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TRAUMA CRANICO

(Pelaia)

DEFIZIONE

Il trauma è una qualsiasi lesione di organo o apparato conseguente ad un evento esterno che si instaura in periodo
di tempo breve.

Il trauma cranioencefalico si determina ogni qualvolta vi sia stato un impatto al capo, sia presente una lesione
cutanea su di esso o un episodio di perdita di coscienza di durata variabile.

ANATOMIA E FISIOLOGIA CRANIOENCEFALICA

Il cranio è un compartimento chiuso costituito da due componenti:

 Il contenitore: annessi cutanei, cute, teca, dura madre


 Il contenuto: tessuto nervoso, vasi, sangue, liquido cefalorachidiano

La scatola cranica è una struttura ossea rigida e la somma dei tre componenti (tessuto nervoso, sangue, liquor) deve
rimanere, al variare di uno dei 3 fattori, costante, secondo la legge di Monro-Kellie, perché non si abbia una
modificazione della pressione endocranica.

Il volume di una neoformazione può essere compensato, inizialmente, da spostamento del sangue o del liquor in
modo tale che la pressione intracranica (PIC) aumenti solo di poco.
Superati questi meccanismi di compenso si determina un aumento della PIC.

La (PIC) è l’equivalente della pressione del liquor in posizione supina ed è pari a 10-15 mmHg.
La sua misurazione è importante in quanto essa condiziona la perfusione cerebrale.

La pressione di perfusione cerebrale (PPC) (v.n. 70-80 mmHg) è, infatti, il risultato della differenza tra Pressione
Arteriosa Media (PAM) e PIC

Pressione di perf . cerebrale ( PPC )=Pressione art .media ( PAM ) −Pressione intracranica( PIC)

Pressione sistolica−Pressione diastolica


Pressione arteriosamedia=Pressione diastolica+
3

Ogni aumento della PIC determina quindi una riduzione della PPC.

Il mantenimento di una adeguata PPC consente un apporto continuo di O2 e glucosio fondamentali per il
metabolismo del neurone.

Va sottolineato, tuttavia, che il circolo cerebrale è dotato di autoregolazione, che lo rende indipendente dalla
regolazione del circolo sistemico. L’autoregolazione è consiste nella variazione della resistenza vascolare cerebrale
che permette di mantenere un flusso ematico cerebrale adeguato alle necessità metaboliche malgrado le variazioni
della PPC.

 Quando la PPC è diminuita, per riduzione della PAM o per un aumento della PIC, la vasodilatazione mantiene
il flusso costante fino ad un valore di PPC di 60 mmHg.

 Se la PPC si riduce ulteriormente (sotto 60 mmHg) la funzione cerebrale è mantenuta da un consumo


(estrazione) di O2 aumentato fino ad un massimo del 60%.
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Quando questi due principali meccanismi di difesa del cervello contro l’ipoperfusione sono esauriti, l’apporto di O2
diventa insufficiente per garantire la funzione di membrana del tessuto cerebrale e lo stato cerebrale si deteriora
ulteriormente.

La Il flusso ematico cerebrale è regolato oltre che dalla PPC, anche dalla PaCO2 e da fattori metabolici.

PaCO2 agisce sul flusso ematico cerebrale attraverso una variazione delle resistenze vascolari:

 La diminuzione della PaCO2 provoca vasocostrizione, con diminuzione del flusso e del volume ematico
cerebrale, che porta a diminuzione della PIC.

 L’aumento della PaCO2 determina vasodilatazione cerebrale, con aumento della PIC.

LESIONI NEL TRAUMA CRANICO

L’evoluzione dei pazienti con trauma cranioencefalico dipende da fattori intracranici (il tipo di lesione) e da fattori
extracranici (ipotensione, ipossiemia, ipercapnia, l’anemia).

Le lesioni cranioencefaliche di origine traumatica sono distinte in base al tempo di insorgenza in:

 Immediate:
o Possono interessare gli involucri (ferite, contusioni della cute, fratture ossee, lesioni durali)
o Possono interessare il parenchima cerebrale (contusione cerebrale, danno assonale diffuso, danno
tronco dell’encefalo, emorragia subaracnoidea).

 Precoci:
o Ematoma (extradurale o epidurale, subdurale, intracerebrale)
L’ematoma extradurale (epidurale) è quello più pericoloso.
Gli ematomi intracerebrali sono quelli più difficili da drenare (e vengono drenati solo in certi casi), in
quanto il sangue infarcisce anche il tessuto nervoso sano.

o Lacerazione cerebrale
o Rigonfiamento cerebrale diffuso

 Tardive:
o Ipertensione endocranica
o Ischemia
o Infezioni

La lesioni cerebrali possono essere distinte in:

 Primarie: si stabiliscono al momento del trauma, sono caratterizzate da distruzione neuronale, in genere
sono irreversibili. Le lesioni primarie possono essere focali o diffuse.

o Le lesioni focali (ematoma extradurale, sottodurale acuto, intracerebrale) aumentano


progressivamente di volume e determinano un quadro di ipertensione endocranica che si sviluppa
dopo un intervallo libero. Lo stato di coscienza si aggrava successivamente dopo il trauma.

o Le lesioni diffuse sono: le lesioni assonali diffuse e il rigonfiamento cerebrale diffuso.

