto dentario e il tessuto osseo compatto e
molti organi tra cui i polmoni, i reni, l’encefalo, la milza, il fegato, il peritoneo
e le pleure viscerali, la dura e la pia madre.

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 Dolore nocicettivo: è un dolore fisiologico che si origina quando uno stimolo
potenzialmente (o realmente) dannoso viene percepito a livello periferico dai
nocicettori e trasmesso al sistema nervoso centrale.
 Dolore infiammatorio: si verifica in risposta ad una lesione tissutale e alla
conseguente risposta infiammatoria.
 Dolore patologico: è un dolore che si origina da una disfunzione (dolore
disfunzionale) o da un danno del sistema nervoso centrale o periferico (dolore
neuropatico). Non ha una funzione protettiva.

DOLORE: NOCICETTORI
 I nocicettori sono delle cellule nervose dotate di terminazioni periferiche libere
non specializzate.
 I loro assoni presentano delle velocità di conduzione degli impulsi
relativamente basse.
 Nella cute sono presenti diverse classi di nocicettori. Sono classificati in base
al tipo di fibra, Aδ oppure C, e al tipo di sensibilità, meccanica e/o termica e
polimodale (meccanica, termica o chimica).
 Le fibre C sono in prevalenza poli-modali, mentre le fibre Aδ sono in
prevalenza meccano-sensibili o sensibili al calore.
 I nocicettori silenti rispondono solo se sono sensibilizzati da
un’infiammazione.
 A livello muscolare, articolare e viscerale sono classificati in:
 fibre amieliniche di gruppo IV;
 fibre mieliniche di gruppo II e III.
 Dolore primario o iniziale: è il dolore iniziale che si percepisce in seguito ad
uno stimolo nocicettivo. Presenta un carattere acuto, è di breve durata ed è ben
localizzato. È mediato dall’attivazione delle fibre Aδ.
 Dolore secondario o ritardato: è un dolore sordo, avvertito in un secondo
momento, è di durata maggiore e non è ben circoscritto. È mediato
dall’attivazione delle fibre C. E’ meno acuto e meno intenso.
 Sono dei neuroni ad alta soglia .
 La maggior parte è priva di attività spontanea.
 Possono essere fasici o tonici.
 Il nocicettore è attivato in risposta ad uno stimolo quando questo è in grado di
produrre una depolarizzazione, il potenziale di recettore, di sufficiente
ampiezza e durata. L’ampiezza del potenziale di recettore è proporzionale
all’intensità dello stimolo.
 Il potenziale di recettore si propaga passivamente verso la zona d’innesco del
potenziale d’azione.
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 Il potenziale generatore innesca un treno di potenziali d’azione, la cui
frequenza codifica l’intensità dello stimolo.
 Il potenziale di recettore si può generare attraverso l’apertura di canali
permeabili al Na+, al Ca2+ e al Cl- in quanto i potenziali di equilibrio di questi
ioni sono più positivi del potenziale di membrana a riposo. In alternativa,
attraverso la chiusura dei canali del K+ in quanto il potenziale di equilibrio di
questo ione è più negativo del potenziale di membrana a riposo.

NOCICETTORI
 I nocicettori sono dei neuroni eccitatori e rilasciano il glutammato come
neurotrasmettitore principale e numerose altre sostanze, tra cui i peptidi
(sostanza P, CGRP e somatostatina) che svolgono un importante ruolo nella
trasmissione sinaptica centrale (afferente) e periferica.
 I nocicettori sono da 2 a 4 volte più numerosi dei meccanocettori e dei
termocettori.
 L’attivazione dei nocicettori non produce necessariamente dolore.
L’informazione deve raggiungere i centri superiori e la percezione dipende da
numerosi fattori come la frequenza dei potenziali d’azione nelle fibre afferenti,
la sommazione temporale e la modulazione centrale.

DOLORE: SENSIBILIZZAZIONE
 Allodinia: è il dolore dovuto ad uno stimolo, che normalmente non provoca
dolore.
 Iperalgesia: è l’aumentata risposta ad uno stimolo, che normalmente induce
dolore.

DOLORE
 La risposta dei nocicettori si modifica in relazione ad un danno dell’assone o
all’infiammazione dei tessuti: si parla di iperalgesia.
 Nell’iperalgesia la soglia percettiva del dolore si abbassa e l’intensità del
dolore percepito in seguito alla stimolazione nociva si innalza.
 L’iperalgesia primaria è sia termica che meccanica e si verifica nella sede
della lesione.
 L’iperalgesia secondaria avviene nella zona circostante la lesione e riguarda
solo gli stimoli meccanici.

48
IPERALGESIA
 L’iperalgesia primaria è dovuta principalmente a dei fenomeni periferici, ossia
dipende dalla sensibilizzazione dei nocicettori che innervano la zona lesa da
parte dei mediatori chimici dell’infiammazione o da parte dei fattori rilasciati
dai tessuti lesionati.
 Molte fibre dei nervi periferici sono, inoltre ,in grado di generare potenziali
d’azioni antidromici che determinano la secrezione di mediatori
dell’infiammazione. Molte di queste sostanze potenziano l’attivazione di
TRPV1. Altre variano i livelli di messaggeri intracellulari ed inducono la
fosforilazione di canali del sodio voltaggio dipendenti (TTX-insensibili)
diminuendo la soglia di attivazione dei potenziali d’azione.
 L’iperalgesia secondaria è dovuta a una sensibilizzazione dei neuroni del
secondo ordine allo stimolo meccanico della zona circostante la lesione, che si
verifica in seguito all’infiammazione periferica e all’iperalgesia primaria.
 Entrano in gioco dei fenomeni di plasticità biochimica e funzionale.
 Lo stimolo deve essere di circa 43°C-44°C. La pressione deve essere applicata
in bar alla cute (circa 12 bar). I neuroni percorrono in senso inverso delle
terminazioni collaterali.

VIE DEL DOLORE


 SISTEMA DISCRIMINATIVO-SENSORIALE: comprende il sistema antero-
laterale, il nucleo ventrale-posteriore del talamo e la corteccia somato-
sensoriale (S1 e S2).
 SISTEMA AFFETTIVO-MOTIVAZIONALE: comprende il sistema antero-
laterale, la formazione reticolare, il collicolo superiore, la sostanza grigia
periacqueduttale, l’ipotalamo, l’amigdala, il sistema antero-laterale, i nuclei
talamici, la corteccia cingolata e dell’insula.
 Provocano una sensazione spiacevole, paura, ansia ed attivazione autonoma
(“attacco e fuga”).

DOLORE VISCERALE E DOLORE


RIFERITO
 Gli stimoli dolorifici viscerali provocano dolore in determinate aree cutanee
(head zones).
 Convergenza di afferenze nocicettive somatiche e viscerali: gli assoni dei
neuroni nocicettivi viscerali terminano nel corno posteriore del midollo spinale
spesso in corrispondenza delle afferenze cutanee nocicettive.
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REGOLAZIONE CENTRALE DELLA
PERCEZIONE DEL DOLORE
 Tra le sensazioni, quella del dolore è la più individuale e soggettiva.
 La percezione del dolore dipende in gran parte dal contesto (ad esempio, i
soldati feriti sul campo ed il parto).
 Effetto placebo ed effetto nocebo: è una reazione fisiologica, che si manifesta
in seguito alla somministrazione di un preparato farmacologicamente inerte.
 La percezione del dolore è soggetta ad una modulazione centrale.
 Teoria del controllo a cancello: la percezione del dolore può essere inibita
attraverso l’attivazione di neuroni afferenti somatici non dolorifici.
 Essa spiega perché lo sfregamento di un’area cutanea dolente determina la
diminuzione della percezione dolorosa.
 Sistema discendente endogeno di inibizione del dolore: le aree centrali
coinvolte:
 partono dalla corteccia e dall’ipotalamo ed arrivano al mesencefalo:
sono la sostanza grigia periacqueduttale;
 partono dalla formazione reticolare del mesencefalo ed arrivano al
bulbo: sono il nucleo del rafe magno e la formazione reticolare;
 partono dal bulbo ed arrivano al midollo spinale dove bloccano la
comunicazione tra i neuroni afferenti nocicettivi ed i neuroni di secondo
ordine.

SISTEMA ENDOGENO PER L’ANALGESIA


 Le vie discendenti attivano gli interneuroni inibitori.
 Gli interneuroni inibitori rilasciano i neurotrasmettitori oppioidi (endorfine,
encefaline e dinorfine).
 I neurotrasmettitori oppioidi si legano a:
 recettori dei neuroni del secondo ordine dove generano IPSP;
 recettori delle terminazioni delle afferenze nocicettive dove
inibiscono (IPSP) il rilascio di sostanza P.

50
MUSCOLO E CONTRAZIONE
MUSCOLARE
Tipi di muscolo
 Esistono due categorie di muscoli:
 muscoli striati: se osservati al microscopio presentano delle
un’alternanza di zone chiare e zone scure. Di questa categoria fanno
parte il muscolo scheletrico ed il muscolo cardiaco;
 muscoli lisci: non presentano un’alternanza di zone chiare e zone scure.
Funzioni
 Generano movimento e forza mediante il processo della contrazione.
 Trasformano l’energia chimica, attraverso l’idrolisi dell’ATP, in energia
meccanica.
 Generano calore mediante i processi di termoregolazione del nostro organismo.

MUSCOLO SCHELETRICO
 Le cellule (o fibre muscolari scheletriche) costituiscono circa il 40% del peso
corporeo.
 Sono responsabili della postura e del movimento dei vari segmenti ossei dello
scheletro.
 Se contraendosi il muscolo si accorcia, si genera movimento in quanto le
estremità del muscolo sono ancorate ad un osso per mezzo di un fascio di
tessuto connettivo che è il tendine.
 La contrazione permette di generare forza per resistere ad un carico.

MUSCOLO SCHELETRICO: FIBRA


MUSCOLARE
 Un muscolo scheletrico è composto da delle cellule plurinucleate (fibre
muscolari o fibrocellule) di diametro pari a 10-150 µm;

FIBRA MUSCOLARE E MIOFIBRILLE


 La membrana della fibrocellula muscolare è detta sarcolemma.
 In ogni fibrocellula sono presenti numerose miofibrille (con un diametro di 1
µm) disposte in parallelo e, a loro volta, composte da delle strutture che si

51
ripetono in senso longitudinale dette sarcomeri (lunghezza 2-2.5 µm), che sono
le unità funzionali del muscolo scheletrico.
 Le miofibrille sono circondate dal reticolo sarcoplasmatico, dai mitocondri e
dai granuli di glicogeno.

MUSCOLO SCHELETRICO: SARCOMERO


 Il sarcomero si presenta come un'alternanza di bande chiare e bande scure:
 i dischi Z: sono due linee scure;
 la banda I: è costituita da filamenti sottili di actina. È isotropa e meno
bi-rifrangente, ovvero ha un indice di rifrazione più basso;
 la banda A (o linea M): è costituita da filamenti di actina e filamenti di
miosina interposti tra di loro. È anisotropa e bi-frangente;
 la banda H: contiene solo dei filamenti spessi.

FILAMENTO SPESSO
 È costituito da circa 300 molecole di miosina di classe II.
 La miosina è formata da due teste globulari. Le teste sono unite tramite una
porzione mobile, detta collo, alla coda. La coda è un fusto filiforme costituito
da due α-eliche reciprocamente avvolte per formare una super-elica.

MIOSINA
 La testa possiede un dominio di legame per l’actina ed un sito di legame per i
nucleotidi, che si chiama tasca nucleotidica.
 Alla testa sono associate due catene proteiche leggere.

FILAMENTO SPESSO: DISPOSIZIONE


ANTIPARALLELA DELLA MIOSINA
 Le molecole di miosina si associano e si dispongono per formare un filamento
spesso.
 Le teste di miosina hanno una disposizione molto regolare nel filamento.

FILAMENTO SOTTILE: F-ACTINA


 L’associazione di circa 400 molecole di actina globulare (l’actina G) porta alla
formazione di un polimero filamentoso (l’actina F).
 Due protofilamenti si avvolgono reciprocamente per formare il filamento di
actina.
52
FILAMENTO SOTTILE: TROPONINA E
TROPOMIOSINA
 Nel solco tra le due catene del filamento si associano le molecole di
tropomiosina.
 Sulla tropomiosina si trova, ad intervalli regolari, una molecola di troponina.
 La troponina è una proteina globulare composta da 3 subunità (I, C e T):
 troponina C: lega gli ioni calcio;
 troponina T: si lega al complesso tropomiosina;
 troponina I: ha una funzione inibitoria.
 Il complesso troponina-tropomiosina regola la contrazione del muscolo
scheletrico.

COMPONENTI CONTRATTILI DEL


SARCOMERO: FILAMENTI SOTTILI E
SPESSI
 La linea M è la linea centrale da cui si originano i filamenti spessi di miosina, i
quali invertono la polarità alla linea mediana del sarcomero.

COMPONENTI STRUTTURALI DEL


SARCOMERO: TITINA, NEBULINA,
ALFA-ACTININA
 Il sarcomero è costituito da:
 titina: è la terza proteina più abbondante nel muscolo dopo la miosina e
l’actina. Presenta delle proprietà elastiche;
 nebulina: è la proteina accessoria gigante del muscolo col compito di
avvolgerlo;
 alfa-actinina: è una proteina di legame.
 Il sarcomero è avvolto dal reticolo sarcoplasmatico.

53
CONTRAZIONE MUSCOLARE: TEORIA
DELLO SCORRIMENTO DEI FILAMENTI
 La contrazione muscolare è spiegata attraverso la teoria dello scorrimento dei
filamenti: durante la contrazione, i filamenti spessi ed i filamenti sottili
sovrapposti slittano gli uni sugli altri.
 Questo processo avviene a spese di energia (grazie al consumo di ATP).

SCORRIMENTO DEI FILAMENTI


 La lunghezza della banda A è data dalla lunghezza dei filamenti spessi di
miosina.
 Durante la contrazione la lunghezza della banda A rimane costante, mentre la
lunghezza della banda I varia.

CONTRAZIONE MUSCOLARE:
 Il modello più accreditato è il modello della generazione di forza ed
accorciamento per la rotazione della testa di miosina.
 L’orientazione della testa di miosina varia in maniera ciclica a seconda che la
molecola sia legata (o non legata) all’ATP o che sia legata all’ADP + Pi.

CICLO DEI PONTI TRASVERSALI


 In un ciclo completo viene consumata una molecola di ATP.
 Le fasi del ciclo sono:
1. la testa di miosina forma un legame molto forte con la molecola di actina; il
collo forma un angolo di 45° con il filamento. Il collo e la testa
costituiscono il ponte trasversale che sporge dal filamento. Questa
conformazione che assume la miosina, in assenza di ATP, è detta stato di
rigor;
2. l’ATP si lega al proprio sito di legame sulla miosina, che si dissocia dalla
molecola di actina;
3. avviene l’idrolisi dell’ATP; l’ADP e il Pi rimangono legati alla miosina;
4. avviene una flessione della testa di miosina, per cui le molecole di miosina
formano un angolo di 90° e possono interagire con una nuova molecola di
actina;
5. avviene una flessione di 45° della testa di miosina e il rilascio di Pi induce il
colpo di forza. La testa di miosina ruota sul proprio cardine, spingendo il
filamento di actina verso il centro del sarcomero;
54
6. al termine del colpo di forza la testa di miosina rilascia ADP e riassume lo
stato di rigor (o di legame stretto). Dopo questo evento il ciclo ricomincia
da capo.
 La tensione è la somma di tutti i colpi di forza generati istante per istante.
 Questo ciclo ci spiega perché il muscolo consuma ATP: questo ciclo è
innescato tutte le volte che un motoneurone rilascia acetil-colina, che produce
un potenziale post-sinaptico sovra-soglia. Il potenziale d’azione generato nella
fibra muscolare è il segnale per la contrazione.

CONTRAZIONE MUSCOLARE:
ACCOPPIAMENTO ECCITAZIONE-
CONTRAZIONE
 Le invaginazioni tubulari entrano in profondità nella cellula e formano un
contatto con la membrana della cisterna terminale del reticolo sarcoplasmatico.
 Il complesso tubulo T (trasverso)-cisterne terminali (poste ai suoi lati)
costituisce la cosiddetta triade funzionale. Questa disposizione facilita
l’immediato approvvigionamento di ioni calcio, indispensabili per portare
avanti la contrazione muscolare. Il tubulo T conduce i potenziali d’azione
all’interno della fibra muscolare.
 La membrana del tubulo T è a stretto contatto con la membrana del reticolo
sarcoplasmatico.
Sulla membrana del tubulo T ci sono dei canali voltaggio-dipendenti, che sono
dei recettori di-idro-piridinici (DHPR). Le di-idro-piridine (proteine sensibili al
voltaggio) aumentano l’azione di un potenziale d’azione perché hanno la
struttura dei canali voltaggio-dipendenti.
I recettori di-idro-piridinici interagiscono con i recettori della rianodina (RyR:
proteina “piede”), che è una proteina senza nessun ruolo endogeno fisiologico.
Avviene un’interazione diretta proteina-proteina nel recettore per la rianodina.
Questo recettore permette al calcio di fuoriuscire lungo il suo gradiente
elettrochimico. Il calcio che entra è molto poco. Le cellule si contraggono
anche in assenza di calcio nel liquido extracellulare.
Quando aumenta il calcio, si avvia il ciclo dei ponti trasversali perché le teste
di miosina non possono interagire con l’actina in quanto c’è la tropomiosina. Il
calcio è rilasciato attraverso le strutture del recettore della rianodina
lateralmente alla fibra muscolare.

55
PROPRIETA’ MECCANICHE DEL
MUSCOLO SCHELETRICO
 SCOSSA MUSCOLARE: è la tensione generata dal muscolo durante un
singolo ciclo di contrazione-rilasciamento. È preceduta da un periodo di
latenza;
 PERIODO DI LATENZA: è l’intervallo temporale tra il potenziale d’azione
e lo sviluppo della forza, durante il quale il calcio viene rilasciato e diffonde
verso i filamento della miofibrilla e si lega alla troponina.
 La durata di una scossa varia da 10 a 100 ms.
 Le singole scosse possono sommarsi all’aumentare della frequenza dei
potenziali d’azione del motoneurone e della fibrocellula muscolare. La
tensione generata dal muscolo aumenta fino a raggiungere un valore massimo,
detto tetano.

SOMMAZIONE, TETANO E FATICA


MUSCOLARE
a) Scosse muscolari singole: le singole scosse si succedono in relazione alla
frequenza con cui si generano i potenziali d’azione nel motoneurone e nella
fibra muscolare. Sono degli eventi di singole scosse che si succedono uguali
l’una all’altra. Il muscolo si rilascia completamente tra gli stimoli.
b) Sommazione: si verifica quando il tempo tra due eventi si accorcia rispetto al
precedente. Gli stimoli ravvicinati non consentono al muscolo di rilasciarsi
completamente.
c) La sommazione può determinare il tetano incompleto: il tetano incompleto
è la massima tensione che un muscolo può generare quando è stimolato. È
incompleto perché si vedono ancora delle variazioni di tensione in relazione ai
singoli eventi. L’intervallo tra gli stimoli è abbastanza lungo da consentire un
parziale rilasciamento muscolare.
d) La sommazione può determinare il tetano completo: si ha una completa
fusione degli eventi. Quando il muscolo ha raggiunto la massima tensione la
tensione diminuisce progressivamente nel tempo a causa della fatica
muscolare, anche a fronte di una continua stimolazione. Il muscolo raggiunge
una tensione costante. La fatica provoca la riduzione della tensione muscolare
nonostante il ripetersi degli stimoli.

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TENSIONE SVILUPPATA DA UNA
SINGOLA FIBRA
 Dipende dalla lunghezza in cui si trovano i sarcomeri prima dell’inizio della
contrazione.
 A livello molecolare, riflette il grado di sovrapposizione utile tra i filamenti
spessi e i filamenti sottili.
 La normale lunghezza a riposo del muscolo garantisce un grado di
sovrapposizione ottimale, al quale si sviluppa la massima tensione.

RELAZIONE TRA LA (MASSIMA)


TENSIONE (SVILUPPATA DA UN
SINGOLO MUSCOLO) E LA LUNGHEZZA
DEL SARCOMERO
 Si spiega andando ad analizzare il grado di sovrapposizione ottimale tra i
filamenti spessi e i filamenti sottili e la tensione prodotta.
 Il 100% di tensione che il muscolo può generare corrisponde alla lunghezza del
sarcomero compresa tra 2.1 µm e 2.2 µm.

PROPRIETA’ MECCANICHE DEL


MUSCOLO SCHELETRICO
 Il muscolo può generare tensione per generare movimento o per opporsi a un
carico.
 Una contrazione ISOTONICA genera tensione per spostare un carico.
 Una contrazione ISOMETRICA genera tensione senza spostamento, ossia il
muscolo contrandosi non si accorcia in misura significativa.

CONTRAZIONI ISOTONICHE E
ISOMETRICHE
a) Contrazione isotonica: il muscolo si contrae, si accorcia e genera una forza
sufficiente a spostare il carico. Varia la lunghezza del muscolo.
b) Contrazione isometrica: il muscolo si contrae ma non si accorcia. La forza
generata non sposta il carico. Non varia la lunghezza del muscolo.

57
 Una contrazione isometrica è possibile grazie alla presenza di elementi elastici
in serie agli elementi contrattili. Quando i sarcomeri si accorciano, gli elementi
elastici si allungano e la lunghezza del muscolo rimane costante.
 Quando gli elementi elastici sono stirati e la forza generata dai sarcomeri è pari
al carico, il muscolo si contrae isotonicamente e solleva il carico.
Quindi, riassumendo:
a) contrazione isometrica: il muscolo non si accorcia. I sarcomeri si accorciano
generando forza, mentre gli elementi elastici si allungano consentendo alla
lunghezza del muscolo di rimanere costante;
b) contrazione isotonica: i sarcomeri si accorciano ulteriormente. Poiché gli
elementi elastici sono già stirati, l’intero muscolo si accorcia.

CURVA VELOCITA’-CARICO
 La velocità di accorciamento massimo nel muscolo si verifica quando il carico
è nullo.
 Il carico è uguale alla massima tensione (forza) del muscolo.
FONTI DI ENERGIA PER LA
CONTRAZIONE MUSCOLARE
 L’energia meccanica per la contrazione muscolare deriva direttamente
dall’energia chimica immagazzinata nell’ATP.
 La quantità di ATP presente nel muscolo a riposo è molto limitata e sufficiente
per circa otto contrazioni. L’ATP è continuamente rigenerato tramite:
1. scissione di fosfo-creatina;
2. glicolisi anaerobia;
3. ossidazione aerobia di glucosio ed acidi grassi.

ENERGIA PER LA CONTRAZIONE


MUSCOLARE
 La fosfo-creatina può donare un gruppo fosfato all'ADP per formare ATP
durante primi 2-7 secondi, che seguono uno sforzo muscolare intenso.
 Viceversa l'eccesso di ATP può essere utilizzato durante un periodo di riposo o
di basso sforzo per convertire creatina a fosfo-creatina. La fosforilazione
reversibile della creatina è catalizzata da diverse creatin-chinasi.
MUSCOLO A RIPOSO: l’ATP prodotto dal metabolismo e la creatina diventano
ADP e fosfo-creatina.
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MUSCOLO CHE LAVORA: la fosfo-creatina e l’ADP, attraverso l’enzima
creatina-chinasi, diventano creatina e ATP.
 L’ATP è necessario per:
 miosina ATPasi (contrazione);
 Ca2+-ATPasi (rilassamento);
 Na+/K+-ATPasi (riporta nei loro compartimenti di origine gli ioni che
attraversano la membrana cellulare durante il potenziale d’azione).

FATICA MUSCOLARE
 È la condizione in cui un muscolo non è più in grado di generare o mantenere
la tensione. È l’incapacità di un muscolo di sostenere per tempi elevati la
contrazione. Dipende da vari fattori:
 il deficit di ATP non è il fattore limitante;
 dipende dalle alterazioni della composizione ionica del liquido
extracellulare o del liquido intracellulare: accumulo di K+ nel liquido
extracellulare che influisce sull’accoppiamento eccitazione-contrazione
ed accumulo di H+ causato dall’acido lattico e da Pi che inibiscono la
funzione dei ponti trasversi e degli enzimi della glicolisi;
 dipende dalla deplezione (= diminuzione) di nutrienti, ad esempio di
glicogeno;
 dipende dalla diminuita produzione di neurotrasmettitori (associata ad
alcune patologie).

TIPI DI FIBRE
 Sono classificate in base alla velocità di contrazione e alla resistenza alla fatica
in:
 glicolitiche a contrazione rapida;
 ossidative a contrazione rapida;
 ossidative a contrazione lenta.
Le FIBRE MUSCOLARI OSSIDATIVE A CONTRAZIONE LENTA hanno il
diametro minore e il colore più scuro dovuto alla mioglobina. Mostrano resistenza
alla fatica.
Le FIBRE MUSCOLARI GLICOLITICHE A CONTRAZIONE RAPIDA hanno il
diametro maggiore e il colore più chiaro. Vanno rapidamente incontro a fatica.

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 MIOGLOBINA: è un pigmento rosso che lega l’ossigeno con alta affinità e
che conferisce la caratteristica colorazione alle fibre rosse. Favorisce la
diffusione dell’ossigeno agendo come molecola trasportatrice.

MUSCOLO CARDIACO
 Le fibre muscolari cardiache (cardiomiociti) sono striate e organizzate in
sarcomeri.
 Le cellule sono mononucleate e in comunicazione elettrica tramite delle
giunzioni comunicanti. Il tessuto muscolare cardiaco è un sincizio funzionale.

CARDIOMIOCITI
 Sono delle fibre muscolari piccole, che presentano i nuclei in posizione
centrale e sono in contatto l’una con l’altra.
 Sono delle cellule eccitabili, contrattili e dotate di automatismo.

TESSUTO MUSCOLARE CARDIACO


 La maggior parte del tessuto muscolare cardiaco (o miocardio) è contrattile.
 Circa l’1% è costituito da un tessuto specializzato nel generare spontaneamente
dei potenziali d’azione e nel propagare l’eccitazione: il segnale della
contrazione è miogeno, ovvero si origina all’interno dello stesso muscolo
cardiaco (è intrinseco al cuore).
 Le cellule che generano spontaneamente dei potenziali d’azione sono dette
auto-ritmiche (o pacemaker o segna-passi).

ATTIVITA’ ELETTRICA DELLE


CELLULE MIOCARDICHE CONTRATTILI
E AUTORITMICHE
 Si hanno delle:
 risposte di tipo rapido: si parte da un potenziale di membrana a riposo
stabile di circa -90 mV;
 risposte di tipo lento: dal valore minimo del potenziale di membrana a
riposo il valore al picco si raggiunge in tempi molto più lenti.

60
ATTIVITA’ ELETTRICA DELLE
CELLULE AUTORITMICHE: EFFETTI
DELLA STIMOLAZIONE SIMPATICA E
PARASIMPATICA
 La noradrenalina rilasciata dalle fibre nervose simpatiche (e l’adrenalina
presente in circolo) si lega ai recettori β1-adrenergici. Si ha un effetto
cronotropo positivo, ovvero un aumento della frequenza cardiaca.
 L’acetil-colina rilasciata dalle fibre parasimpatiche del nervo vago si lega ai
recettori muscarinici colinergici di tipo M2. Si ha un effetto cronotropo
negativo, ovvero una diminuzione della frequenza cardiaca.

