CARDIOCIRCOLATORIO
INDICE
Introduzione Vasi Sanguigni 1
Patologia Ipertensiva 4
Microangiopatie 10
Aterosclerosi 12
Vasculiti 20
Struttura Aortica, Aneurismi e Dissecazioni 29
Patologia Venosa 42
Patologia Trombotica 44
Introduzione Cuore: Anatomia e Fisiologia Cardiaca 51
Scompenso Cardiaco 60
Cardiopatia Ischemica 68
Cardiopatia Ipertensiva 88
Embriogenesi Cardiaca 92
Cardiopatie Congenite 99
Cardiomiopatie 134
Miocarditi 141
Pericardio (Versamenti Pericardici e Pericarditi) 143
Valvulopatie 146
Endocardite 156
Morte Improvvisa Cardiaca 161
Tumori Cardiaci 176
INTRODUZIONE VASI SANGUIGNI
La malattie cardiovascolari sono al primo posto in termini di mortalita e morbidita e due sono le
alterazioni che stanno alla base della patologia vascolare:
- stenosi del lume
- indebolimento pareti vasali e dilatazione dei vasi
PARETI ARTERIOSE
Fisiologicamente le pareti arteriose sono piu spesse delle venose poiche devono fronteggiare regimi
pressori maggiori, di contro, lo spessore parietale diminuisce man mano che l’arteria diventa piu
piccola. Tuttavia, il rapporto tra spessore e diametro luminale aumenta, cosicche i vasi muscolari
(piccoli) possono controllare flusso sanguigno e pressione.
I vasi sono formati da tre tonache che, procedendo dall’interno verso l’esterno, sono: intima, media,
avventizia. Ogni vaso è costituito da queste tre toniche, tuttavia, la “quantita” di tonaca varia in relazione alle
caratteristiche anatomofisiologichedel vaso.
Intima → singolo strato endoteliale adagiato su membrana basale. Puo essere o meno fenestrato in
relazione alla funzione: capillari cerebrali non fenestrati, capillari glomerulari fenestrati ecc....
Media → è formata prevalentemente da muscolo liscio nei vasi di resistenza (arteriole muscolari),
mentre nei vasi di conduttanza è ricca di elastina (aorta). Nelle arterie elastiche la media ricca in
elastina serve a mantenere la pressione in diastole grazie al modelloWindkessel: espansione in sistole
e restituzione della massa sanguigna in diastole.
Nelle arterie muscolari la media è tipicamente muscolare in maniera tale da regolare il lume vasale
in relazione agli stimoli del SNA e locali. Secondo la legge di Poiseuille, la resistenza è
inversamente proporzionale alla quarta potenza del raggio, quindi, se riduco il raggio di 2 volte, la
resistenza aumenta di 16 volte.
Avventizia → consiste in tessuto connettivale lasso contenente i vasa vasorum e le fibre nervose.
In relazione alla % di tonache presenti, si possono distinguere quindi i vasi arteriosi in:
1. Arterie grande calibro (arterie elastiche)
2. Arterie medio calibro (muscolari)
3. Arterie di piccolo calibro (< 2mm)
4. Arteriole (< 20-100μm)
CAPILLARI
Non hanno tonaca media e sono solamente rivestiti da endotelio; hanno il diametro simile a quello di un
globulo rosso (7-8μm). I capillari hanno una notevole area di sezione e ciò determina un flusso ematico lento
che ne fa il luogo ideale per gli scambi metabolici.
VASI VENOSI
Le vene hanno un diametro maggiore e una parete piu sottile e meno organizzata, con una componente
elastica maggiore. Cio ne fa vasi di conduttanza, infatti, contengono i 2/3 della massa ematica circolante.
Inoltre, questa caratteristica strutturale fa si che siano maggiormente soggette alla compressione, dilatazione
e infiltrazione da parte di processi tumorali e infiammatori.
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ANOMALIE VASCOLARI ANATOMICHE
Sono raramente sintomatiche, pero devono essere conosciute poiche potrebbero vanificare gli interventi
terapeutici intrapresi e/o portare a complicanze operatorie inattese.
- Aneurismi congeniti (a bacca) → interessano i vasi cerebrali e possono essere causa di emorragie.
- Fistole arterovenose → sono comunicazioni dirette arterie-vene che bypassano il letto capillare. Si
formano, in genere, per anomalie di sviluppo, tuttavia, possono essere anche causate da ferite
penetranti che oltrepassano la parete di vene e arterie, rottura di aneurismi arteriosi su parete venosa
e necrosi infiammatoria delle pareti vasali. Le fistole possono rompersi e determinare emorragie,
inoltre, aumentano la quota del ritorno venoso e possono determinare uno scompenso ad alta gittata.
- Displasia fibromuscolare → è un ispessimento focale e irregolare della parete delle arterie
muscolari di grande o medio calibro (arterie renali, carotidi, vertebrali e splancniche). La causa è
sconosciuta e si verifica una iperplasia combinata a fibrosi dell’intima e della media che porta a
stenosi luminale che conduce, ad esempio, aD ipertensione (arterie renali).
I segmenti adiacenti si possono presentare assottigliati e dare, all’angiografia, l’aspetto tipico a
collana di perle. Si riscontra principalmente nelle donne giovani, e non vi è alcuna associazione con
l’impiego di contraccettivi orali o con l’incremento dell’espressione di estrogeni.
Attivazione endoteliale
Le cellule endoteliali sono in grado di rispondere ai vari stimoli modulando il proprio stato funzionale
normale (costitutivo) oppure possono esprimere proprieta funzionali nuove (inducibili), mediante un
processo chiamato attivazione endoteliale. In basale, c’è una normotensione con flusso laminare.
Gli induttori dell’attivazione endoteliale sono:
- Citochine
- prodotti batterici
- stress emodinamici
- prodotti di glicazione
- prodotti lipidici
- virus
- ipossia
- complemento
- fumo
Dopo l’attivazione, l’endotelio inizia a produrre sostanze vasodilatatorie (NO) o vasocostrittori (ET-1),
fattori protrombotici, citochine, molecole di adesione e fattori di crescita.
Viene modulata la vasoreattività delle cellule muscolari lisce della sottotonaca muscolare mediante
produzione di fattori che ne regolano il rilassamento.
Disfunzione endoteliale
Consiste nell’alterazione della funzione normale dell’endotelio che si riscontra nella patologia infiammatoria
ma anche trombotica.
È responsabile dell’innesco dei fenomeni dell’aterosclerosi, trombosi e ipertensione.
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Alcune alterazioni sono reversibili (non richiedono la sintesi di nuove proteine), mentre altre sono
irreversibili (si attiva l’espressione genica differente, con aumento ad esempio di molecole di adesione).
Un endotelio che non funziona, perde la sua atrombogenicita e diventa tipicamente vasocostrittore.
Ispessimento Intimale
La risposta classica delle cellule endoteliali alle lesioni vascolari (disfunzione endoteliale o perdita
cellulare) è caratterizzata dal reclutamento e dalla proliferazione di cellule muscolari lisce con sintesi
di matrice, il cui risultato ultimo è l’ispessimento dell’intima.
Le cellule endoteliali migrano da aree non danneggiate in aree lese e possono anche derivare da precursori
circolanti.
Anche le cellule muscolari lisce migrano dalla tonaca media all’intima e partecipano alla riparazione
mediante proliferazione e sintesi di matrice.
Mediante questi processi si forma la neointima, formata da cellule muscolari lisce nuove rivestite da
endoteliociti: le cellule muscolari della neointima hanno un fenotipo diverso da quelle della tonaca media,
infatti, invece che svolgere funzione contrattile, hanno una capacita biosintetica, di proliferazione e di
movimento
L’ispessimento intimale rappresenta la risposta stereotipata della parete del vaso a qualsiasi tipo di insulto.
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PATOLOGIA IPERTENSIVA
PRESSIONE ARTERIOSA
La pressione arteriosa è uguale alla gittata cardiaca per le resistenze periferiche totali.
La gittata cardiaca è uguale alla gittata sistolica (quantita di sangue eiettato ad ogni sistole) per la frequenza
cardiaca (GC=GSxFC).
Le resistenze periferiche totali sono date dal tono della parete arteriosa e dalla viscosita del sangue.
La volemia agisce indipendentemente sull'uno e sull'altro.
Questa è dunque l’equazione che regola gli aggiustamenti della pressione arteriosa.
La pressione arteriosa è una variabile distribuita in maniera continua nella popolazione e gli effetti negativi
relativi al suo innalzamento aumentano in maniera proporzionale all’entita dell’elevazione.
Esistono tre possibili definizioni di ipertensione:
1. Definizione epidemiologica = I valori della pressione arteriosa si discostano di due o piu deviazioni
standard dalla media della popolazione;
2. Definizione rischio = Valori di pressione arteriosa oltre i quali aumenta significativamente il rischio
di sviluppare complicanze; pressioni diastoliche superiori a 89mmHg e sistoliche superiori a
139mmHg, sono associati ad un aumentato rischio aterosclerotico. In base a questi criteri, il 29%
della popolazione generale presenta ipertensione.
3. Definizione beneficio = Valori di pressione arteriosa al di sotto dei quali si ottiene un beneficio
statisticamente significativo in termini di riduzione del rischio cardiovascolare.
Sicuramente la piu consona è la seconda che mette in evidenza come all'aumentare della pressione arteriosa
aumenti il rischio di sviluppare complicanze. Per quanto riguarda la terza definizione si presuppone che ci sia
un nostro intervento e che questo funzioni, ma ciò non è sempre vero.
L'incremento della gittata cardiaca influisce sulla pressione sistolica, mentre la diastolica è influenzata dal
tono arteriolare e dalla viscosita; la volemia agisce su entrambe.
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I fattori che regolano la pressione arteriosa sono:
- riflesso barocettoriale e chemocettoriale
- risposta ischemica del SNC
- rilassamento da stress
- sistema RAA (Renina-Angiotensina-Aldosterone)
- meccanismi endocrini
- variazioni della filtrazione capillare
- regolazione renale (sistema a guadagno infinito)
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causando un'iperosmolalita con riassorbimento di acqua che puo determinare l'increzione di ADH
che determina nuovamente riassorbimento di acqua.
Meccanismo della filtrazione capillare → Entra in gioco quando, ad un aumento della pressione, si
accompagna quello della pressione capillare. Il liquido in eccesso, dunque, filtra dai capillari negli
spazi tissutali, riducendo volume ematico e portata cardiaca.
Regolazione renale → Il rene agisce incrementando l'eliminazione di acqua ed elettroliti per ridurre
la volemia e la pressione dei circolo, il ritorno venoso, la portata cardiaca. Effetto opposto se
abbiamo ipotensione.
IPERTENSIONE ARTERIOSA
La pressione arteriosa puo aumentare per un malfunzionamento del sistema pressorio renale (iperattivazione
RAAS, mal regolazione volemia, vasodilatazione con produzione di catecolammine) oppure per
l'iperattivazione del sistema nervoso simpatico.
Nel 95% dei casi l’ipertensione è chiamata essenziale poiche idiopatica, mentre nel 5% dei casi è secondaria.
PATOGENESI DELL’IPERTENSIONE
Non vi sono delle certezze, pur esistendo dati sperimentali e clinici a favore dell'intervento sia di meccanismi
nervosi che renali nella genesi dell'ipertensione; è verosimile che l'alterazione emodinamica in ultima analisi
scaturisca dall'interrelazione tra questi meccanismi, che sono fortemente embricati tra di loro.
1. Cardiostimolazione adrenergica → questa a sua volta porta ad un aumento della portata cardiaca
(perche aumentando la frequenza cardiaca aumenta la portata cardiaca) e tutto questo porta ad una
ipertensione detta instabile (labile). Dunque basterebbe correggere il valore della portata cardiaca per
rendere il paziente normoteso, migliorando la sua performance emodinamica pressoria.
2. Stimolazione surrenalica → è conseguente alla liberazione di catecolamine che danno
vasocostrizione, diminuzione del flusso renale. Questo determina l'attivazione del sistema renina
angiotensina-aldosterone, dunque ritenzione di Na+ e H2O con aumento del volume circolante.
Anche in questo caso si ha un’ipertensione instabile.
3. Aumento RPT → Se si determina invece un aumento della contrazione arteriolare, si ha un aumento
delle resistenze periferiche. Nel momento in cui si ha ciò un aumento delle resistenze periferiche
abbiamo una ipertensione permanente (o stabile).
CLASSIFICAZIONE ESH
L'European Society of Hypertension (ESH) tiene conto del raggiungimento del goal terapeutico:
MANIFESTAZIONI CLINICHE
L'ipertensione arteriosa è innanzitutto un sintomo, che se trascurato diventa una malattia.
I sintomi piu comuni sono: la tachicardia, l'epistassi, una sudorazione algida, rash cutanei.
Segni e sintomi fase iniziale → sono dovuti all’iperattivita adrenergica. Sensazione di calore al volto,
sudorazione algida, arrossamento o pallore improvviso, cefalea retronucale, vertigini e cardiopalmo.
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Segni e sintomi della fase di stabilizzazione → durante la fase di stabilizzazione si hanno sintomi correlati
alla compromissione degli organi bersaglio. Nella fase di stabilizzazione i segni e i sintomi dell'ipertensione
essenziale sono comuni a tutte le forme di ipertensione, perche tutto è correlato al danno multiorgano
connesso con l'incremento dei valori tensivi. Cambia la noxa patogenetica, ma i sintomi sono uguali.
I segni obiettivi facilmente riscontrabili sono un rinforzo di S2 sul focolaio aortico (le valvole semilunari si
chiudono con piu forza), un soffio sistolico (turbolenza del sangue che passa attraverso un orifizio),
tachicardia e polso pieno.
IPERTENSIONE ESSENZIALE
Non è possibile documentare le cause che determinano l'incremento della pressione arteriosa.
L'ipotesi piu plausibile, ma non ancora accertata, è quella secondo la quale l'ipertensione arteriosa essenziale
derivi da un'alterazione del sistema neurovegetativo di origine ipotalamica che determina un’iperattivita
adrenergica, la quale causa un'aumentata sensibilita vascolare agli stimoli vasocostrittori.
Inizialmente si avrà un’ipertensione labile che poi, col tempo, diventerà stabile.
Vi sono due fasi:
1. Fase iniziale → la portata cardiaca è aumentata, invece le resistenze periferiche sono normali;
2. Fase successiva → perdurando l'ipertensione si riduce la portata cardiaca, mentre le resistenze
periferiche aumentano e contemporaneamente si riduce la funzionalita renale.
IPERTENSIONE SECONDARIA
C'è sempre una causa, che puo essere piu o meno accertata, e che quindi è suscettibile di una terapia causale.
Si può suddividere l'ipertensione secondaria in:
1. Esclusivamente sistolica (sistolica isolata) → è dovuta a riduzione di elasticita delle arterie di
mantice (arteriosclerosi nell’anziano, sifilide aortica). Incremento di gittata cardiaca dovuta a: -
ipertiroidismo -insufficienza aortica -fistole artero-venose -blocco atrio-ventricolare avanzato
(aumenta il volume telediastolico e quindi la gittata)
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2. Sisto-diastolica (in alcuni casi prevalentemente diastolica) → è dovuta ad un aumento delle
resistenze periferiche oppure all’incremento della viscosita ematica (malattia di Vaquez, aumento Ht
da ipossia cronica). Puo essere dovuta all’incremento di volemia (ipertensione nefrovascolare,
nefroparenchimale, ipertensione da abuso di liquirizia o decongestionanti nasali).
Segni e sintomi sono gli stessi dell'ipertensione nefrovascolare (ipertensione sisto-diastolica), con
l'eccezione del soffio sistolico paraombelicale che non c'è.
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IPERTENSIONE CARDIOVASCOLARE
Coartazione aortica (0.5% dei casi);
Poliarterite nodosa
Aumento volemia
Aumento gittata cardiaca
Rigidita aorta
Quella da coartazione aortica è dovuta al restringimento congenito dell'aorta al livello dell'istmo di Still
( punto in cui il IV arco aortico si congiunge con l'aorta primitiva discendente). Il restringimento forma due
segmenti: uno craniale ed uno caudale.
Come conseguenza fisiopatologica all'eiezione sistolica il sangue viene accolto, nella maggior parte dei casi,
nel segmento craniale. Sara quindi presente un'ipertensione di tipo sisto-diastolico a livello dell'arteria
omerale e un'ipotensione a livello dell'arteria femorale.
Segni e sintomi:
- maggiore sviluppo del torace e degli arti superiori, in contrasto con la gracilita degli arti inferiori.
presenza sul torace di reticoli nevosi molto evidenti (circoli collaterali di compenso)
- ipertensione arteriosa sisto-diastolica agli arti superiori ed ipotensione agli arti inferiori.
- compromissione degli organi vitali: cefalea, scotomi, palpitazione, precordialgie, epistassi.
- senso di freddo agli arti inferiori, claudicatio intermittens.
- angina abdominis dovuta all'ipoafflusso.
IPERTENSIONE ENDOCRINA
Comprende una serie di patologie che hanno come noxa patogena problemi che riguardano alcuni sistemi
endocrini: feocromocitoma, l'iperaldosteronismo primitivo, la sindrome di Cushing, l'ipertiroidismo, il
diabete (sindrome metabolica), acromegalia, gravidanza, ormoni esogeni (estrogeni, glucocorticoidi,
simpaticomimetici, cibi contenenti tiramina).
1. Acromegalia → L'Iperincrezione di GH porta invece ad un'ipertensione sisto-diastolica, all'
ipervolemia e ad un incremento della sintesi proteica.
2. Morbo di Conn → Ipertensione dovuta ad una notevole secrezione di aldosterone da parte di
adenomi della corteccia surrenalica o da iperplasia di entrambe le surrenali. Questa condizione porta
ad un aumento del riassorbimento renale tubulare distale di acqua e sodio, e quindi ad un aumento
della volemia e della gittata cardiaca. Si avra inoltre una riduzione del riassorbimento di potassio. È
un’ipertensione di tipo diastolico con astenia, paraplegie transitorie, drop-attack, segni ECGgrafici di
ipokaliemia (riduzione onde T), alcalosi metabolica.
3. Ipermineralcorticoidismo → L'ipertensione è dovuta ad un'iperproduzione di cortisolo e
mineralcorticoidi da parte del surrene. Questa situazione determinera un aumento della volemia ed
un aumento della reattivita vascolare agli stimoli vasopressori. I segni e sintomi sono gli stessi
dell'iperaldosteronismo, con l'aggiunta dei sintomi dell'ipercortisolismo: iperglicemia, rallentamento
guarigione ferite, strie rubre, facies lunare e gibbo a gobba di bufalo, blocco del GnRH (amenorrea,
ipertricosi, perdita libido), pigmentazione bronzina della cute.
4. Ipertiroidismo → I pazienti che ne sono soggetti presentano tachicardia ed ipertensione sistolica ad
elevata differenziale (dovuta all'effetto cardiostimolante diretto e catecolamino-stimolante degli
ormoni tiroidei.). L'attivazione delle catecolamine portera ad una vasodilatazione e alla riduzione
delle resistenze periferiche. L'ipertensione dovuta all'ipertiroidismo aumenta la portata cardiaca, e
quindi si puo definire "ipertensione instabile".
Attraverso l'utilizzo dei farmaci tiroidei l'abbassamento della pressione portera ad un abbassamento
della frequenza cardiaca senza dover intervenire con farmaci miocardici specifici.
5. Iperparatiroidismo → è invece dovuto ad un'ipersecrezione di paratormone. La causa potra essere
un'iperplasia delle paratiroidi o una terapia sostitutiva. La maggior presenza di paratormone provoca
ipercalcemia, dando ipertensione di tipo nefroparenchimale e calcolosi.
6. Ipertensione factitia → Si riscontrava maggiormente nelle donne che usavano i contraccettivi orali
(oggi i contraccettivi orali sono a basso dosaggio estrogenico dunque non si riscontra piu), oppure in
pazienti sottoposti a terapia cortisonica, o in soggetti che fanno abuso di glicirizina (liquirizia) o di
carbenoxolone (presente nei decongestionanti nasali che, oltre a creare un'atrofia della mucosa nasale,
possono far sviluppare l'ipertensione arteriosa).
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PATOLOGIA VASCOLARE NELL’IPERTENSIONE
L’ipertensione accellera l’aterogenesi e determina anche alterazioni degenerative della parete delle arterie di
grande e medio calibro, che predispongono sia alla dissecazione aortica, sia all’emorragia cerebrale.
È pure associata a due alterazioni dei vasi piccolo calibro:
- Ateriosclerosi ialina
- Ateriosclerosi iperplastica
ARTERIOSCLEROSI
Arteriosclerosi significa letteralmente “indurimento delle arterie” e descrive l’ispessimento e la perdita di
elasticita delle pareti dei vasi arteriosi.
Dal punto di vista anatomopatologico si distinguono 2 quadri distinti:
- Arteriosclerosi ialina → ispessimento ialino (roseo) omogeneo delle arteriole con
restringimento del lume. Queste modifiche derivano dalla fuoriuscita di proteine plasmatiche
attraverso le cellule endoteliali danneggiate e anche dall’aumentata sintesi di matrice da parte
delle cellule muscolari lisce in risposta agli stress emodinamici (ipertensione). Tale tipo di
alterazione si mostra anche negli anziani normotesi anche se negli ipertesi è molto piu grave.
L’arteriosclerosi ialina è presente anche nella microangiopatia diabetica e, in tal caso,
l’eziologia è l’eccesso iperglicemico. La nefrosclerosi è dovuta ad ipertensione cronica e il
substrato anatomopatologico è sempre la restrizione del lume arteriolare su base ialina:
riduzione dell’apporto ematico al rene con sclerosi glomerulare.
- Arteriosclerosi iperplastica → si riscontra in casi di ipertensione severa e i vasi si
caratterizzano per ispessimento concentrico (a bulbo di cipolla) delle pareti arteriolari con
restringimento del lume. Le lamelle sono costituite da cellule muscolari lisce con membrana
basale ispessita e duplicata. Nell’ipertensione maligna queste modificazioni sono
accompagnate da depositi di tessuto fibrinoide e da necrosi delle pareti vasali (arteriolite
necrotizzante), in particolare nel rene.
In definitiva, l’arteriosclerosi è una patologia propria di tutte le arterie del nostro corpo caratterizzata da un
progressivo ispessimento della parete del vaso con perdita della elasticita e della sua vasomotion.
Interessa soprattutto il complesso intimo-media dell'arteria ed è legata alla senescenza delle pareti vasali.
Ricapitolando, quindi è un processo parafisiologico dovuto al progressivo invecchiamento delle nostre arterie,
indipendente dai fattori di rischio, pur se ne può essere influenzata.
È responsabile dell’aumento della pressione diastolica nell’anziano e, secondariamente sistolica, per
irrigidimento delle pareti vasali.
Esistono 3 quadri generali di arteriosclerosi che si differenziano tra loro per le conseguenze cliniche:
- Interessamento piccole arterie e arteriole → danno ischemico
- Sclerosi della media di Monckeberg → calcificazione delle pareti delle arterie muscolari e,
tipicamente, coinvolge la membrana elastica interna. Interessa i soggetti con eta>50 anni e le
calcificazioni non sono clinicamente significative.
- Aterosclerosi → termine che dal greco significa poltiglia e indurimento.
LIPOJALINOSI
La lipoialinosi è la sostituzione della media con una certa quota connettivale: nella patologia vascolare infatti,
oltre alla distruzione delle lamine elastiche, abbiamo anche l’interessamento della media.
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La media è muscolo liscio, quindi ha una funzione contrattile, e la sostituzione della quota muscolare con
tessuto connettivale (ovvero la ialinosi), anche se non incide in termini di spessore o di calibro, comunque ne
indebolisce l’attivita contrattile.
L'arteriolosclerosi determina una riduzione del calibro vasale e quindi una diminuzione dell'apporto di
sangue agli organi colpiti e, quando viene in modo particolare interessato il rene, l'organo va incontro ad una
sclerosi che a sua volta aggrava l'ipertensione, creando cosi un circolo vizioso in cui le alterazioni delle
arterie e quelle renali assieme si influenzano reciprocamente e peggiorano.
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ATEROSCLEROSI
L’ATS rappresenta la base della patologia coronarica, cerebrale e del sistema vascolare periferico ed è al
primo posto, nel mondo occidentale, tra le cause di mortalità e morbilità.
È definita come una patologia cronica degenerativa dei vasi arteriosi caratterizzata dall’ispessimento del
complesso intima-media con formazione dell’ateroma che ha tendenza stenosante. Per stenosi si intende una
restrizione parziale del lume vasale, mentre, per occlusione od obliterazione si intende la chiusura totale del
lume.
Negli atleti → La prima causa di morte improvvisa negli atleti è l’aterosclerosi coronarica. Prima si
pensava che la morte ischemica fosse funzione lineare dell’ostruzione, quindi maggiore era la stenosi del
vaso, maggiore era la probabilita che il soggetto andasse incontro a morte improvvisa. Di conseguenza,
soprattutto nel caso degli atleti, le indagini di screening erano mirate ad attenzionare questo parametro: si
faceva l’ecocardio, si faceva la scintigrafia miocardica, se l’atleta non presentava una stenosi
emodinamicamente significativa (cioe superiore al 70% del lume vasale), poteva tranquillamente
intraprendere la carriera agonistica.
Oggi non è piu cosi.
L’aterosclerosi è una malattia cronica, che decorre spesso in maniera indolente, con manifestazioni
cardiovascolari acute. La placca aterosclerotica si viene a localizzare tra intima e media, interessando
soprattutto quest'ultima.
Le modificazioni delle arterie, dando origine ad una lesione del vaso, non fanno altro che andare ad attivare
in ultima analisi i processi coagulativi, i quali danno inizio all'epifenomeno dell'aterosclerosi che è il trombo
e la trombosi vasale.
FATTORI DI RISCHIO
Possono essere suddivisi in tre grossi gruppi:
Non modificabili → ereditarieta dai genitori, razza, età, sesso
Parzialmente modificabili → obesita, diabete, dislipidemie, personalità.
Modificabili → ipertensione arteriosa, fumo, alcool in eccesso, inattivita fisica e sedentarieta.
Dove risiede la differenza tra diabete mellito e ipertensione nella classificazione? Il diabete esiste in
due forme, una genetica e una acquisita insulino-resistente, che una volta instaurata si avrà a vita.
L'ipertensione puo essere discriminata in essenziale e secondaria. In quest'ultima condizione il trattamento
con farmaci puo essere sospeso a periodi alterni in seguito ad una normalizzazione del paziente. Inoltre se si
riesce ad eliminare la causa dell'ipertensione, si potrebbe anche andare incontro a guarigione, cosa che non
avviene nella ipertensione essenziale.
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disordini alimentari (obesità). Eccezione a tale regola è costituita dalla donna diabetica, che non
risente della protezione estrogenica. Il diabete infatti accelera il processo aterosclerotico rispetto ad
un soggetto normale che sviluppa l'aterosclerosi, inducendo lesioni sull'endotelio vasale.
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- Fumo di sigaretta → fattore di rischio per cardiopatia ischemica o per l'arteriopatia obliterante
periferica (aterosclerosi localizzata negli arti inferiori). Il danno è causato da due sostanze con
particolare ruolo aterogeno: nicotina e CO.
La nicotina agisce sul sistema simpatico adrenergico direttamente e indirettamente (attraverso
l'azione della corteccia sui centri ipotalamici), stimolando il sistema cromaffine. Tutto questo si
traduce nella secrezione di sostanze adrenergiche(come adrenalina e noradrenalina), vasocostrizione,
alterazioni sul versante metabolico, liberazione di NEFA. Inoltre le catecolamine aumentano la
frequenza cardiaca, la gittata cardiaca e la pressione arteriosa. La nicotina provoca un aumento della
pressione diastolica, della glicemia, di acidi grassi, aumenta l'aggregazione piastrinica, e la
proliferazione di cellule muscolari lisce.
Il monossido di carbonio ha un'azione tossica diretta sull'endotelio: riduce NO e PGI2, riduce
dunque la vasodilatazione.
L'NO, oltre che sulla vasodilatazione, ha azione antiaggregante piastrinica.
CO ha anche effetto tossico indiretto: puo portare alla formazione di carbossiHb, poiche diminuisce
il trasporto di O2 e aumenta la CO2 legata; puo dare processi flogistici nelle vie respiratorie,
aumento di globuli rossi, aumento della viscosita ematica, aumento fibrinogeno (azione pro-
trombotica), diminuzione scambi gassosi. Tutto questo implica una maggiore insorgenza di malattie
cardiovascolari.
- Alcool → a piccole dosi aumenta le HDL, agisce come blando vasodilatatore. Quando è in eccesso,
però, aumenta i trigliceridi, si riduce il lavoro di HDL e colesterolo, diminuisce la pressione arteriosa
con tutte le azioni di contro regolazione, con aumento del simpatico, vasocostrizione riflessa,
attivazione sistema RAA, aumento della vasopressina e ritenzione di acqua e sodio.
- Attività fisica → bisogna evitare una vita sedentaria, praticare costantemente un minimo di attivita
fisica per favorire: la circolazione coronarica e generale, la diminuzione dei livelli di glicemia,
l'aumento delle HDL, la diminuzione dell'aggregazione piastrinica e del peso corporeo. Basterebbe
fare il cosiddetto “fast walking”, camminata veloce, una volta al giorno.
- Infiammazione → è presente durante tutte le fasi dell’aterosclerosi ed è correlata alla formazione e
anche alla rottura delle placche. La PCR è uno dei marker piu sensibili di rischio di cardiopatia
ischemica. Livelli superiori ai 3mg/L indicano un notevole rischio cardiovascolare.
Molecole quali ICAM, VCAM, CD40 e CD40L sono marker aterosclerotici. Cosi come anche fattori
emostatici: PAI-1 ecc....
PATOGENESI DELL’ATS
Il modello patogenetico attuale è la response to injury, ovvero ipotesi della reazione al danno. Questo
modello considera l’ATS come una risposta infiammatoria cronica e riparativa della parete arteriosa a un
danno a carico dell’endotelio.
La progressione della lesione avviene per via delle interazioni tra lipoproteine modificate (LDL ossidate),
macrofagi derivati dai monociti, linfociti T e cellule endoteliali e muscolari lisce della parete arteriosa:
1. Danno endoteliale cronico → iperlipidemia, ipertensione, fumo, omocisteina, risposte immuni
(CMV), determinano la disfunzione endoteliale. Il danno endoteliale rappresenta la pietra miliare del
processo aterosclerotico: morfologicamente l’endotelio è indenne, tuttavia, funzionalmente alterato:
aumento adesione leucocitaria, maggiore permeabilita vascolare, attivazione piastrinica e trombosi.
Anche il TNF sembra stimolare le cellule endoteliali ad esprimere un profilo pro-aterogeno.
Si ritiene che i due maggiori determinanti della disfunzione endoteliale siano le alterazioni
emodinamiche e l’ipercolesterolemia:
- Alterazioni emodinamiche → l’importanza di queste alterazioni è dimostrata dal fatto che le
placche si sviluppano principalmente a livello delle biforcazioni, osti, parete posteriore
dell’aorta addominale, ovvero in tutte quelle regioni nelle quali il flusso diventa turbolento e
aumenta lo shear stress di parete.
- Infiammazione → si ritiene che sia innescata dall’accumulo di cristalli di colesterolo e acidi
grassi liberi nei macrofagi e in altri tipi cellulari. Queste cellule percepiscono la presenza di
sostanze anomale mediante recettori dell’immunita innata con formazione di IL-1 che è
responsabile del reclutamento dei monociti e dei linfociti T. Il risultato netto dell’attivazione
di linfociti T e macrofagi è la produzione locale di citochine e chemochine che attivano altre
cellule infiammatorie e producono ROS con potenziamento dell’ossidazione delle LDL e
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stimolo ulteriore per i fattori di crescita. Le cellule T producono, ad esempio, IFN- che
stimola i macrofagi, cellule endoteliali e muscolari lisce. Il risultato netto è la proliferazione
delle cellule muscolari lisce, la migrazione delle stesse e la sintesi di matrice.
2. Accumulo di lipoproteine nella parete vasale → l’aumento di LDL, la riduzione di HDL e
l’aumento di LpA sono fattori predisponenti il danno endoteliale. L’iperlipidemia cronica (in
particolare ipercolesterolemia) determina la compromissione diretta della funzione endoteliale con
aumento dei ROS che determinano una riduzione di NO (vasocostrizione) e determinano
perossidazione delle membrane con danno agli endoteli. Nel corso dell’iperlipidemia cronica, le
lipoproteine si accumulano all’interno dell’intima, dove possono aggregarsi tra di loro, oppure
possono essere ossidate dai radicali liberi prodotti dalle cellule infiammatorie.
I macrofagi che fagocitano le LDL ossidate si trasformano in cellule schiumose (ricche in lipidi),
poichè le lipoproteine modificate non possono essere smaltite. Anche le cellule muscolari lisce
possono diventare schiumose ingerendo lipoproteine modificate. Inoltre, le lipoproteine modificate
stimolano la liberazione di fattori di crescita, citochine, chemochine e quindi si crea un circolo
vizioso basato sul reclutamento e attivazione dei monociti.
3. Proliferazione delle cellule muscolari lisce → la proliferazione delle cellule muscolari lisce e la
deposizione di matrice trasformano una stria lipidica in un ateroma maturo e contribuiscono alla
crescita delle lesioni. Diversi fattori di crescita sono implicati nel processo: PDGF, FGF, TGF-α,
tutti rilasciati da endotelio, piastrine attive, macrofagi e cellule muscolari lisce stesse.
Queste componenti depongono verso la placca stabile, mentre, la prevalenza di linfociti T depone
verso l’instabilita di placca.
EVOLUZIONE ANATOMOPATOLOGICA
Le lesioni aterosclerotiche vengono internazionalmente distinte in:
- Stria lipidica
- Placca (che aggetta nel lume)
- Lesione complicata (trombosi, rottura, emorragia)
L' AHA (American Heart Association) ha inoltre classificato le varie fasi in cui è possibile distinguere un
processo evolutivo aterosclerotico in 6 stadi a partenza dalla stria lipidica, per poi passare all'ispessimento
intimale, placca fino alla occlusione del vaso stesso.
Stadio I → Lesione iniziale caratterizzata esclusivamente dalla formazione di macrofagi ripieni di lipidi,
detti "cellule schiumose" o "foam cells", evidenziabili solo in microscopia elettronica.
Stadio II o stria lipidica → Lesione caratterizzata dalla presenza di cellule schiumose, linfociti T e mast
cells; accumulo focale di cellule muscolari lisce intimali contenenti lipidi disposti in bande chiare o a chiazze,
grossolanamente individuabili sulla superficie dell'intima come strie di colore giallastro (fatty streak lesion)
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di 1cm o piu di lunghezza. E' una lesione piana, di estensione limitata che dunque non aggetta nel lume e non
ne riduce il calibro. Si puo discriminare in base alla progressione della lesione in:
- Lesione IIA: Lesione prone alla progressione
- Lesione II B: Lesione resistente alla progressione
La stria lipidica può essere messa in evidenza anche grazie ad una radiografia nella quale appare come un
piccolo strato sottile bianco all'interno del lume vasale. Non tutte le strie lipidiche diventano ateromi e,
inoltre, si formano gia negli adolescenti.
Stadio III (Pre-Ateroma) → Le lesioni sono costituite da aggregati lipidici extra cellulari che vanno in
genere ad unificarsi tra di loro e a raggrupparsi tra le cellule muscolari lisce, spostando la matrice (per questo
si chiamano pre-ateroma) e cominciando a creare un background grazie al quale in seguito si verrà a formare
la placca e il nucleo lipidico.
Stadio IV (Ateroma) → In questo stadio è presente l'Ateroma, il quale possiede un cappuccio fibroso con
core lipidico che aggetta nel lume cominciando a restringerlo. La lesione avanzata della placca dell'ateroma
si presenta con un ispessimento circoscritto al piano dell'intima, di colorito bianco perlaceo, giallognolo, di
consistenza duro.
La placca e costituita da 3 elementi:
- depositi intracellulari ed extracellulari di lipidi
- elementi cellulari (cellule T, macrofagi e cellule muscolari lisce)
- matrice extracellulare (collagene, proteoglicani e fibre elastiche)
Le cellule e la matrice extracellulare formano un cappuccio fibroso (coppa) che ricopre una raccolta in
profondita di lipidi e detriti cellulari, la cosiddetta pappa ateromatosica (ad indicare il materiale grasso,
poltaceo o molle, contenuto nelle placche) o ateroma propriamente detto o placca aterosclerotica.
I determinanti morfologici della placca sono → le proporzioni delle tre componenti variano al variare delle
lesioni. Tipicamente è presente il cappuccio fibroso formato da collagene denso e cellule muscolari lisce.
L’area al di sotto e lateralmente al cappuccio è la spalla della lesione, formata da T-cell, macrofagi e cellule
muscolari lisce. Al di sotto del cappuccio vi è la pappa ateromatosica (nucleo necrotico) che contiene lipidi,
detriti cellulari, cellule schiumose, fibrina, trombi e proteine plasmatiche. Il colesterolo è presente sotto
forma di cristalli che possono essere eliminati dai processi metabolici tissutali determinando la rimanenza di
fessure aghiformi.
Le lesioni interessano solo una porzione della parete arteriosa, sono irregolari e appaiono eccentriche
(sezione trasversa). La focalità è determinata dalla presenza di particolari punti di elezione del danno, ovvero,
quelli esposti al flusso turbolento. Le lesioni col tempo divengono sempre piu grandi, numerose e diffuse,
inoltre, spesso nei vasi coesistono lesioni a vario stadio evolutivo. A valle della placca ci sono fenomeni di
neoangiogenesi.
Vasi colpiti → in ordine decrescente sono: porzione distale aorta addominale, arterie coronariche, arterie
poplitee, carotidi interne e vasi del circolo di Willis.
Stadio V o fibroateroma → Abbondante presenza di tessuto fibroso che ricopre il core lipidico formando il
cappuccio. A seconda che prevalga la componente lipidica o fibrotica possono essere suddivise in:
- VA: abbondante materiale lipidico con capsula sottile o anche spessa
- VB: lesioni prevalentemente fibrotiche, calcifiche e stabili
- VC: lesioni fibrotiche con componente stenosante
Stadio VI (lesione complicata) → Le placche aterosclerotiche sono delle lesioni dinamiche, ovvero, vanno
incontro a rimodellamento tramite morte e degenerazione cellulare, sintesi e degradazione di
matrice e organizzazione di trombi sovrapposti.
- VIA (Ateroembolismo) → rottura delle placche con generazione di frammenti embolici che possono
dare ostruzioni distali.
- VI B (emorragia e/o ematoma) → la rottura della cappa fibrosa sovrastante o di uno dei sottili
capillari nelle aree di neovascolarizzazione può provocare una emorragia all’interno della placca. Ne
risulta un ematoma che può espandere la placca o portarne a rottura.
- VI C (Rottura, ulcerazione, erosione) → determina l’esposizione della superficie pro-trombotica
della placca con formazione di trombi. Questi possono occludere in modo parziale o completo il
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lume del vaso. Se il paziente sopravvive all’evento acuto, il coagulo puo essere inglobato nella
placca in crescita.
- VI D → tutte e tre le complicanze insieme
C’è anche la possibilita che si formino aneurismi, infatti, la pressione o l’atrofia ischemica dovuti ad ATS
portano a lesioni della tonaca media con perdita di tessuto elastico che provoca indebolimento della parete
vascolare e possibile rottura.
Stenosi aterosclerotica → nelle prime fasi di stenosi, il rimodellamento della tonaca media tende a
preservare le dimensioni del lume. Si parla di stenosi quando l’occlusione è sufficientemente grave da
produrre ischemia tissutale e ciò si verifica quando il lume è chiuso per almeno il 70%. Le conseguenze della
stenosi sono:
- occlusione mesenterica
- ischemia intestinale
- morte improvvisa
- cardiopatia ischemica cronica
- encefalopatia ischemica
- AOP e claudicatio intermittens
In ultima analisi, gli effetti dell’occlusione dipendono dall’apporto arterioso e dalla richiesta metabolica
(riposo o attivita).
Modificazione acuta delle placche → la causa piu frequente della manifestazione acuta dell’aterosclerosi è
un’occlusione arteriosa segmentaria da parte di un trombo che si va a formare su una placca aterosclerotica la
quale, nella maggior parte dei casi, non da una stenosi emodinamicamente significativa.
Quindi viene a decadere quella linea di pensiero per cui il rischio di morte improvvisa era proporzionale alla
stenosi, anzi è tutto l’opposto, è la placca emodinamicamente non significativa quella da attenzionare, perchè
è quella sulla quale nella maggior parte dei casi si puo instaurare un trombo!
La placca fibro-ateromasica sulla quale in futuro si puo formare il trombo viene definita placca vulnerabile,
invece la placca col trombo viene definita placca colpevole, colpevole della manifestazione cardiovascolare
acuta. Il 50% dei soggetti che hanno una sindrome coronarica acuta sono asintomatici.
Esistono numerosi fattori di rischio per questa patologia: il fumo di sigaretta, la vita sedentaria, la
dislipidemia, il diabete. Tuttavia, il 70% dei pazienti che subiscono una manifestazione cardiovascolare acuta
non hanno dislipidemia, non hanno il diabete, ma hanno comunque l’evento infartuale. Questo ci dice che ci
sono soggetti predisposti a incorrere in queste problematiche a prescindere dai fattori di rischio
cardiovascolari.
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Calcificazione della placca e successiva rottura (5-10%) → Nel modulo calcifico, la placca
che nel corso del tempo e andata incontro a calcificazione espansiva improvvisamente si
frattura, il sangue entra in contatto con il contenuto della placca e si forma un trombo
endoluminale occlusivo.
Quali sono le placche vulnerabili che possono maggiormente incorrere in trombosi e diventare quindi
placche colpevoli?
- Placca con core lipidico abbondante e con cappuccio fibrotico sottile e infiammato;
- Placca con una rottura del cappuccio che fa un trombo intramurale non occlusivo
- Placca del giovane con aterosclerosi accelerata (per esempio quella del soggetto cocainomane);
- Placca con erosioni;
- Placca con neoangiogenesi o microemorragia interna
- Placca con calcificazioni;
- Placca con stenosi vasale superiore al 70% (rara, pero possibile poiche il sangue rallenta e puo
accelerare la trombosi)
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Arterie degli arti → Per quanto riguarda gli arti inferiori, troviamo la claudicatio intermittens.
Essa è un sintomo dell'arteriopatia obliterante. Il paziente con arteria stenotica, durante la
deambulazione o l'esercizio fisico, aumentando le richieste metaboliche, mette in crisi il
sistema, causando dolori agli arti inferiori, in particolare al polpaccio. Il soggetto, a causa del
dolore, è costretto a fermarsi, per poi ricominciare.
Un loop che viene riproposto durante tutta la fase del cammino; per questo motivo l'andatura
viene definita zoppicante.
Arterie cerebrali → Le lesioni a livello cerebrale, possono essere transitorie (dura meno di
24h) o permanenti (a focolaio), oppure diffuse. Queste lesioni, se ripetute negli anni, possono
portare alla demenza aterosclerotica. Si possono notare tramite TC, delle lesioni ischemiche
disseminate in tutto l'encefalo che, a lungo andare, portano alla scomparsa delle
circonvoluzioni e degli elementi facenti parte della morfologia standard dell'encefalo.
Aorta → L’aorta può essere sede di ulcerazioni, trombosi, embolia, aneurisma dell'aorta,
manifestazione clinica dell'aterosclerosi, oppure puo esserci un ostruzione (piu eclatante
all'imbocco dell'aorta addominale e alla biforcazione delle iliache).
Arterie renali → A livello renale possono esserci due tipi di ipertensione secondaria:
l'ipertensione nefrovascolare dovuta all'ostruzione di entrambe le arterie renali o di una sola
delle due, oppure ipertensione nefroparenchimale, che interessa le arterie presenti nel
parenchima renale.
Arterie mesenteriche → Danno origine all'angina abdominis; si può avere l'infarto
mesenterico, con successiva resezione intestinale. Gli unici sintomi di tale patologie possono
essere mal di pancia/dolori addominali.
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VASCULITI
La vasculite indica un termine generico che indica l’infiammazione della parete dei vasi.
I sintomi sono riconducibili ai tessuti specifici interessati e le manifestazioni cliniche dipendono anche segni
sistemici: febbre, mialgie, artralgie e malessere.
Le vasculiti vengono tipicamente classificate in base al diametro del vaso colpito, organo o sistema coinvolto
e agente eziologico associato:
1. Vasculiti dei grandi vasi → malattia granulomatosa (A. di Horton e A. di Takayasu)
2. Vasculite dei vasi di medie dimensioni → mediate da immunocomplessi (Poliarterite nodosa) e
mediate da Ab anti-cellule endoteliali (Malattia di Kawasaki).
3. Vasculite dei piccoli vasi (<β50μm) → sono quelle maggiormente frequenti e possono colpire
venule, arteriole e capillari.
- Mediate da immunocomplessi (vasculite associata al LES, Porpora di Schonlein- Henoch,
vasculite crioglobulinemica, Sindrome di Goodpasture).
- ANCA-associate (Poliangite microscopica, granulomatosi di Wegener, Sindrome di Churg-
Strauss).
4. Forme miscellanee → M. di Behcet e S. di Cogan
5. Vasculiti con interessamento di singolo organo → Vasculite leucocitoclastica cutanea, Arterite
cutanea, Vasculite primitiva del sistema nervoso centrale, Aortite isolata, altre.
6. Vasculite associata a malattie sistemiche → Vasculite nel LES, Vasculite in Artrite reumatoide,
Vasculite in sarcoidosi, ecc....
7. Vasculiti associate a causa nota → Vasculite crioglobulinemica associata a virus C, Vasculite
associata a virus B, Aortite associata a sifilide, Vasculite da immuno-complessi associata a farmaci,
Vasculite ANCA associata da farmaci, Vasculite associata a neoplasie, altre.
CLASSIFICAZIONE IMMUNOPATOGENETICA
Vasculiti di tipo I (di tipo allergico)
Sindrome di Churg-Strauss
Vasculiti di tipo II (anticorpo mediata)
Granulomatosi di Wegener
Poliangite microscopica
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Sindrome di Kawasaki
Vasculiti di tipo III (da immunocomplessi)
Poliarterite nodosa
Vasculite crioglobulinemica
Porpora di Henoch-Schonlein
Vasculiti di tipo IV (Cellulo mediata)
Arterite a cellule giganti di Horton
CLASSIFICAZIONE CLINICA
Ci sono circa 20 tipi di vasculiti noti e i due meccanismi patogenetici principali sono l’infiammazione
immunomediata e l’invasione vascolare diretta da parte di agenti infettivi. Si distinguono quindi,
vasculiti infettive e non infettive.
Tuttavia, un agente infettivo puo dare una vasculite non infettiva nel momento in cui esso generi una
reazione cross-antigenica immunomediata o la formazione di immunocomplessi.
La distinzione tra le due forme è importante poiche la terapia immunosoppressiva giova le vasculiti non
infettive e complica quelle infettive.
Altre cause chimicofisiche possono essere: traumi, radiazioni e tossine.
- Primitive → nelle quali l’impegno vascolare è il primum movens e rappresenta l’entita della
patologia, ossia la manifestazione principale di patologia.
- Secondarie → secondarie ad altre condizioni, in particolare ad altre malattie autoimmuni sistemiche,
ma anche a condizioni quali:
ipersensibilita a farmaci
malattie neoplastiche
malattie infettive
VASCULITE INFETTIVA
Sono determinate dall’invasione diretta da parte di agenti infettivi, solitamente batteri (Pseudomonas)
o miceti (Aspergillus e Mucor).
L’interessamento vascolare puo derivare da focolai tissutali vicini (raramente da setticemie) o in seguito a
embolizzazione settica a partenza da endocarditi infettive.
Le infezioni vasali possono indebolire la parete vasale e portare alla formazione di aneurismi micotici o
favorire la trombosi e infarti: trombosi indotta da meningite puo portare a ictus.
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- p-ANCA (pattern perinucleare, anti-MPO, costituente dei lisosomi) → vengono prodotti
anche sotto stimolo di farmaci, quali il propiltiouracile. Sono tipici della S. Churg-Strauss e
della poliangite microscopica.
Gli ANCA hanno ruolo patogenetico poiche interagiscono con i neutrofili attivandoli e determinando la
degranulazione sul vaso di ROS ed enzimi proteolitici.
Inoltre, esplicano anche danno diretto nel momento in cui c’e una sovraespressione di MPO e PR-3 sulla
membrana delle cellule endoteliali. Quest’ultima condizione si verifica quando c’e uno stimolo
infiammatorio o esposizione ad endotossine con produzione massiva di TNF-α, che stimola l’espressione di
PR-3 e MPO da parte di neutrofili ed endoteli.
Queste vasculiti sono chiamate pauci-immuni poiche non è dimostrabile nelle lesioni la presenza di anticorpi
ne di complemento. Altri tipi di ANCA (x-ANCA) sono presenti nelle IBD.