 Le lesioni assonali diffuse sono dovute ad un disallineamento della sostanza bianca con
rottura di vasi e di assoni. Il quadro clinico è caratterizzato da uno stato di coma immediato.

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 Il rigonfiamento cerebrale diffuso è caratterizzato da edema e vasodilatazione. L’edema
cerebrale è caratterizzato da un aumento del contenuto di H2O e sodio con riduzione del
potassio.

Nei traumi cranioencefalici gravi si possono associare lesioni focali e lesioni diffuse responsabili di un coma
immediato e della comparsa secondaria di danno neurologico focale.

 Secondarie: Sono potenziali e favorite da fattori intra ed extracranici, dall’ipertensione endocranica ed


hanno come denominatore comune l’ischemia. La lesione secondaria è generalmente una lesione ischemica,
la cui insorgenza è favorita dalla gravità della lesione primaria, da fattori extracranici, dall’ ipertensione
endocranica.
I fattori intracranici sono rappresentati dalla lesione primaria.
I Fattori extracranici sono:
o Ipotensione: la diminuzione della pressione arteriosa sistolica al di sotto di 80 mmhg provoca
ischemia
o Ipossiemia: è un fattore peggiorativo, può derivare da un trauma toracico, da uno stato di coma
o Ipercapnia: provoca vasodilatazione cerebrale e quindi ipertensione endocranica
o Anemia: riduce l’apporto di O2 attraverso la riduzione dell’emoglobina.

La lesione secondaria, sopraggiunge ogni volta che l’apporto di O2 diventa inferiore alla richiesta, essa,
tuttavia può essere prevenuta e trattata al contrario della lesione primaria che può restare al di fuori di
ogni risorsa terapeutica.

IPERTENSIONE ENDOCRANICA E CONSEGUENZE

L’aumento della PIC è in genere secondario a:

 Un aumento di uno dei numerosi settori intracranici (liquidi, parenchimatosi o ematici)

o Difficoltà di drenaggio del liquor da riduzione del deflusso venoso giugulare o da edema cerebrale

o Difficoltà di riassorbimento del liquor da ridotto flusso ematico cerebrale

o Aumento delle pressione arteriosa, del volume e del flusso ematico cerebrale

 Neoformazioni (tumori, ematomi, ascessi), associazioni di cause.

L’ipertensione endocranica può determinare:

 Incuneamento cerebrale: quando l’aumento di volume dei differenti compartimenti intracranici è molto
squilibrato. La sindrome da incuneamento cerebrale è legata alla dislocazione di strutture sopracorticali
dalla loro sede usuale, ed è responsabile di una compressione su strutture sottocorticali. I malati
presentano in questo caso delle alterazioni dello stato di coscienza, del diametro pupillare e del ritmo
respiratorio.

Si hanno due sindromi di incuneamento cerebrale:

o Assiale: L’incuneamento assiale sopraggiunge quando gli effetti della lesione intracranica fanno
convergere la pressione sul tronco dell’encefalo (peggioramento dello stato di coscienza,

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iperventilazione, pupille di diametro medio ed irregolari). Se non si interviene immediatamente
compare insufficienza cardiorespiratoria

o Uncale: secondario a lesioni lateralizzate che spingono la parte mediana del lobo temporale verso il
tronco dell’encefalo comprimendo il III nervo cranico, l’oculomotore. Esso è caratterizzato
inizialmente da: pupille dapprima non reagenti alla luce e successivamente midriatiche, respiro,
stato di coscienza e risposte motorie conservati.

Le due sindromi caratterizzano il livello anatomico dell’alterazione della funzione, ma non sono specifiche
dell’eziologia della lesione responsabile.

 Ischemia: L’ipertensione endocranica determina ischemia attraverso un ostacolo della microcircolazione che
rende l’apporto di O2 inferiore alla richiesta.

Pressione di perf . cerebrale ( PPC )=Pressione art .media ( PAM ) −Pressione intracranica( PIC)

L’ischemia, inoltre, alterando la permeabilità di membrana attraverso la perdita funzionale delle pompe di
membrana, determina edema citotossico responsabile di un ulteriore aumento della PIC.