EFFETTI DELLA STIMOLAZIONE


SIMPATICA E PARASIMPATICA
 NORADRENALINA: aumenta i livelli di cAMP, il quale ha come proteina
bersaglio la protein-chinasi A.
 ACETIL-COLINA: diminuisce i livelli di cAMP.

EFFETTI DELLA STIMOLAZIONE


SIMPATICA E PARASIMPATICA SUI
CANALI IONICI
 Canali HCN: sono dei canali nucleotidici ciclici attivati dall’iper-
polarizzazione e modulati da cAMP.
 Canali del calcio voltaggio-dipendenti: si ha una fosforilazione dalla protein-
chinasi A.
 Attivazione diretta dei canali del potassio attivati dall’acetil-colina da parte
delle proteine G.

RISPOSTA DI TIPO RAPIDO


 Fase 0: depolarizzazione.
 Fase 1: ripolarizzazione.
 Fase 2: plateau.
 Fase 3: ripolarizzazione.

61
 Fase 4: ripristino di Vr.
Durata: 200-400 ms.

RILASCIO DI CALCIO INDOTTO DAL


CALCIO
1. Un potenziale d’azione invade la membrana cellulare provenendo da una
cellula adiacente.
2. I canali voltaggio-dipendenti per il calcio si aprono. Il calcio entra nella
cellula.
3. L’ingresso di calcio innesca il rilascio di altro calcio dal reticolo
sarcoplasmatico attraverso i recettori-canale della rianodina (RyR).
4. Il rilascio localizzato di calcio provoca la “scarica” di calcio.
5. Le scariche di calcio si sommano per produrre un segnale di calcio.
6. Gli ioni calcio si legano alla troponina ed inizia la contrazione.
7. Il rilasciamento si verifica quando il calcio si stacca dalla troponina.
8. Il calcio viene pompato nel reticolo sarcoplasmatico dove viene accumulato.
9. Il calcio viene scambiato con il sodio. Il gradiente del sodio è mantenuto
dalla NA+/K+-ATPasi.

PERIODO REFRATTARIO E
CONTRAZIONE
a) Fibra rapida del muscolo scheletrico: nel muscolo scheletrico le singole
scosse possono sommarsi fino a formare il tetano. Nel muscolo scheletrico
varia la frequenza con cui vengono generati i potenziali d’azione nel
motoneurone. Il periodo refrattario generato nel muscolo scheletrico è debole e
molto breve rispetto al tempo necessario per lo sviluppo della tensione
muscolare. I muscoli scheletrici, se vengono stimolati ripetutamente,
mostreranno sommazione e tetano.
b) Fibra muscolare cardiaca: il potenziale d’azione dura centinaia di ms. Non
può generare un secondo potenziale d’azione. Le singole scosse non si possono
sommare. La lunga durata del periodo refrattario nel muscolo cardiaco
previene la sommazione di queste scosse e il tetano. Il periodo refrattario dura
quasi quanto la contrazione muscolare.

62
MUSCOLO LISCIO
 A differenza del muscolo scheletrico e cardiaco, forma le pareti degli organi
cavi: le pareti del canale digerente, gli organi a forma di sacco (ad esempio,
l’utero) e la muscolatura liscia dei vasi sanguigni.
Altri tipi: muscoli pilomotori e muscoli della milza.
 La contrazione genera forza per spostare il materiale attraverso il lume o
modificare la conformazione dell’organo.
 Il carico è costituito dalla pressione presente all’interno dell’organo.
 Il muscolo liscio sviluppa forza più lentamente, ma sostiene la contrazione più
a lungo: il consumo di ATP è basso rispetto a quello del muscolo scheletrico.
 Alcuni sono tonicamente contratti e mantengono costantemente la tensione.
 Ne esistono molti tipi con delle proprietà differenti:
 vascolare;
 gastrointestinale;
 urinario;
 respiratorio;
 riproduttivo;
 oculare.

ANATOMIA DELLA FIBRA MUSCOLARE


LISCIA
 Sono delle piccole cellule a forma di fuso con un singolo nucleo. Negli organi
viscerali la lunghezza può raggiungere anche 1 mm.
 Se osservata al microscopio, non presenta delle bandeggiature: le proteine
contrattili non sono organizzate in sarcomeri, ma sono disposte in fasci
irregolari che si estendono in diagonale dal nucleo alla periferia.
 Nei filamenti sottili l’actina è associata alla tropomiosina, ma non è presente la
troponina; l’actina è ancorata ai corpi densi.
 I filamenti spessi sono costituiti da miosina: si intercalano alle lunghe fibre di
actina.
 La miosina è un isomero diverso da quello del muscolo scheletrico: ha
un’attività ATP-asica più lenta.
 Sono presenti dei filamento intermedi, costituiti dalla polimerizzazione di
proteine di desmina e vimentina.

63
FIBRA MUSCOLARE LISCIA: FILAMENTI
CONTRATTILI
a) L’actina e la miosina sono organizzate in modo lasso attorno alla periferia della
cellula e sono tenute in posizione da dei corpi densi proteici.
b) L’organizzazione delle fibre fa sì che la cellula divenga globulare quando si
contrae.
c) La miosina può scorrere sull’actina per lunghe distanze senza incontrare il
termine del sarcomero.
d) Il filamento di miosina nel muscolo liscio presenta delle teste incardinate per
tutta la sua lunghezza.
La disposizione della miosina secondo una polarità laterale inversa permette ai
filamenti di actina di scorrere in direzione opposta lungo la miosina senza
interruzione.
Quando avviene la contrazione nella cellula muscolare liscia variano le
dimensioni, la lunghezza e la larghezza.

MUSCOLO LISCIO
 Si suddivide in:
 unitario: è muscolo liscio viscerale, le cui fibre sono accoppiate
elettricamente. Il tessuto si contrae come una singola entità in risposta ad
una depolarizzazione. Le cellule del muscolo liscio unitario sono
connesse da giunzioni comunicanti e si contraggono come una singola
entità;
 multi-unitario: ogni fibra è associata ad un terminale assonico o ad una
varicosità (rilascio nel nervo autonomo del neurotrasmettitore). Produce
un controllo fine e delle contrazioni graduate. Le cellule del muscolo
liscio multi-unitario non sono accoppiate elettricamente e devono essere
stimolate in modo indipendente.

EVENTI MOLECOLARI DELLA


CONTRAZIONE NEL MUSCOLO LISCIO E
RUOLO DELLA FOSFORILAZIONE
 La molecola di miosina contiene nella porzione della testa due paia di catene
leggere proteiche:
 essenziali: partecipano all’interazione con l’actina;

64
 regolatrici: giocano un ruolo chiave per l’avvio del ciclo dei ponti
trasversi.

EVENTI MOLECOLARI DELLA


CONTRAZIONE NEL MUSCOLO LISCIO E
RUOLO DELLA FOSFORILAZIONE
 Il segnale di avvio è un aumento della concentrazione intracellulare di calcio.
 Il calcio può entrare dall’esterno o essere rilasciato dal reticolo
sarcoplasmatico.
 Il calcio si lega alla calmodulina.
 Il complesso Ca2+-calmodulina attiva l’enzima chinasi della catena leggera
della miosina (MLCK).
 MLCK fosforila la catena leggera regolatrice della miosina.
 La fosforilazione aumenta l’attività ATP-asica e innesca il ciclo dei ponti
trasversi.

RILASCIAMENTO DELLA FIBRA


MUSCOLARE LISCIA
 Si verifica quando il calcio intracellulare viene rimosso ad opera di un
antiporto Na+/Ca2+ e delle Ca2+-ATPasi; la catena leggera della miosina è de-
fosforilata dalla fosfatasi della catena leggera della miosina. Il muscolo liscio è
molto efficiente dal punto di vista di quanto ATP viene consumato per
mantenere la contrazione.
 La de-fosforilazione della miosina non provoca automaticamente il
rilasciamento. Il rilasciamento avviene grazie al calcio rimosso dal citosol, alla
pompa di membrana e al trasporto attivo secondario. Lo stato bloccato
permette al muscolo liscio di mantenere la tensione muscolare senza
consumare ATP.

REGOLAZIONE DELLA CONTRAZIONE


NEL MUSCOLO LISCIO
 In molti tipi di muscolo liscio la regolazione della miosina è integrata da una
regolazione dell’actina.
 Le proteine regolatrici sono il caldesmone e la calponina. Il caldesmone nello
stato de-fosforilato si lega all’actina, impedendone l’interazione con la
65
miosina. Il caldesmone può trovarsi sia nello stato fosforilato che nello stato
de-fosforilato.
 La regolazione dell’actina ricorda quello che si verifica a livello del muscolo
striato. L’actina ha una funzione regolatoria e maschera il sito di interazione, in
maniera simile al muscolo striato.

ATTIVITA’ ELETTRICA DEL MUSCOLO


LISCIO
 Sono stati descritti 3 tipi di comportamento:
 POTENZIALI AD ONDE LENTE: sono caratterizzati da dei cicli
spontanei di depolarizzazione o iper-polarizzazioni;
 POTENZIALI PACEMAKER: sono delle depolarizzazioni spontanee
che raggiungono sempre la soglia per la nascita del potenziale d’azione,
a cui segue la contrazione. Generano dei regolari ritmi di contrazione nel
tempo, ma con delle caratteristiche diverse;
 POTENZIALI D’AZIONE: richiedono l’espressione dei canali
voltaggio-dipendenti ed il raggiungimento di un valore soglia perché si
inneschino nelle cellule. Nel muscolo striato deve sempre essere
generato il potenziale d’azione.

ATTIVITA’ ELETTRICA DEL MUSCOLO


LISCIO ED ACCOPPIAMENTO
FARMACO-MECCANICO
 L’accoppiamento farmaco-meccanico è una forma di accoppiamento in cui un
attivatore chimico può produrre una contrazione senza una variazione del
potenziale di membrana.
 Avviene tipicamente nel muscolo liscio.

REGOLAZIONE DEL MUSCOLO LISCIO


 Controllo nervoso sia simpatico che parasimpatico: l’innervazione
autonoma è sia simpatica che parasimpatica.
 Controllo ormonale.
 Sostanze paracrine: sono rilasciate dai tessuti circostanti e provocano la
contrazione. Per esempio, il monossido di azoto.
 Stimoli meccanici.

66
SCOSSA MUSCOLARE
 Muscolo scheletrico: la scossa muscolare è più rapida.
 Muscolo cardiaco: la scossa muscolare ha una lunga durata nell’impedire il
tetano.
 Muscolo liscio: la scossa muscolare ha una durata maggiore.

SISTEMA MOTORIO: I RIFLESSI


 I riflessi costituiscono il più elementare livello di controllo del movimento.
 I riflessi nervosi sono degli atti volontari: sono delle risposte motorie
stereotipate (producono sempre lo stesso movimento) organizzate in schemi
prevedibili e prodotte da muscoli ed organi effettori in risposta ad uno stimolo.
Le risposte motorie riflesse si attuano grazie alla presenza di reti di neuroni che
collegano:
 una via afferente (recettore sensoriale);
 un centro integratore;
 una via efferente (motoneurone).
 L’informazione è codificata in termini di potenziale. I riflessi sono messi in
atto grazie ad una sequenza di eventi:
 lo stimolo attiva il recettore sensoriale;
 l’informazione (potenziali d’azione) raggiunge il sistema nervoso
centrale;
 il SNC integra l’informazione, in maniera più o meno diretta, e seleziona
una risposta;
 si generano dei potenziali d’azione nei neuroni efferenti;
 risposta degli organi effettori (muscoli, lisci o scheletrici, e ghiandole).

CLASSIFICAZIONE DEI RIFLESSI


NERVOSI
I riflessi nervosi possono essere classificati secondo vari criteri:
1) divisione efferente che controlla l’effettore:
a) neuroni motori somatici, che controllano i muscoli scheletrici;
b) neuroni autonomi, che controllano il muscolo liscio e cardiaco, le
ghiandole ed il tessuto adiposo.
2) regione di integrazione all’interno del sistema nervoso centrale:

67
a) riflessi spinali, che non richiedono segnali dai centri superiori;
b) riflessi cranici, che sono integrati a livello encefalico.
3) periodo in cui si sviluppa il riflesso:
a) riflessi innati, che sono geneticamente determinati;
b) riflessi appresi (condizionati), che sono acquisiti con l’esperienza.
4) numero di neuroni dell’arco riflesso:
a) riflessi mono-sinaptici, che hanno solo due neuroni: uno afferente
(sensoriale) e uno efferente. Sono mono-sinaptici solo i riflessi miotatici,
che riguardano il muscolo scheletrico;
b) riflessi poli-sinaptici, che presentano uno o più interneuroni tra il
neurone afferente e quello efferente. Tutti i riflessi autonomi sono poli-
sinaptici perché possiedono almeno tre neuroni (uno afferente e due
efferenti).

RIFLESSI AUTONOMI
 I rilessi viscerali sono sia spinali (minzione) che encefalici (regolano la
respirazione, il battito cardiaco, la temperatura corporea, eccetera).
 Alcuni convertono gli stimoli emotivi in risposte viscerali.
 Sono tutti poli-sinaptici, ovvero presentano almeno due sinapsi a livello
centrale (una nel SNC e una in un ganglio autonomo).
 Molti sono caratterizzati da un’attività tonica, contraddistinta da un flusso
continuo di potenziali d’azione che origina una risposta continua dell’effettore.

RIFLESSO DELLA MINZIONE


 La minzione è un atto riflesso, in cui lo stimolo scatenante è rappresentato
dalla distensione dell’organo vescicale oltre certi limiti in seguito all’aumento
del contenuto urinario.

RETI NEURONALI
 Nel caso di DIVERGENZA, uno stimolo riesce ad influenzare dei bersagli
multipli. In una via divergente, un neurone pre-sinaptico si ramifica (ovvero
si moltiplica a vari passaggi) ed influenza un ampio numero di neuroni post-
sinaptici.
 Nel caso di CONVERGENZA , l’informazione proveniente da varie fonti
può essere utilizzata per influenzare la risposta di una singola cellula post-
sinaptica. In una via convergente, un elevato numero di neuroni pre-
sinaptici converge per influenzare un numero inferiore di neuroni post-
sinaptici.
68
STRUTTURE DEL SISTEMA MOTORIO
 Strutture periferiche:
a. strutture neuromotorie (unità motoria);
b. sistemi sensoriali (somatici, organi di senso, eccetera);
c. sistema propriocettivo;
d. caratteristiche biomeccaniche;
e. stato dell’apparato muscolo scheletrico e rapporti osseo-articolari.
 Strutture centrali (sono deputate all’esecuzione, all’ideazione ed al controllo
del movimento):
a. midollo spinale;
b. tronco encefalico;
c. cervelletto;
d. nuclei della base;
e. corteccia cerebrale.

UNITA’ MOTORIE
 Sono i più piccoli elementi alla base del controllo volontario.
 Sono costituite da un gruppo di fibre muscolari e dal motoneurone che le
innerva (il motoneurone innerva non più di 5 fibre).
 Il numero di fibre muscolari è variabile: nei muscoli oculari o della mano che
controllano i movimenti fini le unità possono essere costituite da sole 3-5 fibre,
mentre nel gastrocnemio possono essere fino a 2000.
 Tutte le fibre di una singola unità motoria sono dello stesso tipo. Sono
classificate come:
1. SFR: lente resistenti alla fatica;
2. FFR: rapide resistenti;
3. FF: rapide non resistenti.

FIBRE MUSCOLARI OSSIDATIVE E


GLICOLITICHE
 FIBRE OSSIDATIVE: sono rosse, lente, hanno minor forza e maggior
economia nello sforzo. Dal punto di vista energetico, sono meno efficaci nella
contrazione e contengono un numero maggiore di mitocondri. Intorno a queste
fibre c’è un numero maggiore di capillari.
 FIBRE GLICOLITICHE: sono bianche, più veloci ma meno resistenti
rispetto a quelle ossidative. Hanno un metabolismo energetico di respirazione
anaerobica.
69
UNITA’ MOTORIE
 Il sistema nervoso gradua la forza di contrazione secondo due modalità che si
verificano in parallelo:
 frequenza dei potenziali d’azione del motoneurone: sommazione delle
singole scosse;
 reclutamento delle unità motorie: principio della dimensione.

PRINCIPIO DELLA DIMENSIONE


 DIMENSIONE: con questo termine si intendono la dimensione del corpo
cellulare del motoneurone, che costituisce l’unità motoria, e la dimensione del
numero di fibre, che costituiscono quella determinata unità motoria.
 I tre diversi tipi di unità motorie sono costituiti da neuroni dotati di corpi
cellulari di dimensioni diverse:
 FF: hanno i corpi cellulari più grandi ed un’alta soglia;
 FFR: hanno i corpi cellulari intermedi;
 SFR: hanno i corpi cellulari più piccoli ed una bassa soglia.
 Quindi, le SFR sono le più attive.
 Per generare poca forza sono reclutate delle piccole unità motorie, mentre per
generare maggiore forza sono reclutate delle grandi unità motorie.
 Semplificazione a livello centrale: il reclutamento e la forza sono funzione
della quantità di neurotrasmettitore rilasciato alle sinapsi con il motoneurone.

RIFLESSI MUSCOLARI SCHELETRICI


 Sono coinvolti in quasi tutte le nostre azioni.
 I recettori sensoriali avvertono i cambiamenti di pressione, stiramento e
tensione muscolare e trasmettono le informazioni al SNC che a sua volta invia
dei segnali al muscolo:
 per generare la contrazione muscolare il SNC invia dei segnali al
muscolo attraverso l’attivazione dei motoneuroni spinali;
 se viceversa il muscolo deve rilassarsi, il SNC inibisce i neuroni motori
in quanto i motoneuroni formano con la fibra muscolare scheletrica solo
delle sinapsi eccitatorie.

70
RECETTORI SENSORIALI: FUSI
NEUROMUSCOLARI
 Sono dei meccanocettori che inviano al SNC le informazioni statiche e
dinamiche relative alla lunghezza muscolare (l’allungamento, la velocità e
l’accelerazione dell’allungamento). Evocano dei riflessi protettivi e sono dei
recettori di stiramento.
 Sono localizzati nel muscolo scheletrico, sparsi tra le fibre extrafusali ed
orientati parallelamente ad esse.
 Sono costituiti da una guaina di tessuto connettivo che avvolge un gruppo di
fibre contrattili intrafusali, che sono delle fibre muscolari allungate che si
possono contrarre solo alle loro estremità. Sono delle particolari fibre
muscolari prive di miofibrille nella porzione centrale, che è la sede della
componente sensoriale del fuso.
I neuroni sensoriali avvolgono a spirale la parte centrale, mentre i motoneuroni
γ innervano la porzione contrattile (estremità) delle fibre. Le terminazioni
sensoriali sono meccano-sensibili, ovvero inviano dei segnali in relazione a
degli stimoli meccanici.

FUSI NEUROMUSCOLARI
 TONO MUSCOLARE: è un livello stazionario di tensione dei muscoli e uno
stato di tensione muscolare.
 Alla lunghezza di riposo del muscolo le fibre sensoriali dei fusi sono
tonicamente attive, in quanto i muscoli hanno sempre un certo grado di
stiramento, ed inviano dei segnali a basse frequenze al SNC. Nel midollo
spinale la tensione dei neuroni afferenti provenienti dai fusi (sensoriali) forma
una sinapsi con i motoneuroni α che vengono quindi, a loro volta, tonicamente
attivati ed innervano le fibre extrafusali dello stesso muscolo. A causa di ciò,
anche a riposo un muscolo mantiene sempre un certo livello di tensione,
chiamato TONO MUSCOLARE.

TONO MUSCOLARE
 Il circuito mono-sinaptico è l’unica sinapsi tra la via sensoriale afferente e la
via motoria efferente.
 I propriocettori hanno un’attività tonica che permette di mantenere il muscolo
in uno stato di contrazione.

71
FUSI NEUROMUSCOLARI
 RIFLESSO DA STIRAMENTO (O MIOTATICO DIRETTO): è una
contrazione riflessa in risposta ad un allungamento del muscolo.
 L’allungamento del muscolo innesca una risposta contrattile in quanto i
neuroni sensoriali, le cui terminazioni presenti nei fusi vengono maggiormente
compresse, scaricano ad una maggior frequenza che innesca la contrazione
riflessa. Quindi, aumenta la frequenza dei potenziali d’azione generati negli
assoni dei neuroni.
 La contrazione accorcia le fibre extrafusali ed intrafusali: quindi l’attività
elettrica dei neuroni sensoriali diminuisce e, di conseguenza, diminuisce anche
la contrazione (circuito a feedback negativo). Sono dei riflessi protettivi in
quanto servono ad evitare il danno provocato da un eccessivo allungamento
delle fibre.

RIFLESSO DEL FUSO


NEUROMUSCOLARE
 L’aggiunta di un carico a un muscolo determina un allungamento del muscolo
e dei suoi fusi, provocando una contrazione riflessa.

FUSI NEUROMUSCOLARI
 COATTIVAZIONE α-γ: induce l’attivazione delle fibre fusali sensoriali
afferenti durante la contrazione muscolare, permettendo di segnalare al SNC le
variazioni della lunghezza del muscolo anche quando questo contrandosi si
accorcia.
 I motoneuroni γ, che innervano le estremità contrattili delle fibre intrafusali, si
attivano contemporaneamente ai motoneuroni α. Quindi le fibre intrafusali si
contraggono e si accorciano stirando la parte centrale del fuso e mantenendo
costante la frequenza di scarica dei neuroni afferenti.
 Questo meccanismo regola la sensibilità del recettore e la lunghezza delle fibre
intrafusali in relazione alla lunghezza delle fibre extrafusali in quanto consente
ai fusi di funzionare a tutte le lunghezze del muscolo, durante i movimenti e gli
aggiustamenti posturali.

COATTIVAZIONE ALFA-GAMMA
a) Se le fibre dei motoneuroni γ vengono tagliate, il fuso diminuisce la sua attività
quando il muscolo è contratto.
72
b) La coattivazione alfa-gamma mantiene i fusi funzionali quando il muscolo è
contratto.

RECETTORI SENSORIALI MUSCOLARI


a) I fusi neuromuscolari si trovano sparsi tra le fibre extrafusali del muscolo.
b) I fusi neuromuscolari inviano al SNC le informazioni sullo stiramento del
muscolo.
c) Gli organi tendinei del Golgi sono costituiti da delle terminazioni nervose
intrecciate tra le fibre del collagene.

ORGANI TENDINEI DEL GOLGI


 Sono degli organelli localizzati a livello della giunzione tra tendini e fibre
muscolari.
 Sono costituiti da delle terminazioni nervose libere che si intrecciano a fibre di
collagene all’interno di una capsula di tessuto connettivo.
 Sono dei meccanocettori che inviano al SNC le informazioni relative alla
tensione muscolare.
 Rispondono sia all’accorciamento (danno una risposta maggiore) che
all’allungamento del muscolo con un aumento dell’attività delle fibre
sensoriali.
Durante l’allungamento le fibre di collagene stirate comprimono le
terminazioni sensoriali, mentre nella fase isometrica della contrazione i tendini
vengono stirati provocando l’attivazione delle fibre sensoriali.

RIFLESSO DELL’ORGANO TENDINEO


DEL GOLGI
 Protegge il muscolo dai carichi eccessivi, determinando il rilasciamento totale
del muscolo e la caduta del peso.

RIFLESSI MUSCOLARI SCHELETRICI


1. RECETTORI SENSORIALI: fusi neuromuscolari, organi tendinei del Golgi
e recettori articolari.
2. NEURONI SENSORIALI.
3. SNC: midollo spinale ed encefalo.
4. MOTONEURONI EFFERENTI: motoneuroni α e motoneuroni γ.
5. EFFETTORI: fibre muscolari extrafusali (motoneuroni α) e fibre muscolari
intrafusali (motoneuroni γ).
73
SISTEMA NERVOSO AUTONOMO
 Presenta tre divisioni:
 sistema nervoso simpatico (ortosimpatico);
 sistema nervoso parasimpatico;
 sistema nervoso enterico.
 Presenta delle componenti centrali e periferiche.
 Regolano le funzioni vitali del corpo in assenza di attenzione cosciente e fatica.
Il controllo cosciente è minimo e limitato ad alcune funzioni (ad esempio, la
vescica e l’intestino).
 Controllano le funzioni viscerali.
 Presenta due tipi di componenti:
 componenti centrali: sistema limbico, ipotalamo, ponte, bulbo e
midollo spinale;
 componenti periferiche: gangli e nervi che proiettano agli organi
effettori.
 Le fibre nervose autonome includono sia neuroni afferenti (sensoriali) che
efferenti (motori).
 Le divisioni simpatica e parasimpatica presentano delle differenze anatomiche
e rilasciano dei differenti neurotrasmettitori.
 Innervano entrambe la maggior parte degli organi: si ha una duplice
innervazione.
 In generale un sistema aumenta l’attività dell’organo bersaglio, mentre l’altro
sistema la diminuisce.
 La divisione simpatica coordina le risposte del corpo agli stimoli stressanti.
 La divisione parasimpatica coordina le attività vegetative.
 L’omeostasi è mantenuta grazie ad uno stato di equilibrio dinamico tra le
branche del sistema nervoso autonomo.
 Lotta o fuga: è una condizione di pericolo che si può fronteggiare con la lotta
o con la fuga.
 Le vie autonome sono costituite da due neuroni che fanno sinapsi a livello di
un ganglio autonomo situato all’esterno del SNC. Il neurone pre-gangliare
origina nel SNC e termina nel ganglio; il neurone post-gangliare ha il corpo
cellulare nel ganglio e proietta il suo assone verso il tessuto bersaglio.
 I neuroni che collegano il SNC ai gangli sono detti pre-gangliari.
 Nel ganglio sono presenti i terminali assonali dei neuroni pre-gangliari e i
dendriti e i corpi cellulari dei neuroni post-gangliari.
 Di norma un singolo neurone pre-gangliare forma delle sinapsi con molti
neuroni post-gangliari.
74
SISTEMA NERVOSO AUTONOMO
SIMPATICO
 Le fibre emergono dal midollo spinale dal primo livello toracico (T1) al
secondo o al terzo lombare (L2 O L3).
 I corpi cellulari sono situati nei nuclei intermedi laterali (colonna intermedio-
laterale o corno laterale).
 Le cellule nervose pre-gangliari presentano dei corti assoni mielinici che
innervano le cellule presenti nei gangli situati nei pressi del midollo spinale.
Questi sono costituiti dalla catena dei gangli para-vertebrali e dai gangli
celiaco, mesenterico superiore e mesenterico inferiore.
 L’assone di un neurone pre-gangliare invia numerosi collaterali attraverso la
catena gangliare per formare delle sinapsi con neuroni post-gangliari di altri
gangli: vengono evocate delle risposte generalizzate.
 Le cellule dei gangli sono delle cellule nervose post-gangliari: hanno degli
assoni lunghi. I gangli si trovano in prossimità della colonna vertebrale.
 Alcune lunghe fibre pre-gangliari innervano direttamente i tessuti endocrini.
 La midollare del surrene è una struttura neuroendocrina. Può essere considerata
una ganglio simpatico modificato. Contiene delle cellule cromaffini che
secernono le catecolammine: adrenalina (80-85%), noradrenalina (15-20 %) e
dopamina in quantità minima (meno dell’1%).