3. Anticorpi anti-cellule endoteliali → sono indotti da difetti della immuno-regolazione e possono
predisporre verso la malattia di Kawasaki.
4. Linfociti T attivati → danno diretto agli endoteli mediante la degranulazione citochinica. Indotti da
agenti infettivi, traumi ecc....
La patogenesi si fonda sulla risposta cellulo mediata T dipendente contro un gruppo di antigeni della
parete vascolare che induce una liberazione massiva di TNF. Nei 2/3 dei pazienti ci sono Ab-anticellule
endoteliali e anti-muscolo liscio.
È una malattia sistemica con malessere, astenia, febbre e dolore agli arti inferiori.
Si associa a polimialgia reumatica con cefalea e disturbi del visus.
L’arteria temporale si presenta arrossata, tortuosa e dolente alla palpazione.
La diagnosi si basa sulla biopsia e, per farla, serve un segmento di almeno 1 cm (poichè è una patologia
focale).
Si tratta con steroidi e anti-TNF.
Anatomia patologica
È una patologia flogistica cronica di tipo granulomatoso, che va ad aumentare lo spessore della parete
intimale. Il lume quindi si riduce, e in casi estremi si puo arrivare all’obliterazione.
C’è un interessamento granulomatoso della media con perdita della lamina elastica interna.
La biopsia dell’arteria temporale rivela una tipica lesione "a salto" e da un quadro tipico anche della
panarterite nodosa e di tutte le lesioni granulomatose dei vasi, “a corona di rosario”.
L’infiltrato mostra cellule giganti multinucleate, e anche una discreta presenza di cellule T (CD4 > CD8) e
macrofagi.
La guarigione è caratterizzata da cicatrizzazione della tonaca media, ispessimento dell’intima e fibrosi
dell’avventizia.
ARTERITE DI TAKAYASU
È una vasculite granulomatosa delle medie e grandi arterie caratterizzata da disturbi del visus e
indebolimento dei polsi delle estremita superiori (malattia delle giovani donne senza polso).
Colpisce l’aorta e, in particolare, l’arco aortico e i grandi vasi, causando che si ritrovano un ispessimento
fibroso transmurale con grave restringimento luminale dei vasi colpiti.
La distinzione con l’aortite di Horton viene fatta tramite eta: sopra i 50 anni e Horton, sotto Takayasu.
Nonstante fu storicamente associata al Giappone (particolare aplotipo HLA), oggi è globalmente
diffusa.
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I sintomi iniziali sono aspecifici e comprendono astenia, febbre e calo ponderale. Il quadro clinico tipico è
determinato da: polso carotideo e radiale debole, disturbi del visus, emorragie retiniche e cecita totale, deficit
neurologici.
Se viene interessata:
- l’aorta distale → claudicatio intermittens
- le arterie renali → ipertensione nefrovascolare
- la rete coronarica → ostruzione e infarto
- l’arteria polmonare → ipertensione polmonare
Anatomia patologica
La sede classica della Takayasu è l’arco aortico. Nel terzo dei casi vengono colpiti gli altri tratti dell’aorta e
le sue ramificazioni con il coinvolgimento, nella meta dei casi, dell’arteria polmonare; possono essere colpite
anche le arterie renali e le coronarie.
L’istologia è indistinguibile da quella dell’arterite di Horton (infiltrato mononucleato avventiziale, infiltrato
della media e granulomi a cellule giganti e necrosi della media).
Col progredire della malattia si verifica una cicatrizzazione collagena con infinltrati infiammatori cronici in
tutti gli strati di parete.
Talvolta, il coinvolgimento della radice aortica determina dilatazione e insufficienza della valvola aortica.
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Tipicamente, se il vaso colpito e grande si avra stenosi col quadro ischemico, viceversa, se il vaso colpito è
piccolo si avra rottura con emorragia.
Le classiche manifestazioni cliniche sono: ipertensione (arterie renali), dolore addominale e feci ematiche
(tratto GI), mialgia e neurite periferica (nervi motori).
Si tratta con immunosoppressori e guarisce o va in remissione nel 90% dei casi.
Anatomia patologica
C’è un’infiammazione segmentale, necrotizzante e transmurale delle arterie di piccolo e medio calibro.
Le lesioni possono coinvolgere solo una parte della circonferenza vasale e hanno maggiore tropismo verso le
ramificazioni.
Il processo infiammatorio indebolisce la parete dei vasi, determinando aneurismi o, talvolta, rottura dei vasi.
L’infiltrato è formato da neutrofili, eosinofili, cellule mononucleate e necrosi fibrinoide.
L’infiltrato infiammatorio acuto puo essere sostituito, nelle remissioni, da ispessimento fibroso che si estende
fino all’avventizia.
Tutti gli stadi di attività della malattia possono coesistere nei diversi distretti vascolari, che in ordine di
frequenza decrescente sono: vasi renali, cardiaci, epatici e gastrointestinali.
MALATTIA DI KAWASAKI
È un’arterite febbrile (autolimitante solitamente) che interessa bambini e lattanti (80% dei pazienti) e
colpisce le grandi, medie e piccole arterie.
Predilige le coronarie determinando la formazione di aneurismi che, trombizzano o si rompono, dando cosi
infarto del miocardio.
La patogenesi è sconosciuta, si ritiene che agenti virali possano innescare l’autoimmunita in soggetti
geneticamente predisposti.
È stata anche chiamata sindrome mucocutanea-linfonodale poiche si manifesta con eritema
congiuntivale/orale e formazione di vescicole, edema di mani e piedi, eritema palmoplantare (rash cutaneo
con desquamazione) e ingrossamento dei linfonodi cervicali.
Nel 20% dei casi si arriva alla complicanza coronarica con aneurismi che possono raggiungere i 7-8mm.
Si tratta con ASA + Ig ev.
Anatomia patologica
Infiltrato infiammatorio transmurale denso, con necrosi fibrinoide meno evidente che nella PAN.
Si ha un ispessimento intimale ostruente nel caso della guarigione (per lo più spontanea).
Il danno è mediato dai linfociti T e dai monociti/macrofagi
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POLIANGIOITE MICROSCOPICA
È una vasculite necrotizzante che colpisce le piccole arteriole, capillari e venule. È denominata anche
vasculite da ipersensibilita o vasculite leucocitoclastica.
Vengono coinvolte le mucose, cute, polmoni, encefalo, cuore e tratto GI, rene e muscoli.
La glomerulonefrite necrotizzante e la capillarite polmonare sono molto comuni.
La poliangite microscopica puo essere un aspetto di altre malattie immunitarie: PSH, crioglobulinemia mista,
vasculiti associate a connettiviti (LES).
Le manifestazioni cliniche comprendono: emottisi, ematuria, proteinuria, dolore e sanguinamento GI, dolore
e debolezza muscolare, porpora palpabile alla pelle. L’immunosoppressione giova.
Anatomia patologica
Le lesioni nel vaso tendono a essere allo stesso stadio evolutivo e sono molto estese rispetto alla PAN.
C’è una necrosi fibrinoide segmentale della media e lesioni necrotizzanti transmurali, mentre non è presente
infiammazione granulomatosa.
Le lesioni assomigliano a quelle della PAN ma risparmiano le arterie di medio e piccolo calibro, motivo per
cui gli infarti
sono rari.
Nelle venule si osserva l’infiltrazione neutrofila, con i neutrofili che possono andare incontro ad apoptosi, da
qui il nome di vasculite leucocitoclastica.
Le lesioni sono pauci-immuni poiche non si riscontrano IC, complemento e anticorpi.
In alcuni casi, la causa puo essere la risposta anticorpale ad antigeni (farmaci e microrganismi), proteine
eterologhe o tumorali. Queste risposte portano alla produzione di MPO-ANCA (patogenetici) o alla
formazione di IC.
La via comune è l’iperattivazione dei neutrofili.
SINDROME DI CHURG-STRAUSS
È una vasculite necrotizzante dei vasi di piccole dimensioni, associata ad asma, rinite allergica, infiltrati
polmonari, ipereosinofilia periferica e granulomi necrotizzanti extravascolari.
Rappresenta 1 caso sul milione ed e anche chiamata angioite granulomatosa allergica.
Le lesioni vascolari sono istologicamente simili a quelle della PAN e della poliangite microscopica ma sono
tipicamente accompagnate da granulomi ed eosinofili.
Sono presenti gli MPO-ANCA nella meta dei pazienti.
La sindrome potrebbe essere il prodotto di una iperreattivita ad uno stimolo allergico, che nei pazienti
asmatici puo essere scatenata da antagonisti dei leucotrieni.
Le manifestazioni cliniche sono: porpora palpabile, sanguinamento GI e nefropatia (glomerulosclerosi focale
segmentale). Nel 60% dei pazienti c’è una cardiopatia eosinofila.
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Sindrome di Churg-Strauss
Anatomia patologica
Le lesioni del tratto respiratorio superiore vanno dalla sinusite granulomatosa alle lesioni ulcerative del naso,
del palato, faringe ecc....
Sono circondate da granulomi con necrosi centrale a carta geografica associati a vasculite. I granulomi sono
circondati da una zona di fibroblasti proliferanti con cellule giganti e infiltrato leucocitario (ricorda la TBC).
I granulomi multipli possono fondersi e dare cavitazione, visibile all’RX.
In stadio avanzato si puo avere coinvolgimento diffuso del parenchima polmonare ed emorragia alveolare.
A livello renale, inizialmente, si osserva necrosi focale dei glomeruli con trombosi isolate (GNF
necrotizzante). Le lesioni glomerulari piu avanzate sono caratterizzate da una necrosi diffusa e da
proliferazione eccessiva delle cellule parietali che determinano la formazione di semilune (GNF a semilune).
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Grosse lesioni nodulari con cavitazioni centrali presenti in un
polmone autoptico affetto da polinagioite granulomatosa.
MALATTIA DI BEHCET
È una vasculite leucocitoclastica che interessa i vasi di piccole e medie dimensioni, classicamente
riconosciuta con una triade clinica caratterizzata da:
- ulcere aftose orali
- ulcere genitali
- uveite
Ci possono essere manifestazioni GI e polmonari con mortalita correlata a rottura di aneurismi o a
coinvolgimento neurologico severo. Esiste un’associazione con HLA-B51 ed è implicata una risposta
immunitaria crociata contro determinanti antigenici di alcuni microrganismi.
C’è una infiltrazione neutrofila dipendente dai Th17.
Anatomia patologica
Vasculite focale, acuta o cronica, delle arterie di piccolo e medio calibro preferibilmente degli arti inferiori.
Si evidenzia anche trombosi del lume e microascessi all’interno dei trombi, formati da neutrofili circondati
da processo infiammatorio granulomatoso.
Il processo infiammatorio si estende a nervi e vene che decorrono vicino l’arteria cosi da incapsulare, nel
tempo, tutto il fascio vascolo-nervoso in un manicotto fibroso.
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STRUTTURA AORTICA
L’aorta origina dal ventricolo sinistro con un diametro di circa γ cm, dirigendosi verso l'alto dando origine
all'aorta ascendente, piega formando l'arco aortico andando ad appoggiarsi alla colonna vertebrale, discende
formando l'aorta discendente, attraversa il diaframma e diventa aorta addominale, fino a formare, dalla quarta
vertebra lombare, le arterie iliache comuni e l'arteria sacrale media.
Aorta ascendente
Quando si parla di aorta ascendente ci si riferisce sia alla radice aortica che alla porzione tubulare.
La radice dell’aorta è quella porzione che comprende i seni di Valsalva, a livello dei quali sono localizzate le
cuspidi aortiche, ed anche le origini delle coronarie. Dopo la radice ha origine una porzione piu ristretta che
rappresenta la porzione tubulare, la quale
termina all’altezza dell’origine dell’arteria anonima, il primo ramo epi-aortico sulla sinistra.
L’aorta è in realta un organo, perche ha come il cuore, anche se in maniera leggermente differente, una
sistole e una diastole, come confermato dall’onda dicrota rilevabile allo sfigmogramma.
Quando avviene l’eiezione sistolica del ventricolo le valvole arteriose sono aperte, la colonna ematica
dell’eiezione ventricolare sistolica sinistra dal ventricolo passa nell’aorta ascendente e quest’ultima si dilata.
Quando finisce la sistole ed inizia la diastole la valvola semilunare aortica è chiusa, di conseguenza la
colonna ematica tenderebbe a rientrare in ventricolo ma è proprio bloccata dalla valvola aortica in modalita
di chiusura.
L’aorta, che è stata dilatata in sistole, poichè è fortemente elastica, ha un suo ritorno elastico e questo ritorno
imprime un movimento anterogrado del sangue.
Quindi l’aorta con questa sua dilatazione diastolica e questa sua costrizione sistolica, sfasate con la diastole e
sistole cardiache, è definibile come un organo che serve a dare propulsione al sangue nel circolo sistemico (il
flusso da intermittente viene convertito in continuo)
TONACHE AORTICHE
La peculiare funzione Windkessel dell’aorta è svolta grazie alla peculiare composizione in tonache: intima,
media e avventizia.
Tonaca intima
Lo spessore della tonaca intima in eta giovanile (<35anni) è pressoche virtuale; prendendo l’esempio della
tonaca intima di un neonato, questa è una struttura semplicissima e sottile.
L’intima è formata da un endotelio che riposa su una membrana basale. e tra la membrana basale e le cellule
endoteliali vi sono le cellule mio-intimali ed anche un’esile quantita di tessuto connettivo, con precisione
definita “sostanza fondamentale acida”.
Degenerazione dell’intima
L’intima man mano che il soggetto va avanti con l’età va incontro ad ispessimento, perchè si creano delle
fissurazioni della lamina elastica interna, la quale normalmente (quando è integra) impedisce che le cellule
muscolari della media passino nell’intima. Una volta fissurata a causa dello stress pressorio o di altri
elementi emodinamici (si parla ancora di “lesioni parafisiologiche”), permette il passaggio delle cellule
muscolari lisce dalla media nell’intima, passaggio in cui le cellule subiscono un fenomeno di
trasformazione: da cellule muscolari lisce actina-positive ad elementi miofibroblastici, ad opera di molecole
come il TGF-β.
Contemporaneamente a questa migrazione di cellule muscolari lisce nell’intima, avviene un trasudamento
dalla superficie endoteliale di materiale lipidico (con la crescita si determinano fenestrature e allentamento
delle giunzioni) che viene subito fagocitato dagli istiociti schiumosi. Questi ultimi sono identificati nei
preparati istologici mediante la colorazione con CD68, un anticorpo che colora i macrofagi, e in generale le
cellule del sistema monocito-macrofagico, donando loro una tonalita rugginosa.
Proprio questi istiociti schiumosi sono le cosiddette cellule aterofile che creano la stria lipidica, costituita in
realtà da accumulo di tessuto adiposo, sia fagocitato da istiociti nello spessore dell’intima, sia libero.
Il fenomeno è ovviamente piu accentuato in particolari condizioni come dislipidemie in generale,
colesterolemie, ipertrigliceridemie, nelle quali la quota lipidica che entra nello spessore dell’intima è piu
abbondante e crea una placca ateromatosica, la quale puo essere piu o meno dotata di un cappuccio
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fibrotico (che con il tempo puo anche divenire calcifico) e di un core lipidico in cui il colesterolo puo
mostrarsi sotto forma di cristalli bianchi.
È vero che il collagene (prodotto dai miofibroblasti) determina con la crescita del soggetto un ispessimento
dell’intima, pero questo ispessimento intimale, sia nelle coronarie che nell’aorta, inizialmente non comporta
un’ostruzione endoluminale perche la parete si dilata in concomitanza all’ispessimento stesso, fenomeno che
prende il nome di rimodellamento.
Ad un certo punto il fenomeno del rimodellamento non è piu sufficiente e questo è il momento in cui
l’ispessimento intimale produce reale ostruzione endoluminale.
Tonaca media
La media è di tipo elastico e la cosa importante è che questa rappresenta circa il 90% dell’intero spessore
della parete aortica; infatti, è soprattutto grazie alla media che l’aorta può effettuare questa attività di pompa
biologica.
La media è costituita da unita lamellari che formano come un doppio binario delimitato da due “nastri” di
fibre elastiche; dentro questi binari ci sono le cellule muscolari lisce, un po’ di tessuto connettivo, un po’ di
sostanza fondamentale acida.
La media dell’aorta ascendente ha circa 90 unita lamellari; man mano che si procede in senso centrifugo si
riducono le unita lamellari fino al carrefour iliaco, perchè a questo livello l’aorta da vaso di capacitanza con
proprieta elastiche si trasforma in vaso di resistenza con la tunica media fatta esclusivamente da cellule
muscolari lisce contenuta tra una lamina elastica interna e una esterna.
Tonaca avventizia
L’avventizia e caratterizzata dalla presenza di varie strutture, e un tessuto connettivo fibro-adiposo
contenenti i vasi, come i vasa vasorum, ed anche i nervi. Bisogna ricordare che i vasa vasorum sono
responsabili del nutrimento e dell’ossigenazione dei β/γ esterni della media della parete aortica,
mentre il terzo endoluminale e nutrito e ossigenato dallo stesso sangue endoluminale, per
trasudazione e passaggio di ossigeno.
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questo succede perche la maggior parte della sostanza fondamentale acida, i gruppi anionici,
sono saturati dai gruppi cationici delle proteine e quindi non sono visibili.
Qualora le proteine presenti nelle cellule muscolari lisce, nelle fibre elastiche, nelle fibre
collagene vengano a modificarsi, quindi se ad esempio si rompono le fibre elastiche, si dissolve
il tessuto collagene, ecco che la componente mucopolisaccaridica acida prima legata è non
visibile si slatentizza e si rende visibile con la colorazione. Quando aumenta la sostanza
fondamentale acida dobbiamo pensare alla necrosi delle cellule lisce, alterazione fibre reticolari,
fibre elastiche e collagene.
Medionecrosi → vanno in necrosi le cellule muscolari lisce, le quali possono andare incontro a necrosi
ischemica o a morte apoptotica. È riscontrata negli anziani, negli aneurismi post-dissecazione e nella S. di
Marfan.
Le lesioni vengono chiamate “elementari” e costituiscono il substrato patologico della meiopragia, ovvero,
una parete aortica fragile.
Nel caso di aneurismi, di dissecazione aortica, la parete aortica si definisce meiopragica, indebolita. Nei
soggetti giovani, la meiopragia è sostenuta da una frammentazione elastica, di contro, nei soggetti anziani, la
meiopragia è sostenuta principalmente dalla medionecrosi.
Per la necrosi cistica, non vi sono differenze di eta.
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notato che, dal punto di vista qualitativo, le lesioni elementari erano presenti ed erano ingravescenti con
l’avanzare dell’eta.
Visto che i soggetti in esame non erano deceduti per patologia aortica, i due conclusero che questo fosse il
risultato del normale processo di invecchiamento della parete aortica, tuttavia, l’insulto era bilanciato alla
riparazione:
- Processo di invecchiamento parafisiologico → sono presenti le lesioni elementari, ma la fibrosi è in
quantita parallela all’insulto.
- Dissecazione e aneurismi → l’insulto è uguale sia nella dissecazione che nell’aging parafisiologico,
ma la riparazione nel primo caso è sbilanciata e la parete aortica è, di conseguenza, meiopragica.
In poche parole, le lesioni sono predominanti sulla riparazione. Lo stesso accade nel caso delle
aortiti.
I due medici videro che negli aneurismi e nelle dissecazioni le lesioni erano di grado III(transmurali),
rispetto ai soggetti normali anche anziani in cui le lesioni non erano transmurali.
Da tutto cio si ricava che le lesioni elementari sono si le lesioni patognomoniche di aneurismi e dissecazioni,
ma non da sole in quanto tali, ma da considerare patognomoniche dal punto di vista quantitativo e in
relazione al rapporto insulto/riparazione.
Se l’insulto domina dal punto di vista dell’estensione rispetto alla riparazione fibrotica ecco che la parete
aortica diventa meiopragica, per cui qualsiasi insulto la puo rompere, dando una rottura aneurismatica o
una dissecazione dell’aorta.
ANEURISMA
L’aneurisma è, per definizione, l’aumento del diametro interno di un vaso di almeno il 50% il diametro
originario.
Se < al 50% si parla di semplice dilatazione.
L’aneurisma puo interessare il vasi e anche il cuore e può essere congenito o acquisito:
- Aneurisma vero→ se l’aneurisma interessa una parete arteriosa assottigliata ma intatta o una parete
ventricolare assottigliata. Gli aneurismi aterosclerotici, luetici, congeniti e ventricolari sono tutti
aneurismi veri.
- Aneurisma falso (pseudo) → difetto della parete vascolare che determina la formazione di un
ematoma extravascolare che comunica liberamente con la cavita luminale (ematoma pulsante). Un
esempio ne è la rottura ventricolare dopo IMA con contenimento dell’ematoma dentro una tasca
formata dalla reazione pericardica.
- Dissecazione → si verifica quando il flusso ematico penetra in una zona di minore resistenza della
parete arteriosa, insinuandosi tra le sue tonache. Le dissecazioni sono spesso, ma non sempre,
aneurismatiche.
La dilatazione avviene lungo l’asse principale, a causa delle forti pressioni radiali. Dal punto di vista
morfologico si possono avere aneurismi sacciformi oppure fusiformi:
Sacciformi (25%) → dilatazioni sferiche che interessano solo una porzione della parete
vasale e hanno dimensioni che vanno da 5 a 20 cm, spesso contengono materiale trombotico.
Fusiformi (75%) → consistono nella dilatazione diffusa di un lungo segmento vascolare.
Variano in diametro e lunghezza e possono raggiungere i 20cm. Possono coinvolgere ampie zone dell’arco
aortico, aorta addominale o iliache.
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Dal punto di vista patogenetico, sono 3 gli insulti in grado di dare aneurismi:
1. Qualità scadente di connettivo → La Sindrome di Marfan è caratterizzata per anomalie della
fibrillina con indebolimento della parete aortica e dilatazione progressiva. La sindrome di Loeys-
Dietz è caratterizzata dall’anomalia nella sintesi di elastina e collagene di tipo I e III.
Nella sindrome di Ehlers-Danlos la caratteristica e la perdita di collagene di tipo III. Come causa
nutrizionale ritroviamo lo scorbuto (carenza vit.C), caratterizzato da legami crociati alterati nel
collagene.
2. Disequilibrio tra sintesi e degradazione del collagene → Anche i processi infiammatori
(aterosclerosi e vasculiti) possono determinare la degradazione di tutti i componenti della matrice
della parete arteriosa (elastina, laminina, proteoglicani, fibronectina etc). Nell’infiammazione
aumenta l’espressione delle MMP e la riduzione delle TIMP.
3. Perdita di cellule muscolari e sintesi di matrice non collagena → l’ischemia della porzione
interna della tonaca media si verifica in corso di ispessimento aterosclerotico dell’intima, poiche
aumenta la distanza attraverso la quale ossigeno e le sostanze nutritive diffondono.
Inoltre, l’ipertensione sistemica puo causare un significativo restringimento dei vasa vasorum e dare
ischemia della porzione esterna della media. L’ischemia della media porta a morte delle cellule
muscolari lisce (medionecrosi) con aumento della formazione di GAG, perdita di fibre elastiche e
fibrosi (necrosi cistica). Nel complesso i fenomeni di degenerazione totale della media vengono
chiamati medionecrosi cistica che, si possono ritrovare, nello scorbuto o nella S di Marfan.
AORTA DELL’ANZIANO
Questo avrebbe l’aorta ascendente piu dilatata (ectasica) rispetto ad un giovane adulto di β5 anni, perchè
durante la vita l’invecchiamento della parete aortica in maniera parafisiologica porta ad insulti e a riparazioni
fibrotiche, per cui la parete aortica dell’anziano finisce per divenire fibrotica, trasformandosi cioe da un
tessuto elastico con una buona compliance in un tessuto rigido e dilatandosi come conseguenza fisica stessa
di queste trasformazioni, poiche non ha piu quell’azione di organo che si rilascia e si contrae.
La fibrosi della parete è testimonianza dell’effetto sommatorio di tante lesioni di insulto e riparazione.
Questa alternanza di insulto/riparazione si realizza perche nel caso di una lesione della parete aortica
interviene fortunatamente un processo riparativo imminente, mentre se cosi non fosse e se la lesione, ad
esempio una piccola perforazione, permanesse aperta, il rischio che l’aorta si dissechi sarebbe quasi certo.
Dunque perche l’aorta non si rompa, i fenomeni di insulto devono essere equivalenti ai fenomeni di
riparazione.
SIFILIDE
La sifilide terziaria è una rara causa di aneurisma aortico, infatti, l’endoarterite obliterante nelle fasi tardive
della lue, mostra una predilezione per i piccoli vasi, tra i quali, figurano i vasa vasorum dell’aorta toracica.
L’occlusione dei vasa vasorum provoca un danno ischemico nella tonaca media dell’aorta con cicatrizzazioni
e perdita di elasticita: la conseguenza sono aneurismi che talora possono coinvolgere l’anulus aortico.
Se vengono coinvolte le coronarie si puo vere ischemia miocardica.
La sifilide terziaria colpisce anche SNC, ossa e testicoli. Nel SNC puo dare tabe dorsale o paresi
generalizzata.
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per cui i soggetti con bicuspidia valvolare aortica verso i 30-γ5 anni d’eta cominciano a presentare situazioni
di stenosi aortica e di ipertrofia ventricolare sinistra. In una situazione di stenosi, i flussi post-stenotici sono
turbolenti e modificano la parete dell’aorta, la alterano strutturalmente rendendola fibrotica e di conseguenza
questa si allarga.
Patogenesi oggi → In realta non è cosi, poichè si è visto che gli aneurismi e soprattutto la dissecazione
dell’aorta in valvola aortica bicuspide non sono legati ad un problema emodinamico di flussi turbolenti,
bensi al fatto che la bicuspidia aortica si associa con una meiopragia congenita della parete aortica, nel senso
che la parete aortica che si associa alle valvole bicuspidi spesso e anche meiopragica per la presenza di
medionecrosi, frammentazione elastica, necrosi cistica, con una impari collagenizzazione, motivo per cui la
parete si va dilatando con il rischio di rompersi.
CLASSIFICAZIONE EZIOPATOGENETICA
Le due piu importanti cause di aneurismi aortici sono l’aterosclerosi e l’ipertensione: la prima ha un ruolo
importante negli AAA, mentre la seconda, ha un ruolo predominante negli aneurismi dell’aorta ascendente.
Gli aneurismi possono essere:
Aneurismi congeniti: come si diceva tipicamente endocranici, dipendono da una debolezza della
parete presente alla nascita. Esistono due varianti. Il tipo “mesenchimale” deriva dalla deposizione di
cellule angioblastiche anormali al momento della genesi del vaso, mentre il tipo “vestigiale” deriva
dal mancato riassorbimento di componenti embriologici. Altra causa di aneurismi congeniti sono le
malattie del connettivo, come la S. di Marfan e di Ehlers-Danlos, e malattie come la S. di Turner e la
sclerosi tuberosa.
Aneurismi degenerativi:
- Aterosclerotici
- Secondari a necrosi della media
- Secondari alla fibrodisplasia
Infiammatori: quasi sempre presenti in sede sottorenale, con parete fibrosa e biancastra, e fibrosi
parietale fortemente adesa agli organi vicini
Luetici: con caratteristico tropismo verso la porzione discendente dell’arco aortico, sono legati alla
infezione della tonaca avventizia dei vasa vasorum: da lì il processo si estende lungo la media e si
forma un aneurisma dissecante.
Aneurismi infettivi: salmonella, streptococco D e stafilococco, sono responsabili della distruzione
della parete arteriosa quando vengono portati ad essa da un embolo settico. Inoltre possono essere
dati dalla sifilide, o da vari miceti.
Secondari a trauma: anche se il danno non viene a creare la rottura del vaso, può produrre una zona
di minor resistenza con la creazione di un successivo aneurisma.
Dovuti ad arteriti
Post-dissecazione
Post-stenotici
CLASSIFICAZIONE TOPOGRAFICA
La malattia dilatativa è progressiva, cioè non è possibile la restitutio ad integrum, una volta che si è
manifestato l’aneurisma infatti, la parete non potra piu rientrare al suo stato precedente di normalita, ma anzi
andra negli anni progressivamente a dilatarsi, poiche la pressione radiale tendera sempre ad aumentare a
causa della stasi dei fluidi.
È stato notato che la possibilita che l’aorta vada incontro a rottura e proporzionale alle dimensioni
dell’aneurisma stesso. Un aneurisma di 5 cm ha, in 10 anni, poche possibilita di andare incontro a rotture,
mentre un aneurisma di 10 cm ha, anche in un anno, elevate possibilita di andare incontro a rottura.
Ovviamente la rottura rappresenta l’evento patologico finale della malattia aneurismatica e ciò vale per
qualsiasi aneurisma in qualsiasi sede.
Gli aneurismi interessano tutta l’aorta, e quindi, partendo dall’origine: aorta ascendente (4%), arco dell’aorta,
aorta toracica (4-5%), aorta addominale (70-90%).
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ANEURISMI DELL’AORTA ASCENDENTE
Ci sono aneurismi circoscritti che riguardano la radice dell’aorta, i seni del Valsalva (aneurisma del seno di
Valsalva), la porzione tubulare, cosi come vi puo essere la dilatazione aneurismatica di tutta l’aorta
ascendente, la quale porta all’insufficienza aortica.
Nella maggior parte dei casi è stata dimostrata una degenerazione cistica della tonaca media (medionecrosi
cistica), che consiste nella necrosi delle cellule muscolari lisce, alterazione delle fibre elastiche e
colliquazione con formazione di cisti di materiale mucoide.
La maggior parte di questi aneurismi e fusiforme (un tipico esempio dell’aneurisma dell’aorta ascendente è
quello che si verifica nella sindrome di Marfan). L’aorta ascendente è più soggetta a stress emodinamico
rispetto agli altri segmenti ed è per questo che l’aneurisma degenerativo si presenta prevalentemente nella
sezione ascendente dell’aorta. È vero comunque che l’aneurisma dell’aorta toracica e della discendente è
sempre degenerativo, prediligendo pero come lesione l’aterosclerosi.
Screening → L’aneurisma è una malattia che interessa i soggetti adulti e vecchi (quindi dai 60 anni a
salire), ha una certa familiarita, ha una predilezione per il sesso maschile ed è spesso asintomatica. In molti
paesi, tra cui anche l’Italia, sono state promosse campagne di screening per diagnosi precoce per fasce di
età, per esempio tra i 65-80 anni, tramite una ecografia addominale per permettere di identificare eventuali
aneurismi in fase asintomatica e di trattarli.
Aneurisma e ipertensione → l’ipertensione è concausa dello sviluppo e delle complicanze dell’aneurisma. È
molto importante correggere l’ipertensione in soggetti nei quali è stata riscontrata una malattia vascolare
(dilatativa o meno). L’ipertensione arteriosa peggiora la prognosi nel portatore di aneurisma in quanto,
aumentando la pressione all’interno dell’arteria, ne facilita la rottura.
ROTTURA DELL’ANEURISMA
È tipica degli aneurismi dell’aorta addominale. È importante riconoscere l’aneurisma prima della
complicanza, poichè un aneurisma rotto ha una mortalita intraospedaliera del 70-90%.
Ovviamente, ci sono i soggetti con rottura che muoiono prima di arrivare in ospedale, la mortalita per rottura
quindi si aggira al 100%. La rottura può essere:
Rottura laterale o posteriore → la perdita del sangue arterioso (con una forte pressione) è
diretta nel retroperitoneo e va a determinare una raccolta retroperitoneale che puo addirittura
gonfiarsi fino ad arrivare a contatto con la parete anteriore. Questo tipo di rottura consente al
paziente di rimanere vivo per un paio d’ore (sebbene ci sia una grave ipotensione) ed avere il
tempo di chiamare i soccorsi ed arrivare in ospedale, proprio perchè il retroperitoneo funge da
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tampone, riuscendo a raccogliere parzialmente la perdita di sangue.
Questa è la forma piu frequente di rottura dell’aorta addominale.
Rottura anteriore → il sangue si riversa nella cavita addominale. In questo caso si ha morte
immediata e improvvisa perchè la cavita addominale è una cavita virtuale, la piu estesa
dell’organismo e non può ricevere tutta questa quantita di sangue.
Rottura sulla vena cava → è molto meno frequente. Si viene dunque a formare una
comunicazione tra aorta e vena cava, questa complicazione si viene a formare perche i vasi
sono in parallelo e inoltre la lesione aneurismatica, che ha spesso una componente
infiammatoria sulla parete, puo determinare una fistola aorto-enterica o aorto- portale. Quando
si forma questo passaggio tra aorta e cava si causa ipertensione venosa con impegno notevole
della cavita destra del cuore.
Rottura dopo protesi → Un’altra forma di rottura dell’aorta addominale, che però è quasi
sempre inclusa tra gli pseudo- aneurismi, eèquella che avviene dopo l’impianto di una protesi
chirurgica, soprattutto per via open. Infatti, con una percentuale dell’1%, puo avvenire un
cedimento dell’anastomosi con la formazione di una fistola tra l’anastomosi prossimale ed
un’ansa digestiva, solitamente duodenale. Cio mette in comunicazione la circolazione arteriosa
dell’aorta con l’intestino. In questi casi il paziente accusera gravissime emorragie digestive,
perche il sangue arterioso passa con elevata pressione all’interno del tubo digerente, che si
renderanno manifeste sotto forma di melena o con sangue rosso, o sotto forma di ematemesi,
che possono portare a morte rapidamente il paziente.
Questa è la piu temibile complicazione della chirurgia aortica perchè è di difficile risoluzione e,
anche quando si dovesse riuscire a salvare il paziente, molto spesso il focolaio infettivo si
riaccende a distanza di mesi o anche di anni.
DISSECAZIONE DELL’ANEURISMA
La dissezione aortica è un ematoma intramurale della media aortica che dissocia la media in 2/3
endoluminali (tratto sub-intimale e il tratto intermedio) e in 1/3 periavventiziale dall’altra parte del cuneo
emorragico (si crea un falso lume anche in assenza di dilatazioni).
Il cuneo emorragico che dissocia la media ha una sponda debole, che è proprio il sottile lato periavventiziale,
per cui comprimendolo, lo ischemizza, aumentando enormemente il rischio di rottura. La dissecazione è
tipica degli aneurismi dell’aorta ascendente e dell’arco aortico.
Rottura nel sacco pericardico → si realizza clinicamente una rottura dell’aorta accompagnata
da tamponamento cardiaco.
Rottura a livello dell’aorta discendente toracica → può conseguire una emorragia pleurica.
Rottura dell’aorta addominale → può conseguire un ematoma retroperitoneale.
Si parla ad hoc inoltre di progressione della dissecazione, cioè il cuneo emorragico entra e dissocia i 2/3
intimale dal terzo periavventiziale in maniera progressiva e in senso parallelo al decorso del sangue
endoluminale, per cui per la maggior parte dei casi la progressione di una dissecazione aortica si realizza in
senso anterogrado.
La dissecazione aortica non è quindi definibile come lo “scollamento dell’intima”. È vero però che il sangue
riesce a raggiungere generalmente la media perche l’insulto pressorio ha determinato, ad esempio, una
breccia nell’intima, l’ha dissociata e il sangue è riuscito ad insinuarsi.
Se la parete aortica è meiopragica (esempio per abbondante necrosi cistica che indeboliva la media in
assenza di fibrosi riparativa sufficiente), una volta instauratasi la breccia intimale, il sangue entra e trova la
media aortica come “burro”, riuscendo ad insinuarsi anche in quest’ultima e dissociarla. Paradossalmente,
una cosa che puo fermare l’onda di dissecazione nella sua andata centrifuga rispetto al cuore e proprio una
placca fibrotica aterosclerotica.
Ipotesi della breccia intimale → La breccia intimale è l’elemento che porta il sangue fin nella media, ma la
meiopragia dell’aorta è la parte piu importante del processo che permette l’infiltrazione del sangue nello
spessore della media e la sua conseguente dissociazione.
Facendo le autopsie è frequente che si trovino delle piccole interruzioni dell’intima come se fossero delle
brecce intimali ma, tuttavia, sono chiuse dalla fibrosi, quindi il problema della lesione intimale lo possiamo
avere tutti a causa di uno stress, di una caduta, di un qualsiasi avvenimento come il contraccolpo, ma in
condizioni di normale struttura della parete aortica questa breccia intimale trova comunque sotto una media
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che e resistente; se invece trovasse una media “burro”, il sangue si espanderebbe attraverso quest’ultima e
dilaterebbe la media con dissecazione. Quindi è vero che gli aneurismi circoscritti dell’aorta ascendente
conseguono al fatto che si interrompe l’intima e si crea un piccolo aneurisma, ma se la parete non è
meiopragica si instaura una sclerosi riparativa che contiene il danno e la dissecazione non si realizza.
Ipotesi dei vasa vasorum → Oltre alla causa appena descritta, che è la piu frequente, vi è anche un’altra
ipotesi secondo la quale la dissezione puo essere dovuta alla rottura dei vasa vasorum e della tonaca media:
si viene a creare un ematoma dissecante all’interno della parete e, successivamente, questo ematoma puo
causare una breccia che puo fare entrare sangue all’interno della parete.
La dissecazione può anche essere iatrogena in seguito ad incannulazione di un’arteria durante procedure
coronariche o in seguito a circolazione extracorporea-
Gravidanza e dissecazione → Raramente c’è l’associazione con la gravidanza durante o dopo il terzo
trimestre indotto dallo stato ormonale con rimodellamento vascolare, oppure, dalle sollecitazione
emodinamiche del periodo perinatale.
Ipertensione e dissecazione → l’aorta dei soggetti ipertesi presenta ipertrofia della media dei vasa vasorum,
associata ad alterazioni degenerative, come la perdita di cellule muscolari lisce e la disorganizzazione della
matrice extracellulare. L’alterazione dei vasa vasorum si riflette con una ischemia della porzione esterna
della tonaca media dell’arteria e medionecrosi cistica.
Aterosclerosi e dissecazione → l’aterosclerosi può dare dissecazione poiche, quando si presenta una placca
dell’intima, cui si associa fibrosi, succede che il nutrimento dei 2/3 interni della media, che normalmente
avviene per passaggio di ossigeno e di trasudazione dal lume, risulta impossibilitato; la media di
conseguenza non riceve ossigeno ne nutrimento e si indebolisce dando origine alle lesioni elementari, le
quali portano ad eventuali brecce intimali e alla conseguente dissecazione.
Allora si deduce che l’aterosclerosi è un fattore di rischio per la dissecazione, anche se in generale predilige
la formazione di un aneurisma non dissecante.
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Dissezione A-->sindrome di Marfan, che causa circa l’8% delle dissezioni: il soggetto che ne e affetto e
molto alto, ha aracnodattilia, e necrosi cistica della parete mediale dell'aorta, quindi una situazione di
indebolimento intrinseco dell’arco dell’aorta. Oltre a questa patologia, i soggetti piu esposti sono soggetti
con ipertensione arteriosa, anziani, di sesso maschile, soggetti con valvola aortica bicuspide, con le arteriti
(soprattutto nel tipo 2), donne in gravidanza (soprattutto in eta avanzata).
Insufficienza cardiaca acuta → la propagazione dell’onda di dissecazione, che ha per la maggior parte un
decorso centrifugo rispetto al cuore, potrebbe anche essere centripeto. In quest’ultimo caso, la progressione
verso il cuore porta la breccia intimale sino a circa 1-1,5 cm sopra la giunzione tra la radice aortica e la
porzione tubulare dell’aorta ascendente. Se la dissecazione procede in senso prolasso della valvola aortica
stessa con una insufficienza valvolare acuta e relativa insufficienza cardiaca.
La bicuspidia aortica si associa con una meiopragia congenita della parete aortica e tendono a fare
dissecazioni: si spiega cosi perche soggetti con bicuspidia aortica hanno anche associata una insufficienza
della valvola aortica stessa.
Infarto miocardico → Potrebbe, inoltre, succedere che la dissecazione della media, originante ad esempio
dalla porzione tubulare e rientrando in direzione centripeta verso i seni del Valsalva, vada a coinvolgere gli
osti coronarici e si infiltri nelle pareti delle stesse coronarie originando la dissecazione delle coronarie,
comprimendo gli osti coronarici e dando, infine, un possibile infarto.
Emopericardio → un’invasione di sangue a livello dei seni di Valsalva puo coinvolgere, da un lato,
l’origine di un vaso coronarico (con rischio di infarto del miocardio) oppure, dall’altro, questa continuita con
l’origine del pericardio puo determinare un emopericardio, cioe un ingresso di sangue all’interno del sacco
pericardico.
Uno dei sintomi iniziali della dissecazione aortica in soggetto Marfan è la pericardite, dunque non una
pericardite d’origine virale, bensi da irritazione, perche appunto il sangue comincia ad infiltrarsi attraverso
quel terzo periavventiziale sottile e casca nel sacco pericardico determinando irritazione del pericardio.
Famoso è il caso di un ragazzo morto a 21 anni per Marfan non riconosciuta: il cuore del ragazzo post
autopsia aveva una forma “a palla”, con uno spessore parietale regolare ed ipertrofia eccentrica, la cui
valvola mitrale possedeva lembi tendinei molto allungati, frastagliati e larghi, cioe questo soggetto, essendo
un Marfan, aveva una degenerazione mixomatosa dei lembi valvolari, un prolasso della stessa
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valvola mitrale e un prolasso annesso della valvola aortica, cosa che spiegava l’ipertrofia eccentrica da
sovraccarico di volume.
Il soggetto presentava quei segni di pericardite perche, quando si è realizzata la dissecazione dell’aorta,
questa è avvenuta in due tempi: dapprima breccia intimale con sangue che passa tra i 2/3 interni e il terzo
periavventiziale ma che ancora non determina rottura, successivamente dissecazione con presentazione del
dolore, cui partecipo il coinvolgimento del sacco pericardico per precipitazione di emazie, sulla base del
fatto che il terzo periavventiziale consisteva in un lembo cosi sottile da permettere il passaggio di emazie e
conseguente loro precipitazione nel sacco stesso.
L’infiltrazione del sacco pericardico non è stata massiva, bensi una sorta di “colatura”, la quale ha
determinato irritazione del pericardio e conseguenti segni di pericardite riscontrabili all’ECG (riduzione dei
voltaggi).
Si deduce che un soggetto che giunga al pronto soccorso con dolore tipico da dissecazione/rottura lo si
porta d’urgenza in cardiochirurgia, senza passare assolutamente dalla medicina interna o dalla radiologia.
Si opera d’urgenza il paziente, dopo averlo sottoposto ad eco direttamente in cardiochirurgia e si salva.
Rientro in lume aortico → nei casi “fortunati”, l’ematoma dissecante rientra nel lume dell’aorta tramite una
seconda fissurazione intimale distale, creando un nuovo falso canale vascolare (doppio condotto aortico). In
questo modo si evita una emorragia extra-aortica fatale. Nel corso del tempo questo falso lume puo
endotelizzarsi e dare luogo a dissecazioni croniche.
Manifestazioni neurologiche → ischemia cerebrale transitoria, in quanto, se le dissezione nella sua
estensione coinvolge anche i vasi sovra-aortici, i vasi carotidei, si puo appunto determinare un ipoafflusso
cerebrale transitorio perche questa dissezione puo coinvolgere anche l’arteria carotide riducendone il lume.
NB → è chiaro che la dissecazione puo piu frequentemente portare a morte per shock cardiogeno
(tamponamento cardiaco, infarto etc).
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prossimali delle iliache comuni, fino anche alle femorali, aumentando la superficie di parete malata a
rischio di rottura.
1. Aneurisma aterosclerotico → è la quota maggiore. L’aneurisma è dato dalla degenerazione della
parete dell’arteria, con perdita della componente elastica, a causa del processo aterosclerotico che la
interessa. Si differenzia dall’aneurisma infiammatorio poichè lo spessore di parete è minimo e questo
comporta un rischio di rottura maggiore. Gli AAA presentano aree estese di aterosclerosi complicata
con distruzione e assottigliamento della media sottostante. Al suo interno, l’aneurisma contiene un
trombo murale di consistenza soffice, laminato e scarsamente organizzato. Puo essere accompagnato
da aneurismi piu piccoli delle iliache.
2. Aneurisma infiammatorio → rappresenta una quota inferiore in termini numerici (5-10%). Fu
descritto da Walker nel 1972 che individuo delle caratteristiche morfologiche attraverso lo studio
dell’angio-TC e in particolare dimostro una adesione tra le anse intestinali e l’aorta. Il pz presenta gli
indici di infiammazione alti ( VES, PCR), e talvolta è preceduto da episodi febbrili di 38°, cosa che
non si manifesta nell’aneurisma aterosclerotico. Caratterizzato da una prevalenza di cellule
infiammatorie nella parete aortica a livello microscopico, con linfociti, neutrofili, mastociti
nell’infiltrato (infiltrato linfoplasmocitico con macrofagi). Da un punto di vista macroscopico
abbiamo una estensione del fenomeno infiammatorio-cicatriziale al retroperitoneo anteriore, con la
formazione di una vera e propria placca che puo coinvolgere anche altre strutture come gli ureteri.
La parete anteriore è particolarmente spessa, anche fino a 1,5cm.
Malattia da IgG4 → è un disturbo evidenziato da elevati livelli di IgG4 a livello plasmatico con
fibrosi tissutale e infiltrato tissutale di tipo linfoplasmocitico. La manifestazione vascolare di questa
malattia potrebbe essere l’AAA. Altri tessuti coinvolti possono essere: pancreas, vie biliari e
ghiandole salivari. I pazienti presentano aortite e periaortite.
3. Aneurismi genetici → sono dati da alterazioni genetiche e riguardano la Sindrome di Marfan e altre
patologie simili. Danno per lo piu anomalie all’aorta ascendente e all’arco aortico; l’aorta
addominale è una sede coinvolta molto raramente. C’è una certa familiarita, si identificano difetti
genetici sul cromosoma 16.
4. Aneurismi infettivi → sono legati ad un processo infettivo della parete aortica, causato piu
frequentemente da batteri del gruppo Salmonella e Klebsiella Pneumonie.
5. Aneurismi traumatici o pseudoaneurismi → la principale differenza tra uno pseudoaneurisma e un
aneurisma vero sta nel tipo di coinvolgimento di parete. Lo pseudoaneurisma ha una estroflessione
solamente della tonaca avventizia e muscolare, con una quota di tessuto infiammatorio circostante
che crea una massa pulsante . L’aneurisma vero invece presenta un ectasia di tutte e tre le tonache
6. Aneurisma micotico → eziologia infettiva da miceti.
Istologicamente, l’aneurisma presenta pareti molto sottili, assenza di fibre elastiche ed eventuale presenza di
placche aterosclerotiche nell’intima; infiltrato linfoplasmocellulare. Dal punto di vista biochimico, c’è una
riduzione dell’elastina e un aumento dei suoi frammenti e di quelli del collagene e ciò sta alla base della
fragilita della parete (discontinua) che predispone alla rottura. C’è un aumento delle elastasi parietali,
ematiche e metalloproteasi.
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Ci puo essere una dolenzia lombare e, soprattutto nei pazienti piu magri, ci puo essere una tumefazione
pulsante, in quanto l’aneurisma raggiunge dimensioni molto grandi: in questo caso, facendo l’esplorazione
dell’addome a livello della porzione centrale dell’addome sente questa pulsazione dell’aorta. Le complicanze
sono varie:
Embolia distale → è possibile poichè all’interno dell’aneurisma aorto-addominale, quasi
sempre, si sviluppa un trombo endo-aneurismatico. Questo in genere ha la caratteristica di
rivestire la parete dell’aorta e di essere pervio permettendo il normale flusso sanguigno. La
presenza di questo trombo (talvolta particolarmente grande) puo determinare la rottura:
frammentazione di piccole quote a loro volta lanciate nel torrente arterioso divenendo emboli
che ostruiscono le arterie periferiche (soprattutto le femorali) causando ischemia periferica.
Trombosi arteriosa acuta → l’ostruzione completa è un evento raro.
Rottura → il 40% a 5 anni si rompe. Dipende dalle dimensioni dell’aneurisma, più è grande e
maggiore sara la probabilità, anche se, ci sono aneurismi di dimensioni non eccessive che
possono lacerarsi poiche la parete arteriosa è molto sottile e ci sono dei punti di fragilita. Vi
sono numerosi fattori che influenzano la rottura:
- Ipertensione arteriosa → trattarla subito;
- Sigarette → danno endoteliale chimico
- Insufficienza respiratoria → BPCO, per i colpi di tosse che aumentano la pressione
addominale;
- Morfologia → la parete sottile;
- Dimensioni → sotto i 5cm non ci sono dati rilevanti, tra 5-6cm rischio del 25%, tra 6-7cm
rischio del 35%, sopra i 7cm rischio del 75%.
L’indicazione chirurgica è di operare sopra i 5cm.