Tecniche di monitoraggio della PIC:

 Posizionamento di un catetere intraventricolare nei ventricoli cerebrali: questo sistema viene posizionato
(con difficoltà) dal neurochirurgo e permette, oltre che di monitorizzare la PIC, di poter intervenire, entro
certi limiti, ad abbassarla.
Lo svantaggio è rappresentato, oltre che dal posizionamento, dal rischio di infezione (il sistema del
cateterino deve essere chiuso, non deve esserci contatto con l’esterno, il liquor finisce in una sacca, c’è una
doppia sacca con una doppia valvola, quindi tutti sistemi di protezione)

 Posizionamento di un sensore sulla superficie cerebrale previa foratura della calotta.


Tale sistema non permette di abbassare la PIC, è più sicuro dal punto di vista del rischio di infezione ma,
dopo alcuni giorni, può dare informazioni inaccurate.

In presenza di Ipertensione Endocranica l’obiettivo terapeutico è quello di sorvegliare che l’apporto di O2 al cervello
rimanga superiore alla sua richiesta al fine di evitare l’ischemia cerebrale.

Ciò si ottiene sia attraverso l’aumento della PPC secondario alla riduzione della PIC sia attraverso l’ottimizzazione del
trasporto di O2 al cervello con l’aiuto di un monitoraggio dell’emodinamica cerebrale (doppler transcranico) e del
metabolismo cerebrale (misura della differenza arterovenosa cerebrale in O2 e della Saturazione del sangue venoso
giugulare, SjO2).

COMA CEREBRALE TRAUMATICO

Condizione in cui si ha un’abolizione dello stato di coscienza.

La coscienza è il processo mentale che dà consapevolezza di sé e dell’ambiente esterno, essa ha due componenti la
risvegliabilità (o vigilanza) e la consapevolezza. Il mantenimento della consapevolezza dipende dalla funzione della
corteccia, quello della vigilanza dalla funzione della sostanza reticolare del tronco dell’encefalo.
L’interruzione della connessione tra strutture corticali e tronco dell’encefalo, che ha funzione attivante sulla
corteccia, produce il coma.

Le cause di tale interruzione sono: lesioni focali o diffuse.

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Dato che la consapevolezza non è possibile senza la vigilanza, l’essere più o meno risvegliabili è il fattore più
importante nel determinare il livello o il grado di coscienza.
Livelli possibili di coscienza:

 Sveglio-vigile e consapevole
 Sonnolento-facilmente risvegliabile e consapevole
 Torpido-risvegliabile con difficoltà e scarsamente consapevole

 Stato vegetativo-vigile, ma non consapevole: stato in cui si presume che le funzioni della corteccia cerebrale
(pallium) possano essere totalmente soppresse, e che l'attività vitale sia mantenuta solo da strutture
sottocorticali. Si tratta di una condizione di vigilanza senza coscienza: sono presenti, infatti, apertura
spontanea degli occhi e risposte riflesse, e quindi un apparente contatto con l'ambiente, ma non è possibile
rilevare alcun segno di attività cognitiva, ne' di risposte organizzate e finalizzate.

o Stato vegetativo persistente: stato vegetativo che si protragga oltre un mese senza miglioramenti.

o Stato vegetativo permanente: stato vegetativo che si protragga oltre dodici mesi (dopo eventi
traumatici) / tre mesi (dopo eventi non traumatici) senza miglioramenti.

 Coma-non risvegliabile e non consapevole

Lo stato di coma è caratterizzato da:

 Perdita di coscienza e vigilanza, con assenza di qualunque risposta motoria volontaria a comando, assenza di
produzione verbale comprensibile, assenza di apertura degli occhi.
 Alterazione della motilità
 Alterazioni della motilità oculare
 Presenza di riflessi patologici (Babinski)
 Alterazioni neurovegetative (Aritmie, bradicardia, tachicardia, Ipertensione arteriosa, sudorazione,
piloerezione, febbre)

La gravità della depressione del livello di coscienza viene spesso valutata utilizzando la Glasgow Coma Scale.

Quest’ultima si basa sulla valutazione di tre espressioni della funzione cerebrale: apertura degli occhi,
comunicazione verbale, e risposta motoria agli stimoli verbali e dolorosi.

In base al tipo di risposta viene assegnato un punteggio ad ogni parametro e dalla somma totale si evince il livello di
coscienza (punteggio minimo 3, massimo 15, coma GCS intorno a 7).

MONITORAGGIO DEL TRAUMA CRANIOENCEFALICO

La condotta terapeutica è guidata da:

 Monitoraggio emodinamico invasivo standard (pressione arteriosa, pressione venosa centrale)

 Misurazione continua della PIC mediante posizionamento di catetere intraventricolare.


La misurazione della PIC consente la misurazione della PPC (PPC= PAM-PIC).

 Rilievo della saturazione del sangue venoso nel golfo della vena giugulare interna (SJO2): la valutazione
della SJO2 ed il calcolo della differenza artero-venosa, ci dà indirettamente informazioni sul metabolismo
cerebrale e sul consumo di O2 da parte dell’encefalo.