SISTEMA NERVOSO AUTONOMO


PARASIMPATICO
 Le fibre mieliniche ed amieliniche emergono:
 dal tronco encefalico attraverso il III nervo cranico (oculo-motore), il
VII (faciale), il IX (glosso-faringeo) e il X (vago);
 dal midollo spinale ai livelli sacrali S2, S3, S4 e, occasionalmente, S1.
 Le fibre nei neuroni pre-gangliari hanno degli assoni molto lunghi ed
innervano le cellule post-gangliari poste in prossimità dell’organo bersaglio o
all’interno dell’organo stesso.

SISTEMA NERVOSO AUTONOMO


 Organizzazione a livello del midollo spinale.
Ingresso delle fibre sensoriali dagli organi: radici dorsali (comuni alle
somatiche).
Uscita: radici ventrali.
75
 Organizzazione a livello del tronco encefalico.
Ingresso: le fibre sensoriali autonome sono segregate dalle somatiche che
entrano più lateralmente.
Uscita: i nervi autonomi efferenti lasciano il tronco in regioni più laterali delle
fibre somatiche.

SISTEMA NERVOSO AUTONOMO:


NEUROTRASMETTITORI
 I due principali neurotrasmettitori sono l’acetilcolina e la noradrenalina.
 L’acetilcolina è rilasciata dalle terminazioni sinaptiche di tutti i neuroni pre-
gangliari.
 I neuroni post-gangliari simpatici rilasciano la noradrenalina (salvo le fibre
colinergiche simpatiche che innervano le ghiandole sudoripare).
 I neuroni post-gangliari parasimpatici rilasciano l’acetilcolina.

SISTEMA NERVOSO AUTONOMO


 Le vie simpatiche utilizzano la noradrenalina e le vie parasimpatiche utilizzano
l’acetilcolina.
 Nel sistema nervoso i recettori nicotinici neuronali possono essere Ca2+-
permeabili, mentre nel muscolo non possono essere Ca2+-permeabili.
 Acetilcolina e noradrenalina: si parla della stessa via.
 Per quanto riguarda il parasimpatico, è presente il neurone pre-gangliare (il
post-gangliare innerva l’effettore).

RECETTORI PER I
NEUROTRASMETTITORI
 I recettori colinergici sono classificati come nicotinici o muscarinici a seconda
che siano attivati dalla nicotina o dalla muscarina (M1-M5).
 I recettori adrenergici sono di tipo α o di tipo β.
I recettori α sono distinti in:
 α1: risposta maggiore alla noradrenalina (le cellule bersaglio post-
sinaptiche sono innervate dal simpatico). È espresso nel muscolo liscio
ed è accoppiato alle proteine Gq (interagiscono con la fosfolipasi C);
 α2: risposta maggiore all’adrenalina. È espresso nei nervi pre-sinaptici ed
è accoppiato alle proteine Gi (inibitorie);

76
 β1: pari risposta alla noradrenalina e all’adrenalina. È espresso nel cuore
ed è accoppiato alle proteine Gs (stimolatorie);
 β2: maggior risposta all’adrenalina, le cellule non sono innervate dai
neuroni simpatici. È espresso nel muscolo liscio ed è accoppiato alle
proteine Gs (stimolatorie);
 β3: maggior risposta alla noradrenalina, le cellule adipose sono brune, si
ha il fenomeno della termogenesi. È espresso nel tessuto adiposo ed è
accoppiato alle proteine Gs (stimolatorie).
 I recettori muscarinici possono essere suddivisi in cinque sottotipi recettoriali:
M1, M2, M3, M4, M5.
I recettori M1, M3 e M5 hanno come secondi messaggeri il diacil-glicerolo e
l'inositolo trifosfato.
I recettori M2 e M4 inibiscono l'enzima adenilato ciclasi provocando la
diminuzione della concentrazione di cAMP nella cellula.

RECETTORI ADRENERGICI
 α1: è espresso nella muscolatura liscia dei vasi e nelle pupille. È più affine alla
noradrenalina che all’adrenalina. Attiva l'inositolo trifosfato ed ha un effetto
eccitatorio sull’organo effettore.
 α2: è espresso nel SNC, nelle piastrine, negli autorecettori, in alcuni muscoli
lisci vascolari e nel tessuto adiposo. È più affine alla noradrenalina che
all’adrenalina. Inibisce il cAMP ed ha un effetto eccitatorio sull’organo
effettore.
 β1: è espresso nel SNC, nel muscolo cardiaco e nel rene. Lega sia l’adrenalina
e la noradrenalina. Attiva il cAMP ed ha un effetto eccitatorio sull’organo
effettore.
 β2: è espresso selettivamente in alcuni muscoli lisci di alcuni vasi,
nell’apparato respiratorio e nell’utero. È più affine all’adrenalina che alla
noradrenalina. Attiva il cAMP ed ha un effetto inibitorio sull’organo effettore.
 β3: è espresso nel tessuto adiposo. Lega sia l’adrenalina e la noradrenalina.
Attiva il cAMP ed ha un effetto eccitatorio sull’organo effettore.

AGONISTI E ANTAGONISTI
 Agonista dei recettori colinergici: acetilcolina.
 Agonista dei recettori muscarinici: muscarina.
 Agonista dei recettori nicotinici: nicotina.
 Antagonisti dei recettori colinergici muscarinici: atropina e scopolamina.

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 Antagonisti dei recettori colinergici nicotinici: curaro ed alfa-
bungarotossina.
 Agonisti dei recettori adrenergici: adrenalina e noradrenalina.
 Agonista alfa: fenilefrina.
 Agonista beta: iso-proterenolo
 Antagonisti dei recettori alfa: alfa-bloccanti.
 Antagonisti dei recettori beta: beta-bloccanti. Il propanololo è un principio
attivo beta-bloccante non selettivo per β1 e β2. Il metoprololo ha un’attività β1
selettiva.

SISTEMI REGOLATORI AUTONOMI


 Componenti centrali: sistema limbico, ipotalamo, tronco dell’encefalo e
midollo spinale.
 Sistema limbico: rappresenta uno dei livelli più alti della gerarchia nel
controllo del sistema nervoso autonomo. È una regione sub-corticale molto
importante per quanto riguarda i fenomeni della memoria. È sede di
immagazzinamento di ricordi di esperienze che formano le sensazioni sub-
coscienti.
La sua stimolazione può evocare diverse sensazioni e comportamenti (ira,
collera e paura), che producono degli irreali cambiamenti fisiologici nel nostro
organismo con l’attivazione delle vie autonome.
 L’ipotalamo svolge delle importanti ed ampie funzioni di regolazione del
sistema nervoso autonomo. Regola l’attività dell’ipofisi ed è sede di neuroni
che regolano una serie di attività vegetative. L’ipotalamo contiene numerosi
nuclei di piccole dimensioni: le diverse risposte sono evocate e coordinate
dall’attivazione di differenti nuclei ipotalamici.

SISTEMA LIMBICO: IPOTALAMO


 Due nuclei ipotalamici si attivano quando devono essere messi in atto due tipi
di comportamento diversi:
 comportamento di alimentazione: prevede l’aumento del sangue,
l’aumento della pressione sanguigna che serve ad aumentare l’apporto
ematico all’intestino, l’aumento della motilità intestinale e la
diminuzione dell’apporto ematico ai muscoli. Tutto ciò viene messo in
atto dall’attivazione del parasimpatico;
 comportamento di difesa: produce un aumento della pressione
sanguigna, che serve ad aumentare l’apporto ematico ai muscoli, e una
diminuzione della motilità intestinale e dell’apporto ematico intestinale.

78
RISPOSTA “ATTACCO E FUGA”
 Aumento della pressione sanguigna.
 Aumento della frequenza cardiaca.
 Aumento della forza di contrazione del cuore.
 Aumento della velocità di conduzione nel cuore.
 Aumento a livello del cervello, del muscolo scheletrico e del cuore.
 Riduzione del flusso sanguigno nella cute e nelle regioni viscerali.
 Mobilizzazione del glicogeno epatico: glicogenolisi.
 Mobilizzazione degli acidi grassi: lipolisi.
 Aumento della sudorazione: il sudore serve a raffreddare.
 Piloerezione: erezione dei peli dell’epidermide dovuta alla contrazione dei
muscoli erettori dei peli in conseguenza agli stimoli nervosi (il raddoppio del
volume dei peli aiuta il gatto a sembrare più imponente e pericoloso agli occhi
del suo avversario).
 Midriasi: dilatazione della pupilla.
 Inibizione della motilità, secrezione gastrointestinale e contrazione degli
sfinteri.

SISTEMI REGOLATORI AUTONOMI:


“ATTACCO E FUGA” (GHIANDOLA
SURRENALE)
 Le catecolammine circolanti determinano un maggior afflusso di sangue ai
muscoli scheletrici e al cuore ed un minor afflusso di sangue agli organi interni
(“attacco e fuga”).

SISTEMA NERVOSO ENTERICO


 È autonomo.
 È composto da circa 108 neuroni, come il midollo spinale.
 Svolge delle funzioni indipendenti dal SNC: ad esempio la peristalsi, che è uno
schema motorio messo in atto dall’apparato intestinale.
 Possiede numerosi tipi di recettori sensoriali: chemiocettori, meccanocettori e
termocettori.
 È organizzato in due reti nervose interconnesse: il plesso mioenterico (o plesso
di Auerbach) e il plesso sottomucoso (o plesso di Meissner).

79
 I due plessi ricevono delle informazioni dal sistema nervoso simpatico e dal
sistema nervoso parasimpatico.
 È costituito da numerosi neurotrasmettitori e da circa 500 milioni di neuroni
che nell’uomo sono suddivisi in circa 20 classi funzionalmente distinte (da cui
il nome di “secondo cervello”).

COMUNICAZIONE INTERCELLULARE
 È un trasferimento diretto di segnali chimici ed elettrici attraverso delle
giunzioni comunicanti.
 È una comunicazione chimica locale. Si utilizzano delle sostanze paracrine e
delle sostanze autocrine.
 È una comunicazione a lunga distanza tramite dei segnali chimici (gli ormoni)
ed elettrici.

ORMONI
 Sono dei messaggeri chimici secreti nel plasma da delle cellule endocrine
(ghiandole o sistemi diffusi) o da dei neuroni specializzati.
 Sono responsabili del controllo a lungo termine delle funzioni del nostro
organismo.
 Sono delle sostanze chimiche secrete nel sistema circolatorio per essere
trasportate ad un bersaglio distante.
 Esercitano il loro effetto sulla cellula bersaglio legandosi a dei recettori e
innescando delle risposte biochimiche. Possono indurre anche delle risposte
elettriche nelle cellule bersaglio.
 Sono delle sostanze che agiscono a concentrazioni molto basse (10-9 – 10-12
mol/L).
 Non tutte le molecole ormonali raggiungono i loro bersagli in quanto alcune
vengono metabolizzate da degli enzimi presenti principalmente nel fegato e nel
rene per essere escreti con la bile o le urine. La loro concentrazione diminuisce
nel tempo perché sono delle molecole metabolizzate.
 Emivita: tempo di dimezzamento della concentrazione plasmatica
dell’ormone. Alcuni ormoni hanno un’emivita breve, mentre altri ce l’hanno
lunga.

CLASSIFICAZIONE DEGLI ORMONI


 Peptidici: molecole idrofile.
80
 Steroidei: molecole lipofile.
 Amminici: melatonina (molecola lipofila ed idrofila), catecolammine
(molecole idrofile) ed ormoni tiroidei (molecole lipofile).

ORMONI PEPTIDICI
 Sono dei peptidi composti da tre o più amminoacidi (oltre 200).
 Sono sintetizzati ed immagazzinati nelle vescicole secretorie.
 Il peptide iniziale che esce dal reticolo endoplasmatico rugoso è una proteina
inattiva (il pre-pro-ormone) che contiene una o più copie dell’ormone, delle
sequenze segnale ed altre sequenze che possono o meno possedere attività
biologica.
 Nell’apparato del Golgi si crea una molecola ancora inattiva (il pro-ormone)
che viene immagazzinato in vescicole contenenti degli enzimi proteolitici.
 Vengono liberati per esocitosi.
 Esempio: pro-opiomelanocortina (POMC) è un pro-ormone che origina
corticotropina, lipotropina (β e γ), β-endorfina ed ormone melanotropo (α e β).
 Gli ormoni peptidici sono idrosolubili e, quindi, si sciolgono nel plasma.
 L’emivita è solitamente molto breve (dell’ordine di pochi minuti). Per
esercitare una risposta prolungata nel tempo devono, quindi, essere
costantemente secreti.
 Si legano ai recettori di membrana delle cellule bersaglio.

ORMONI STEROIDEI
 Derivano tutti dal colesterolo.
 Sono sintetizzati da pochi organi nel momento in cui devono essere secreti.
 Sono lipofili e, quindi, attraversano liberamente la membrana plasmatica: non
possono essere immagazzinati nelle cellule e, quindi, sono sintetizzati quando
sono necessari.
 I precursori sono presenti nel citosol e vengono convertiti nella forma attiva
quando la cellula endocrina riceve uno stimolo.
 Vengono trasportati nel plasma legati a delle proteine di trasporto (specifiche o
aspecifiche).
 Il legame alla proteina allunga l’emivita dell’ormone in quanto lo protegge
dalla degradazione enzimatica.
 I recettori per gli steroidi si trovano nel compartimento intracellulare: nel
citoplasma o nel nucleo.

81
 La destinazione finale del complesso recettore-ormone è il nucleo dove il
complesso agisce come fattore di trascrizione legandosi al DNA e attivando
uno o più geni (si genera una risposta lenta).
 Diversi steroidi si legano anche ai recettori presenti nella membrana plasmatica
della cellula bersaglio (si generano delle risposte rapide).
 Vengono convertiti nella forma finale in risposta ad uno stimolo esterno.
 Non si sciolgono in un mezzo acquoso.
 L’emivita dell’ormone steroideo è dell’ordine delle ore o dei giorni contro i
pochi minuti dell’ormone peptidico.

ORMONI AMMINICI
 La melatonina deriva dal triptofano.
 Le catecolammine e gli ormoni tiroidei derivano dalla tirosina.
 Le catecolammine condividono le proprietà degli ormoni peptidici, mentre gli
ormoni tiroidei condividono le proprietà degli ormoni steroidei.

RILASCIO ORMONALE
 Meccanismi a feedback.
 Il rilascio è controllato da degli ormoni trofici.
 Meccanismi di controllo a cascata (o assi ormonali).
 Ritmi tipici (o cicli) di secrezione.
MECCANISMO DI REGOLAZIONE A
RETROAZIONE NEGATIVA
 Serve a mantenere all’interno di un intervallo relativamente ristretto il valore di
una variabile regolata (ad esempio la concentrazione di glucosio plasmatico, la
temperatura corporea e l’osmolarità dei liquidi corporei).
 Il sistema è in grado di confrontare il valore della variabile regolata con un
valore di riferimento (“set point”) e di innescare delle risposte compensatorie
quando questo si discosta dal valore di riferimento: se la variabile aumenta, il
sistema risponde facendola diminuire; mentre se la variabile diminuisce, il
sistema risponde facendola aumentare.
 La risposta del sistema si arresta quando la variabile riassume il valore di
riferimento.

82
MECCANISMO A FEEDBACK
 In caso di abbassamento della concentrazione di glucosio nel plasma, si riduce
la secrezione di glucagone e ciò stimola la sintesi e la liberazione del glucosio
a livello epatico.
 In caso di aumento della concentrazione di glucosio nel sangue, la secrezione
di glucagone viene invece inibita.
 Questa modulazione può valere come meccanismo semplice di un sistema di
regolazione retro-attiva.

SISTEMA NEUROENDOCRINO: ASSE


IPOTALAMO-IPOFISI
 L’asse ipotalamo-ipofisi è un’area di interconnessione tra il sistema nervoso
ed il sistema endocrino.
 L’ipofisi si trova alla base dell’encefalo, in intimo contatto con l’ipotalamo
attraverso il peduncolo ipofisario. L’ipofisi si divide in:
 ipofisi anteriore (o adenoipofisi): tessuto ghiandolare;
 ipofisi posteriore (o neuroipofisi): tessuto nervoso.
 Ci sono due classi di neuroni ipotalamici:
 i parvi-cellulari, che proiettano i loro assoni all’eminenza mediana;
 i magno-cellulari, che proiettano i loro assoni alla neuroipofisi.

ASSE IPOTALAMO-IPOFISI-GHIANDOLA
ENDOCRINA
 L’ipotalamo secerne l’ormone trofico 1, che agisce a livello dell’ipofisi
anteriore.
 L’ipofisi anteriore secerne l’ormone trofico 2, che agisce a livello della
ghiandola endocrina.
 La ghiandola endocrina secerne l’ormone trofico 3, che induce una risposta
della cellula bersaglio.

RITMI TIPICI DI SECREZIONE


 Molti ormoni vengono secreti secondo dei ritmi tipici che rappresentano, come
“modulazione di frequenza”, un importante principio regolatore per gli ormoni.

83
 Le dimensioni temporali di questi ritmi variano da alcuni minuti, come nel
caso dell’insulina, a periodi di vita prolungati, come ad esempio nel caso degli
steroidi sessuali.
 Il cortisolo è un ormone rilasciato dalla ghiandola surrenale. Il picco è
maggiore nelle prime ore di sonno.

IL SISTEMA CARDIOVASCOLARE
 È costituito dal cuore che pompa il sangue in un circuito chiuso di vasi.
 La sua funzione è il trasporto di materiale tra i vari distretti dell’organismo.
 Le sostanze trasportate sono:
1. i nutrienti, l’acqua e i gas che entrano dall’ambiente esterno;
2. i materiali scambiati da una cellula all’altra;
3. i cataboliti che le cellule devono eliminare.
 Sono trasportati anche le cellule, gli anticorpi e il calore (dal centro verso la
periferia dove viene dissipato).
 È implicato nei processi di termoregolazione della temperatura corporea.

IL CUORE
 Ha la forma di un cono rovesciato, collocato all’interno del sistema
circolatorio. È costituito da 4 camere: 2 atri e 2 ventricoli. Gli atri e i ventricoli
sono collegati e comunicanti attraverso i fori occupati dalle valvole atrio-
ventricolari.
 La valvola mitrale, così chiamata per la somiglianza con il copricapo
cerimoniale (la mitra), unisce l’atrio sinistro al ventricolo sinistro. È nota anche
come valvola bicuspide.
 Le fibre del cuore sono organizzate a spirale.

IL CICLO CARDIACO
 È il periodo di tempo compreso tra l’inizio di un battito cardiaco e l’inizio del
successivo. Presenta 2 fasi: la diastole (il muscolo cardiaco è rilasciato) e la
sistole (il muscolo cardiaco è contratto).
 Eventi elettrici della contrazione del cuore: come il potenziale d’azione di
una cellula auto-ritmica genera un’onda di attività elettrica, che si propaga
attraverso il cuore.
 Eventi meccanici del ciclo: come la contrazione sequenziale di atri e ventricoli
permette al sangue di fluire dalle vene alle camere cardiache e alle arterie.
84
 Nel cuore le cellule auto-ritmiche non contrattili sono localizzate nel
pacemaker fisiologico.
 Nel nodo seno-atriale la frequenza a riposo varia tra i 70 e gli 80 battiti al
minuto.
 Sono pacemaker latenti le cellule del:
 nodo atrio-ventricolare;
 fascio di His (o fascio atrio-ventricolare);
 fibre di Purkinje (la frequenza è di 30 battiti al minuto).
 Il potenziale d’azione pacemaker dal nodo seno-atriale si propaga da cellula a
cellula rapidamente attraverso delle giunzioni comunicanti. All’onda di
depolarizzazione segue un’onda di contrazione.
 Esistono 2 vie di conduzione atriali:
 la via inter-atriale: dal nodo del seno all’atrio sinistro. Assicura che gli
atri si depolarizzino simultaneamente e, quindi, si contraggano
contemporaneamente;
 la via inter-nodale: dal nodo seno-atriale al nodo atrio-ventricolare. Gli
atri sono connessi ai ventricoli da un tessuto fibroso non elettricamente
conduttore. Il potenziale d’azione raggiunge il nodo atrio-ventricolare in
30 ms.
 La propagazione attraverso il nodo atrio-ventricolare è lenta (ritardo del nodo
atrio-ventricolare = 100 ms) per permettere agli atri la completa
depolarizzazione e contrazione.
 Dal nodo atrio-ventricolare (150 ms) i potenziali d’azione passano al fascio
atrio-ventricolare (o fascio di His) lungo il setto.
 Dal setto il fascio si divide in 2 branche (destra e sinistra). Una volta raggiunto
l’apice (175 ms), si diramano in piccole fibre del Purkinje che trasmettono
l’eccitazione alle cellule contrattili ventricolari (225 ms).
 Il sistema di conduzione ventricolare garantisce una propagazione 6 volte più
rapida. È necessario perché la massa muscolare ventricolare è molto grande.

ELETTROCARDIOGRAMMA (ECG)
 È una tecnica non invasiva. Registra l’attività elettrica di tutte le cellule del
miocardio effettuata da degli elettrodi posti sulla superficie corporea (è una
registrazione extracellulare). L’ampiezza massima di un’onda è dell’ordine di 1
mV.
 Il tracciato ECG mostra la somma dei potenziali elettrici generati da tutte le
cellule cardiache in ogni istante.
 Il tracciato ECG è costituito da una sequenza di onde che si ripetono
costantemente nel tempo: onda P, complesso QRS ed onda T.
85
 Nel tracciato ECG si identificano i seguenti elementi:
 onda P: è la prima onda che si genera nel ciclo e corrisponde alla
depolarizzazione atriale. È una deflessione arrotondata di piccola
ampiezza che precede il complesso QRS;
 intervallo PR (o PQ): rappresenta il tempo che intercorre tra la
contrazione atriale e la contrazione ventricolare;
 complesso QRS: corrisponde alla depolarizzazione ventricolare e ha una
forma “a punta”. L'onda Q è negativa, corrisponde alla depolarizzazione
del setto inter-ventricolare e precede l’onda R; l'onda R è la prima
deflessione positiva e corrisponde alla depolarizzazione della parte
apicale dei ventricoli; l'onda S è negativa, corrisponde alla
depolarizzazione della regione basale e posteriore del ventricolo sinistro
e segue l’onda R.
 segmento ST: è la linea di congiunzione tra il complesso QRS e l’onda
T;
 onda T: è la prima onda della ripolarizzazione ventricolare.
 L’elettrocardiogramma fornisce delle informazioni su:
 ritmo cardiaco (aritmie e fibrillazione);
 velocità di conduzione;
 condizione dei tessuti cardiaci (ischemia ed ingrossamento del cuore).

PRESSIONE DI UN LIQUIDO
 Corrisponde alla forza esercitata dal liquido stesso sulle pareti del contenitore.
Se il liquido non è in movimento, viene definita idrostatica. È diretta in tutte le
direzioni.
 Si misura in mmHg o torr (1 mmHg = 1 torr). Corrisponde alla pressione
idrostatica esercitata da una colonna di mercurio alta 1 mm su un’area di 1 cm2.

CAMBIAMENTI DI VOLUME
 Se il volume in cui è contenuto il liquido diminuisce, la pressione esercitata dal
liquido sulle pareti aumenta.
 A livello cardiaco, la contrazione del ventricolo causa l’aumento della
pressione del sangue ed il suo spostamento verso i vasi. Viene definita
pressione di spinta.
 Quando il cuore si rilassa e si espande, la pressione diminuisce.

86
CICLO MECCANICO DEL CUORE
 Gli eventi meccanici del ciclo cardiaco si verificano in maniera simile e
contemporaneamente nel cuore destro e nel cuore sinistro.
 Il ciclo può essere rappresentato come un andamento temporale della pressione
nelle cavità cardiache: le pressioni sono diverse nel cuore destro e nel cuore
sinistro, ma l’andamento è simile.
 In alternativa, può essere rappresentato come un ciclo pressione/volume.

IL CICLO CARDIACO
 Può essere descritto con una successione di eventi:
1. diastole atriale e ventricolare: permette il riempimento di sangue che
dalle vene attraversa gli atri e passa direttamente ai ventricoli;
2. sistole atriale: avviene il completamento del riempimento ventricolare;
3. fase iniziale della contrazione ventricolare (isovolumetrica) e chiusura
delle valvole atrio-ventricolari (primo tono cardiaco: chiusura delle
valvole mitrale e tricuspide);
4. apertura delle valvole semilunari ed eiezione ventricolare: il cuore
spinge il suo contenuto di sangue nel sistema circolatorio:
5. rilasciamento ventricolare e chiusura delle valvole semilunari (secondo
tono cardiaco) ed apertura delle valvole atrio-ventricolari.
 Questo ciclo dura circa 800 ms a riposo per una frequenza cardiaca di circa 70
battiti al minuto.

GITTATA SISTOLICA O VOLUME DI


EIEZIONE
 È la quantità di sangue pompata da un ventricolo durante una singola
contrazione.
 Volume tele-diastolico – volume tele-sistolico = 135 mL – 65 mL = 70 mL
 Non è costante, ma può variare fino a 100 mL con l’allenamento.

GITTATA CARDIACA
 È la quantità di sangue che un ventricolo immette nel sistema circolatorio al
minuto (unità di tempo di riferimento per la fisiologia cardiaca).
 Si ottiene moltiplicando la frequenza cardiaca per il volume di eiezione.
 Gittata cardiaca = 72 battiti/min x 70 mL/ battito = 5 L/min

87
 Il volume di sangue è di circa 5 litri: a riposo un ventricolo pompa in un
minuto tutto il sangue presente nell’organismo.
 Nell’intero sistema circolatorio sono presenti circa 5 litri (un po’ meno nelle
donne e un po’ di più negli uomini).

CONTROLLO NERVOSO ED ORMONALE


DELLA FREQUENZA CARDIACA
• Valore medio della frequenza cardiaca:70 battiti al minuto.
• Atleti: 50 battiti al minuto.
• Soggetto ansioso: 125 battiti al minuto.

Si ha un controllo antagonista della frequenza cardiaca da parte delle branche


simpatica e parasimpatica del sistema nervoso autonomo.
Il controllo tonico della frequenza è dominato dal parasimpatico: bloccando le
terminazioni nervose, la frequenza sale a 90-100 battiti al minuto.

REGOLAZIONE DELLA GITTATA


SISTOLICA
 La gittata sistolica dipende dalla forza generata dal muscolo durante la
contrazione.
 La forza è influenzata dalla lunghezza iniziale della fibra e dalla contrattilità
miocardica, che è la capacità intrinseca della fibra miocardica di contrarsi ad
una determinata lunghezza e di generare tensione durante la contrazione.

RELAZIONE LUNGHEZZA-TENSIONE E
LEGGE DI FRANK-STARLING
 La relazione di Frank-Starling è una riformulazione della legge per il muscolo
scheletrico applicata al cuore “in toto”.
 Questa relazione dice che un aumento del volume tele-diastolico produce un
aumento del volume eiezione in maniera automatica, ossia il cuore ha un
meccanismo intrinseco che gli permette di immettere nel sistema circolatorio
una quantità aggiuntiva di quel sangue che gli ritorna dal sistema circolatorio.
È un meccanismo che deriva dal fatto che le proteine contrattili sono
organizzate in sarcomeri.

88
RITORNO VENOSO
 Determina la quantità di sangue che entra nel cuore e, quindi, il volume
telediastolico.
 Il volume di fine diastole è determinato dalla quantità di sangue che torna al
cuore dalla circolazione venosa. Il grado di allungamento miocardico è
determinato dal ritorno venoso e dipende dalla pressione tele-diastolica o
precarico, che è il carico imposto al muscolo cardiaco prima della contrazione.
 A sua volta, il ritorno venoso dipende da:
 contrazione dei muscoli scheletrici: i muscoli scheletrici, quando sono
attivi, esercitano una compressione sulle vene;
 pompa respiratoria: è generata dal movimento del torace durante
l’inspirazione;
 costrizione venosa: è determinata dal sistema nervoso simpatico.

