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Patologia cerebrovascolare ICTUS

Improvvisa perdita della funzione neurologica, dovuta ad un’interruzione dell’apporto ematico


al cervello. I meccanismi patogenetici:

- Occlusione delle arterie→ infarto ischemico


- Rottura delle arterie→ infarto emorragico

CONDIZIONI CHE MAGGIORMENTE DETERMINANO ISCHEMIA CEREBRALE

1- Ateroma: formazione acuta di un trombo a livello di una placca ateromasica. Il trombo


può occludere il vaso localmente o generare emboli che occludono le arterie più
distalmente. Generalmente frequente a livello della carotide, in particolare quella
interna. Fattori di rischio → ipertensione arteriosa, diabete, iperlipidemia,
familiarità, fattori predisponenti (fumo e altro).
2- Embolia associata a patologie cardiache: fibrillazione atriale, valvulopatie o altri
quadri che possano portare alla formazione di emboli (come gli ateromi visti
precedentemente).

CONDIZIONI CHE MENO FREQUENTEMENTE DETERMINANO ISCHEMIA


CEREBRALE

Traumi, infezioni ed infiammazioni sistema cardiovascolare e fattori ematogeni (aumento


viscosità e coagulabilità)

ISCHEMIA E INFARTO CEREBRALE


La riduzione del flusso causa inizialmente ischemia con perdita reversibile delle funzioni e se
peggiora o si prolunga, infarto con morte cellulare. Dopo un evento ischemico vi è il completo
recupero dai sintomi in <24 ore con TIA (attacco ischemico transitorio); se il recupero ha luogo
dopo 24 h allora si tratta generalemtne, di ICTUS.
Un attacco ischemico transitorio, pur non causando danni permanenti al cervello, non va mai
trascurato; esso, infatti, potrebbe essere il primo indizio di una predisposizione all'ictus, il cui esito
può essere letale. Quando si parla di ictus ci si riferisce ad una grave condizione patologica,
provocata da un mancato o insuff iciente afflusso di sangue al cervello. Ciò determina, più o meno
lentamente (dipende dalla gravità dell'ictus), la morte del tessuto cerebrale, per mancanza di
ossigeno e nutrienti, e la perdita delle capacità motorie (e non solo) connesse all'area
dell'encefalo interessata.
La perdita della funzione, di cui si accorge il paziente e che emerge dall’esame clinico,
dipende dall’area coinvolta nel processo ischemico.

L'ictus ischemico e si verifica a seguito del restringimento o della completa occlusione di un vaso
arterioso cerebrale o di un'arteria immediatamente precedente (es: carotidi).
ISCHEMIA NEL TERRITORIO DELL’ARTERIA CAROTIDEA INTERNA:
MANIFESTAZIONI CLINICHE

Oculari: cecità transitoria in un occhio per occlusione temporanea (possibilmente dovuto ad


un embolo di colesterolo o fibrino piastrinico). La cecità parziale può essere diagnosticata
coprendo un occhio alla volta per determinare se il difetto sia mono o bi-oculare.
Emisfero cerebrale: cefalea occasionale (di solito sopraorbitale o temporale); difetto del
linguaggio, emiparesi o emiplegia (deficit motorio che interessa un emilato) (può comparire
più volte o essere un evento transitorio) (dal lato opposto dell’arteria interessata).

ISCHEMIA NEL TERRITORIO DELL’ARTERIA CEREBRALE MEDIA

- Paresi e perdita della sensibilità dell’emivolto e e arto superiore controlaterale


- Disfasia (disturbo linguaggio con parole a caso e perdita schema)
- Vari deficit cogniti (lettura, scrittura e calcolo)

ISCHEMIA NEL TERRITORIO DELL’ARTERIA VERTEBRO-BASILARE

In questo caso tale condizione coinvolge alcuni nervi cranici con inevitabili conseguenze che
vanno a compromettere le capacità visive del paziente (diplopia - visione doppia), paresi e
deficit sensitivo facciale, vertigini, alterazioni o perdità motilità apparato gastro-enterico con
conseguenti disfagia e disartria e nei casi più gravi totale perdità uso e sensibilità arti
superiori e inferiori.

MANIFESTAZIONI CLINICHE ACUTE→ cefalea vomito; alterazione della coscienza.

GESTIONE DELL’ISCHEMIA CEREBRALE

Conferma della diagnosi  TC del cranio per escludere emorragia cerebrale.

Recupero dopo ictus  monitoraggio continuo del paziente con gestione della PA, recupero,
con aspirina (se necessario), del flusso ematico in caso di viscosità o aumento della coagulabilità
(azione fluidificante dell’aspirina) e riabilitazione del paziente.

Prevenzione dopo ictus  Comportamentale con riduzione della pressione tramite dieta, no
fumo ed eventuale somministrazione ACE inibitori o fluidificanti (aspirina o statina). Inoltre
valutare, o monitorare se già esistenti, eventuali quadri clinici (ipertensioni secondarie o
diabete).
Cincinnati prehospital stroke scale (cpss)
Scala di valutazione impiegata per diagnosticare la presenza di ictus nella fase ospedaliera e
preospedaliera.
La scala offre una valutazione di tre aspetti: mimica facciale- movimento degli arti superiori –
linguaggio.
Mimica faciale: invitare il paziente a sorridere o mostrare i denti

- Normale: se entrambi i lati del viso si muovono allo stesso modo


- Anormale se un lato del viso si muovono in modo diverso
Movimento delle braccia: invitare il paziente a chiudere gli occhi e sollevare le braccia (segno di
mingazzini - variante che tiene conto della funzionalità neurologica del paziente. Viene chiesto al
paziente di alzare le braccia con i palmi rivolti verso l’alto e mantenere le mani aperte e distese e
poi chiudere gli occhi. Se, chiusi gli occhi, un braccio scende involontariamente e si chiude la
mano il segno risulta positivo. Altrimenti, se entrambe le braccia rimangono distese e le mani ben
aperte il segno è negativo)

- Normale: se entrambi gli arti di muovo allo stesso modo


- Anormale: se gli arti si muovono in maniera diversa
Linguaggio: invitare il paziente a pronunciare una frase

- Normale: se pronuncia correttamente


- Anormale: se sbaglia le parole, strascica, o incapace.

Pazienti con un parametro anormale su 3 hanno una probabilità del 72% di avere un
ictus ischemico
Se sono anormali tutti e tre, la probabilità sale al 85%. Si noti tuttavia che l’assenza di
parametri anormali non garantisce l’assenza di ictus.

ICTUS EMORRAGICO - EMORRAGIA SUBARACNOIDEA ED


EMORRAGIA INTRACEREBRALE
Improvviso versamento di sangue arterioso nello spazio subaracnoideo intorno al cervello o
direttamente nel tessuto cerebrale.

Si parla di ictus emorragico subaracnoideo quando l'emorragia si verifica sulla superficie del


cervello, nello spazio che separa la meninge aracnoide dalla meninge pia madre (quindi, a
rompersi è un'arteria cerebrale posizionato sulla superficie del cervello).

1- Emorragia subaracnoidea: prodotta generalmente da un’aneurisma che si sviluppa su


una delle arterie della base del cervello (intorno al cervello).
In tutti i casi di emorragia subaracnoidea avremo:
Sangue nello spazio subaracnoideo→ cefalea improvvisa.
Aumento della pressione intracranica → deficit stato della coscienza (- vigilanza), vomito.
Se l’emorragia non comporta, nell’immediato, danno cerebrale o ischemia non vi sarà alcun
sintomo; nel caso in cui, invece, si dovessero proporre situazioni traumatiche con sanguinamento
cerebrale, ischemia (per sanguinamento), o spasmo, a valle di un aneurisma o ematomi, si avrà
un deficit focale (danno selettivo rispetto all’area colpita). Nei casi più gravi con ematoma
diffuso ai ventricoli, oltre al deficit focale anche il coma.
2- Emorragia intracerebrale: nella capsula interna o nel ponte, a seguito della rottura
delle larghe e sottili arterie perforanti.