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Una saturazione venosa alta indica che l’encefalo (moribondo) non estrae ossigeno. Il consumo di O2 deve
essere tra il 25 e il 45 %.
 Valutazione del flusso cerebrale mediante doppler transcranico

 Monitoraggio elettroencefalografico soprattutto in risposta di stimoli acustici (click) o somatosensoriali.


Il monitoraggio elettroencefalografico nel trauma grave ci dà un quadro con un ritmo theta-delta, è un ritmo
lento di coma generale, tipico di questa situazione, a meno che non vedete degli spike, cioè delle punte
irritative.
Per gli acustici si dà un click a livello dell’orecchio e c’è un registratore a livello centrale che vede tutta una
serie di onde caratteristiche di questo percorso, e a seconda dell’ampiezza o latenza dell’onda, si capisce
com’è tutta la via nervosa del nervo acustico. Quindi se è silente, cioè il click parte ma non registra niente,
vuol dire che c’è un’interruzione; se ci sono delle latenze di onda anche queste sono segnali di una
interruzione e se c’è una riduzione dell’ampiezza a seconda di quale punto essa è presente, ci può dire in
quale punto il danno è presente. Per i potenziali somatosensoriali bisogna dare una stimolazione periferica
da cui vedo tutta la via nervosa.

 Controllo della diuresi

 Emogasanalisi

L’altra cosa che ci deve interessare è il monitoraggio neurologico clinico e lo vediamo con il peggioramento clinico
quando un paziente diventa più soporoso, quando il diametro pupillare si modifica per esempio una anisocoria che è
l’evento classico e l’altro aspetto è la bradicardia e il vomito.

TRATTAMENTO DEL TRAUMA CRANIOENCEFALICO

La rianimazione del traumatizzato cranico ha l’obiettivo di ristabilire l’omeostasi cerebrale al fine di assicurare la
sopravvivenza neuronale ed il recupero della funzione neurologica.

L’impegno del clinico implica, quindi, il rilievo, la prevenzione ed il trattamento dell’aggressione sistemica o cerebrale
generatrice della lesione secondaria.

Il trattamento immediato del trauma cranico e l’inizio precoce di una rianimazione efficace permettono di prevenire
lo sviluppo della lesione secondaria e di migliorare la prognosi del paziente.

Nel trattamento del traumatizzato cranico vanno considerati alcuni fattori che condizionano la condotta terapeutica:

 La lesione cerebrale acuta è sempre una malattia sistemica, sono presenti alterazioni respiratorie,
circolatorie, metaboliche di origine funzionale, secondarie a stimolazione diretta del sistema nervoso
autonomo. Tali disturbi configurano la cosiddetta Sindrome da stress (calo di PA e FC, iperventilazione)

 Lesioni extracerebrali (shock, insufficienza respiratoria) possono alterare lo stato di coscienza e vigilanza, per
tale motivo l’esame neurologico va ripetuto dopo stabilizzazione cardiocircolatoria e respiratoria.

 In caso di politrauma prioritario è il trattamento chirurgico di eventuali lesioni toraciche, addominali


responsabili di uno stato di shock emorragico

 L’ematoma extradurale e la frattura cranica esposta sono le due emergenze neurochirurgiche

 Un trauma cranioencefalico è grave quando determina coma (Glasgow Coma Scale< 8)

 L’esame neurologico iniziale permette di stabilire la profondità del coma e di evidenziare eventuali deficit
neurologici.
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Il trattamento iniziale del traumatizzato cranico grave (GCS < 8) prevede:

 Intubazione e ossigenazione del paziente


 Correzione dell’ipotensione
 Esame neurologico dopo stabilizzazione della funzione cardiocircolatoria
 TAC

La terapia del traumatizzato è, quindi, nella fase successiva finalizzata a:

 Controllo della PA, della volemia e degli scambi respiratori

 Trattamento e profilassi dell’edema cerebrale

Scopo della terapia medica nel trauma cranico grave è quello di evitare o ridurre gli insulti cerebrali secondari.

Terapia emodinamica

 Il paziente deve essere mantenuto normovolemico, addirittura in certi casi deve essere leggermente
ipervolemico, e la volemia va rapidamente ristabilita nel caso fosse ridotta.

 Il trattamento dell’emorragia esterna o interna ha la massima priorità.

 Il pneumotorace ed il tamponamento pericardico devono essere esclusi o diagnosticati. Se presenti debbono


essere drenati immediatamente!

 Non esistono indicazioni alla restrizione idrica! L’edema cerebrale non va trattato con ipovolemia, cioè
restrizione idrica. L’orientamento oggi è quello di reintegrare la volemia per garantire la perfusione
cerebrale!

Controllo della pressione arteriosa

 La PPC deve essere mantenuta > 60-70 mmHg al fine di avere un corretto flusso ematico cerebrale.