VOLUME DI EIEZIONE E POSTCARICO


 Il volume di eiezione dipende dalla forza di contrazione ventricolare, che a sua
volta dipende dalla forza che si oppone all’eiezione di sangue dai ventricoli,
cioè il muscolo cardiaco lavora contro la pressione arteriosa che viene detta
post-carico (carico imposto al muscolo cardiaco dopo la contrazione).
 In particolare, il post-carico per il ventricolo sinistro è determinato dalla
pressione presente a livello dell’aorta durante il periodo di eiezione
ventricolare.

CONTROLLO RIFLESSO DELLA


CONTRATTILITA’
 È operato dal sistema nervoso e dal sistema endocrino.
 Una sostanza chimica che controlla la contrattilità viene definita inotropa.
 La contrattilità aumenta quando la diponibilità del calcio è maggiore.
 Le catecolammine aumentano l’influsso di calcio e il rilascio di calcio dal
reticolo: si ha un effetto inotropo positivo.

IL SISTEMA CIRCOLATORIO
 È costituito da un sistema arterioso e da un sistema venoso: il sistema arterioso
trasporta il sangue dal cuore verso la periferia, mentre il sistema venoso
trasporta il sangue dalla periferia verso il cuore.
 Ci sono due circuiti:
89
 circolazione polmonare: trasporta sangue poco ossigenato dal
ventricolo destro verso le arterie polmonari. Il sangue poco ossigenato
attraversa l’arteria polmonare, che raggiunge le arteriole e i capillari
polmonari, dove avviene lo scambio dei gas. Poi le vene polmonari
raggiungono l’atrio sinistro.
 circolazione sistemica: il ventricolo sinistro spinge il sangue carico di
ossigeno e sostanze nutritive verso l’arteria aorta. A partire dall’aorta il
sangue viene trasportato in arterie sempre più piccole, fino ad arrivare
alle arteriole e ai capillari. Qui viene ceduto l’ossigeno a tutte le cellule
del nostro corpo. Queste scaricano nei capillari la CO2: il sangue si
riempie di CO2 e torna al cuore tramite delle piccolissime venule, poi
delle vene via via più grosse che confluiscono in un’unica grossa vena
(la vena cava), che scarica tutto il sangue nell’atrio destro del cuore.

IL CUORE ED I PRINCIPALI VASI


SANGUIGNI
 Convenzionalmente, il sangue meno ossigenato è rappresentato in blu mentre
quello ben ossigenato è rappresentato in rosso.
 cuore: l’atrio destro ed il ventricolo destro contengono sangue meno
ossigenato. Rispettivamente, ricevono sangue dalle vene cave e dall’atrio
destro ed inviano sangue al ventricolo destro ed ai polmoni. L’atrio
sinistro ed il ventricolo sinistro contengono sangue ben ossigenato.
Rispettivamente, ricevono sangue dalle vene polmonari e dall’atrio
sinistro ed inviano sangue al ventricolo sinistro e a tutti gli organi
dell’organismo (ad eccezione dei polmoni, che lo ricevono attraverso
l’arteria polmonare ed il ventricolo destro).
 vasi: le vene cave e l’arteria polmonare contengono sangue meno
ossigenato. Rispettivamente, ricevono sangue dalle vene sistemiche e dal
ventricolo destro ed inviano sangue all’atrio destro ed ai polmoni. La
vena polmonare e l’aorta contengono sangue ben ossigenato.
Rispettivamente, ricevono sangue dalle vene dei polmoni e dal
ventricolo sinistro ed inviano sangue all’atrio sinistro ed alle arterie
sistemiche.

I VASI SANGUIGNI
 Sono dei condotti di forma cilindrica, la cui parete è costituita da varie
componenti a seconda del tipo di vaso:
 componente di muscolatura liscia;
90
 componente di tessuto connettivo elastico;
 componente di tessuto connettivo fibroso.
 Il rivestimento interno di tutti i vasi è costituito da un epitelio specializzato,
detto endotelio.

AORTA E GRANDI ARTERIE


 Presentano delle pareti con un muscolo liscio e una componente di tessuto
connettivo elastico e fibroso.
 È necessaria una quantità elevata di energia per distendere le loro pareti.
 Assorbono una quantità elevata di energia dal sangue, che viene espulso ad alta
pressione dai ventricoli, e la liberano durante il ritorno elastico.
 Garantiscono il flusso di sangue continuo anche se il battito cardiaco è
intermittente.
 In un sistema di condotti, il sangue varia da dove la pressione è maggiore a
dove la pressione è minore: il valore massimo è 120 mmHg ed il valore
minimo è 80 mmHg.

MUSCOLO LISCIO VASCOLARE E VASI


DI RESISTENZA
 È sempre parzialmente contratto (tono muscolare).
 È influenzato da numerose sostanze: ormoni, neurotrasmettitori e fattori
paracrini.
 Queste sostanze agiscono in particolare a livello delle arteriole: la contrazione
o la dilatazione della muscolatura liscia determina la variazione del loro raggio
e, quindi, della resistenza al flusso (vasi di resistenza).
 Varia la sua contrazione perché è ben innervato dal sistema autonomo
simpatico.

MICROCIRCOLAZIONE
 È costituita da arteriole, metarteriole, capillari e venule.
 Le metarteriole presentano una minore componente di muscolatura liscia
rispetto alle arteriole. Le metarteriole assomigliano alle arteriole.
 Possono indirizzare il sangue verso i letti capillari o costituire dei bypass
arterovenosi nel caso in cui gli sfinteri pre-capillari siano contratti. Quindi,
possono indirizzare il sangue dal distretto arterioso a quello venoso.
 I capillari sono i vasi più piccoli e insieme alle venule post-capillari sono la
sede di scambio tra il sangue ed il liquido interstiziale.
91
I VASI DI CAPACITA’: IL SISTEMA
VENOSO
 È costituito da un sistema convergente di vasi di diametro sempre maggiore.
 Raccoglie più della metà del sangue presente nella circolazione sistemica. Le
vene sono più numerose delle arterie e hanno una quantità minore di tessuto
elastico rispetto alle arterie: si espandono più facilmente.
 Il flusso ematico venoso contro la forza di gravità è agevolato dalla presenza di
valvole e dalla pompa muscolare scheletrica.
 Le vene vengono dette vasi di capacità perché accolgono più della metà del
sangue presente nella circolazione sistemica.
 L’attività fisica comprime le vene e questo promuove il ritorno di sangue al
cuore.

PRESSIONE, VOLUME, FLUSSO E


RESISTENZA
 Il sangue scorre nel sistema circolatorio perché è spinto da un gradiente di
pressione generato dalla contrazione cardiaca.
 I liquidi si spostano da regioni a maggior pressione a regioni a minor
pressione: nel sistema circolatorio dal cuore verso la vena cava.
 Quando il sangue scorre attraverso il sistema, la pressione diminuisce a causa
dell’attrito: la pressione diminuisce man mano che il sangue si allontana dal
cuore.

PRESSIONE DI UN LIQUIDO
 Corrisponde alla forza esercitata dal liquido stesso sulle pareti del contenitore.
Se il liquido non è in movimento, viene definita idrostatica. È diretta in tutte le
direzioni.
 Si misura in mmHg o torr (1 mmHg = 1 torr). Corrisponde alla pressione
idrostatica esercitata da una colonna di mercurio alta 1 mm su un’area di 1 cm2.

CAMBIAMENTI DI VOLUME
 Se il volume in cui è contenuto il liquido diminuisce, la pressione esercitata dal
liquido sulle pareti aumenta.

92
 A livello cardiaco, la contrazione del ventricolo causa l’aumento della
pressione del sangue ed il suo spostamento verso i vasi. Viene definita
pressione di spinta.
 Quando il cuore si rilassa e si espande, la pressione diminuisce.
 I cambiamenti di volume che influenzano la pressione si verificano anche a
livello dei vasi: se si dilatano, la pressione al loro interno diminuisce mentre se
si contraggono, la pressione del sangue aumenta.

PRESSIONE E FLUSSO
 Il flusso Q (o portata) è il volume di sangue che scorre attraverso la sezione
trasversa di un condotto cilindrico nell’unità di tempo. Si misura in L/min. Il
flusso è direttamente proporzionale alla differenza di pressione ai capi del
condotto:
Q ∝ ΔP = P1 – P2
ossia quanto più è elevato il gradiente di pressione tanto maggiore sarà il
volume di sangue che scorre in questo condotto.
a) Il liquido scorre solo se esiste un gradiente di pressione positivo.
b) Se non esiste un gradiente di pressione, non c’è movimento.
c) Il flusso dipende da ΔP, non dal valore assoluto di P.

PRESSIONE E RESISTENZA
 Il sistema vascolare presenta una resistenza al flusso ematico che scorre nelle
vie a minore resistenza. In un sistema di condotti, il sangue scorre
maggiormente nelle vie che offrono una minore resistenza al flusso:
Q ∝ 1/R
 Per un liquido che scorre in un condotto cilindrico, i parametri che
determinano la resistenza sono:
1. lunghezza L del condotto;
2. raggio r del condotto;
3. viscosità η del liquido.
ossia R= 8Lη/ πr4 e R ∝ Lη/ r4 (la resistenza è inversamente proporzionale
alla quarta potenza del raggio del condotto).
 L ed η sono fissi, non sono dei fattori significativi.
 Delle piccole variazioni del raggio dei condotti esercitano una grande influenza
sul flusso.

93
PRESSIONE, FLUSSO E RESISTENZA
 Legge di Poiseuille: Q= (πr4ΔP)/(8ηL)

VELOCITA’ DEL FLUSSO


 È la distanza percorsa nell’unità di tempo da un dato volume di sangue :
v = Q/A
dove A è l’area della sezione trasversa del condotto.

LA PRESSIONE ARTERIOSA
 È una variabile controllata a livello omeostatico.
 Un’elevata pressione arteriosa crea dei danni a livello cardiocircolatorio. I
problemi cardiovascolari sono i principali motivi di morte.
 Il ventricolo sinistro, contraendosi, genera una pressione elevata che oscilla tra
0 e 120 mmHg.
 La pressione aortica raggiunge un valore massimo di circa 120 mmHg
(pressione sistolica) durante la sistole ventricolare per scendere fino a circa 80
mmHg (pressione diastolica) durante la diastole ventricolare.
 La pressione arteriosa diastolica è elevata grazie al ritorno elastico delle arterie
e dell’aorta.
 Pressione differenziale = pressione sistolica – pressione diastolica
 Pressione arteriosa media = pressione diastolica + 1/3 (pressione differenziale)
La pressione arteriosa media è il principale fattore che determina il flusso di
sangue: è la pressione diastolica alla quale si aggiunge un terzo di quella
differenziale.

FATTORI CHE DETERMINANO LA


PRESSIONE ARTERIOSA MEDIA
 La pressione arteriosa media è determinata dall’equilibrio tra il sangue che
entra nelle arterie ed il sangue che esce dalle arterie.
 Se la resistenza periferica è elevata, la pressione arteriosa media aumenta.
 Dipende principalmente:
 dalla gittata cardiaca e dalla resistenza delle arteriole (resistenza
periferica);
 dal volume di sangue totale e dalla sua distribuzione nella circolazione
sistemica.

94
 La pressione arteriosa media è direttamente proporzionale alla gittata cardiaca
ed alla resistenza a livello arteriolare:
pressione arteriosa media ∝ gittata cardiaca x resistenza
 La pressione arteriosa media è determinata da:
 volume ematico (volemia): è il bilancio tra l’assunzione di liquidi e la
perdita di liquidi. La perdita di liquidi può essere passiva o regolata dal
rene;
 efficacia del cuore come pompa (gittata cardiaca): è il bilancio tra la
frequenza cardiaca e la gittata sistolica;
 resistenza del sistema al flusso sanguigno: è determinata dal diametro
delle arteriole;
 distribuzione relativa del sangue tra i vasi sanguigni arteriosi e venosi: è
determinata dal diametro delle vene.

REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE


ARTERIOSA
 La pressione arteriosa è controllata dai centri vascolari:
 si ha una risposta rapida: non agisce sulle cause ed è mediata dal sistema
nervoso autonomo. Inoltre, diminuisce la gittata cardiaca e viene
provocata la vasodilatazione;
 si ha una risposta lenta: agisce sulle cause e riguarda il sistema
ormonale.

REGOLAZIONE DELLA RESISTENZA


DELLE ARTERIOLE
 Dipende dalla contrazione del muscolo liscio arteriolare.
 Autoregolazione miogena: è una risposta intrinseca del muscolo liscio
vascolare provocata dall’aumento della pressione. Produce uno stimolo della
muscolatura liscia e delle pareti. Risponde allo stimolo attivandosi e
permettendo un ingresso di calcio nel muscolo liscio.
 Sostanze paracrine.
 Sostanze paracrine che derivano dal metabolismo.
 Ormoni.
 Neurotrasmettitori (sistema nervoso simpatico): produce la noradrenalina,
che è rilasciata dal sistema nervoso simpatico.

95
AUTOREGOLAZIONE MIOGENA
 Evita che un aumento della pressione arteriosa provochi un aumento del flusso
di sangue nelle arteriole.
 Induce vasocostrizione in risposta all’allungamento delle fibre muscolari lisce,
che aumenta la resistenza al flusso.
 Meccanismo: l’aumento della pressione all’interno dei vasi attiva dei canali
ionici calcio permeabili meccano-dipendenti della muscolatura liscia arteriolare
con l’aumento del calcio intracellulare e la contrazione.

MONOSSIDO DI AZOTO
 La formula della sua molecola è NO. È un gas ad emivita breve (5-6 secondi).
 È sintetizzato a livello cellulare a partire da L-arginina ed O2. La reazione è
catalizzata da un enzima, il monossido di azoto-sintasi, che è presente in due
tipi di isoforme: costitutiva (cNOS) ed inducibile (iNOS). I prodotti terminali
sono L-citrullina e monossido di azoto.
 Viene prodotto a livello endoteliale e può diffondere attraverso il doppio strato
lipidico. Diffonde al muscolo liscio dove attiva la guanilato ciclasi, che
produce un aumento di cAMP. I livelli di guanosin-monofosfato ciclico
aumentano, si attiva la protein-chinasi G che fosforila numerose proteine
inducendo il rilassamento delle cellule muscolari lisce.
 Il rilascio di monossido di azoto è stimolato da ACh, ATP, bradichinina ed
istamina che possono agire come sostanze paracrine.

FATTORI PARACRINI DERIVATI DAL


METABOLISMO
 Le concentrazioni dei fattori paracrino variano in relazione allo stato
metabolico dei tessuti.
 Ad esempio, i bassi livelli di O2 e/o gli altri livelli di CO2 nel liquido
interstiziale inducono la vasodilatazione delle arteriole per incrementare il
flusso tissutale; l’ipossia (carenza di O2) locale stimola, inoltre, le cellule
endoteliali a sintetizzare il monossido di azoto (l’agente vasodilatatore). Un
aumento del pH è un segnale per la vasodilatazione.
 A livello cardiaco viene invece rilasciata l’adenosina, che provoca la
dilatazione delle arteriole della circolazione coronarica per aumentare il flusso
di sangue al miocardio.
 Iperemia attiva: è l’aumento del flusso di sangue associato ad un aumento
dell’attività metabolica.
96
 Iperemia reattiva: è l’aumento del flusso ematico che segue un periodo di
bassa perfusione.

SISTEMA SIMPATICO E CONTROLLO


RIFLESSO DEL MUSCOLO VASCOLARE
LISCIO
 Il muscolo liscio arteriolare si trova sempre in uno stato di contrazione parziale
tonica. La noradrenalina rilasciata si lega nel muscolo liscio ad un recettore α-
adrenergico.
 Se aumenta l’attività elettrica nel neurone simpatico, viene rilasciata più
noradrenalina: questo produce una vasocostrizione.

RECETTORI ADRENERGICI
 α: si trova nella maggior parte dei tessuti. È più affine alla noradrenalina (o
norepinefrina) che all’adrenalina (o epinefrina).
 β1: si trova nel muscolo cardiaco e nel rene. Regola la frequenza del battito e la
contrattilità. Presenta le stesse affinità sia alla noradrenalina che all’adrenalina.
 β2: è espresso in alcuni vasi, a livello del muscolo liscio arteriolare del cuore e
a livello di alcuni organi (fegato e muscolo scheletrico). È più affine
all’adrenalina che alla noradrenalina.
 Durante la risposta di “lotta o fuga” il sangue viene deviato dagli organi interni
verso il cuore, il muscolo, il cervello ed il fegato. Si ha un aumento
generalizzato dell’attività simpatica ed il rilascio di noradrenalina nei neuroni
simpatici (questo produce vasocostrizione). A valle, quindi, fluirà meno
sangue.
 L’adrenalina rilasciata rafforza la vasocostrizione quando si lega ai recettori α
e provoca la vasodilatazione quando si lega al muscolo liscio, che esprime i
recettori β2. Quindi, si ha meno sangue verso gli organi non direttamente
implicati nella risposta di “lotta o fuga” e più sangue verso il cuore, il fegato e i
muscoli scheletrici.

IL CONTROLLO CENTRALE DELLA


PRESSIONE ARTERIOSA
 La pressione arteriosa è una variabile sotto il controllo omeostatico nel nostro
organismo.

97
 Il controllo si verifica grazie a dei centri posti nel SNC a livello del bulbo.
Questi centri confrontano la risposta con il valore di riferimento della pressione
arteriosa che loro conoscono. Il SNC riceve delle afferenze sensoriali da dei
meccanocettori sensibili all’allungamento e tonicamente attivi, che sono i
barocettori carotidei (flusso diretto all’encefalo) ed aortici (flusso al corpo). Le
vie efferenti raggiungono il cuore e il muscolo liscio dei vasi (nervi autonomi).
 Si ha anche una modulazione da parte dell’attivazione dei chemocettori (una
diminuzione dell’O2 circolante causa un aumento della gittata cardiaca e della
frequenza respiratoria).
 Si ha una modulazione da parte dei centri bulbari superiori (collegamento con
l’ipotalamo e la corteccia cerebrale, che influenzano la risposta efferente).
 I recettori si attivano quando si ha una variazione della pressione arteriosa.
 L’attività simpatica si lega a:
 recettori α: a livello del muscolo liscio arteriolare, dove aumenta la
vasodilatazione;
 recettori β1: a livello del miocardio ventricolare, dove diminuisce la
contrattilità (gittata sistolica);
 recettori β2: a livello del nodo seno-atriale, dove diminuisce la
frequenza cardiaca.
 Il riflesso barocettivo si verifica quando si passa da una posizione supina ad
una posizione eretta.

ANTI-IPERTENSIVI
 Sono i farmaci:
 calcio-antagonisti: inibitori dei canali del calcio voltaggio-dipendenti;
 β-bloccanti: inibitori dei recettori β1;
 ACE inibitori: inibiscono l’enzima deputato alla sintesi
dell’angiotensina II, che deriva dal precursore angiotensinogeno);
 diuretici: stimolano l’aumento della diuresi (= produzione dell’urina) e
riducono la volemia, che produce un aumento della pressione arteriosa.

LA DISTRIBUZIONE DEL SANGUE AI


TESSUTI
 Varia in relazione alle necessità metaboliche dei singoli tessuti.
 È regolata da dei meccanismi di controllo locale e dai riflessi omeostatici.
 È determinata dal numero e dalle dimensioni delle arteriole presenti in un
tessuto.

98
 Il flusso totale è pari alla gittata cardiaca, ma il flusso che attraversa la singola
arteriola dipende dalla sua resistenza.
 Gli sfinteri pre-capillari sono delle valvole di regolazione del flusso di sangue a
livello delle reti capillari.
 Le arteriole sono tutte poste in parallelo le une alle altre e, quindi, ricevono
tutte contemporaneamente il sangue dall’aorta.
 Il sangue fluisce nelle circolazioni, che distribuiscono il sangue ai vari organi,
e misura una maggiore o minore resistenza in base a quante arteriole ci sono e
al loro stato di contrazione nella muscolatura liscia.

SCAMBIO DI SOSTANZE A LIVELLO DEI


CAPILLARI
 Si verifica tra il plasma (componente liquida del sangue che contiene
moltissime proteine) e le cellule dei tessuti.
 Non sono scambiate le cellule ematiche e, in generale, le proteine.
 Le sostanze attraversano i capillari principalmente per diffusione (sfrutta i
gradienti di concentrazione tra il sangue ed il liquido extracellulare) e per
filtrazione (sono spinti dalla pressione idraulica). Solo alcune proteine possono
essere scambiate e passano per transcitosi.
 I capillari sono diversi nei vari distretti corporei:
 continui: sono presenti a livello del SNC dove costituiscono la barriera
ematoencefalica. Sono delle sostanze lipofile, sono i più comuni e sono
altamente permeabili alle sostanze liposolubili ed idrosolubili di piccole
dimensioni. Presentano delle giunzioni serrate;
 fenestrati: sono presenti nel rene, nell’intestino, nel fegato e nel midollo
osseo. Presentano tantissimi grandi pori, che facilitano i processi di
filtrazione e diffusione. Sembrano dei colabrodi.
 Il sangue nei capillari scorre lentamente per permettere ai processi di diffusione
di diffusione l’equilibrio.
 La velocità di flusso è bassa perché l’area della sezione trasversa totale di tutti i
capillari è molto ampia.
 Le molecole liposolubili (ad esempio, la CO2 e l’O2) attraversano rapidamente
il doppio strato lipidico delle cellule endoteliali, che sono molto sottili. La
velocità di diffusione delle molecole liposolubili è elevata e limitata dal
coefficiente di ripartizione olio/acqua delle sostanze.
 Le molecole lipoinsolubili di piccole dimensioni passano attraverso le
giunzioni e i pori: la diffusione è rapida per urea, ioni e glucosio. Il fattore che

99
limita la diffusione è la velocità del flusso sanguigno: diffusione flusso-
limitata.
 Per le molecole lipoinsolubili di maggiori dimensioni il processo di scambio è
limitato dalla loro scarsa abilità di diffondere attraverso l’endotelio: trasporto
diffusione-limitato.

FILTRAZIONE E RIASSORBIMENTO DI
LIQUIDI A LIVELLO DEI CAPILLARI
 La pressione osmotica e la pressione idraulica determinano un flusso netto di
liquidi (acqua e soluti) tra il sangue ed il liquido interstiziale.
 La filtrazione è il movimento netto di liquido dal lumen nei capillari al liquido
interstiziale.
 L’assorbimento è il movimento netto di liquido dal liquido interstiziale al
lumen nei capillari.
 In generale, si verifica una filtrazione netta a livello dell’estremità arteriosa e
un riassorbimento netto a livello dell’estremità venosa.

SCAMBIO DI LIQUIDI A LIVELLO DEI


CAPILLARI
 La pressione idraulica dei capillari spinge l’acqua verso la parete dei capillari
attraverso i pori e le giunzioni.
 La composizione del plasma è diversa dal liquido interstiziale perché le
proteine sono presenti a livello del sangue nei capillari e sono assenti nel
liquido interstiziale. Questo provoca una pressione osmotica (o colloido-
osmotica o oncotica), che è costante per tutta la lunghezza del capillare. La
pressione osmotica richiama l’acqua verso i capillari.
 La differenza tra queste forze determina il movimento netto di liquidi e soluti
attraverso i capillari.

DRENAGGIO DELLO SPAZIO


INTERSTIZIALE
 Il sistema linfatico è una rete di capillari a fondo chiuso dotati di un’alta
permeabilità. Sono ancorati al tessuto connettivo da delle fibre che permettono
l’apertura di fessure tra le cellule endoteliali in risposta a degli stimoli
meccanici. La pompa è determinata dall’attività muscolare e la direzione del
flusso dipende da un sistema di valvole.
100
 Drena 2-3 litri di liquido al giorno, proteine, grosse molecole e cellule.
 Il liquido è riportato nel sistema circolatorio (vene succlavie alla giunzione con
la giugulare).
 Presenta delle altre funzioni: trasporto dei grassi assorbiti dall’intestino e
difesa da degli agenti patogeni, che si chiamano linfonodi.

IL SANGUE
 Trasporta le sostanze tra i vari distretti corporei.
 Costituisce circa l’8% del peso corporeo di un individuo.
 È la componente circolante del liquido extracellulare.
 È costituito da:
 plasma: è la componente liquida. È formato da acqua, ioni, molecole
organiche, oligoelementi, vitamine e gas. Le molecole organiche sono
gli amminoacidi, le proteine plasmatiche (le principali sono l’albumina,
le globuline e il fibrinogeno), il glucosio, i lipidi e i prodotti azotati. I
gas sono la CO2 e l’O2;
 elementi corpuscolati: sono i globuli rossi, i globuli bianchi e le
piastrine. I globuli bianchi comprendono i linfociti (producono gli
anticorpi e le citochine), i monociti (sono in transito per diventare dei
macrofagi cellulari), i neutrofili, gli eosinofili (attaccano i vermi
parassiti, provocano delle reazioni allergiche e hanno un’attività
fagocitica) e i basofili (rilasciano l’istamina).
 Ha diverse funzioni:
 trasporto;
 protezione contro i microorganismi e le sostanze estranee;
 emostasi;
 regolazione del pH e del bilancio osmotico;
 mantenimento della temperatura corporea.

PROTEINE PLASMATICHE
 Plasma: è tutta la componente liquida del sangue.
 Siero: è il plasma che non contiene fibrinogeno e protrombine.

IL SANGUE: EMOPOIESI
 Tutti gli elementi corpuscolati (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine)
derivano da un unico precursore pluripotente, che è presente nel midollo osseo.
 Quindi, questo processo si verifica a livello del midollo osseo.

101
 A partire da una cellula staminale che si moltiplica, essa si rigenera e nello
stesso tempo dà origine a delle cellule figlie che avanzano nel processo di
differenziamento. Ad ogni stadio la capacità di generare tutte le cellule della
stirpe si riduce; quindi avanzando progressivamente nella fase di
differenziamento, si creano delle cellule sempre più indirizzate verso il
fenotipo finale.
 Da queste cellule staminali si generano le differenti linee cellulari: circa il 75%
delle cellule genera i globuli bianchi, che hanno una vita media breve, ed il
restante 25% genera gli eritrociti, che hanno una vita media breve di circa 120
giorni.

EMOPOIESI
 È presente un progenitore che dà origine a delle cellule, da cui poi
gradualmente si originano i precursori per le varie linee cellulari.
 Questo processo di differenziamento fino a questo stadio si verifica a livello
del midollo osseo.
 Poi solo le cellule mature raggiungono la circolazione, ad eccezione degli
eritrociti in quanto nel sangue si possono anche trovare dei reticolociti che
contengono al loro interno il nucleo perché le cellule dei globuli rossi sono
prive di nucleo.

IL SANGUE: EMOPOIESI
 L’emopoiesi è controllata da numerosi fattori chimici, detti citochine.
 Diversi fattori di crescita sono dei peptidi o delle proteine prodotti a livello del
midollo
 CSF (sono dei fattori stimolanti le colonie): mitosi e maturazione delle cellule
staminali.
 C’è la produzione delle interleuchine.
 Diversi fattori di crescita sono ormoni, come l’eritropoietina che è sintetizzata
dal rene in risposta all’ipossia (carenza di O2) ed è importante per regolare il
differenziamento e la produzione dei globuli rossi, e la trombopoietina che è
prodotta dalle cellule epatiche e regola la produzione dei megacariociti.
 L’eritropoietina è uno dei trattamenti dopanti nello sport perché più globuli
rossi sono circolanti, maggiore è la capacità di trasporto dell’O2. Il globulo
rosso è importante perché al suo interno la principale proteina è l’emoglobina,
che lega l’O2.