Patogenesi
Micro-aneurisma formatosi in un’arteria cerebrale come conseguenza di ipertensione.
Qualsivoglia fattore predisponente una pressione estrinseca sui vasi interessati
(maggiore frequenza microaneurismi di altri vasi; tumori ecc.)

In tutti i casi di emorragia intracerebrale avremo:

Rapido incremento della pressione intracranica→ compromissione stato di coscienza,


cefalea, vomito

Distruzione del tessuto cerebrale da parte dell’ematoma → deficit focale coerente con
la sede della lesione

Manifestazione cliniche in base alla sede

- A livello della capsula interna determina emiplegia, emianestesia e perdità di


metà del campo visivo omonimo controlaterale.
- Quadro di emorragia con compromissione ventricolo e sangue nel liquor
cerebrospinale. Può presentarsi coma.
- A livello del ponte si realizza un massivo deficit neurologico (paralisi dei nervi
cranici, segni cerebellari (deficit equilibrio e deambulazione) e tetraplegia), più
idrocefalo ostruttivo e alta probabilità di coma.

Gestione emorragia subaracnoidea


Conferma della diagnosi: TC del cranio (presenza di sangue nello spazio subaracnoideo), liquor
cerebrospinale giallastro (conseguenza dell’emorragia).
Prevenzione rischio di infarto: Antiipertensivi.
Prevenzione del risanguinamento (chirurgia): angiografia per stabilire se vi è un’aneurisma
trattabile chirurgicamente
Riabilitazione.

Gestione emorragia intracerebrale


Conferma della diagnosi: TC del cranio, più ricerca MAV (malformazioni arterovenose) nei
giovani e sanguinamenti multipli per angiopatie amiloidi negli anziani.
A volte è necessario ridurre la pressione intracranica, trattamento non aggressivo della PA
(antiipertensivi), riabilitazione

Prevenzione: l’emorragia cerebrale è una delle maggiori complicanze dell’ ipertensione


arteriosa non trattata.

DIAGNOSI DI ICTUS
1. Clinica E ANAMNESI
2. INDAGINI NEURORADIOLOGICHE (TC, RMN)
SINTOMATOLOGIA: non muovo o non sento più un braccio o una gamba; mi accorgo di
avere la bocca storta, faccio fatica a parlare, non capisco quello che mi dicono, ho un forte
mal di testa mai provato prima, non vede bene metà degli oggetti.

TC: lesione ischemica visibile come zone di ipodensità


Lesione emorragica visibile come zona di iperdensità

Nel caso di approfondimenti o peggioramenti del paziente, questo viene inviato in stroke unit
STROKE UNIT (infarto cerebrale)
Unità (4 16 letti) in cui opera un team multidisciplinare ed esclusivamente dedicato di medici,
infermieri e tecnici della riabilitazione.

NIH stroke scale- versione italiana. Scala per l’ictus del national institute of
health

1 Livello di coscienza: vigilanza - 4 Stadi Decrescenti

Orientamento - 3 Stadi decrescenti


Comprensione ed esecuzione di ordini semplici - 3 stadi decrescenti
2. Sguardo: oculomozione: Si valuta il riflesso oculo cefalico, che permette al paziente di ruotare gli
occhi orizzontalmente senza dover muovere il capo.

3. Campo visivo: viene valutata la tecnica della minaccia visiva (il paziente involontariamente
osserva le dita in movimento fuori dal campo visivo)

4. Paralisi facciale: mostrare i denti, alzare le sopracciglia e chiudere gli occhi. In caso di esito
negativo ma eventuale sospetto, prendere in considerazione simmetria del volto in risposta a
stimoli dolorosi
5 a Motilità arti superiori ed inferiori + test atassia: (il test prevede il test della funzionalità muscolare
e dell’equilibrio del paziente, tramite comprovata capacità, con la prova indice-naso e calcagno-
ginocchio eseguita su entrambi i lati)
6 Sensibilità: puntura di spillo su tutte le sezioni corporee. Da normale a ipoestesia grave

7 Linguaggio: descrizione di un disegno, denominazione di oggetti, lettura di frasi semplici. Da normale


a grave afasia (non ti parlo vaffanculo)
8 Disartria: deficit motorio linguistico, difficoltà a pronunciare delle parole. Va da assente a disartria
grave. Un altro valore prevede il paziente non valutabile se intubato o impedito alla parola
fisicamente
9 Inattenzione: Valutabile tramite i risultati ottenuti precedentemente. Se sono tutti negativi allora il
paziente è o un lurido figlio di puttana (pazzo in culo o non gliene fotte un cazzo di te) oppure ha un
deficit dell’attenzione e/o risposta agli stimoli.
MORBO DI PARKISON
La MP è tra le più frequenti malattie degenerative del SN. L’incidenza aumenta con l’età fino al
picco massimo tra i 60 70 anni.

Anatomia patologica
Affezione patologica degenerativa dei tessuti del sistema extrapiramidale e simpatico.
Elemento istologico caratteristico della MP è costituito dai Corpi di Lewy, degenerazioni
neuronali che si uniscono in agglomerati proteici. Si riscontrano maggiormente, questi processi,
nei neuroni dopaminergici situati nel locus niger. Altri neuroni maggiormente colpiti sono:
-i neuroni troncoencefalici produttori di noradrenalina (fatto che spiegherebbe l’insorgenza di
depressione)
-i neuroni della corteccia cerebrale che liberano acetilcolina (questo spiegherebbe i deficit
cognitivi)

Eziologia
Sono stati chiamati in causa fattori:
1 Genetici (cromosoma 4 e 6 con familiarità al 15%)

2 Infettivi (ad es. post-encefalite batterica)


3 Tossico metabolici: esposizione a fattori tossici ambientali come pesticidi.

Patogenesi
Il tutto inizia con un deficit biochimico nei neuroni dopaminergici, della pars compatta della
Substantia Nigra che induce a sua volta una denervazione che comporta una cascata di modificazioni
funzionali che altera il controllo della motricità.
Possibile coinvolgimento tossico di elementi che inducono morte cellulare e aumento dei radicali liberi.
Non è ancora riconosciuto un elemento di innesco primario del processo degenerativo.
Semeiologia

Tremore
Ritmo 3-6 cicli al secondo, tipicamente a riposo, scompare durante l’attività volontaria (specialmente
movimenti sensibili e di precisione) e il sonno, accentuato da emozioni, fatica, sforzi di concentrazioni
intellettuale. Interessa inizialmente le dita della mano e il polso o può estendersi all’intero arto e interessare
anche quello inferiore.
Poco frequente il tremore del capo, spesso presente alla mandibola, alle labbra, alla lingua. Può associarsi
tremore di fissazione (o posturale) ( a frequenza più alta).
 Tremore posturale – si verifica durante il mantenimento volontario di una posizione contro la
forza di gravità, come allungare o distendere un braccio.