 Dato che PPC = PAM – PIC, è necessario mantenere sempre una PAM >90 mmHg.
90-20=70 che è una buona pressione di perfusione cerebrale.
90 mmHg di pressione arteriosa media significa che il paziente ha una pressione arteriosa sistolica più o
meno superiore a 120 mmHg, quindi conviene tenere il paziente con una buona pressione.

Se la pressione intracranica dovesse essere più alta del normale, adeguate la pressione arteriosa media in
maniera tale che la pressione di perfusione cerebrale rimanga superiore a 60 mmHg.

Spesso, per mantenere una corretta PAM, al riempimento volemico è necessario associare anche dei farmaci
vasocostrittori capaci di aumentare la PAM. Questo è necessario perché a volte il paziente lo richiede
proprio, ma soprattutto perché il paziente ha una sedazione profonda che viene ottenuta con il Propofol, che
ha effetti cardiocircolatori con caduta di pressione, perciò si deve controbilanciare questa caduta di
pressione con i farmaci vasocostrittori.

Al riempimento volemico si possono successivamente associare anche amine (farmaci inotropi)


La correzione della volemia serve per ottimizzare il precarico: se nonostante questo non ho risolto i problemi
di pressione, allora posso mettere le amine che aumentano il postcarico e quindi avrò un aumento della
pressione. Ricordatevi che far lavorare il cuore contro un postcarico non avendo ottimizzato il precarico
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significa mandarlo in ischemia quanto prima. Quindi è fondamentale ottimizzare il precarico e poi
eventualmente approcciare il postcarico. Le amine vanno messe solo quando siamo sicuri che il paziente è
euvolemico! Le amine che possono essere usate sono la dopamina, la noradrenalina, in certe situazioni alla
noradrenalina può essere associata la dobutamina.

o La dopamina ha un effetto dose dipendente, si lega ai recettori dopaminergici, a dosi più alte è
agonista beta adrenergico e a dosi ancora più elevate ha effetto alfa adrenergico quindi
vasocostrittore.

o La dobutamina è un inotropo positivo.

Controllo di ventilazione – ossigenazione

Bisogna mantenere:
o SatO2 >97%
o PaO2 > 90 mmHg
o PaCO2: 35 – 37 mmHg

Non esistono indicazioni all’iperventilazione prolungata.


L’iperventilazione preventiva (in assenza di pressione endocranica elevata) dovrebbe essere evitata.

Sedazione

Perché è importante sedare il paziente?

Perché molti dei farmaci sedanti danno protezione cerebrale, molti hanno la possibilità di controllare l’ipertensione
endocranica. Con una sedazione profonda viene messo a riposo l’encefalo, a scarsità di rilievo di stimoli in maniera
che non ci siano problemi.

Il paziente deve inoltre essere perfettamente adattato al ventilatore (questo di norma avviene se il paziente è sedato
completamente), perché l’ossigenazione del paziente e il controllo della capnia sono due parametri importanti nella
gestione del trauma cranico.

Nella sedazione si utilizza un farmaco ipnotico più un farmaco analgesico oppioide, dato che il farmaco ipnotico non
controlla il dolore e quindi, anche se la sedazione è profonda, il dolore può causare una serie di riflessi che non
vanno bene in questa situazione.

 L’ipnotico di scelta è il PROPOFOL.


A volte possono anche essere usate le BENZODIAZEPINE, esempio il MIDAZOLAM (IPNOEL).
Il Diazepam invece dà una buona ipnosi ma si accumula. Si accumula sia come Diazepam sia con
i suoi metaboliti che sono attivi ed hanno tempi di escrezione molto prolungati. Quindi, per
esempio, se io parto con il Diazepam con una sedazione-ipnosi che mi dura 10 giorni perché il
paziente ha bisogno di essere sedato 10 giorni, avrò una coda infinita, non riuscirò né a fare
finestre di valutazione né riuscirò a svegliarlo quando la situazione si risolve, perché per
svegliarlo mi servono altrettanti giorni.
Quindi il Diazepam pur costando molto poco non è un farmaco da impiegare in queste
situazioni.

 L’oppioide utilizzato non è la morfina, che non viene mai utilizzata, vengono usati oppioidi di
nuova generazione che sono oppioidi che hanno una potenza estremamente maggiore. Viene
utilizzato il FENTANEST.
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Controllo della pressione intracranica (PIC)

I livelli di pressione intracranica da considerare pericolosi sono quelli maggiori di 20-25 mmHg.

Come procedere in caso di rialzo della PIC? A tappe!

1. Aumento della sedazione. Molte volte la pressione intracranica scende grazie a questa correzione.

2. Delioquorazione, se nonostante abbiamo aumentato la sedazione, il paziente ha PIC >25 ed abbiamo il


monitoraggio della pressione intracranica attraverso un catetere endoventricolare. Con la sottrazione anche
di piccoli volumi di liquor possiamo ottenere ottime riduzioni di pressione.