102
GLOBULI ROSSI
 Sono delle cellule di piccole dimensioni che hanno la caratteristica forma di
dischi biconcavi, privi di nucleo ed organuli. Sono prodotti dal midollo osseo
(circa 200 miliardi al giorno).
 Sono anche privi di mitocondri e la glicolisi è la loro principale fonte di ATP.
 Non avendo il nucleo, non sono in grado di sintetizzare nuove proteine, enzimi
ed altri componenti.
 La principale proteina che contengono è l’emoglobina, tramite la quale
provvedono al trasporto di ossigeno dai polmoni alle cellule e di anidride
carbonica dalle cellule ai polmoni.
 Quindi, hanno un’emivita media molto breve di circa 120 giorni. Gli eritrociti
invecchiati o anomali vengono principalmente fagocitati dai macrofagi a livello
della milza e, in misura minore, a livello del fegato. Il ferro viene rimosso
dall’emoglobina e recuperato, mentre il gruppo eme viene trasformato in
bilirubina la quale viene poi ulteriormente metabolizzata nel fegato ed escreta
con la bile.

I GRUPPI SANGUIGNI
 Antigeni dei gruppi sanguigni:
 sono espressi sulla membrana plasmatica degli eritrociti, ma anche nelle
cellule di altri tessuti;
 sono delle proteine, dei glicolipidi, delle glicoproteine o dei carboidrati;
 gli antigeni stimolano in un organismo ricevente il sistema immunitario
a produrre gli anticorpi.
 Esistono diversi sistemi di gruppi sanguigni che comprendono oltre 100 diversi
antigeni.
 Di particolare importanza sono il sistema AB0 ed il sistema Rh.
 Gli antigeni sono trasmessi geneticamente.

IL SISTEMA AB0
 Due antigeni, A e B, possono essere espressi sulla membrana degli eritrociti:
 alcuni individui presentano solo A: gruppo A;
 altri solo B: gruppo B;
 altri sia A che B: gruppo AB;
 altri non presentano gli antigeni: gruppo 0.
 Nel siero di un individuo si trovano gli anticorpi per l’antigene che non è
espresso:
103
 gruppo A: anticorpo anti-B;
 gruppo B: anticorpo anti-A;
 gruppo 0: anticorpi anti-A ed anti-B;
 gruppo AB: non possiede anticorpi.

IL SISTEMA Rh
 È costituito da tre diversi antigeni: C, D ed E.
 “D” è il più diffuso ed è l’immunogeno attivo (85% della popolazione
europea).
 Sono detti soggetti Rhesus-positivi (Rh+) gli individui che presentano
l’antigene D sulla membrana degli eritrociti.
 Diversamente dal sistema AB0, non si trovano nel siero dei soggetti Rh- gli
anticorpi per gli antigeni D. Sono sintetizzati solo in caso di trasfusione da un
donatore Rh+ ad un ricevente Rh-.
 Rischio in gravidanza: madre Rh- e figlio Rh+.
 Durante la gravidanza ed in particolare al momento del parto i globuli rossi del
feto possono, entrando nel circolo materno, indurre gli anticorpi anti-Rh.
 Gli anticorpi attraversano la placenta e in una gravidanza successiva inducono
l’agglutinazione del sangue e l’emolisi fetale nei soggetti Rh+.
 Terapia: profilassi anti-D.

EMOSTASI
 È il meccanismo che il nostro organismo mette in atto per arrestare il più
rapidamente possibile la fuoriuscita di sangue da un vaso lesionato e
permetterne poi i processi di rigenerazione. Questo processo si verifica
attraverso tre modalità:
 vasocostrizione: ha la funzione di diminuire il flusso di sangue nella
regione che è stata lesionata;
 aggregazione piastrinica: è una modalità mediata dalle piastrine, che si
verifica in contemporanea alla vasocostrizione;
 coagulazione del sangue: prosegue e permane nella sede fino a quando
il tessuto non si è rigenerato e riformato.

104
PIASTRINE E COAGULAZIONE DEL
SANGUE
 Le piastrine o trombociti sono dei piccoli frammenti cellulari di megacariociti.
I megacariociti si trovano all’interno del midollo e rilasciano dei piccoli
frammenti di 1-2 µm di diametro nel sangue e sono delle cellule poliploidi.
 Le piastrine sono prive di nucleo ma contengono i mitocondri, il reticolo
endoplasmatico liscio, i granuli di proteine della coagulazione e le citochine.
Quindi, secernono questi fattori nel sangue.
 Si attivano quando si verifica una danno alle pareti dei vasi in risposta al
rilascio dei fattori chimici di origine endoteliale e all’esposizione al collagene
per formare un tappo piastrinico, che è una delle prime tappe del processo di
emostasi. I fattori chimici di origine endoteliale sono rilasciati dalle piastrine
stesse.
 Il tappo piastrinico si forma per l’aggregazione delle piastrine tra loro e per la
loro adesione alle pareti del vaso.
 La piastrina esiste in due forme:
 PIASTRINA INATTIVA: ha una forma lenticolare, un diametro di 1-2
µm (è molto piccola), è appiattita, si vedono delle aperture sulla sua
superficie che è abbastanza regolare;
 PIASTRINA ATTIVATA: estende dalla sua membrana i microvilli,
grazie ai quali le piastrine legano la parete del vaso nella sede della
lesione ed interagiscono tra di loro.

TAPPO PIASTRINICO
 Quello che si verifica è, in relazione all’esposizione del collagene che si trova
al di sotto dell’endotelio (quindi, che normalmente è nascosto alle piastrine),
l’attivazione delle prime piastrine le quali rilasciano dei fattori che attivano le
altre piastrine circolanti, le quali una volta attive rilasciano nuovamente dei
fattori di attivazione e così via. In modo che questo processo di aggregazione
in sede della lesione proceda molto rapidamente.
 È uno dei pochi casi in cui si ha un circuito a retroazione positiva: il
collagene attiva la piastrina, la quale rilascia dei fattori piastrinici che attivano
delle altre piastrine e richiamano delle altre piastrine nella sede della lesione.
Queste nuove piastrine a loro volta rilasciano dei fattori e questo fa sì che
molto rapidamente si formi il tappo piastrinico, che ha la funzione di impedire
il più rapidamente possibile l’emorragia (la fuoriuscita di sangue dal vaso).

105
 I fattori piastrinici causano anche vasocostrizione (sono la serotonina ed il
trombossano A2), che diminuisce temporaneamente il flusso e la pressione
all’interno del vaso.

FATTORI COINVOLTI NELL’AZIONE


DELLE PIASTRINE
 Collagene.
 Fattore di von Willebrand (vWF): è rilasciato dall’endotelio e dai
megacariociti. È presente nel sistema circolatorio e media l’interazione tra le
piastrine ed il collagene.
 Serotonina, adenosina difosfato (ADP), fattore attivante le piastrine (PAF)
e trombossano A2: sono tutti rilasciati dalle piastrine ed alcuni anche da altre
cellule circolanti (i neutrofili). Sono dei fattori autocrini (sono le piastrine che
rilasciano queste sostanze) che hanno un effetto sull’aggregazione piastrinica e
possono poi averne altri a livello del sistema circolatorio (come la serotonina,
che ha un’azione di vasocostrizione).
 Fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGF): viene subito rilasciato e
ha la funzione di regolare i processi di rigenerazione tissutale come fattore di
crescita.

COAGULAZIONE DEL SANGUE


 In parallelo alla formazione del tappo piastrinico, il collagene esposto (via
intrinseca) e i fattori di origine endoteliale (via estrinseca) innescano una
serie di reazioni nota come cascata della coagulazione, che converte il tappo
piastrinico in un coagulo più stabile.
 La coagulazione termina con la formazione di una maglia di fibrina (deriva dal
fibrinogeno, che è una delle principali proteine circolanti nel sangue) che
intrappola le cellule, le piastrine ed il fluido nel coagulo con la funzione di
stabilizzare il tappo piastrinico.
 È molto complessa, richiede l’attivazione in sequenza di numerose proteine e
fattori della coagulazione attraverso un processo a cascata.
 Procede attraverso l’attivazione di due vie convergenti: la via intrinseca e la via
estrinseca.
 Queste vie, che utilizzano dei fattori diversi, convergono in una fase comune
che consiste nell’attivazione di un fattore che si chiama fattore decimo (fattore
X), che catalizza la scissione di una precursore (la protrombina) in trombina.
 La fibrina viene, quindi, sintetizzata dal fibrinogeno ad opera della trombina.

106
LISI DEL COAGULO
 Si verifica quando la crescita e la divisione cellulare riparano il vaso
danneggiato.
 Il coagulo si restringe ed espelle il siero (contenuto al suo interno), grazie
all’attivazione delle fibre di actina e di miosina presenti all’interno delle
piastrine.
 Poi viene lentamente dissolto per un processo (la fibrinolisi) mediato
dall’enzima proteolitico plasmina, che è anch’esso rimasto intrappolato nel
coagulo stesso durante la formazione del tappo piastrinico.

FUNZIONI DELL’APPARATO
RESPIRATORIO
 L’apparato respiratorio è quell’apparato che ci permette di scambiare le
sostanze gassose tra l’atmosfera e il sangue, ma anche tra il sangue e i tessuti e
viceversa. Il metabolismo aerobio delle cellule animali consuma O2 e quindi
deve procurarselo dall’atmosfera, ma rilascia come prodotto di scarto la CO2
che deve tornare all’atmosfera attraverso la respirazione.
 Svolge anche una funzione importante nella regolazione omeostatica del pH
insieme ai reni perché la CO2 si combina con l’H2O per generare l’acido
carbonico (H2CO3), che si dissocia in H+ ed HCO3-.
 Protegge l’organismo dai patogeni inalati e dalle sostanze irritanti.
 Il flusso di aria nell’apparato respiratorio permette la vocalizzazione, in quanto
mette in vibrazione le corde vocali.
 Limita la disidratazione dell’organismo perché noi inspiriamo aria umidificata
al 100% prima di raggiungere gli alveoli per evitare danni.
 La pompa respiratoria aumenta il ritorno venoso: si crea ad ogni atto
respiratorio una pressione che favorisce il ritorno del sangue al cuore.

RESPIRAZIONE
 Con il termine respirazione si intendono due processi:
 respirazione cellulare: è l’insieme delle reazioni che si verificano in una
cellula con l’O2 ed altre molecole organiche per produrre ATP, CO2 ed H2O;
 respirazione esterna: permette lo scambio dei gas tra l’ambiente e le
cellule. Si verifica attraverso dei processi:

107
1. scambio di gas tra l’atmosfera e i polmoni (o ventilazione). La
respirazione è un evento ciclico costituito da una prima fase di
inspirazione, poi di introduzione d’aria ed infine di espirazione;
2. scambio di O2 e CO2 tra i polmoni ed il sangue;
3. trasporto di O2 e CO2 nel sangue;
4. scambio di gas tra il sangue e le cellule.

SISTEMA RESPIRATORIO
 E’ costituito da un tratto respiratorio superiore: bocca, cavità nasale, faringe e
laringe.
 L’ingresso di sostanze nella laringe è regolato dall’epiglottide.
 A livello di un segmento intermedio della laringe, detto glottide, si trovano le
corde vocali che sono messe in vibrazione con il flusso d’aria e ci permettono
la vocalizzazione.
 È costituito anche da un tratto respiratorio inferiore: il tratto respiratorio
inferiore è formato da un sistema di condotti divergenti circa cilindrici di
diametro sempre minore.
 Quindi si ha una trachea che si divide in due bronchi primari, da cui si
originano in entrambi i sistemi i bronchi secondari, terziari, bronchi,
bronchioli, bronchioli terminali, dotti alveolari, sacchi alveolari ed alveoli.
 In questo sistema si distingue:
 una zona di conduzione: è costituita dall’insieme di condotti che hanno
la funzione di permettere di trasportare l’aria a livello alveolare dove
non si verificano scambi di gas;
 una zona respiratoria: è costituita dalle regioni dove questi scambi di gas
hanno luogo ossia gli alveoli, i sacchi alveolari, la parete alveolare e la
porzione finale dei bronchioli respiratori.
 I condotti sono costituiti da cartilagine, muscolatura liscia e cellule epiteliali
al loro interno, dove scorre l’aria. Possono essere di due tipi: cellule ciliate
(sistema di conduzione) e cellule a calice (responsabili della produzione del
muco).
 È racchiuso nella cavità toracica che è delimitata dalla colonna vertebrale, dalle
coste e dai muscoli.
 I muscoli sono il diaframma che si trova alla base della cassa toracica e ha la
forma di una cupola quando è rilasciato, gli intercostali interni ed esterni, lo
sternocleidomastoideo, gli scaleni e i muscoli addominali.
 Tutti questi muscoli nominati sono implicati nella respirazione: i muscoli
dell’inspirazione sono lo sternocleidomastoideo, gli scaleni, gli intercostali

108
esterni ed il diaframma; mentre i muscoli dell’espirazione sono i muscoli
addominali e gli intercostali interni.
 Il polmone destro è costituito da tre lobi, mentre il polmone sinistro è costituito
da due lobi. Ciascun polmone è adeso alla cassa toracica grazie alla presenza
dei sacchi pleurici.

SACCHI PLEURICI
 Costituiscono il rivestimento del tessuto polmonare, il quale a sua volta è
costituito da un sacco pleurico formato da due membrane chiamate foglietti
pleurici o pleure.
 È presente una membrana che aderisce al tessuto polmonare, che è detta pleura
viscerale, ed è presente anche una membrana adesa alla parete toracica, che è
detta pleura parietale.
 Le pleure sono formate da due strati di tessuto connettivo elastico e vasi
capillari e sono tenute unite tra di loro da un sottile strato di liquido, detto
liquido pleurico, che consiste in pochi ml. All’interno di queste pleure, a livello
del liquido, è presente una pressione (intrapleurica) negativa.
 Questo fa sì che il liquido pleurico permetta lo scorrimento delle pleure le une
sulle altre durante il movimento dei polmoni e mantenga i polmoni a contatto
con la parete toracica.
 Le pleure sono un sistema chiuso.
 Il sacco pleurico costituisce una doppia membrana che circonda il polmone,
simile a una palloncino pieno di liquido che circonda un palloncino pieno
d’aria.

ALVEOLI E SCAMBIO GASSOSO


 Il tessuto polmonare è principalmente costituito da delle cellule epiteliali
(alveoli). L’insieme della superficie di tutti gli alveoli costituisce la superficie
di scambio per i gas (circa 75 m2, che è grossomodo la superficie di un campo
da tennis). Inoltre il tessuto polmonare è costituito da un’estesa rete di capillari,
i quali si trovano a contatto con le cellule epiteliali.
 Ci sono due tipi di cellule epiteliali a livello degli alveoli:
1. di tipo I: sono molto appiattite proprio perché è attraverso queste cellule
che si verifica rapidamente la diffusione dell’O2 e della CO2 tra il sangue
e gli alveoli;
2. di tipo II: sintetizzano e secernono un tensioattivo che si chiama
surfactante, che è una sostanza che favorisce l’espansione del tessuto
polmonare.

109
 Inoltre, gli alveoli sono costituiti da un tessuto connettivo elastico che
favorisce il ritorno elastico del polmone.

CIRCOLAZIONE POLMONARE
 I polmoni ricevono l’intera gittata cardiaca dal ventricolo destro, cioè 5 litri di
sangue al minuto.
 La velocità del flusso a livello polmonare è elevata perché è bassa la resistenza
al flusso, che è offerta dal sistema.
 La pressione del sangue della circolazione polmonare è bassa (25/8 mmHg)
perché la lunghezza è minore, i vasi polmonari sono molto distensibili, è
elevata l’area della sezione trasversa delle arteriole polmonari ed è bassa la
resistenza del circolo polmonare.
 Tutti questi fattori fanno sì che, a fronte di una pressione sistolica e diastolica a
livello dell’aorta di 120/80 mmHg, qui si abbia una pressione di 25/8 mmHg.
 Anche la pressione media ai capi dei vasi capillari è bassa, cioè la filtrazione di
liquido è molto limitata per evitare che la distanza di diffusione sia mantenuta
sotto controllo ai valori minimi perché, se ci fosse la filtrazione, il liquido si
dovrebbe accumulare nello spazio interstiziale dove ci sono le due membrane
basali fuse. Quindi, una bassa pressione garantisce il fatto che poco liquido
venga filtrato a differenza di quello che si verifica nella circolazione sistemica.
 La distanza tra gli alveoli e i capillari è breve per favorire lo scambio dei gas.

LEGGI DEI GAS


LEGGI DEI GAS
1) La pressione totale di una miscela di gas è data dalla somma delle pressioni
dei singoli gas (legge di Dalton).
2) I gas, singoli o miscele, si muovono sempre da regioni ad alta pressione
verso regioni a bassa pressione.
3) Se il volume del contenitore di un gas cambia, la pressione del gas cambierà
in maniera diversa (legge di Boyle).

PRESSIONE PARZIALE DI UN GAS


 Per una miscela di n gas:
Ptot = P1 + P2 +… + Pn (LEGGE DI DALTON)
Pgas = Patm x % del gas nell’atmosfera
PO2 = 760 mmHg x 21% = 160 mmHg
110
PRESSIONI PARZIALI (Pgas) DEI GAS
ATMOSFERICI A 760 mmHg
GAS E LA SUA Pgas IN ARIA Pgas IN ARIA A Pgas IN ARIA A
PERCENTUALE SECCA A 25°C 25°C CON IL 37°C CON IL
NELL’ARIA 100% DI 100% DI
UMIDITA’ UMIDITA’
Azoto (N2): 78% 593 mmHg 574 mmHg 556 mmHg
Ossigeno (O2): 21% 160 mmHg 155 mmHg 150 mmHg
Anidride carbonica 0,25 mmHg 0,24 mmHg 0,235 mmHg
(CO2): 0,033%
Vapore acqueo 0 mmHg 24 mmHg 47 mmHg

LEGGE DI BOYLE
 LEGGE DI BOYLE: P1V1 = P2V2
Una riduzione del volume aumenta le collisioni e la pressione.
 Nel sistema respiratorio i cambiamenti di volume della cavità toracica durante
la ventilazione generano i gradienti di pressione che determinano il flusso di
aria.

VENTILAZIONE
 Avvengono degli eventi che rendono possibile lo scambio di aria per flusso di
massa d’aria tra l’atmosfera e gli alveoli.
 Questo si verifica grazie ad un ciclo respiratorio, che è costituito da una fase di
inspirazione e da una fase di espirazione.
 Durante questo processo di ventilazione vengono spostati dei volumi di aria
differenti a seconda che questa sia una respirazione a riposo oppure una
respirazione forzata.
 Lo spirometro è lo strumento che permette di misurare i volumi medi di aria
spostati e anche la funzionalità respiratoria degli individui.

VOLUMI POLMONARI
 Volume corrente: è il volume di aria scambiato durante una singola
inspirazione, che nella respirazione a riposo è di 500 ml.
 Volume di riserva inspiratoria: è il volume aggiuntivo inspirato, oltre al
volume corrente, durante un’inspirazione forzata.

111
 Volume di riserva espiratoria: è la quantità di aria aggiuntiva eliminata
forzatamente al termine di un’espirazione normale.
 Volume residuo: è il volume di aria che resta in un polmone al termine di
un’espirazione forzata.

VOLUMI E CAPACITA’ POLMONARI


 Le capacità polmonari sono delle somme di volumi.
 Il volume di aria totale contenuto nei polmoni è di 5800 ml in media per gli
uomini e 4200 ml per le donne.
 Di questi, 500 ml sono il volume corrente, 1100 ml sono il volume di riserva
espiratoria e 1200 ml sono il volume residuo.
 Il volume di riserva inspiratoria è di 3000 ml: da 2800 ml rappresenta il
volume di aria che posso forzatamente inspirare. La somma di 3000 e di 2800
dà 5800 ml.

CAPACITA’ POLMONARI
 Capacità vitale: volume di riserva espiratoria + volume di riserva inspiratoria +
volume corrente.
 Capacità polmonare totale: capacità vitale + volume residuo.
 Capacità inspiratoria: volume corrente + volume di riserva inspiratoria.
 Capacità funzionale residua: volume di riserva espiratoria + volume residuo.

VENTILAZIONE
 Le vie aeree superiori e i bronchi condizionano l’aria prima che questa
raggiunga gli alveoli, provvedendo:
1. al suo riscaldamento a 37 °C;
2. alla sua umidificazione (100% di umidità) per evitare la disidratazione
dell’epitelio di scambio;
3. alla filtrazione del materiale estraneo (virus, batteri e particelle
inorganiche).
 Questo viene fatto grazie alla presenza dell’epitelio che riveste il tessuto della
trachea e dei bronchi: è un epitelio cigliato in cui sono presenti delle cellule a
calice, che secernono il muco che va a depositarsi sul sottile strato di soluzione
a contatto con le ciglia. Questo muco serve ad intrappolare le particelle ed i
microorganismi. Il movimento delle ciglia delle cellule epiteliali mette in
movimento il muco grazie alla presenza della soluzione salina, che risale nei
condotti per essere poi o inghiottito o eliminato.

112
 La respirazione è un processo attivo che utilizza la contrazione muscolare per
generare i gradienti pressori, che permettono all’aria di spostarsi dall’ambiente
esterno verso quello interno dei nostri polmoni e viceversa.
 Durante l’inspirazione, i motoneuroni somatici innescano la contrazione dei
muscoli inspiratori e del diaframma che si abbassa. Questo movimento
aumenta il volume della cavità toracica.
 La pressione intrapolmonare diminuisce (inferiore alla pressione atmosferica) e
l’aria fluisce nei polmoni.
 Mentre l’aria entra negli alveoli, la pressione aumenta gradualmente fino a
quando la cassa toracica smette di espandersi.
 Durante l’espirazione, i motoneuroni somatici cessano di rilasciare acetilcolina
sui muscoli inspiratori e sul diaframma che si rilassano. La cavità toracica
ritorna al volume iniziale grazie al ritorno elastico delle fibre muscolari.
Durante il respiro tranquillo (l’eupnea) l’espirazione viene detta passiva.
 Durante l’espirazione, la diminuzione del volume della cassa toracica porta ad
un aumento della pressione intrapolmonare. L’aria fuoriesce dai polmoni e la
pressione diminuisce fino a riassumere il valore di pressione atmosferica.
 L’espirazione attiva si verifica durante l’espirazione volontaria oppure quando
la ventilazione non supera i 30-40 respiri al minuto. A questo punto, si attivano
gli intercostali interni e gli addominali.

PRESSIONE INTRAPLEURICA E
PNEUMOTORACE
 La pressione intrapleurica è sub-atmosferica e, insieme al liquido pleurico,
avvicina tra loro le pleure.
 A riposo i polmoni sono stirati per adattarsi al volume della cavità toracica, ma
il loro ritorno elastico genera una forza diretta all’interno.
 Viceversa, il ritorno elastico della parete toracica spinge verso l’esterno.
 Si genera così una pressione intrapleurica di circa -3 mmHg.
 La rottura delle pleure provoca il collasso del polmone e l’espansione della
parete toracica (lo pneumotorace).

PRESSIONE INTRAPLEURICA E CICLO


RESPIRATORIO
 Durante l’inspirazione, il tessuto polmonare elastico si oppone
all’allungamento e la pressione intrapleurica diventa più negativa.

113
 Con l’espirazione la cassa toracica torna alla posizione iniziale, i polmoni si
rilasciano dall’estensione forzata e si ristabiliscono i valori iniziali.

LAVORO VENTILATORIO
 Dipende dalla complianza, cioè dalla facilità con cui il tessuto polmonare è in
grado di espandersi.
 Questo inizialmente si pensava che fosse dovuto unicamente all’elasticità dei
polmoni. Si è scoperto che, in realtà, il polmone si espande molto più
facilmente quando è riempito di acqua rispetto a quando è riempito di aria:
quindi, la forza che più determina la complianza è la tensione superficiale
presente a livello degli alveoli polmonari perché le cellule alveolari sono a
contatto con un sottile strato di soluzione salina, che a sua volta è a contatto
con l’aria.
 L’elastanza è la capacità del polmone espanso di riassumere il volume iniziale.
 Dipende principalmente dalla tensione superficiale di un liquido, che è la forza
necessaria per aumentare la sua superficie. Nei polmoni è determinata dal
sottile strato di liquido presente tra l’epitelio respiratorio e l’aria e genera una
pressione diretta verso il centro dell’alveolo che tende a farlo collassare.
 Il surfactante, secreto dalle cellule epiteliali di tipo II, è un tensioattivo che
riduce la tensione superficiale del liquido che riveste gli alveoli ed è una
miscela di proteine e fosfolipidi (di-palmitoil-fosfatidilcolina).
 LEGGE DI LAPLACE: P = 2T/r
P = pressione
T = tensione superficiale
r = raggio
Per la legge di Laplace, se due bolle presentano la stessa tensione superficiale
la bolla più piccola avrà la pressione maggiore.

RESISTENZA DELLE VIE AEREE AL


FLUSSO
R ∝ L η/r4
L = lunghezza del sistema
η = viscosità delle sostanze
r = raggio dei condotti

114
VENTILAZIONE POLMONARE TOTALE
 È il volume totale di aria che entra ed esce dal sistema respiratorio in un
minuto.
 Frequenza ventilatoria x volume corrente: 12 respiri/min X 500 ml/respiro =
6000 mL/min

VENTILAZIONE ALVEOLARE
 È la quantità di aria “fresca” che entra ed esce dal sistema respiratorio in un
minuto.
 Frequenza ventilatoria x (volume corrente - spazio morto anatomico) =
ventilazione alveolare: 12 respiri/min X (500 mL/respiro -150 mL/respiro) =
4200 mL/min

VENTILAZIONE: EFFETTO DELLO


SPAZIO MORTO ANATOMICO
 Lo spazio morto anatomico è il volume di aria intrappolata nelle vie aeree di
conduzione (dalla bocca ai bronchioli terminali).
 Nello spazio morto anatomico non avviene la diffusione dell'O2 e della CO2 tra
l’aria e il sangue, ha solo una funzione di conduzione cioè di portare l'aria agli
alveoli.

EFFETTI DEL TIPO DI VENTILAZIONE


SULLA VENTILAZIONE ALVEOLARE
ARIA VOLUME FREQUENZA VENTILAZIO VENTILAZIO
“FRESCA” CORREN VENTILATOR NE NE
CHE TE (ml) IA (atti POLMONARE ALVEOLARE
RAGGIUN ventilatori/min) TOTALE (VOLUME
GE GLI (ml/min) CORRENTE –
ALVEOLI VOLUME
(ml) DELLO
SPAZIO
MORTO*)
(ml/min)
350 500 12 (normale) 6000 4200
(normale)

115
150 300 20 (rapida) 6000 3000
(superficial
e)
600 750 8 (lenta) 6000 4800
(profondo)
*Si assume che il volume dello spazio morto sia 150 ml.