Rigidità
La rigidità del paziente esprime una aumentata resistenza (o risposta) allo stiramento e
all’accorciamento passivo, (cioè provo a stirarti la mano o a stringerla e tu paziente opponi molta
resistenza).
Generalmente il paziente presenterà una postura leggermente in avanti, con le braccia flesse e addotte
(cioè piegate sull’addome il più delle volte) e altre posizioni particolari.
Spesso, durante la mobilizzazione passiva delle articolazioni degli arti del paziente (operatore tenta di
muovere passivamente le braccia o le gambe di quest’ultimo), è possibile rilevare un cedimento della
resistenza a Scatti (fenomeno della troclea o ruota dentata).
Tipico, è inoltre l’atteggiamento della mano con flessione delle articolazioni metacarpo falangee,
iperestensione delle interfalangee, adduzione del pollice al palmo.

Bradicinesia
Caratterizzata dalla lentezza e dalla povertà dei movimenti che induce una riduzione dell’iniziativa
motoria. Il malato deve “pensare la sequenza del gesto” per cui si “muove in economia”. Avvio della
marcia lento e difficile ed è spesso preceduto da un calpestio preparatorio (freezing). La marcia a piccoli
passi presenta spesso una rapida accelerazione (festinazione) con flessione del tronco in avanti e arti
addotti come a rincorrere il proprio centro di gravità (spesso segue una caduta, che può essere molto
pericolosa).
Mimica facciale ridotta, sguardo fisso, ammiccamento raro (facies figée). Precocemente si nota riduzione
dei movimenti automatici quali il pendolarismo degli arti sup durante la marcia, rotazione del capo
che accompagna i movimenti di lateralità dello sguardo.
Difficolta del passaggio dalla posizione seduta a quella eretta che avviene “in blocco”.
Alterazione cognitiva con impoverimento del pensiero, dell’affettività (tono monotono), linguaggio
(ripetizione delle parole (palilalia)), riduzione degli automatismi gestuali che accompagnano il discorso.
La scrittura risulta alterata, disturbata dai tremori e dalle manifestazioni crampiformi fino alla
micrografia.

Disturbi vegetativi
Il 90% lamenta singolarmente o in varie associazioni: scialorrea, disfagia, disfunzioni vescico-sfinteriche.
La scialorrea è anche dovuta ad una anormalità della deglutizione. La costipazione e il sintomo più
frequente associata a ostruzioni intestinali o volvoli. Nicturia, urgenza e incontinenza da urgenza per
iperattività del detrusore. Ipotensione ortostatica, deficit sensoriali, astenia, sono di più frequente
riscontro negli anziani con Morbo di Parkinson.

Disturbi e turbe sensitivi


- Primari: dolori, parestesie, intorpidimento, sensazioni sgradevoli di freddo o di caldo nelle
porzioni del corpo più affette
- Secondari: sintomi causati da variazioni pressorie, edema, patologie articolari, distonie
(La distonia è un disturbo del movimento in cui il paziente è costretto ad assumere posizioni
anomale a causa di contrazioni e spasmi muscolari), crampi.

Funzioni superiori
Specifici deficit fino ad un decadimento cognitivo, possono coinvolgere funzioni visuo-spaziali e
percettivo-motorie, la memoria a lungo termine e memoria operativa. Il quadro non è mai puro e
si combina con quadri simil Alzheimer.
Turbe dell’umore e del comportamento
Tristezza, anedonia disinteresse per l’ambiente ed episodi francamente depressivi (guarda
sintomatologia in psichiatria - vari cluster).
Frequenti sogni vividi, incubi, vocalizzazioni notturne, allucinazioni, sonnambulismo. L’esordio
della malattia può essere preceduto da episodi di RBD (REM Beaviour Disorder) con movimenti
correlati al sogno durante la notte. Frequente la sonnolenza diurna. Causa dei disturbi del sonno
possono essere i sintomi motori della MP o i farmaci usati.

Successione degli stadi clinici


Stadio 1: interessamento monolaterale; il braccio colpito affetto da tremori, il paziente si appoggia sul
lato non colpito.
Stadio 2: interessamento bilaterale, motilità presente ma alterata in velocita e andatura con iniziale
alterazione posturale.
Stadio 3: moderata inabilità, instabilità posturale con tendenza a cadere.
Stadio 4: significativa inabilità, deambulazione limitata con assistenza
Stadio 5: invalidità completa.

POSSIBILI INDIVIDUAZIONI DI STADI PRECLINICI DEL MORBO DI PARKINSON


Generalmente un quadro prodromico individua un soggetto con una triade di sintomi:
Disfunzione olfattiva + costipazione + alterazioni del ritmo sonno-veglia (somma di questi tre sintomi)
Se presenti questi sintomi, tutti assieme, dovrebbero far sospettare di un possibile quadro parkinsoniano.

Criteri clinici diagnostici


La diagnosi di M. Parkinson, ritenuta semplice solo nel 75% dei casi circa, viene confermata in
seguito ad autopsia. I segni clinici, infatti, si possono riscontrare anche in altri quadri inquadrati come
parkinsonismi atipici, che vedremo successivamente nella diagnosi differenziale.

Per fare diagnosi di MP gli elementi che vanno presi in considerazione, dunque, sono:
a. Sintomi essenziali
b. Criteri di esclusione
c. Criteri di supporto
Segni motori cardinali:
- Tremore a riposo
- Rigidità
- Bradicinesia
- Esordio asimmetrico (vedi stadiazione da primo a quinto stadio, vista poc’anzi)
Responsività alla levodopa (o LDOPA è precursore della dopamina) presente nel 94 - 100%
dei casi (criterio di esclusione - se il paziente non risponde alla levodopa possiamo escludere
“quasi certamente” che si tratti di Morbo di parkinson)

Assenza di sintomi atipici (criteri di supporto)

- Instabilità posturale entro i primi 3 anni


- Decadimento intellettivo precoce
- Cause accertate di parkinsonismo secondario (lesioni focali, uso di neurolettici).

Quindi in sintesi potremo dire di un quadro di M. Parkinson che esso sia:


POSSIBILE
.1 In presenza di almeno 2 dei 4 segni cardinali (di cui uno deve essere tremore o bradicinesia)
.2 Assenza di sintomi atipici
.3 Documentata risposta all’uso di (l-dopa o dopamino-agonisti o mancanza di un adeguato tentativo
terapeutico con l dopa o dopamino-agonisti).
PROBABILE
.1 Presenza di almeno 3 dei 4 segni cardinali
.2 Sintomi atipici, se presenti, solo dopo 3 anni dall’esordio del quadro
.3 documentata risposta all’uso di l dopa o dopamino-agonisti
DEFINITA
.1 presenza di tutti i criteri per la diagnosi di MP probabile
.2 conferma autoptica

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

- Tremore essenziale
- Sindromi parkinsoniane secondarie a lesioni vascolari, idrocefalo, iatrogeniche
- Degenerazione cortico-basale o DCB
- Malattia da corpi di Lewy diffuse DLDB

Tremore essenziale Il tremore essenziale è caratterizzato da un tremore ritmico che si verifica durante i
movimenti volontari o quando si cerca di mantenere una posizione contro la forza di gravità. Spesso viene
erroneamente diagnosticato come Malattia di Parkinson.
Esistono due tipi di tremore:
 Tremore cinetico – si verifica durante un movimento volontario, come portarsi un bicchiere alla
bocca
 Tremore posturale – si verifica durante il mantenimento volontario di una posizione contro la
forza di gravità, come allungare o distendere un braccio
La maggior parte dei soggetti con tremore essenziale sperimenta sia tremore cinetico che tremore posturale).