3. Intervento neurochirurgico di decompressione in caso gli accorgimenti precedenti non abbiamo avuto
effetto. La decompressione consiste nell’asportazione di uno “sportello” di calotta, per permettere al
contenuto di espandersi leggermente attraverso di essa.
Dopo la decompressione chirurgica, i valori pericolosi di pressione intracranica sono più bassi. Se la PIC > 17-
18 significa che la sua situazione si sta modificando, sta peggiorando per un edema o per aumento
dell’emorragia.

4. Sedazione profondissima con triplice (Propofol + ipnoel + oppioide) o tipentone (barbiturico) in caso la
decompressione chirurgica non abbia abbassato la PIC come avremmo voluto.
L’obiettivo è abbassare il metabolismo cerebrale, il consumo di ossigeno. Per far questo è necessario
mettere a riposo l’encefalo.
In sedazione profondissima è importate l’elettroencefalogramma.

Nel paziente sveglio ho un’attività elettrica normale,


poi ho un ritmo theta – delta, in seguito l’attività
elettrica si abbassa ulteriormente fino a diventare un
EEG piatto.
All’EEG piatto non bisogna mai arrivarci ma bisogna
ottenere la condizione delle “burst suppression”,
rappresentata da un periodo di silenzio seguito da
un brevissimo periodo di onde rapide.
In questa situazione l’encefalo è messo a riposo ma
in certi momenti ha delle scariche molto rapide di
attività elettrica. A seconda di quante burst ci sono in
un minuto si capisce quanto è profonda la sedazione.
Si deve mantenere il paziente nella burst suppression con 2-3 cicli/minuto, cioè una sedazione molto
profonda. Questo è ciò che posso ancora fare dal punto di vista medico- farmacologico per tenere sotto
controllo una pressione intracranica che ormai non è più sotto controllo.

Il mannitolo è un diuretico osmotico e va somministrato in un periodo molto breve di 15-20 minuti e poi va
sospeso. Il dosaggio è di 0,25-1 g/kg. Non va fatto come fosse una terapia ad 8-16-24 ore (come vorrebbero i
neurochirurghi) ma va somministrato in acuto nel picco ipertensivo.
Quello che sostiene il neurochirurgo va invece effettuato nella patologia oncologica, in quanto l’edema
cerebrale da tumore è del tutto diverso dall’edema cerebrale da trauma cranico, per il quale un trattamento
prolungato non è per niente adatto.

5. Ipocapnia, portando, mediante ventilazione meccanica, il paziente a 24-25 di PaCO2 sotto un controllo
rigoroso. Si fa ipocapnia e si vede se il paziente risponde, cioè se la pressione intracranica scende.
Se non risponde significa che non serve e quindi può essere addirittura pericoloso perciò va sospeso.

6. Ipotermia: ultima arma anche per l’arresto cardiaco per cause cardiache.
Si raffredda il paziente e lo si porta a 34-35 ◦C di temperatura corporea e viene tenuto in questa condizione
per 4-5 giorni.
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CLASSIFICAZIONE DEL TRAUMA CRANICO
E PERCORSI DI GESTIONE
Il trauma cranico può essere classificato, in base al GCS, in:

 Lieve: GCS 15-14

 Moderato: GCS: 13-9

 Grave: GCS <8. Ricordarsi sempre che talvolta può essere preso il valore 9 al posto di 8 per definire il trauma
cranico grave.

TRAUMA CRANICO LIEVE (GSC 15-14)

Il cranico lieve (GCS 15-14) può essere distinto in:

A basso rischio

Se non sono presenti fattori di rischio pre-esistenti o conseguenti al trauma.

In questo caso il paziente controllato e dimesso con un foglio informativo dove sono sottolineati certi aspetti che
possono accadere e si dice ai familiari che se si verificano queste situazioni il paziente deve tornare al pronto
soccorso.

A rischio intermedio

Trauma lieve in presenza di

 Amnesia retrograda
 Dinamica del trauma ad alto rischio per trauma cranico + perdita transitoria di coscienza.
 Vomito

 Intossicazione acuta da alcool o droghe: è un fattore di rischio perché è un fattore confondente in quanto
non si capisce se la sintomatologia rilevata è dovuta all’intossicazione da alcool oppure è una sintomatologia
neurologica dovuta al trauma cranico

 Coagulopatie o trattamenti anticoagulanti: l’esempio classico è l’anziano con la fibrillazione atriale in


trattamento con il coumadin. Questi pazienti anche in seguito a banali cadute sviluppano emorragie
devastanti. L’aspirina è un antiaggregante quindi non entrerebbe in questo capitolo, però si è visto che può
essere responsabile di emorragie importanti (anche se ciò non è sostenuto dalla letteratura).

 Cefalea grave o ingravescente: la cefalea da ipertensione endocranica è pulsante associata a vomito a getto

 Epilessia, intesa come crisi convulsiva nell’intervallo di arrivo del paziente in pronto soccorso, o comunque è
proprio un fattore aggravante il fatto che il paziente sia epilettico.