RAPPORTO
VENTILAZIONE/PERFUSIONE
 Determina la pressione parziale di ossigeno nel sangue in uscita dai polmoni.
 Idealmente, dovrebbe essere uguale a 1 e mantenuto costante per ogni regione
della superficie respiratoria.
 Nell’uomo in media è uguale a 0.8 perché esistono delle differenze regionali
dovute principalmente agli effetti della gravità, che influiscono sul diametro
dei capillari polmonari, e ai fattori locali, che sono la CO2 e l’O2.

CAPILLARI POLMONARI E
REGOLAZIONE DEL FLUSSO EMATICO
 I capillari polmonari possono collassare (chiudersi) e, quindi, non perfondere le
regioni dei polmoni se la pressione del sangue al loro interno si abbassa. In
questo caso il flusso viene poi deviato dove, invece, la pressione è maggiore.
 A riposo alcuni letti capillari all’apice del polmone sono normalmente chiusi
(lì il sangue non scorre), mentre quelli alla base sono sempre aperti perché lì la
pressione idraulica del sangue è maggiore della forza di gravità.
 Sotto sforzo aumentano la gittata cardiaca e la pressione sia a livello sistemico
che a livello polmonare: questo fa sì che i capillari normalmente collassati
all’apice dei polmoni si aprano per permettere l’ossigenazione completa anche
dell’intera gittata cardiaca, che è aumentata. Questo perché i nostri polmoni
hanno questa capacità di riserva: vengono reclutate delle regioni, che
normalmente non sono necessarie durante la nostra normale attività.

RAPPORTO
VENTILAZIONE/PERFUSIONE
 Esistono dei meccanismi di regolazione, che sono in grado di ridurre la
disomogeneità tra il rapporto ventilazione/perfusione. Sono i meccanismi di
vasocostrizione ipossica e di broncocostrizione.
116
 Questi processi sono mediati a livello locale dalla pressione parziale di CO2 e
di O2.

SCAMBIO GASSOSO NEI POLMONI


 Si verifica per diffusione semplice, quindi vale la legge di Fick.
 Nella legge di Fick la velocità di diffusione è direttamente proporzionale
all’area della superficie di scambio, inversamente proporzionale allo spessore
della membrana e direttamente proporzionale al gradiente di concentrazione.

SOLUBILITA’ DI UN GAS
 Dipende dalla sua capacità di dissolversi in soluzione:
CX = αX PX (LEGGE DI HENRY)
 Dove:
C = concentrazione
P = pressione parziale nella fase gassosa
α = coefficiente di solubilità (dipende da T, dal gas e dal solvente)
 La quantità di gas disciolta nella soluzione ad una determinata pressione
parziale nella fase gassosa è detta pressione parziale del gas in soluzione.

SCAMBIO GASSOSO NEI POLMONI


Il gradiente di pressione parziale è il principale fattore che, in condizioni fisiologiche,
influenza lo scambio dei gas.
 PO2 alveolare = 100 mmHg
 PO2 sangue arterioso = 100 mmHg
 PO2 sangue venoso ≤ 40 mmHg
 PCO2 alveolare = 40 mmHg
 PCO2 sangue arterioso = 40 mmHg
 PCO2 sangue venoso ≥ 46 mmHg
Il principale fattore che influenza la PO2 è l’altitudine (a 8848 m Patm =253 mmHg,
PO2 = 53 mmHg e PO2 alveolare = 35 mmHg).

IPOSSIA: CARENZA DI OSSIGENO NEI


TESSUTI
L’ipossia è una carenza di ossigeno e si accompagna di frequente
all’ipercapnia, ossia ad un aumento della concentrazione di CO2.

117
 Enfisema: la distribuzione degli alveoli riduce l’area della superficie
disponibile per lo scambio dei gas.
 Patologia polmonare fibrotica: l’ispessimento della membrana alveolare
rallenta lo scambio dei gas. La perdita di complianza polmonare può ridurre la
ventilazione alveolare.
 Edema polmonare: il liquido nello spazio interstiziale aumenta la distanza di
diffusione. La PCO2 arteriosa può essere normale per via della maggiore
solubilità di CO2 in acqua.
 Asma: l’aumento della resistenza offerta dalle vie aeree riduce la ventilazione.

TRASPORTO DI GAS NEL SANGUE


 Poiché la solubilità di O2 e CO2 è bassa, il loro trasporto nel plasma è
agevolato dai globuli rossi.
 L’emoglobina (principale proteina degli eritrociti) trasporta la maggior parte
dell’ossigeno verso i tessuti.
 La CO2 in parte è anch’essa trasportata legata all’emoglobina (carbammino-
emoglobina) e riversata nel plasma sotto forma di ioni bicarbonato.

EMOGLOBINA
 L’emoglobina è costituita da 4 catene globulari: 2 catene α e 2 catene β,
ciascuna delle quali circonda un gruppo eme centrale.
 Questo gruppo eme contiene al suo interno un atomo di ferro a cui si lega
l’ossigeno: quindi, ci sono 4 gruppi eme. In una molecola di emoglobina si
possono trovare legati fino a 4 molecole di ossigeno.
 DEOSSIEMOGLOBINA (di colore rosso bruno): Hb (forma che non lega
l’O2).
 OSSIEMOGLOBINA (di colore rosso vivo): HbO2 (forma che lega l’O2).
L’O2 si lega all’atomo di Fe2+: Hb + O2 ⇄ HbO2
 L’ossidazione dell’atomo di ferro dell’Hb (EMOGLOBINA) allo stato Fe3+
produce METAEMOGLOBINA (MetHb), che non è in grado di legare l’O2. I
nitriti e i cloruri sono in grado di ossidare l’emoglobina compromettendo così
il trasporto dell’O2 nel sangue.
 A livello degli eritrociti è presenta un enzima, la metaemoglobina reduttasi, che
riduce la metaemoglobina nella forma funzionale ferrosa.
 L’affinità dell’emoglobina per il monossido di carbonio è 200 volte maggiore
di quella per l’O2: il monossido di carbonio spiazza l’ossigeno e satura
l’emoglobina a pressioni parziali molto basse formando la
CARBOSSIEMOGLOBINA.
118
CURVA DI DISSOCIAZIONE OSSIGENO-
EMOGLOBINA
 Esprime la quantità percentuale di ossigeno legata all’emoglobina in funzione
della PO2.
Ad una data PO2: quantità di ossigeno legata/quantità massima che può
essere legata x 100 = saturazione percentuale dell’emoglobina
 Si ha il 100% di saturazione a 650 mmHg, il 98% di saturazione a 100 mmHg
a livello degli alveoli., il 90% di saturazione a 60 mmHg, il 75% di saturazione
a 40 mmHg nella cellula a riposo ed il 35% di saturazione a 20 mmHg nel
muscolo in esercizio.

REGOLAZIONE DELL’AFFINITA’ DI
LEGAME DELL’EMOGLOBINA PER
L’OSSIGENO
 2,3 di-fosfo-glicerato: è un metabolita dei globuli rossi, prodotto in seguito ad
ipossia cronica. Diminuisce l’affinità dell’emoglobina per l’O2.

REGOLAZIONE NERVOSA DELLA


VENTILAZIONE
 La ventilazione è un processo ritmico che si verifica senza un controllo
cosciente del SNC.
 I muscoli scheletrici si contraggono grazie all’attivazione dei motoneuroni
somatici a loro volta controllati da dei centri superiori situati a livello del bulbo
e del ponte.
 La rete nervosa ha un’attività ritmica intrinseca determinata da un centro
generatore centrale di modelli (pattern).
 I neuroni del ponte controllano la frequenza e la profondità del respiro.
 I neuroni respiratori bulbari controllano l’inspirazione e l’espirazione (in gran
parte nel nucleo del tratto solitario).
 Il gruppo respiratorio dorsale contiene principalmente i neuroni, che
controllano i muscoli inspiratori.
 Il gruppo respiratorio ventrale contiene i neuroni che controllano i muscoli
utilizzati durante l’espirazione attiva e l’inspirazione più profonda, per la
maggior parte inattivi durante la respirazione a riposo.

119
 Avviene un’inibizione reciproca tra i neuroni inspiratori e quelli espiratori.

FATTORI CHIMICI DI REGOLAZIONE


 Sono la CO2, l’O2 e l’H+.
 Generano delle informazioni sensoriali a livello di chemocettori periferici
(corpi carotidei ed aortici) e centrali (bulbo).
 Innescano dei riflessi omeostatici, che sono volti a regolare la ventilazione e
mantenere così la PO2 e la PCO2 nel sangue entro degli ambiti di variazione
ristretti.
 I chemocettori periferici avvertono delle variazioni della concentrazione di
ossigeno e del pH plasmatico.
 I chemocettori centrali rispondono a delle variazioni di CO2 nel liquido
cerebrospinale.

CHEMOCETTORI PERIFERICI
 In risposta alla diminuzione di PO2 e pH o ad un aumento della PCO2 inviano dei
potenziali d’azione ai centri di controllo bulbari, che rispondono producendo
un aumento della ventilazione.
 La PO2 deve scendere sotto i 70-60 mmHg prima che la ventilazione sia
stimolata (ad esempio, ad un’altitudine di 3000 m).
 Le cellule dei glomi carotidei hanno dei canali per il potassio regolati dall’O2.
 Sono più sensibili a delle diminuzioni di pH plasmatico e a degli aumenti della
PCO2.

CHEMOCETTORI CENTRALI
 Stabiliscono la frequenza respiratoria fornendo delle continue informazioni al
generatore centrale dei ritmi ventilatori.
 Rispondono alle variazioni di PCO2 del sangue avvertendo le conseguenti
variazioni di H+ del liquido cerebrospinale.

RIFLESSI PROTETTIVI DA
MECCANOCETTORI
 I recettori per gli agenti irritanti sono presenti nella mucosa delle vie aeree e si
attivano in risposta alla presenza di gas e sostanze nocive.
 Inviano dei segnali al SNC che innescano broncocostrizione mediata dai
neuroni parasimpatici, che innervano il muscolo liscio bronchiolare.
120
 Le risposte riflesse comprendono anche la tosse e gli starnuti.

FUNZIONI DEL RENE


 È un organo di regolazione dell’omeostasi del volume extracellulare, dei
liquidi corporei e di conseguenza della pressione arteriosa.
 È un organo di regolazione dell’osmolarità dei liquidi corporei.
 È un organo di regolazione del bilancio ionico.
 È un organo di regolazione del pH del sangue.
 È un organo di escrezione di prodotti di scarto e di sostanze estranee.
 È anche sede di produzione di ormoni.

NEFRONE
 È l’unità funzionale del rene (ce ne sono circa 1 milione per rene).
 È costituito da:
 elementi vascolari: l’arteriola afferente, il glomerulo, l’arteriola
efferente e i capillari peri-tubulari;
 elementi tubulari: la capsula di Bowman che con il glomerulo
costituisce il corpuscolo renale, il tubulo prossimale, l’ansa di Henle, il
tubulo distale, l’apparato iuxtaglomerulare ed il dotto collettore.

PROCESSI DEL RENE


 I processi del rene sono:
 la filtrazione;
 il riassorbimento;
 la secrezione;
 l’escrezione.

TRASFORMAZIONE DI VOLUME ED
OSMOLARITA’ DEL FILTRATO
 Nella capsula di Bowman il filtrato è molto simile al plasma sia in termini di
composizione che di osmolarità (300 mOsM).
 Il 70% del filtrato è riassorbito a livello del tubulo prossimale: si ha il
riassorbimento di un elevato volume di liquido iso-osmotico al plasma.

121
 In uscita dall’ansa di Henle è stato riassorbito il 90% del filtrato. Vengono
riassorbiti più soluti che acqua: l’osmolarità scende a 100 mOsM (si ha una
diluizione).
 Il tubulo distale ed il dotto collettore provvedono a determinare il volume e
l’osmolarità finale delle urine (50-1200 mOsM) sulla base della necessità
dell’organismo.

VARIAZIONI DI VOLUME ED
OSMOLARITA’ DEL FILTRATO LUNGO
IL NEFRONE
REGIONE DEL NEFRONE VOLUME DEL OSMOLARITA’ DEL
LIQUIDO LIQUIDO
Capsula di Bowman 180 l/giorno 300 mOsM
Fine del tubulo prossimale 54 l/giorno 300 mOsM
Fine dell’ansa di Henle 18 l/giorno 100 mOsM
Fine del dotto collettore (urina 1,5 l/giorno (media) 50-1200 mOsM
finale)

FILTRAZIONE
 È un trasferimento di liquidi dal sangue al tubulo renale.
 Barriera di filtrazione: è costituita dall’endotelio del capillare glomerulare,
dalla lamina basale e dall’epitelio della capsula di Bowman.
 Endotelio: è fenestrato e trattiene le cellule ematiche.
 Lamina basale: esclude le proteine plasmatiche.
 Le fessure di dimensioni variabili sono formate dai pedicelli dei podociti e
regolano il volume di plasma che viene filtrato.
 La frazione di filtrazione rappresenta la percentuale di volume plasmatico che
viene filtrato.
 La filtrazione si verifica perché esiste una pressione di filtrazione netta diretta
dal lume dei capillari glomerulari verso il lume della capsula di Bowman.
 La pressione di filtrazione è la risultante della pressione idraulica, della
pressione oncotica e della pressione idrostatica.

122
VELOCITA’ DI FILTRAZIONE
GLOMERULARE
 È il volume di liquido filtrato nella capsula di Bowman nell’unità di tempo.
 Velocità di filtrazione glomerulare media = 125 ml/min ossia 180 l/giorno
 La velocità di filtrazione glomerulare si mantiene costante in un ampio
intervallo di variazione della pressione arteriosa: è un meccanismo di
autoregolazione della velocità di filtrazione glomerulare.

AUTOREGOLAZIONE DELLA VGF


 Risposta miogena: l’aumento di pressione provoca la vasocostrizione
dell’arteriola afferente. Aumenta la resistenza al flusso e si riduce la pressione
di filtrazione.
Meccanismo: i canali ionici sono attivati da uno stiramento delle cellule
muscolari (si parla di autoregolazione miogena delle arteriole).
 Feedback tubulo-glomerulare: è un meccanismo paracrino mediato dalle
cellule della macula densa.

ALTRI MECCANISMI DI REGOLAZIONE


 Controllo nervoso: l’innervazione simpatica mediata dai recettori α produce
vasocostrizione.
 Controllo ormonale:
 angiotensina II: provoca vasocostrizione;
 prostaglandine: sono dei vasodilatatori;
 Si ha un’azione anche sulle cellule del mesangio e sui podociti.

RIASSORBIMENTO
 Il 99% del filtrato viene riassorbito.
 Il riassorbimento di volume recupera la maggior parte del filtrato e si verifica
nel tubulo prossimale, mentre il riassorbimento selettivo riporta al plasma gli
ioni e l’acqua e si verifica nei segmenti successivi a seconda delle necessità
dell’organismo.
 I capillari peri-tubulari riassorbono i liquidi lungo il loro decorso: la PIDRAULICA
= 10 mmHg e la POSMOTICA = 30 mmHg. La PRISULTANTE favorisce il
riassorbimento ed è pari a 20 mmHg.
 Coinvolge il trasporto trans-epiteliale.
 In generale si verifica per mezzo di:
123
 trasporto attivo del sodio;
 trasporto attivo secondario: simporto con il sodio (glucosio,
amminoacidi, ioni e metaboliti organici);
 gradiente elettrochimico trans-epiteliale: permette il riassorbimento di
anioni;
 riassorbimento osmotico di acqua;
 concentrazione dei soluti e loro riassorbimento passivo: i soluti sono
l’urea, il K+ ed il Ca2+;
 transcitosi: avviene attraverso le proteine.

TRASPORTO MASSIMO E SOGLIA


RENALE
 Le proteine di trasporto presentano saturazione, specificità e competizione.
 La velocità di trasporto alla saturazione è detta trasporto massimo (Tm).
 La concentrazione plasmatica alla quale avviene la saturazione dei trasportatori
è detta soglia renale.
 L’escrezione di una sostanza è nulla fino a quando non viene raggiunta la
soglia renale.

SECREZIONE
 È un trasferimento di sostanze dal liquido extracellulare al lume del nefrone.
 Dipende, come il riassorbimento, dai sistemi di trasporto.
 È importante per la regolazione omeostatica degli ioni K+ e H+.
 Molti composti organici sono secreti nel rene (in genere con un trasporto attivo
secondario).
 Le molecole che competono per i trasportatori possono rallentare la secrezione
di determinate sostanze.

ESCREZIONE
 La velocità di escrezione di una sostanza dipende da:
1. velocità di filtrazione;
2. dal suo destino (secrezione o riassorbimento) durante il suo passaggio
nel nefrone.
 La clearance renale descrive quanti millilitri di plasma, che attraversano i
reni, vengono liberati da una determinata sostanza nell’unità di tempo
(ml/min).

124
Cx = velocità di escrezione urinaria(mg/min)/concentrazione
plasmatica(mg/ml)

CLEARANCE DELL’INULINA E VFG


 L’inulina è un polisaccaride di origine vegetale, che filtra liberamente, non
viene secreta e non viene riassorbita.
Quindi: la quantità filtrata = la quantità escreta.
 Si può dimostrare che la sua clearance è uguale alla velocità di filtrazione
glomerulare.
 In clinica si utilizza la creatinina (un catabolita della fosfo-creatina), anche se
una sua piccola quantità viene secreta.

TRASPORTO RENALE DEI SOLUTI


Per una qualsiasi molecola X che sia liberamente filtrata dal glomerulo:
Se la velocità di filtrazione supera la velocità ci sarà un riassorbimento netto di
di escrezione, X.
Se la velocità di escrezione supera la velocità ci sarà una secrezione netta di X.
di filtrazione,
Se le velocità di filtrazione e di escrezione X passa attraverso il nefrone senza
sono uguali, un riassorbimento né escrezione
netta.
Se la clearance di X è inferiore alla clearance ci sarà un riassorbimento netto di
dell’inulina, X.
Se la clearance di X è uguale alla clearance X non è né riassorbita né secreta.
dell’inulina,
Se la clearance di X è superiore alla clearance ci sarà una secrezione netta di X.
dell’inulina,

FUNZIONI DEL RENE: OMEOSTASI


IDRO-ELETTROLITICA
 È un organo di regolazione del volume extracellulare e della pressione
arteriosa.
 È un organo di regolazione dell’osmolarità.
 È un organo di regolazione del bilancio ionico.
 È un organo di regolazione del pH.

125
BILANCIO IDRICO
Quantità di acqua assunta = quantità di acqua persa
 Vie di assunzione: cibo + bevande (2,1 l/giorno) e respirazione cellulare (0,3
l/giorno). La sete regola l’assunzione dell’acqua.
 Vie di perdita: urina (1,5 l/giorno), feci (0,2 l/giorno) e perdita insensibile
ovvero evaporazione della cute ed espirazione dell’aria umidificata (0,70
l/giorno). L’unica via di perdita regolata è la perdita con le urine.

ORMONE ANTIDIURETICO (O
VASOPRESSINA)
 È un peptide di 9 amminoacidi.
 Viene sintetizzato nelle cellule neuroendocrine ipotalamiche e trasportato per
via assonale ai terminali nervosi della neuroipofisi (lobo posteriore).
 La sua liberazione è regolata dall’osmolarità del plasma, dal volume del sangue
e dalla pressione del sangue.

ACQUAPORINE
 Sono dei canali proteici per il trasporto dell’acqua.
 La famiglia APQ è costituita da 10 diverse isoforme.
 La famiglia GLP (acquagliceroporine) è costituita da canali meno selettivi che
trasportano acqua, glicerolo e/o urea.

BILANCIO DEL SODIO


 NaCl è il principale soluto extracellulare e la quantità totale presente
nell’organismo regola il volume del liquido extracellulare.
 Se il Na+ è presente in eccesso nel liquido extracellulare, l’aumento
dell’osmolarità del liquido extracellulare stimola la sensazione di sete (sete
iperosmotica) e la secrezione di ADH che provoca ritenzione idrica e un
aumento del volume del liquido extracellulare. Successivamente si ha
un’escrezione di acqua e sali.
 Se il volume extracellulare diminuisce, viene stimolato il riassorbimento di
acqua e Na+ (sete ipovolemica).

126
CONTROLLO ENDOCRINO DEI
LIVELLI PLASMATICI DEL SODIO
 Il riassorbimento di sodio nel nefrone è regolato dall’ormone steroideo
aldosterone, prodotto dalla zona glomerulare della corticale del surrene. I siti
d’azione dell’ormone sono la porzione terminale del tubulo distale e il dotto
collettore corticale.
 La cellula bersaglio dell’aldosterone è la cellula principale (o cellula P).
 L’aldosterone genera due risposte: la risposta rapida, mediata dal legame con
un recettore di membrana (1-2 min), e la risposta lenta (1-2 ore), mediata dal
legame con un recettore citoplasmatico.
 Risposta lenta: il complesso recettore-ormone entra nel nucleo, si lega al DNA
ed innesca la sintesi di nuovi canali per il sodio e il potassio (che vengono
inseriti sulla membrana apicale) e di nuove pompe Na+/K+ (che vengono
inserite sulla membrana baso-laterale).
 Il riassorbimento di sodio è accompagnato dalla secrezione di potassio, in
quanto uno dei bersagli dell’ormone è la pompa Na+/K+-atpasi.

LA VIA RENINA-ANGIOTENSINA-
ALDOSTERONE
 È attivata dalle cellule granulari iuxtaglomerulari delle arteriole afferenti ed
efferenti in risposta ad una diminuzione della pressione (ad esempio, per una
perdita di volume ematico) nell’arteria renale.
 Le cellule iuxtaglomerulari secernono un peptide, la renina, la cui azione
consiste nella conversione dell’angiotensinogeno nell’angiotensina I.
 L’angiotensina I è convertita dall’enzima di conversione dell’angiotensina
(ACE) in angiotensina II, che stimola la sintesi ed il rilascio di aldosterone
dalla ghiandola surrenale.

PERDITA DI SODIO (NATRIURESI):


PEPTIDI NATRIURETICI
 È una famiglia di peptidi con un’azione antagonista verso RAAS (Sistema
Renina-Angiotensina-Aldosterone) ed ADH.
 Sono prodotti da delle cellule miocardiche specializzate nell’atrio e da alcuni
neuroni centrali.

127
 I recettori di membrana sono ad attività guanilato-ciclasica e mediano gli effetti
biologici producendo cGMP.

SISTEMA DIGERENTE
 Trasferisce i nutrienti, l’acqua e gli elettroliti dall’ambiente esterno
all’ambiente interno. È ricco di tessuto linfoide (GALT).
 I processi fondamentali che avvengono nel tratto gastrointestinale sono:
 motilità;
 secrezione;
 digestione;
 assorbimento.
 È costituito dal tratto digerente e dalle ghiandole accessorie:
 cavità orale: è formata dalla bocca, dalla faringe e dalle ghiandole
salivari;
 esofago;
 sfintere esofageo;
 stomaco: è formato da una parte superiore (il fondo), da una parte
centrale (il corpo) e da una parte inferiore (l’antro);
 sfintere pilorico;
 intestino tenue: è formato dal duodeno, dal digiuno e dall’ileo;
 pancreas;
 fegato e cistifellea;
 intestino crasso: è formato dal colon e dal retto;
 sfintere anale.
 La parete del tratto gastrointestinale è formata da quattro strati:
 mucosa: è costituita da un monostrato epiteliale, da una lamina
propria (formata da connettivo), e da una muscularis mucosa;
 sottomucosa: è costituita dal connettivo, dai vasi linfatici e da un plesso
sottomucoso, che è presente nel sistema nervoso enterico (SNE);
 strato muscolare: è costituita da uno strato interno circolare, da un
plesso mioenterico presente nel sistema nervoso enterico (SNE) e da
uno strato esterno longitudinale;
 sierosa: è costituita dal tessuto epiteliale e dal tessuto connettivo. La
sierosa è presente solo negli organi inclusi nel peritoneo.

128
INNERVAZIONE DEL TRATTO
GASTROINTESTINALE
 L’innervazione del tratto gastrointestinale controlla la contrazione muscolare,
la secrezione, l’assorbimento attraverso la mucosa di rivestimento ed il flusso
ematico nelle pareti di esofago, stomaco, intestino e cistifellea.
 La muscolatura, la mucosa epiteliale ed i vasi sanguigni vengono definiti
sistemi effettori.
 Oltre a stimolare o inibire l’attività degli effettori, il sistema nervoso ne
coordina l’attività.
 Il sistema nervoso del tratto gastrointestinale è in grado di mettere in atto dei
programmi utili a diverse forme di comportamento:
 sazietà;
 fame;
 emetico.
 Il tratto gastrointestinale è innervato da sistema nervoso autonomo e dai nervi
sensitivi afferenti al midollo spinale ed al tronco dell’encefalo.
 L’innervazione vegetativa è composta dalle divisioni simpatica,
parasimpatica ed enterica.
 Le vie simpatiche e parasimpatiche costituiscono l’innervazione estrinseca:
trasmettono dei segnali dal SNC al tratto digestivo.
 I neuroni enterici fanno parte di circuiti di controllo locale: si parla di
innervazione intrinseca.

SISTEMA NERVOSO ENTERICO


 Riceve gli stimoli, integra le informazioni sensoriali e regola la secrezione e la
motilità: per cui, viene definito ”piccolo cervello”.
 È costituito dai neuroni (recettori) sensoriali, dagli interneuroni, dai
motoneuroni e dagli altri neuroni efferenti.

STRUTTURA DEL SISTEMA NERVOSO


ENTERICO
 Si trova localizzato nelle pareti dell’esofago, dello stomaco, dell’intestino
tenue e crasso e della cistifellea.
 È composto dai gangli piatti, che sono delle fibre amieliniche che proiettano ai
sistemi effettori.

129
 È organizzato in due principali plessi interconnessi: il plesso mioenterico (o
plesso di Auerbach) ed il plesso sottomucoso (o plesso di Meissner), che si
estendono in maniera continua intorno alla circonferenza ed alla lunghezza del
tratto gastrointestinale.

SISTEMA NERVOSO ENTERICO


 È costituito da:
 neuroni sensoriali: i corpi cellulari sono localizzati nei gangli nodosi dei
nervi vaghi, nei gangli delle radici dorsali e nei gangli del sistema
nervoso enterico. Sono presenti dei meccanocettori, dei chemocettori e
dei termocettori;
 interneuroni: formano una rete complessa che svolge le attività
integrative;
 motoneuroni: sono sia eccitatori che inibitori e sono deputati al controllo
degli effettori.

SISTEMA NERVOSO ENTERICO:


RIFLESSI
 I riflessi sono classificati in:
 intrinseci: quando sono generati in loco senza delle influenze esterne;
 estrinseci: possono essere corti o lunghi quando si attuano, tramite delle
connessioni esterne, al sistema nervoso enterico.
 Costituisce, inoltre, i circuiti coinvolti in programmi motori che inducono nei
motoneuroni dei comportamenti ciclici e ripetitivi.

INNERVAZIONE
 Il SNC controlla i processi digestivi attraverso delle fibre efferenti, che si
originano nel nucleo motore dorsale del midollo allungato e dai gangli
prevertebrali.
 Il sistema nervoso parasimpatico invia, in genere, dei segnali stimolatori dei
processi digestivi; mentre il sistema nervoso simpatico invia, in genere, dei
segnali inibitori dei processi digestivi.

INNERVAZIONE PARASIMPATICA
 Il midollo allungato riceve direttamente le informazioni sensitive dalle fibre
afferenti vagali, che raggiungono il nucleo del tratto solitario.