Parkinson vascolare ( di origine secondaria a patologie vascolari. Es. idrocefalo, terapia con neurolettici)
Degenerazione cortico basale (DCB) Sindrome acinetica ipertonica (contrazione muscolare isometrica) con
marcata asimmetria (non rispondente al levodopa). Associato a disturbi sensitivi (Babinski posotivo).
Movimenti involontari (tremori, distonia segmentale (alcune parti del corpo posizioni bizzarre),
mioclono focale). Compromissione cognitiva. Atrofia circoscritta fronto parietale.
Malattia da Corpi di Lewy diffusi (DLBD) Decadimento cognitivo. Manifestazioni allucinatorie visive e
deliranti, parkinsonismo di modesta entità, spiccata intolleranza ai neurolettici, cadute ed episodi sincopali.

Indagini diagnostiche
TC: non evidenzia reperti specifici ma può escludere possibili origini secondarie.
RMN: generalmente normale. Può essere evidenziato un assottigliamento della pars compacta della
sostanza nera.
(INTRODUZIONE ALLO SPECT - tomografia computerizzata ad emissione a fotoni singoli)
Il putamen è una struttura tondeggiante situata alla base del telencefalo. Il putamen e il nucleo
caudato formano insieme lo striato dorsale. È anche una delle strutture che compongono i gangli della
base. Attraverso vari percorsi, il putamen è collegato alla substantia nigra.

SPECT (tomografia computerizzata ad emissione di fotoni singoli): nel MP la riduzione della secrezione di
dopamina è massima nel putamen posteriore, mentre nei parkinsonismi atipici è diffusa nel putamen e
nucleo caudato. Può dunque essere utile nella diagnosi precoce.
(metodica meno costosa e di uso più comune)

Sclerosi laterale Amiotrofica


La più grave fra le malattie del motoneurone (Vari quadri tra cui la SLA. L'elenco dei sintomi di una
malattia del motoneurone è assai variabile e dipende da quali compiti svolgono i motoneuroni interessati.
Ad esempio, nella SLA, l'interessamento dei motoneuroni è totale, pertanto, il paziente lamenta difficoltà in
svariati ambiti che andremo a vedere successivamente. La diagnosi di una malattia del motoneurone richiede
diversi esami, in quanto manca un test diagnostico apposito. Per il momento, non esistono cure specifiche,
ma solo trattamenti sintomatici).
Il termine SLA deriva da:
Sclerosi: atrofia gliolitica - cellule gliali, sono cellule che, insieme ai neuroni e ai vasi sanguigni, formano
il sistema nervoso. Hanno funzione nutritiva e di sostegno per i neuroni, assicurano l'isolamento dei tessuti
nervosi e la protezione da corpi estranei in caso di lesioni.
Laterale: cordoni laterali del midollo spinale, in associazione al termine sclerosi, derivante dalle cicatrici
(sclerosi, meglio note come placche o lesioni) che si formano nella materia bianca del midollo spinale e del
cervello.
Amiotrofica: indica la progressiva atrofia della struttura muscolare (i muscoli si presentano ipotrofici).

DEFINIZIONE
Malattia neurodegenerativa caratterizzata dalla progressiva perdita dei motoneuroni: corticali (1°
motoneurone), spinali (2° motoneurone).
I motoneuroni sono le cellule responsabili della contrazione della muscolatura volontaria preposta in primo
luogo al movimento, ma che presiede anche funzioni vitali come deglutizione, fonazione e respirazione: la
loro degenerazione comporta la paralisi progressiva dei muscoli da loro innervati, risparmiando le
funzioni sensoriali, sessuali, sfinteriali e, nella maggior parte dei casi, quelle cognitive.
Caratteristiche cliniche
Il primo motoneurone origina dalla corteccia motoria (quinto strato), discende attraverso la via
corticospinale e corticobulbare e termina in sinapsi con il secondo motoneurone;
Il secondo motoneurone è rappresentato dalla cellula delle corna anteriori del midollo spinale e dal suo
omologo nel tronco encefalico.

Selettività nella degenerazione

Anche se la malattia colpisce sia il primo che il secondo motoneurone, si avranno dei riflessi aumentati, a
causa di una predominanza della mancata inibizione corticale (primo motoneurone).
La persona affetta da SLA non presenterà deficit sensitivi perché, come già detto, la malattia colpisce
soltanto il primo e secondo motoneurone. Inoltre non sono presenti problemi nella coordinazione poiché
il cervelletto non viene colpito. Inoltre non vengono mai colpiti i motoneuroni che controllano la motilità
oculare, sfinteri uretrali e anale.

EPIMEDIOLOGIA
La SLA, ha una incidenza tra i 5 e i 9 casi su 100.000. Prevalenza sesso maschile.

Esordio malattia “progressiva”, primi sintomi in media tra 55 e 65 anni, sebbene il quadro, se repentino,
possa affliggere sia giovani adulti che bambini.

Forme eziopatogenetiche

- Sla sporadica o malattia di Charcot


- Sla familiare

Sla sporadica: ipotesi eziopatogenetiche


Eccitotossicità riconducibile al glutammato
Il gluttammato determina un aumento dell’afflusso di Ca intracellulare che si traduce in un’attivazione
enzimatica che culmina nella degenerazione e necrosi cellulare.

Stress ossidativo
Lo stress ossidativo descrive una condizione in cui si manifesta un’alterazione dell’equilibrio fra la
produzione delle specie chimiche reattive ossidanti e la loro degradazione da parte dei sistemi di difesa
antiossidante. Tra le specie chimiche reattive, l’aumento intracellulare delle specie reattive dell’ossigeno
(ROS) provoca alterazione della struttura e della funzione delle membrane biologiche, danno al DNA,
alle proteine e ai lipidi. Ergo, l’aumentata attività della glutatione perossidasi (selenioproteina enzimatica)
nel midollo spinale; aumentato per la SOD1 in motoneuroni residui, sempre però insufficienti, nella
quantità, per contrastare gli episodi degradanti promossi dalle sostanze ossidanti che determinano danno
tissutale attraverso nel midollo spinale e nella corteccia frontale con aumento livello di carbonili proteici
derivati dall’ossidazione di alcune proteine.
Sla familiare
Rappresenta circa il 10% dei casi di SLA. Trasmissione autosomica dominante. In 1/5 dei casi è stata
individuata una mutazione nel gene che codifica per l’enzima superossidodismutasi (SOD1) con
possibile correlazione al quadro da stress ossidativo.

SLA: CLASSIFICAZIONE CLINICA


È possibile classificare la SLA in relazione a

- coinvolgimento del 1° e/o 2° motoneurone


- Sulla base del distretto corporeo maggiormente colpito all’esordio della malattia

La SLA, purtroppo si presenta spesso con sintomi aspecifici. Questo processo può avvenire anche nell'arco
di diversi anni e al momento non si può arrestare. La malattia avanza silenziosamente e si manifesta
quando la perdita progressiva dei motoneuroni supera la capacità di compenso dei motoneuroni
superstiti.

Caratteristiche cliniche
1° motoneurone corticale (1 MN)

- Deficit di forza (colpisce gruppi muscolari) - associata ad atrofia Modesta per disuso
muscolare
- Spasticità muscolare (eccessivo e anomalo aumento del tono muscolare)
- ROT (riflessi osteo tendinei - test con martello su ginocchio o malleolo) vivaci
- Babinski positivo

- Fascicolazioni assenti (Le fascicolazioni sono contrazioni spontanee e rapide di gruppi di fibre
muscolari, visibili al di sotto della pelle)
2° motoneurone spinale (2 MN)

- Atrofia muscolare (anche segmentaria e non a gruppi come nel primo motoneurone - possono
essere colpiti i singoli muscoli)
- Fascicolazioni presenti - alle volte associati a crampi.
- ROT ridotti o assenti
- Qua ci sarebbe “insufficienza respiratoria” ma l’ho tolta perché in un file di Master per la SLA non
è assolutamente specificata ed inoltre si trova come possibile sintomo generale evidenziato
precedentemente.