La rottura piu frequente è nel retroperitoneo col paziente che sopravvive ma e shockato; dopo
ore si puo scollare il retroperitoneo e sopraggiunge la morte. Frequente è anche la fistolizzazione
in duodeno (a livello dei Treitz) col paziente che ha episodi di melena ed ematemesi ricorrenti e
non continui.
La diagnosi è prevalentemente accidentale e, una volta fatta la diagnosi, bisogna ragionare su come
comportarsi nei confronti dell’aneurisma stesso.
EO → se il soggetto è magro è possibile vedere l’aneurisma come una massa pulsante (sincrona al polso) di
consistenza elastica, liscia.
Diagnosi differenziale con la neoformazione in base alla presenza/assenza dei polsi periferici.
Ecografia → (semplice, poco costosa, rapida) identifica immediatamente un aneurisma. Viene utilizzata
anche quando si programmano screening di massa, identificando una precisa fascia di popolazione (ad
esempio i maschi tra 65 e 75 anni anche se asintomatici).
Angio-TC → si fa col mdc per maggior dettaglio anatomico, dopo aver accertato la presenza dell’aneurisma.
Questa ci permette di vedere chiaramente: la morfologia dell’aneurisma, i rapporti che la lesione contrae con
gli altri organi nel peritoneo e retroperitoneo, l’estensione della lesione, la dimensione, la relazione con gli
altri vasi. Ci permette di ottenere una mappa morfologica di tutta la regione aorto-iliaca e quindi
programmare il trattamento terapeutico piu opportuno.
Quindi quello che dobbiamo valutare è la dimensione di questo aneurisma, se è stabile o se invece va
progredendo nel tempo.
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VARICI VENOSE
Le vene varicose e le flebotrombosi/tromboflebiti sono la causa del 90% della patologia venosa clinicamente
manifesta.
Le varici sono delle dilatazioni sacculari delle vene che spesso si evidenziano allungate, dilatate, tortuose, e
si manifestano prevalentemente a livello degli arti inferiori, in quanto a livello degli arti inferiori si esercita
maggiormente l’azione della pressione idrostatica.
Nell’architettura del sistema venoso (degli arti inferiori), si riscontra un sistema venoso superficiale e
profondo, che sono deputati al ritorno venoso dal tronco inferiore.
Circolazione venosa profonda: dalle arcate venose profonde dorsale e plantare del piede
originano le Vene Tibiali Anteriori e posteriori che confluiscono poi nella Vena Poplitea. Da
qui si passa in seguito alla Vena Femorale e alla Vena Iliaca Esterna.
Circolazione venosa superficiale : le vene supericiali orginano dalle arcate venose cutanee
plantare e dorsale del piede, e sono la Vena Grande Safena (regione mediale della gamba) e la
Vena Piccola Safena (regione posteriore della gamba). In seguito queste due vene sboccano
rispettivamente nella Vena Femorale (nel Triangolo dello Scarpa nella regione inguinale) e
nella Vena Poplitea.
Dal punto di vista anatomico è importante parlare anche del sistema delle vene comunicanti, che mettono in
comunicazione il sistema venoso superficiale col sistema venoso profondo.
All’interno delle vene degli arti inferiori si trovano le valvole semilunari, a nido di rondine, che si aprono in
relazione al flusso venoso e si chiudono quando il flusso venoso e interrotto oppure quando tende ad essere
controcorrente.
Ritorno venoso → Quando noi siamo supini, in posizione distesa, c’è sostanzialmente un’attrazione data
dalla pressione negativa che si ha nella cavita toracica; inoltre il flusso di sangue dalla periferia al centro e
dato sostanzialmente dall’azione di “spremitura” dovuta dal tono muscolare e dalla compressione muscolare
che noi attuiamo (pompa muscolare e suola di Lejars); infatti, in tutte le circostanze, anche quando siamo
seduti, muoviamo sempre un po’ gli arti inferiori, e questo aumento del tono, questa compressione, esercita
un’azione di spremitura del sistema venoso profondo, determinando il flusso di sangue dalla periferia al
centro (in cui ha un ruolo anche la vis a tergo data dal sistema arterioso).
Una situazione tipica è quando noi siamo seduti per molto tempo in poltrona e dopo un po’ avvertiamo una
sensazione di pesantezza agli arti inferiori che ci porta a distendere le gambe, accavallarle e, cosi facendo,
facilitiamo il flusso di sangue dalla periferia al centro.
Dal punto di vista anatomico il flusso di sangue dalla periferia al centro è garantito per circa l’80% dal
sistema venoso profondo, e per circa il 10% dal sistema venoso superficiale.
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Il sistema che risente della compressione muscolare è il sistema venoso profondo e quindi: il sangue passa,
tramite i rami comunicanti, dal sistema superficiale al sistema profondo e, tramite questo, ritorna al cuore.
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PATOLOGIA TROMBOTICA
La trombosi consiste nella formazione di un coagulo all'interno di un vaso o, meglio ancora, è il
consolidamento della massa ematica all'interno del lume vascolare (venoso, arterioso, o a livello del
microcircolo) o di una cavita cardiaca.
Può essere un consolidamento circoscritto o diffuso, generalmente focale. Il consolidamento avviene
secondo la triade di Virchow:
1. Stasi circolatoria → trombi di origine cardiaca (cardiomiopatia dilatativa, deficit sistolici,) pazienti
costretti a letto, aneurismi, deficit delle valvole venose.
2. Danno endoteliale → ipertensione, diabete
3. Stato di ipercoagulabilita → donne nel post parto, patologie genetiche
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TROMBOFLEBITE E FLEBOTROMBOSI
Sono due termini intercambiabili che indicano la trombosi e l’infiammazione delle vene che, nel 90% dei
casi, interessano le vene profonde degli arti inferiori. Altre sedi frequenti sono il plesso venoso periprostatico
nell’uomo e pelvico nella donna, le vene del cranio e i seni durali.
Altro evento è la trombosi della vena porta dovuta a peritoniti, appendiciti, salpingiti ecc....
Il pericolo principale delle vene varicose è la formazione di trombi all’interno delle stesse, che si verificano a
causa dei fattori che costituiscono la triade di Virchow, ovvero:
- Stasi
- alterazioni dell’endotelio vasale
- fenomeni di ipercoagulabilita (acquisita o congenita)
Il trombo a livello della vena peggiora ulteriormente la situazione fisiopatologica dovuta alle varici, in
quanto a livello delle vene profonde (ma anche delle vene superficiali) l’ostacolo al flusso e maggiore.
Quindi la complicanza delle varici consiste nella trombosi venosa profonda (TVP), con flebiti in cui l’arto
diventa arrossato, caldo ed edematoso e, soprattutto, vi puo essere il distacco di questi trombi che,
distaccandosi diventano emboli, superano il torrente venoso e il primo organo che vanno ad incontrare è il
polmone, causando una patologia molto importante che è l’embolia polmonare.
La trombosi agli arti inferiori tende ad essere asintomatica, per questo, la diagnosi clinica è molto difficile.
Le manifestazioni cliniche sono quelle dell’infiammazione (tromboflebite) quindi con:
- Tumor → edema che indica la sede del trombo. L’edema a livello della coscia indica un’ostruzione
a livello del circolo femoro-iliaco, mentre l’edema del polpaccio o del piede indica una ostruzione a
livello popliteo-femorale.
- Calor → aumento di temperatura nei muscoli drenati dalle vene trombizzate. La riduzione di
temperatura è invece indice del coinvolgimento arterioso.
- Rubor → deviazione del circolo venoso dal profondo al superficiale.
- Dolor → se spontaneo è gravativo, localizzato al polpaccio o alla coscia che si estende alla regione
inguinale e lombare. Un segno evocabile e quello di Homan: dolore provocato dalla compressione
del polpaccio. Il dolore viene evocato anche dalla flessione dorso-plantare del piede.
NB → nei pazienti con tumori maligni (in particolare adenocarcinomi) si verifica il fenomeno delle
tromboflebiti migranti (segno di Trousseau) poiche le neoplasie solide maligne possono secernere fattori di
ipercoagulabilita.
Particolare segno di accompagnamento e la phelegmasia alba dolens → arto bianco latteo con edema che
mantiene la fovea e polsi arteriosi deboli con temperatura ridotta. È indice di edemi importanti che inficiano
la circolazione arteriosa.
Oggi, per la diagnostica, il principale strumento è l’ETG-CUS (ecografia a compressione seriata): spingendo
le pareti venose queste dovrebbero collabire, invece, se c’è il trombo non collabiscono.
Altri esami sono la flebografia e l’angio-RMN.
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Un elemento di diagnosi differenziale con l’AOP è la claudicatio venosa: nell’AOP c’è la claudicatio
arteriosa (durante il movimento), invece qui c’è quella venosa dovuta all’accumulo di sangue agli arti
inferiori, infatti, se ci muoviamo il dolore diminuisce poiche si mettono in moto i circuiti del ritorno venoso.
Si avrà anche un aumento del D-Dimero in caso di trombosi che, tuttavia, è molto sensibile ma poco
specifico → se negativo esclude la trombosi ma, se positivo, non la conferma.
Come terapia si usa il bendaggio dell’arto per fare una fibrinolisi meccanica; eventuale associazione con
terapia anticoagulante.
EZIOPATOGENESI
Negli USA ci sono 500-600 mila casi l’anno con β0-200mila decessi. In Italia vi sono 45mila casi circa e
10 mila decessi.
Ciò significa che è una condizione molto difficile da diagnosticare clinicamente. Il gold standard della
diagnosi è l’autopsia, tuttavia, anche questa puo disconoscere questa situazione: β5- 30% delle autopsie di
routine individuano questo fenomeno, ma se viene fatta un’autopsia mirata la probabilita sale al 40-60%.
FATTORI DI RISCHIO
Il 49% delle TEP è dovuto a politraumi, il 12,5% ad interventi chirurgici e la rimanente percentuale a
contraccettivi orali, puerperio, anabolizzanti ecc....
I fattori predisponenti sono:
- Alto rischio → fratture, interventi ortopedici, interventi di altra natura (splenectomia, nefrectomia,
resezione intestinale), insulto al midollo spinale.
- Rischio moderato → chemioterapia, artroscopia, terapia ormonale, contraccettivi orali,
anabolizzanti, gravidanza (piu frequente nel post-parto), trombofilia (congenita o acquisita),
fibrillazione atriale.
- Rischio minimo → allettamento per piu di 3 giorni, viaggi lunghi in posizione statica, obesita,
varicosita.
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TIPOLOGIA DEGLI EMBOLI
- Embolia da TVP (se TEP e TVP sono associate si parla di malattia tromboembolica venosa)
- Embolia settici
- Embolia gassoso
- Embolia midollare (fratture ossee con esposizione del midollo)
- Emboli minerali (talco dei tossicodipendenti)
Come conseguenze del blocco vascolare polmonare avremo un aumento della pressione del microcircolo
(>25mmHg), che normalmente non è superiore ai 15 mmHg. L’aumento pressorio insulta il ventricolo destro
(pompa di volume e non di pressione) che puo scompensare.
Lo scompenso del cuore destro si riflette con bassa perfusione polmonare, con basso ritorno a livello
cardiaco nella porzione sinistra, quindi una bassa gittata cardiaca, bassa perfusione coronarica (miocardica).
Il sovraccarico di lavoro del Ventricolo dx richiede piu ossigeno e, dato che le coronarie vengono poco
perfuse, si avra una ischemia con diminuzione della contrattilita: ridotta gittata e ulteriore riduzione della
perfusione polmonare, aumento del precarico del Ventricolo sx e lo scompenso diventa anche sinistro.
A differenza del classico infarto con trombo delle coronarie, quando c’è un ipoperfusione globale del cuore,
c’è un territorio vulnerabile (tallone di Achille), che è il territorio miocardico sub endocardico.
Quindi non si realizza una necrosi regionale ma diffusa ai territori subendocardici che determina una
ipocontrattilita del ventricolo.
SINTOMATOLOGIA
- Dispnea, che pero è sintomo di altre malattie (malattie cardiovascolari, broncopolmonite)
- Dolore puntorio al petto (fa pensare all’infarto)
- Emottisi
- Sincope
SEGNI
- Tachipnea
- Tachicardia
- Febbre
- Cianosi
- Ipossiemia
- ECG tipico (sovraccarico ventricolare destro con onda P poco visibile con andamento a punta in
presenza di tachicardia)
Quando si sospetta la trombo embolia polmonare, bisogna subito classificare soggetti ad alto rischio e a
basso rischio. Ovviamente il paziente piu ad alto rischio sara chi si è presentato con shock o ipotensione.
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TROMBOEMBOLIA POLMONARE CRONICA
La TEP cronica è una trombo-embolia dei vasi di piccolo calibro e non dara mai la sintomatologia di una
TEP acuta da occlusione dei vasi extrapolmonari di grande calibro. Solo all’ultimo, quando il polmone è
impallinato in maniera bilaterale, allora la patologia si fa risentire, attraverso un incremento della pressione
del piccolo circolo.
Anatomia patologica
Se muore un soggetto con un cuore polmonare cronico da ipertensione polmonare, vediamo che gran parte
dei vasi arteriosi precapillari sono occupati da trombi organizzati (trombi fibrotici). Il fatto che siano
organizzati riflette il fatto che c’è stato il tempo affinche il tromboembolo arrivasse in periferia, si
agganciasse al vaso, rendesse l’endotelio disfunzionante, i fibroblasti uscissero dal connettivo
sottoendoteliale e cominciasse la collagenizzazione. Si puo notare una cicatrice a colapasta poiche c’è stato
una neoangiogenesi (tentativo di rivascolarizzazione) che bypassa l’ostruzione, ma è un tentativo non del
tutto efficace. Si vedono infarti polmonari multipli.
Se il soggetto si presenta al clinico con una ipertensione polmonare severa, possiamo distinguerla in 3 tipi:
- Pre-capillare → coinvolgimento del setto interalveolare. La causa principale è la TEP.
- Capillare → associata a malattie polmonari (BPCO, PID etc)
- Post-capillare → stenosi aortica, cardiopatia ipertensiva miodilatativa ipertrofica, insufficienza
mitralica, pericardite costrittiva che aggancia le vene polmonari.
La TEP cronica spesso esordisce con un quadro di ipertensione polmonare (sara la biopsia a dire quale sara
l’eziologia). Quando c’è l’impallinamento dei vasi polmonari periferici e l’ipertensione diventa elevata fino
al valore di ipertensione maligna, allora il paziente ha i sintomi.
Terapia
L’unica terapia nella TEP cronica è il trapianto del polmone e deve essere fatto per evitare anche quello
cardiaco.
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Anatomia patologica della TEP
I tromboemboli, visualizzabili come “salsicciotti”, si vedono di colore grigiastro, asciutti, friabili. Con
polmoni isolati e coricati da un lato, sembrano apparire delle strutture simili ai funghi, che sono proprio i
tromboemboli a cavaliere. Altra cosa che si vede, in una apertura del polmone a libro, a fettine, sono le
arterie precapillari impallinate da tromboemboli periferici.
C’è una disseminazione periferica, man mano che il trombo va via via impallinando il letto vascolare
periferico, la pressione maggiore si ha nell’ilo polmonare, gli ultimi arrivati si posizioneranno a cavaliere.
A livello cardiaco si vede un ventricolo destro dominante rispetto al sinistro che diventa quasi un’appendice
rispetto al Ventricolo dx.
Le derivazioni V1, V2, V3 e V4 pescano sul ventricolo destro, esprimono la dilatazione.
Sulla faccia anteriore del cuore, dove c’è l’infundibolo polmonare, si puo osservare un bernoccolo che risulta
essere un aneurisma.
Il punto piu debole del ventricolo destro è proprio l’infundibolo polmonare e, a seguito di una ipertensione
enorme, si puo formare un aneurisma.
Gli aneurismi dell’infundibolo polmonare visibili all’eco bidimensionale aiutano a capire che c’è
un’ipertensione polmonare sospetta.
All’eco si puo anche vedere un setto rettilineo (normalmente convesso verso destra), ventricolo sinistro
schiacciato con problemi di rilasciamento. La TEP provoca un sovraccarico al ventricolo dx, la dilatazione
del ventricolo dx che puo essere distrettuale, puo colpire prima l’infundibolo, e poi anche altre zone.
I muscoli papillari seguono l’andamento della parete del ventricolo destro, quindi la valvola tricuspide,
quando va in chiusura, ha i lembi che non collabiscono bene, e quindi vi è l’insufficienza.
In condizioni normali, lo spessore della fibra miocardica arriva a 13-15 micron mentre il globulo rosso è 7
micron.
In caso di TEP sembra che ci sia un mismatch, cioè che il globulo rosso sia piu spesso della fibra. Le fibre
miocardiche sono stirate perche c’è il sovraccarico, il cuore non puo contrarsi, c’è un blocco meccanico (c’è
la depolarizzazione, ma c’è una dissociazione elettromeccanica), il carico improvviso al ventricolo destro fa
stirare il ventricolo dx, soprattutto l’infundibolo, e avviene lo “splitting”, cioe la dissociazione delle fibre
miocardiche tra di loro che conferisce questo aspetto di fibre assottigliate.
Andando avanti col sovraccarico, compare la lesione ischemica. Entro 20 minuti si ha la miofibrillolisi a
bande contratturali (ci sono zone che si rilasciano e zone che rimangono contratte).
L’infarto tipico (necrosi coagulativa) compare nell’arco di 6-8h di ischemia, ammesso che il soggetto resti in
vita.
La tromboembolia periferica è coeva al tromboembolo a cavaliere.
Girando il polmone si vedono, inoltre, piccoli tromboemboli recenti, poco appoggiati alla parete, sono trombi
albero-occlusivi e non c’è nessuna reazione della parete. Altri reperti che si possono vedere, sono dei
tromboemboli con reazioni di parete, ovvero, dalla parete comincia a crescere un palmo di granulazioni scure,
cioe cominciano a uscire dall’endotelio danneggiato i fibroblasti.
Dall’endotelio parte un polipetto (fibroblasti) che vanno ad agganciare a poco a poco il connettivo
danneggiato. Questo è un tentativo di riorganizzare, quindi si, vi è un trombo di fibrina, ma c’è una iniziale
riorganizzazione.
C’è sempre una discrepanza: il trombo occlusivo è un trombo in fase acuta, perche si è formato il trombo ed
è morto il paziente.
In periferia, i trombi possono essere acuti, ma spesso sono in fase subacuta, o in fase di tipo cronico.
Il sangue è come se si fosse canalizzato (fibrosi), quindi c’è stata una organizzazione parziale del trombo, e
c’è un tentativo di canalizzazione, di bypassare il tessuto.
Se siamo stati bravi a sospettare la TEP dai primi sintomi, accorgendoci di questi microemboli che stanno
riempiendo la periferia, somministriamo il fibrinolitico, che è il risolutore anche di questi microemboli.
Infarto polmonare → Un soggetto che ha TEP dei vasi periferici intraparenchimali (cronica) può sviluppare
infarto polmonare. Il reperto che ci fa capire dell’infarto è l’ispessimento pleurico.
La lesione tipica è la necrosi coagulativa ischemica. La zona infartuale, cicatriziale, ci fa capire che il
processo è avvenuto 3-4-5 giorni prima dell’evento mortale. Quindi abbiamo prova che la TEP massiva è
preceduta dalla presenza di microemboli precapillari.
Se noi sospettiamo la malattia, guardando la storia clinica, le indagini ecografiche, l’ecocardiogramma,
possiamo iniziare la terapia e il paziente guarisce.
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La morte improvvisa è una morte di tipo meccanico, cioè il tromboembolo massivo impedisce la
progressione ematica dal ventricolo dx al circolo polmonare. Se la situazione non si conclude in maniera
rapida, c’è la possibilita di vedere lesioni ischemiche al ventricolo dx.
Diagnosi
Ai fini diagnostici si usa l’angio-TC del distretto polmonare, EGC (ipossia-ipocapnia), ecocardiogramma ed
ECG (quadro S1Q3T3, onda S importante in I derivazione, Q profonda in III e T negativa in III).
Importanti sono le alterazioni alla RX: ingrandimento ventricolo destro, amputazione arteria ilare (viene
occlusa e appare mozzata), innalzamento dell’emidiaframma destro, oligoemia (ci sono zone radiopache),
gobba di Hampton (opacita da infarto polmonare), versamento pleurico ed edema interstiziale.
Importante, inoltre, e la valutazione del D-Dimero, frammento di degradazione della fibrina: se positivo è
molto sensibile ma poco specifico, ovvero, se < 0,5g/dl esclude l’embolia ma un valore positivo non la
diagnostica. Come abbiamo detto prima, importante è l’ecografia che ci mostra le anomalie al ventricolo
destro.
Terapia
Nei pazienti a rischio si deve fare prevenzione. Per la prevenzione si usano calze elastiche (TVP) e misure
farmacologiche (warfarin, aspirina, eparina).
La TEP acuta si tratta con anticoagulanti: eparina infusa per 7-15 giorni. Si puo anche fare la fibrinolisi
(streptochinasi e urochinasi) seguiti da eparina.
Nei casi di recidive e quando non si possono usare ACO, si usano i filtri cavali che impediscono il passaggio
di trombi, tuttavia, i fenomeni trombotici agli arti inferiori rimangono.
La tromboendoarteriectomia e la sternotomia si effettuano in caso di embolia massiva.
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CUORE
CENNI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA CARDIACA
Il cuore è situato nella cavità toracica, fra i polmoni, in uno spazio detto mediastino anteriore; è adagiato sul
diaframma che lo separa dai visceri addominali ed è protetto anteriormente dallo sterno e dalle cartilagini
costali che gli fanno da scudo. Ha la forma di un cono capovolto alto circa 12 cm e il suo peso, in un
individuo adulto, è di circa 200-350 grammi (0,4 - 0,5 % peso corporeo) a seconda dell’habitus corporeo.
La superficie del cuore appare liscia e lucente perché un sottile involucro, il pericardio, che ha uno spessore
pari a β0 μm, aderisce esternamente a tutte le sue parti piane e a tutte le sue insenature.
Asportando questa delicata membrana appare la sottostante tonaca, il miocardio, che è la più spessa fra le tre
che compongono la parete cardiaca poiché misura, secondo le zone, da 0,5 a 1,5 cm.
Composto da sistemi di fibre muscolari aventi direzioni diverse, il miocardio ha uno spessore molto
maggiore nel ventricolo rispetto agli atri (parete libera del ventricolo dx = 0,3-0,5 cm / parete libera
ventricolo sx = 1,3 -1,5 cm).
La terza tonaca, che riveste interamente la cavità del cuore aderendo in ogni suo punto alla superficie interna
del miocardio, è l’endocardio, il quale ha la funzione di favorire lo scorrimento della corrente sanguigna,
impedendo ogni eventuale attrito che potrebbe essere causa di formazione di un coagulo sanguigno.
Internamente è composto da 4 camere cardiache, 2 atri (dx e sx, che ricevono sangue rispettivamente dalle
vene cave e dalle vene polmonari) superiormente e 2 ventricoli (dx e sx) inferiormente, separati
rispettavemente dal setto interatriale e dal setto interventricolare; le camere superiori e inferiori invece sono
separate da delle valvole, che sono:
1. Tricuspide → collega l’atrio dx col ventricolo dx
2. Mitralica (bicuspide) → collega atrio sx con ventricolo sx
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A loro volta i ventricoli possiedono altre 2 valvole (semilunari) che le collegano alla grande circolazione e
alla piccola circolazione:
1. Aortica → collega ventricolo sx col circolo sistemico
2. Polmonare → collega il ventricolo dx con il circolo polmonare
Valvole Cardiache
Lo scopo delle 4 valvole cardiache è quello di mantenere il flusso ematico unidirezionale ed impedire il
flusso retrogrado. Per adempiere a questo ruolo è necessaria l’integrità strutturale dei lembi delle valvole
atriventricolari e delle cuspidi delle valvole semilunari.
Queste valvole anatomicamente sono rivestite di endotelio condividono una simile architettura, in quanto
costituite da:
- nucleo denso di collagene (fibrosa) sulla superficie da efflusso
- Nucleo centrale di tessuto connettivo (spongiosa)
- Nucleo ricco di elastina (ventricularis o atrialis) sulla superficie di afflusso.
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Sistole e rilassamento: effetto sulle valvole
I principali tipi di cellule nelle valvole cardiache sono le cellule interstiziali valvolari (VICs) e le cellule
endocardiche valvolari (VECs).
Si ritiene che le VICs siano responsabili del mantenimento della struttura valvolare, e hanno la capacità di
sintetizzare la matrice extracellulare e produrre sostanze per degradare la stessa: sono cellule che possono
modificare i loro fenotipi per adattarsi ai vari stress emodinamici che le valvole possono subire.
Sono stati identificati tre distinti fenotipi di VICs:
- Fibroblasti = sono caratterizzati da importanti organuli sintetici e secretori e si pensa che siano
importanti nelle regolazione della matrice, poichè sintetizzano collagene, elastina, proteoglicani,
fibronectina, fattori di crescita, citochine così come metalloproteinasi della matrice (MMPS) e i loro
inibitori tissutali. Nella ventricolare/atriale.
- Miofibroblasti = sono caratterizzati da importanti fibre di stress associate con l’espressione di alfa
actina del muscolo liscio. Nella fibrosa.
- Cellule muscolari lisce (SMC) di tipo fetale = sono in grado di contrarsi per mantenere una limitata
forza valvolare intrinseca e sostenere le pressioni emodinamiche. Nella fibrosa.
La spongiosa è in generale lo strato più povero di cellule.
Le VECs invece formano un rivestimento funzionale attorno a ogni lembo di valvola cardiaca e
presumibilmente agiscono per mantenere una superficie valvolare non trombogenica in analogia all’endotelio
vascolare.
Queste valvole sono abbastanza sottili da essere nutrite per diffusione dal sangue, infatti sono presenti pochi
vasi sanguigni, limitati per lo più alle porzioni prossimali delle valvole stesse.
Il cuore è un muscolo che sta all’interno di due circuiti, il grande circolo e il piccolo circolo (quello sistemico
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e quello polmonare).
La funzione di questo organo è quella di garantire l’apporto di ossigeno sufficiente ai bisogni metabolici
dell’organismo (quindi per permettere i processi di ossido-riduzione dei vari substrati energetici, quali lipidi,
glicogeno e lipidi, che portano poi alla formazione e liberazione di ATP) e funziona proprio come una
pompa estremamente efficiente, distribuendo oltre 6.000 litri di sangue al giorno e battendo 30-40 milioni di
volte all’anno (proprio per questo l’alterazione di un qualsiasi elemento del cuore può portare a conseguenze
drammatiche per l’organismo).
La sua attività infatti è rappresentata dal ciclo cardiaco, formato da un momento di contrazione e uno di
rilasciamento, che si ripetono costantemente e ritmicamente nel tempo nelle situazioni normali.
Il momento di contrazione è quello che determina un’escursione del sangue verso i due sistemi:
- dal ventricolo dx verso il piccolo circolo
- dal ventricolo sx verso il grande circolo
La gittata sistolica (il sangue espulso ad ogni contrazione) è circa 70mL (il 60% del volume totale), e
moltiplicando la frequenza per la gittata si ottiene invece la gittata cardiaca (circa 4-5 L/min).
Il momento di diastole è invece quella che permette il riempimento dei ventricoli.
FOCUS ON....Potenziale Cellule Cardiache
Il potenziale a riposo delle fibre miocardiche è di circa -90 mV: le singole fibre sono separate le une
dalle altre da membrane, ma la depolarizzazione si propaga attraverso di esse come se formassero un
sincizio, per la presenza di giunzioni comunicanti.
Il potenziale d’azione delle singole cellule muscolari del cuore, derivato mediante un elettrodo
intracellulare, è caratterizzato da una rapida depolarizzazione, da un plateau e da un processo di
ripolarizzazione lento.
La depolarizzazione iniziale è dovuta ad un flusso verso l’interno di Na+ attraverso canali per il Na+ a
rapida apertura. L’entrata di Ca2+ attraverso canali per il Ca2+ a più lenta apertura produce la fase di
plateau; la ripolarizzazione è dovuta all’efflusso di K+ attraverso differenti tipi di canale per il K+.
La funzione di pompa del cuore è assolta mediante la contrazione coordinata e il rilassamento dei miociti
cardiaci (il miocardio quindi).
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I miociti del ventricolo di sx sono disposti circonferenzialmente in un orientamento a spirale per permettere
la creazione di un’onda di contrazione coordinata che si espande dall’apice alla base del cuore; nel ventricolo
dx invece l’organizzazione è meno strutturata.
Come in tutti i muscoli, la contrattilità del miocardio è assicurata dai fasci di miofibrille che si trovano lungo
l’asse maggiore della cellula. Queste miofibrille sono costituite da una serie di sarcomeri (la più piccola unità
contrattile del miocardio), costituiti a loro volta da due proteine filamentose, l’actina e la miosina, disposte
parallelamente all’asse maggiore.
Tra le due proteine si formano ponti costituiti da siti che contengono una ATPasi , che durante la contrazione
scinde l’ATP e fornisce l’energia per permettere la formazione e il disfacimento di questi ponti, consentendo
lo scorrimento dei filamenti di actina su quelli di miosina.
La lunghezza ottimale del sarcomero è 2 - 2,4 μm poiché al di sotto di questo valore i filamenti di actina
tendono a sovrapporsi, mentre al di sopra di questi valori tendono ad allontanarsi dal centro del sarcomero.
Dunque la moderata dilatazione del ventricolo durante la diastole determina un’aumento della lunghezza
del sarcomero che rimane comunque in un range ottimale di azione (serve per aumentare la forza di
contrazione), ma se la dilatazione è eccessiva si perde la forza di contrazione a causa dell’allontanamento
eccessivo dei filamenti di actina e miosina.
Durante la diastole la formazione di ponti tra actina e miosina è inibita dalla presenza di due proteine, la
troponina e la tropomiosina, inibite dal calcio durante la fase di diastole.
Infatti durante la fase di plateu del potenziale d’azione, l’ingresso di ioni calcio all’interno della cellula
provoca la liberazione di calcio (indotta dal calcio stesso) dal reticolo sarcoplasmatico. Questi ioni
diffondono poi verso le miofibrille, inibendo la troponina e la tropomiosina.
Successivamente il calcio viene ri-captato all’interno del reticolo sarcoplasmatico o espulso dalla cellula
tramite varie pompe ioniche ATP-dipendenti.
Un ciclo cardiaco è costituito da tutti quei fenomeni che vanno dall’inizio di un battito all’inizio del battito
successivo e può essere suddiviso in due fasi: diastole e sistole.
Le varie parti del cuore battono normalmente in ordinata sequenza: prima si contraggono gli atri (sistole
atriale) e poi i ventricoli (sistole ventricolare); durante la diastole tutte e quattro le camere cardiache sono
rilasciate.
Il battito cardiaco origina in un sistema di conduzione cardiaco specializzato, attraverso il quale diffonde in
tutte le parti del miocardio. Le strutture che costituiscono il sistema di conduzione cardiaco sono:
- il nodo seno atriale (nodo SA)
- le vie atriali internodali
- il nodo atrioventricolare (nodo AV)
- il fascio di His e le sue branche
- il sistema di Purkinje.
Le varie parti del sistema di conduzione (come anche, in condizioni anormali, le altre regioni del miocardio)
sono capaci di scarica spontanea. Tuttavia, il nodo SA scarica normalmente a frequenza più alta, e la sua
depolarizzazione si propaga alle altre regioni prima che queste lo facciano a loro volta..
Pertanto, il nodo SA è il normale avviatore, detto anche pacemaker cardiaco, e la sua frequenza di scarica
determina la frequenza alla quale il cuore pulsa. La depolarizzazione, iniziata nel nodo SA, si propaga
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rapidamente attraverso gli atri, convergendo quindi sul nodo AV. La depolarizzazione atriale si completa in
0.1 secondi.
Poiché la conduzione del nodo AV è lenta, vi è un ritardo di circa 0.1 sec (ritardo nodale AV) prima che
l’eccitamento si propaghi ai ventricoli. Questo ritardo è abbreviato dalla stimolazione del simpatico cardiaco
e allungato dalla stimolazione vagale.
Dalla sommità del setto interventricolare, l’onda di depolarizzazione si propaga rapidamente lungo le fibre di
Purkinje in tutte le regioni dei ventricoli, in 0.08-0.1 sec.
Nell’uomo, la depolarizzazione del miocardio ventricolare inizia nel lato sinistro del setto interventricolare, e
procede dapprima verso destra, attraverso la parte centrale del setto; procede quindi lungo il setto fino
all’apice del cuore, e risale lungo le pareti ventricolari fino al solco AV, propagandosi dalla superficie
endocardica a quella epicardica.
Le ultime parti ad essere invase sono la regione postero basale del ventricolo sinistro, il cono polmonare e la
parte più alta del setto.
Sistema di conduzione
L’ordinato processo di depolarizzazione appena descritto provoca un’onda di contrazione che si propaga per
il miocardio.
La contrazione produce una sequenza di variazioni della pressione e del flusso nelle cavità cardiache e nei
vasi sanguigni.
Durante la diastole, i ventricoli si trovano nello stato di riposo dopo essersi contratti. Le valvole semilunari,
che dividono il ventricolo destro dall’arteria polmonare e il ventricolo sinistro dall’aorta, si sono appena
richiuse e le valvole atrio-ventricolari non hanno ancora cominciato ad aprirsi. Sia i ventricoli sia gli atri si
trovano in uno stato di rilassamento. In questo momento il sangue, che arriva al cuore, entra negli atri.
Man mano che gli atri si riempiono si crea una differenza di pressione tra questi e i ventricoli ancora vuoti .
Le valvole atrio-ventricolari allora, cedendo alla pressione della massa sanguigna contenuta negli atri, si
aprono e il sangue passa nei ventricoli che in poco tempo si riempiono quasi completamente. A questo punto
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gli atri si contraggono (sistole atriale) e spingono il sangue nei ventricoli. La contrazione della muscolatura
atriale che circonda le vene cave e le vene polmonari al loro sbocco negli atri, ne restringe gli orifizi e,
d’altra parte, l’inerzia del sangue in movimento tende a mantenere il sangue stesso nel cuore; tuttavia,
durante la sistole atriale vi è un certo rigurgito di sangue nelle vene. Immediatamente anche i ventricoli
entrano nella loro fase di contrazione.
All’inizio della sistole ventricolare la pressione esistente nei ventricoli supera quella esistente negli atri, le
valvole atrio-ventricolari si chiudono perché le loro cuspidi sono spinte verso l’alto dalla pressione della
massa sanguigna contenuta nei ventricoli. La muscolatura ventricolare inizialmente si accorcia relativamente
poco, ma la pressione intraventricolare aumenta bruscamente mentre il miocardio comprime il sangue
contenuto nei ventricoli. Questo periodo di contrazione ventricolare isovolumetrica dura circa 0.05 sec, fino
a quando la pressione nei ventricoli sinistro e destro supera la pressione nell’aorta (80 mmHg) e nell’arteria
polmonare (10 mmHg) e le valvole aortica e polmonare si aprono.
Durante la contrazione isovolumetrica le valvole AV fanno ventre negli atri provocando un piccolo ma netto
aumento di pressione. Quando le valvole aortica e polmonare si aprono, inizia la fase di eiezione ventricolare.
L’eiezione è dapprima rapida, ma rallenta poi col progredire della sistole. La pressione intraventricolare sale
al massimo e comincia a discendere prima della fine della sistole.
La pressione massima è di circa 120 mmHg, nel ventricolo sinistro e di 25 mmHg, o meno, nel ventricolo
destro.
Nella fase tardiva della sistole la pressione aortica in realtà supera quella ventricolare, ma per un breve
periodo la quantità di moto acquisita dal sangue fa sì che questo continui ad effluire. Le valvole AV vengono
tirate verso il basso dalla contrazione del miocardio ventricolare e la pressione atriale scende.
Ciascuno dei due ventricoli espelle nella sistole 70-90 ml in condizioni di riposo. Il volume di sangue
ventricolare telediastolico è di circa 130 ml. Il volume di sangue pompato dai ventricoli in una singola
contrazione è chiamato stroke volume: la sua diminuzione è uno dei primi segnali di allarme per
l’insufficienza cardiaca. Lo stroke volume moltiplicato per la frequenza cardiaca, misurabile in battiti per
minuto (bpm), dà l’output cardiaco, il volume di sangue pompato dal cuore in un minuto.
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CELLULE STAMINALI CARDIACHE
Il miocardio delle specie animali più complesse (uomo compreso) è considerato come una popolazione
cellulare permanente priva di potenziale replicativo(mentre nei metazoi, come il pesce farfalla si hanno
fenomeni di rigenerazione cardiaca!).
Tuttavia numerosi studi col tempo stanno dimostrando come vi siano delle cellule precursori presenti sia nel
midollo osseo, sia all’interno del miocardio che possono fungere da cellule staminali in grado di ripopolare il
cuore dei mammiferi, dando la possibilità di dare origine a tutte le linee cellulari osservate all’interno del
miocardio.
Queste cellule rappresentano il 5-10% del totale a livello atriale, e 1/100.000 a livello ventricolare.
Si è visto che queste cellule hanno un potenziale replicativo decrescente con l’età e che il cuore umano
adulto sostituisce solitamente l’1% della sua popolazione cellulare complessiva ogni anno.
Queste scoperte sono importanti ovviamente per il futuro delle patologie cardiache più frequenti, come
l’infarto miocardico o lesioni miocardiche stesse.
Alcune alterazioni che si hanno a livello miocardico sono: l’aumento del grasso epicardico e l’accumulo dei
detriti del catabolismo cellulare e dello stress ossidativo che si accumulano sotto forma di lipofuscina
intracellulare.
Si assiste pure ad una degenerazione basofila, con formazione di un sottoprodotto grigio-blu del metabolismo
del glicogeno all’interno dei miociti.
Dal punto di vista strutturale si assiste a:
- Camere = incremento delle dimensione dell’atrio sx con riduzione del ventricolo sx, con il setto
interventricolare che assume forma sigmoidale.
- Valvole = si ha calcificazione dell’anulus mitralico e della valvola aortica (associata spesso a stenosi
aortica). Inoltre le valvole possono presentare un ispessimento fibroso e i lembi mitralici tendono a
curvarsi all’indietro verso l’atrio sx simulando un prolasso della valvola mitralica durante la sistole
ventricolare (degenerazione mixomatosa).
- Aorta = perde flessibilità a causa della frammentazione e della perdita di tessuto elastico e per
l’aumento dei depositi di collagene. Si ha pure la formazione di placche aterosclerotiche e uno
spostamento a dx dell’arco cardiaco.
- Coronarie epicardiche = si hanno depositi calcifici e placche aterosclerotiche.
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FISIOPATOLOGIA CARDIACA
La disfunzione cardiovascolare può essere attribuita a sei meccanismi principali:
Insufficienza di pompa = quando il miocardio si contrae debolmente durante la sistole e la gittata
cardiaca risulta insufficiente. Può accadere pure durante la diastole, quando il miocardio non si
rilassa abbastanza da consentire un adeguato riempimento ventricolare.
Ostruzione al flusso = si assiste in questo caso ad un aumento della pressione camerale (ad esempio
in corso di stenosi aortica, lesioni aterosclerotiche, ipertensione sistemica, ecc....).
Reflusso = quando una parte della gittata di ogni contrazione refluisce all’indietro nella camera
precedente (conseguenza per lo più di insufficienza valvolare) con carico di lavoro volumentrico per
le camere precedenti (atri o ventricoli).
Deviazione del flusso = quando il sangue passa da una parte del cuore all’altra (problemi congeniti o
acquisiti).
Disturbo di Conduzione cardiaca = difetti di conduzione o aritmie che conducono a contrazioni
miocardiche disomogenee e inefficienti (possono essere letali).
Rottura del cuore o di un vaso principale = si verifica un dissanguamento letale nelle cavità
corporee o all’esterno del corpo.
A tutti questi meccanismi si aggiungono fattori genetici o ambientali che possono peggiorare e aggravare la
situazione patologica venutasi a creare (anche la genetica è importante in quanto la regolazione di alcuni geni
può influenzare la risposta del tessuto miocardico ad alcuni tipi di lesioni).
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SCOMPENSO CARDIACO CONGESTIZIO
L’insufficienza cardiaca congestizia (ICC o Scompenso Cardiaco) rappresenta l’evoluzione di un gran
numero di patologie che colpiscono il cuore (è l’esito finale di oltre il 50% delle patologie cardiache) e
rappresenta una patologia progressiva con prognosi negativa che ogni anno colpisce milioni di persone (in
Europa il 2-3% della popolazione, 15 milioni di persone).
L’incidenza aumenta con l’età e raddoppia ad ogni decennio di vita: questo porta a pensare che nell’arco
degli anni, con l’aumento della vita media) l’incidenza di questa patologia è destinata ad aumentare.
E’ una condizione fisiopatologica nella quale il cuore è incapace di garantire ai tessuti un apporto di
ossigeno sufficiente ai loro bisogni metabolici, oppure riesce a garantire questo apporto di ossigeno ma a
spese di uno sforzo maggiore.
CLASSIFICAZIONE E CAUSE
L’insufficienza cardiaca è una patologia che ha una condizione pre-clinica ed una clinica, ed è possibile con
una terapia adeguata o un altrettanto adeguato controllo dei fattori di rischio, ridurre l’incidenza e la
progressione della patologia stessa.
Proprio per questo l’AHA/ACC proposto una classificazione dello scompenso in 4 stadi ponendo l’accento
sulla progressione naturale della malattia stessa:
A. Pazienti senza cardiopatia ma con alto rischio di sviluppare la patologia
B. Pazienti con patologia cardiaca strutturale ma senza sintomi di scompenso
C. Pazienti con patologia cardiaca strutturale e sintomi di scompenso
D. Pazienti con grave scompenso cardiaco che necessitano di interventi altamente specializzati
Le cause che possono portare ad insufficienza cardiache sono molteplici, le principali sono:
- Cardiopatia ischemica = coinvolge prevalentemente la contrattilità cardiaca.
- Valvulopatie = coinvolgono il pre- o il post-carico.
- Ipertensione Arteriosa = coinvolge il post-carico.
Altre cause possono essere alterazioni strutturali e funzionali del miocardio su base non ischemica , e
raramente la causa può essere addirittura un sovraccarico di volume dovuto ad ipertiroidismo.
Spesso comunque i pazienti con insufficienza cardiaca sono ben compensati grazie ai meccanismi endogeni
di compenso (visti dopo) ma l’equilibrio raggiunto può essere alterato da altri fattori, con la conseguenza che
si ha un aggravamento del quadro clinico (spesso tuttavia sono reversibili e quindi è fondamentale indivuarli).
Alcuni di questi sono:
- Stress fisico, psichico, alimentare, ambientale = caldo, freddo, eccesso di sale nella dieta, ecc….
- Ipertensione = aumento del lavoro cardiaco
- Aritmie = sia tachiaritmie (si riduce la diastole), sia bradiaritmie (aumenta la gittata), ma in entrambi
i casi si può avere dissociazione tra attività atriale e ventricolare.
- Infezioni sistemiche = spesso danno tachicardia e inoltre alcune citochine prodotte hanno attività
deprimente la contrattilità.
- Aumento della portata cardiaca =per esempio la gravidanza.
- Malattie renali = ridotta escrezione di sodio ritenzione idrica
- Embolia Polmonare = aumento della pressione sul circolo polmonare
- Riduzione della terapia = spesso è un’autoriduzione.
- Assunzione di farmaci controindicati
- Nuove patologie cardiache
MECCANISMI DI ADATTAMENTO
Nonostante la noxa patogena che ha alterato il pre-carico, il post-carico o la contrattilità, l’organismo è in
grado di garantire una normale capacità di esercizio attraverso vari meccanismi di adattamento che a seconda
della gravità dello scompenso è in grado di garantire vari tipi di attività:
1. Scompenso di grado lieve = si garantisce un adeguato flusso ematico in qualunque condizione
2. Scompenso di grado moderato = si garantisce un buon flusso ematico a riposo, ma non sotto sforzo
3. Scompenso di grado severo = non si garantisce un buon flusso in nessuna condizione.
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I meccanismi principali di compenso sono:
1. Meccanismo di Starling
2. Adattamenti Neuroendocrini
3. Ipertrofia miocardica e rimodellamento ventricolare (adattamento anatomico)
MECCANISMO DI STARLING
Questo meccanismo serve a garantire un adattamento rapido della funzione cardiaca in relazione ad una
variazione del precarico.
ADATTAMENTI NEUROENDOCRINI
Questi meccanismi attivati dalla riduzione della gittata cardiaca consentono anche di ottenere un compenso
rapido della funzione cardiaca.
Questi sistemi sono:
Attivazione del sistema adrenergico = l’attivazione è mediata dai riflessi nervosi che partono dalle
strutture barocettoriali e chemocettoriali. Si ha dunque un aumento della frequenza e dalla
contrattilità cardiaca, nonché una vasocostrizione arteriolare nei distretti piu sacrificabili
dell’organismo a favorire il flusso verso gli organi vitali (che hanno una regolazione autonoma delle
resistenze vascolari).
Sistema RAA = la diminuizione del flusso renale porta ad una serie di eventi che favoriscono la
ritenzione di acqua e sodio. La renina trasforma l’angiotensinogeno in angiotensina I, convertita poi
dall’enzima ACE in angiotensina II → ritenzione di sodio e acqua accompagnati da vasocostrizione
arteriolare. Anche l’aldosterone ha lo stesso effetto, e il tutto è finalizzato ad aumentare il volume
ematico per aumentare il ritorno venoso e ripristinare un’adeguata portata cardiaca. Aumenta anche
la fibrosi cardiaca.
Liberazione di arginino-vasopressina = induce vasocostrizione e ritenzione idrica.
Sostanze vasocostrittrici prodotte in vari distretti valvolari
Produzione di citochine = avviene nelle fasi finali dello scompenso cardiaco, e si producono alcune
citochine, tra cui il TNF (che porta al quadro di cachessia).
Peptidi natriuretici = sostanze vasoattive prodotte dalle pareti degli atri (ANP) e dei ventricoli
(BNP) in risposta a uno stiramento delle loro pareti. Infatti sono delle sostanze che servono a
bilanciare l’eccessiva vasocostrizione e ritenzione di sodio e acqua dovuta ai meccanismi di
regolazione. Tendono dunque a ridurre il volume ematico, tramite il loro effetto natriuretico,
diuretico e vasodilatatorio.
Prostaglandine = prodotte a livello renale, contrastano in parte gli effetti dell’angiotensina
sull’albero vascolare.
Un altro meccanismo di compenso attuato dall’organismo è quello di aumentare l’estrazione di
ossigeno dal sangue arterioso, determinando una riduzione della saturazione di O2 nel sangue
venoso misto (dal 70% al 55%).
Tutti questi meccanismi inizialmente hanno un effetto positivo, ma a lungo termine possono diventare
controproducenti e anzi peggiorano la condizione del paziente.
L’aumento delle resistenze vascolari infatti col tempo comporta un aggravio di lavoro per il cuore,
comportando una riduzione della portata cardiaca che a sua determina un’ulteriore aumento della
vasocostrizione per distribuire il flusso insufficiente. (per questo si utilizzano in terapia ACE-i e Sartani).
Anche la ritenzione di sodio e acqua può avere alcune conseguenze negative, infatti l’espansione del volume
ematico, se eccessivo (secondo la legge di Starling), comporta una riduzione della gittata stessa. Per questo
motivo si usano i Diuretici e i Vasodilatatori Venosi quando aumenta troppo il volume ematico e aumenta
anche il rischio di trasudazione interstiziale (e di formazione di edemi, anche polmonari).
Anche l’attivazione del sistema nervoso simpatico può essere controproducente alla lunga e ciò è dovuto
alla down regulation dei recettori β-adrenergici, che è un meccanismo di autoprotezione per preservare le
cellule miocardiche dall’apoptosi e dall’aritmogenicità (e quindi evitare che si instauri fibrosi).
Tuttavia questa down-regulation rischia di rendere inefficace il meccanismo di compenso. Proprio per
questo in terapia si usano pure i β-Bloccanti, per ripristinare una certa sensibilità alle catecolamine.
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ADATTAMENTI ANATOMICI
Un ulteriore meccanismo di compenso, stavolta cronico, atto a migliorare l’efficienza contrattile è l’ipertrofia
miocardica (approfondita nel paragrafo successivo).
IPERTROFIA MIOCARDICA
Il prolungato aumento del lavoro meccanico a causa del sovraccarico di pressione, di volume o di segnale
trofici (adattamenti neuroendocrini per esempio) causa un aumento delle dimensioni dei miociti (ipertrofia)
che determina un aumento delle dimensioni e del peso del cuore.
Lo stimolo iniziale è probabilmente dato dall’aumento dello sforzo di parete che porta ad attivazione di vari
canali ionici sensibili alle variazioni → poi un secondo messaggero agisce sul nucleo e si ha l’attivazione di
alcuni geni che normalmente sono silenti.