130
 Sono diverse le informazioni che riguardano l’omeostasi: il pH, la
concentrazione di glucosio nel lume, la tensione contrattile, eccetera.
 I neuroni del tratto solitario formano delle sinapsi con i neuroni del nucleo
motore dorsale del vago. Possono evocare delle risposte contrattili e secretorie,
definite riflessi vago vagali, che sono dei riflessi estrinseci lunghi.
 I segnali efferenti del vago sono responsabili dei processi digestivi, che
precedono l’ingestione del cibo e seguono il pasto attraverso la stimolazione di
alcuni effettori e l’inibizione di altri.
 Ad esempio, la vista e l’odore del cibo e la presenza dello stesso nel tratto
gastroenterico stimolano la salivazione, la secrezione gastrica e la secrezione
delle ghiandole del tenue ed il rilasciamento del tono muscolare dello stomaco
grazie all’attivazione dei motoneuroni inibitori.

INNERVAZIONE SIMPATICA
 I corpi cellulari dei neuroni simpatici si trovano nei gangli prevertebrali.
 Le fibre innervano i neuroni enterici, i vasi sanguigni, le ghiandole delle cripte
e i muscoli lisci degli sfinteri.
 La liberazione della noradrenalina inibisce la motilità e la secrezione,
diminuisce il flusso ematico e provoca la contrazione degli sfinteri.
 I nervi simpatici formano delle sinapsi inibitorie con i neuroni enterici, che
possiedono dei recettori adrenergici di tipo α2.
 La noradrenalina inibisce la liberazione dei neurotrasmettitori eccitatori a
livello della maggior parte delle sinapsi enteriche e delle giunzioni con le
cellule effettrici.
 I gangli prevertebrali mediano i riflessi inibitori entero-enterici che sono dei
riflessi estrinseci brevi, la cui componente sensoriale è rappresentata dai
meccanocettori enterici. L’attivazione delle vie di comunicazione extra-
intestinali, che cortocircuitano la rete nervosa enterica, permette una via di
segnalazione rapida su delle lunghe distanze.

MOTILITA’ GASTROINTESTINALE
 Presenta due finalità, che sono quella di spostare gli alimenti lungo il tubo
digerente e quella di mescolare meccanicamente il cibo per massimizzarne
l’esposizione agli enzimi digestivi e all’epitelio di assorbimento.
 Dipende dalle contrazioni e dai rilasciamenti coordinati della muscolatura
liscia.
 Il rilasciamento del tono muscolare permette agli sfinteri di aprirsi e di
raccogliere il materiale ingerito in serbatoi quali, ad esempio, lo stomaco.

131
 Il sistema nervoso enterico, con le informazioni che provengono dal SNC,
organizza il comportamento adatto alle diverse situazioni (a digiuno o post-
prandiale) o a modelli di motilità alterata (il vomito).
 Lo strato muscolare circolare costituisce la maggior parte della muscolatura
liscia ed è il principale generatore delle forze propulsive.
 Le contrazioni sono generate dai potenziali d’azione.
 Lo strato muscolare longitudinale ha una massa inferiore e non sempre la
contrazione è innescata dai potenziali d’azione. La contrazione si genera anche
in risposta al rilascio dei neurotrasmettitori con un meccanismo di
accoppiamento farmaco-meccanico.
 La maggior parte delle cellule lisce di tipo unitario sono elettricamente
collegate dalle giunzioni comunicanti.
 Si hanno delle:
 contrazioni fasiche: sono delle contrazioni transitorie simili ad uno
spasmo evocate da un potenziale d’azione che attraversa la fibra
muscolare;
 contrazioni toniche: la tensione è mantenuta costante per lunghi periodi
di tempo.
 Le onde elettriche lente sono dei cambiamenti ritmici del potenziale di
membrana delle cellule muscolari. Esse depolarizzano la membrana fino al
valore soglia del potenziale d’azione; non tutte, però, generano dei potenziali
d’azione.
 Le onde elettriche lente sono spontanee e vengono generate da una rete di
cellule specializzate, dette cellule interstiziali di Cajal, che sono situate tra gli
strati muscolari circolari e longitudinali e nella sottomucosa.

MOTILITA’ GASTROINTESTINALE:
RUOLO DEI MOTONEURONI INIBITORI
 La muscolatura circolare non si contrae ogni volta che le cellule di Cajal
innescano un ciclo di onde lente, ma solo quando i neuroni inibitori di un
segmento gastrointestinale sono inattivi.
 Di norma, i motoneuroni inibitori dei muscoli circolari sono continuamente
attivi e vengono inibiti dai segnali provenienti dagli interneuroni che
appartengono ai circuiti di controllo enterici.
 Quindi i neuroni inibitori determinano il momento in cui il sistema pacemaker,
sempre in funzione, può dare inizio ad una contrazione e stabilire la distanza e
la direzione della propagazione.

132
 A livello degli sfinteri, viceversa, i motoneuroni inibitori sono normalmente
silenti e vengono attivati al momento della loro apertura. Gli sfinteri sono
interessati da delle contrazioni toniche sostenute, che evitano i movimenti
retrogradi dei contenuti intra-luminali.
 Lo sfintere esofageo superiore, che fa parte del muscolo scheletrico, e lo
sfintere esofageo inferiore chiudono le due estremità dell’esofago.
 Lo sfintere pilorico si trova tra lo stomaco e l’intestino tenue.
 Lo sfintere di Oddi controlla il flusso della bile e dei succhi pancreatici verso il
tenue.
 Lo sfintere ileocecale si trova tra il tenue ed il crasso.
 Lo sfintere anale è sia interno che esterno.

SCHEMI MOTORI GASTROINTESTINALI


 Le funzioni di propulsione, mescolamento e serbatoio sono svolte grazie alla
messa in atto di specifici programmi motori detti di:
 peristalsi;
 movimenti di mescolamento (o di segmentazione);
 contrazioni toniche;
 ileo fisiologico;
 complesso motorio migrante;
 retro-peristalsi.

Peristalsi
 La peristalsi è uno schema di comportamento stereotipato, che promuove la
propulsione del materiale.
 Durante la peristalsi lo strato di muscolatura longitudinale del segmento a valle
dei contenuti intra-luminari (il bolo), detto segmento recettivo, si contrae
mentre quello circolare si rilassa. Di conseguenza, si verifica l’espansione del
diametro e l’accorciamento dell’asse longitudinale.
 Il tratto a monte dei contenuti intra-luminari, detto segmento propulsivo,
viceversa è interessato da una contrazione della muscolatura circolare e un
rilassamento della longitudinale: per cui, il materiale viene spinto in avanti.

Movimenti di mescolamento (o di segmentazione)


 I movimenti segmentali costituiscono uno schema di comportamento
stereotipato, che spinge i contenuti del lume in entrambe le direzioni per brevi
distanze.

133
 I segmenti dell’intestino si contraggono e si rilasciano alternativamente: nel
segmento che si contrae i muscoli circolari si contraggono e i longitudinali si
rilassano, mentre nel segmento ricevente si verifica il contrario.
 Il programma è ciclico, ovvero i segmenti contrattili si trasformano in riceventi
e viceversa.

Contrazioni toniche
 Le contrazioni toniche sono delle contrazioni prolungate presenti nella parte
prossimale dello stomaco e negli sfinteri. Bloccano il passaggio di materiale,
separano un compartimento dall’altro e prevengono il reflusso.

Ileo fisiologico
 L’ileo fisiologico è l’assenza di motilità lungo l’intestino. È uno stato motorio
fondamentale programmato dal sistema nervoso.
 Quando le funzioni neurali intestinali sono bloccate a causa di anestetici o
fattori patologici, l’intestino è interessato continuamente da delle contrazioni
propulsive disorganizzate.

Complesso motorio migrante


 Il complesso motorio migrante è una serie di contrazioni che si generano tra i
pasti. Si avvia nello stomaco e raggiunge il crasso in circa 90 minuti. Sospinge
gli avanzi alimentari e i batteri.

Retro-peristalsi
 Durante la retro-peristalsi, i circuiti neuronali intestinali possono produrre
delle propulsioni peristaltiche in entrambe le direzioni.
 Durante il vomito, la retro-peristalsi si realizza nell’intestino tenue: le spinte
partono dal digiuno ed arrivano rapidamente allo stomaco. Gli sfinteri si
rilassano per permettere il passaggio dei contenuti intestinali.
 Contemporaneamente, la muscolatura longitudinale dell’esofago si contrae.
Durante il vomito si contraggono anche i muscoli addominali ed il diaframma.

SECREZIONI ENDOCRINE: ORMONI


GASTROINTESTINALI
 Gli ormoni gastrointestinali sono:
 gastrina: è prodotta nell’antro dello stomaco e, in misura minore, nel
duodeno dalle cellule G. Stimola a livello gastrico la secrezione acida e
134
la secrezione di pepsinogeno. Ha un effetto trofico sulle cellule
ossintiche gastriche;
 grelina: è prodotta dalle cellule dello stomaco in condizioni di digiuno.
Produce un segnale di appetito mediato dall’attivazione dei circuiti
ipotalamici nel nucleo arcuato. A livello centrale, promuove la
secrezione dell’ormone della crescita da parte dell’ipofisi;
 istamina: è una sostanza paracrina prodotta dalle cellule simil-
enterocromaffini. Stimola la secrezione acida;
 somatostatina: è una sostanza paracrina prodotta dalle cellule D. Inibisce
la secrezione acida;
 secretina: è prodotta dal duodeno dalle cellule S. La sua secrezione è
stimolata dall’acidità duodenale. Stimola a sua volta la secrezione
pancreatica e biliare di bicarbonati ed inibisce la secrezione acida
gastrica;
 polipeptide insulinotropo glucosio-dipendente (GIP): è prodotto dal
duodeno e dal digiuno dalle cellule K. Si pensa che possa stimolare la
secrezione dell’insulina in risposta alla presenza del glucosio nel lume
intestinale;
 colecistochinina (CCK): è prodotta nel duodeno e digiuno dalle cellule I.
Stimola la contrazione della cistifellea e rilascia lo sfintere di Oddi.
Stimola la secrezione degli enzimi pancreatici ed inibisce lo
svuotamento gastrico. Induce il senso di sazietà o nausea;
 motilina: è prodotta dal duodeno e digiuno dalle cellule M. Aumenta la
motilità gastrica ed intestinale nei periodi inter-prandiali e potrebbe dare
inizio ai complessi motori migranti (MMCs).

SECREZIONI ESOCRINE
 Le secrezioni esocrine sono:
 secrezione salivare;
 secrezione gastrica;
 secrezione pancreatica;
 secrezione biliare;
 secrezione intestinale.

SECREZIONE SALIVARE
 La saliva viene prodotta da un gruppo eterogeneo di ghiandole esocrine, che
sono le ghiandole salivari.
 Svolge numerose funzioni:
135
 facilita la masticazione e la deglutizione, lubrificando il cibo;
 trasporta le immunoglobuline;
 contribuisce alla digestione dei carboidrati e dei lipidi.
 Le principali ghiandole salivari sono:
 parotidi: la saliva è ricca in acqua ed elettroliti;
 sottomandibolari e sottolinguali: la saliva è ricca in mucina (è una
glicoproteina di notevoli dimensioni ricca in carboidrati).
SECREZIONE SALIVARE:
COMPOSIZIONE
 Elettroliti presenti nella saliva: la composizione della secrezione primaria
assomiglia a quella del plasma.
 La secrezione primaria viene, però, modificata a livello dei dotti striati e
secretori. La saliva risulta così ipotonica e con una minor concentrazione di
Na+ e Cl- ed una maggior concentrazione di K+ ed HCO3- rispetto al plasma. Il
Na+ viene attivamente riassorbito e K+ ed HCO3- sono attivamente secreti dalle
cellule del dotto.
 La composizione finale dipende dalla velocità di secrezione.
 Proteine presenti nella saliva:
 mucina: conferisce viscosità;
 α-amilasi: è un enzima idrolitico per la digestione dell’amido. Viene
immagazzinato nei granuli dello zimogeno, che è il precursore inattivo
degli enzimi proteolitici. I granuli sono accumulati nella regione apicale
e rilasciati in risposta a degli stimoli appropriati;
 lisozimi, lipasi linguale, lattoferrina, EGF (Fattore Di Crescita
dell'Epidermide) ed IgA.

SECREZIONE GASTRICA
 Accanto alla funzione principale di serbatoio, lo stomaco assorbe l’acqua e le
sostanze liposolubili (ad esempio, i farmaci e l’alcool) e prepara il chimo per la
digestione.
 Il chimo è un materiale semifluido che si produce nello stomaco, in seguito alla
digestione e alla trasformazione di grandi particelle di cibo in più piccole
particelle sotto l’azione dei movimenti peristaltici.
 Numerosi tipi cellulari nello stomaco contribuiscono alle secrezioni gastriche,
in particolare nelle pliche del corpo che formano la mucosa gastrica
ghiandolare.

136
TIPI DI CELLULE GHIANDOLARI
 Cellule parietali: sono responsabili della secrezione di HCl e del fattore
intrinseco.
 Cellule principali: sono responsabili dell’attivazione del pepsinogeno e della
lipasi gastrica.
 Cellule endocrine D: producono la somatostatina, che agisce per via paracrina
sulle cellule parietali (si ha un’inibizione della secrezione acida).
 Cellule endocrine G: producono la gastrina, che agisce sulle cellule parietali
(si ha una stimolazione della secrezione acida).
 Cellule simil-enterocromaffine: producono l’istamina, che agisce per via
paracrina sulle cellule parietali (si ha una stimolazione della secrezione acida).

SECREZIONE GASTRICA
 Le cellule mucose del collo sono delle cellule staminali, che si dividono e si
differenziano per dare origine a tutte le altre cellule ghiandolari e della
superficie gastrica: il turnover è molto elevato e l’epitelio si rinnova in alcuni
giorni.
 Inoltre, in seguito ad una lesione, le cellule mucose migrano rapidamente per
ricoprire la superficie dell’area lesa. In seguito, si verifica il processo di mitosi
e differenziamento che porta alla ricostituzione delle parti danneggiate.
 Le ghiandole ossintiche si trovano nel fondo e nel corpo. Contengono delle
cellule mucose superficiali, che secernono il muco e gli ioni bicarbonato per
proteggere lo stomaco dagli acidi.

COMPOSIZIONE DEL SUCCO GASTRICO


 I componenti più importanti sono l’HCl, gli elettroliti, il pepsinogeno ed il
fattore intrinseco.
 Il pH è molto basso: 2-2,5.
 L’HCl viene secreto dalle cellule ossintiche, grazie alla presenza sulla
membrana apicale dell’atpasi H+/K+. Inoltre, la membrana baso-laterale
possiede uno scambiatore anionico Cl-/HCO3-, che bilancia l’ingresso degli
ioni Cl- nella cellula con l’immissione nel sangue di HCO3- (si ha una marea
alcalina durante la digestione).
 La composizione elettrolitica varia a seconda della velocità di secrezione.
 Sono presenti le proteine secrete nella saliva.

137
FUNZIONI DEL SUCCO GASTRICO
 Le funzioni del succo gastrico sono:
 digestione: il pepsinogeno è una molecola inattiva, che viene attivata in
pepsina dall’ambiente acido dello stomaco o dalla pepsina stessa. La
pepsina è una endopeptidasi, ossia taglia all’interno le molecole
proteiche. Il pH ottimale per la sua attività è 1,8-3,5;
 protezione: l’acidità elevata costituisce una barriera all’invasione
batterica;
 ruolo del fattore intrinseco: si lega alla vitamina B12 proteggendola dalla
digestione gastrica ed intestinale. Il complesso viene assorbito nell’ileo
per endocitosi. È importante per la sintesi dell’emoglobina. L'anemia
perniciosa è una disfunzione del metabolismo dovuta ad un ridotto
assorbimento della vitamina B12.

CONTROLLO NERVOSO ED ORMONALE


DELLA SECREZIONE GASTRICA
 L’effettore nervoso è il nervo vago, che produce il neurotrasmettitore
acetilcolina, e gli effettori ormonali sono la gastrina e l’istamina, che è prodotta
dalle cellule simil-enterocromaffine.
 Le cellule ossintiche esprimono i recettori per l’istamina (i recettori H2), la cui
stimolazione determina una maggiore secrezione di acido.
 L’acetilcolina, l’istamina e la gastrina agiscono aumentando i livelli di calcio
intracellulare e di cAMP. Potenziamento: ciascuna sostanza rinforza l’effetto
delle altre.

INIBIZIONE DELLA SECREZIONE DI


ACIDO
 La secrezione acida è importante solo durante la digestione e, inoltre, l’eccesso
di acido può danneggiare la mucosa gastrica e duodenale causando ulcere.
 Le proteine del cibo costituiscono un ottimo sistema tampone ed il pH del lume
è di circa 3. A valori inferiori, le cellule endocrine gastriche e le cellule
endocrine D secernono la somatostatina, che inibisce il rilascio di gastrina e
quindi la secrezione della gastrina stessa.
 L’acidificazione del lume duodenale stimola la secrezione di secretina e di altri
peptidi, tra cui il peptide insulinotropo glucosio-dipendente (GIP) che
inibiscono le cellule parietali.
138
SECREZIONE DI HCl
a) PERIODI INTERPRANDIALI:
 il pH del lume gastrico è < 2;
 aumentato rilascio da parte delle cellule D di somatostatina;
 diminuita secrezione di gastrina;
 diminuita secrezione di HCl.
b) PERIODI PRANDIALI:
 aumento del pH del lume gastrico a 5 o 6;
 diminuito rilascio da parte delle cellule D di somatostatina;
 aumentata secrezione di gastrina;
 aumentata secrezione di HCl.

SECREZIONE PANCREATICA
 La secrezione pancreatica svolge la funzione di neutralizzare gli acidi nel
chimo quando entra nel duodeno e di fornire gli enzimi coinvolti nella
digestione di proteine, carboidrati e grassi.
 Il pancreas secerne circa 1 litro di fluido al giorno ricco di ioni bicarbonato,
mentre le concentrazioni di Na+ e K+ sono simili al plasma.
 Parallelamente alla secrezione di ioni bicarbonato, vengono rilasciati gli ioni
H+ nel plasma (si ha una marea acida).

ENZIMI PANCREATICI ED ENZIMI


INTESTINALI
 La secrezione pancreatica contiene numerosi proenzimi inattivi, chiamati
zimogeni.
 Gli enzimi intestinali (peptidasi, disaccaridasi ed entero-peptidasi o entero-
chinasi) sono legati alle membrane apicali delle cellule epiteliali e sono
ancorati alle proteine integrali di membrana. Fanno parte dell’orletto a
spazzola, ovvero dei microvilli, degli enterociti.
 Prendono parte al processo di attivazione a cascata degli enzimi pancreatici.

CONTROLLO NERVOSO ED ORMONALE


DELLA SECREZIONE PANCREATICA
 Il sistema nervoso parasimpatico stimola prevalentemente la secrezione degli
enzimi ed il sistema nervoso simpatico innerva soprattutto i vasi sanguigni (la
139
vasocostrizione è un fenomeno che consiste nella riduzione del calibro dei vasi
sanguigni).
 Gli ormoni prodotti dall’intestino tenue e dal pancreas sono:
 secretina: stimola la secrezione degli ioni bicarbonato;
 colecistochinina (CCK): stimola la secrezione enzimatica;
 peptide intestinale vasoattivo (VIP) e gastrina: sono strutturalmente
simili alla secretina e alla colecistochinina. Hanno degli effetti simili, ma
più deboli.

SECREZIONE PANCREATICA
 Come la secrezione acida, si verifica in tre fasi dette:
 cefalica;
 gastrica;
 intestinale.

SECREZIONE BILIARE
 Il fegato secerne 600-1200 ml/giorno di bile nel duodeno.
 La bile è composta da:
 elettroliti;
 sali biliari;
 pigmenti biliari: ad esempio, la bilirubina;
 colesterolo;
 fosfolipidi;
 proteine.
 La bile svolge le seguenti funzioni:
 assorbimento intestinale dei lipidi;
 escrezione del colesterolo attraverso i sali biliari ed escrezione della
bilirubina.
 Il sistema biliare è costituito da:
 canalicoli biliari: sono dei sottili canali tubulari che decorrono tra gli
epatociti;
 dotti biliari: raccolgono la bile dai canalicoli e la convogliano alla
cistifellea, che è il serbatoio di raccolta.
 L’immissione della bile nel duodeno dopo un pasto è innescata dal rilascio
della colecistochinina, che provoca la contrazione della cistifellea.

140
FEGATO E BILE
 Cellule endoteliali sinusoidali: le lamine porose permettono lo scambio di
materiale tra la sinusoide e lo spazio perisinusoidale.
 Due epatociti originano un canalicolo biliare mediante le giunzioni serrate per
impedire il mescolamento della bile nello spazio perisinusoidale.
 La membrana degli epatociti, rivolta verso i canalicoli, contiene diversi carrier
spesso ATP-dipendenti che trasportano i metaboliti, la fosfatidilcolina, i sali
biliari e gli anioni organici.

REGOLAZIONE DELA SECREZIONE


BILIARE
 Si ha un:
 controllo a feedback;
 controllo ormonale;
 controllo nervoso.

Controllo a feedback
 Controllo a feedback: è il meccanismo principale. La concentrazione dei sali
biliari nel sangue portale epatico è il fattore che regola la sintesi e la
secrezione degli acidi biliari da parte degli epatociti attraverso un meccanismo
a contro-reazione negativo. Questo meccanismo regola anche la secrezione
della bile.
 Dopo un pasto viene, quindi, inibita la sintesi degli acidi biliari e viene
stimolata la secrezione della bile. Durante i periodi interdigestivi si verifica la
regolazione opposta.

Controllo ormonale
 Controllo ormonale:
 colecistochinina: è un peptide di 33 amminoacidi. È secreta dalla
mucosa intestinale quando gli amminoacidi e gli acidi grassi sono
presenti nel lume. Determina la contrazione della cistifellea e, di
conseguenza, l’apertura dello sfintere di Oddi ed il rilascio della bile;
 secretina: stimola la produzione di HCO3- da parte delle cellule biliari.
La bile contribuisce alla neutralizzazione degli acidi;
 gastrina: stimola la secrezione agendo sul fegato;
 motilina: ha un’azione simile alla colecistochinina.

141
Controllo nervoso
 Controllo nervoso: il sistema biliare è innervato dal sistema nervoso
parasimpatico e simpatico.
 La stimolazione del vago determina la contrazione della cistifellea ed un
maggior rilascio della bile.
 La stimolazione del simpatico ha degli effetti opposti.

CIRCOLAZIONE ENTEROEPATICA DEI


SALI BILIARI
 Permette il ricircolo dei sali biliari tra l’intestino tenue ed il fegato attraverso la
circolazione portale.
 Il pool di acidi biliari totale (quantità totale di sali biliari presenti nel corpo) è
di circa 2-4 g. A seconda del contenuto di grasso nei pasti, la circolazione può
verificarsi da 3-5 volte fino a 14-16.
 Questo meccanismo limita la quantità di sali biliari, che deve essere prodotta
giornalmente per promuovere l’assorbimento dei lipidi.

SECREZIONE INTESTINALE
 L’intestino tenue secerne 2-3 l/giorno di fluido alcalino ed isotonico, che
contribuisce a conservare la fluidità del chimo e ad eliminare gli agenti nocivi
ed i microrganismi infettivi.
 Le cellule secretorie compongono le cripte di Lieberkunh, che sono delle
ghiandole tubulari poste alla base dei villi.
 La secrezione predominante è quella degli ioni Cl- che vengono secreti
attraverso un canale (canale CFRT: canale regolatore della conduttanza
transmembrana della fibrosi cistica), la cui apertura è regolata dai livelli
intracellulari di cAMP. Viene secreto attivamente l’HCO3- con la funzione di
neutralizzare gli ioni H+ (i batteri intestinali producono acidi), i secreti K+ ed il
muco da parte delle cellule a calice.
 Regolatore transmembrana della fibrosi cistica (CFRT): un suo difetto o
una sua assenza è alla base delle secrezioni viscose ricche di muco, anche nel
pancreas e nelle vie aeree.
 Il movimento degli ioni Cl- verso il lume attrae gli ioni positivi di sodio, che
diffondono attraverso la via para-cellulare: si crea il gradiente osmotico per la
secrezione di acqua. La risultante è una secrezione iso-osmotica di NaCl.

142
REGOLAZIONE DELLA SECREZIONE
INTESTINALE
 Le sostanze secretagoghe sono:
 acidi biliari;
 peptide intestinale vasoattivo (VIP);
 enterotossine: inducono l’ipersecrezione intestinale, si legano all’orletto
a spazzola ed aumentano l’attività intracellulare dell’adenilato ciclasi (il
Vibrio Cholerae interagisce con l’adenilato ciclasi) e della guanilato
ciclasi (l’Escherichia Coli interagisce con la guanilato ciclasi).
L’infezione può causare diarrea acquosa, disidratazione e morte in
particolare nei bambini la cui sensibilità è molto elevata.

DIGESTIONE ED ASSORBIMENTO
 Sebbene alcuni farmaci ed acidi grassi siano assorbiti nello stomaco, la
maggior parte della digestione e dell’assorbimento si verifica nell’intestino
tenue.
 Le contrazioni di segmentazione, che si verificano nel tenue in seguito ad un
pasto, garantiscono il mescolamento e l’esposizione del contenuto agli enzimi
digestivi e alla superficie della mucosa. Questa è organizzata in pliche che
proiettano verso il lume i villi, che sono delle strutture digitiformi ricoperte dai
microvilli. Quindi, si ha un grande aumento dell’area della superficie
assorbente.
 I vari nutrienti, le vitamine, i sali biliari e l’acqua vengono assorbiti grazie a
dei meccanismi di:
 trasporto passivo;
 trasporto facilitato;
 trasporto attivo.
 La maggior parte dei nutrienti e delle vitamine è assorbita nel duodeno e nel
digiuno. I sali biliari sono assorbiti nell’ileo, grazie ad un processo mediato da
un recettore, per garantire l’assorbimento dei grassi.

DIGESTIONE DEI CARBOIDRATI


 L’amido è il carboidrato più abbondante nella dieta umana. È formato da
amilosio, che è una catena rettilinea di unità di glucosio, ed amilopectina, che
è una catena ramificata di unità di glucosio.

143
 I prodotti della digestione dell’amido da parte degli enzimi α-amilasi salivare e
pancreatica sono dei disaccaridi (maltosio) e degli oligosaccaridi (maltotrioso
e destrine): questi vengono ulteriormente digeriti da degli enzimi, le
disaccaridasi, nelle membrane dell’orletto a spazzola degli enterociti.

ASSORBIMENTO DEI CARBOIDRATI


 I monosaccaridi glucosio e galattosio vengono assorbiti dagli enterociti grazie
a dei meccanismi di trasporto attivo (SGLT1: trasportatore del glucosio) e
facilitato (famiglia dei trasportatori GLUT del glucosio).
 Il fruttosio viene assunto mediante un trasporto facilitato sodio-indipendente. Il
suo assorbimento è più lento ed è mediato da un diverso trasportatore, GLUT5,
che è presente sulla membrana apicale degli enterociti.
 Il fruttosio esce dalla cellula tramite il trasportatore GLUT2, che è comune al
glucosio ed al galattosio.
 Gli zuccheri assorbiti dagli enterociti sono trasportati attraverso il sangue
portale al fegato, dove vengono convertiti in glicogeno oppure immessi nel
circolo sanguigno.