Forme cliniche
La SLA può avere un esordio di tipo:

 SPINALE - nella quale vengono compromessi i motoneuroni del midollo spinale. Tale forma interessa
circa i due terzi dei pazienti con SLA e si presenta con sintomi legati alla debolezza muscolare e atrofia
focale (segmenti e non necessariamente gruppi muscolari), in cui i sintomi iniziali possono essere distali o
prossimali degli arti superiori e inferiori. A poco a poco gli arti atrofici possono sviluppare spasticità, che
colpisce l'abilità manuale e l'andatura; La perdita dei motoneuroni spinali determina deficit della
muscolatura respiratoria → insufficienza respiratoria.

 BULBARE - nei casi in cui la lesione è legata ai motoneuroni del tronco cerebrale/bulbare (in un terzo
dei pazienti SLA). In tal caso la malattia presenta disartria e disfagia per solidi o liquidi ed i sintomi agli
arti, nella stragrande maggioranza dei casi, si verificano entro i primi 2 anni. La perdita dei motoneuroni
bulbari determina l’insorgenza di disfagia, disfonia, disartria e dispnea.

Tuttavia, questa distinzione di carattere clinico, utile per definire la comparsa della malattia, non appare
sempre così netta nell’evoluzione della stessa, in quanto le due forme possono sovrapporsi. Lingua
mammellonata in paziente con SLA con interessamento dei nervi cranici.

Sulla base delle forme cliniche spinale e bulbare, riscontriamo:


FORMA COMUNE (45 50%)
Esordio insidioso con una progressiva riduzione di forza alle mani, dove sono in un primo momento
interessati gli estensori piuttosto che i flessori con Atrofia che porta a mano di Aran Duchenne (mano di
scimmia).
L’atrofia si diffonde anche agli avambracci e talora ai muscolo della spalla e poi agli arti inferiori

FORMA BULBARE (25%)


Definita anche primaria, si ha quando il primo motoneurone, ovvero il neurone che si trova nella
corteccia cerebrale, viene colpito prima del secondo. I primi sintomi sono usualmente: difficoltà a
pronunciare fonemi (disartria) con ipotrofia e fascicolazioni (questo perché nella forma bulbare vengono
colpiti anche i nervi cranici).
In fase più avanzata

1. Protrusione della lingua impossibile (Lingua mammellata)


2. Disartria o anartria (peggioramento disartria con difficoltà, soprattutto, riproduzione suoni) e
possibile compromissione corde vocali fino a disfonia e talora fino all’afonia.
3. Disfagia paradossa (acalasia)
4. Ridotta capacità vitale forzata (la capacità vitale forzata è il volume totale di aria che si riesce
ad espellere in espirazione forzata, dopo aver eseguito un'inspirazione massimale) dato
prognosticamente negativo predittivo di una ridotta aspettativa di vita.

FORMA PSEUDOPOLINEVRITICA (25 30%)


È caratterizzata da un deficit motorio ai muscoli esterni della gamba, generalmente bilaterale. Il soggetto
inciampa per caduta del piede, oppure se il disturbo ha inizio prossimale, ha difficoltà a sollevarsi dalla
posizione seduta. Il disturbo appare in genere prima dell’atrofia.
PROGRESSIONE E diagnostica
Il riconoscimento della velocità di progressione nella storia naturale della malattia è un importante
dato, anche in senso diagnostico. L’iniziale coinvolgimento degli arti è presente nel 65 - 80% dei casi.
La progressiva perdita delle cellule delle corna anteriori risulta in una progressiva disabilità, che in ultima
analisi confina il paziente a letto. Il decesso avviene entro 3 anni nel 50% dei casi.

Purtroppo la diagnosi di SLA è difficile, richiede diverse indagini mediche e in ogni paziente l’evoluzione
può essere valutata solo attraverso il controllo neurologico periodico (ogni 2-3 mesi), poiché non esiste
un esame specifico con elevata accuratezza diagnostica e prognostica.
Sono tuttavia indispensabili e vengono utilizzati come supporto diagnostico l’elettromiografia (EMG), che
permette la valutazione della funzionalità dei nervi e dei muscoli periferici, la Risonanza Magnetica
Nucleare (RMN), in particolare per lo studio del sistema piramidale e la PET (Tomografia ad Emissione di
Positronica), che consente di studiare il metabolismo funzionale di diverse aree cerebrali. La diagnosi di
SLA avviene dunque per esclusione che prevede test neurologici ed esami strumentali.

GRADI DI CERTEZZA DIAGNOSTICA

Per definire i livelli di certezza diagnostica si fa riferimento ai cosiddetti criteri definiti di El Escorial.

Seguendo tali criteri si può parlare di:

 SLA sospetta - segni di interessamento del II motoneurone in due distretti corporei;

 SLA possibile - presenza di segni clinici di compromissione del I e II motoneurone in un solo distretto
corporeo e segni del II motoneurone posti all’estremità anteriore o cefalica rispetto a quelli del I;

 SLA probabile - segni clinici di compromissione del I e II motoneurone in almeno 2 distretti corporei;

 SLA definitiva - segni clinici di compromissione del I e II motoneurone in 3 regioni. Fondamentale è la


presenza di segnali centrali e periferici nella stessa regione.

TERAPIA
Ad oggi l’unico farmaco indicato per la SLA è il Riluzolo in grado di rallentare il decorso della malattia di
alcuni mesi.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

- Neuropatie periferiche (diabete)


- Malattie infettive
- Cardiovasculopatie e quadri clinici coinvolgenti tutti il sistema nervoso (encefalopatia porto
sistemica - ischemia tessuto nervoso causa vasculopatia)
- Sclerosi multipla
- Neoplasie
- Intossicazione da piombo.

SCLEROSI MULTIPLA
Patologia infiammatoria demielinizzante, verosimilmente su base autoimmune, che causa progressiva
disabilità. Presenta lesioni caratteristiche (placche), sedi preferenziali e disseminazione eterogenee in
termini spaziali e temporali (a cazzo di cane)(o in maniera tale da poterlo esporre al prof “ le lesioni, cioè
tali *placche*, sono *prodotte* in maniera del tutto casuale sia in termini di tempo che di spazio).
Epidemiologia
Età giovane adulta (insorgenza 18-45 anni); Incidenza di malattia aumentata con la distanza dall’equatore.
Prevalenza e incidenza variano nel mondo da regione a regione. Ragione di tale variabilità
nell’epidemiologia della sclerosi non è nota.

EZIOLOGIA
Fattori ambientali e fattori genetici
Nuovi possibili fattori ambientali associati a SM → vitamina D; esposizione solare; fumo
Ignota
Malattia di origine autoimmune. Predisposizione genetica.
Fattore esterno: infezioni batteriche e virali. Mai dimostrata trasmissione interumana.

IPOTESI PATOGENETICHE

- Azione diretta del virus che penetra la BEE localizzandosi nelle cellule del snc in stato di latenza
con riattivazioni saltuarie in occasioni di circostanze di immunodepressione (es. herpes virus)
- Mimetismo molecolare: antigeni virali che potrebbero reagire con proteine della mielina
(demielinizzazione), o attiverebbero linfociti T autoreattivi non soppressi durante la
maturazione timica (quindi il mimetismo molecolare potrebbe associarsi ad una possibile
predisposizione genetica, per la mancata soppressione dei linfociti T autoreattivi).
- Insulto immunitario aspecifico; attivazione dei linfociti T e monociti; attraversamento BEE e
risposta infiammatoria locale del parenchima; danno mielinico.