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In questo caso, si consiglia una osservazione clinica di 6 ore, nel quale il paziente andrebbe ricoverato in OBI
(osservazione breve intensiva) e dovrebbe fare una TC cranio (in realtà la TC cranio potrebbe anche non farla,
tuttavia è molto consigliata).

 Se la TC cranio è negativa, cioè non c’è lesione intracranica, e il periodo di osservazione è negativo il
paziente può essere dimesso.

 Se c’è una frattura cranica e il paziente è in trattamento con anticoagulanti scatta l’osservazione per 24 ore
e TC di controllo.

 Se c’è lesione intracranica si deve fare la consulenza neurochirurgica.

Che cosa significa questo?

Significa che quasi tutti i pazienti devono essere tenuti in osservazione, serve cioè un’attenzione importante anche sul
trauma cranico lieve, attenzione che attualmente è invece molto modesta, infatti nel 99% dei casi vengono mandati a
casa senza osservazione e senza TC; nella migliore delle ipotesi fanno osservazione di 6 ore e non fanno la TC (anche
perché i traumi cranici lievi sono tanti e fare una TC a tutti diventa molto impegnativo per il radiologo). Il rischio è
quello di mandare a casa senza TC un pz che ne aveva bisogno ma al momento le risorse sono limitate e non si può
fare diversamente.
Il punto è che c’è ampia discrepanza tra chi redige le linee guida e chi le applica. Le linee guida hanno però valenza
medico-legale.

Ad alto rischio

Nel trauma cranico lieve, l’alto rischio è rappresentato da queste 3 condizioni e cioè:

 Crisi convulsiva post traumatica


 Perdita di coscienza, vomito ripetuto e cefalea persistente (sono indici di ipertensione endocranica)
 Perdita di un punto della scala di Glasgow, ovvero da GCS 15 a 14

Sono tutti segni e sintomi di alto rischio che indicano la necessità di una valutazione clinica immediatamente
seguita da una TC.

 Se c’è una lesione intracranica si chiama il neurochirurgo per una consulenza.

 Se non c’è lesione intracranica si fa comunque un’osservazione clinica per non meno di 24 ore e controllo
TC.

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TRAUMA CRANICO MODERATO (GCS 13-9)

Dopo la correzione dei disturbi cardiocircolatori e respiratori i pazienti con trauma cranico moderato dovranno
essere sottoposti a:

 TC cerebrale
 Studio del rachide
 Studio multidistrettuale (perché è un
politrauma)

Successivamente si valuta se il paziente necessita


di ricovero in neurochirurgia, che avviene in caso
di riscontro TAC di:

 Lesione diffusa di tipo 2


 Lesione diffusa di tipo 3,4
 Lesione con effetto massa

Un paziente con GCS di 10 è un paziente soporoso


che dobbiamo controllare dal punto di vista
neurologico, se peggiora improvvisamente e c’è
una anisocoria, è evidente che c’è una massa che
sta creando problemi, quindi dovete portarlo in
sala operatoria il prima possibile, fare una tac e
capire cosa sta succedendo.

Il trauma cranico moderato (GCS 13-10 oppure 13-9) è quello più pericoloso ed insidioso, perché, a differenza di
quello grave (dove il paziente è in terapia intensiva intubato, ventilato, con PA, PaO2 e PaCO2 sotto controllo) è in un
reparto di medicina d’urgenza o di neurologica, non godendo degli stessi “controlli”.

o Se il paziente con trauma cranico grave peggiora, lo fa solo ed esclusivamente per cause intracraniche, dato
che le altre possibili cause sistemiche di peggioramento sono sotto controllo.

o Se il paziente con trauma cranico moderato peggiora, può farlo anche solo perché è soporoso e respira male:
ipossia ed ipercapnia peggiorano il danno cerebrale, e quindi ci ritroviamo un paziente peggiorato
notevolmente senza sapere bene il perché.

Un paziente con GCS 9 andrebbe già intubato e ventilato, per essere sicuri che O2 e CO2 possano essere sotto
controllo.

TRAUMA CRANICO GRAVE (GCS < 8/9)

E’ fondamentale, innanzitutto, stabilizzare emodinamicamente il paziente (dato che è un politraumatizzato)


somministrando liquidi o, se non possibile o non responsivo, trasferirlo all’ospedale più vicino per una
stabilizzazione chirurgica.