DIGESTIONE ED ASSORBIMENTO DEI


LIPIDI
 I lipidi forniscono il 30-40% dell’introito calorico giornaliero.
 Gli acidi grassi essenziali non possono essere sintetizzati dall’uomo, ma
devono essere introdotti con la dieta.
 Alcuni acidi grassi insaturi sono considerati particolarmente importanti per il
metabolismo umano, per cui sono detti "acidi grassi essenziali" e si
classificano in:
 ω-6: i principali sono l’acido linoleico (C 18:2) e l’acido arachidonico
(C 20:4);
 ω-3: i principali sono l’acido eicosapentaenoico (C 20:5) e l’acido
docosaesaenoico (C 22:6). Sono abbondanti nelle alghe e nei frutti di
mare.

ASSORBIMENTO DEI LIPIDI


 I sali biliari sono essenzialmente dei detergenti, ossia delle molecole che
possiedono sia delle proprietà idrofiliche che delle proprietà idrofobiche.
 Provvedono in primo luogo ad emulsionare le grosse gocce lipidiche in
particelle più piccole, formando un rivestimento e stabilizzando l’emulsione.
144
DIGESTIONE DEI LIPIDI
 Sono presenti diversi enzimi:
 lipasi linguale: comincia la scissione dei grassi fin dai primi momenti della
digestione, cioè in bocca;
 lipasi gastrica: agisce sugli acidi grassi a corta o a media catena con un pH
ottimale intorno a 3-4 e ne permette l'assorbimento direttamente dalla
mucosa gastrica;
 lipasi pancreatica e co-lipasi: neutralizza l’inibizione della lipolisi (processo
in cui i trigliceridi vengono trasformati in glicerolo ed acidi grassi) da parte
dei sali biliari;
 fosfolipasi A2: taglia i fosfolipidi di membrana liberando l’acido
arachidonico, che contribuisce alla segnalazione dell'infiammazione e del
dolore;
 colesterolo esterasi: idrolizza l’estere del colesterolo;
 co-lipasi: è un co-fattore proteico secreto dal pancreas, che favorisce
l’accesso delle lipasi ai lipidi emulsionati dai sali biliari.

ASSORBIMENTO DEI LIPIDI


 I lipidi sono assorbiti per diffusione passiva. Devono però entrare in contatto
con la superficie dei villi intestinali, che è rivestita da uno strato acquoso. I
sali biliari provvedono a rendere le molecole lipidiche idrosolubili per
solubilizzazione micellare.
 I sali penetrano molto poco la membrana cellulare, garantendo così il massimo
assorbimento di grassi nel digiuno.
 I sali biliari, quando la loro concentrazione raggiunge il valore di
concentrazione micellare critica, si aggregano per formare le micelle.
 Le micelle semplici sono formate dai soli sali biliari, mentre le micelle miste
incorporano i prodotti della digestione lipidica.
 Le micelle diffondono verso lo strato acquoso e portano i prodotti della
digestione lipidica sulla superficie degli enterociti, dove si verifica il loro
assorbimento per diffusione.
 I sali biliari rivestono i lipidi per formare le emulsioni. Le micelle sono delle
piccole formazioni discoidali costituite da sali biliari, fosfolipidi, acidi grassi,
colesterolo, mono-gliceridi e di-gliceridi.

145
ASSORBIMENTO DEI LIPIDI E
FORMAZIONE DI LIPOPROTEINE
 Negli enterociti gli acidi grassi, i mono-gliceridi e i liso-fosfolipidi migrano
verso il reticolo endoplasmatico liscio, dove vengono ricostituiti in trigliceridi
e fosfolipidi.
 I trigliceridi, i fosfolipidi, il colesterolo e gli esteri del colesterolo sono
rilasciati dagli enterociti per endocitosi come lipoproteine.
 L’intestino produce due tipi di lipoproteine:
 chilomicroni;
 lipoproteine a densità molto bassa (VLDL).

DIGESTIONE ED ASSORBIMENTO DELLE


PROTEINE
 Le proteine sono costituite da amminoacidi essenziali e da amminoacidi non
essenziali. Questi ultimi possono essere sintetizzati dall’organismo a partire da
altri amminoacidi.
 Le proteine definite complete forniscono tutti gli amminoacidi essenziali e
sono contenute in uova, pollame e pesce.
 Il fabbisogno proteico minimo per un uomo adulto è di 0,8 g/kg di peso
corporeo, mentre per un neonato è di 2 g/kg di peso corporeo. Una donna in
allattamento perde fino a 15-20 g di proteine al giorno.

DIGESTIONE DELLE PROTEINE


 La maggior parte delle proteine sono digerite in aminoacidi o di-peptidi e tri-
peptidi, prima di essere assorbite dagli enterociti.
 La digestione inizia nello stomaco: la pepsina idrolizza i peptidi formando dei
peptidi più piccoli.
 La fase più importante si verifica nel tenue ad opera degli enzimi pancreatici. I
proenzimi inattivi sono attivati dall’enzima entero-chinasi, che è rilasciato
dalla mucosa duodenale in risposta all’arrivo del chimo.
 I prodotti finali sono amminoacidi e piccoli peptidi.

146
ASSORBIMENTO DELLE PROTEINE
 Gli amminoacidi e i peptidi sono assunti dagli enterociti per trasporto attivo
secondario, dipendente dal gradiente elettrochimico del Na+, o per trasporto
facilitato.
 Esistono dei trasportatori specifici per:
 amminoacidi neutri;
 amminoacidi anionici;
 amminoacidi cationici.
 I di-peptidi e i tri-peptidi utilizzano dei trasportatori differenti: il carrier
simporto PepT1, che sfrutta un gradiente H+ diretto all’interno della cellula.
Sono più facilmente assorbiti degli amminoacidi.
 Le proteine intatte sono poco assorbite dagli adulti, ma il loro assorbimento è
significativo nei neonati (IgG) prima che si verifichi la maturazione
dell’intestino.
 Le proteine sono assorbite per transcitosi, sia non specifica che mediata da un
recettore.
 Vengono trasportate delle macromolecole intatte, quali fattori di crescita ed
anticorpi del latte materno (che fanno parte dell’immunità passiva).
 I di-peptidi e i tripeptidi sono idrolizzati all’interno degli enterociti fino ad
amminoacidi liberi.
 La maggior parte delle proteine assorbite sono degradate dalle proteasi
lisosomiali.
 Gli amminoacidi vengono trasportati nel sangue portale al fegato.

ASSORBIMENTO DELLE VITAMINE


 Le vitamine sono delle sostanze organiche necessarie in piccole quantità per la
normale funzione metabolica, la crescita ed il mantenimento di un organismo.
 Sono di due tipi:
 liposolubili: l’assorbimento necessita, come quello dei grassi, della
formazione di micelle. I meccanismi di assorbimento sono in parte
saturabili ed ATP-dipendenti. Vengono trasportate nel plasma nei
chilomicroni e nelle VLDL;
 idrosolubili: l’assorbimento necessita di recettori specifici (complesso
FI-B12) o carrier Na+-dipendenti oppure si verifica tramite dei
meccanismi passivi.

147
ASSORBIMENTO DI ELETTROLITI E
MINERALI
 Coinvolge sia dei processi attivi che dei processi passivi.
 I minerali che vengono assorbiti sono:
 sodio;
 potassio;
 cloruro;
 bicarbonato;
 calcio;
 magnesio;
 zinco;
 ferro;
 selenio;
 rame;
 fosforo;
 iodio;
 cromo.

ASSORBIMENTO DI ACQUA
 Un adulto ingerisce circa 2 litri di acqua al giorno. Circa 7 litri di fluido sono
secreti. Vengono eliminati con le feci 100 ml di acqua al giorno.
 L’assorbimento di acqua è determinato dalla differenza di osmolarità tra il
lume ed il sangue. Il movimento dell’acqua si può verificare in entrambe le
direzioni.
 Le acquaporine sono dei canali per l’acqua presenti sulla membrana degli
enterociti, soprattutto a livello del colon.

FUNZIONI ENDOCRINE DEL PANCREAS


 Il glucosio è la più importante fonte di energia: il SNC è completamente
dipendente da esso, mentre le altre parti del corpo possono anche utilizzare
delle altre molecole.
 Il glucosio in eccesso rispetto alle esigenze metaboliche deve essere
immagazzinato, sotto forma di glicogeno o come grasso, e reso disponibile in
caso di necessità. Questo processo è controllato da due ormoni pancreatici, che
sono l’insulina ed il glucagone.
148
ORMONI PANCREATICI
 In condizioni di sazietà domina l’insulina, mentre in condizioni di digiuno
domina il glucagone.

FUNZIONI ENDOCRINE DEL PANCREAS


 Solo il 2% della massa del pancreas è costituito dalle cellule endocrine.
 Le cellule endocrine sono dei piccoli gruppi sparsi, detti isole di Langerhans:
 cellule β: producono l’insulina (circa il 60-70% del totale);
 cellule α: producono il glucagone (circa il 20% del totale);
 cellule D: producono la somatostatina (circa il 10-15% del totale);
 cellule PP (o F): producono il polipeptide pancreatico.
 Le isole di Langerhans sono innervate dal sistema nervoso simpatico e
parasimpatico.

INSULINA
 L’insulina è costituita da due catene polipeptidiche, A e B, che sono collegate
tra di loro dai ponti disolfuro.
 Le catene si formano dalla molecola precursore, la proinsulina, in seguito alla
scissione proteolitica del peptide C (o peptide di connessione).
 L’insulina e il peptide C sono secreti in quantità equi-molari per esocitosi
insieme ad un 15% di proinsulina.

SECREZIONE DI INSULINA
 In condizioni basali, la secrezione dell’insulina è pulsatoria: i singoli
episodi si verificano ogni 15-20 min.
 L’aumento della concentrazione plasmatica di glucosio (>100 mg/dL)
determina una risposta secretoria bifasica, che insorge rapidamente nel giro di
alcuni minuti.
 La secrezione dell’insulina è regolata anche da:
 aumento della concentrazione plasmatica di amminoacidi;
 ormoni gastrointestinali.

149
REGOLAZIONE DELLA SECREZIONE
DELL’INSULINA
 Avviene il rilascio ad azione anticipatoria da parte dell’ileo e del digiuno delle
incretine, che sono degli ormoni prodotti a livello gastrointestinale e sono gli
inibitori del peptide-1 glucagone simile (GPL-1), il peptide gastrico inibitorio
(GIP), la colecistochinina (CCK) e la gastrina.
 Dal sistema nervoso autonomo il simpatico inibisce ed il parasimpatico
stimola.
 Le incretine sono anche degli altri ormoni, quali la somatostatina e l’ormone
della crescita (la somatotropina).

MECCANISMO DI SECREZIONE
DELL’INSULINA
 Si ha un aumento della concentrazione di glucosio. Le cellule β assumono
glucosio attraverso un carrier GLUT.
 Il glucosio viene ossidato. Aumenta la concentrazione intracellulare di ATP.
 Si ha la chiusura dei canali del potassio ed una depolarizzazione.
 Si ha l’ingresso di calcio attraverso l’attivazione dei canali voltaggio-
dipendenti ed avviene l’esocitosi.

BERSAGLI DELL’AZIONE
DELL’INSULINA
 I principali sono il fegato, il tessuto adiposo ed il muscolo scheletrico. Si ha un
aumento della captazione del glucosio circolante oppure un aumento
dell’utilizzo del glucosio per produrre energia o per i processi di sintesi.
 Nelle cellule bersaglio l’insulina si lega ad un recettore che appartiene alla
famiglia dei recettori ad attività tirosin-chinasica.
 L’insulina supera la barriera ematoencefalica attraverso un meccanismo
mediato da un recettore.

RECETTORI AD ATTIVITA’ TIROSIN-


CHINASICA
 Operano la fosforilazione delle proteine in corrispondenza del gruppo OH dei
residui di tirosina.
150
 In generale i recettori, a seguito del legame con la sostanza segnale,
dimerizzano ed i loro domini citoplasmatici si fosforilano a vicenda (si ha
un’auto-fosforilazione).
 Nel caso del recettore per l’insulina e per l’IGF-1 (fattore di crescita-1
insulino-simile), il recettore è fin dall’inizio un etero-tetramero (α2β2) che, in
seguito all’auto-fosforilazione, opera la fosforilazione delle proteine
citoplasmatiche tramite il substrato del recettore dell'insulina (IRS). Le
proteine citoplasmatiche attivano, a loro volta, le proteine bersaglio
citoplasmatiche provviste dei cosiddetti domini SH2.

EFFETTI DELL’INSULINA
 Aumenta il trasporto di glucosio nelle cellule insulino-sensibili inserendo nella
membrana per esocitosi i trasportatori GLUT4, che sono contenuti nelle
vescicole citoplasmatiche all’interno del muscolo e delle cellule adipose.
 Potenzia l’utilizzo e l’accumulo di glucosio, attivando gli enzimi per la
glicolisi e la glicogeno-sintesi ed inattivando quelli per la gluconeogenesi e la
glicogenolisi.
 Aumenta l’utilizzo degli amminoacidi intracellulari, attivando gli enzimi per la
sintesi proteica ed inibendo quelli che promuovono il catabolismo delle
proteine.
 Aumenta la sintesi degli acidi grassi.
 È un ormone anabolico.

DIABETE MELLITO
 È una malattia del metabolismo dovuta ad una carenza di insulina o ad una sua
ridotta efficacia.
 Il sintomo principale è l’iperglicemia.
 Ne esistono due tipi:
 diabete di tipo I (o diabete giovanile o diabete mellito insulino-
dipendente): riguarda circa il 10% dei diabetici. È una malattia in molti
casi di origine autoimmune che, in genere, insorge nell'infanzia o
nell'adolescenza;
 diabete di tipo II (o diabete mellito non insulino-dipendente): riguarda
circa il 90% dei diabetici. Insorge, in genere, con l’età e nei soggetti
obesi. Generalmente, i livelli di insulina sono normali e il difetto è a
valle del recettore.

151
GLUCAGONE
 E’ un ormone antagonista dell’insulina.
 La sua azione è mediata da cAMP.
 La sua secrezione è massima quando la concentrazione plasmatica di glucosio
è < di 50 mg/dL.
 Anche l’aumento della concentrazione di amminoacidi stimola la sua
secrezione (un pasto esclusivamente proteico può ulteriormente abbassare la
glicemia, in quanto viene comunque secreta l’insulina): impedisce
l’ipoglicemia.
 Il sistema simpatico ne stimola la secrezione.
 Agisce principalmente a livello del fegato, dove stimola la glicogenolisi e le
vie della gluconeogenesi.

GHIANDOLA SURRENALE
 Il surrene (o ghiandola surrenale) è un organo composto da due ghiandole ad
attività endocrina, che sono posizionate sopra i reni. Ciascuna ghiandola
possiede una porzione corticale ed una porzione midollare.
 La porzione midollare secerne le catecolamine (l’epinefrina e la
norepinefrina) in risposta a degli stimoli nervosi.
 La porzione corticale è divisa in tre zone (la zona glomerulare, la zona
fascicolata e la zona reticolare), ciascuna delle quali secerne tre tipi principali
di ormoni steroidei:
 zona glomerulare: i mineralcorticoidi, il cui capostipite è l’aldosterone;
 zona fascicolata: i glucocorticoidi, il cui capostipite è il cortisolo;
 zona reticolare: prevalentemente gli androgeni, il cui capostipite è il
deidroepiandrosterone, e delle piccole quantità di estrogeni.
 Tutti gli ormoni della corteccia surrenale vengono sintetizzati a partire dal
colesterolo.

CORTISOLO
 Il cortisolo è il glucocorticoide più conosciuto, che è capace di aumentare le
concentrazioni plasmatiche di glucosio.
 È essenziale per la vita.
 Il rilascio è controllato dall’asse ipotalamo (attraverso il CRH, che è
l’ormone corticotropina-rilasciante)-ipofisi (attraverso l’ACTH, che è
l’ormone adrenocorticotropo o corticotropina).
 È rilasciato secondo un ritmo circadiano con un picco al mattino.
152
 Provoca degli effetti netti catabolici sul metabolismo proteico e lipidico.
 A livello epatico stimola la gluconeogenesi e la glicogenolisi. Ha un’azione
lievemente inibitoria sull’utilizzo del glucosio da parte delle cellule: infatti,
provoca un aumento della glicemia.
 Provoca anche degli effetti sul metabolismo osseo e sul metabolismo del
calcio. I glucocorticoidi inibiscono la funzione degli osteoblasti.
 Ha degli effetti anti-infiammatori e sul sistema immunitario:
 riduce l’azione dell’istamina;
 riduce la sintesi delle prostaglandine, stimolando la sintesi della
lipocortina che inibisce la fosfolipasi A2;
 è un anti-pirogeno: provoca una diminuzione di interleuchina-1;
 riduce i linfociti circolanti;
 inibisce la sintesi delle immunoglobuline;
 inibisce il differenziamento dei monociti in macrofagi;
 Si ha lo sviluppo di farmaci glucocorticoidi contro le forme infiammatorie ed
autoimmuni.

ANDROGENI SURRENALICI
 Esercitano degli effetti mascolinizzanti e promuovono l’anabolismo proteico e
la crescita dell’organismo.
 Nel maschio l’androgeno più attivo è il testosterone di origine testicolare.
 La secrezione è controllata dall’ACTH.
 Si ha un picco a 20 anni ed una diminuzione con l’età.

ASSE IPOTALAMO-IPOFISI-GONADI
 L’ormone rilasciante le gonadotropine (GnRH) è un ormone peptidico chiave
delle funzioni riproduttive.
 Stimola il rilascio dell’ormone luteinizzante (LH) e dell’ormone follicolo-
stimolante (FSH).
 I neuroni ipotalamici che secernono GnRH ricevono delle afferenze dai
neuroni dopaminergici, noradrenergici e serotoninergici.
 La secrezione di GnRH è inibita dalla dopamina, dalle endorfine e da CRH
(provoca lo stress).
 La secrezione di GnRH è stimolata dalla noradrenalina e dalla serotonina.
 Si lega ad un recettore accoppiato alle proteine G, che è la protein-chinasi C
(PKC), attraverso la via della fosfolipasi C (PLC).
 Le gonadotropine ipofisariche sono l’FSH e l’LH.

153
 Regolano lo sviluppo e la crescita delle gonadi (nell’uomo sono i testicoli,
mentre nella donna sono le ovaie), la loro maturazione alla pubertà e la
secrezione degli steroidi sessuali (attraverso il processo della steroidogenesi,
che consiste nella biosintesi degli steroidi negli organismi viventi).
 Sono delle glicoproteine costituite da una subunità comune α e da una subunità
differente β.
 La loro secrezione segue i ritmi di secrezione (pulsatili) di GnRH.
 La frequenza di secrezione è diversa nell’uomo e nella donna.
 Nella donna la secrezione di LH ed FSH è diversa nelle varie fasi del ciclo
ovarico.
 È regolata con un meccanismo a feedback dagli ormoni gonadici, che sono il
testosterone nell’uomo e l’estradiolo ed il progesterone nella donna.

TIROIDE ED ORMONI TIRODEI


 La tiroide è composta da due tipi distinti di cellule endocrine:
 cellule C: producono la calcitonina;
 cellule dei follicoli tiroidei: sintetizzano e secernono gli ormoni
amminici contenenti lo iodio e derivati dalla tirosina, che sono la
triiodotironina (T3) e la tetra-iodotironina o tiroxina (T4).
 I follicoli tiroidei sono delle strutture sferiche, la cui parete è formata da un
monostrato di cellule epiteliali dette tireociti. La cavità centrale è occupata
dalla colloide, che è una sostanza gelatinosa contenente la glicoproteina
tireoglobulina e gli enzimi necessari per la sintesi degli ormoni.
 La ghiandola tiroide ha la forma simile a quella di una farfalla ed è situata in
posizione immediatamente caudale alla laringe.

PROLATTINA
 È un ormone peptidico adenoipofisario.
 La secrezione è controllata da degli ormoni ipotalamici sia rilascianti che
inibenti (la dopamina è anche chiamata PIH, ovvero prolattina-inibendo
l’ormone).
 Stimola la produzione di latte dalla ghiandola mammaria (gli estrogeni la
inibiscono).
 Il suo rilascio è stimolato dalla suzione (assunzione di latte attraverso le labbra
mediante aspirazione) del neonato.
 L’eiezione di latte necessita, invece, dell’ossitocina che stimola la contrazione
delle cellule mioepiteliali che circondano la ghiandola. Il rilascio di ossitocina
è causato da vari stimoli (come ad esempio, il pianto del neonato).
154
 Negli uomini e nelle donne non in allattamento è secreta tonicamente secondo
un ritmo circadiano, che presenta un picco durante il sonno.
 La sua attività è correlata a quella dell’ormone della crescita: regola i processi
di crescita e quelli riproduttivi.
 Ha un ruolo nella regolazione delle funzioni immunitarie, in particolare nella
differenziazione dei linfociti.
 Stimola la sintesi del calcitriolo e, quindi, indirettamente l’assorbimento
intestinale di calcio.

CRESCITA CORPOREA
 I fattori ormonali sono il GH (ormone della crescita), gli ormoni tiroidei,
l’insulina e gli ormoni sessuali.
 Un dieta adeguata deve comprendere le proteine, le calorie, le vitamine ed i
minerali (come ad esempio, il calcio).
 In assenza di stress, si hanno gli effetti catabolici del cortisolo che inibiscono
l’accrescimento.
 I fattori genetici sono la statura da adulto, la forza della mano, il tempo di
crescita, l’età e la velocità di sviluppo sessuale.
 La crescita corporea può essere suddivisa in accrescimento dei tessuti molli
ed in accrescimento del tessuto osseo.

ORMONE DELLA CRESCITA O


SOMATOTROPO (GH)
 È un ormone peptidico.
 L’80% dell’ormone è trasportato legato alla proteina plasmatica, legante
l’ormone della crescita (offre protezione dalla filtrazione renale).
 Agisce sia sui tessuti bersaglio che come ormone trofico, in quanto stimola la
sintesi delle somatomedine, che sono anche chiamate IGFs ovvero fattori di
crescita insulino-simili, dal fegato.
 Il rilascio è stimolato sia dai nutrienti circolanti che dai fattori trofici, quali il
GHRH che è l’ormone rilasciante il GH, la grelina e la somatostatina che è
un ormone inibente.
 È prodotto nell’arco di tutta la vita.
 Un’ipersecrezione provoca gigantismo o acromegalia (esercita un’azione sulla
cartilagine e sul tessuto molle), mentre una carenza provoca nanismo.
 Il recettore di GH appartiene alla famiglia dei recettori associati alle tirosin-
chinasi non recettoriali.

155
 Il legame dell’ormone al recettore attiva una protein-chinasi della famiglia
Janus (JAK2: Janus chinasi 2), il recettore dimerizza e due JAK2 si auto-
fosforilano e fosforilano i domini intracellulari in tirosina del recettore. I fattori
di trascrizione STAT (ovvero trasduttori del segnale ed attivatori della
trascrizione) si legano, quindi, alle fosfo-tirosine e sono a loro volta attivati per
fosforilazione mediata da JAK2.
 Esercita un’azione anabolica sulle proteine, aumenta la lipolisi e la
concentrazione ematica di glucosio.

CRESCITA DEI TESSUTI MOLLI


 Il GH, gli ormoni tiroidei, i fattori di crescita insulino-simili ed altri fattori di
crescita influenzano la crescita e la divisione cellulare.
 L’ipertrofia è l’aumento del volume cellulare, mentre l’iperplasia è
l’aumento del numero delle cellule.
 L’insulina favorisce la crescita (la sintesi proteica ed il metabolismo del
glucosio) e svolge un’azione permissiva verso il GH.

CRESCITA OSSEA
 Il tessuto osseo è un tessuto dinamico, ovvero è continuamene formato e
riassorbito.
 È composto dalle cellule, dai vasi sanguigni e dal midollo in alcune ossa.
 È costituito da uno strato esterno di tessuto osseo compatto e da uno strato
interno di tessuto osseo trabecolare.
 L’osso compatto è composto da delle cellule, gli osteociti, e da una matrice
extracellulare calcificata costituita da dei cristalli di fosfato di calcio
(idrossiapatite) precipitati ed ancorati al collagene ed alle proteine. L’osteoide
è un tessuto osseo povero di sali di calcio.
 La crescita ossea si verifica quando la deposizione della matrice ossea è più
veloce del suo riassorbimento.
 Aumento del diametro: la matrice si deposita sulla superficie esterna.
 Aumento della lunghezza: si verifica a livello di regioni specializzate, dette
placche epifisarie o dischi epifisari, poste tra l’epifisi (porzione terminale) e
la diafisi (porzione centrale) dell’osso.
 Sono costituite da:
 osteoblasti: producono gli enzimi e l’osteoide;
 condrociti: depositano la cartilagine.
 Sul versante epifisario dei dischi i condrociti in divisione aumentano la
lunghezza dell’osso e depositano la cartilagine.
156
 I condrociti senescenti degenerano e gli osteoblasti occupano progressivamente
lo spazio lasciato libero.
 Gli osteoblasti depositano la matrice ossea sulla base cartilaginea.
 Al termine del processo, gli osteoblasti si trasformano in osteociti.
 La crescita continua fino a che il disco è attivo.

CONTROLLO ENDOCRINO DELLA


CRESCITA OSSEA
 Avviene attraverso il GH, le somatomedine e gli ormoni sessuali.
 Lo scatto dell’accrescimento corporeo negli adolescenti è attribuito ad un
aumento degli androgeni nei ragazzi, mentre nelle ragazze il ruolo degli
estrogeni è meno chiaro.
 In tutti gli adolescenti, gli ormoni steroidei fanno saldare e rendono inattive le
zone epifisarie.

CONTROLLO ENDOCRINO DEL


BILANCIO DI CALCIO
 Si verifica attraverso il movimento di calcio tra il rene, l’intestino e l’osso.
 È regolato dall’ormone paratiroideo, dalla vitamina D3 e dalla calcitonina.
 L’ipocalcemia (diminuzione del calcio ematico nell’individuo) provoca
l’ipereccitabilità nervosa e la tetania, ovvero l’ipereccitabilità neuromuscolare.
 L’ipercalcemia (condizione di aumentato contenuto di calcio nel sangue)
provoca una depressione dell’attività neuromuscolare.

RIASSORBIMENTO OSSEO
 Contribuisce a mantenere la corretta concentrazione plasmatica di calcio.
 Le cellule responsabili del riassorbimento sono gli osteoclasti, che sono delle
cellule polinucleate di grandi dimensioni.
 Secernono acidi ed enzimi proteolitici attivi a pH bassi per dissolvere la
matrice calcificata ed il collagene, liberando il Ca2+.

ORMONE PARATIROIDEO
 Lo stimolo per il rilascio è dovuto alla diminuzione del Ca2+ plasmatico.

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 Mobilizza il calcio dall’osso. Gli osteoclasti non rispondono però direttamente
e l’azione è mediata da dei fattori paracrini.
 Aumenta il riassorbimento renale del calcio e l’escrezione dei fosfati.
 Aumenta l’assorbimento intestinale del calcio tramite la sua azione sulla sintesi
della vitamina D3.

VITAMINA D3
 Lo stimolo per la sintesi è dovuto alla diminuzione del Ca2+ plasmatico, alla
prolattina e all’ormone paratiroideo (PTH).
 La vitamina D3 potenzia gli effetti del PTH.
 Il calcitriolo (o 1,25-diidrossicolecalciferolo) è la forma attiva della vitamina
D3 nell'organismo umano.

CALCITONINA
 Lo stimolo per il rilascio è dovuto all’aumento del Ca2+ plasmatico.
 Presenta delle azioni opposte rispetto al PTH.

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