PRESENTAZIONE DELLA MALATTIA


Placche multifocali di demielinizzazione situate nella sostanza bianca con predilezione per:

- Nervo ottico
- Tronco encefalico
- Midollo spinale
- Cervelletto

FISIOPATOLOGIA
Danno mielinico→ perdita supporto trofico all’assone→ blocco conduzione/rallentamento impulso→
deficit neurologico
FISIOPATOLOGIA 2
Iniziale Risoluzione edema/infiammazione + rimielinizzazione iniziale→ recupero deficit neurologico
Fa seguito danno cronico (possibile scenario autoimmune con continuo danno al sistema nervoso)→
segni/sintomi clinici irreversibili

CLINICA
Estrema variabilità temporale e spaziale delle manifestazione
SINTOMI D’ESORDIO

- Miastenia ad uno o più arti 49%


- Neurite ottica retrobulbare 22%
- Parestesie / disestesie 18%
- Altri sintomi (vedi sotto)

Neurite ottica retrobulbare: possibile diplopia e nistagmo. Inoltre Al campo visivo: scotoma con
macchia centrale; fenomeno di Uhthoff (calo del visus dopo sforzo fisico o rialzo termico).
Funzioni piramidali (che provvedono ai movimenti volontari dei muscoli, permettendo lo svolgimento del
movimento attraverso un circuito neuronale costituito da due neuroni): riscontrabile nel 100% degli affetti;
ipostenia; Segno di Babinski positivo.
Fatica: riscontrabile nell’85% degli affetti; Mancanza di energia fisica o mentale e sensazione di essere
“esausti” più di quanto è normale attendersi in rapporto all’attività svolta
Funzioni cerebellari: atassia (gravi difficoltà ad effettuare movimenti volontari) associata a difficoltà
nell’esecuzione di movimenti volontari alternati in varie direzioni.
Funzioni del tronco encefalico: paralisi facciale, disfagia, disfonia, vertigini.
Funzioni sensitive: Parestesie (qualsiasi tipo di alterazione sensitiva in termini tattici termici e dolorifici,
disestesia (allucinazione tattile), segno di Lhermitte (Il segno di Lhermitte è una sensazione di scarica
elettrica, provocata dalla flessione del capo, che dalla base del collo si propaga lungo la colonna vertebrale).
Funzioni sfinteriche e viscerali: 90% degli affetti lamenta disfunzione agli sfinteri urinari o fecali o
disturbi della sfera sessuale. Determinata da interruzione delle vie discendenti di controllo dei centri
midollari sacrali.
Apparato urinario: Vescica neurologica (alterazioni funzionali muscolo detrusore)

Tratto gastro intestinale: Stipsi 30%; Riduzione del torchio addominale ( necessità di maggiore forza nel
compimento manovra di Valsalva); Ridotta motilità intestinale; Incontinenza 15%; Diarrea

Problemi sessuali:

- Uomo: deficit di erezione, Eiaculazione precoce, ipo/anorgasmia.

- Donna: disestesie area perineale, ridotta sensibilità, anorgasmia. Riduzione della libido psicogena

Funzioni mentali: 40 60% dei pazienti affetti presentano declino cognitivo; 20% mostra demenza grave;
(è anche possibile) demenza sottocorticale: perdita di memoria di fissazione (incapacità di sostituire
nuovi ricordi con vecchi), deficit dell’attenzione.
Interessamento prefrontale: belle indifference (al paziente sembra che non freghi un cazzo di niente) con
euforia inappropriata.
Disturbo del tono affettivo; depressione (inizialmente reattiva poi come conseguenza di disturbo organico
60%). Altri disturbi
Disturbi parossistici con durata di alcuni minuti massimo; 5-40 episodi/die

- Contratture toniche di un emisoma (tutta una metà di un corpo umano)


- Alcuni sintomi visti precedentemente (disartria, atassia, parestesie o il segno di Lhermitte)
- Crisi epilettiche

VARIANTI CLINICHE
- 45% SM fluttuante o relaxing - remitting la malattia si manifesta con episodi (ricadute) che
alterano le funzioni neurologiche. Le ricadute sono seguite da recupero funzionale parziale o
totale e da un periodo di relativa stabilità (remissione) fino all'episodio successivo. I periodi di
remissione hanno durata variabile da persona a persona; in genere all'inizio sono molto lunghi.
La sclerosi multipla può però essere attiva anche in assenza di segni o sintomi specifici, anche per
anni. Questo è il motivo per cui la diagnosi può essere tardiva.

- 35% SM secondariamente progressiva: progressione continua della malattia dopo 10


anni di RR Questa forma è considerata uno stadio avanzato e colpisce circa il 75% dei soggetti con
forma recidivante-remittente dopo un periodo di circa 10 anni (variabile da individuo a individuo).
In questa forma le ricadute non sono seguite da remissione completa e la disabilità progredisce
anche tra un attacco e l'altro.
- 10% SM primitivamente progressiva: La forma primariamente progressiva colpisce circa
il 10% dei soggetti e presenta un andamento caratterizzato da un costante peggioramento delle
funzioni neurologiche fin dall'esordio. I pazienti affetti da questa forma non mostrano fasi di
remissione e di recidive; la malattia peggiora costantemente. Il livello di gravità di questa forma di
sclerosi multipla varia, come sempre, da persona a persona.
- 10% SM progressiva con riacutizzazioni simile alla forma SP con presenza di ricadute
durante la progressione La percentuale di pazienti affetti da questa forma di sclerosi multipla
è molto bassa (5%). In questo caso, dopo la diagnosi della malattia si rileva un costante
peggioramento dei sintomi che possono manifestarsi con episodi evidenti e gravi (con o senza
remissioni)
DIAGNOSI
La diagnosi della sclerosi multipla viene effettuata combinando Storia clinica e sintomi, l’esame
neurologico, la risonanza magnetica e l’esclusione di altre possibilità diagnostiche. Si basa
fondamentalmente su sintomi e segni neurologici, accanto a prove di disseminazione di lesioni del
SNC nello spazio e nel tempo. La risonanza magnetica è spesso sufficiente per confermare la diagnosi
quando le lesioni caratteristiche accompagnano una tipica sindrome clinica, ma in alcuni pazienti ulteriori
informazioni di supporto sono ottenute dall’esame del fluido cerebrospinale e dai test
neurofisiologici. Altri test “paraclinici“, tra cui la registrazione dei potenziali evocati e gli
studi urodinamici della funzione della vescica possono essere utili per stabilire la diagnosi per singoli
pazienti, ma spesso non sono necessari.