Si ha così una crescita quantitativa della cellula (aumento del numero di fibrille, sarcomeri e mitocondri),
dovuto soprattutto all’attivazione dei proto-oncogeni c-fos e c-myc (ma anche Jun ed EGR1), e una
variazione qualitativa delle proteine sintetizzate, dovuta alla sintesi di isoforme alternative delle proteine (ad
esempio aumenta la forma fetale di miosina, che è più lenta a contrarsi ma da un minor consumo di energia a
parità di lavoro).
Le cellule avranno dunque un aumento della sintesi proteica, un aumento della quantità di mitocondri
e nuclei ingranditi, attribuibili ad un aumento della ploidia (replicazione del DNA in assenza di
divisione cellulare).
Cellule miocardiche normali (sx) comparate
con cellule miocardiche ipertrofiche (dx): si
può notare a dx l’aumento delle dimensioni
cellulari e nucleari dei miociti ipertrofici.
Tuttavia questa ipertrofia è accompagnata pure da un certo grado di fibrosi, poiché si ha anche
un’iperattivazione dei fibroblasti (a cui si deve aggiungere, ad esempio, la fibrosi dovuta ad infarto
miocardio se è questa la causa dell’insufficienza cardiaca).
Ipertrofia concentrica ed eccentrica.
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Le variazioni geometriche del ventricolo che va incontro a ipertrofia sono diverse a seconda di quale sia il
tipo di sovraccarico a cui il cuore è sottoposto, infatti possiamo avere (immagine sopra) :
Ipertrofia concentrica = si ha quando il ventricolo è sottoposto ad un sovraccarico pressorio
(quindi da post-carico). Si ha una disposizione delle lamelle in parallelo e dunque un
ispessimento delle pareti senza variazione dei volumi ventricolari.
Ipertrofia eccentrica = si ha quando il ventricolo è sottoposto ad un sovraccarico di volume
(quindi da pre-carico alterato). Si ha così una disposizione in serie delle fibre muscolari e una
dilatazione della camera ventricolare per poter fronteggiare il maggior riempimento diastolico.
Questi meccanismi nel breve possono dare un vantaggio al paziente, ma alla lunga si hanno effetti
negativi importanti, tra cui anche una maggiore possibilità di eventi ischemici del miocardio, causati dal
maggior lavoro cardiaco e dall’insufficiente sviluppo del microcircolo coronarico (non si ha così un adeguato
apporto di ossigeno).
Oltre a questa ipertrofia patologica esiste anche un’ipertrofia indotta da un regolare e intenso esercizio fisico,
che porta, a seconda del tipo di esercizio, a vari effetti:
- esercizio fisico aerobico = ipertrogia da carico di volume che può accompagnarsi anche ad un
aumento della densità dei capillari, riduzione della frequenza cardiaca a riposo e della pressione
arteriosa (ipertrofia fisiologica)
- Esercizio fisico statico = è invece associato ad ipertrofia da carico pressorio e più probabilmente si
correla ad alterazioni patologice.
L’insufficienza cardiaca è un processo evolutivo più o meno rapido a seconda della noxa patogena e
soprattutto della persistenza della stessa, che seguirà varie tappe fino a raggiungere uno stato di insufficienza
severa, con sintomi eclatanti e manifesti.
Il parametro per misurare l’entità e la severità dell’insufficienza è soprattutto la frazione di eiezione:
- Normale 60-65% - sforzo fisico 70-80%
- Disfunzione medio-moderata 45%
- Disfunzione grave 30%
- Disfunzione severa 20%
- Incompatibilità con la vita 10%
Quando si raggiungono le fasi C e D dello scompenso compaiono i segni dell’aumento della pressione
venosa a monte (quindi l’uscita di acqua verso l’interstizio con formazione di edemi interstiziali – che nel
caso più grave colpisce gli alveoli) e dell’ipoperfusione a valle del cuore insufficiente (che può dare ipossia
periferica e colpire organi importanti come il rene o il fegato).
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CLINICA
I sintomi principali di insufficienza cardiaca sono la dispnea, la fatica muscolare e l’edema, ma anche molti
altri organi possono essere colpiti.
Dal punto di vista respiratorio il più importante è la dispnea (+ cianosi), che consiste in una sensazione di
fatica a respirare associata ad una fame d’aria. E’ una conseguenza della congestione polmonare, la quale
provoca edema interstiziale riducendo la distendibilità dei polmoni e l’ossigenazione del sangue (si ha anche
cianosi).
Nei casi meno gravi di scompenso, questa appare durante gli sforzi, ma nei casi gia avanzati di insufficienza
cardiaca il paziente ha la necessità di avere la mantenere la posizione eretta per respirare bene (ortopnea).
La congestione polmonare si ha perché normalmente i gradienti pressori che governano il flusso dal
Ventricolo dx a quello sx sono: 35mmHg ventricolo dx, arteria polmonare 25-30 mmHg, meta-arteriole 10
mmHg, vene polmonari 8mmHg. Durante lo scompenso la pressione polmonare invece raddoppia e ciò
determina un rallentamento della circolazione a livello del piccolo circolo → congestione polmonare.
I sintomi relativi all’attività muscolare sono legati all’ipoperfusione dei muscoli, e si identificano nella
comparsa di astenia durante attività fisica di intensità variabile a seconda del grado di avanzamento della
patologia.
L’edema (più un segno che un sintomo) consiste nell’imbibizione degli spazi interstiziali di liquido ed è
dovuto agli alterati livelli pressori a livello delle meta-arteriole e che rallentano il drenaggio del liquido,
rallentano il ritorno venoso e favorendo così il passaggio di liquido dagli spazi vascolari a quelli interstiziali.
L’edema si manifesta inizialmente nelle parti declivi del corpo (piedi e caviglie) ed è simmetrico e nei casi
meno gravi compare di giorno per riassorbirsi durante la notte. Nei casi più gravi l’edema può diventare
generalizzato (anasarca) e interessare altri organi, dando così ascite, edema polmonare o alveolare, oppure
interessare i genitali.
A livello renale si possono avere alterazioni della normale diuresi, che nei casi meno gravi risulta ridotta
solo di giorno e non di notte, ma, nei casi gravi, può esserci anche oliguria (<500-600mL/24h) .
A livello cerebrale i sintomi sono rari grazie all’autoregolazione del flusso ematico, ma nei casi gravi si può
avere perdita di memoria, insonnia, ansietà, difficoltà di concentrazione.
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SCOMPENSO CARDIACO DESTRO E SINISTRO
Il sistema cardiovascolare è un circuito chiuso, per cui lo scompenso cardiaco dx e sx possono verificarsi
indipendentemente ma lo scompenso di uno dei due lati può provocare uno sforzo eccessivo nell’altro,
causando uno scompenso cardiaco globale.
Gli effetti clinici e morfologici dello scompenso cardiaco sinistro sono una conseguenza della congestione
(ritorno venoso nella circolazione polmonare), della stasi del sangue nelle camere cardiache di sinistra e della
perfusione insufficiente dei tessuti a valle con conseguente disfunzione d’organo. In particolare si avrà:
Stasi ed edema polmonare a monte
Diminuzione della perfusione tissutale a valle
Diminuzione della gittata
Accumulo di sangue telediastolico, e rigurgito di sangue nell’atrio alla sistole. Questo porta a
dilatazione atriale con possibilità di accumulo di trombi e fibrillazione
Dispnea, ortopnea, dispnea parossistica notturna si susseguono nel polmone, fino al quadro della
marea montante e all’edema polmonare acuto
Nel rene c’è ipoperfusione ed attivazione del sistema renina angiotensina, con tutte le conseguenze
sulla volemia che non fanno altro che aggravare la situazione di un miocardio già compromesso. Se
la perfusione renale è ridotta troppo, si può avere una iperazotemia, definita prerenale.
Nell’encefalo ci può essere ipossia con perdita della coscienza, irritabilità, perdita della capacità di
attenzione e coma.
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Lo scompenso sinistro si può dividere in:
- Sistolico → caratterizzato da un’insufficiente frazione di eiezione (insufficienza di pompa).
Data per lo più da patologie che alterano la funzione contrattile del miocardio.
- Diastolico → il ventricolo è troppo rigido e non si rilassa durante la diastole, compromettendo
l’aumento della gittata quando aumentano le richieste metaboliche (a riposo la situazione è più
o meno mantenuta nei limiti della normalità). Dovuto a malattie infettive o a fibrosi miocardica.
Dal punto di vista morfologico si ha (interessati principalmente gli organi direttamente triburari del circolo
venoso delle cave):
- A livello del cuore, nella forma acuta si osserva essenzialmente uno sfiancamento di cuore,
mentre in quella cronica c’è il tempo per cui si possa realizzare un compenso ipertrofico. In
questo caso la protrusione del setto interventricolare a sinistra può causare alterazioni di quel
ventricolo e della morfologia del cuore.
- Nel fegato la stasi venosa interessa prevalentemente la vena centrolobulare: gli epatociti più
vicini ad essa sono perciò compressi e vanno incontro a steatosi. Questo aspetto di iperemia
centrale con alone di necrosi grassa introno da un immagine finemente granulata detta fegato a
noce moscata. Quando le aree centrali tendono a diventare del tutto necrotiche, vengono
sostituite da tessuto fibroso. Si forma allora il quadro della cirrosi cardiaca (o sclerosi
cardiaca).
- La ipertensione portale può provocare splenomegalia congestizia, con peso della milza fra 300
e 500 grammi (di solito però alla fine l’organo tende ad atrofizzarsi).
- Si può anche avere ascite ed edema delle pareti intestinali con diminuzione delle capacità di
riassorbimento.
- A carico del rene si ha una congestione più marcata che nello scompenso di cuore sinistro, e
quindi una ritenzione di liquidi più intensa e azotemia pronunciata.
- Nel polmone e nel pericardio possono esserci versamenti anche intensi. Nella pleura si arriva
anche ad 1L e questo può produrre atelettasia nel polmone corrispondente.
- Nei tessuti sottocutanei si possono trovare anche stati anasarcatici che sono indice di uno
scompenso di lunga durata.
- Colpito anche il cervello a causa dell’azotemia alta e dell’ipossia del SNC.
TERAPIA
La terapia dello scompenso cardiaco prevede l’utilizzo di vari farmaci, con l’obiettivo di migliorare i sintomi
e migliorare la prognosi (cosa che non tutti i farmaci fanno).
Misure Generali = innanzitutto il paziente deve seguire uno stile di vita che eviti un lavoro cardiaco
eccessivo. L’attività fisica può essere fatta ma solo se controllata, infatti si è visto come abbia un
effetto positivo, poiché migliora i sintomi e la tollerabilità allo sforzo. Da evitare sono pure stress
emotivi, alte temperature, eccessi alimentari ed evitare l’assunzione di sale (per evitare un aumento
della ritenzione idrica).
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ACE-Inibitori (captopril,enalapril)= riducono la mortalità e migliorano i sintomi dello scompenso.
Sono gli inibitori dell’enzima che converte l’angiontensina I in angiotensina II. Il loro ruolo positivo
si esplica attraverso un effetto vasodilatatore a livello periferico, consentendo un migliore
svuotamento ventricolare (per riduzione del post-carico) e dunque una riduzione del volume sistolico
residuo (riduzione del pre-carico).
Inoltre vengono ridotti gli effetti dell’angiotensina II a livello cardiaco, ovvero l’ipertrofia e la
successiva apoptosi e fibrosi.
Sartanici (Losartan) = sono dei farmaci che antagonizzano i recettori per l’angiotensina AT-1.
Si evita con questi farmaci la comparsa di tosse.
β-bloccanti (carvedilolo, atenololo)= inizialmente erano farmaci controindicati, tuttavia si è visto in
seguito che portano ad un miglioramento dei sintomi e della prognosi. Hanno molteplici effetti sullo
scompenso cardiaco: 1. contrastano l’attività simpatica, riducendo la frequenza cardiaca e quindi le
richieste energetiche del cuore e il consumo di ossigeno dello stesso. 2. hanno un effetto che riduce
la down-regulation dovuta all’eccessivo tono simpatico, migliorando così la risposta del cuore stesso
agli stimoli simpatici. Bisogna comunque stare attenti nell’utilizzo di questi farmaci poiché possono
comunque portare nelle fasi iniziali ad una depressione della funzione ventricolare eccessiva ed asma
bronchiale (ridotta con l’utilizzo di antagonisti β-selettivi).
Nitrati (nitroglicerina e isosorbide dinitrato)= utilizzati soprattutto in acuto per via venosa hanno
un notevole effetto vasodilatatore venoso, inducendo una riduzione del ritorno venoso, e quindi del
precarico, nonchè del post-carico.
Diuretici (furosemide) = sono farmaci cardine nel trattamento dello scompenso cardiaco, mentre
non sembra migliorino la prognosi della patologia. Il loro effetto si esplica attraverso l’aumento
dell’eliminazione di sodio e acqua con le urine, determinando così una riduzione del volume ematico
circolante e di liquido interstiziale, riducendo così il precarico e la congestione venosa
Diuretici risparmiatori di potassio (spironolattone) = utilizzati soprattutto in associazione a
diuretici dell’ansa per evitare l’ipokaliemia e quindi l’insorgenza di aritmie. Per lo più si utilizzano
gli anti-aldosteronici.
Glicosidi digitalici =inibiscono la pompa sodio-potassio della membrana delle fibre miocardiche,
aumentando la disponibilità di calcio per la contrazione. Hanno dunque effetto isotropo positivo.
Anticoagulanti (Warfarin) = serve ad evitare la formazione di trombi.
Nel caso in cui la terapia non funziona su pazienti con scompenso cardiaco grave, si possono effettuare altri
due tipi di intervento:
1. Impianto di un pacemaker biventricolare, che sincronizza l’attività dei ventricoli con quella
atriale.
2. Trapianto cardiaco, che ha una buona efficacia e una buona sopravvivenza a 5 anni (60%).
Tuttavia vista la difficoltà a reperire donatori adatti, in attesa del trapianto può essere anche
impiantato un cuore artificiale che sostituisce temporaneamente la funzione di pompa del
cuore.
3. Un’altra soluzione in caso di pazienti con grave riduzione della frazione di eiezione sistolica,
è l’impianto di ICD (defibrillatore cardiaco impiantabile) che riduce la morte improvvisa in
pazienti soggetti ad aritmie fatali.
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CARDIOPATIA ISCHEMICA (IHD)
INTRODUZIONE
La mortalità per malattie cardiache è attualmente al primo posto nei Paesi occidentali, anche se dal 1970 per
la migliore prevenzione applicata non è aumentata e si è stabilizzata attorno al 40% e le cause più frequenti,
in ordine, sono:
1. Cardiopatia ischemica
2. Cardiopatia ipertensiva sistemica e polmonare
3. Malattie valvolari
4. Cardiopatie congenite
5. Miocardiopatie
6. Pericarditi
7. Collagenopatie che interessano il cuore
La cardiopatia ischemica (IHD, Ischemic Heart Disease) consiste in un insieme di condizioni patologiche
collegate nel complesso ad una situazione in cui si verifica uno squilibrio fra l’apporto di sangue al tessuto
cardiaco e le sue richieste funzionali.
Tale scompenso produce sia ipossia, sia un insufficiente apporto di sostanze nutritive e la scarsa rimozione
dei prodotti del metabolismo.
L’ipossia pura (ad esempio nell’anemizzazione) in cui è conservata la funzione di trasporto di sostanze è
molto meno dannosa dell’ischemia completa.
È la cardiopatia con maggiore incidenza e prevalenza nei paesi sviluppati. L’incidenza è di circa 120.000
nuovi casi all’anno solo in Italia, dove è responsabile del 35% delle morti per malattie CV (che sono il 45%
del totale).
EZIOLOGIA
Nel 90% dei casi l’ischemia è di natura coronarico-ostruttiva, anche se il cuore può temporaneamente
soffrire la carenza di sangue in condizioni normali sotto sforzo.
Il restante 10% delle cause di ischemia cardiaca sono:
- Embolia (soprattutto da fibrillazione atriale sx, ma è comune solo nell’insufficienza aortica)
- Stenosi degli osti coronarici
- Impianto anomalo degli osti coronari (dalla polmonare)
- Aneurisma dissecante delle coronarie (evento peripartum)
- Sifilide
- Traumatismo
- Arteriti
RICHIAMO VASI CARDIACI...
Poiché il cuore è sottoposto ad una sollecitazione continua di contrazione e rilasciamento necessità di
un
apporto di ossigeno costante per poter garantire la contrazione (a differenza di altri organi che hanno
cicli di attività e riposo).
Questo continuo apporto di ossigeno è garantito dalla circolazione coronarica, composta da due
arterie che
nascono dall’aorta subito dopo la sua origine (appena sopra della valvola aortica, più):
- Arteria Coronaria Destra = origina dal seno aortico dx. Dopo la sua origine va in basso
davanti al solco atrioventricolare, circonda il margine acuto e termina alla crux cordis
irrorando : atrio destro, parte del ventricolo destro, parte posteriore del setto e la parte
infero-basale del ventricolo destro.
- Arteria Coronaria Sinistra = origina dal seno aortico sx. Dopo l’origine e un breve tratto
chiamato tronco comune si divide in 2 rami:
1. Arteria discendente anteriore (interventricolare anteriore) = irrora tutta la parte
anteriore del cuore, del setto e la punta.
2. Arteria circonflessa = irrora la porzione postero-laterale e infero laterale del
ventricolo sinistro, nonché atrio sinistro.
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I vasi coronarici si dividono dal punto di vista funzionale in due compartimenti principali:
Vasi di conduttanza : comprendono i grossi vasi epicardici. Questi vasi non
offrono particolare resistenza al flusso coronarico
Vasi di resistenza : comprendono le pre-arteriole e le arteriole (quindi i vasi
intramiocardici che penetrano all’interno del muscolo cardiaco e hanno una
diffusione molto capillarizzata). Questi vasi hanno un calibro più piccolo
rispetto ai vasi di conduttanza, e infatti determinano una caduta di pressione
di perfusione lungo il loro decorso (sono dei vasi che a seconda dei casi
possono dilatarsi o meno, determinando un processo di autoregolazione del
flusso coronarico per mantenerlo costante).
Ciò che determina il flusso di sangue all’interno di atri e ventricoli durante il ciclo cardiaco è un
sistema dovuto ai gradienti pressori che si determinano all’interno delle camere cardiache.
PATOGENESI
Come detto la causa predominante delle sindromi dell’IHD è la ridotta perfusione coronarica rispetto alle
richieste miocardiche, dovuta nella maggior parte dei casi al restringimento aterosclerotico cronico e
progressivo delle arterie coronarie epicardiche e alle (possibili) modificazioni acute della placca, ovvero
trombosi e vasospasmo.
Il rischio di un individuo di sviluppare una CI dipende dal numero, dalla distribuzione e dal grado di stenosi
che le placche atermatose producono; la gravità delle conseguenze sono legate invece al grado, alla durata e
alla velocità della stenosi.
Una lesione arteriosclerotica stabile delle coronarie non si manifesta fino a quando non occlude almeno il
50% del lume del vaso. A questo stadio, la manifestazione che si osserva in genere per prima è l’angina
stabile, il cui dolore retrosternale tipico si avverte dopo il superamento di una precisa soglia di sforzo,
quando cioè la richiesta del flusso è maggiore delle possibilità del vaso parzialmente compromesso, mentre
le altre tre manifestazioni cliniche acute (angina instabile, IMA, morte cardiaca improvvisa) sono invece
legate alle complicanze acute che possono riguardare la placca stessa.
Le arteriole derivanti dalle coronarie hanno una buona capacità di adattamento a flussi diversi da quello
abituale, in quanto il miocardio lavora costantemente ad un regime di estrazione di ossigeno vicino al
massimo ( e quindi è necessario aumentare il flusso per fornire più ossigeno al cuore).
Questo è un vantaggio che deve però fare i conti con la condizione del circolo che è terminale. In effetti
l’unica speranza di una coronaria con una lesione è che essa progredisca verso una stenosi lentamente, in
modo da poter attivare i circoli collaterali di riserva.
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basali. In genere sono coinvolti i tratti iniziali dei tre rami coronarici maggiori (subepicardici), nel raggio di 2
cm dall’origine.
Poiché in genere la CI si verifica per la complicazione di questi quadri, e non deriva dall’alterazione stabile,
non c’è una correlazione stretta fra le condizioni delle lesioni in questione e la prognosi della malattia
ischemica che si verifica.
E’ difficile stabilire se ci sono dei fattori che determinano l’evoluzione della placca, ma sembrano importanti
sia eventi estrinseci che intrinseci, come ad esempio:
1. Orario : il picco degli eventi infartuali avviene fra le 6 e le 12 a.m., in corrispondenza dell’aumento
della pressione e quindi dell’attività piastrinica
2. Forti stimoli emotivi : riconducibili alla vasocostrizione adrenergica che ne segue.
3. Caratteristiche intrinseche della placca : come natura eccentrica, con un nucleo ampiamente
colliquato, sottointimale, ricoperto da un sottile strato fibroso.
4. Localizzazione : le lesioni intervengono generalmente alla giunzione fra la placca e la parete normale,
dove lo strato fibroso è sottoposto al massimo stress meccanico.
5. Quantità di lipidi : le lesioni che tendono a complicarsi sono purtroppo quelle ricche in lipidi che
possono più facilmente fissurarsi. Queste lesioni sono di regola asintomatiche e non stenotiche, e
per ciò si può ragionevolmente affermare che un discreto numero di soggetti asintomatici è a rischio
di infarto. Infatti oltre ad essere molli e fissurabili, queste lesioni sono sottoposte ad uno stress
meccanico da flusso maggiore di quelle stenotiche, e non ostruendo il vaso non stimolano la
produzione a monte di circoli collaterali.
6. L’ischemia miocardica ripetuta non letale risulta sicuramente protettiva per un meccanismo non
ancora noto che prende il nome di precondizionamento, e che non si verifica nelle lesioni
asintomatiche.
CONSEGUENZE
La cardiopatia ischemica si presenta in diverse forme (ed è data quindi da tre elementi: aterosclerosi, circolo
coronarico e fenomeno trombotico):
Angina pectoris: caratterizzata dallo squilibrio transitorio tra domanda e apporto metabolico al
miocardio, in quanto è dovuta ad una stenosi delle coronarie (che può essere più o meno critica),
che porta all’ischemia. L’ischemia è una condizione dunque reversibile: da una condizione di
ischemia si torna ad una condizione normale.
Infarto miocardico acuto (IMA): è un danno anatomico permanente. L’infarto miocardico
acuto consegue ad un’ischemia miocardica protratta, che porta a danno cellulare irreversibile e
necrosi miocardica. È dovuta ad una occlusione delle coronarie. Infatti, da un punto di vista
anatomo-patologico la differenza tra angina pectoris (stenosi ischemia) e infarto del
miocardio (occlusione necrosi) è l’entità del danno coronarico.
Scompenso cardiaco congestizio: molto frequentemente è una complicanza dell’infarto acuto
o pregresso del miocardio.
Aritmie: alcune volte possono essere l’unico segno di una cardiopatia ischemica.
Arresto cardiaco primario: con morte improvvisa. Non può essere previsto, a meno che il
paziente non abbia aritmie o scompenso cardiaco o infarto del miocardio o angina pectoris.
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ANGINA PECTORIS
Sindrome caratterizzata da dolore tipico, retrosternale e costrittivo, provocata dal verificarsi di sofferenza
ischemica del miocardio in genere non completa e comunque mai sufficiente a provocare la morte (necrosi)
delle cellule, della durata variabile fra i 15 secondi e i 15 minuti.
La patogenesi di queste transitorie riduzioni di flusso è variabile, ed è legata essenzialmente a trombosi della
placca, aumento di richiesta funzionale del miocardio, ridotta perfusione, placche stenosanti stabili,
vasospasmo, embolizzazione ed aggregazione piastrinica.
Gli episodi si manifestano a livelli di sforzo e con modalità variabili nei vari pazienti, e si è ormai accertato
che la presenza di ischemia non è sempre rilevabile dal paziente.
Il dolore probabilmente è la conseguenza della liberazione (indotta dall’ischemia) di adenosina, bradichinina
e altre molecole che stimolano i nervi afferenti simpatici e il vago.
I modelli di angina pectoris sono 3, a seconda della patogenesi e della modalità di presentazione del disturbo:
Angina stabile: Il cuore è sottoposto ad una lesione stenosante stabile, che permette una funzione
cardiaca basale, ma provoca sofferenza ischemica ogni volta che la richiesta metabolica aumenta
sopra ad un livello in genere ben preciso, che il paziente conosce ed “evita”. La condizione che
scatena l’angina può essere uno sforzo, il freddo, uno stress emotivo.
In genere regredisce spontaneamente in seguito al riposo, o all’uso di NO (potente vasodilatatore che
esplica la sua azione non tanto sulle coronarie, già dilatate, ma sui vasi periferici, diminuendo il
lavoro cardiaco) o di Calcio-antagonisti.
Angina di Prinzmetal: rara forma di angina prodotta dal vasospasmo arteriolare, non correlata ad
attività fisica o a stress emozionale, che risponde prontamente ai vasodilatatori (può essere presente
una placca aterosclerotica, ma il problema non è legato a questa).
Angina instabile: Indicativa di una lesione che va complicandosi, questa forma di angina insorge a
riposo, in maniera parossistica, o con una soglia di attività fisica che va progressivamente
diminuendo e una durata superiore ai 20 minuti.
È causata nella maggior parte dei pazienti dalla rottura di una placca aterosclerotica con sovrapposta
trombosi parziale ed embolizzazione o vasospasmo. Non è infrequente il verificarsi di microinfarti,
in quanto la durata dell’occlusione è maggiore (> 20 min) e vi saranno conseguenze miocardiche.
INFARTO MIOCARDICO
È la morte del muscolo cardiaco causata da un’ischemia grave e prolungata
EPIDEMIOLOGIA
Un infarto miocardico può verificarsi in qualsiasi fascia di età, tant’è che circa il 10% insorge in pazienti di
età < 40aa, e il 45% in pazienti con meno di 65aa. Ovviamente la frequenza aumenta con l’aumentare
dell’età ed sono importanti anche una componente genetica e comportamentale che possono interagire con
l’aterosclerosi.
Solitamente le donne in età fertile sono protette dai livelli elevati di estrogeni, però dopo la menopausa il loro
rischio raggiunge il livello del sesso maschile.
PATOGENESI
La sequenza degli avvenimenti che causano la maggior parte degli infarti è la seguente (causate da
aterosclerosi):
1) Una placca aterosclerotica subisce un’alterazione acuta
2) Questa causa l’esposizione al collagene subendoteliale e al contenuto della placca necrotica, che
inducono adesione e attivazione piastrinica con formazione di microtrombi
3) I mediatori liberati dalle piastrine stimolano vasospasmo
4) Il fattore tissutale attiva la via della coagulazione con aumento della massa trombotica
5) Il trombo si espande e occlude il vaso
Quando la patogenesi non è questa, l’occlusione può essere causata da vasospami (anche da farmaci e
droghe), emboli, vasculiti, ecc...
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L’ostruzione arteriosa coronarica (quando è causata dalla placca aterosclerotica si parla di Placca Colpevole)
riduce il flusso ematico in una regione miocardica (la necrosi miocardica è infatti una necrosi regionale) che
causa ischemia, disfunzione miocardica rapida e infine morte dei miocardiociti.
La regione anatomica che è irrorata da quest’arteria colpita è detta “area a rischio”, e l’esito dell’ischemia
dipende dalla gravità e dalla durata della perdita di flusso ematico (l’area a rischio corrisponde ad un’area più
o meno triangolare).
(Le alterazioni meccaniche e metaboliche sono trattate successivamente...)
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La conoscenza delle aree di miocardio perfuse dalle principali arterie coronarie permette di capire quale area
sarà colpita dall’infarto.
La distribuzione delle occlusioni in termini percentuali è più o meno questa:
- 40-50% = anteriore discendente
- 30-40% = coronaria di destra
- 15-20% = a. circonflessa
Il 98% degli infarti coivolge il ventricolo di sinistra o il setto (che funzionalmente viene considerato parte del
ventricolo sinistro) per 2 ragioni anatomico-funzionali:
1. il ventricolo sinistro nella faccia postero-inferiore è irrorato anche dalla coronaria di destra perciò
l’occlusione di questa ha ripercussioni anche sul ventricolo sinistro
2. il ventricolo sinistro ha maggiore fabbisogno energetico poiché compie maggiore lavoro
In realtà l’interessamento di questo ventricolo è solo in 1/3 dei casi isolato, e spesso avviene in concomitanza
con infarti atriali o con porzioni del destro, perché la distinzione di vascolarizzazione a destra e a sinistra non
è netta.
Complessivamente il 60% delle morti per cardiopatia ischemica sono dovute ad un infarto miocardico e alle
sue conseguenze (il resto è da imputarsi a quei casi di morte improvvisa o alle conseguenze a lungo termine
dell’infarto stesso).
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CLASSIFICAZIONE INFARTO MIOCARDICO
Esistono due tipi di infarti:
E’ importante capire che i due tipi di infarto possono avere anche la stessa patogenesi e che non sempre un
trombo o una complicazione di placca provoca un infarto a tutto spessore: infatti una trombosi di placca che
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si risolve rapidamente da sola o che viene trattata tempestivamente può provocare la morte delle cellule
sottoendocardiche più sensibili e risparmiare il resto della parete.
100 Substrati
80 energetici
60 utilizzati dal
40
20 Glucosio tessuto
0 Ac. Lattico miocardico
-20 Ac. Grassi in varie
-40 condizioni
-60
-80
Normale Ischemia Riperfusione
Come evidenziato dal grafico, il miocardio in condizioni normali usa preferenzialmente gli acidi grassi
(attraverso la β-ossidazione) e il glucosio, ed è in grado anche di utilizzare anche una piccola quantità di
acido lattico.
In corso di ischemia invece il metabolismo diventa anaerobio e il glucosio viene metabolizzato ad acido
lattico (rilasciato in circolo), con riduzione del pH intracellulare e delle riserve di ATP, compromettendo gli
scambi ionici e portando ad un aumento del calcio intracellulare. Questo aumento di ioni calcio deprime
ulteriormente la produzione di ATP a livello mitocondriale.
L’utilizzo di grandi quantità di glucosio nella riperfusione si spiega con la necessità da parte del miocardio di
avere a disposizioni in tempi brevi grandi quantità di ATP per ripristinare le condizioni di membrana, e si
ottiene questo attraverso la glicolisi anaerobia, che è più rapida del ciclo di Krebs.
E’ proprio la carenza di ATP infatti che è responsabile della maggior parte dei danni cellulari in corso di
ischemia. Infatti la carenza di ATP comporta:
- La diminuzione di attività delle pompe di membrana, con perdita di potassio e ingresso di sodio nei
miociti. Questo è alla base delle alterazioni del potenziale di membrana che provocano le anomalie
funzionali e le alterazioni ECG.
- La diminuzione del trasporto di calcio, con accumulo di calcio intracellulari. Questo attiva le chinasi
e provoca danneggiamento del sarcolemma, con rilascio di enzimi lisosomiali, che, favoriti dal pH
acido che si crea a causa del lattato, provocano la necrosi della cellula.
A peggiorare la situazione inoltre vi è anche la produzione di ROS, che tramite fenomeni di perossidazione
può danneggiare i costituenti di membrana cellulare. Se il danno dura meno di 20-30 min tutto sommato è
recuperabile e anzi può portare al “precondizionamento ischemico”, fenomeno con il quale il cuore si
rafforza, mentre se dura di più il danno è maggiore e irreversibile.
Questi effetti sono alla base della instabilità elettrica che si crea in corso di ischemia e che è responsabile
delle aritmie, la prima causa di morte dopo l’infarto del miocardio.
La riperfusione del tessuto ischemico non porta alla immediata risoluzione di queste alterazioni, ed è
necessario un certo periodo di tempo perché la funzionalità metabolica ed elettrica della zona colpita torni
alla normalità, a meno che abbia subito, come spesso succede, dei danni irreversibili.
Il cuore cerca di compensare la perdita di contrazione con la dilatazione per accogliere un normale RV e per
sfruttare la legge di Starling, ma questo compenso è molto poco efficace se si associa anche perdita di
compliance. Si ha quindi una diminuzione della frazione di eiezione e un aumento della pressione a
monte, con ipertensione polmonare
Nel corso di ischemia la carenza di ossigeno impedisce lo svolgimento dei processi ossidativi, e viene
utilizzato prevalentemente glucosio nella glicolisi anaerobia. Questo produce un sacco di lattato che viene
rilasciato in circolo.
Relazioni temporali
Le alterazioni descritte fino ad ora sono del tutto reversibili se si riperfonde il miocardio rapidamente.
È importante sia la riperfusione precoce nella prima ora dopo l’infarto, sia la riperfusione nelle 5-6 ore
successive, quando la vitalità dei miociti non è ancora completamente compromessa, e una parte dei danni
cellulari possono essere ancora recuperati.
Inoltre si deve tenere presente che la principale causa di morte precoce di un IMA è data dalle genesi di
una aritmia fatale, e che questa per manifestarsi non ha bisogno della morte dei miociti: le alterazioni della
genesi dell’impulso elettrico e della polarizzazione cellulare che si verificano nella prima ora dall’infarto
sono sufficienti a provocare il 50% delle aritmie fatali proprio in questo intervallo di tempo.
La necrosi inizia nella zona sottoendocardica, l’area più sensibile (eccetto una piccola striscia di qualche um
che viene perfusa direttamente dal sangue nel ventricolo), e si estende nelle ore successive a tutto il territorio
di distribuzione del ramo occluso (area di rischio). Il tipo di necrosi è oggetto di studi approfonditi:
Necrosi coagulativa: tipica dell’infarto miocardico, è la forma di necrosi più frequente e di
principale riscontro.
Degenerazione vacuolare: si accompagna alla necrosi coagulativa ma in modo
quantitativamente molto meno importante. Risulta essere reversibile e legata alla ischemia
severa anche in assenza di infarto, e si localizza infatti ai margini della zona necrotica
(border zone).
Apoptosi: in modo e con significato ancora non chiarito, alcune cellule vanno incontro ad
apoptosi appena inizia a manifestarsi ischemia. Gli interventi precoci con terapie che limitano il
processo apoptico potrebbe rivelarsi una nuova frontiera nella terapia dell’infarto.
Estensione dell’infarto
L’estensione del processo infartuale oltre l’area di rischio può dipendere da:
- Estensione retrograda di un trombo
- Vasospasmo prossimale
- Stimolazione dell’attività piastrinica
- Sequele delle modificazioni contrattili del cuore danneggiato e della sua perdita di funzione
ANATOMIA PATOLOGICA
E’ frequente riscontrare in un cuore più infarti, dovuti ad episodi distinti nel tempo, oppure nella stessa area
infartuata una distribuzione circolare delle lesioni nel tempo, per via dell’estensione di uno stesso processo
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ischemico-necrotico dal centro alla periferia.
In ogni caso, le aree danneggiate vanno incontro ad una serie di modificazioni che possono essere classificate
con un ordine temporale abbastanza netto, e che permettono quindi di analizzare con sufficiente sicurezza la
storia clinica del paziente.
Uno dei primi studi per valutare queste alterazioni è stato fatto da Jennings negli anni ’70: lui anestetizzava
dei cani, apriva il torace, clampava l’arteria circonflessa sx e poi la declampava ad intervalli di tempo
prestabiliti.
Notò così che dopo 3h la necrosi è a tutto spessore.
Le lesioni e gli aspetti morfologici della fase successiva di riparazione e di cicatrizzazione non sono diversi
da quelli che si verificano in altri organi sottoposti ad un danno ischemico.
Nel dettaglio si può trovare:
0 – 2 ore: macroscopicamente non è rilevabile nessuna alterazione, e i danni microscopici sono
rilevabile solo in microscopio elettronico (ME) come rigonfiamento delle miofibrille e dei
mitocondri. Questa fase corrisponde al danno cellulare reversibile, con deficit di ATP grave e
diminuita attività delle Na/K ATPasi di membrana, con conseguente ingresso di liquidi nella
cellula.
2 – 4 ore: come prima non si notano alterazioni cellulari se non al ME, dove sono visibili le
rotture del sarcolemma e delle membrane endocellulari. Questo deriva da un aggravamento
delle condizioni cellulari di deficit energetico e il danno cellulare a questo punto è irreversibile.
Si repertano inoltre fibrocellule ondulate, un reperto che è visibile a volte in MO: questa
immagine deriva dalla condizione di trazione a cui sono sottoposte durante la sistole le cellule
del miocardio danneggiato da parte di quello normalmente funzionante.
Le tecniche di immunoistochimica evidenziano la mancata colorazione della zona infartuata
con coloranti come la fucsina basica o il cloruro di trifeniltetrazolio.
4 – 12 ore: solo occasionalmente è visibile ad occhio nudo una sfumatura scura nell’area
danneggiata, mentre in microscopia ottica si vede un edema ed emorragia. Le cellule iniziano
ad andare incontro ad una diffusa necrosi coagulativa, che viene in questa fase evidenziata
solo con particolari tecniche di colorazione. Si possono poi identificare, ai margini della lesione
cellule in degenerazione vacuolare o miocitolisi. Questo reperto consiste in ampi spazi
all’interno delle cellule che contengono acqua. Si tratta di una alterazione reversibile che
riguarda i miociti in sofferenza ischemica ma non morti1.
1 – 3 giorni: inizia la necrosi coagulativa delle cellule in maniera massiccia. Questo stimola
una intensa reazione infiammatoria che porta un iniziale infiltrato di PMN. Il nucleo subisce
picnosi, e si osserva necrosi a bande di contrazione che consiste nella presenza di cellule
morte in contrazione e che quindi hanno perso il loro aspetto striato. Si vedono molti nuclei nel
vetrino in quanto il tessuto risulta infiltrato dai PMN. L’aspetto macroscopico del tessuto è
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scuro, anche perché in questa fase si ha di solito la riapertura del circolo a monte e quindi
l’infarcimento di sangue dell’area infartuata.
3 – 7 giorni: i macrofagi iniziano l’opera di ripulitura della lesione, e fagocitano le miofibrille
morte, i PMN e il sangue stravasato nella zona. L’area centrale è pallida o giallastra perché vi
sono all’interno cellule infiammatorie che rimuovono i detriti.
7 – 10 giorni: continuano le attività di rimozione del materiale necrotico, e infatti il centro
della lesione è sempre giallastro, ma meno spesso perché il materiale è stato in parte rimosso.
Ai margini comincia ad organizzarsi tessuto di granulazione, visibile come un bordo rosso
(iperemico) e rilevato
10 – 14 giorni: tessuto di granulazione evidente e che comincia a depositare collagene, che
forma quindi una prima cicatrice. La crescita di questa avviene dai margini, che risultano
quindi passare dal rosso (segno di tessuto di granulazione) al grigiastro (segno di deposizione
di collagene)
2 – 8 settimane: deposizione della cicatrice fino al suo completamento. Il colore bianco-grigio
avanza dai bordi al centro sostituendo il tessuto giallastro. Il processo è in genere completo
dopo 2 mesi. In queste fasi di riparazione l’aspetto istologico è caratterizzato da una grande
ricchezza in macrofagi, in vasi e in fibroblasti. Dopo 40 giorni il tessuto è completamente
guarito dal punto di vista funzionale e il soggetto può riprendere una vita normale.
TEMPO CARATTERISTISTICHE MICROSCOPIO OTTICO MICROSCOPIO
MACROSCOPICHE ELETTRONICO
DANNO REVERSIBILE
0 – 30 min Nessuna Nessuna Rilassamento delle
miofibrille, perdita di
glicogeno e
rigonfiamento
mitocondriale
DANNO IRREVERSIBILE
30 min – 4h Nessuna Nessuna se non fibre variamente Rottura del sarcolemma
ondulate ai bordi con addensamenti
mitocondriali anomali
4 – 12 h Marmorizzazione scura (a volte) Necrosi coagulativa iniziale,
edema ed emorragia
12 – 24 h Marmorizzazione scura Necrosi coagulativa ; picnosi
dei nuclei; ipereosinofilia
miocitaria; necrosi periferica con
bande di contrazione; infiltrato
neutrofilo iniziale
1–3d Marmorizzazione con area centrale Necrosi coagulativa con perdita
giallo-brunastra di nuclei e strie trasversali;
denso infiltrato interstiziale
neutrofilo
3–7d Bordi iperemici con rammollamento Iniziale disintegrazione delle
centrale giallo-bruno miofibre morte con neutrofili
morenti; fagocitosi macrofagica
delle cell. necrotiche ai bordi
dell’infarto
7 – 10 d Massima estensione area giallo–bruna Fagocitosi delle cellule morte in
e molle con bordi depressi (rosso- stadio avanzato; formazione del
bruni) tessuto di granulazione
fibrovascolare ai margini
10 – 14 d Bordi infartuali depressi e rosso- Tessuto di granulazione ben
grigiastri sviluppato con nuovi vasi e
deposizione di collagene
2 – 8 sett. Cicatrice grigio-biancastra, che Aumento della deposizione di
progredisce dalla periferia verso il collagene con riduzione della
centro dell’infarto cellularità
> 2 mesi Cicatrizzazione completa Cicatrice densa di collagene
Le alterazioni che incorrono nelle prime 12 ore sono molto poco visibili ad occhio nudo, ed infatti gli infarti
datati sotto le 12 ore sono raramente apprezzabili dal punto di vista macroscopico. Dopo le 12 ore, invece, su
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fissazioni di tessuto non colorate è possibile apprezzare ad occhio nudo la zona necrotica come un’area
pallida (12-24 ore) o rosso bluastra per il sangue intrappolato (2 – 3 giorni), e successivamente come
un’area pallida e giallastra, infiltrata di cellule infiammatorie (3 – 10 giorni).
Infine dopo almeno 10 giorni inizia a formarsi una cicatrice che inizialmente non si nota ad occhio nudo. In
questa fase è visibile solo una depressione dell’area infartuata, circondata però da margini iperemici
che sono tessuto di granulazione, e in seguito, dopo 2 – 8 settimane, diventa bianca o grigia.
La crescita della cicatrice in questi giorni procede dai bordi alla periferia, e si completa del tutto solo dopo 2
mesi.
Una metodica per riconoscere mrofologicamente un infarto miocardico nelle sue fasi iniziali (quando il
paziente muore poche ore dopo l’esordio dei sintomi, prima delle 12h) consiste nell’incubamento delle
sezioni di tessuto miocardico in una soluzione di Cloruro di Trifeniltetrazolio, una colorazione che dà un
colore rosso mattone al miocardio sano (dove l’attività della LDH è conservata), mentre le zona infartuate
appaiono pallide e non colorate.
Nella parte superiore di questo
preparato istologico vediamo tessuto
miocardico con fibrocellule
muscolari normali.
Nella parte inferiore, che è stata
colpita da infarto da 24 ore, vediamo
già avviata visibilmente la morte
cellulare miocardica: le cellule sono
completamente alterate nella loro
struttura e si nota la scomparsa dei
nuclei delle cellule stesse. Questi
nuclei stanno scomparendo.
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Il risultato dell'opera dei globuli
bianchi: dopo 7-10 giorni il
territorio è quasi completamente
ripulito dalle scorie.
Ma le cellule muscolari del cuore
non esistono più: notare la
differenza con una piccola parte in
alto a sinistra di tessuto miocardico
normale, perchè non colpito da
infarto.
Quindi nell’uomo non si ha una restitutio ad integrum (come avviene in alcuni tipi di pesce, come il pesce-
zebra o Danio Rerio), ma si ha la formazione di tessuto cicatriziale, si ha quindi una guarigione per difetto.
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ALTERAZIONI DOVUTE ALLA RIPERFUSIONE
Poiché le cellule cardiache non muoiono immediatamente nemmeno a seguito dell’ischemia più severa, una
ricanalizzazione precoce può avere effetti determinanti sulla funzione del miocardio residuo e in definitiva
sulla prognosi. Siccome però non tutte le cellule colpite da ischemia hanno gli stessi tempi di
danneggiamento, si possono avere quadri di beneficio molto diversi fra di loro a seconda del momento in cui
è stato fatto l’intervento precoce.
Infatti soltanto se si effettua una riperfusione dopo 15-20 minuti dall’occlusione del vaso si riesce a
salvare completamente tutte le cellule dalla necrosi, mentre successivamente si ha un salvataggio soltanto di
quelle cellule che sarebbero morte solo in seguito.
Inoltre la riperfusione tardiva si associa ad una serie di eventi non necessariamente vantaggiosi per il
paziente:
- Infarcimento emorragico: alcuni vasi colpiti dall’ischemia provocano stravaso ematico se viene
ripristinato il flusso
- Accelerazione della distruzione dei miociti danneggiati irreversibilmente: alcune cellule
miocardiche che muoiono in seguito all’ischemia possono presentare l’aspetto della necrosi a bande
di contrazione → Questa è dovuta alla contrazione delle fibrille interne alla cellula morta, che si
verifica quando la perfusione porta a contatto con esse ioni calcio plasmatici. Le membrane della
cellula infatti hanno perso la permeabilità selettiva e gli ioni sono liberi di entrare in contatto con le
fibrille, ma mentre l’accorciamento è un lavoro passivo, il rilasciamento è un processo attivo, per cui
serve ATP per strappare il calcio dai ponti actina-miosina sono cellule che si contraggono ma non
si rilasciano (una sorta di stato tetanico) e contraendosi alterano l’architettura del miocardio,
contribuendo a comprometterne la funzione residua. È una necrosi catecolaminica.
- Danno da riperfusione: per esposizione del tessuto a radicali liberi di O2 (ROS).
- Stordimento miocardico: persistenza, per alcuni giorni dopo il recupero funzionale dovuto ad una
riperfusione precoce, di alterazioni ed anomalie biochimiche e metaboliche (come ad esempio l’alto
consumo di glucosio).
Per tutti questi motivi alcuni autori tendono a pensare che la riperfusione tardiva sia comunque poco
utile perché i modesti benefici che provoca non giustificano i danni strutturali e molecolari che produce nel
miocardio.
81
specificità essendo presente quasi esclusivamente nel miocardio, cosa che invece non avviene per la CPK
(presente pure nel muscolo scheletrico e nel tessuto cerebrale).
La CPK non specifica si alza anche nell’iniezione intramuscolare di analgesici per controllare un dolore
cardiaco, cosa che spesso è fonte di errate diagnosi di infarto. Anche la CPK-MB comunque può elevarsi in
corso di cardioversione elettrica o di interventi sul cuore, dando un quadro falsato.
Un parametro importante è il rapporto fra le isoforme della CKMB: la forma 2 infatti è quella che viene
liberata dal miocardio, e viene trasformata nel plasma nella forma 1. Quindi il rapporto CKMB2:CKMB1
diviene altamente significativo di infarto quando è > 1,5.
Poichè torna a valori normali entro 72h, è un ottimo marker per valutare situazioni di re-infarto.
LDH: Più tardivamente compare in circolo la lattico deidrogenasi (LDH), che ha elevata sensibilità ma
scarsa specificità, tuttavia poichè perdura in circolo a lungo è utile per la diagnosi in pazienti che sono giunti
tardivamente all’osservazione clinica quando la CPK-MB è ormai tornata nella norma.
Troponina T ed I cardiache: la cTnT e la cTnI sono altamente specifiche, e possono essere usate con
efficacia con l’impiego di anticorpi monoclonali altamente specifici. In corso di infarto si osserva un
aumento di circa 20 volte rispetto ai livelli basali. Sono importanti soprattutto per due motivi: permetto di
differenziare un danno miocardico da uno muscolare con più sensibilità della CKMB, e permangono nel
siero più a lungo della LDH (10-14 giorni). Il picco viene raggiunto entro 12-48h per la cTnT ed entro 24h
per cTnI.
Markers precoci: la mioglobina e le CKMB, sebbene meno specifici delle troponine, hanno il vantaggio di
una notevole rapidità di comparsa, che quindi permette il follow-up del paziente con infarto miocardico e la
diagnosi di ricadute.
Esiste una correlazione diretta fra area sottesa dalla curva ed estensione del danno tissutale, mentre il picco
di concentrazione raggiunto non è correlabile all’estensione del danno. In particolare, la ricanalizzazione
dell’arteria, spontanea o iatrogena, è associata ad un picco più alto e precoce.
Reazione non specifica: in corso di infarto si mette in atto una reazione che è priva di specificità per
l’infarto miocardico, ma che è caratterizzata da:
- Leucocitosi PMN, che si manifesta poche ore dopo il dolore, permane per 3-7 giorni e spesso
raggiunge valori di 12000 – 15000
- Innalzamento VES più lento e più duraturo (2-3 settimane)
COMPLICANZE DELL’INFARTO
PRECOCI
Intervengono prima che si è avviato il processo riparativo.
Disfunzione ventricolare
Situazione che interviene fin da subito dopo un infarto, che provoca una progressiva modificazione di
dimensioni, morfologia e spessore della zona colpita e della zona vicina. Si ha una successione di eventi:
Dilatazione ventricolare secondaria all’espansione della zona infartuata : in quest’area le fibre
si sfaldano fra di loro e vengono a creare un assottigliamento della parete.