Non usate la glucosata, sia perché c’è l’acqua, ma anche perché c’è lo zucchero; perché il paziente iperglicemico con
trauma cranico ha comunque un outcome peggiore!
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Immaginate un paziente che ha un trauma cranico e una lesione della milza per cui ha anche uno shock emorragico
severo instabile classe 3-4. La priorità è lo shock visto che l’ipotensione severa può essere causa di un outcome
peggiore. Quindi, prima va corretto lo shock con la somministrazione di liquidi, e, se questo non basta, allora dovrò
portare il paziente all’ospedale più vicino e si farà splenectomia, verrà così stabilizzato e solo dopo andrà dal
neurochirurgo. Il percorso non può essere quello di andare direttamente dal neurochirurgo perché se rimane una
situazione di shock non stabilizzato le conseguenze craniche saranno sicuramente peggiori!

Nella stabilizzazione, i due problemi fondamentali sono ipotensione e ipossia.

 Per quanto riguarda l’ipotensione (pressione sistolica < 90 mmHg), il paziente recupera nel 26% dei casi, nel
14% dei casi ha grave disabilità e nel 60% dei casi muore.

 Se ho un paziente che ha avuto, anche per breve tempo, un episodio ipossico, recupera nel 45% dei casi, nel
22% dei casi ha grave disabilità e nel 33% dei casi muore.

Consideriamo pericolosa una saturazione inferiore al 90% che corrisponde a una PaO2 di 60mmHg;
quest’ultima, non solo non deve essere 60 ma deve essere superiore a 90 e la saturazione deve essere
superiore a 95% perché dobbiamo garantire una buona ossigenazione all’encefalo!

Se ipotensione ed ipossia si associano (cosa che avviene spesso) il decesso arriva al 75% dei casi e solo il 6%
recupera!

E’ chiaro che l’outcome non lo vediamo subito, questi malati non muoiono subito, muoiono nel tempo, quindi,
facendo riferimento alla “ora d’oro”, se noi non trattiamo bene i pazienti nella prima ora, i danni li vediamo a
distanza.

La PaCO2 di un paziente con trauma cranico deve essere intorno a 35mmHg, perché l’ipercapnia determina
vasodilatazione cerebrale che incrementa la formazione di edema cerebrale.
L’ipocapnia (da iperventilazione), d’altra parte, determina una vasocostrizione severa in grado di determinare una
ischemia cerebrale.
Quindi non bisogna cadere nell’eccesso opposto ma è molto facile caderci, specie se ventiliamo a mano il paziente,
quindi è fondamentale ventilare correttamente il paziente.

Stabilizzato il paziente si procede ad effettuare una prima TAC:

 Se la TC all’ingresso è negativa, andrà ripetuta entro le 24 ore.


Se invece il paziente ha presentato ipotensione, alterazione della coagulazione o una frattura cranica allora
la TC va ripetuta entro 12 ore perché questi fattori possono condizionare un’evoluzione negativa del danno
cranico quindi 24 ore è una finestra di tempo troppo lunga per capire se quel paziente avrà problemi
neurologici intracranici.

 Se la TC all’ingresso è positiva (es. per un emorragia sub aracnoidea) bisogna valutare quando ha fatto la
prima TC:

o Se ha fatto la TC entro 3-6 ore dal trauma ripeterò la TC a 12 ore, perché quella prima Tc si può dire
che è una TC precoce e se aspetto 24 ore potrei non vedere l’evoluzione del quadro.

o Se la prima TC è stata fatta oltre le 6 ore dall’evento traumatico posso con una relativa tranquillità
pensare di fare una TC a 24 ore.

Fatto questo abbiamo in ogni caso altri 2 controlli TC

 A 72 ore dal trauma


 A 5-7 giorni dal trauma
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Quindi, ricapitolando:

1° TC→ all’ingresso
2° TC→ a 12 ore o a 24 ore
3° TC→ a 72 ore in ogni caso
4° TC→ a 5-7 giorni di distanza dal trauma.

Se ci sono complicanze neurologiche e compare un deterioramento clinico in questo lasso di tempo si farà
immediatamente un controllo TC perché significa che la situazione neurologica sta cambiando.

L’esame neurologico è difficile da effettuare perché il paziente è sedato e intubato e ventilato, quindi gli aspetti da
valutare come spia di qualcosa che non va sono l’anisocoria e l’incremento della pressione intracranica.
Vedere l’anisocoria significa che siamo già avanti nel danno, perché significa che l’effetto massa che si è creato sta
determinando danni, invece l’aumento della pressione intracranica è visibile precocemente quindi è il parametro più
significativo per capire se sta cambiando qualcosa. È quindi fondamentale il monitoraggio della pressione
intracranica perché ci permette subito di accedere ad una TC e vedere se sta sanguinando o se c’è edema cerebrale.

Indicazioni al trattamento chirurgico:

 Indicazione assoluta: lesioni focali con spostamento della linea mediana > 5 mm e con effetto massa di
volume > 25 cc.

 Indicazioni relative: lesioni focali con shift < 5 mm e di volume < 25 cc ma con aumento stabile della PIC
(oltre 20 mmHg) a terapia medica massimale in corso.

L’intervento è di decompressione con finestra ossea ampia.

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