Test potenziali evocati


Il test dei potenziali evocati è una tecnica che misura il tempo che intercorre tra uno stimolo (che può
essere visivo, sensitivo o uditivo) e il segnale di ricezione registrato da particolari apparecchiature in grado
di registrare l’attività elettrica del cervello. In pratica attraverso questo esame si può avere un riscontro
dell’efficacia del trasferimento degli impulsi nervosi: un riscontro negativo, lento, o disturbato può essere
indicativamente sintomatico della Sclerosi Multipla. 
Per la diagnosi della sclerosi multipla vengono in particolare utilizzati, nella stragrande maggioranza dei
casi, i potenziali evocati visivi. Ciò perché sono molti i casi in cui la SM esordisce con una neurite a
carico del nervo ottico e perché è stato visto che, anche in assenza di sintomi o segni clinici evidenti a
carico della vista, la velocità di conduzione nervosa del nervo ottico nei malati di sclerosi multipla è ridotta
rispetto alle persone sane.
LA RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE
Il più importante strumento nella valutazione della SM.
Si deve identificare almeno un debole riscontro tra lesioni e criteri di MC Donalds. Troviamo inoltre
importanti corrispondenze con la scala EDSS che è stata sviluppata per misurare lo stato di invalidità delle
persone affette da sclerosi multipla per quantificare il livello di disabilità.
Le aree di maggiore concentrazione contrastografica dopo somministrazione di gadolino,
rappresentano lesioni attive (aumento della permeabilità BEE ed intensa flogosi aumento della
permeabilità, ergo maggiore assorbimento gadolino).

ANALISI DEL LIQUIDO CEREBROSPINALE (CSF)

- Principale alterazione indicativa per SM è l’incremento di (IgG) nel liquor, che è normale quando è
minore di 6, e risulta elevato in circa il 70-90% dei pazienti

Terapia fase acuta


Corticosteroidi

- Accelera il recupero della fase acuta e agisce come agente preventivante.


- ACTH (corticotropina - stimola rilascio cortisone che… vedi un po’ è un cazzo di corticosteroide).
Terapia cronica
Farmaci di 1° linea nelle RRSM (relaxing remitting sclerosi multipla)

1. Interferon beta-1a - 1b (Anche se il loro esatto meccanismo d’azione non è ancora noto, si ritiene
che gli interferoni-ß aiutino a ridurre l’infiammazione nelle forme recidivanti di sclerosi
multipla)
2. Immunomodulatori (capacità di questi farmaci di modulare ma non diminuire eccessivamente la
difesa immunitaria dell’individuo)
Prevenzione recidive e ricadute e progressione della disabilità (riscontro positivo EDSS)

EPILESSIA
Definizioni e meccaniche importanti da sapere:
Crisi epilettica: manifestazione clinica transitoria, come espressione di scarica eccessiva e/o
ipersincrona di una popolazione più o meno estesa di neuroni.
Epilessia: ricorrenza spontanea di crisi epilettiche non associata a sofferenza acuta (insulti sistemici
e/o neurologici) del SNC
Epilettogenesi: sequenza di eventi che “converte” un pool neuronale normale in un circuito
ipereccitabile.

Convulsioni: le convulsioni consistono in una serie di movimenti involontari, bruschi ed incontrollati,


della muscolatura volontaria, responsabile di agitazione e spasmi del corpo. I sintomi specifici delle
convulsioni sono pesantemente condizionati dalla causa che si pone alla base. I sintomi caratteristici delle
convulsioni si manifestano improvvisamente, spesso senza preavviso:
 agitazione del corpo involontaria
 bave/schiuma alla bocca
 bruxismo (dunque irrigidimento dei muscoli mandibolari)
 difficoltà respiratorie
 movimenti oculari incontrollati
 occhi spalancati
 svenimento
 temporanea sospensione della capacità respiratoria

La classificazione delle svariate forme di convulsioni può essere effettuata in base alle manifestazioni
sintomatologiche principali, noi elenchiamo le due forme più frequenti:

crisi convulsive toniche: il paziente colpito dalla convulsione perde coscienza, cade a terra, irrigidito e
cianotico. Spesso in questa fase è possibile osservare dispnea (difficoltà respiratoria) e/o apnee (incapacità
respiratoria). L'episodio tonico tende a durare un minuto o meno: questa fase è molto breve ma
estremamente pericolosa.
crisi convulsive cloniche: queste convulsioni sono contrazioni involontarie ritmiche e violente,
contraddistinte spesso dalla presenza di bava o schiuma alla bocca, cianosi, perdita di feci ed urine.
Normalmente, questa fase dura all'incirca un paio di minuti; meno spesso raggiunge i 5 minuti. Le
convulsioni cloniche sono le più frequenti. Alla crisi convulsiva clonica segue spesso una fase cosiddetta
ipotonica, associata ad un sonno profondo. Al risveglio, il paziente tende a dimenticare quanto accaduto.
Le convulsioni cloniche sono meno pericolose delle toniche.

Il tipo di crisi epilettica è determinato dalle manifestazioni cliniche del paziente e dal pattern EEG
durante la crisi. Quindi andremo principalmente, ma non solo, a classificare le crisi in base ai possibili
sintomi manifestati e le alterazioni dell’elettroencefalogramma presenti (o meno).
Mentre la Sindrome Epilettica è definita da:
- Tipo di crisi (ergo sintomi e EEG)
- Storia naturale
- Contesto clinico (EON(esame obiettivo neurologico), Q.I., ecc.)
- Eziologia
- Risposta alla terapia antiepilettica

L’eziologia sfugge nel 50% dei casi (non si sa il perché) mentre, nell’altra metà dei casi, l’epilessia può
essere attribuita a fattori lesionali o, più raramente, a fattori genetici.

• Fattori di Rischio: ambientali (pre-, peri-, postnatali) e genetici (predisposizione all’epilessia, malattia
epilettogena)

Cause di epilessia biologicamente plausibili (per crisi parziali): Infezione e raccolta pus, ipossia peripartum
(bambino durante il parto), emorragia o infarto, frattura cranica con compressione, tumore, malformazioni
vascolari, anomalie congenite, displasia corticale (corteccia spessa).
Cause di epilessia biologicamente plausibili (per crisi generalizzate): Tossine ambientali (insetticidi e
prodotti tossici), astinenza da alcol e sostanze e farmaci (stupefacenti e farmaci prescritti), Alterazioni
genetiche (endocrine, neurologiche ecc.)

• All’inizio, la scarica è continua, su un fondo di elevata depolarizzazione, poi diventa discontinua,


mentre la depolarizzazione basale tende a ridursi.
• Sull’EGG, a tali eventi corrispondono scariche di punte ritmiche ad alta frequenza (“fase tonica”),
seguite da polipunte-onda (“fase clonica”).
 
PATOGENESI DELLA CRISI SINTESI
• Eccessiva instabilità del potenziale di membrana dei neuroni della corteccia con conseguente eccessiva
e prolungata depolarizzazione.
• Fase intercritica: alcuni neuroni scaricano sporadicamente con eccessiva depolarizzazione: punte all’EEG
• Fase critica: molti neuroni scaricano sporadicamente con eccessiva depolarizzazione in modo sincrono e
protratto, dapprima in modo continuo e successivamente in modo discontinuo: poli-punte, poi punte-onda
all’EEG
• Fine della crisi: per intervento di meccanismi inibitori: EEG. Attività lenta

Definizione clinica operativa dell’epilessia (Epilessia 2017)


Possiamo parlare di epilessia, sulla base delle ultime modifiche applicate all’ILAE, quando:

1- Almeno due crisi non provocate nè riflesse (riflesse= scatenate da un trigger che può essere luminoso o
auditivo es. le luci del cazzo nei giochi horror) (provocata= ORGANICHE o TRAUMI - sostanze
stupefacenti o trauma cranico), separate da >24h.
2- Una crisi epilettica non provocata o riflessa e sospetto di ulteriore crisi (almeno 60%) accompagnato
da almeno due crisi non provocate o riflesse, nei successivi 10 anni (fondamentalmente guarda il punto
uno per avere sospetto al 60%).
3- Diagnosi di sindrome epilettica

Guarigione dell’epilessia
È considerata risolta nei soggetti che:
- Hanno presentato sindrome epilettica età dipendente, ma che hanno superato il limite di età
applicabile
- Sono rimasti liberi da crisi per almeno 10 anni, in assenza di terapia antiepilettica negli ultimi
5 anni.