Allargamento della cavità con alterazioni emodinamiche
A seconda della zona di ventricolo colpita, la gravità di queste alterazioni è variabile. In genere se viene
colpito l’apice del ventricolo la probabilità di avere scompenso congestizio è alta. La terapia con diuretici
può ridurre queste complicazioni.
I segni di compromissione emodinamica compaiono quando il ventricolo è interessato oltre il 20%.
Oltre il 40% si arriva allo shock cardiogeno, con mortalità di 2/3 dei pazienti.
Aritmie
Sono dovute al fatto che l’ischemia determina:
- il verificarsi di un metabolismo di tipo anaerobio con acidosi e conseguente aumento del potassio
extracellulare e del calcio intracellulare
- enorme attività del simpatico
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- ipossia.
La fibrillazione ventricolare, insieme al ritardo o blocco di conduzione, rappresenta la complicanza più
temibile nelle prime ore di un infarto poiché determina un arresto cardiocircolatorio ed è spesso responsabile
di morte (il Fascio di His si trova nel miocardio infrasettale, e un infarto in questa zona può causare un
arresto cardiaco).
Sono oggi complicanze meno temibili perché possono essere trattate con successo nelle unità coronariche e
perché sono possibili comunque metodiche di diagnosi precoce.
Rottura di cuore
Si tratta di una rottura di una parte del miocardio che può verificarsi in qualsiasi momento ma è più frequente
nei primi 3-7 giorni. Dovuta all’indebolimento meccanico (soprattutto nell’infarto transmurale) che
interviene nel miocardio necrotico, si manifesta in tre aree diverse:
Rottura di un muscolo papillare = La semplice disfunzione del muscolo papillare dovuta ad
ischemia è responsabile di un rigurgito mitralico di lieve o modesta entità che è presente in una
elevata percentuale dei pazienti. La rottura del muscolo papillare è invece una grave
complicanza determinando insufficienza mitralica acuta.
Rottura del setto interventricolare = Determina comunicazione interventricolare con shunt
sinistro-destro. Le possibilità di successo terapeutico sono migliori di quelle della rottura della
parete ventricolare. In questi soggetti si osserva una gravissima ed improvvisa insufficienza
ventricolare con soffio olosistolico. Spesso è impossibile distinguerla dalla insufficienza
mitralica acuta dovuta a rottura del muscolo papillare. Analogamente a quanto accade
nell’insufficienza mitralica, la diminuzione della pressione sistolica aortica aiuta a mantenere
un normale flusso verso la periferia.
Rottura della parete ventricolare = La rottura può verificarsi in qualsiasi momento ma è più
frequente dopo 4-7 giorni in cui il tessuto di riparazione presenta la massima fragilità (dovuta
alla necrosi coagulativa, infiltrato neutrofilo e lisi del tessuto connettivo), ed è più frequente nei
soggetti anziani. Si verifica più spesso al primo infarto in cui si è avuta anamnesi positiva per
ipertensione. La rottura, praticamente sempre fatale, determina scomparsa del polso, perdita
di coscienza e tamponamento cardiaco per cui il massaggio risulta inefficace.
Pseudoaneurisma
Si tratta di una rottura ventricolare trattenuta dal pericardio (dovuta alla presenza fortuita di aderenze
pericardiche), che mantiene la comunicazione con la restante cavità del ventricolo. La rottura di uno
pseudoaneurisma è altamente probabile poichè è formata solo dall’epicardio e dal pericardio parietale.
Trombosi murale
Determinata dalla stasi ventricolare in associazione con alterazioni dell’endotelio causa embolia
sistemica.
La necrosi determina incremento della coagulabilità del sangue (poichè il danno endocardico porta alla
formazione di una superficie trombogenica) e alla stasi ematica dovuta all’anomala contrattilità miocardica.
L’embolia è considerata la principale causa di morte nel paziente dimesso dopo infarto, perché
frequentemente da complicazioni celebrali e renali.
In un terzo dei pazienti è possibile rilevare trombi ventricolari con l’eco-cuore, e se non sussistono
complicazioni in questi deve essere fatta subito una terapia anti-trombotica.
Embolia polmonare
Causata da stasi venosa soprattutto agli arti inferiori (trombosi venosa profonda) in particolare quando il
paziente è costretto a letto (quindi è più una complicanza data dalla situazione di degenza).
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TARDIVE
Intervengono dopo il processo riparativo cioè quando il tessuto infartuato è stato sostituito da tessuto
cicatriziale.
Pericardite epistenocardica
Fra la seconda e la terza giornata si manifesta una pericardite fibrinosa o fibrino-emorragica circoscritta
localizzata nella regione sovrastante l’area necrotica, che generalmente si risolve con la cicatrizzazione
dell’infarto.
La pericardite rappresenta un epifenomeno in sede epicardica dell’infiammazione evocata dal sottostante
infarto transmurale.
Si manifesta clinicamente con dolore continuo che si accentua con il respiro e sfregamenti pericardici.
Sindrome di Dressler
È considerata l’espressione di una reazione autoimmunitaria alla necrosi miocitaria causata dallo
smascheramento di Ag con epitopi in comune con altre membrane sierose:
- pericardite siero-fibrinosa diffusa con superficie del pericardio a vetro smerigliato che determina
sfregamenti pericardici
- pleurite
- polmonite interstiziale
Clinicamente è caratterizzata dalla presenza di versamento pericardico abbondante con febbre leucocitosi,
sfregamenti pericardici.
Risponde bene al trattamento con salicilati.
Aneurisma ventricolare
Dilatazione ventricolare a livello dell’area cicatriziale che si presenta più sottile mentre nella restante parte
c’è ispessimento per ipertrofia compensatoria del miocardio non infartuato.
L’aneurisma può dare stasi e predisporre alla trombosi tardiva.
Il problema dell’aneurisma è che le fibre del miocardio interessato devono contrarsi molto di più per
permettere una equivalente gittata cardiaca rispetto al tessuto normale.
Questa condizione rimane silente per molto tempo dopo l’infarto (settimane o mesi), ma può dare delle
temibili complicazioni:
- Scompenso cardiaco congestizio
- Aritmie ventricolari
- Trombosi ventricolare ed embolia arteriosa
I più comuni aneurismi si riscontrano all’apice del ventricolo.
Infarto progressivo
L’area infartuata tende ad estendersi poichè la trombosi si estende prossimalmente o distalmente.
Infarto estensivo
L’area infartuata viene sottoposta a stiramento e assottigliamento.
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RIMODELLAMENTO CARDIACO
Il rimodellamento cardiaco è un’alterazione della cellula cardiaca non solo sul piano morfologico,
ma anche sul piano ultrastrutturale e genico, si hanno quindi:
- Alterazioni cellulari macroscopiche
- Alterazioni subcellulari (a livello degli organuli)
- Alterazioni geniche
- Alterazioni della funzionalita cellulare (e cardiaca), poiche le cellule non si contraggono piu.
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Di queste alterazioni macroscopiche la piu pericolosa e l’ipertrofia concentrica perche ha piu possibilita di
portare allo scompenso cardiaco.
Difatti, il cuore sara ipertrofico ma in debito di ossigeno (c’e sempre la coronaropatia) e porta dunque ad
altra necrosi, a sclerosi e scompenso.
Il rimodellamento di per se non eèun fatto deleterio.
La zona infartuata infatti non si contrae, durante la sistole anzi ha una dilatazione paradossa (aneurisma
ventricolare acuto e cronico) data dalla contrazione sistolica e dall’aumento della pressione ventricolare.
Il ventricolo non contraendosi totalmente avra un residuo sistolico importante, aumenta la pressione
diastolica che porta a stress, stiramento delle cellule (che si contraggono di piu) e poi crea ipertrofia
per compensare quella zona che non si contrae.
Dunque il rimodellamento di per se ,dunque, non è un fatto patologico poiche aiuta la funzione cardiaca,
tuttavia si arriva ad un punto in un cui non è piu adeguato e porta allo scompenso cardiaco.
PATOGENESI
Alla base c’è una perdita progressiva di tessuto miocardico, dovuta a due ordini di fattori:
- Micro-ischemie ricorrenti per aterosclerosi diffusa
- Ipertrofia inadeguata o non efficace che viene attuata come compenso dopo un infarto
In ognuno dei due casi, si tratta di condizioni di perdita di funzione progressiva del cuore dovuta alla
sostituzione del tessuto muscolare con quello cicatriziale e fibroso.
Come nell’infarto, quindi, la riduzione di miociti porta alla perdita di compliance e contrattilità, con aumento
del volume telediastolico e insufficienza sia anterograda che retrograda. Anche i meccanismi di compenso
sono gli stessi, e di nuovo l’ipertrofia e l’iperplasia delle fibre rimanenti.
In questo caso l’ipertrofia si trova a fronteggiare una situazione di scarsità nutrizionale già responsabile del
precedente danno, e si instaura quindi un circolo vizioso nel quale viene a mancare sempre di più nutrimento
per il cuore. Nuove cellule vengono quindi sostituite da tessuto fibroso e a lungo andare la cardiopatia
ischemica cronica può esitare in una ICC, in una morte cardiaca improvvisa (aritmia fatale), in una aritmia
non fatale, in una angina o in IMA.
ANATOMIA PATOLOGICA
All’apertura del sacco pericardico un reperto frequente di queste lesioni è la presenza di aderenze
pericardiche fra i due foglietti: sono questi gli esiti cicatriziali di pericarditi associate agli episodi di infarti
pregressi, a volte anche asintomatici.
Il cuore appare dilatato, ipertrofico in alcune aree e ipotrofico in altre, a testimonianza dello squilibrio fra
ipertrofia e carenza nutrizionale.
La parete appare rigida e la compliance delle cavità diminuita.
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Al taglio il miocardio appare ricco in aree grigiastre fibrose, esiti cicatriziali dei pregressi infarti.
Le coronarie appaiono spesso stenosate in più tratti, alcuni dei quali addirittura del tutto occlusi da
organizzazione trombotica.
L’endocardio è generalmente normale ma può presentare ispessimenti fibrosi sparsi lungo la superficie.
Istologicamente si repertano con frequenza:
- Fibrosi interstiziale
- Atrofia diffusa e aree di ipertrofia
- Vacuoli subendocardici (miocitolisi)
- Necrosi bruna
- Aree di cicatrice ampiamente diffuse (esiti di pregressi infarti)
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CARDIOPATIA IPERTENSIVA
EPIDEMIOLOGIA
Nel 90-95% dei casi l’eziologia della malattia ipertensiva è sconosciuta, e si parla quindi di ipertensione
essenziale.
In genere si parla di ipertensione quando la pressione diastolica supera i 90 mmHg e la sistolica i 140 mmHg,
anche se molti autori considerano questi valori come borderline o associati ad un rischio molto lieve.
In Italia circa il 36% della popolazione è affetto da vari gradi di ipertensione e di questi solo 1/3 si trova in
terapia.
Ogni anno il 2,5% degli ipertesi sviluppa una complicazione.
Nelle donne la malattia aumenta molto la sua incidenza dopo i 50 anni, essenzialmente per motivi legati allo
squilibrio ormonale della menopausa.
EZIOLOGIA
In genere l’ipertensione può essere di distinta in essenziale e secondaria a seconda se è presente o meno un
evento morboso scatenante.
Ipertensione essenziale
Sono essenziali o idiopatiche circa il 90% delle ipertensioni. In genere sono fattori di rischio per
l’ipertensione essenziale:
- Ereditarietà: da tempo è nota l’esistenza di una correlazione diretta fra ipertensione e familiarità. Si
tratta per lo più di situazioni di eredità multifattoriale e multigenica.
- Fattori ambientali: Obesità, alimentazione, famiglia, tipo di lavoro e stress. Nelle società ricche
l’ipertensione è una malattia molto diffusa, esattamente all’opposto che nelle società povere. Il
fattore ambientale più studiato è l’assunzione di sale, che però sembra in grado di modificare la
pressione arteriosa soltanto in quei pazienti che già hanno modificazioni patologiche in grado di dare
ipertensione (cioè peggiora la malattia, ma non è in grado di provocarla).
- Renina: alcuni ipertesi presentano una emivita plasmatica della renina maggiore dei soggetti
normotesi.
La clinica distingue quindi due categorie di soggetti, quelli con normale livello di renina e quelli con
aumentato livello di renina. I pazienti a bassa concentrazione di renina sono in genere
afroamericani, che si pensa abbiano una maggiore suscettibilità della corticale del surrene
all’angiotensina II (sono circa il 20%). Alcuni di questi pazienti possono avere anche un livello di
renina normale. Il gruppo ad alta renina ha una ipertensione che però resiste al Losartan e ad altri
inibitori dell’AT II, per cui si pensa che sia il livello di renina che l’ipertensione siano da imputarsi
all’ipertono adrenergico.
Infine esiste un gruppo detto non modulatori, che ha livelli normali di renina, e in essi
l’ipertensione risulta provocata da un difetto renale di escrezione del sodio e dalla incapacità del
SNA di modulare la risposta pressoria in base ai livelli di sodio (probabilmente un difetto della
macula densa).
- Ruolo degli ioni: alcuni studi recenti mettono in luce il fatto che l’incremento di cloro e di calcio sia
responsabile di parte delle ipertensioni essenziali. In particolare, il calcio sembra in grado di
aumentare l’attività della muscolatura liscia vasale e quindi di provocare ipertensione. Alcuni fattori
natruiretici sembrano agire inibendo la Na/K+ ATPasi e quindi provocando un aumento di calcio
intracellulare secondario.
- Difetto di membrana diffuso a tutte le cellule di trasporto del calcio
- Resistenza all’insulina: l’iperinsulinemia che consegue alla resistenza all’insulina provoca
ipertensione attraverso quattro meccanismi diversi. Ciò presuppone però che i tessuti coinvolti nel
mantenimento della glicemia siano resistenti, mentre quelli coinvolti nella risposta ipertensiva siano
normalmente sensibili:
Ritenzione renale di sodiO
Aumento dell’attività simpatica
Ipertrofia delle cellule muscolari lisce vasali secondaria alla stimolazione mitogenica
Aumento del trasporto di calcio intracellulare
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Ci sono moltissimi valori prognostici che possono modificare la prognosi dell’ipertensione, come età di
insorgenza, razza, sesso, assunzione di alcool, fumo, colesterolemia, intolleranza al glucosio, peso.
L’aterosclerosi è invariabilmente associata all’ipertensione, e così l’obesità.
Ipertensione secondaria
Circa il 10% delle forme di ipertensione riconosce invece come causa alterazioni specifiche della regolazione
della pressione arteriosa:
Ipertensione renale: può essere prodotta da una disfunzione del parenchima renale oppure dalla
stenosi dell’arteria renale:
- Ipertensione nefrovascolare: È causata dalla stenosi dell’arteria renale di almeno il 30%.
La stenosi dell’arteria renale determina una forma di ipertensione definita ipertensione
chirurgica poiché può essere guarita tramite trattamento chirurgico. La causa più frequente
di stenosi dell’arteria renale (70% dei casi) è l’occlusione da parte di una placca ateromasica
posta all’origine dell’arteria. La placca è di solito di tipo eccentrico spesso con trombosi
sovrapposta.
- Ipertensione delle nefropatie parenchimali: L’ipertensione può accompagnare qualsiasi
malattia renale che determini riduzione della VFG con attivazione del sistema renina-
angiotensina. Le cause può comuni sono la glomerulonefrite e la pielonefrite acuta.
Ipertensione endocrina: si raccolgono in questa denominazione tutte le cause di ipertensione che
dipendono dalla secrezione di sostanze vasopressive:
- Feocromocitoma: è un tumore secernente adrenalina e noradrenalina generalmente
localizzato a livello della midollare del surrene. È caratterizzato da ipertensione di tipo:
continua (da noradrenalina) con crisi (da adrenalina) continua con parossism
- Diabete: nel diabete di tipo I l’ipertensione si manifesta dopo l’insorgenza della patologia
mentre nel diabete di tipo II le 2 patologie coesistono. L’incremento del glucosio fa
aumentare la pressione per effetto osmotico richiamando liquidi. Inoltre si ha:
riduzione della funzione dell’endotelio
aumento del trombossano
riduzione della regolazione del flusso
aumento di angiotensina e catecolamine
aumento del calcio intracellulare
- Ipereninemia primaria: deriva da tumori secernenti renina come gli emangiopericitomi,
costituiti da cellule iuxtaglomerulari, presenti per lo più in soggetti di giovane età.
- Iperaldosteronismo primario: l’incrementata produzione di aldosterone determina
ritenzione di sodio e perdita di potassio con soppressione del sistema renina angiotensina.
- Cushing: il morbo provoca l’ipertensione in casi gravi, a causa probabilmente della
saturazione dei siti di catabolismo epatico per i mineralcorticoidi da parte dei glucocorticoidi.
- Iperparatiroidismo
- Ipertiroidismo
FISIOPATOLOGIA
Si può distinguere l’ipertensione pure in:
1. ipertensione sistolica con aumento della pressione massima e della differenziale (causata
dall’aterosclerosi e dai circoli ipercinetici).
2. ipertensione diastolica causata da aumento della pressione minima con diminuzione della
differenziale.
3. ipertensione sisto-diastolica con innalzamento sia della sistolica che della diastolica per cui la
differenziale rimane costante.
In ogni caso, l’ipertensione provoca nel cuore una serie di modificazioni nel cuore che rappresentano la
risposta dell’organo ad un eccessivo carico di lavoro conseguente alla ipertensione sistemica. Anche in altri
organi si osservano manifestazioni analoghe che hanno lo stesso significato patogenetico.
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CARDIOPATIA IPERTENSIVA SINISTRA
Con questo termine si intendono gli effetti dell’ipertensione sistemica sul ventricolo sinistro.
I criteri anatomici minimi per definire questa alterazione sono:
1. Ipertrofia ventricolare sinistra (tipicamente concentrica) in assenza di altra malformazione o lesione
che possa causarla;
2. Ipertensione sistemica conclamata o comunque presente in anamnesi.
Studi recenti hanno messo in luce come la presenza di una ipertensione lieve (140/90) sia sufficiente, se
abbastanza prolungata, alla creazione di una malattia ipertensiva cardiaca.
Il reperto macroscopico principale è l’ipertrofia senza dilatazione (concentrica) del ventricolo sinistro.
Tale ispessimento risulta simmetrico e c’è un aumento del rapporto fra lo spessore della parete (che aumenta
anche fino a 2 cm) e il volume delle cavità (che diminuisce).
Il peso del cuore risulta aumentato in maniera spropositata rispetto all’incremento (raggiunge facilmente i
500g).
L’ipertrofia cellulare non si accompagna ad una identica proliferazione di tessuto vascolare e quindi si ha
degenerazione e morte dei miociti che vengono sostituiti da tessuto fibroso.
La proliferazione di questo tessuto provoca rigidità della parete ventricolare che diminuisce la sua
compliance e quindi si può osservare dilatazione dell’atrio sinistro.
A livello microscopico si trova precocemente una ipertrofia dei miociti con aumento del diametro trasverso
in misura maggiore di quello longitudinale. A lungo andare questa ipertrofia si accompagna a segni di
sovraccarico ventricolare (degenerazione vacuolare) e a fibrosi diffusa interstiziale.
A livello clinico queste alterazioni producono una dilatazione atriale con predisposizione alla trombosi, alla
fibrillazione e alla cardiopatia ischemica. Si ha poi alla fine una diminuzione del volume di riempimento e
della gittata sistolica.
Sebbene nella fase di compenso la cardiopatia ipertensiva sinistra sia asintomatica, e si possano rilevare
alterazioni cardiache solo con ecografia o ECG, dopo un certo numero di anni il sistema cardiaco non riesce
a mantenere il compenso e si possono avere complicanze.
L’evoluzione della funzione cardiaca e la prognosi del paziente dipendono dal tipo e dalla severità
dell’ipertensione.
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arterie polmonari o per compressione o obliterazione dei capillari settali. Le condizioni che possono
fare questo sono moltissime:
- Malattie polmonari: BPCO, fibrosi interstiziali, pneumoconiosi, bronchiettasie
- Malattie dei vasi polmonari: embolia ricorrente, ipertensione primitiva, arteriti polmonari,
sclerosi vascolare da farmaci o tossine, neoplasie polmonari diffuse
- Malattie che alterano i movimenti della gabbia toracica: compromettono l’espansione del
polmone.
- Malattie che inducono costrizione delle arteriole polmonari: acidosi, ipossiemia,
ostruzione delle vie aeree, ipoventilazione idipatica alveolare.
In questa condizione il cuore si presenta ipertrofico con un marcato ispessimento della parete ventricolare
(che supera il cm). Negli stadi intermedi dell’ipertrofia è possibile notare un ispessimento del tratto di
efflusso della polmonare o del tralcio muscolare che connette il muscolo papillare anteriore al setto. Questo
può provocare stenosi polmonare prevalvolare e aggravare l’ipertrofia.
Permanendo per lungo tempo, l’ipertensione nel cuore destro fa sentire i suoi effetti a monte. Abbiamo così
la creazione di fegato a noce moscata con dilatazione centrolobulare e steatosi ipossica pericentrolobulare, e
necrosi.
Questa condizione prende il nome di pseudo-cirrosi cardiaca, distinguibile dalla cirrosi per l’assenza di
noduli di rigenerazione. Si hanno segni di sovraccarico venoso anche nella milza e nell’intestino con ascite,
nel sottocute con edemi declivi che possono arrivare nei casi più gravi all’induramento.
Segni clinici sono il reflusso epatogiugulare e l’ipertensione venosa del giugulo.
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EMBRIOGENESI CARDIACA
Il cuore e una struttura metamerica formata da: atri, ventricoli e grossi vasi (radice aortica e porzione
in cui inizia l’arteria brachiocefalica, arteria polmonare).
Questi 3 segmenti sono disposti in sequenza ordinata: atrio ventricolo grandi vasi. La sequenza
anatomica determina la sequenza del flusso ematico.
Il cuore è il primo organo a funzionare nell’embrione, gia a partire dalla terza settimana dal concepimento.
Questo perchè il passaggio dallo stadio trofoblastico a quello embrionale necessita della circolazione per il
nutrimento e la crescita degli altri organi : proprio a questo scopo si ha l’entrata in funzione del cuore.
Il tubo cardiaco è formato a questo punto da più segmenti, delimitati da solchi; in ordine craniocaudale si ha
(con le strutture cardiache definitive corrispondenti al termine dello sviluppo):
Archi aortici (III, IV e VI; gli altri si atrofizzano) arco aortico, carotide, dotto arterioso
Tronco arterioso valvole semilunari, aorta e tronco polmonare intrapericardici
Bulbus cordis ventricolo destro
Ventricolo primitivo ventricolo sinistro
Atrio comune (o atrio primitivo) atrio destro e atrio sinistro
Seno venoso vene cave, seno coronarico, seno delle cave dell’atrio destro
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2. Torsione del tubo cardiaco e formazione dell’ansa bulbo-ventricolare
Tra il 23° e il 25° giorno avvengono i processi di torsione del tubo cardiaco primitivo. La regione bulbo-
ventricolare (bulbus cordis) si accresce e forma un’ansa, normalmente rivolta verso destra (D-looping).
Lo sviluppo di un D-loop determina la normale disposizione spaziale dei ventricoli rispetto agli atri.
Se si sviluppa invece un L-loop, la situazione sarà speculare (ventricolo dx a sinistra e ventricolo sx a destra)
e si avranno le connessioni atriventricolari discordanti (Atrio Dx – Ventr. Sx e Atrio Sx – Ventr. Dx).
La torsione avviene perchè il tubo cardiaco cresce ad un ritmo maggiore del sacco pericardico e per starci
dentro deve dunque effettuare una torsione, che avviene a destra perchè la crescita del lato destro (derivante
dal tubo cardiaco dx) avviene più velocemente di quella del tubo sinistro.
93
4. Sepimentazione delle cavità e formazione delle camere cardiache
SETTO INTERATRIALE
Formazione del septum primum a partire dal tetto dell’atrio comune (ripiegamento verso l’interno,
unfolding). Il septum primum lascia aperta una prima comunicazione, l’ostium primum, al di sopra delle
valvole atrioventricolari.
Durante la chiusura dell’ostium primum da parte dei cuscinetti endocardici, si forma l’ostium secundum per
apoptosi e assorbimento tissutale in regione postero-superiore del septum primum.
L’ostium secundum sarà poi chiuso dal septum secundum, sviluppatosi a destra del septum primum.
Il septum secundum non si svilupperà per intero, ma rimarrà con un margine libero, che andrà a delimitare il
forame ovale (di Botallo).
Il forame ovale rimane pervio durante la vita fetale, assicurando la comunicazione fra atrio destro e sinistro.
Dopo la nascita, mediante la fusione fra septum primum e septum secundum, il forame ovale si chiude,
lasciando solo una depressione, la fossa ovale.
Se questa situazione dura pure nella vita extrauterina si parlerà di “forame ovale pervio”, causato da una
mancata aderenza del pavimento della fossa ovale (septum primum) con il septum secundum. Si ha dunque
uno spiffero, ma poichè le pressioni in atrio sinistro sono superiori a quelle a destra, non si crea nessuna
comunicazione (si hanno problemi solo se aumenta la pressione in atrio destro, con la formazione di uno
shunt di un embolo che può andare da destra a sinistra dando un’embolia sistemica). Non è una vera e
propria cardiopatia congenita, poichè non manca una parte del setto, si ha solo un mancato accollamento.
AURICOLE
Parallelamente ai processi di settazione, le pareti latero-superiori dell’atrio comune si espandono dando vita
alle appendici auricolari.
SETTO INTERVENTRICOLARE
A livello della grande curvatura fra ventricolo primitivo e bulbus cordis, per processi di espansione ed
escavazione a carico delle pareti libere, si viene a formare un primo abbozzo di setto, detto setto
interventricolare primario.
Questo setto interventricolare primario, a componente muscolare, si accresce in direzione dei cuscinetti
endocardici atrioventricolari sino a fondersi con essi a livello delle estremità anteriore e posteriore.
È ancora presente in questo momento un forame interventricolare poiché il setto non è completo.
Il setto interventricolare verrà completato con lo sviluppo di una componente membranosa. Ciò avviene solo
dopo che il ventricolo sinistro si è connesso con l’efflusso aortico, tramite la fusione dei cuscinetti
endocardici con la cresta del setto interventricolare.
Si formano un septum trunci che separa i due tronchi arteriosi (aorta e arteria polmonare) e un setto del
cono che separa il cono d´efflusso polmonare da quello aortico.
Il setto interventricolare, alla fine dello sviluppo, è quindi formato da 4 porzioni:
- Porzione di afflusso posteriore, separa le valvole atrioventricolari
- Porzione trabecolata, muscolare, che divide la porzione apicale dei due ventricoli
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- Porzione di efflusso infundibulare, separa i due tratti di efflusso ventricolari
- Porzione membranosa, posta alla radice aortica, originata dalla fusione dei cuscinetti endocardici
atrioventricolari con quelli conali.
Setto trabecolo-apicale Il passaggio di sangue, dal polo venoso all’arterioso del tubo cardiaco, avviene
dal ventricolo primitivo al bulbus cordis (BC). Ventricolo primitivo e BC sono delimitati, a livello della
piccola curvatura, da una piega chiamata flangia bulboventricolare. A livello della grande curvatura, nel
confine tra ventricolo primitivo e BC, si viene a determinare la formazione di un setto interventricolare
primario che rappresentera la definitiva porzione settale trabecolo-apicale di entrambi i ventricoli. Il
passaggio tra ventricolo primitivo e BC (forame interventricolare primario) è delimitato dal neo setto
trabecolo-apicale, in basso, e dalla flangia bulboventricolare in alto. La formazione delle trabecole inizia a
carico della regione di entrata nel ventricolo ancora prima dei fenomeni di torsione ed è proprio la
formazione delle trabecole che distingue morfologicamente la componente ventricolare di entrata e quella di
uscita.
La morfologia ventricolare non è il risultato di un’asimmetria destrasinistra come per gli atri, ma è il risultato
di uno sviluppo in serie delle componenti, dunque, non si puo avere isomerismo ventricolare.
Setto posteriore è chiamato anche setto di afflusso e si interpone tra mitrale e tricuspide. Prende origine
dal ventricolo primitivo durante la fase di spostamento verso destra del canale atrioventricolare.
Setto infundibolare I due ventricoli risultano separati interamente dal setto interventricolare primario
(setto trabecolo-apicale) e sono tra loro in comunicazione col forame interventricolare primario. La porzione
di efflusso aortico si trova ancora al bulbus cordis (ventricolo destro), quindi, prima della chiusura del
forame interventricolare primario, si deve trasferire la porzione di efflusso al ventricolo sinistro. Nella
regione degli efflussi ventricolari troviamo i cuscinetti conali e truncali: la fusione dei cuscinetti endocardici
conali porta alla formazione del setto infundibolare (di uscita). Il setto infundibolare separa l’efflusso
destro dal sinistro.
Setto membranoso Il setto membranoso, al termine dello sviluppo, è formato da una porzione
atrioventricolare (mette in potenziale comunicazione atrio destro e ventricolo sinistro) e da una porzione
interventricolare (mette in potenziale comunicazione i due ventricoli).
La porzione atrioventricolare e formata dalla fusione dei cuscinetti endocardici atrioventricolari con la spina
vestibuli, mentre la porzione interventricolare è data dalla trasformazione fibrosa della parte prossimale dei
cuscinetti endocardici conali.
Il setto membranoso è apicale rispetto al setto muscolare, infatti, si trova nella giunzione del setto sinusale,
del setto trabecolo-apicale e del setto infundibolare.
ORIFIZI ATRIOVENTRICOLARI
La divisione del canale atrioventricolare primitivo in due orifizi valvolari distinti avviene tramite lo sviluppo
e la fusione dei cuscinetti endocardici atrioventricolari (4), con il contributo del setto interventricolare.
Il setto atrioventricolare rappresenta la porzione di giunzione tra setti interatriale e interventricolare. I
cuscinetti endocardici atrioventricolari sono 4: superiore, inferiore, destro e sinistro.
Il canale atrioventricolare comune viene diviso, per fusione del superiore con l’inferiore, in due orifizi:
mitralico e tricuspide:
Mitrale il lembo anteriore deriva dalla fusione dei cuscinetti superiore e inferiore, mentre
il lembo posteriore deriva interamente dal cuscinetto sinistro.
Tricuspide il lembo anteriore deriva dal cuscinetto conale, il lembo posteriore dal
cuscinetto atrioventricolare laterale destro, mentre il lembo settale deriva da processi di
escavazione sul setto interventricolare.
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I cuscinetti endocardici sul versante atriale costituiscono la base di ancoraggio per il septum primum, mentre,
sul versante ventricolare danno origine al setto membranoso (setto atrioventricolare). Muscoli papillari e
corde tendinee originano da processi di escavazione miocardica.
Lo sviluppo delle vene polmonari avviene tardivamente rispetto alle vene sistemiche poiche i polmoni, nella
vita intrauterina, non sono funzionanti.
La vena polmonare comune si sviluppa nel mediastino e prende origine dal plesso polmonare e, solo dopo
che è avvenuta la settazione atriale, la vena polmonare comune andra a formare il tetto atriale sinistro e si
differenziera in 4 vene polmonari (4 orifizi).
Con la definizione del polo venoso, il cuore ha ora una connessione col polmone e col circolo sistemico.
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archi faringei). Al termine dello sviluppo persisteranno solamente il III, IV e VI che, rispettivamente,
corrispondono a: carotide, arco aortico e dotto arterioso. La porzione di aorta ventrale che connette
il cuore con l’aorta discendente (aorta dorsale sinistra), tramite il ↑ arco aortico, diventera aorta
ascendente. Il plesso arterioso polmonare è in connessione con l’aorta discendente (aorta dorsale).
Solo successivamente, aorta ventrale (viene dal ventricolo) e aorta dorsale (viene dal plesso
polmonare) verranno unite tramite il VI arco aortico (dotto arterioso di Botallo).
La circolazione arteriosa polmonare, nelle prime fasi dell’embriogenesi, prende origine dalle arterie
intersegmentarie che originano dall’aorta dorsale (aorta discendente). Quando si sviluppano gli archi aortici
connessi con l’aorta ventrale, che dara origine al tronco dell’arteria polmonare, il plesso arterioso polmonare
prende contatto con gli archi aortici stessi e le arterie intersegmentarie scompaiono progressivamente.
Se non vi e un regolare sviluppo degli archi aortici, le arterie intersegmentarie permangono (come
nell’atresia polmonare).
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CIRCOLAZIONE FETALE
La placenta, che è un organo vascolare, assicura lo scambio dei gas e l’arrivo dei metatoliti.
Dalla placenta il sangue ossigenato per mezzo della vena ombelicale raggiunge l’ombelico, e attraverso il
dotto venoso di Aranzio salta il circolo portale (non va nel fegato perchè nel fegato c’è un’alta pressione
venosa, mentre nel dotto di Aranzio c’è bassa pressione venosa); quindi dalla vena ombelicale il sangue
arriva direttamente alla vena cava inferiore.
La valvola del Tebesio (valvola della vena cava inferiore) fa pattinare il sangue direttamente verso il setto
interatriale dove c’è il forame ovale pervio. Il sangue spinge la valvola del ↑ieussens ed entra nell’atrio
sinistro, poi si posta nel ventricolo sinistro, successivamente nell’aorta dove va a irrorare le coronarie e poi il
cervello. Gli organi nobili della vita fetale sono il cuore, cervello e surrene.
Questo shunting, da destra verso sinistra attraverso il forame ovale, è possibile perché nel circolo
polmonare la pressione è elevatissima in quanto ci sono alte resistenze fetali polmonari che superano
quelle sistemiche. Siccome dal circolo sistemico, attraverso le arterie ombelicali, il sangue viene portato
nella placenta (che è un labirinto di capillari), la presenza della placenta stessa determina un abbassamento
delle pressioni sistemiche.
Avendo resistenze polmonari elevate e basse resistenze sistemiche, a livello del forame ovale avviene lo
shunting ematico del sangue ossigenato dall’atrio di destra all’atrio di sinistra, dal quale passa nel circolo
sistemico, quindi arriva al cervello e al fegato.
Le basse resistenze sistemiche permettono uno shunting attraverso l’altro canale fetale che è il dotto
arterioso di Botallo (che connette arteria polmonare e aorta; il sangue nella circolazione arteriosa
polmonare durantte la vita fetale “è utile quanto il due a briscola”).
Il gioco importante della circolazione fetale si basa sulle alte resistenze polmonari fetali e sulle basse
resistenze periferiche sistemiche perchè c’è un letto vascolare a valle, cioè la placenta, che diluisce le
resistenze.
Quando nasce il bambino e la placenta si rompe le resistenze fetali e le resistenze periferiche aumentano:
questo serve a far collabire la valvola del Vieussens al limbo della fossa ovale.
Nel feto il polmone è collassato perchè non c’è aria; con i primi respiri e l’espansione dei polmoni, le
resistenze vascolari polmonari diminuiscono.
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CARDIOPATIE CONGENITE
DEFINIZIONE
Le cardiopatie congenite (CHD) sono delle patologie che indicano anomalie cardiache (malformazioni)
o anomalie dei grossi vasi presenti alla nascita, e sono le malformazioni piu frequenti nell’organismo
umano (per esempio la valvola aortica bicuspide ha una frequenza dell’1-2%).
L’incidenza nei nati vivi è 2-10/1000 bambini, mentre nei nati morti è del 3-4% e negli aborti (secondo la
legge italiana prodotti del concepimento entro la 25esima settimana di gestazione) è del 10-25%.
La maggior parte delle cardiopatie congenite origina tra la 3a e la 8° settimana di gestazione, ovvero, quando
il cuore comincia a svilupparsi.
La ragione dello sviluppo precoce del cuore, rispetto agli altri apparati, è che la crescita del feto dipende
all’attivita dell’apparato cardiocircolatorio che assicura ossigenazione e nutrimento agli altri organi in via di
sviluppo.
Fino a 15-20 anni fa le autopsie sugli aborti erano poco praticate e questa elevata incidenza di
malformazioni congenite era poco conosciuta; spesso negli aborti la cardiopatia congenita non nasce come
malformazione isolata, ma nasce nel contesto di una malformazione generale (renale, cerebrale, scheletrica
ecc....).
Nella casistica del Brompton Hospital di Londra l’incidenza delle cardiopatie congenite nei feti è dello 0,6%.
Le cardiopatie congenite sono le malformazioni che piu frequentemente causano morte sia nei neonati che
nella vita fetale, anche se la mortalita nella vita fetale è inferiore a quella nel primo anno di vita (vita
extrauterina). Il motivo per cui la cardiopatia congenita ha una mortalita piu alta nella vita extrauterina
rispetto a quella intrauterina è legata al fatto che la gran parte delle cardiopatie congenite sono compatibili
con la circolazione fetale, mentre sono incompatibili con la circolazione extrauterina.
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EZIOLOGIA E PATOGENESI
Le principali cause note sono le anomalie genetiche sporadiche. Queste possono dipendere da mutazioni
monogeniche (piccole perdite cromosomiche), oppure, da aggiunte e delezioni di interi cromosomi.
Queste sono le percentuali di presenza dei vari difetti:
- 75% Multifattoriale o Idiopatica (genetica + ambientale)
- 15% Genetica → difetto di gene singolo o aberrazioni cromosomiche numeriche
- 10% Fattori teratogeni ambientali → farmaci teratogeni (talidomide, ormoni, acido retinico,
anticonvulsionanti), droghe (cocaina), prodotti chimici (diserbanti, alcol, insetticidi), virus (Rosolia,
morbillo, virus influenzali), malattie familiari (diabete, PKU, epilessia, LES), teratogeni fisici (fumo,
ipossia, polveri, rumore).
ALTERAZIONI GENICHE
Per ogni malformazione cardiaca c’è un gene anomalo ma alcune di esse (DIV o DIA) possono essere anche
determinate da anomalie di piu geni.
Inoltre, un singolo gene patologico puo codificare cardiopatie congenite con fenotipo differente, esempio il
gene GATA4 puo codificare un DIV, un DIA, una tetralogia di Fallot e altre cardiopatie congenite.
Quindi una malformazione congenita puo dipendere o da un singolo gene patologico o da piu geni patologici
e, inoltre, un gene patologico puo determinare piu cardiopatie congenite.
I geni colpiti dagli eventi mutazionali sono quasi tutti fattori di trascrizione (Wnt, hedgeogh, VEGF, TGF-
beta, FGF, Notch etc) e anche la riduzione del 50% nell’attivita di questi fattori puo determinare la
malformazione cardiaca.
Alcuni fattori di trascrizione (GATA4 e TBX20) sono mutati anche in rare forme di cardiomiopatia
nell’adulto, quindi è chiaro che questi fattori non solo servono per la corretta morfogenesi, ma anche per il
corretto mantenimento della funzione cardiaca nell’eta adulta.
I geni alterati sono per lo più:
Mutazioni di geni che codificano per proteine → mutazioni dei geni che codificano per la via
di Notch1 sono associati a valvola aortica bicuspide, mutazioni ai geni JAG1 e Notch 2 sono
associati alla tetralogia di Fallot, mutazione di fibrillina alla Sindrome di Marfan e di Loeys-
Dietz, ecc....
Delezione del cromosoma 22 → le condizioni malformative accomunate da delezioni del
braccio lungo del cromosoma 22 sono state denominate CATCH 22. Un esempio, ne è la
sindrome DiGeorge (la meta dei pazienti ha delezioni sul cr22). Nella sindrome DiGeorge c’è
un difetto dei III e IV archi aortici e, i derivati della terza e quarta tasca faringea (timo,
paratiroidi e cuore) si sviluppano in modo anomalo. La sindrome si caratterizza per aplasia
timica, facies anomala, cleft palatale, ipocalcemia e anomalie cardiache (Tetralogia di Fallot,
interruzione arco aortico e tronco comune). La patogenesi è da ricondurre alla delezione dello
specifico fattore trascrizionale TBX1 sul cr22. TBX1 regola la migrazione della cresta neurale
e anche lo sviluppo dei progenitori cardiaci nel secondo abbozzo cardiaco. È interessante che la
mutazione di TBX1 è associata anche alla schizofrenia.
Trisomia 21→ è la piu frequente causa genetica. Il 40% degli affetti da sindrome di Down ha
uno o piu difetti cardiaci che riguardano il secondo abbozzo cardiaco (setti atrioventricolari ad
esempio).
Altra aneuploidia è la S. di Turner (monosomia X). Il meccanismo patogenetico mediante la
quale le aneuploidie danno malformazione cardiaca è l’espressione sregolata di piu geni. Anche
cause nutrizionali possono partecipare alle malformazioni: integrare folati nelle prime fasi della
gravidanza riduce il rischio di cardiopatie congenite.
Negli anni 60 si è segnalato il rischio di ricorrenza familiare per le cardiopatie congenite,
ovvero, la possibilita che la patologia dello stesso tipo o diversa, si manifesti in fratelli
100
(siblings) o nei figli (offsprings) di un paziente affetto. In particolare, è stato visto che il rischio
sia maggiore se affetta è la madre, quindi è stato proposto che l’eredita non è solo di tipo
nucleare, ma anche citoplasmatica e mitocondriale.
101
CLASSIFICAZIONE DELLE CARDIOPATIE CONGENITE
Le cardiopatie congenite si possono classificare dal punto di vista anatomico, clinico, fisiopatologico e in
base alla patogenesi.
Le lesioni anatomiche elementari riscontrabili nelle cardiopatie congenite possono essere 4:
1. Alterazioni che compromettono la separazione dei flussi polmonare e sistemico (es difetti settali)
2. Alterazioni che ostacolano la progressione ematica nei diversi segmenti cardiaci (stenosi etc)
3. Alterazioni che sovvertono il normale allineamento dei segmenti cardiovascolari (trasposizione etc)
4. Alterazioni caratterizzate da combinazione delle anomalie precedenti (Tetralogia di Fallot etc)
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atresia e, talvolta, puo essere associata ad altre cardiopatie congenite o puo decorrere isolata.
CHD ostruttive sono:
- Coartazione aortica
- Stenosi aortica
- Stenosi polmonare
- Anomalie dell’efflusso ventricolare destro e sinistro
4. Cardiopatie congenite incompatibili con la vita extrauterina = Sono delle alterazioni anatomiche
che consentono la circolazione fetale ma non quella post-natale:
- CHD dotto-dipendenti → atresia polmonare, atresia aortica, atresia mitralica, coartazione
aortica infantile.
- CHD con circoli in parallelo → trasposizione completa delle grandi arterie.
- CHD con ostruzioni al deflusso venoso polmonare → drenaggio venoso polmonare anomalo
totale e cuore triatriatum.
103
Questo succedeva proprio perche il tessuto di conduzione miocardico si trovava a livello del setto
membranoso.
Grazie agli studi di alcuni autori della letteratura, si e scoperto in cardiopatie complesse (ad esempio nei
difetti dei cuscinetti atrioventricolari) il decorso del tessuto di conduzione del cuore.
Le cardiopatie venivano accorciate e guarite chirurgicamente; prima dell’era dell’intervento di
cardiochirurgia per la correzione completa delle cardiopatie congenite si facevano interventi palliativi.
Intervento palliativo
in un soggetto che nasceva con un DIV, sapendo che entro il primo anno di vita andava incontro ad una
vasculopatia polmonare irreversibile, si faceva una soluzione cardioplegica che arrestava il cuore: si
metteva del ghiaccio nel sacco pericardico, poi veniva fatta la circolazione cuore/polmone tramite
macchine di 1a, 2 a,3 a generazione.
Cardioplegia → La paralisi del cuore si ottiene infondendo nelle coronarie una soluzione “cardioplegica”
che ha come componenti principali il cloruro di potassio ed il solfato di magnesio. Gli agenti chimici
vengono infusi nel cuore con regolarita, all’interno di una soluzione di sangue ossigenato. Le ripetute
infusioni di questa soluzione cardioplegica forniscono ossigeno al cuore mentre questo rimane immobile,
evitando cosi che il muscolo cardiaco venga danneggiato.
Questi bambini non venivano operati quando nascevano, come si fa oggi, ma si aspettava che raggiungessero
un certo peso, il che avveniva dopo sei mesi. In un bambino che nasceva con un grosso difetto di quel tipo, a
sei mesi la vasculopatia era irreversibile.
A quel punto si apriva il torace, si metteva un bendaggio nell’arteria polmonare per restringere il calibro del
vaso, cosicche, l’iperafflusso veniva rallentato. Questa operazione veniva eseguita nel tentativo di fare durare
di piu lo stato normale del polmone e delle arterie polmonari per cui c’era il tempo di operare il bambino una
volta raggiunto un certo peso.
Intervento oggi
Oggi si opera subito, una volta individuato il difetto: non si deve operare tardivamente perche c’è il rischio
della vasculopatia irreversibile (e a quel punto bisogna fare il trapianto cuore-polmone).
Di fronte ad un cuore, l’ecografista fetale o neonatologo che deve fare la morfologica, quando ha visto
l’ecocardiogramma, deve, come prima cosa, studiare il situs atriale: se ci sono due atri, se sono differenti, e
se sono differenti dove sta il destro e dove sta il sinistro.
Poi si studia la morfologia dei ventricoli: se ci sono uno due ventricoli, se sono uno sinistro e uno destro,
dove sono posizionati, ecc...
Poi ancora i grossi vasi: dov’è posizionata l’aorta, dove la polmonare,ecc....
Dopodiche si analizzano le connessioni atrioventricolari e ventricolo-arteriose.
104
MORFOLOGIA ATRIALE (SITUS ATRIALE)
Bisogna stabilire quanti atri ci sono e se sono uno destro e uno sinistro, o se, sono due destri o due
Sinistri (quindi bisogna andare a caratterizzare la morfologia degli atri).
Stabilita la morfologia degli atri, bisogna stabilire la loro posizione nello spazio (se ad esempio l’atrio destro
si trova a sinistra o l’atrio sinistro si trova a destro).
Un atrio è destro o sinistro non per la sua posizione, ma per delle caratteristiche anatomiche ben precise:
- Atrio a morfologia destra → ha un’auricola triangolare e, visto dall’interno, ha una componente
trabecolata (l’auricola) e una parte liscia (nell’inserzione delle vene cave: il sinus venarum).
- Atrio a morfologia sinistra → ha un’auricola a forma di dito di guanto e visto dall’interno è tutto
liscio.
Queste sono le caratteristiche fondamentali che un atrio deve avere per essere classificato morfologicamente.
Oltre a ciò esistono anche i cosiddetti accessori, i quali non sono necessari alla definizione della morfologia
atriale e sono:
- Atrio destro → vena cava superiore e inferiore, seno coronarico, il setto interatriale (col limbo della
fossa ovale), tronco polmonare;
- Atrio sinistro → vene polmonari, valvola del Vieussens, aorta.
Il ventricolo dx ha una forma triangolare, quello sx è ovoidale; l’aorta è tale perche da essa originano le
coronarie e i vasi epiaortici, dalla polmonare invece originano le arterie polmonari e il dotto di Botallo.
Gli atri sono le strutture che organizzano il flusso ed è necessario iniziare a studiare la struttura metamerica
cardiaca partendo da essi, dalla base del cuore.
Situs atriale solitus → Parliamo di situs atriale solitus quando abbiamo un atrio a morfologia
destra e un atrio a morfologia sinistra e l’atrio di destra sta a destra e quello di sinistra sta a
sinistra.
Situs atriale inversus → Quando l’atrio a morfologia destra si trova a sinistra e quello a
morfologia sinistra si trova a destra.
Isomerismo atriale → Quando gli atri sono a morfologia uguale, gemelli. Isomerismo destro
con atri entrambi destri, isomerismo sinistro con atri entrambi sinistri.
Situs tracheo-bronchiale
Il gene che codifica per il situs atriale è lo stesso che codifica per il situs tracheo-bronchiale, quindi, se il
situs atriale è inversus, anche quello tracheo-bronchiale sara inversus.
Per riconoscere se un polmone è destro o sinistro bisogna osservare la morfologia del bronco:
- Bronco destro → è la meta del sinistro e ha una biforcazione, nel mezzo della quale passa l’arteria
polmonare destra, per questo è detto “bronco corto a biforcazione epiarteriosa”;
- Bronco sinistro → è lungo e la sua biforcazione lascia in alto l’arteria polmonare sinistra, per questo
è detto “bronco lungo a biforcazione ipoarteriosa”.
Quindi, con una RX del torace si puo riconoscere la morfologia dei bronchi e definire il situs tracheo-
bronchiale:
Solitus → il bronco corto è a destra ed il bronco lungo a sinistra;
Inversus → il bronco corto è a sinistra ed il lungo a destra;
Situs tracheo-bronchiale
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Situs viscero-addominale
Il situs viscero-addominale puo essere, a seconda del situs atriale:
Solitus → il fegato presenta il suo lobo maggiore (il destro) a destra, e il minore (sinistro) a
sinistra, divisi dal legamento falciforme, lo stomaco e la milza sono a sinistra. L’atrio avra un
situs solitus.
Inversus→ il lobo maggiore del fegato è a sinistra, quello minore, lo stomaco e la milza a
destra. Ci sara anche un situs atriale inversus.
Isomerismo atriale destro → il situs viscero-addominale è indefinito, caratterizzato da
asplenia con fegato e stomaco al centro, e il situs tracheo-bronchiale è di tipo dx-dx.
Isomerismo atriale sinistro → il situs visceroaddominale è caratterizzato dalla polisplenia e il
situs tracheo-bronchiale è sinistro.
Situs viscero addominale
MORFOLOGIA VENTRICOLARE
Per dare dignita di ventricolo ad una camera posta nel metamero ventricolare, questa dovra avere
necessariamente la componente sinusale (di entrata). Se il ventricolo possiede unicamente un’altra
componente verra definita camera accessoria.
Il concetto fondamentale è che, se una camera ha un’entrata, quello è un ventricolo, se non ha un’entrata è
una camera accessoria.
Quindi, il ventricolo è una struttura tripartita
- Componente sinusale--> che fa da supporto alle valvole atrio ventricolari;
- Componente trabecolare-->segmento apicale del cuore;
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- Componente di efflusso (infundibolare)--> fa da supporto alle valvole arteriose.
Setto atrioventricolare
È un corpo fibroso che mette in continuazione gli anelli fibrosi della mitrale e quello della tricuspide e,
inoltre, separa elettricamente anche gli atri dai ventricoli: separando il ventricolo destro dall’atrio sinistro e
l’atrio destro dal ventricolo sinistro.
Le inserzioni delle valvole sono disallineate: la mitrale piu in alto e verso la base e la tricuspide piu in basso
verso l’apice del cuore.
Nei cuori normali le inserzioni valvolari sono disallineate, nei cuori patologici l’inserzione è sullo stesso
livello perche manca il setto sinusale e si viene a formare il canale atrioventricolare.
Ventricolo destro
Il ventricolo destro ha una forma triangolare (in alcune patologie la forma non è rilevabile) ed è presente una
discontinuita anatomica formata dalla cresta sopraventricolare tra la valvola atrioventricolare tricuspide e la
valvola semilunare polmonare; inoltre si avra una trabecolatura grossolana.
Nel ventricolo destro, inoltre, c’è la trabecola settomarginale, una struttura muscolare caratteristica dove, il
setto, attraverso questa trabecola, va verso il muscolo papillare anterosuperiore del ventricolo destro e questo
serve a dare armonia alla contrazione del ventricolo destro che, a differenza del ventricolo sinistro (il quale si
contrae concentricamente, accorciandosi e avvicinando l’apice alla base del cuore), istologicamente ha una
disposizione delle fibre longitudinale che gli conferisce la capacita di contrarsi con un movimento “a piatti
che battono” .
CONNESSIONE ATRIOVENTRICOLARE
Si studiano le relazioni tra gli atri e i ventricoli:
- Connessione biventricolare
- Connessione univentricolare
Connessione atrioventricolare biventricolare
I due atri sono connessi ai due ventricoli, puo essere concordante o discordante.
Concordante → Quando l’atrio a morfologia destra si connette al ventricolo a morfologia
destra e l’atrio a morfologia sinistra si connette al ventricolo a morfologia sinistra. Una
situazione particolare è quella del Criss-cross heart in cui l’atrio sinistro è connesso con un
ventricolo sinistro posto a destra e l’atrio destro con un ventricolo destro posto a sinistra:
nonostante le posizioni siano invertite cio non è un problema perche le connessioni saranno
comunque concordanti, perche l’atrio destro sara collegato comunque al ventricolo destro e
l’atrio sinistro col ventricolo sinistro.
Lo stesso discorso varra per i vasi: indipendentemente se l’aorta si trovi a destra o a sinistra,
l’importante è che nasca da un ventricolo sinistro, cosi come il tronco polmonare,
indipendentemente dalla posizione spaziale, nasca dal ventricolo destro.
Discordante → quando l’atrio a morfologia di destra si connette con un ventricolo a
morfologia sinistra e l’atrio a morfologia sinistra si connette con un ventricolo a morfologia
destra. Ciò creera un circolo di sangue ossigenato che dai polmoni invece di andare in circolo
ritornera nel circolo polmonare, mentre il sangue venoso proveniente dalle vene cave si
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riversera in circolo dal ventricolo sinistro in aorta, tutto cio portera a una grave ipossia che
porta a morte il neonato. Da qui l’importanza della diagnosi prenatale, perchè conoscendo gia
la patologia alla nascita si buchera il setto interventricolare permettendo il mix di sangue
arterioso e venoso per contrastare l’ipossia in attesa dell’intervento chirurgico.
Assente connessione
Quando viene a mancare una delle due valvole atrioventricolari. Se è assente la mitrale si parlerà di
assente connessione sinistra, se manchera la tricuspide invece si parlerà di assente connessione destra:
- Destra → atresia della tricuspide;
- Sinistra → atresia della mitrale
CONNESSIONI VENTRICOLO-ARTERIOSE
Connessione ventricolo-arteriosa a “doppia uscita” biventricolare
Da ogni ventricolo esce un tronco arterioso, puo essere discordante o concordante.
Concordante → la polmonare fuoriesce dal ventricolo dx e l’aorta dal ventricolo sx;
Discordante → l’aorta origina dal ventricolo dx e la polmonare da quello sx; in passato questa
condizione era definita “trasposizione delle grandi arterie”. Se il setto è integro, è necessario
introdurre un catetere a palloncino a livello del setto membranoso e creare uno shunt; quindi,
nei casi in cui la discordanza ventricolo-arteriosa è gia associata ad un DIV, si ha un quadro di
non emergenza.
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dei grossi vasi, sezionandoli e riposizionando la polmonare a destra e l’aorta a sinistra, e solo
successivamente si pone la patch.
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CARDIOPATIE CONGENITE CON IPERAFFLUSSO
POLMONARE
Il substrato anatomo-funzionale delle cardiopatie congenite con iperafflusso polmonare è costituito
dall’incompleta separazione dei circoli sistemico e polmonare.
Dopo la nascita, il circolo sistemico ha resistenze vascolari maggiori rispetto al circolo polmonare e, in
presenza di un difetto settale, il sangue passa dal distretto ad alta resistenza (circolo periferico) a quello a
bassa resistenza (circolo polmonare).
Si verifica uno shunt sinistro-destro con iperafflusso di sangue ai polmoni e, di conseguenza, un maggiore
flusso di ritorno al ventricolo sinistro che, col tempo, puo andare incontro a scompenso.
Inoltre, a livello polmonare si verifica una vasocostrizione di compenso che, a lungo termine, puo andare
incontro ad alterazioni strutturali obliterative, ovvero, la malattia vascolare polmonare ipertensiva.
NB → Difetti del setto interatriale, difetti del setto interventricolare, difetti del setto truncale e conale
comportano un iperafflusso polmonare ma solo i difetti post-tricuspidali danno un iperafflusso ad alta
pressione.
Solo gli shunting post-tricuspidali ad alta pressione sono gravati da una vasculopatia di tipo ipertensivo; i
pre-tricuspidali generalmente non sono colpiti, e se poi fanno una vasculopatia ipertensiva, la fanno in
tardissima eta (oltre i 30 anni).
SHUNTING PRE-TRICUSPIDALE
DRENAGGIO VENOSO POLMONARE ANOMALO
Il drenaggio venoso polmonare anomalo puo essere parziale o totale, in base a quante vene polmonari
drenino al di fuori dell’atrio sinistro.
Drenaggio venoso anomalo totale → è una cardiopatia congenita complessa molto grave e sintomatica gia
alla nascita, caratterizzata da fatto che tutte le vene polmonari drenano al di fuori dell’atrio sinistro. Tutte le
vene polmonari si raccolgono in un collettore unico, spesso stenosato.
Drenaggio venoso anomalo parziale → solo alcune vene polmonari non sboccano in atrio sinistro. Può
restare a lungo asintomatico ed essere un riscontro occasionale. Può essere unilaterale se raccoglie in toto o
in parte il flusso venoso di un polmone, oppure, è bilaterale se raccoglie parte del flusso venoso di entrambi i
polmoni.
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Lo sbocco del drenaggio anomalo, sia parziale che totale, puo essere:
- Sopracardiaco (vena cava superiore destra o vena cava superiore sinistra persistente)
- Cardiaco (atrio destro o seno coronarico)
- Sottocardiaco (vena cava inferiore o nel distretto portale)
Il drenaggio parziale in vena cava inferiore da luogo ad un’anomalia radiologica tipica, conosciuta
come “sindrome della scimitarra”.
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2. Difetto della fossa ovale → sono i piu frequenti e alcuni studiosi annoverano, tra questi, anche i
difetti di tipo ostium primum.
3. Difetti tipo ostium primum → sono i piu frequenti.
4. Atrio comune → totale assenza del setto interatriale o presenza di un setto rudimentale. Raramente
è un difetto isolato, spesso si associa a malformazioni cardiache complesse e asplenia.
NB: I difetti della fossa ovale nei libri sono chiamati difetti tipo ostium secundum, ma tale dizione per il prof
Maresi non esiste!
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avere un’ apoptosi focale si ha un’ apoptosi diffusa oppure il septum primum diventa tipo “formaggio
svizzero” pieno di fori per cui non c’è piu un pavimento omogeneo ma è un “colapasta”. Le cause sono
diverse:
- Manca completamente il pavimento della fossa ovale
- Pavimento della fossa ovale è ipo-sviluppato
- Pavimento della fossa ovale risulta fenestrato, bucherellato (a formaggio svizzero)
Embolia paradossa
L’embolia paradossa è un tipo di embolia arteriosa generata da emboli venosi. Gli emboli venosi che
arrivano al polmone a poco a poco riempiono il circolo vascolare precapillare polmonare per cui la pressione
nel piccolo circolo aumenta e, a volte, supera la pressione esistente. Se c’è una pervieta interatriale, l’embolo
che viene dalla periferia oltre a colonizzare i polmoni puo dare una embolia sistemica a livello cerebrale,
cardiaco, renale.
I microemboli anche in minima quantita entrano nel polmone e scatenano un vasospasmo creando un
aumento importante delle resistenze polmonari. Non è dunque solo la quantita di embolo, ma anche l’entita
del vasospasmo che si scatena, a determinare la vasocostrizione. Gli emboli hanno diversa origine:
- Gassosi
- Adiposi
- Frammenti trombotici in corso di TVP
- Liquido amniotico
- Emboli settici
- Frammento di un trombo venoso (TVP) → si parla di malattia tromboembolica venosa.
- Emboli adiposi e gassosi (fratture, lifting, palombari etc) → nelle persone che vogliono dimagrire e
danno lifting, i microemboli adiposi migrano al polmone e aumentano la resistenza polmonare. In
caso di pervieta interatriale c’è il passaggio degli emboli in circolo sistemico.
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- Emboli di liquido amniotico → La placenta accreta (poco sviluppata) si attacca ad una mucosa
(decidua) non molto sviluppata (agenesica); pertanto i villi della placenta, che normalmente cercano
il sangue nella mucosa, trovandola poco sviluppata, vanno oltre la mucosa stessa fino a sfondare il
miometrio, molto piu irrorato della mucosa. L’ostetrico per staccare la placenta sara costretto a
lacerare la parete uterina correndo il rischio che, il liquido amniotico, contenuto nel sacco amniotico,
prenda la via dei vasi sanguigni venosi, arrivi nel circolo venoso sistemico e quindi ai polmoni
creando un vasospasmo con conseguente ipertensione polmonare. La condizione pericolosa è che, se
c’è il forame ovale pervio, il liquido amniotico passa dall’atrio destro al sinistro e si porti al circolo
sistemico.
SHUNTING POST-TRICUSPIDALE
DIFETTI DEL SETTO INTERVENTRICOLARE (DIV)
Il ventricolo in un cuore normale è una struttura tripartita perchè è formata da:
- Componente sinusale
- Componente infundibolare o di efflusso
- Componente trabecolare
La componente sinusale è la componente infundibolare fanno da supporto alla valvola atrioventricolare sia
per il ventricolo sinistro che per il destro. La separazione dei due ventricoli è operata da un setto
intraventricolare costituito al 99 % da muscolo e all’1 % da tessuto fibroso (setto membranoso).
Di conseguenza, anche il setto interventricolare è una struttura tripartita:
- Setto sinusale → divide la componente sinusale dei due ventricoli
- Setto trabecolo-apicale → divide la componente trabecolare dell’apice
- Setto infundibolare → divide i due ventricoli
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- Difetto del setto sinusale (posteriori)
- Difetto del setto infundibolare
- Difetto del setto trabecolare (situati in regione apicale)
Quindi, dal basso verso l’alto, troviamo il setto interventricolare muscolare, il setto membranoso e sopra il
setto interatriale. Si capisce dunque che il setto membranoso si trova nella giunzione del setto sinusale, del
setto trabecolo-apicale e del setto infundibolare. Nel:
1. Difetto della porzione posteriore del setto membranoso→ la comunicazione è atrio destro/ventricolo
sinistro.
2. Difetto della porzione inferiore del setto membranoso→ la comunicazione è interventricolare.
DIV Sottoarteriosi
Sono difetti che non si possono completamente chiamare interventricolari (come per il difetto tipo ostium
primum nei difetti del setto interatriale). La cavita ventricolare primitiva è, inizialmente, avvolta totalmente
da tessuto muscolare. Ad un certo punto, questo muscolo va incontro a fenomeni di
apoptosi; l’unica parte del setto che non va in apoptosi è la porzione centrale. Questo è detto setto muscolare
passivo che corrisponde al setto trabecolo-apicale.
Il setto sinusale si formera poi a partire dallo sperone inferiore dei cuscinetti endocardici atrioventricolari.
Difetto sottoarterioso → ha una rima in parte fibrosa, costituita dai due anelli fusi delle valvole aortica e
polmonare e sotto ha una rima muscolare data dalla cresta del setto infundibolare.
Il difetto sottoarterioso pertanto è quel buco che si trova sotto le valvole semilunari, derivato dal fatto che il
setto conale (infundibolare) non si è fuso.
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CANALE ATRIOVENTRICOLARE
C’è una fase dello sviluppo del cuore in cui si ha un atrio destro, uno sinistro e un’unica cavita ventricolare.
Il sangue dall’atrio destro passa nell’atrio sinistro, dall’atrio sinistro tramite un canale atrioventricolare
comune passa nel ventricolo sinistro e, da qui, tramite il forame ovale, il sangue passa nella cavita
ventricolare destra e poi esce con il tronco arterioso polmonare.
Ad un certo punto dello sviluppo cardiaco, il canale atrioventricolare comincia a creare dei cuscinetti
endocardici, superiore e inferiore. Questi cuscinetti crescono e tendono ad unirsi, allora, questo canale si
divide in due, destro e sinistro.
Se arriva una noxa teratogena, questa blocca il processo di sviluppo embriologico a questa fase e si avrà un
cuore univentricolare del tipo doppia entrata nel ventricolo sinistro. Si impedisce la formazione di due canali
atrioventricolare e, dunque, la formazione del ventricolo destro.
Il canale atrioventricolare è una cardiopatia congenita caratterizzata da un difetto dei cuscinetti endocardici,
viene chiamato anche difetto atrio-settale. Visto che i cuscinetti endocardici atrioventricolari servono per lo
sviluppo di diverse strutture, la malformazione atrio-settale riguarda una o piu strutture:
- il setto interatriale
- il setto interventricolare
- le valvole atrioventricolari.
Se si ha un cuore in cui i cuscinetti atrioventricolari non si sono fusi, e quindi non si sono chiusi l’ostium
primum e il setto sinusale, la valvola atrioventricolare non si puo appoggiare sul setto perche manca e si
appoggia anteriormente sul setto infundibolare; in questo modo, l’efflusso ventricolare è ristretto o ostacolato.
Il canale atrioventricolare puo presentarsi come una malformazione isolata oppure associata ad altre
cardiopatie che rendono ancora piu complesso il quadro clinico, come ad esempio il dotto arterioso pervio, la
Tetralogia di Fallot, la coartazione aortica.
Il canale atrioventricolare si manifesta con un’incidenza intorno al 4% in rapporto alla totalita delle
cardiopatie diagnosticate, ma nei bambini affetti da sindrome di Down presenta un’elevata ricorrenza (circa
il 25%).
116
Canale atrioventricolare intermedio
Quando le due valvole atrioventricolari risultano incomplete, con adesioni alla cresta del setto
interventricolare, oppure quando ad un canale parziale e associato un difetto interventricolare.
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La comunicazione da atri a ventricoli è quindi unica e, dal momento che questa valvola è generalmente
incontinente, si realizza un passaggio di sangue negli atri durante la contrazione dei ventricoli.
Lo shunt sinistro-destro è notevole (iperafflusso polmonare elevato) e ci sono alterazioni da insufficienza
tricuspidale e mitralica.
Si ha una rapida evoluzione verso la sindrome di Eisenmenger.
Associazione frequente con la trisomia 21.
I bambini sono gravi (60% muore entro 1 anno) e presentano scompenso cardiaco congestizio, dispnea e
scarso accrescimento ponderale. Si ausculta un soffio marcato da iperafflusso polmonare.
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TRONCO ARTERIOSO COMUNE PERSISTENTE
Il tronco arterioso comune nasce da destra (bulbus cordis). Il tronco arterioso si segmenta in aorta e arteria
polmonare. L’aorta ascendente e l’arteria polmonare hanno le radici dove partono le valvole arteriose e, alle
radici, fa seguito una porzione tubulare.
Il setto che divide il tronco arterioso comune viene definito setto tronco-conale:
- Setto conale → quello che divide le due radici che tengono le valvole;
- Setto truncale → quello che divide le porzioni truncali tubulari dell’aorta e dell’arteria polmonare.
Inizialmente i due vasi sono side by side, con l’aorta a destra rispetto alla polmonare. Uscendo dal bulbus
cordis, dopo la divisione in maniera simmetrica si ha uno switch dei vasi: la polmonare si porta
anteriormente e la aorta si porta posteriormente.
La terza fase è rappresentata dalla medializzazione, e finche non avviene la medializzazione c’è il difetto
localizzato in alto.
Quando si verifica la medializzazione, il setto conale si va ad allineare col setto sinusale, col setto
trabecolo-apicale, e si fonde. In questo modo si chiude la comunicazione tra i due ventricoli.
Il difetto tronco arterioso comune è caratterizzato per la mancanza di una porzione di setto troncale che
divide l’aorta dal tronco polmonare, e si classifica in:
- Tipo I → le arterie polmonari si dipartono con l’interposizione del tronco polmonare.
- Tipo II → le arterie polmonari originano direttamente dal tronco comune.
- Tipo III → le arterie polmonari originano direttamente dal tronco comune ma di lato e contrapposte.
- Tipo IV → agenesia delle arterie polmonari intrapericardiche con circolo polmonare sostenuto dalle
collaterali sistemiche-polmonari. Agenesia del VI archi aortici e persistenza delle arterie
intersegmentarie (evolvono in collaterali sistemico-polmonari).
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Tronco arterioso comune
FINESTRA AORTO-POLMONARE
è una malformazione congenita molto rara in cui esiste una comunicazione tra aorta ascendente e tronco
dell’arteria polmonare, il tutto al di sopra delle valvole semilunari (versante arterioso).
A differenza del tronco arterioso comune, non vi è un orifizio unico ma vi sono due valvole semilunari
distinte con setto interventricolare intatto.
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TETRALOGIA DI FALLOT
È una cardiopatia congenita (1/2500 nati vivi, per lo più maschi) complessa caratterizzata da 4 anomalie, che
derivano tutte dalla dislocazione antero-superiore del setto infundibolare. C’è la mancata separazione del
flusso sistemico e polmonare a livello ventricolare, ostacolo alla progressione ematica polmonare ed errato
allineamento tra ventricoli e aorta.
Dal punto di vista embriologico, l’intero complesso malformativo può essere riconducibile ad una anomala
sepimentazione tronco-conale con restringimento del cono polmonare e mancato contributo del setto tronco-
conale alla chiusura del setto interventricolare per mancato allineamento.
Le malformazioni tipiche della TF:
1. Comunicazione interventricolare (DIV)
2. Stenosi sottopolmonare (infundibolo-valvolare)
3. Destroposizione dell’aorta che si posizione a cavaliere del setto interventricolare = sta ad
indicare che l'aorta, anziché nascere dal ventricolo sinistro, come è nella normalità, si trova al di
sopra (a cavallo) del difetto del setto interventricolare e quindi riceve sangue sia dal ventricolo
sinistro che dal destro.
4. Ipertrofia ventricolare destra (non è un’anomalia congenita ma una conseguenza)
Ipertrofia ventricolare
Il cuore è di norma dilatato e presenta la forma a “scarpa” a causa della marcata ipertrofia ventricolare destra.
L’ipertrofia non è una malformazione congenita ma la conseguenza del ruolo sistemico del ventricolo destro.
Comunicazione interventricolare
Il DIV è ampio con valvola aortica all’altezza del bordo superiore del DIV stesso. L’aorta si porta a cavaliere
del difetto e di entrambe le camere ventricolari. Il DIV è localizzato in sede perimembranosa sottoaortica ed
è dovuto ad un malallineamento tra la componente infundibolare e le rimanenti porzioni settali.
Il difetto interventricolare determina l’uscita dell’aorta anche dal ventricolo destro (aorta con origine
biventricolare).
Stenosi sottopolmonare
Determina un ostacolo all’efflusso del ventricolo destro. È determinata dallo spostamento anteriore del setto
infundibolare con restringimento dell’infundibulo e ineguale ripartizione degli efflussi arteriosi, a scapito del
polmonare.
Ci puo anche essere una stenosi della valvola polmonare che è spesso bicuspide. La stenosi sottopolmonare
puo essere aggravata dall’ipertrofia delle trabecole setto-parietali o per la formazione di un anello fibroso
sottovalvolare.
121
Aorta a cavaliere sul setto interventricolare
La posizione a cavaliere dell’aorta è dovuta alla destroposizione della radice aortica ed è anche la
conseguenza emodinamica dello shunt destro-sinistro. Lo shunt destro-sinistro, responsabile della cianosi,
non è legato all’origine biventricolare dell’aorta ma è dovuto all’ostacolo all’efflusso del ventricolo destro
con elevazione delle pressioni polmonari.
Quando viene superata la pressione sistemica si verifica il passaggio di sangue non ossigenato in aorta
attraverso il difetto interventricolare.
Differenze con la sindrome di Eisenmenger → Nel complesso di Eisenmenger, in cui vi e destroposizione
dell’aorta senza stenosi polmonare, lo shunt destro-sinistro è conseguenza dell’aumento delle resistenze
polmonari distali per la malattia vascolare polmonare ostruttiva.
Quando il bambino cresce, il cuore aumenta di dimensioni e l’orifizio polmonare non si espande
proporzionalmente, determinando un progressivo peggioramento dell’ostruzione. La stenosi sottopolmonare
protegge il circolo polmonare da una ipertensione e lo scompenso destro è raro per la decompressione che si
attua nello shunt destro-sinistro.
Si possono verificare embolia paradossa ed endocarditi sul margine del DIV o sulla valvola polmonare.
Malformazioni frequentemente associati a TF sono:
- Arco aortico destroposto (25%)
- DIA di tipo fossa ovale
- Canale atrioventricolare completo
- Anomalie nell’origine e nel decorso delle coronarie (discendente anteriore origina da coronaria Dx)
Atresia polmonare dotto dipendente → incompatibile con la vita extrauterina poiche, dopo la nascita, si
chiude il dotto arterioso che è l’unica via di perfusione polmonare in questi soggetti.
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Atresia polmonare con circolo collaterale → il paziente può non presentare cianosi. Il circolo collaterale
sistemico, che origina dall’aorta discendente, va a formare una vera e propria circolazione polmonare
funzionale.
Il nome pseudotronco deriva dalla somiglianza dell’atresia polmonare con il tronco arterioso comune,
dato che solo un vaso (l’aorta) sembra uscire dal cuore. Tuttavia, nell’atresia polmonare con circolo
collaterale c’è la presenza nel cavo pericardico di arterie polmonari, anche se ipoplastiche.
Come nella TF, c’è ipertrofia ventricolare destra e ipoplasia delle arterie polmonari che rendono l’aspetto
radiologico a “zoccolo” per assenza dell’arco polmonare.
Manifestazioni cliniche
La displasia della tricuspide determina un aumento pressorio dell’atrio destro che impedisce la chiusura del
forame ovale che, dunque, rimane pervio. Si verifica shunt destro-sinistro e cianosi.
L’impianto tricuspidale basso determina anche un contatto tra miocardio atriale e ventricolare e
determina fenomeni di pre-eccitazione ventricolare.
Il bambino nasce con uno scompenso e liquidi nelle cavita pleuriche, addominali, nel sacco pericardico,
nella placenta.
Anche qui non è alterato il costrutto, tutte le connessioni normali sono presenti.
È una cardiopatia semplice che crea disfunzione e da morte per scompenso.
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La circolazione puo essere mantenuta da uno shunt destro-sinistro attraverso un DIA o un forame ovale
pervio, oltre che ad un DIV che consenta la comunicazione tra ventricolo sinistro e arteria polmonare che
origina dal ventricolo destro ipoplastico.
La cianosi è presente dalla nascita e la mortalita è precoce.
STENOSI POLMONARE
La stenosi polmonare è una malformazione che da origine ad una ostruzione a livello della valvola
polmonare. Embriologicamente, la stenosi polmonare deriva da una difettosa differenziazione dei cuscinetti
endocardici truncali.
La lesione puo essere isolata o puo far parte di cardiopatie complesse (TF, trasposizione grandi arterie, ecc...).
La stenosi non è cosi serrata da indurre un aumento pressorio da far mantener pervio il forame ovale, quindi
non si sviluppa shunt destro-sinistro (flusso polmonare normale).
Di norma, si sviluppa una ipertrofia ventricolare destra e dilatazione post-stenotica dell’arteria polmonare,
dovuta ai vortici di flusso ematico che fuoriescono “a getto” dalla sede ostruttiva. Si può avere:
- Stenosi sottopolmonare → la stenosi sottopolmonare isolata è dovuta all’ipertrofia di bande
muscolari setto parietali come la trabecola setto-marginale e altre (anomala differenziazione della
trabecola setto marginale o di una trabecola setto parietale). L’ingresso nell’infundibolo polmonare è
ristretto e il ventricolo destro viene diviso in due camere.
Se si associa ad un DIV puo mimare la tetralogia di Fallot, rimanendone comunque profondamente
diversa.
- Atresia polmonare con DIV→ Non c’è comunicazione tra polmoni e ventricolo destro. In questi
casi l’anomalia è associata ad un ventricolo destro ipoplasico e a un DIA. Il sangue raggiunge i
polmoni attraverso il dotto arterioso pervio (PDA) o tramite collaterali originati dall’aorta
discendente (gia trattata).
La stenosi lieve puo essere asintomatica e compatibile con una lunga sopravvivenza, mentre le stenosi
gravi vanno trattati chirurgicamente.
STENOSI AORTICA
La valvola aortica è una valvola tricuspide (cuspide posteriore, sinistra e anteriore destra) che giace
incuneata tra i due atri.
In particolare, è incuneata tra la valvola tricuspide e la mitrale, rispettivamente tra lembo posteriore, settale e
anteriore(tricuspide) e lembo posteriore e anteriore(mitrale); tale posizione si chiama incuneata.
La valvola aortica essa e formata da 3 cuspidi: anteriore destra, anteriore sinistra e posteriore:
- Cuspide anteriore sinistra → a tale livello c’è il seno di Valsalva sinistro, dal quale origina il
tronco comune della coronaria sinistra che stacca la discendente anteriore e la circonflessa di sinistra.
- Cuspide anteriore di destra → a tale livello c’è il seno di Valsalva destro, che da origine alla
coronaria destra.
Quindi, le coronarie nascono dall’aorta, rispettivamente dal seno di Valsalva destro e dal seno di
Valsalva sinistro.
Le cuspidi si uniscono tra di loro a livello delle 3 commissure che devono essere libere; nelle endocarditi
infettive o reumatiche ci sara la fusione delle commissure. Fondendosi le commissure la valvola diventa
stenotica.
124
Dall’anello fibrotico della valvola aortica si dipartono 3 speroni dove si inseriscono le cuspidi; cioe, l’anello
della valvola aortica ha una porzione circolare orizzontale e delle propaggini o creste che danno attacco ai
lembi cuspidali.
L’Aorta ascendente ha una radice aortica (dove stanno le cuspidi inserite) e una porzione tubulare. Tra
queste due porzioni c’è una protuberanza che si chiama giunzione seno-tubulare.
La porzione tubulare finisce quando origina il primo ramo epiaortico, che è l’arteria brachiocefalica, da cui si
origina la succlavia di destra e la carotide comune di destra.
Il riconoscimento delle varie porzioni dell’aorta ascendente è importante negli aneurismi e per i
cardiochirurghi nel posizionamento della protesi.
Il restringimento e l’ostruzione congenite della valvola aortica possono verificarsi a livello di tre sedi:
- Sopravalvolare
- Sottovalvolare
- Valvolare
Normalmente l’efflusso ventricolare sinistro è libero, non c’è alcun ostacolo e la sistole è efficiente.
Nell’80% dei casi la stenosi aortica congenita e isolata.
STENOSI VALVOLARE
Le forme piu frequenti di stenosi valvolare aortica congenita sono:
Valvola displastica → malformazione precocemente sintomatica caratterizzata da difettosa
differenziazione dei lembi valvolari con degenerazione mucoide e noduli mixoidi nei lembi.
Diventa letale se associata a fibroelastosi endocardica e a ipoplasia del ventricolo sinistro.
Valvola unicuspide → è presente una sola cuspide valvolare a cupola con lume stenotico.
Singola commissura.
Valvola bicuspide → è la cardiopatia congenita piu frequente (1-2%) ed è compatibile con la
vita (una vita normale). Si complica tuttavia con endocarditi e calcificazioni che la rendono
sintomatica. Può anche associarsi a morte improvvisa per rottura aortica da dissezione per
medionecrosi cistica.
Le prime due derivano da una difettosa differenziazione dei cuscinetti endocardici truncali, mentre la valvola
aortica bicuspide deriva dall’assenza di contributo di un cuscinetto truncale o per mancata separazione dei
lembi valvolari.
Nella stenosi aortica congenita grave, l’ostruzione del tratto di efflusso ventricolare sinistro conduce ad una
ipoplasia del ventricolo sinistro e dell’aorta ascendente, talvolta accompagnati da una densa fibroelastosi
endocardica ventricolare sinistra “a porcellana”.
Le conseguenze fisiopatologiche della stenosi diverse: flusso turbolento, ipodiastolia, ischemia e aritmie.
Un'altra causa di stenosi subaortica è la cardiomiopatia ipertrofica.
125
Flusso turbolento
Le turbolenze si ripercuotono sia sulle cuspidi valvolari creando stress e dis-endotelizzazione del miocardio
con trombosi e fibrosi, ma anche lesioni da eiezione turbolenta di sangue sulla parete della porzione tubulare
dell’aorta ascendente.
Ipodiastolia
Ovvero, un’insufficienza diastolica del Ventricolo sx. Quando c'è una un’ipertrofia concentrica le camere
ventricolari sono rigide e si vanno rilasciando a poco a poco, la pressione e a livelli superiori rispetto alla
curva pressoria diastolica del soggetto normale.
La perfusione coronarica avviene in diastole per la caduta pressoria nel ventricolo e per l’aumentata
pressione in aorta.
Negli strati di miocardio subendocardico, si verifica una vasodilatazione preferenziale che apre il
microcircolo e, per l’effetto spugna, c’è la trattenuta di sangue che compensa e perfonde durante il
progressivo aumento pressorio nel ventricolo in riempimento.
Nell’ipodiastolia si riduce la perfusione coronarica poiche il ventricolo si apre poco e la pressione
intraventricolare rimane elevata, comprimendo i vasi subendocardici e impedendo la perfusione.
L’ipodiastolia, quindi, predispone ad ischemia, infarto e aritmie.
Nel giovane noi possiamo trovare una morte improvvisa con cuore ipertrofico, il quale puo essere un
substrato istologico di un’aritmia.
STENOSI SOPRAVALVOLARE
Ne esistono 3 forme diverse ma sono molto rare:
Stenosi a diaframma → è costituita da un restringimento a cercine nel punto di passaggio tra
la porzione sinusale e tubulare dell’aorta ascendente.
Stenosi a clessidra → è caratterizzata dall’ispessimento progressivo della parete dell’aorta
ascendente (tra radice e porzione tubulare) e restringimento del lume.
Stenosi tubulare → lungo tratto stenotico per ipoplasia dell’aorta ascendente.
La stenosi è dovuta alla fibroelastosi e/o all’anomalo sviluppo del sacco aortico.
La stenosi sopravalvolare si associa frequentemente alla sindrome di Williams-Beuren che è causata da
delezioni al cromosoma 7 (geni per l’elastina).
La sindrome si accompagna a ipocalcemia, anomalie cognitive e anomalie facciali.
COARTAZIONE AORTICA
L’istmo aortico è quella porzione di aorta interposta tra succlavia sinistra e dotto (o legamento) arterioso.
Il restringimento istmico rappresenta un ostacolo alla progressione ematica tra aorta ascendente e
discendente.
Embriologicamente può essere spiegata dall’errore nello sviluppo dei IV arco aortico, oppure, per
l’estensione del tessuto duttale a livello istmico.
È due volte piu frequente nei maschi rispetto alle femmine che, tuttavia, sono spesso colpite se hanno la
Sindrome di Turner. Esistono due forme:
Forma infantile → il restringimento istmico è piu marcato e si associano anomalie
intracardiache come l’ostacolo all’efflusso ventricolare sinistro e DIV che determinano shunt
sinistro-destro importanti e insufficienza biventricolare precoce. L’ostruzione istmica è cosi
severa che la perfusione dell’aorta discendente è dipendente dalla pervieta del dotto arterioso.
La chiusura del PDA in combinazione con la coartazione aortica, porta alla riduzione della
perfusione periferica e insufficienza renale. È una cardiopatia congenita incompatibile con la
vita extrauterina.
Forma adulta → strozzamento eccentrico dell’aorta di fronte al dotto arterioso chiuso
(legamento arterioso) e distalmente ai vasi dell’arco aortico. Puo passare asintomatica fino
all’eta adulta, infatti, ha evoluzione piu benigna della forma infantile. Nel 50% dei casi è
associata a bicuspidia aortica.
Caratteristica particolare è lo sviluppo di una rete collaterale man mano che progredisce la stenosi. Il circolo
collaterale piu importante è tra i vasi a monte della coartazione con quelli a valle: le arterie mammarie
126
interne (a monte) prendono anastomosi con l’aorta discendente (a valle), tramite le arterie intercostali.
L’ectasia delle intercostali provoca delle erosioni alle coste visibili alla RX (incisure).
In presenza di coartazioni significative si registrano soffi olosistolici e, talvolta, fremito vibratorio. Il
lungo sovraccarico pressorio puo determinare una ipertrofia concentrica sinistra.
Nella coartazione
aortica non complicata, la resezione chirurgica del tratto ristretto e l’impianto di un tubo valvolato o di
un’anastomosi termino-terminale, e risolutiva.
Manifestazioni cliniche
L’ipertensione sovra-stenotica (cardiopatia ipertensiva) determina un sovraccarico pressorio al ventricolo
sinistro con ipertrofia concentrica. Vi possono essere anche danni al circolo cerebrale (emorragie per rottura
di vasi e aneurismi). Inoltre, l’ipertensione nel circolo coronarico favorisce la progressione accelerata
dell’aterosclerosi, mentre, sulle pareti aortiche puo favorire la medionecrosi cistica e, quindi, la dissecazione
e gli aneurismi.
Tipica in questi pazienti è l’ipotensione e polsi deboli agli arti inferiori (assenza polso femorale) e presentano
anche manifestazioni di insufficienza arteriosa: atrofia, claudicatio intermittens, senso di freddo e parestesie.
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2. Circoli sistemico e polmonare in parallelo
- Trasposizione completa delle grandi arterie.
3. Ostruzioni al deflusso venoso polmonare
- Drenaggio venoso polmonare anomalo totale
- Cuore triatriatum.
ATRESIA AORTICA
Interruzione di comunicazione tra aorta ascendente e ventricolo sinistro. Solitamente, il ventricolo sinistro e
la mitrale appaiono ipoplasici e fibroelastotici e il setto interventricolare e integro:
- Circolazione fetale → Durante la vita fetale, per l’ipoplasia del settore sinistro, tutto il sangue
venoso sistemico passa dall’atrio destro al ventricolo destro e all’arteria polmonare: tramite il dotto
arterioso il sangue passa nell’aorta ascendente. A livello dell’istmo aortico, il sangue prende una via
anterograda (aorta discendente, letto splancnico e placentare) e una via retrograda (arco aortico,
circolo coronarico, vasi brachiocefalici).
Alla nascita c’è l’espansione dei polmoni e attivazione del piccolo circolo con chiusura del dotto
arterioso. Il sangue dalla polmonare va totalmente ai polmoni e, da qua, ritorna all’atrio sinistro.
L’ipoplasia del ventricolo sinistro determina una congestione polmonare notevole con ipoperfusione
periferica (ischemia coronarica, renale e cerebrale). La sopravvivenza dipende dal mantenimento del
dotto arterioso pervio e dall’intervento di atrio-settostomia.
- Associazione con un DIV→ è rara, in questo caso ventricolo sinistro e mitrale sono normosviluppati
per l’azione decompressiva del DIV sul sovraccarico volumetrico. È comunque una cardiopatia
gravissima con morte neonatale poiche si chiude fisiologicamente il dotto arterioso e si interrompe la
comunicazione tra circolo polmonare e sistemico. In questo caso il difetto è una sepimentazione
tronco-conale ineguale con DIV da malallineamento settale.
L’atresia aortica è attribuibile ad un’anomala sepimentazione a livello tronco-conale a spese
dell’efflusso aortico (atresia aortica con ipoplasia mitralica). Puo anche succedere un mancato
sviluppo dell’orifizio mitralico con coinvolgimento secondario dell’efflusso aortico (atresia
mitroaortica).
ATRESIA POLMONARE
Esistono la forma associata al DIV e dotto arterioso pervio, e una forma con setto interventricolare integro.
Entrambe le forme sono caratterizzate da una mancanza di comunicazione tra ventricolo destro e arteria
polmonare con ipoafflusso ai polmoni, i quali possono essere perfusi solamente grazie al PDA (dotto
arterioso pervio):
- Atresia polmonare con setto integro → shunt destro-sinistro atriale con sovrafflusso alle sezioni
sinistre. Si accompagna ad ipoplasia del ventricolo destro e della tricuspide.
Embriologicamente, l’ostruzione polmonare è legata ad una noxa patogena che agisce a livello delle
valvole semilunari nel momento in cui gli archi aortici si sono formati e la sepimentazione
cardiovascolare e completa.
- Atresia polmonare con DIV→ shunt destro-sinistro ventricolare: l’aorta ha un’origine
biventricolare e raccoglie la gittata di entrambi i ventricoli. Si caratterizza per atresia infundibolare e
valvolare, DIV e destroposizione aortica. Embriologicamente si spiega per anomalia di
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sepimentazione del tronco-cono e dislocazione anteriore dei cuscinetti troncoconali che da
ostruzione polmonare.
Durante la vita intrauterina la malformazione è compatibile con la vita poiche il dotto arterioso è pervio e i
polmoni vengono perfusi. Dopo la nascita, con la chiusura del dotto arterioso, la situazione
non è piu compatibile con la vita.
Solo il mantenimento della pervieta del dotto con le prostaglandine puo consentire la sopravvivenza.
Frequente è anche la presenza di fibroelastosi endocardica e di sinusoidi che connettono il ventricolo destro
con la rete coronarica.
Associazione con anomalia di Ebstein → ventricolo destro estremamente dilatato e atriomegalia destra.
La malformazione spesso si associa a DIV, ostruzioni dell’efflusso sinistro e malformazioni della mitrale.
L’ostruzione all’efflusso sinistro e il DIV (aumento di pressione+ pervieta interventricolare) facilitano lo
shunt sinistro-destro con iperafflusso polmonare. Dal punto di vista clinico si avrà: ipoperfusione periferica
per chiusura del dotto arterioso e restrizione istmica con insufficienza renale e iperafflusso polmonare con
insufficienza ventricolare destra.
La malformazione è fatale nei primi mesi di vita.
Puo essere dovuta ad una noxa che porta a difettoso sviluppo del IV arco aortico, oppure, ci puo essere una
ineguale ripartizione dei flussi intracardiaci con perfusione preferenziale del VI arco aortico.
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di sangue ossigenato sinistro-destro verso il ventricolo destro e, dunque, verso l’aorta. Si viene a
creare un quadro di cianosi con polmoni protetti (simile alla TF).
4. TGA con DIV e coartazione aortica→ è la forma piu grave poiche vi sono tanti difetti associati:
DIV, coartazione aortica e ostruzione all’efflusso ventricolare destro.
La dipendenza (per il mescolamento di sangue) dal forame ovale pervio o da un PDA (dotto arterioso pervio)
è molto pericolosa, infatti, questi sistemi di shunt sistemico-polmonari, si chiudono precocemente e ciò
determina la necessita all’intervento chirurgico nei primi giorni di vita per creare un nuovo shunt.
Col passare del tempo, il ventricolo destro diventa ipertrofico poiche sostiene la circolazione sistemica e, il
ventricolo sinistro, diventa ipotrofico poiche sostiene la circolazione polmonare.
Senza intervento chirurgico di creazione di shunt (settostomia atriale), la prognosi è infausta nei primi giorni
di vita.
CUORE TRIATRIATUM
È una cardiopatia congenita caratterizzata dalla presenza di uno sperone fibroso o muscolare che divide
l’atrio sinistro in due parti: si parla di cuore triatriato sinistro, poiche l’atrio sinistro è bipartito.
Si creano 2 cavita nell’atrio sinistro e quindi una stenosi: le vene polmonari drenano nella cuffia atriale al di
sopra della stenosi, mentre il forame ovale è situato al di sotto; la stenosi è piu o meno grave in relazione alle
dimensioni del pertugio che fa comunicare le due parti in cui l’atrio risulta diviso.
La situazione è silente in epoca fetale per il poco/nullo ritorno venoso polmonare.
La malformazione diventa sintomatica alla nascita quando incrementa il ritorno venoso all’atrio sinistro e si
manifesta con la congestione polmonare.
Embriologicamente la malformazione risulta da un difetto di connessione tra vena polmonare comune e atrio
sinistro.
130
IPERTENSIONE POLMONARE NELLE
CARDIOPATIE CONGENITE
Nel polmone si possono distinguere le vie aeree e l’acino polmonare.
L’acino polmonare è il microambiente dove avviene lo scambio gassoso, mentre le vie aeree sono (superiori
e inferiori) costituite dai bronchi e hanno il compito di veicolare l’aria in entrata e in uscita fino all’acino
polmonare e da questo verso l’esterno.
Nel polmone vige la legge di Reed che afferma che ogni ramo si divide dicotomicamente a sua volta in due
successive ramificazioni e cosi di seguito.
Le ramificazioni delle vie polmonari sono definite gia alla fine della 16esima settimana, dopo si amplieranno
con la crescita della gabbia toracica.
Il numero delle ramificazioni bronchiali rimarra sempre uguale anche da adulto.
Dopo la 16° settimana la ramificazioni si allungheranno e si amplieranno.
L’acino polmonare (zona di ematosi) si sviluppera dopo la 16° settimana e risultera costituito da:
- bronchioli respiratori (prossimali o distali)
- condotti alveolari
- sacculi
- alveoli
Le vie aeree (bronchi) sono ramificati alla fine della 16° settimana di gestazione, l’ultima ramificazione è
data dal bronchiolo terminale. L’ultimo avamposto della formazione delle ramificazioni bronchiali è il
bronchiolo terminale, dopo si avrà l’acino polmonare.
Si possono dividere le vie aeree in:
- Bronchi principali destro e sinistro
- Bronchi lobari
- Bronchi segmentari
- Bronchi interlobari
- Bronchi interlobulari
Appena entrano dentro il lobulo, i bronchi perdono la cartilagine e si dividono dicotomicamente fino
all’ultimo avamposto che è il bronchiolo terminale
L’acino polmonare, i bronchioli respiratori, i condotti alveolari e i sacculi si sviluppano nell’ utero mentre gli
alveoli si sviluppano fuori dall’utero, dopo la nascita del bambino. L’alveolizzazione è un processo post
natale che comincia alla nascita e si conclude verso l’ottavo anno di vita.
131
Tuttavia, nei polmoni, ci sono dei vasi in sovrannumero cioe superiori in numero rispetto alle unita delle
strutture dell’acino polmonare.
Questo costrutto anatomico è utile in caso di ostruzione di un vaso: si compensa con quelli collaterali.
Al contrario degli altri, i vasi sovranumerari si orientano in senso ortogonale alle ramificazioni bronchiali e
non si dividono dicotomicamente; il capillare settale (quello tra due alveoli) irrorato sia dalle arterie
numerarie che da quelle sovranumerarie.
Considerando solo le arterie numerarie:
- Arterie preacinari → seguono le vie aeree. Durante la vita intrauterina sono muscolarizzate fin
quando arrivano al bronchiolo terminale. Nell’acino non c’è muscolo; ci sono solo endotelio, fibre
elastiche e lamina elastica.
- Arterie intracinari → seguono l’acino polmonare e non hanno nessun muscolo durante la vita
intrauterina. Quando il bambino nasce ha pochi alveoli e, il processo di alveolizzazione, si completa
entro gli 8 anni. Spesso si vedono i bambini che piangono provocando un blocco della ventilazione
con rischio di andare in ipossia, aumentare la CO2 acinare, diminuire il pH e quindi indurre
vasocostrizione. Le arterie intracinari, non essendo muscolarizzate, non possono vasocostringersi
durante il pianto e ciò è una protezione verso ischemia e infarto polmonare.
C’è ancora un altro motivo per cui queste arterie non sono dotate di tessuto muscolare: infatti,
avendo le arterie intracinari parete sottili lo spessore parietale è minimo, per cui, lo scambio dei gas
nel neonato è facilitato, ci sono meno alveoli ma c’è una attivita di compenso perche la distanza
alveolo capillare o alveolo vascolare è ridotta.
- Zona di transizione → rappresenta una zona di passaggio dalle arterie preacinari a quelle intracinari.
Le arterie sono parzialmente muscolarizzate perche la muscolatura assume un andamento elicoidale.
Il muscolo si trova solo in una parte della circonferenza: da una parte c’è muscolo tra le due lamine,
dall’altra parte non ce n’è.
Quando il vaso è dilatato non si possono vedere le cellule endoteliali che sono random distribuite.
Quando il vaso è costretto si accorcia il diametro del vaso e si vedono i puntini dei nuclei delle cellule
endoteliali.
Nel feto e nel neonato l’arteria preacinare è eccessivamente muscolarizzata rispetto all’adulto di 30 anni.
Siccome nel periodo fetale si è in anectasia polmonare, l’ipossia e l’acidemia determinano vasocostrizione: il
sangue che dalle arterie polmonari arriva nel polmone trova come capolinea le arterie preacinari che sono
muscolarizzate e spasmizzate. Lo stress pressorio sulle arterie preacinari è massimale e questo sollecita
l’iperplasia della tunica media e attiva la muscolarizzazione.
Quando nasce il bambino, il polmone ventila, c’è aria, quindi si ha vasodilatazione, si toglie la
vasocostrizione e si aprono questi vasi i quali non vengono piu insultati da ipertensione.
Il sangue scorre a pieno calibro piu a valle nel territorio intracinare e finisce lo stress parietale dei preacinari.
Nell’adulto il muscolo delle arteriole preacinari è piu basso, piu piccolo rispetto alla muscolarizzazione della
vita fetale.
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Classificazione di Edward
Nell’ iperafflusso polmonare per un difetto interatriale o un difetto interventricolare la prima lesione che si
osserva e la muscolarizzazione delle arterie intracinari.
Mentre le lesioni ipertensive vascolari in un soggetto affetto da DIV o del setto aorto-polmonare si
sviluppano nei primi sei mesi di vita, nel DIA la vasculopatia polmonare si ha verso i 30 anni.
Ciò poiche la pressione polmonare nel caso dei difetti pre- tricuspidali certamente è piu bassa (minore è
anche lo shunt fra atrio sinistro e destro) per cui la vasculopatia risulta procrastinata nel tempo.
Per i difetti post-tricuspidali, a livello ventricolare e a livello di setto aorto-polmonare essa e anticipata.
Si hanno vari stadi:
STADIO 1→ In un vaso ad alta resistenza la tunica media è bordata da una lamina elastica
esterna e una lamina elastica interna; quando aumenta la pressione viene stressata la tunica
muscolare che ipertrofizza e iperplasizza le cellule muscolari lisce. Quindi la tunica media si
ispessisce per ipertrofia ma soprattutto per iperplasia con restrizione del lume; questo spiega lo
stadio 1A, cioe l’eccessiva muscolarizzazione delle preacinari e l’iperplasia spiega la
muscolarizzazione delle intracinari:
- 1A→ Ipermuscolarizzazione delle arteriole preacinari
- 1B→Muscolarizzazione delle arteriole intracinari
STADIO 2 → quando un vaso viene stressato da iperafflusso ad alta pressione si creano dei
gaps nella lamina elastica interna. “è come se si dicesse, alle cellule muscolari lisce della tunica
media che, c’è spazio nell’intima”. I miociti modificano la loro geometria e da paralleli alla
membrana basale diventano perpendicolari, superano questi gaps e dalla media si portano
nell’intima. Siccome sono cellule mesenchimali si trasformano in miofibroblasti e l’intima si
ispessisce:
- 2° → ispessimento cellulare miofibroblastico (dovuto al TGF-beta)
- 2B → ispessimento fibrotico (i miofibroblasti producono collagene e determinano fibrosi)
Se si chiude il difetto del setto interventricolare e ci si trova nella fase 2A, la lesione vascolare
polmonare è reversibile: solo la fase 1 di ispessimento cellulare intimale regredisce. Invece,
l’altra è irreversibile perche si verifica la produzione di collagene e quindi l’ispessimento
sclerotico.
STADIO 3 → La sclerosi oltre all’intima guadagna anche la media, c’è una displasia
fibromuscolare, il vaso è sclerotizzato e il lume si restringe.
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CARDIOMIOPATIE
Le alterazioni primitive del miocardio che riconoscono come causa un problema interno al muscolo cardiaco
sono più rare di quelle secondarie.
Nonostante si cominci solo adesso a far luce con esattezza su queste condizioni patologiche, esistono
comunque alcuni concetti e definizioni acquisiti che permettono di effettuare una trattazione clinica e
morfologica, e di abbozzare una prima classificazione.
Si definiscono cardiomiopatie tutte le alterazioni primitive del muscolo cardiaco (non dipendono quindi da
ipertensione, cardiopatie congenite, aterosclerosi coronaria, valvulopatie), e sono un gruppo eterogeneo di
patologie associato a disfunzioni meccaniche e/o elettriche che di solito mostrano ipertrofia ventricolare
inappropriata o dilatazione. Possono far parte anche di disturbi sistemici.
Poichè è una patologia primaria del muscolo cardiaco, la diagnosi è di esclusione.
Può essere una patolgia primitiva o secondaria ad altri disturbi, e la diagnosi è solitamente per esclusione.
Sono malattie che non possono essere riconosciute immediatamente sulla base di osservazioni cliniche e che
traggono la loro definizione da elementi morfologici e funzionali. Quelle dilatative sono le più frequenti,
seguiti da quelle ipertrofiche e da quelle restrittive.
Ognuna di queste può avere come causa un processo idiopatico, primitivo o secondario.
Grazie a queste difficoltà diagnostiche, si è diffusa negli anni la procedura del prelievo bioptico
endomiocadico, fatto con una pinza collegata ad un catetere venoso che viene inserito nella giugulare e
arriva fino al setto interventricolare.
Tutto lo strumento si chiama miotomo, e l’esecuzione di queste biopsie viene fatta di routine per il follow up
dei pazienti cardiomiopatici.
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CARDIOMIPATIA DILATATIVA
Condizione derivata da un gran numero di danni al miocardio in cui si ha:
- Dilatazione del cuore (tutte e 4 le camere, soprattutto ventricolo sinistro)
- Modesta ipertrofia (mascherata dalla dilatazione)
- Disturbi della contrattilità
EZIOLOGIA
Influenze genetiche: è una patologia familiare nel 30-50% dei casi a causa di mutazioni che
colpiscono circa 20 geni codificanti per proteine coivolte nella formazione del citoscheletro (Titina,
gene TTN, causa del 20% delle cardiomiopatie dilatative, o Distrofina, mutata anche nella S. di
Duchenne), del sarcolemma e dell’involucro del nucleo (Laminina A/C). Si parla per lo più di
modalità di trasmissione autosomica dominante, mentre la forma autosomica recessiva legata al cr. X
(dopo la pubertà) e quella legata al genoma mitocondriale (soprattutto popolazione pediatrica, difetti
della fosforilazione ossidativa o nella β-ossidazione degli acidi grassi) sono meno frequenti.
Alcolismo: a differenza di quella idiopatica, che è inesorabilmente progressiva, questa condizione
regredisce con l’eliminazione dell’alcool dalla dieta. E’ la forma più comune nei paesi occidentali.
Sono possibili anche effetti acuti dell’abuso di alcool sul cuore (cardiomiopatia da vacanza),
essenzialmente di tipo aritmico. L’effetto tossico è diretto (mediato dall’acetaldeide) ma anche
indiretto tramite il deficit della tiamina dalla dieta, che porta ad una cardiopatia chiamata beriberi.
Displasia ventricolare destra: malattia particolare con sostituzione progressiva di tessuto adiposo
alla muscolatura cardiaca, frequentemente associata ad aritmie ventricolari e quindi alla morte
improvvisa; è chiamata anche miocardiopatia aritmogena.
Farmaci e altre sostanze: carenza di tiamina, eccesso di cobalto (responsabile del cuore bovino dei
bevitori di birra contaminata), antitumorali antraciclici (doxorubicina)
Malattie neuromuscolari degenerative (distrofia di Duchenne) : come detto prima, per la
mutazione del gene codificante per la distrofina.
Parto (Cardiomiopatia Peripartum): insorge nell’ultima fase della gravidanza o fino ad un mese
dopo il parto; il meccanismo è multifattoriale, causato probabilmente sia dall’ipertensione, dal
sovraccarico di volume, dal deficit nutritivo e dagli altri squilibri metabolici, dalla reazione
immunitaria.
Sovraccarico di ferro: può dipendere sia da emocromatosi ereditaria, sia da trasfusioni multiple.
Miocardite virale acuta (con possibilità di intervento di fattori immunitari)
Stress Sovrafisiologico: in seguito a persistente tachicardia, ipertiroidismo, o anche durante lo
sviluppo. L’eccesso di catecolamine (es. feocromocitoma) può portare alla presenza di una necrosi
miocardica multifocale a bande di contrazione che può sfociare nella Cardiomiopatia Dilatativa.
Stesso effetto può dare la cocaina. Lo stress psicologico può portare alla “Cardiomiopatia
Takotsubo”, una disfunzione contrattile del ventricolo sx che presenta necrosi multifocale a bande di
contrazione (soprattutto nell’apice, assomigliando ad un tipico vaso giapponese, il Takotsubo).
Le catecolamine causano il danno direttamente (concentrazioni di calcio) e indirettamente (tramite la
vasocostrizione).
Sono importanti anche alcuni dati di associazione genica e di familiarità, come per esempio la mutazione
della distrofina (distrofia muscolare di Duchenne), o della fosforilazione ossidativa, o per la β ossidazione.
Tutte queste cause genetiche ricoprono un ruolo più o meno importante nel 20-30% delle CMPD.
Da non dimenticare che la maggior parte delle CMPD è infine idiopatica.
ANATOMIA PATOLOGICA
Il peso del cuore è di circa 2-3 volte superiore al normale, con volume aumentato, consistenza flaccida e
dilatazione di tutte le camere. Poiché la dilatazione procede di pari passo con ipertrofia, a seconda
dell’importanza relativa di questi due fenomeni possiamo trovare un aumento, diminuzione o normalità dello
spessore della parete, e questo può modificarsi anche nel corso della malattia.
La dilatazione delle camere provoca insufficienza anterograda e può compromettere la funzione valvolare,
creando un reflusso da incontinenza, anche se non ci sono alterazioni valvolari primitivi.
In ogni caso, il ristagno di sangue predispone alla trombosi murale e si trovano infatti spesso trombi ed
emboli in circolo.
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Non si trovano in maniera significativa lesioni coronariche e aree di fibrosi cicatriziale estese (ma si trovano
al MO).
Istologicamente, le alterazioni sono aspecifiche, e non sono indicative di un processo eziologico particolare,
e nemmeno la loro gravità è un indice prognostico.
Si trovano cellule ipertrofiche con nuclei ingranditi, accanto a cellule assottigliate e striate.
Si trova fibrosi interstiziale di grado variabile e piccole aree di cicatrice fibrosa. Queste lesioni sono dovute
all’ischemia che si provoca nelle fasi avanzate della malattia dovuta alle alterazioni funzionali.
La parete del ventricolo destro risulta severamente assottigliata e presenta una estesa infiltrazione adiposa,
con perdita di miociti e fibrosi interstiziale.
CLINICA
Le manifestazioni cliniche sono quelle dell’insufficienza cardiaca congestizia, e sebbene nella maggior parte
dei casi i sintomi insorgono gradualmente e progrediscono verso il quadro finale dello scompenso lentamente,
si può avere anche un passaggio molto rapido verso lo scompenso.
Si manifesta a qualunque età (ma è più frequente fra i 20 e i 60 anni). Dopo 2-5 anni il paziente in genere
muore, e la frazione di eiezione a questo punto risulta inferiore al 25%. Di solito la malattia è progressiva ed
è una indicazione al trapianto cardiaco.
I sintomi iniziali sono rappresentati da dispnea da sforzo e facile affaticabilità.
La cardiopatia dilatativa si associa frequentemente a aritmie ipercinetiche.
Le cause di morte sono rappresentate da:
insufficienza cardiaca
embolia sistemica o polmonare
cardiopatia ischemica
fibrillazione ventricolare
Negli ultimi anni si è visto come la malattia, che prima si pensava nascesse primariamente nel
ventricolo desto, può nascere anche nel ventricolo sx e successivamente interessare anche il
ventricolo dx.
Se è associata a ipercheratosi delle superfici cutanee palmoplantari (alterazione del gene che codifica per la
placoglobina, associata ai desmosomi), si parla di Sindrome di Naxos.
136
CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA
EZIOLOGIA ED EPIDEMIOLOGIA
È un comune disturbo genetico (incidenza 1/500), clinicamente eterogeneo e caratterizzato da ipertrofia
miocardica (con miocardio ventricolare sinistro scarsamente deformabile) che porta ad un anomalo
riempimento diastolico e ad ostruzione intermittete dell’efflusso ventricolare.
Il cuore avrà pareti ispessite, peso aumentato e sarà in uno stato di ipercontrazione muscolare (mentre nella
cardiomiopatia dilatativa era flaccido e ipocontratto).
La prima conseguenza che si viene a determinare è un’insufficienza diastolica, mentre l’attività sistolica è
preservata.
La diagnosi differenziale è da fare con le miocardiopatie da accumulo e con la cardiopatia ipertensiva.
È stato dimostrato che nella metà dei casi la malattia ha una base genetica, con trasmissione autosomica
dominante ad espressività variabile. I rimanenti casi sporadici sono o mutazioni ex novo o casi a trasmissione
recessiva, più difficili da individuare.
I geni coinvolti riguardano soprattutto (80%) le proteine contrattili del miocardio (miosina β, troponina T, α-
tropomiosina, proteina C legante la miosina, MYBP-C), e le mutazioni che coinvolgono una stessa proteina
possono essere molteplici.
La sequenza che porta dalle mutazioni alla malattia è sconosciuta.
FISIOPATOLOGIA
È associata ad ipertrofia cardiaca senza dilatazione (ipertrofia concentrica).
A differenza dell’ipertrofia che si verifica in condizioni di sovraccarico pressorio cardiaco (ipertrofia
appropriata da aumento del postcarico) nella cardiopatia ipertrofica l’ipertrofia è dovuta ad una malattia
intrinseca del miocardio e non risulta quindi appropriata al postcarico (ipertrofia inappropriata).
ANATOMIA PATOLOGICA
Massiva ipertrofia concentrica senza dilatazione del miocardio che è il reperto principale e la causa delle
alterazioni.
L’ipertrofia riguarda particolarmente il setto ed è asimmetrica a svantaggio della parte destra (ipertrofia
settale asimmetrica), e localizzata prevalentemente nella sede subaortica, dove provoca ostruzione dinamica.
Il ventricolo sinistro in sezione longitudinale assume un aspetto a banana. Nel 10% dei pazienti, però,
l’ipertrofia è simmetrica.
Come conseguenza del contatto fra il lembo anteriore della mitrale e il setto ispessito, si può trovare una
placca endocardica fibrosa murale del setto associata ad un ispessimento del lembo anteriore della valvola
mitrale.
137
Anche l’atrio sinistro risulta dilatato con pericolo di trombosi.
Istologicamente, colpisce:
- il notevole grado di ipertrofia dei miociti (con diametro trasverso che aumenta dai normali 15μm
anche a 40 μm)
- la disorganizzazione delle miofibrille che provoca perdita della normale morfologia strutturale dei
sarcomeri e delle striature
- l’accumulo di glicogeno
- fibrosi interstiziale sostitutiva.
- Sono presenti infine anche anomalie coronariche.
CLINICA
La riduzione del volume cavitario e la presenza di alterazioni all’efflusso provocano una insufficienza
anterograda, e accumulo di sangue nel circolo polmonare. Nel paziente sintomatico il sintomo più frequente
è la dispnea cardiaca secondaria all’incremento della pressione a livello polmonare.
Può essere presente anche angina da sforzo secondaria alla cardiopatia ischemica.
Possono essere presenti anche sincopi o lipotimia scatenate da aritmie ventricolari o sopraventricolari.
È presente un soffio meso-telesistolico dovuto all’ostruzione dinamica all’efflusso ventricolare sinistro che
aumenta durante la manovra di Valsava (espirazione forzata a glottide chiusa che riduce il ritorno venoso al
ventricolo destro ed aumenta quello del ventricolo sinistro per riduzione della capacità delle vene polmonari).
Essendoci ipertrofia, alta pressione e deficit anterogrado, nonché anomalie coronariche, sono presenti spesso
aree di cicatrizzazione fibrosa ed è frequente il dolore anginoso.
Le complicanze sono:
Fibrillazione atriale (principale e più temibile) Æ trombi murali Æ emboli
Endocardite infettiva della mitrale
ICC non trattabile
Aritmie e morte improvvisa
Data la grande quantità di mutazioni possibili (circa 50), la prognosi è estremamente variabile e alcuni quadri
possono migliorare o addirittura regredire. Risultano alcune associazioni fra mutazioni specifiche e prognosi
migliori o peggiori.
CARDIOMIOPATIA RESTRITTIVA
In questa malattia non viene interessata la funzione sistolica del ventricolo, ma c’è un significativo deficit di
riempimento diastolico. È caratterizzata da un incremento della consistenza e della rigidità miocardica
secondaria ad un processo di fibrosi con riduzione della compliance ventricolare. Si ha atriomegalia marcata.
L’incremento di rigidità della parete inoltre determina stasi con suscettibilità alla trombosi che determina
embolia sia polmonare che sistemica.
EZIOLOGIA
Può essere idiopatica, ma anche associata ad altre cause di malattia:
1. Fibrosi endomiocardica : è caratterizzata dall’ispessimento fibroelastico dell’endocardio, in
corrispondenza del tratto di afflusso del ventricolo e spesso anche delle valvole AV. Il miocardio è
sostituito da un tessuto più rigido (anche se si ha la presenza di fibre elastiche) e può essere focale o
diffusa. Si associa spesso ad altre malformazioni cardiache congenite.
E’ una malattia ad eziologia sconosciuta, che colpisce i bambini delle zone dell’Africa a più alta
povertà. Il fatto che colpisca il ventricolo destro o sinistro rende ragione della differente
sintomatologia che si manifesta in questa malattia.
2. Endomiocardite di Loeffler : forse rappresenta una fase evolutiva successiva rispetto alla
fibroelastosi endomiocardica in cui la fibrosi che inizia dal tessuto endocardico coinvolge tutta la
parete.
La malattia compare nel contesto di una sindrome da ipereosinofilia, che può essere idiopatica o
manifestarsi in corso di leucemia, neoplasie o malattie allergiche.
Gli eosinofili circolanti presentano alterazioni funzionali. Si ritiene che la liberazione da parte di
infiltrati eosinofili a livello miocardico di sostanze tossiche ed in particolare la proteina basica
maggiore determini il danno endocardico con successiva riparazione tramite fibrosi.
138
3. Fibroelastosi endomiocardica : rara malattia cardiaca caratterizzata da un ispessimento
fibroelastico che coinvolge l’endocardio ventricolare sinistro. È comune nei primi due anni di vita e
in un terzo dei casi si ha la concomitanza di altre patologie congenite cardiache. Le cause possono
essere molteplici, dalle infezioni virali (esposizione intrauterina alla parotite) alle mutazioni
genetiche (come quella che colpisce il gene per la Tafazzina, alterando l’integrità della membrana
mitocondriale interna.
4. Amiloidosi : Può essere localizzata o generalizzata e colpisce soprattutto individui al di sopra dei 70
anni;
5. Emocromatosi : caratterizzata da depositi di Fe ben evidenziabili con il Blu di Prussia
6. Sarcoidosi : caratterizzata dai tipici granulomi non caseificanti e non confluenti con cellule giganti
che presentano inclusioni citoplasmatiche (corpi asteroidi).
ANATOMIA PATOLOGICA
Nella cardiomiopatia restrittiva idiopatica i ventricoli sono normali di dimensioni o leggermente ingranditi. Il
miocardio ha consistenza aumentata e la dilatazione riguarda solo gli atri. L’aspetto istologico predominante
è quello della fibrosi diffusa.
- Nella Cardiomiopatia Ipertrofica il ventricolo si apre "a poco a poco" durante la protodiastole,
durante la mesodiastole, durante la telediastole; cioè la dilatazione nella cardiomiopatia
ipertrofica,anche se è ridotta, è una progressiva, si apre "sempre meno del normale" ma in maniera
progressiva nelle varie fasi.
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MIOCARDITE DA FARMACI
Molti composti sono responsabili di danno diretto del miocardio per stimolazione della perossidazione
lipidica e quindi danneggiamento del sarcolemma: Adriamicina, Litio, Fenotiazine, Catecolamine e Cocaina,
e la tossina difterica sono i composti più pericolosi da questo punto di vista.
Tutti questi farmaci hanno effetti dose-dipendenti, ma possono anche insorgere bruscamente se la
somministrazione avviene in dose elevata.
Tipico aspetto di queste miocarditi è la vacuolizzazione miocitica, per accumulo al loro interno di lipidi. Le
cellule miocardiche possono morire singolarmente (miocitolisi) oppure nel contesto di quadri gravi come la
necrosi focale.
Nel caso della ciclofosfamide, si può avere un danno vascolare con emorragia miocardica.
Nel caso delle catecolamine invece l’aspetto principale è la necrosi a bande di contrazione → si pensa che
questa dipenda o da una tossicità diretta sulle membrane cellulari che porta al sovraccarico di calcio, oppure
alla genesi di una ischemia per azione sui recettori coronarici vasocostrittori. In questi quadri, si ha la necrosi
ischemica dei miociti, seguita da riperfusione e da contrazione post-mortem.
AMILOIDOSI
L’amiloidosi è una malattia da accumulo che può presentarsi sotto varie forme. Ognuna di queste deriva
dalla produzione anomala e dal deposito di proteine (proteine β-amiloide), che hanno in comune la
caratteristica di uscire dai vasi e depositarsi nel tessuto attorno ad esse formando una sostanza traslucida e
bianca (a grasso di prosciutto), colorabile con il rosso congo.
L’interessamento cardiaco dell’amiloidosi prende origine da tre diverse forme di malattia:
Amiloidosi senile: può essere cardiaca isolata oppure sistemica con coinvolgimento cardiaco. In ogni
caso si ha una deposizione di trastiretina, una molecola precursore dell’albumina, che trasporta
molecole endogene nel sangue. Clinicamente le lesioni sono indistinguibili da altri tipi di amiloidosi,
anche se la prognosi è un po’ migliore. In alcune forme esiste una mutazione di questa molecola che
la rende più propensa a precipitare e a formare depositi in età precoce.
Amiloidosi atriale isolata: i depositi sono costituiti da peptide natriuretico atriale
Amiloidosi primaria: da molte cause, può avere coinvolgimento cardiaco
L’interessamento del cuore tende a provocare un quadro di tipo restrittivo, ma può anche essere asintomatica,
oppure provocare aritmie, ischemia o insufficienza valvolare. Questo dipende dal luogo di accumulo di
amiloide, che può essere rispettivamente l’interstizio, il sistema di conduzione, i vasi cardiaci o le valvole.
Il cuore è di aspetto compatto, con consistenza duro-elastica, con pareti ispessite e ridotta dilatabilità. Ha in
genere le camere di dimensioni normali anche se a volte possono essere dilatate.
Nell’endocardio, soprattutto nell’atrio sinistro, si possono trovare noduli ispessiti traslucidi, con aspetto a
gocce di cera.
I depositi di amiloide si trovano istologicamente a livello di tutti i tipi di tessuti del cuore, come detto prima,
e sono facilmente identificabili per la birifrangenza verde su sezioni colorate al rosso Congo.
Nell’interstizio si dispone attorno ai singoli miociti, mentre nei vasi l’accumulo può essere tale da provocare
la compressione della parete e quindi ischemia.
EMOSIDEROSI
Secondaria a trasfusioni o primitiva, provoca nel cuore le identiche manifestazioni. L’accumulo di ferro
provoca in ogni caso una cardiomiopatia dilatativa, probabilmente per interferenza con sistemi enzimatici
contenenti essi stessi ferro.
A parte il fatto che appare di color ruggine, il miocardio è indistinguibile da quello della normale
cardiomiopatia dilatativa.
L’accumulo istologico di emosiderina avviene all’interno dei miociti, e si osservano siderosomi perinucleari,
ossia lisosomi contenenti ferro attorno al nucleo, colorabili con blu di Prussia. Inoltre ci sono vari gradi di
degenerazione cellulare e fibrosi sostitutiva
IPERTIROIDISMO E IPOTIROIDISMO
Le manifestazioni cliniche delle disfunzioni tiroidee sul cuore sono molto precoci, e così il danneggiamento
istologico di esso.
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Ipertiroidismo: il miocardio appare ipertrofico. Nel mixedema avanzato si trova flaccidità, dilatazione e
ingrossamento del muscolo cardiaco, e c’è edema interstiziale ricco di mucopolisaccaridi. Le cellule sono in
degenerazione basofila, rigonfie e hanno perso le striature. Talvolta il liquido tipico dell’edema si trova
anche nel sacco pericardico. Tutto questo prende il nome di mixedema cardiaco.
MIOCARDITI
Condizione di presenza contemporanea di cellule infiammatorie e di danno miocardico di riscontro
istologico nel cuore.
La sola presenza di cellule infiammatorie non è sufficiente per la diagnosi, in quanto può trattarsi comunque
di una risposta infiammatoria, mentre invece nella miocardite si osserva che l’infiltrato infiammatorio è la
causa, e non la conseguenza, del danno.
EZIOLOGIA
Principalmente virale o batterica.
I virus pià frequentemente associati alla miocardite sono: Coxsackie A e B. enterovirus, ma anche HIV,
CMV, virus influenzale.
Tra i microrganismivirali, le infezioni più comuni sono date da:
- Protozoi ed elminti: i più comuni sono il Trypanosoma Cruzi (soprattutto nel Sud America,
causa la malattia di Chagas, dove il protozoo si trova all’interno del miocita), Trichinella Spiralis
(causa la Trichinosi), Toxoplasma.
- Batteri : Borrellia Brugdorferi (causa la Malattia di Lyme, una patologia sistemica che va a
colpire il sistema di conduzione e può richiedere un pacemaker temporaneo), Rickettsie,
Corynebacterium Diphteriae (la tossina causa il danno), Chlamydia, Mycoplasma.
Sono possibili anche eziologie autoimmunitarie postvirali, come sequele di LES, reazioni a farmaci e
reazioni di rigetto nei trapianti.
Una parte di eziologia deriva da cause tossiche fisiche o chimiche (catecolamine, adriamicina).
Anche altre condizioni come la Sarcoidosi o la miocardite a cellule giganti, di natura idiopatica, sono di raro
riscontro.
Complessivamente, all’autopsia si reperta un quadro di miocardite in circa il 4% dei pazienti senza
significative differenze fra maschi e femmine.
Le miocarditi possono essere classificate in base a:
Tipologia di Infiltrato Infiammatorio :
- Infiltrato Granulocitario
- Infiltrato Linfocitario
- Intriltrato Istiocitario/Macrofagocitario
- Infiltrato a cellule giganti
Localizzazione del processo infiammatorio attivo :
- Miocardite focale
- Miocardite Plurifocale
- Miocardite Confluente
- Miocardite Diffusa (o di Fiedler) = il suo esordio è costituito dalla morte improvvisa
Durata del quadro :
- Acuta = si ha la morte improvvisa. Il cuore non sarà mai ipertrofico perchè non c’è stato il
tempo utile per la realizzazione dell’ipertrofia stessa (il cuore è normovolumetrico o al
massimo leggermente dilatato).
- Subacuta = si ha ipertrofia, fibrosi con tessuto di granulazione, infiltrato infiammatorio non
attivo.
- Cronica = si avrà sclerosi e ipertrofia (di tipo eccentrico).
FISIOPATOLOGIA
Il danno al miocardio può essere diretto o indiretto.
Nel primo caso si ha una infezione come ad esempio da Tripanosoma cruzi, o da parte di una tossina come
nella difterite. In altri casi si può avere una reazione immunitaria nei confronti del miocardio infetto che è
responsabile del danno.
141
Nel caso di un danno non infettivo, si ha o una tossicità diretta da parte ad esempio di farmaci o tossine,
oppure un meccanismo di ipersensibilità con danno immunomediato.
ANATOMIA PATOLOGICA
L’aspetto del cuore colpito da miocardite è diverso a seconda della fase in cui si è, infatti si distinguono una:
1. Fase acuta
Tipicamente il cuore appare dilatato e ipertrofico, con evidenza di lesioni che hanno principalmente aspetto
nodulare. Il miocardio appare flaccido al taglio, di aspetto variegato per l’alternarsi di aree pallide e di
piccoli focolai emorragici. L’endocardio è indenne e anche le valvole, ma a volte si repertano trombi murali
nelle camere cardiache.
Istologicamente, si può osservare un pesante infiltrato infiammatorio, maggiore nelle forme da ipersensibilità,
in genere costituito da linfociti. Nelle forme da ipersensibilità si aggiungono anche macrofagi ed eosinofili e
l’infiltrato assume posizione prevalentemente perivascolare.
Nelle aree dove ci sono le cellule infiammatorie c’è anche necrosi, che si capisce essere prodotta proprio dai
linfociti perché è a focolai, non ischemica.
Caratteristico è l’aspetto che assume il tessuto a seconda del tipo di infezione: mentre infatti l’infiltrato è
abbastanza omogeneo, il tessuto assume aspetti peculiari del patogeno infettante (microascessi, suppurazione
eccetera).
Si osserva inoltre un edema interstiziale che fa assumere ai miociti una posizione distanziata fra loro e
rispetto ai capillari.
2. Fase cronica
Si può avere l’assenza di ogni alterazione, o a volte una modesta ipertrofia, con cicatrici focali (esiti di
necrosi a focolai). Più frequente è la presenza di ipotrofia e appiattimento delle trabecole.
CLINICA
Nelle forme asintomatiche, i pazienti guariscono da soli senza nessuna alterazione.
Nella maggior parte dei casi sintomi aspecifici, (dispnea, febbre, VES, leucocitosi, debolezza, dolori
precordiali) ma in neonati e donne incinte può essere pericolosa la presenza di disturbi del ritmo,
insufficienza cardiaca e morte. In questi casi si può avere anche una sintomatologia tipica di infarto
miocardico acuto.
E’ importante l’associazione fra una miocardite pregressa e l’insorgenza improvvisa di una
miocardiopatia dilatativa. In alcuni casi, seguiti con continue biopsie, si è documentata la transizione
dalla prima alla seconda malattia.
Molto spesso la risoluzione è spontanea, ma è anche possibile la cronicizzazione a miocardiopatia dilatativa;
si deve evitare l’esercizio fisico finché perdurano le alterazioni dell’ECG. Se si sviluppa ICC; essa risponde
efficacemente ai normali trattamenti.
Le aritmie sono invece più difficili da trattare e possono sfociare nella morte cardiaca improvvisa.
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PERICARDIO
Le malattie pericardiche più importanti causano accumulo di liquidi, infiammazione, costrizione fibrosa, e
sono quasi sempre patologie associate ad altre alterazioni dei componenti del cuore, oppure a disordini
sistemici o a traumi.
Le alterazioni primitive del pericardio sono molto rare.
PERICARDITE
È un processo infiammatorio analogo a quelli che interessano le altre cavità sierose e di solito secondaria a
patologie cardiache (pericardite epistenocardica), a malattie sistemiche (pericardite uremica), a metastasi e
tumori mediastinici. Quella primitiva è rara e ha origine virale.
La maggior parte delle pericarditi insorgono come malattie acute, e le forme croniche sono molto rare come
insorgenza primitiva, e limitate alla TBC e alle infezioni fungine.
Sono invece importanti le forme croniche come esiti di processi riguardanti le pericarditi acute:
- Acute: sierosa, sierofibrinosa, siero-fibrino-emorragica, fibrinosa, emorragica, suppurativa, caseosa,
gangrenosa
- Croniche: semplice, adesiva, costrittiva, mediastino pericardite adesiva
PERICARDITE SIEROSA
Causata da LES, RAA, sclerodermia, neoplasia, uremia, irritazione per processo flogistico vicino, pericarditi
virali.
Per quanto riguarda i virus, essi sono spesso provenienti da focolai vicini (polmonite, pleurite, parotite) e
solo molto raramente primitivi (talvolta può sembrare primitiva ma è associata ad un’infezione miocardica,
dando un quadro di miopericardite).
È caratterizzata da un essudato sieroso (senza altro materiale che il siero) è tipica dei processi infiammatori
non infettivi.
L’aspetto morfologico principale è quello di una modesta reazione infiammatoria superficiale, con PMN,
linfociti ed istiociti nel grasso epipericardico. Possono essere presenti cellule neoplastiche se è associata ad
un tumore.
Di solito il liquido non è abbondante, circa 50 – 200 ml e si accumula lentamente.
L’organizzazione con aderenza fibrose è molto rara.
All’apertura si reperta una modesta quantità di liquido torbido, con peso specifico elevato e ricco in proteine,
a differenza del trasudato che è giallo citrino.
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PERICARDITE FIBRINOSA E SIEROFIBRINOSA
Dovuta per lo più a Pericardite epistenocardica, pericardite di Dressler, uremia, irradiazione del torace, RAA,
LES, traumi, interventi chirurgici.
Causate dalle stesse condizioni, in questi due tipi di malattie si accumula liquido essudativo accompagnato
da una variabile quantità di materiale fibrinoso.
Nelle forme fibrinose la quantità di fibrina è abbondante. Il cuore all’apertura del sacco perde la sua
lucentezza, e la superficie del miocardio appare ruvida, asciutta e finemente granulata.
Un esempio che fanno sempre gli anatomo-patologi è quello del pane imburrato quando si separano le fette
(pericardite pane e burro).
Nelle forme siero-fibrinose si ha invece un essudato meno ricco in fibrina, che contiene però numerosi
leucociti ed eritrociti.
L’aspetto di questo liquido è giallo-opaco, ma se il numero di eritrociti è molto abbondante può apparire
emorragico (quadro di pericardite siero-fibrino-emorragica).
Come tutti gli essudati, la componente di fibrina si può riassorbire oppure andare incontro ad un processo di
organizzazione che lascia aderenza fibrose importanti (vedi oltre).
Clinicamente, il segno principale è la presenza di sfregamenti pericardici, che sono sempre meno udibili
quanto abbondante è il liquido del versamento, che separa i due foglietti.
PERICARDITE EMORRAGICA
Data da Tubercolosi, coinvolgimento diretto del pericardio da parte di neoplasie maligne, gravi infezioni
batteriche in pazienti con diatesi emorragica.
Può anche seguire un intervento chirurgico sul cuore e puo essere associato a perdite ematiche o a
tamponamento cardiaco.
L’essudato è costituito da fibrina o pus misto a sangue. Se il processo è di natura neoplastica, si ha la
presenza di cellule neoplastiche nell’essudato, che possono essere analizzate citologicamente.
Il decorso è identico a quello della suppurativa.
PERICARDITE CASEOSA
L’origine è sempre tubercolare, molto raramente infezione da miceti
I bacilli della TBC arrivano al pericardio attraverso diffusione diretta da un focolaio nei linfonodi circostanti.
Le lesioni sono quelle dei granulomi tubercolari, e l’evoluzione è la pericardite costrittiva cronica
pericalcifica, un processo altamente inabilitante.
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- Pericarditi purulente ed emorragiche → pericardite cronica costrittiva (vedi dopo)
- Pericarditi suppurative o caseose → mediatinopericardite adesiva
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VALVULOPATIE
Le valvulopatie sono le malattie che coinvolgono le quattro valvole cardiache (semilunari e atrioventricolari).
I vizi valvolari sono essenzialmente due:
- vizi valvolari per stenosi dell’orifizio valvolare → quando un orifizio si riduce di diametro di 2-4
volte (valvola mitralica 5-6 cm2; valvola aortica 4 cm2) c’è un ostacolo al flusso di sangue e si
verifica un aumento del gradiente pressorio transvalvolare;
- vizi valvolari per slargamento o insufficienza → non riescono a mantenere la separazione tra atri e
ventricoli durante la chiusura delle stesse (valvole atrioventricolari) oppure non riescono a contenere
la massa di sangue in diastole refluente dall’aorta o dall’arteria polmonare (valvole semilunari).
Le valvulopatie sono tra le piu importanti patologie che interessano il cuore e negli ultimi 40 anni e cambiata
molto l’eziologia: fino agli anni 60 erano principalmente dovute alla febbre reumatica (poststreptococcica)
che era strettamente collegata alla poca salubrita delle condizioni di vita, infatti, gli ambienti umidi
favorivano il persistere dell’infezione cronica.
Le valvulopatie oggi sono dovute ad altri
fattori e quelle piu frequenti sono l’insufficienza mitralica, la stenosi aortica e l’insufficienza aortica.
Sono patologie degenerative strettamente collegate all’aumento della vita media.
Le anomalie valvolari possono essere congenite o acquisite.
VALVOLA MITRALICA
La valvola mitrale è chiamata cosi poiche, quando è aperta, somiglia alla mitra di un vescovo.
Quando parliamo di mitrale, dobbiamo anche riferirci all’apparato valvolare che è costituito da 4 componenti
e le patologie (stenosi o insufficienza) possono coinvolgere uno o piu di essi:
- 2 lembi valvolari (anteriore e posteriore);
- Anulus valvolare fibroso dal quale originano i lembi;
- Corde tendinee che ancorano i lembi ai muscoli papillari e impediscono il ribaltamento;
- Muscolo papillare
STENOSI MITRALICA
La stenosi mitralica consiste nel restringimento dell’orifizio valvolare mitralico e, nella stragrande
maggioranza dei casi, ha un’eziologia reumatica: la causa è l’endocardite reumatica che si manifesta come
reazione infiammatoria post-acuta dopo un’infezione da Streptococco β-emolitico di gruppo A.
La flogosi sarà seguita da fibrosi e anni dopo l’orifizio sara stenotico.
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In opposizione all’interessamento delle cuspidi nella valvola aortica, la calcificazione mitralica interessa
solamente l’anulus fibroso.
EZIOLOGIA
- Malattia reumatica
- Endocardite non reumatica
- Congenita
- Calcificazione degenerativa dell’anulus
- Valvulopatia chirurgica restrittiva
- Malattia di Fabry
- Neoplasie
- Artrite reumatoide e LES
- Carcinoide e Sarcoidosi
Può essere una patologia congenita, molto rara, o ancora puo essere di natura degenerativa collegata
all’invecchiamento.
La calcificazione dell’anulus è piu frequente nelle donne ultra-sessantenni e nei pazienti con prolasso
mitralico.
FISIOPATOLOGIA E CLINICA
A seguito della stenosi, la quantita di sangue che passa sara minore in diastole ma la gittata sistolica deve
essere sempre uguale e quindi, per vincere l’ostruzione, aumenta la pressione atriale, da 4- 5 mmHg, fino a
7-8 mmHg (tanto piu è alta, tanto maggiore è la stenosi).
Questo aumento pressorio transvalvolare permette di mantenere la gittata costante ma ha un costo: l’atrio ha
una parete sottile e a lungo termine tendera a slargarsi.
L’aumento della pressione atriale determina una conseguenza sul circolo polmonare, ovvero, la congestione
del piccolo circolo che, a lungo termine, puo dare ipertensione polmonare e cuore polmonare cronico.
Quando il ventricolo destro non riesce piu a sopportare il carico pressorio, si puo avere ipertensione venosa e
fegato da stasi. La stenosi si classifica:
1. Stenosi lieve → tra 2,5 e 1,5cm2
2. Stenosi moderata → tra 1 e 1,5cm2
3. Stenosi grave (serrata) → minore di 1 cm2
Inoltre, sono frequenti le situazioni che possono peggiorare la situazione determinando un quadro acuto di
edema polmonare.
Sono tutte condizioni che hanno in comune un ridotto tempo di diastole (aggravato dal fatto che l’orifizio è
ristretto e il riempimento sara ancora minore) e anche l’aumento del ritorno venoso (esercizio fisico e
aumento di gittata richiesto).
I sintomi si manifestano a distanza di tempo dall’episodio di malattia reumatica (asintomaticita per anni), e i
primi di solito si manifestano in condizioni di aumentato lavoro cardiaco (gravidanza, anemie, tireotossicosi).
Col passare del tempo l’entita dello sforzo causante la dispnea si riduce e possono poi manifestarsi dispnea e
ortopnea, nonche episodi di edema polmonare acuto. In fasi avanzate si puo avere atriomegalia sx con
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conseguente disfonia (per compressione nervo laringeo ricorrente sx) e disfaglia (compressione dell’esofago)
e a volte fibrillazione atriale (atriomegalia).
La conseguenza piu grave possono essere le embolie sistemiche causate dalla formazioni di trombi nell’atrio
sx dilatato.
DIAGNOSI
Nell’ECG si notano i segni di atriomegalia sinistra: aumento della durata e dell’ampiezza dell’onda P (onda
P con gibbosita).
In piu sono visibili, se presenti, i segni di fibrillazione atriale e ipertrofia ventricolare destra (spostamento
asse verso destra e aumento del voltaggio in V1 e V2).
Nella RX torace o all’ecocardio e possibile notare l’atriomegalia sx e le calcificazioni ad anello (opacita ad
anello).
TERAPIA
Se il pz e affetto da malattia reumatica la progressione sara veloce, viceversa sara lenta. Sono indicati i
farmaci β-bloccanti per ridurre la frequenza cardiaca durante lo sforzo o in caso di fibrillazione atriale (stessa
cosa per la terapia digitalica).
I noduli calcifici possono costituire sede di trombosi e tali pazienti hanno un rischio aumentato di ictus
embolico, quindi, la terapia anticoagulante e indicata nei pz con un precedente episodio embolico.
L’intervento chirurgico consiste invece (se l’area valvolare < 1,5cm2) nella sostituzione della valvola
mediante una protesi meccanica o biologica.
INSUFFICIENZA MITRALICA
Si parla di insufficienza o slargamento quando la valvola non riesce a contenere il reflusso di sangue
dal ventricolo all’atrio in fase sistolica ed è una delle patologie piu frequenti e diffuse dopo la stenosi
aortica.
Può essere:
Organica → alterazione apparato valvolare;
Funzionale → secondaria a patologie cardiache che portano a dilatazione e/o ad alterazioni
della contrattilita che impediscono il perfetto accollamento dei lembi.
EZIOLOGIA
Per quanto riguarda l’eziologia, puo essere determinata da patologie che coinvolgono tutte le componenti
dell’apparato valvolare:
- Alterazioni dei lembi e delle commissure → endocardite reumatica, endocardite infettiva e
anomalie congenite (prolasso valvolare);
- Alterazioni dell’anulus → calcificazione idiopatica, insufficienza secondaria a dilatazione
ventricolare;
- Alterazioni corde tendinee → rottura corde (idiopatica, ischemica, traumatica), allungamento
congenito delle corde (collagenopatie, idiopatica, S. di Marfan);
- Anomalie muscoli papillari → disfunzione o rottura e dislocazione (aneurisma o dilatazione
ventricolare o cardiomiopatia ipertrofica).
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rimodellamento inadeguato con scompenso cardiaco. Ci sara anche la dilatazione dell’atrio sinistro
(mega-atri) e l’insorgenza di fibrillazione atriale. Infine, ripercussione sul piccolo circolo.
PROLASSO MITRALICO
È la causa piu frequente di insufficienza mitralica e consiste nella chiusura sistolica anomala della valvola
con protrusione nell’atrio sinistro di uno o entrambi i lembi mitralici (piu comunemente il posteriore). Il
quadro che si determina è una insufficienza di vario grado e clinicamente è noto come Sindrome di Barlow
che va dalla asintomaticita alla insufficienza acuta.
Questo quadro può essere:
- Primario o Idiopatico (Sindrome di Barlow) → dovuto ad alterazioni del collagene con
degenerazione mixomatosa delle componenti fibrose dell’apparato valvolare con ridondanza dei
lembi, assottigliamento e allungamento delle corde tendinee: i lembi sono a mo’ di paracadute
nell’atrio (floppy valve).
- Secondario → in associazione a malattie connettivali (LES, Panartrite nodosa, ,Sclerodermia, S. di
Marfan). È anche associata alla malattia di Von Willebrand e nelle cardiopatie ischemiche per infarto
dei muscoli papillari.
Nel caso della S. di Marfan si ha un’alterazione del gene della “fibrillina 1” (FBN-1), con difetti
che alterano le interazioni cellula matrice e influenzano negativamente la trasduzione del segnale
tramite TGF-β: è proprio questo eccesso di TGF-β che causa la degenerazione mixomatosa, tant’è
che si è visto nei topi con mutazione di FBN-1, che trattandolo con inibitori del TGF-β la malattia è
prevenibile.
CLINICA
I sintomi piu comuni sono palpitazioni (tachicardia sinusale, extrasistoli) e precordialgie.
Il dolore si distingue da quello anginoso ed è correlato alla tensione che i muscoli papillari esercitano sui
lembi collassati.
Altri sintomi frequenti sono astenia e dispnea che possono verificarsi anche in assenza di disfunzione
significativa. Raramente lipotimia e sincopi, legate ad aritmie e ipotensione per disturbi del SNA, frequente
in questi pz. Raramente si hanno TIA.
Nel prolasso si ausculta un click mesotelesistolico (stiramento corde tendinee e svolgimento cuspidi) e un
soffio telesistolico da incontinenza.
All’ECG anomalie nella ripolarizzazione con inversione o bifasicita dell’onda T.
Alla RX si ha frequentemente il riscontro di anomalie scheletriche associate alle forme di prolasso congenito.
Con ecodoppler si vede il movimento ad amaca del lembo anteriore in atrio sinistro.
Il prolasso ha andamento benigno a meno che non insorga la rottura delle corde; la probabilita di sviluppare
insufficienza col prolasso aumenta di 30-40 volte e i pz sono a rischio di morte improvvisa se,
contemporaneamente, c’è la sindrome del QT lento.
CARATTERISTICHE ANATOMOPATOLOGICHE
La caratteristica anatomica è la ridondanza intercordale (a cappuccio) dei lembi mitralici.
I lembi colpiti sono slargati, ispessiti e gommosi. Le corde tendinee sono dilatate, assottigliate e perfino rotte
e l’annulus puo essere dilatato.
L’alterazione istologica fondamentale è la degenerazione mixomatosa dello strato spongioso e
l’assottigliamento della componente fibrosa delle cuspidi.
Le conseguenze anatomopatologiche sono:
- ispessimento fibroso dei lembi valvolari nei punti di attrito
- ispessimento fibroso dell’endocardio ventricolare nei punti di attrito con le corde tendinee allungate
- ispessimento dell’endocardio parietale per frizione con i lembi ispessiti
- formazione di trombi sulla superficie atriale dei lembi
- calcificazioni focali alla base del lembo mitralico posteriore
TERAPIA
Profilassi antibatterica in caso di malattia reumatica e anticoagulante per FA.
Negli asintomatici ridurre gli sforzi fisici e trattare ipertensione si rivela utile.
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Negli stati iniziali bisogna contrastare il rimodellamento con ACE-I, diuretici e β-bloccanti.
Nell’insufficienza grave si impiantano valvole meccaniche (protesi di Saint-Jude) o biologiche formate da
pericardio di maiale. Se il rischio è elevato, si interviene per via percutanea col mitraclip.
VALVOLA AORTICA
L’orifizio valvolare normale risulta di 2-3cm2 e per stenosi si intende la riduzione di questo ostio valvolare e
puo essere congenita o acquisita. A livello geografico si distinguono una stenosi valvolare, una
sottovalvolare e una sopravalvolare.
Macroscopicamente, quando si vede la fusione delle 3 commissure, si puo subito dire che si tratta di
una forma reumatica (anche stenosi mitralica). La malattia reumatica stenosante è caratterizzata da una
fibrosi delle 3 commissure e anomalie mitraliche: se fosse un’endocardite infettiva, che poi evolve
in una fase cronica di fibrosi, si avrà la fusione non di tutte e tre le commessure contemporaneamente, bensi
di una o due.
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STENOSI CALCIFICA SENILE
È la piu comune di tutte le anomalie valvolari ed è conseguenza di un processo di usura e lacerazione
associato all’eta. Ha una prevalenza del 2% e si manifesta clinicamente tra la 7° e l’8° decade, mentre,
la stenosi calcifica nella valvola bicuspide si manifesta 1-2 decenni prima.
Le valvole bicuspidi sono maggiormente resistenti agli stress meccanici, ecco perche diventano
stenotiche piu rapidamente. La calcificazione consiste nella deposizione di cristalli di idrossiapatite, inoltre,
le valvole contengono cellule simili agli osteoblasti che sintetizzano proteine della matrice ossea e
promuovono la deposizione di sali di calcio. Il processo è simile alla degenerazione aterosclerotica, tuttavia,
gli interventi preventivi non hanno nessun effetto sulla calcificazione stenotica.
ANATOMIA PATOLOGICA
Nelle cuspidi si trovano masserelle calcifiche che protrudono dalle superfici di efflusso all’interno dei seni di
Valsalva e impediscono l’apertura delle cuspidi stesse.
I margini liberi delle cuspidi non sono coinvolti e, microscopicamente, l’architettura della valvola è
preservata. Il processo calcifico inizia nella parte fibrosa della superficie di efflusso della valvola, nei punti
di massima flessione della cuspide.
L’infiltrato è identico a quello della lesione aterosclerotica: ci sono le cellule infiammatorie T, i macrofagi, i
monociti, le plasmacellule, le cellule B, TGF-b, TNF, le metallo proteinasi, i miofibroblasti, la
neoangiogenesi,
Il ventricolo dovra esercitare una pressione nettamente maggiore per consentire l’efflusso di sangue
poiche l’orifizio è stenosato e si determina un aumento del post-carico.
1. Lieve → 1-1,5 cm2
2. Moderata → 1-0,75 cm2
3. Severa → minore di 0,75 cm2
L’aumento del gradiente pressorio transvalvolare comporta, nel ventricolo sinistro, un maggiore lavoro del
miocardio, il quale risponde al sovraccarico pressorio con un aumento delle fibrocellule muscolari lisce in
parallelo (ipertrofia muscolare concentrica). Il miocardio ipertrofico non è vascolarizzato come si deve e, in
caso di sforzo fisico (aumento frequenza e gittata) puo andare in ischemia.
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Inoltre, persistendo lo stimolo pressorio 24h, si viene a determinare un rimodellamento inadeguato con
dilatazione e fibrosi del miocardio e insufficienza cardiaca. Si puo avere anche atriomegalia per aumento
della pressione a monte.
La stenosi puo decorrere asintomatica per anni e i sintomi si manifestano solo quando si raggiungono
livelli critici (< 1cm2).
SINTOMATOLOGIA
Il primo sintomo a comparire è la dispnea (inizialmente da sforzo) e poi si può avere dispnea notturna e
ortopnea fino all’edema polmonare acuto.
Sono i primi segni a comparire e dalla loro comparsa riducono la prognosi a 2 anni.
È uno scompenso sisto-diastolico.
Poi si possono avere:
- Sintomi da Ischemia = un sintomo tipico è l’angina pectoris, determinata da diversi fattori: aumento
delle richieste di ossigeno da parte del miocardio che deve fare un maggiore sforzo contrattile,
ipoperfusione circolo coronarico per eiezione ostacolata e maggiore fase di sistole isometrica e
quindi maggiore tempo di compressione dei vasi intramurali. L’angina riduce l’aspettativa di vita a
5 anni. Raro è l’infarto acuto.
- Sincope = è comune la sincope da sforzo poiche durante l’esercizio è richiesto un aumento di portata
e avviene una vasodilatazione distrettuale ai muscoli: la vasodilatazione si realizza ma l’aumento di
portata no a causa della stenosi e si ha ipoafflusso cerebrale. La sincope a riposo è dovuta
principalmente ad aritmie ipercinetiche o ipocinetiche che riducono il flusso cerebrale. La sincope
riduce la prognosi a 3-4anni.
- Morte improvvisa = avviene nel 3-5% di pz con stenosi aortica severa asintomatica ed in genere
nelle persone anziane. È conseguenza di fibrillazione ventricolare.
Puo restare asintomatica per anni ma quando compaiono i sintomi, l’exitus arriva in 2-6 anni e nel 15-
20% dei casi si parla di morte improvvisa.
TERAPIA
Il trattamento farmacologico consiste nel controllo delle aritmie tramite l’utilizzo, molto controllato, di
diuretici e vasodilatatori per evitare sincopi e lipotimie.
Il trattamento chirurgico (FE < 50%) invece consiste nella sostituzione della valvola poiche la
valvuloplastica percutanea ha esiti poco duraturi, ed usata solo nei soggetti giovani per non impiantare
qualcosa di esterno troppo presto che obbligherebbe l’anticoagulazione a vita.
L’ereditarieta nella VAB è assodata (locus su cr18, 5, 13), infatti esistono cluster familiari, spesso in
associazione con altre malformazioni. Tuttavia, i geni precisi sono ignoti.
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Solo le mutazioni loss of function di Notch-1 (cr9) sono state associate alla VAB. Una valvola bicuspide ha
solamente due cuspidi funzionali, di dimensioni diverse, poiche la piu grande ha un rafe mediano che deriva
dall’incompleta separazione commissurale durante lo sviluppo.
La sede tipica delle calcificazioni è il rafe e la valvola mitralica è normale in questi soggetti (a differenza con
la cardiopatia reumatica).
La valvola aortica bicuspide puo divenire insufficiente in seguito a: dilatazione aortica, prolasso delle cuspidi,
endocardite infettiva.
SINTOMATOLOGIA
La VAB è asintomatica nei primi anni di vita, tuttavia, puo portare a complicanze successive:
- Stenosi
- Insufficienza
- Endocardite infettiva
- Dilatazione e dissezione aortiche
Spesso soggetti con valvola aortica bicuspide disfunzionale fanno aneurismi o dissecazioni dell’aorta.
Per molti anni è valsa l’idea che cio avviene perche la valvola aortica bicuspide fibrocalcifica ha movimenti
turbolenti che si ripercuotono sulla parete aortica. Ma diversi studi hanno dimostrato che la dissecazione non
è causa soltanto di uno stress emodinamico, ma è coinvolto un substrato genetico.
Si è dimostrato, infatti, che nei soggetti con valvola aortica bicuspide ci sono dei polimorfismi genetici dei
ACE, metalloproteasi, Enos.
Si è poi fatto un confronto tra BAV(valvola aortica bicuspide), TAV(valvola aortica tricuspide):
- BAV → prevale il meccanismo apoptotico. Come geni prevalgono MMP2 e MMP9
- TAV → prevale la degenerazione (medionecrosi, necrosi cistica, frammentazione elastica e fibrosi
della media). Come geni prevalgono l’ACE e il TRL4.
Se si deve fare un timing di un soggetto con aneurisma o valvola aortica disfunzionale, non è importante solo
il diametro dell’aneurisma e il ritmo di crescita, ma anche il polimorfismo genetico.
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STENOSI SOTTOVALVOLARE AORTICA
Tipicamente congenita, si formano delle membrane muscolari (stenosi a membrana) o fibromuscolari
(stenosi a tunnel) subito al di sotto della valvola determinando un ostacolo all’efflusso del ventricolo sinistro.
I substrati patogenetici della stenosi sottovalvolare sono due:
- Cercine fibroso
- Cardiomiopatia ipertrofica
INSUFFICIENZA AORTICA
EZIOLOGIA
Consiste in un difetto che non permette ai lembi valvolari di chiudersi perfettamente e quindi si verifica un
rigurgito, durante la di diastole, dall’aorta al ventricolo.
Cio puo succedere per lesioni che producono direttamente la distruzione o la retrazione delle cuspidi
semilunari, o per lesioni che procurano una dilatazione della radice aortica tale da non permettere la perfetta
chiusura dei lembi valvolari.
Alterazioni dei lembi valvolari
- Congenite → bicuspidia e collagenopatie o malformazione settale;
- Traumatiche
- Endocardite infettiva e reumatica.
FISIOPATOLOGIA E CLINICA
Tutto il sangue che rigurgita deve essere espulso durante la sistole successiva, insieme alla normale
quota di sangue che procede in avanti lungo l’albero arterioso.
Il ventricolo cosi dovra pompare un maggiore volume sanguigno ogni sistole. Si viene a creare un
sovraccarico di volume e il ventricolo riesce a far fronte grazie ad una combinazione di dilatazione
(accogliere piu volume) + ipertrofia della camera ventricolare sx.
Si realizza l’ipertrofia eccentrica con cuori molto grandi (cor bovinum).
154
Dopo molti anni di sovraccarico di volume, si determina un’insufficienza cardiaca per rimodellamento
inadeguato (fibrotico) con dilatazione ulteriore della camera cardiaca; in periferia, segue una vasocostrizione
di compenso che determina un peggioramento del rigurgito nel ventricolo.
Gli unici sintomi durante i primi anni (che di solito sono asintomatici) possono essere: palpitazioni,
consapevolezza del battito cardiaco.
Quando invece si ha un peggioramento si avra dispnea e angina, accompagnati da sudorazione profusa.
Si hanno sintomi in fase acuta e cronica:
- Insufficienza aortica acuta → modesto aumento del volume telediastolico ma notevole aumento
della pressione telediastolica e riduzione della gittata effettiva. La manifestazione clinica è la dispnea
(congestione) con shock cardiogeno da bassa perfusione.
- Insufficienza aortica cronica → nella fase compensata ci sara un sovraccarico di volume e
ipertrofia eccentrica con volume telediastolico aumentato, gittata totale aumentata ma effettiva
normale e pressione telediastolica normale; non ci sono sintomi a riposo. Quando si arriva alla fase
di rimodellamento inadeguato, si dice che il paziente scompensa. Sintomi intorno alla IV-V decade.
DIAGNOSI E TERAPIA
L’organismo rimedia al rigurgito con vasodilatazione periferica e quindi si avrà una sistolica invariata o
aumentata e caduta della diastolica con aumento della pressione differenziale (condizione tipica della
insufficienza aortica).
Si può avere un itto ampio e spostato a sinistra e in basso per l’ipertrofia.
Sul focolaio aortico è udibile un soffio protodiastolico da rigurgito e anche il soffio di Austin-Flint (rullio
diastolico) che è un soffio dovuto alla stenosi mitralica funzionale che si determina nella insufficienza
aortica: il sangue rigurgitato sbatte contro il flusso trans-mitralico durante il riempimento ventricolare e si
determina una stenosi funzionale e non organica.
- Polso scoccante di Corrigan (aumentata differenziale)
- Segno di de Musset (movimento ritmico collo-testa dato dalla vivace pulsatilita delle carotidi)
- Segno di Quincke (pulsazione linea di demarcazione tra zona pallida e rosea dopo compressione)
- Segno di Traube (colpo di pistola in sistole nella femorale)
- Segno di Hiel (pressione arteriosa >30mmHg negli arti inferiori rispetto ai superiori)
- Ipertrofia ventricolare sinistra all’ECG
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ENDOCARDITE
Per endocardite si intende un processo infiammatorio a carico del rivestimento endocardico, sia valvolare che
murale. Si distinguono in due grandi categorie:
1. Endocarditi non infettive
- Endocardite reumatica
- Endocardite verrucosa di Libman-Sacks nei pazienti con Lupus
- Endocardite trombotica abatterica (marantica) nei pazienti cachettici
- Cardiopatia da carcinoide
2. Endocarditi infettive
- Acute
- Sub-acute
- Croniche
PATOGENESI
Dopo due-tre settimane dalla faringite streptococcica si formano gli anticorpi verso il patogeno che
presentano pero un'attivita crociata, cioè si rivolgono verso il batterio, verso il cuore e verso siti extracardiaci
(es. articolazioni).
L’anticorpo può attivare il complemento e attivare cellule infiammatorie (neutrofili e macrofagi). In
relazione all’antigene streptococcico, si formano anche linfociti T autoreattivi che degranulano attivamente.
La cardite è sostenuta dai linfociti T e dall’azione anticorpale.
La cardiopatia reumatica da una valvulopatia fibrotica deformante, che coinvolge prettamente la valvola
mitralica, infatti, è l’unica causa di stenosi mitralica.
Negli ultimi 60 anni l’incidenza è diminuita poiche sono migliorate le condizioni igienico-sanitarie, tuttavia,
nei paesi a scarso sviluppo affligge 15 milioni di persone.
ANATOMIA PATOLOGICA
La malattia reumatica cardiaca acuta è una pancardite perche l'infiammazione coinvolge l'endocardio
(parietale e valvolare), il miocardio ed il pericardio. In alcuni casi puo dominare l'interessamento di una di
queste strutture.
La lesione del miocardio si manifesta con una miocardite granulomatosa con formazione dei corpi di Aschoff,
ovvero, focolai di linfociti T, plasmacellule e grossi macrofagi con grossi nuclei (istiociti con nucleo a
caterpillar), anche chiamate “cellule di Anitschkow” (o “cellule bruco”).
L'endocardite reumatica è un’endocardite granulomatosa con necrosi fibrinoide delle cuspidi o delle corde
tendine, con formazione delle verruche sulle linee di chiusura del lembo valvolare (endocardite a corona di
rosario).
Le verruche (1-2mm) sono delle vegetazioni che si formano a causa dell’azione anticorpale: essi attivano il
complemento con edema mucoide dell’endocardio e necrosi fibrinoide con ulcerazione dell’endocardio e
successiva riparazione fibrotica (la verruca).
Le lesioni subendocardiche, continuamente sollecitate dal reflusso, possono dare luogo a ispessimenti
irregolari chiamati placche di MacCollum (principalmente in atrio sinistro).
CR cronica → Il processo infiammatorio fonde le 3 commissure generando una stenosi. Il flusso turbolento
dato dalla stenosi “scotenna” l'endocardio valvolare e la valvola va incontro a fibrosi totale (ispessimento
lembi) che porta alla retrazione del lembo valvolare genera una valvola steno-insufficiente. La valvola
mitralica è coinvolta isolata nel 75% dei casi, mentre nel 25% è associata la valvola aortica.
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La mitrale presenta le classiche stenosi a “bocca di pesce” o ad “asola”, dovute alla calcificazione e al
rimodellamento fibrotico. Microscopicamente, le valvole, presentano neovascolarizzazione post-
infiammatoria.
I corpi di Aschoff si vedono raramente in cronico poiche c’è un lungo periodo tra insulto iniziale e lo
sviluppo delle lesioni croniche deformanti.
La febbre reumatica acuta si manifesta nel 3% dei pazienti affetti dal batterio, da 10 giorni a 6 settimane
dopo l’infezione. È una forma post-suppurativa dovuta alla formazione di anticorpi crossreattivi, quindi il
batterio negli espettorati sara negativo.
Importante è il TAOS e altri anticorpi diretti contro antigeni batterici (DNAsi etc).
La miocardite puo causare dilatazione cardiaca e insufficienza, solo l’1% muore per febbre reumatica acuta
che interessa il cuore.
Il danno valvolare è cumulativo e, inoltre, a seguito di plurime esposizioni, il meccanismo di riattivazione
della malattia è facilitato: a seguito del primo evento, fare profilassi con antibiotico per ridurre l’evenienza di
un secondo evento (penicilline).
Si auscultano soffi cardiaci alle valvole interessate, dilatazione ventricolare, atriale e aritmie, complicanze
tromboemboliche e, infine, maggior rischio di sviluppare endocardite infettiva (valvola lesa).
In cronico, si deve fare la sostituzione valvolare.
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Vegetazioni endocardiche in corso di:
1) RHD = malattia reumatica
2) IE = endocardite infettiva
3) NBTE = endocardite
trombotica abatterica
4) LSE = Endocardite di Libman-
Sacks
CARDIOPATIA DA CARCINOIDE
La sindrome da carcinoide e un disturbo sistemico causato da: arrossamento, diarrea, dermatite e
broncocostrizione. È causata dalla massiva immissione in circolo di serotonina da parte dei tumori
carcinoidi.
La cardiopatia carcinoide si sviluppa quando le sostanze bioattive danno manifestazioni cliniche e cio si
verifica nel 50% dei pazienti. L’interessamento cardiaco si verifica quando vi sono metastasi epatiche che
mettono fuori uso il fegato, infatti, tali sostanze vengono di norma smaltite a livello epatico.
Sono normalmente colpiti endocardio e valvole del cuore destro poiche il polmone degrada queste
sostanze e il ventricolo sinistro e protetto, tuttavia, quest’ultimo risulterebbe esposto in presenza di
DIA e shunt destro-sinistri. I mediatori implicati sono: serotonina, bradichinina, istamina, tachichinine
e prostaglandine.
Le lesioni cardiovascolari sono caratteristiche per gli ispessimenti interni bianco brillante sulla superficie
endocardica interna delle camere cardiache. Le lesioni sono formate da cellule muscolari lisce e fibre
collagene immerse in una matrice ricca di mucopolisaccaridi acidi. Non si sa come agisca serotonina in
merito, non c’e nessun beneficio con antiserotoninergici e, le lesioni, si trovano anche nelle terapia con
agonisti serotoninici
ENDOCARDITE INFETTIVA
L’endocardite infettiva è un’infezione microbica delle valvole cardiache o dell’endocardio parietale che
causa la formazione di vegetazioni composte da detriti trombotici e microrganismi che sono spesso associati
alla distruzione dei sottostanti tessuti cardiaci.
Possono rimanere coinvolti anche l’aorta, aneurismi, vasi sanguigni e dispositivi protesici.
Principalmente sono di tipo batterico, anche se i funghi e altri microrganismi possono darle.
La distinzione in acuta, subacuta e cronica, dipende dalla relazione tra carica infettiva, risposta immunitaria e
cardiopatia pre-esistente:
Acute → determinata da microrganismi particolarmente virulenti (S. aureus) che attaccano la
valvola sana e ne determinano lesioni destruenti e necrotizzanti. Difficili da trattare, anche se
trattati possono dare morte in pochi giorni o, addirittura, a morte improvvisa.
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Subacuta → data da microrganismi meno virulenti (S. viridans) che causano infezioni
insidiose in valvole gia alterate anatomicamente, con minore distruzione complessiva. Puo
avere un lungo decorso ma il paziente spesso guarisce.
Croniche → caratterizzate da verruche irregolari e grossolane a differenza dell'endocardite
reumatica. Nell’endocardite cronica la carica infettiva è bassa quindi prendono il sopravvento i
fenomeni riparativi. Le endocarditi croniche agiscono su un substrato che puo essere acquisito
(ad esempio valvulopatia reumatica) o congenito (valvulopatia congenita). Questo substrato
crea dei flussi turbolenti sulla superficie valvolare facilitando l'impianto dei germi. Infatti i
pazienti con valvulopatie devono fare profilassi antibiotica prima di interventi medici-
odontoiatrici che possono portare al passaggio di piccoli quantitativi di germi in circolo.
Negli anni passati, la principale condizione predisponente l’endocardite infettiva era la cardiopatia reumatica,
tuttavia oggi è diminuita, quindi le principali condizioni predisponenti l’endocardite infettiva sono da
distinguere in due condizioni principali: su valvole sane o su valvole anomale
1. Endocardite infettiva su valvole sane → batteriemia estrema, focolai infettivi, particolare
virulenza dei germi patogeni, ridotte difese immunitarie.
2. Endocardite infettiva su valvole anomale → flusso turbolento, che si genera a livello di
lesioni valvolari, crea le condizioni predisponenti all’impianto di microrganismi:
- Prolasso mitralico
- cardiopatia reumatica
- protesi valvolari
- cardiopatie congenite (bicuspidia),
- cardiopatie degenerative (stenosi senile dell’aorta).
Fattori scatenanti sono le condizioni che favoriscono la batteriemia (chirurgia
gastrointestinale, genitourinaria, odontoiatria).
Nel 10% dei casi non si riesce ad isolare l’agente responsabile. Si parla di endocardite a coltura negativa.
Puo essere dovuta ad una precedente terapia antibiotica, microrganismi non liberati nel sangue e
profondamente adesi alla vegetazione, difficolta nelle procedure.
ANATOMIA PATOLOGICA
Il classico segno distintivo delle endocarditi infettive sono le vegetazioni sulle valvole cardiache, formate da:
fibrina, cellule infiammatorie e batteri.
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Sono lesioni friabili, voluminose e destruenti. Sono coinvolte principalmente la valvola aortica e la mitralica
e, nei tossicodipendenti, anche valvole destre.
Le vegetazioni possono essere singole o multiple e interessare una o piu valvole, inoltre, possono causare
erosione del sottostante miocardio determinano la formazione di ascessi (ascessi anulari).
Le vegetazioni sono preposte all’embolizzazione (emboli settici), determinando infarti settici disseminati
(noduli di Osler in cute) o, addirittura, aneurismi micotici.
Le vegetazioni presentano tessuto di granulazione (processo riparativo) e, col tempo, possono svilupparsi
fibrosi, calcificazioni e infiltrato infiammatorio cronico.
CLINICA
L’endocardite acuta insorge improvvisamente con febbre settica (aumenta la sera) ingravescente; nelle forme
subacute la febbre è irregolare. Si associano anche artralgie-mialgie.
Si assiste alle variazioni di un soffio preesistente, oppure, all’insorgenza di un nuovo soffio sulla valvola
interessata.
- Noduli di Osler (dolenti e sottocutanei nei polpastrelli delle dita);
- Lesione di Janeway (eritema non dolente alle palme ed alle superfici plantari);
- Macule di Roth (emorragie retiniche).
- Splenomegalia (per l’arrivo di emboli settici che danno processi flogistici)
DIAGNOSI
- Esami di laboratorio (leucocitosi, aumento di VES e PCR)
- Emocoltura (alla puntata febbrile)
- Ecocardiografia (transtoracica e trans esofagea; evidenza delle vegetazioni)
COMPLICANZE
- Insufficienza cardiaca (insufficienza valvolare, disfunzione di protesi, interessamento di tessuto
miocardico)
- Embolie periferiche (temibile l’embolia settica cerebrale con sviluppo di ascesso settico)
- Glomerulonefrite
TERAPIA
Le valvole cardiache sono poco vascolarizzate per cui sono necessarie dosi massicce di antibiotico per
eliminare l'infezione (terapia lunga e complessa).
La penicillina è tra i farmaci elettivi.
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MORTE IMPROVVISA CARDIACA
È una morte naturale (fuori da eventi traumatici e violenti), inattesa, che incorre entro 1 ora dall'inizio dei
sintomi.
Se si parla di morte improvvisa cardiaca bisogna aggiungere anche che deve avvenire in assenza di cause
extracardiache all'autopsia.
I punti chiave della morte improvvisa sono:
Naturale → avviene cioe nella storia naturale di una patologia cardiovascolare severa
(riscontrabile all'autopsia).
Inattesa → si presenta in un soggetto in apparente benessere o portatore di una patologia
cronica ma non cosi severa da far predire un esito tanto infausto (soggetto che nel corso degli
anni ha avuto un infarto o un ictus e che improvvisamente muore).
Rapida → incorre entro un'ora dalla comparsa dei sintomi, ma questo lasso di tempo e valido
per le morti che avvengono in presenza di testimoni; per le morti non testimoniate (il soggetto
che viene trovato morto a casa) si parla di morte improvvisa quando c'è qualcuno che puo
testimoniare che 24 ore prima aveva visto il paziente vivo ed in pieno benessere. Alla base del
concetto di rapidita sta il fatto che quel lasso di tempo di 1 ora (stabilito dall'OMS) risulta
insufficiente per fare diagnosi e/o per attuare la terapia adeguata.
Da importanti lavori (Zheng 2001) venne evidenziato che la prima causa di morte improvvisa è la patologia
cardiovascolare, seguita dalle cause cerebrali (es: rottura di aneurismi) e infine cause respiratorie (dal 2001
ad oggi, le cose non sono cambiate).
Per dire che si tratta di morte improvvisa cardiaca, oltre ad escludere cause extravascolari, all'autopsia la
causa di morte deve essere trovata in una di queste strutture:
- nell'aorta
- nell'arteria polmonare
- nelle strutture cardiache principali (valvole, miocardio, pericardio, il tessuto di conduzione e i
canali ionici)
La morte improvvisa puo colpire tutte le fasce di eta, anche la vita intrauterina (SIUD, sudden intrauterin
death). Nella vita extrauterina tutte le fasce di eta possono essere colpite: piu frequentemente, però, la morte
improvvisa miete vittime al di sopra dei 35 anni (1/500-1000 persone), mentre nell'adolescenza e nei giovani
adulti fino ai 35 anni è meno frequente (1/100000 persone).
161
Il professor Domenico Corrado del gruppo di Padova ha portato avanti una ricerca sulla morte improvvisa
giovanile del triveneto (ricerca Fatima). In questa ricerca, nel caso in cui fosse implicato il versante
cardiovascolare nell’eziologia della morte improvvisa, venivano prelevati i cuori e analizzati nell’universita
di Padova.
Il team di Padova ha constatato che al primo posto tra le cause si ha l’aterosclerosi coronarica, seguita
dalla cardiomiopatia del ventricolo destro e da anomalie delle coronarie.
Molti di questi soggetti erano atleti a livello agonistico → cio non fa intendere che i controlli eseguiti su
questi individui non fossero adeguati, ma che quando questi venivano eseguiti, l’aterosclerosi era
determinata da una placca vulnerabile che non dava stenosi critica, quindi, a seguito di sforzi importanti la
placca si rompeva andando ad occludere i vasi e portando alla morte.
Il nodo senoatriale è un’isola di tessuto costituito da cardiomiociti, diversi da quelli tradizionali, con un
apparato contrattile scarso. L’impulso nasce dal NSA, a cui segue la depolarizzazione di tutti gli atri (a
ombrello), e converge poi verso il nodo atrioventricolare (PM secondario) che si trova vicino al setto
interatriale di destra.
La depolarizzazione dell’atrio destro raggiunge prime il NAV tramite vari fascicoli (anteriore di Bachmann,
intermedio di Weckenbach e posteriore di Thorel), mentre la depolarizzazione di sinistra giunge dopo.
162
La cresta terminale, una sorta di falce, va a portarsi sul setto interatriale dove si trova il nodo atrio-
ventricolare, questa è la via di conduzione preferenziale tra nodo senoatriale e nodo atrio-ventricolare per
la depolarizzazione atriale destra.
Il Tessuto di conduzione atrioventricolare è costituito da NAV, fascio di His penetrante e fascio di His
non penetrante, branca destra e sinistra del fascio di His, rete cellulare del Purkinje.
Dal NAV, l’impulso segue il fascio di His non penetrante e poi passa al fascio penetrante che passa
dentro il corpo fibroso centrale e poi si biforca nelle due branche. Avendo superato le branche,
l’impulso si distribuisce alle fibre intraparietali di Purkinje.
Altri impulsi non passano da altri punti perche vi è un isolamento elettrico atrio-ventricolare creato dal
tessuto connettivo dell'anello tricuspidale e dell'anello mitralico.
163
La coronaria di dx, dopo aver preso origine dal seno di Valsalva destro, da l’arteria nodale, da rami per
l’infundibolo polmonare, si porta poi lungo il margine acuto del cuore e posteriormente.
La coronaria di sinistra, dopo aver preso origine dal seno di Valsalva sinistro, procede come tronco comune
il quale poi stacca l’IVA (interventricolare anteriore) e la circonflessa di sinistra.
Si parla di dominanza destra o sinistra, in relazione alla coronaria (destra o sinistra) che va a staccare
l’interventricolare discendente posteriore (IVP):
Dominanza destra (75%) → l’arteria interventricolare posteriore deriva dalla coronaria di
destra. La coronaria destra dominante, dopo aver dato i rami per il NSA e dell’infundibolo, si
porta posteriormente, arriva alla crux cordis e, da orizzontale, diviene verticale staccando l’IVP.
È a questo livello che viene staccato il ramo per l’arteria del NAV.
Dall’ IVP originano rami per i 2/3 posteriori del setto interventricolare e rami per la parete
posteriore del ventricolo sx. Il setto anteriore è invece vascolarizzato dall’IVA.
Se abbiamo dominanza dx, in caso di infarto questo colpira i 2/3 posteriori del setto, il
ventricolo dx e la parete diaframmatica del ventricolo sx.
Dominanza sinistra → l’arteria del NAV è servita dalla coronaria sinistra, tramite la
circonflessa che, attraverso l’IVP, manda rami al ventricolo destro.
Se abbiamo dominanza sinistra, in caso di infarto questo colpira la parete posteriore del
ventricolo sinistro coinvolgendo il ventricolo destro, perche l’IVP manda appunto rami per i
ventricoli e per il nodo AV. Tutto questo spiega come in caso di infarto, in seguito
all’interessamento dell’arteria del nodo AV possa avvenire la morte per blocco AV, secondaria
a ischemia del nodo AV. C’è una minima quota di soggetti tra la dominanza destra e quella
sinistra, in cui il circolo coronarico è bilanciato.
Circolo bilanciato (piccola quota) → ogni coronaria guarda il proprio ventricolo, per cui tutto
il ventricolo dx è guardato anteriormente e posteriormente dalla coronaria dx e il ventricolo sx
è guardato anteriormente e posteriormente dalla coronaria sx. L’arteria nodale puo nascere
dall’una o dall’ altra (come se si saltasse la discendete posteriore).
L’IVP sara presente ma sara poco sviluppata.
Ci possono essere delle anomalie del tessuto connettivo di isolamento atrioventricolare che creano delle
connessioni tra miocardio ordinario atriale e miocardio ordinario ventricolare (Fibre di Kent).
Se le fibre di Kent si trovano a destra o a sinistra vengono dette fibre di Kent laterali, mentre quelle che
collegano il setto muscolare dell'atrio con il setto muscolare del ventricolo sono dette fibre di Kent mediali:
Fibre di Kent laterali → Esse hanno una pre-eccitazione ventricolare non decrementale, cioè
l’impulso direttamente a treno passa dall’atrio al ventricolo senza un freno a livello del NAV.
Fibre di Kent settali → qui c’è la giunzione diretta tra miocardio settale atriale e
interventricolare. Cio avviene quando il corpo fibroso centrale ha dei gaps (è parzialmente o
totalmente ipoplasico) e il miocardio ordinario atriale e ventricolare sono in connessione. Si ha
anche in questo caso un’onda di pre-eccitazione ventricolare detta non decrementale.
164
Fibre di Mahaim → rappresentano tutte le connessioni atrioventricolari anomale che
collegano il tessuto di conduzione atrioventricolare al miocardio ordinario ventricolare. Quindi,
si perde l’isolamento atrio-ventricolare, tuttavia, c’è una conduzione decrementale (ritardo dato
dal NAV) e non danno morte improvvisa ma solo tipici sintomi e caratteristiche alterazioni
all’ECG. Il difetto in questi casi è di tipo strutturale congenito e si colloca nella fase di
formazione del tessuto di isolamento atrioventricolare, ovvero, durante la formazione dei
cuscinetti endocardici.
Se il cuscinetto endocardico non si forma bene, esistono dei punti di giunzione tra miocardio
ordinario atriale e quello ordinario ventricolare. Le fibre di Mahaim sono dette:
- Superiori → partono dal NAV fino al miocardio ordinario ventricolare
- Intermedie → partono dal fascio di His fino al miocardio ordinario ventricolare
- Inferiori → partono dalle branche fino al miocardio ordinario
Si chiamano fibre anomale poichè il tempo di conduzione attraverso la via atrio-ventricolare normale è
sempre inferiore al tempo di conduzione delle fibre anomale (le fibre anomale sono piu veloci).
Quindi, con le fibre anomale la depolarizzazione ventricolare risulta anticipata rispetto alla depolarizzazione
che si sarebbe generata in assenza di queste fibre anomale. Questo tipo di anomalia congenita (pre-
eccitazione ventricolare) porta a morte improvvisa giovanile o nell’adulto e non in eta pediatrica e ciò è
spiegato dal fatto che, per determinare la pre-eccitazione ventricolare, oltre al substrato congenito (vie
anomale), ci deve essere un trigger!!
Esempio
Si fa uno sforzo, si va incontro ad un’aritmia cardiaca, un’extrasistolia da sforzo, da emozione, ecc....
Questa extrasistolia, che depolarizza il ventricolo prima del segnapassi cardiaco, può depolarizzare gli atri
se sono in periodo di ripolarizzazione, e si crea un macrorientro con tachicardia ventricolare.
Quando la depolarizzazione atriale arriva nel nodo atrio-ventricolare (3 parti: anteriore, intermedia e
posteriore) l'impulso subisce un rallentamento nella porzione posteriore.
Quindi le fibre di Mahaim, che hanno un punto di giunzione con il tessuto di conduzione atrio- ventricolare,
rispetto alle fibre di Kent, che non hanno nessun punto di giunzione con il tessuto di conduzione atrio-
ventricolare, sono piu lente.
Quindi si parla di conduzione atrio-ventricolare decrementale (cioè rallentata) in presenza delle fibre di
Mahaim, mentre le fibre di Kent generano una conduzione atrio-ventricolare non decrementale.
DISSOCIAZIONE ELETTROMECCANICA
La dissociazione elettro-meccanica è quella condizione in cui il ritmo cardiaco è presente, ma sussiste una
bassa gittata, perche si crea una dissociazione tra l’attivita elettrica del cuore e l’attivita contrattile.
Sono quelle situazioni in cui mettendo il fonendo sul torace il cuore batte ad una frequenza regolare ma se si
tocca il polso questo manca cioe vi è disaccoppiamento tra depolarizzazione e contrazione, quindi la
conduzione avviene ma manca la contrazione.
Questa evenienza si presenta negli infarti estesi o nelle miocarditi estese in cui gran parte del miocardio
smette di funzionare per cui l’onda elettrica è presente, ma in realta non c’è contrazione.
All’elettrocardiogramma il QRS è normale, ma a questo non corrisponde la sistole ventricolare.
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Automaticità
Nel miocardio ordinario gruppi di cellule improvvisamente si depolarizzano spontaneamente e lo fanno con
una frequenza maggiore rispetto al pacemaker cardiaco fisiologico, rappresentato dal NSA.
Si creano dei foci ectopici di battito. L’attivita del focus ectopico puo essere isolata (extrasistole) o
essere sostenuta nel tempo (tachicardia).
I foci ectopici si localizzano in qualsiasi punto del sistema di conduzione AV e sono innescati da eventi
ischemici, infiammatori ecc.... Anche i miociti possono generare foci ectopici (disarray nella miocardiopatia
dilatativa).
Rientro
Fenomeno in cui, a causa di una discontinuita nel tessuto miocardico, (sostituzione adiposa, fibrosi,
miocardite, infiltrato ecc...) si perde la direzione anterograda della depolarizzazione, per cui quest’ultima si
va disperdendo secondo vie anomale che possono addirittura riportare il fronte di depolarizzazione a
“scaricare” su cellule che sono gia state depolarizzate, ri-depolarizzandole nuovamente.
Si possono creare dei circuiti ad alta frequenza e portare alla FV.
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raggiunto il NAV, prende la via patologica ma anche la fisiologica e si depolarizzano i ventricoli in
maniera anomala ma sempre in senso anterogrado.
Il macrorientro consiste nel fatto che l’impulso del NSA, arriva al NAV e si impegna nel fascio di
His, raggiunge i ventricoli, li depolarizza, ma stavolta ritorna negli atri percorrendo in senso
retrogrado i fasci di Kent, depolarizzando nuovamente atri e ventricoli prima che insorga il nuovo
segnapassi cardiaco.
In un lavoro del progetto di Padova, su una grande quantita di casi di morte improvvisa cum materia,
ha trovato 12 casi di morte improvvisa sine materia (senza difetti strutturali).
La maggior parte di pazienti, in questo caso, hanno una canalopatia confermata dall’analisi genetica (S. di
Brugada, S. di QT lungo, S. di QT corto). In questo caso, l’autopsia è importante per poter poi fare
screening sui parenti e, qualora ci fosse bisogno, eliminare la patologia in altri soggetti con genotipo
positivo tramite
l’impianto di un defibrillatore.
MORTE MECCANICA (7% DEI CASI)
Un esempio è la “rottura” di cuore a seguito di un infarto il quale da tamponamento cardiaco.
Il termine morte improvvisa meccanica significa che il cuore si ferma perchè è impedito nella sua funzione
sistolica e/o diastolica.
Altro tipo di morte improvvisa meccanica e quella dovuta alla tromboembolia polmonare.
Ritrovato comune in questi casi è l’embolo a cavaliere, il quale a causa del riempimento progressivo del
circolo arterioso precapillare periferico, che porta ad un aumento di pressione del piccolo circolo, si localizza
nella biforcazione laterale polmonare portando rapidamente alla morte.
Ulteriore causa di morte improvvisa di tipo meccanico è il prolasso della valvola mitrale (insufficienza acuta
della valvola e aritmie indotte dalla fissurazione del corpo fibroso centrale che funge da isolante elettrico).
168
C’è una malattia dei piccoli vasi coronarici intramurali che si chiama displasia fibromuscolare ostruttiva dei
vasi coronarici intramurali, caratterizzata da ipertrofia della media con ostruzione luminale, oppure, da una
sostituzione fibromuscolare della parete che si ispessisce (fenomeni di displasia vascolare ostruttiva).
Tale patologia rende conto dell’ischemia multifocale da cattiva irrorazione intramurale del microcircolo
cardiaco. Lo stesso può succedere per l’arteria che serve il nodo seno atriale: una muscolarizzazione di tale
tipo puo mandare in necrosi ischemica, per spasmo o altro, il nodo seno atriale, per cui a un certo punto c’è
un ritmo caotico atriale (Sick sinus syndrome).
Arterie renali → Esiste anche una displasia fibromuscolare, che ha come target vascolare in primo luogo le
arterie renali. Conseguenza di ciò sara ipertensione arteriosa nefrovascolare, per ostruzione delle arterie
renali a causa di tale displasia fibromuscolare (disallargamento della parete arteriosa, proliferano cellule
muscolari lisce e collagene, creando delle vere e proprie ‘’pietre’’ nella parete vascolare che causano
ostruzione e conferiscono al vaso un aspetto acciottolato; certe volte in tale ostruzione possono crearsi
dilatazioni aneurismatiche, per cui tale patologia è annunciata con rottura ed emorragia).
Altri distretti colpiti possono essere quello cerebrale, polmonare o intramiocardico.
Angina allergica → dovuta al rilascio di istamina, in soggetti con piccole lesioni, si ha effetto paradosso
che determina vasocostrizione coronarica e quindi l’infarto.
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si arriva a discrepanza prima del normale, e allo sforzo non c’è supplemento di ossigeno: si crea cosi
ischemia e necrosi, con possibile morte improvvisa.
NB → Tra le cause di morte improvvisa ci possono essere anche fenomeni di trombosi coronarica su base
infiammatoria. Esempio ne sono la malattia di Kawasaki o la poliarterite nodosa, una necrosi fibrinoide della
parete a cellule giganti che genera il trombo (in generale tutte le coronariti).
CARDIOMIOPATIA RESTRITTIVA
Il termine restrittivo è sinonimo di disfunzione diastolica, in particolare si caratterizza per una curva
diastolica del tipo deep-plateau: il ventricolo si rilascia poco e in tempi brevissimi (nella proto-diastole).
Nella cardiomiopatia ipertrofica invece, la disfunzione è sempre di tipo diastolico ma il rilasciamento
avviene in tempi normali: ciò che aumenta è la pressione all’interno del ventricolo.
La cardiomiopatia restrittiva può essere:
- Cardiomiopatia restrittiva primaria
- Cardiomiopatia restrittiva secondaria (amiloidosi, emocromatosi, etc)
Nella cardiomiopatia restrittiva primaria c’è una stagnazione di sangue negli atri che si accompagna ad
un’atriomegalia e una congestione polmonare che determina ipertensione polmonare di tipo postcapillare.
Morfologicamente la cardiomiopatia restrittiva primaria (idiopatica) si caratterizza per la presenza di
ventricoli normovolumetrici e di spessore normale: domina l’atriomegalia bilaterale.
Anatomia patologica
Prendendo una sezione istologica colorata con il van Gieson (colora in rosso le fibre collagene), si vede che
c’è una fibrosi sia perimisiale (connettivo che avvolge i fasci muscolari) ed endomisiale (connettivo che
avvolge le singole cellule).
Talvolta, la presenza di queste fibre collagene, puo associarsi a “miocardial disarray”, come nella
cardiomiopatia ipertrofica, ma senza l’ipertrofia dei miocardio. Tutto questo costituisce il substrato per cio
che viene definito “miocardial and ventricular stiffness”: il ventricolo è “duro”da stirare e si rilascia poco.
Nella cardiomiopatia restrittiva secondaria, l’amiloide si deposita a livello pericellulare, nello spessore
dei vasi e in sede endomiocardica. In una sezione istologica, osservando con la microscopia elettronica,
oltre ai miociti in rosso si possono osservare delle fibrille piu chiare (viola) interstiziali che costituiscono la
sostanza amiloide.
Con la colorazione Rosso-Congo l’osservazione alla luce polarizzata, mostra l’amiloide di colore verde
170
mela.
È possibile distinguere diverse forme di amiloide da un punto di vista eziologico:
- Forma AA: secondaria a malattie infiammatorie croniche o infettive.
- Forma AL: secondaria ad un’iperproduzione di catene leggere immunoglobuliniche (mieloma,
Waldenstrom)
- Forma ATTR: secondaria ad un’iperproduzione di transtiretina, che e familiare o senile [fonte
Rugarli]
- Emocromatosi → Facendo una colorazione di Pearls, il Fe appare come granuli bluastri. E’ una
condizione che ritroviamo nella talassemia, nell’emolisi ecc....La terapia chelante del Fe porta a
guarigione della malattia.
MIOCARDITI
Tra le cause di morte improvvisa ricordiamo la miocardite, la quale a causa del processo flogistico, puo
innescare aritmie fatali. In genere pero è una diagnosi di esclusione.
Tra le miocarditi infiammatorie, in base al tipo di infiltrato, distinguiamo:
- Granulocitaria
- Da enterovirus
- Linfocitaria
- Plasmacellulare
- Granulomatosa
In quest’ultima, i granulomi sono “incassati” nel parenchima, simili a quelli sarcoidei. La differenza con
quelli tubercolari risiede sia nella presenza della necrosi caseosa, sia nella tendenza a confluire tra loro,
caratteristiche tipiche del granuloma tubercolare.
Un esempio di come la miocardite puo dare morte improvvisa, è la miocardite linfocitica: si tratta di linfociti,
per cui è una miocardite del tessuto nodale. Tale flogosi infiltra gli spazi peri-nervosi e fa la peri-neurite e la
neurite; poiche questi nervi regolano il ritmo del segnapassi cardiaco (accelerando o decelerando il battito),
se si infiammano prevalentemente quelle parasimpatiche, o si “triggerizza” l’attivita del parasimpatico o si
indebolisce, esaltando l’attivita del simpatico.
171
- Muscolarizzazione dell’arteria nodale con ischemia e necrosi del NSA (angina microvascolare)
EMORRAGIE
Ad esempio, un soggetto che giocava ad hockey su ghiaccio e, che scontrandosi sulla balaustra, ha
sbattuto il torace ed è morto improvvisamente. L’esame del tessuto di conduzione ha dimostrato
un’emorragia del fascio di His penetrante da contusione cardiaca, con blocco atrioventricolare
completo fulminante.
FORMAZIONI CISTICHE
Ad esempio, un tumore cistico del nodo atrioventricolare che blocco atrioventricolare completo.
172
Macro Ebstein → displasia della tricuspide che si vede a livello macroscopico. Il soggetto va incontro ad
insufficienza valvolare e scompenso cardiaco.
Il sunto è che il corpo fibroso centrale non svolge la sua funzione di isolante e ci possono essere fenomeni di
pre-eccitazione ventricolare e morte improvvisa.
173
La conduzione elettrica tra atri e ventricoli è appannaggio solo di tali strutture, ovvero del nodo
atrioventricolare, del fascio di His non penetrante e poi quello penetrante ed infine delle due branche.
Nel prolasso idiopatico della valvola mitralica c’è una degenerazione mixoide del tessuto connettivo e,
quindi, anche del corpo fibroso centrale, il quale, insieme al resto del connettivo, comincia a dissolversi
e a presentare delle fessure. Queste soluzioni di continuo (gap) del corpo fibroso centrale gli
impediscono di essere un isolante completo e quindi attraverso questi punti di contatto il miocardio
atriale settale ordinario entra in connessione col miocardio ventricolare ordinario saltando il tessuto
di conduzione atrioventricolare, si ha quindi la pre- eccitazione del ventricolo. In questo caso, il
contatto tra le fibre contrattili atriali e le fibre contrattili ventricolari è senza interposizione del
tessuto di conduzione atrioventricolare, percio la conduzione (pre-eccitazione) non è decrementale,
cioe la velocita di conduzione del ventricolo è la stessa degli atri e questo crea pre-eccitazione,
fibrillazione e morte improvvisa.
Altre cause di morte per turbe aritmiche nel soggetto con prolasso → durante l’apertura delle valvole il
continuo sbattere dei lembi valvolari, i quali sono enormi e ridondanti, sulla parete posteriore del ventricolo
sinistro con formazioni di fibrosi che e poi responsabile di crisi aritmica, oppure la fibrosi del muscolo
papillare a causa del continuo stiramento a cui è sottoposto che puo innescare a sua volta una aritmia.
Il prolasso della mitrale è un esempio di come sia il meccanismo aritmogeno e quello meccanico possano
contribuire alla morte improvvisa nello stesso soggetto.
174
Studiando i surreni in tossicodipendenti vi era nel 40% iperplasia midollare surrenalica, cui si associa il
danno catecolaminico; il trovare un’iperplasia midollare surrenalica era come il “braccio grosso del
tennista”; la stimolazione che parte dall’ipotalamo, con attivazione cronica del sistema simpatico, produce
la degranulazione e porta iperplasia midollare surrenalica, per stimolazione continua simpatica, ed in un
caso, si è trovato il feocromocitoma.
Autopsia
I polmoni erano antracotici (neri), con formazioni nodulari ad entrambi gli ili polmonari, impacchettati
tra di loro, quindi linfoadenomegalia, confusione dei linfonodi.
Il cuore pesava 330 gr (nell’adulto varia tra 275 a 325/350), diametro trasverso un poco aumentato (10cm);
longitudinale (8 cm); al taglio dilatazione delle cavita ventricolari, con spessori irregolari (dilatazione
terminale di cuore), setto interventricolare 16 cm, ventricolo sx 11cm, ventricolo dx 7cm, aspetto rettilineo
del setto interventricolare, come se ci fosse il segno di un’ipertensione polmonare.
- Diametro trasverso era un po’ piu aumentato di quello apico-basale
- Discendente anteriore colpevole (placca aterosclerotica erosa con trombo occlusivo)
- Danno endoteliale nella zona di erosione della placca (alti livelli di IL-1 che si colora in rosso)
Trombo → Facendo le sezioni seriate, si vede come il trombo è formato da piccoli corpiccioli rotondi,
ovvero da piastrine. A differenza della tromboembolia polmonare, dove il trombo è ricco di fibrina, il trombo
iniziale cardiaco è fatto da piastrine, per cui questo impone un diverso trattamento.
All’esame istologico del polmone si vede una tubercolosi miliarica, con cellule giganti, con necrosi caseosa,
linfoadenite granulomatosa con aspetti di necrosi; la diagnosi istologica fatta sul linfonodi con broncoscopia
era stata quella di sarcoidosi, quindi hanno fatto terapia con cortisone; è stato proprio
questo che ha fatto esplodere il processo tubercolare, il quale si è ravvivato, con immissione in circolo
di linfochine e TNF, che hanno dato il danno endoteliale: il soggetto aveva una placca vulnerabile, che è
divenuta placca colpevole.
A causa delle linfochine infiammatorie, si sono creati fenomeni trombotici coronarici per danno endoteliale e
quindi morte improvvisa coronarica.
Spesso succede che l’infarto miocardico, quindi la trombosi, decorre subito dopo un periodo di infezione (da
avulsione dentaria, febbre, etc) poiche c’è un fatto infiammatorio di base, che agisce su un locus minoris
resistentiae (placca), determinando un danno endoteliale e quindi la trombosi.
Questo è un caso di malasanita, perche la diagnosi anatomopatologica è stata sbagliata (era tubercolosi
non sarcoidosi), cio ha portato ad una terapia erronea, che ha fatto esplodere la tubercolosi.
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TUMORI CARDIACI
Le neoplasie primitive cardiache sono estremamente rare, mentre si trovano metastasi cardiache nel 5% di
pazienti deceduti per carcinoma. In ordine di frequenza si hanno:
1. Mixoma
2. Fibroma
3. Lipoma
4. Fibroeslatomi papilliferi
5. Rabdomiomi, angiosarcomi
Sono tutti tumori benigni e costituiscono oltre il 90% dei tumori cardiaci primitivi. I sarcomi, maligni, sono
rarissimi.
MIXOMA
Tumori primitivi cardiaci più frequenti dell’adulto, sono localizzati in tutte le camere cardiache con netta
prevalenza per gli atri, e per la sezione sinistra (4:1).
La sede elettiva è la fossa ovale dal lato sinistro.
I mixomi sporadici non presentano alterazioni geniche costanti, ma le sindromi familiari associate a mixomi
si associano invece a mutazioni attivanti del gene GNAS1 (codifica per una subunità della Proteina G,
associata alla Sindrome di McCune-Albright) o a mutazioni di PRKAR1A (codifica per una subunità
regolatoria di una protein-chinasi dipendente dall’cAMP.
ANATOMIA PATOLOGICA
Cellule mixomatose globose o stellate (cellule lepidiche), cellule endoteliali, muscolari lisce, cellule
immature.
Tutto è immerso in abbondante connettivo mucopolisaccaridico acido, e formano a volte strutture
caratteristiche che ricordano le ghiandole. Tutta la massa è infine rivestita da endotelio.
Si ritiene che derivino dalle cellule totipotenti del mesenchima.
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CLINICA
- Compressione intermittente → sincopi e lipotimie
- Embolizzazione
- Sintomi influenzali per la produzione di IL-6 da parte di alcuni mixomi.
Nel 10% dei casi sono legati alla trasmissione ereditaria nel contesto nella sindrome di Carney
Sono facilmente rilevabili tramite l’ecografia e solitamente l’escissione chirurgica è curativa, poichè
raramente questo tipo di tumore recidiva (e ciò avviene per lo più in caso di escissione incompleta).
LIPOMI
Sono tumori benigni localizzati, ben circoscritti composti da cellule adipose mature. Sono asintomatici.
Sono dei tumori che possono essere svilupparsi in tutti i tre tessuti cardiaci, generalmente nel ventricolo
sinistro, nel setto (talvolta qui possono essere presenti depositi adiposi non neoplastici, che prendono il nome
di “ipertrofia lipomatosa”) e nell’atrio destro.
A seconda della localizzazione possono dare compressione dell’ostio atrioventricolare (endotelio), aritmie
per interferenza con il sistema di conduzione (nel miocardio).
FIBROELASTOMI PAPILLIFERI
Strane lesioni occasionalmente repertate in sede autoptica ma che possono causare emboli.
Sono localizzati in genere a livello delle valvole, sulla faccia ventricolari delle semilunari e su quella atriale
delle atrioventricolari (quindi in direzione dell’origine del flusso).
Hanno un aspetto tipico di proiezioni simili a capelli, di circa 1 cm di lunghezza, che rivestono l’endocardio
per diversi cm2.
RABDOMIOMI
Tumori più frequenti dell’infanzia, sono diagnosticati nel primo anno di vita perché causano una ostruzione
dell’orifizio valvolare o delle camere cardiache.
La metà dei rabdomiomi cardiaci è causato da mutazioni sporadiche, mentre il restante 50% è associato a
sclerosi tuberosa, con mutazione dei geni oncosoppressori TSC1 e TSC2.
Le proteine TSC 1 e 2 (Amartina e Tuberina) operano in un complesso che inibisce l’attività del brsaglio
della Rapamicina nei mammiferi (mTOR), una chinasi che stimola la crescita e regola le dimensioni cellulari.
Essendo assenti TSC1 e TSC2, si ha una ridotta inibizione del complesso e eccessiva crescita dei miociti.
Sono delle masse miocardiche bianche o grigie, in genere piccole ma occasionalmente molto grandi (diversi
cm). Possono comprimere ed ostruire gli osti cardiaci.
Sono formate da cellule caratteristiche, dette cellule a ragno, ed elementi grandi e poligonali con molti
vacuoli carichi di glicogeno. Tutte le cellule contengono miofibrille.
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In genere queste cellule si ritengono di origine displastica piuttosto che neoplastica, tant’è che spesso
regrediscono spontaneamente.
SARCOMI
Gli angiosarcomi e gli altri sarcomi non sono clinicamente o morfologicamente diversi da quelli localizzati
in altre sedi.
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