CLASSIFICAZIONE DELLE EPILESSIE


La nuova Classificazione delle Epilessie è una classificazione strutturata su livelli multipli, per permettere di
classificare l'epilessia in situazioni cliniche diverse. Dove possibile, dovrebbe essere formulata una
diagnosi a tutti e tre i livelli ed identificare l'eziologia.

Tipo di crisi
Il punto di partenza della struttura della classificazione è il tipo di crisi; si presume che il clinico abbia già
fatto una diagnosi definitiva di crisi epilettiche (criteri per diagnosi per quadro epilettico visti poco prima
“definizione clinica operativa dell’epilessia ILAE 2017”), pertanto non viene considerato per distinguere gli
eventi epilettici da quelli non epilettici. Sulla base delle caratteristiche di esordio, le crisi vengono
classificate in focali (o parziali), generalizzate e ad esordio sconosciuto.
Tipologie di crisi
CRISI PARZIALI
Crisi parziali (o focali): caratterizzate da fenomeni clinici ed EEG che, almeno all’inizio, indicano
l’attivazione di un sistema di neuroni limitato ad una parte di un emisfero cerebrale. Esse sono divise
in tre sottogruppi:
- semplici
- complesse
- secondariamente generalizzate

Le registrazioni stereo-EEG dimostrano che le crisi parziali prendono sempre origine da aree
della corteccia cerebrale, costituenti la “zona epilettogena”. Nelle epilessie secondarie ad
una evidente lesione (come un tumore o una cicatrice cortico-meningea) la zona epilettogena è
adiacente alla lesione, che è invece elettricamente silente.

Le crisi parziali semplici sono caratterizzate da fenomeni:


- motori
- non motori
entrambi senza la perturbazione della coscienza;

tra i fenomeni motori riscontriamo, ad esempio, crisi Jacksoniane (vedi dopo), crisi versive (rotazione
occhi, testa e a volte tronco), crisi posturali (posture abnormi ad una parte o tutto il corpo – vedi dopo
schermatore), crisi fonatorie (arresto della parola o emissione di suoni inarticolati (rispettivamente
anartria e disartria) senza difetto di comprensione ne arresto del linguaggio mentale);
Tra i fenomeni non motori abbiamo fenomeni sensitivo-sensoriale: illusioni, disestesie e alterazioni
delle capacita’ sensoriale dell’individuo di tipo semplice. Fenomeni vegetativi: ipersalivazione,
nausea, vomito, pallore, sudorazione. Fenomeni psichici senza perturbazione della coscienza, ad
esempio, crisi disfasica (perturbazione del linguaggio); Crisi cognitive: pensiero forzato (come
fosse ossessione), fuga delle idee e crisi affettiva, incontinenza affettiva con tonalita’ spiacevole.

Crisi parziali complesse


Le crisi parziali complesse differiscono fondamentalmente dalle semplici per la perturbazione della
coscienza (ad esempio, incapacità a rispondere agli stimoli e/o mantenere il contatto con gli
eventi esterni o intrapsichici).
La perturbazione della coscienza può apparire fin dall’inizio o fare seguito a fenomeni di tipo
“semplice”, motori o soggettivi. Tra i soggettivi, riscontriamo la così detta “aura epilettica” e consiste
di solito in:
- strane sensazioni epigastriche o addominali
- fenomeni sensoriali (visivi, uditivi, olfattivi)
- fenomeni psichici o affettivi (“deja vu”, emozioni, ecc…)

Durante l’incoscienza il malato può rimanere immobile, con lo sguardo fisso, o presentare dei
movimenti involontari (automatismi o fenomeni psicomotori).
Questi Automatismi possono essere di tipo:
- Oro-alimentare: masticazione, deglutizione, leccamento delle labbra
- Mimico: sorriso, tristezza, paura
- Gestuale: autotoccamenti, manipolazione di oggetti, sbottonamento di vestiti
- Verbale: parole o frasi senza senso
- Deambulatorio: allontanamento dal luogo dove la crisi ha avuto inizio: “fuga epilettica”.

Crisi parziali con generalizzazione secondaria


Tutte le forme di crisi parziali, semplici o complesse, possono evolvere verso una crisi generalizzata
solitamente di tipo tonico-clonico (accompagnate quindi a convulsioni), più raramente solo di tipo clonico o
tonico.
L’origine focale dell’attacco è testimoniata dai fenomeni soggettivi (“aura”) o da fenomeni motori
focali inziali, che precedono la perdita di coscienza. Tali fenomeni, soggettivi o motori, possono essere
percepiti dal malato o rilavati dai presenti.

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Crisi generalizzate
Le crisi generalizzate sono costituite da fenomeni clinici ed EEG che indicano un coinvolgimento dei
due emisferi fin dall’inizio.
La coscienza è di solito perturbata ed i fenomeni motori sono sempre bilaterali
sincroni e simmetrici, così come le scariche epilettiche sull’EEG critico ed
intercritico.
Le crisi generalizzate si dividono invece in sei tipi:
- assenze
- crisi miocloniche
- crisi cloniche
- crisi toniche
- crisi tonico-cloniche
- crisi atoniche

Assenze
Improvvisa perdita di coscienza, “sguardo fisso”, arresto dell’attività, talora breve revulsione
degli occhi,
Attacchi di durata da pochi secondi a mezzo minuto, poi cessano così rapidamente come sono
iniziati, senza fenomeno post critico.
Dal punto di vista clinico, le assenze si classificano in semplici e complesse, in base all’eventuale
presenza di altri fenomeni, oltre alla perturbazione della coscienza.
L’assenza complessa si può evincere in varie forme come:
- Componente clonica: piccole clonie (es. palpebrali o degli arti)
- Componente atonica: ipotonia dei muscoli posturali (possibile caduta del paziente)
- Componente tonica: Esagerazione del tono muscolare, versione oculare, del capo o del
tronco.
- Con automatismi: specialmente quando durano più di 15 secondi.

Crisi miocloniche
Scosse muscolari brusche e brevi, bilaterali e sincrone ed interessano prevalentemente i muscoli
facciali, il collo e gli arti superiori (con possibile proiezione a distanza degli oggetti tenuti in
mano “aeee Affiu pigghia ddocu uiiiiiiiiiiiiiii!!!”); se interessano anche gli arti inferiori, possono
causare una brusca caduta a terra.

Crisi tonico-cloniche (associate talora a “Grande Male”)


Perdita della coscienza, convulsioni generalizzate (dapprima toniche, poi cloniche) e importanti
fenomeni somato-vegetativi. Frequente è l’emissione iniziale di un urlo.
Se la crisi coglie il malato in piedi, ne provoca la caduta brusca a terra con possibilità di traumi e
ferite.
Durante la fase tonica, il malato è diffusamente ed intensamente rigido, apnoico, cianotico; la
lingua può essere morsicata. BLOCCO ATTIVITA’ RESPIRATORIA.
CRISI TONICO-CLONICA
Alla fase tonica subentra quella clonica: scosse bilaterali, ripetitive e rapide, respirazione
difficoltosa, emissione di bava spesso mista a sangue. IPERSECREZIONI, INCREMENTO
PRESSORIO. Tutta la crisi dura meno di un minuto, dopo di che il malato si rilascia, respira in modo
profondo e rumoroso (“stertor”) e resta incosciente per vari minuti (coma postcritico).
Al risveglio, accusa spesso cefalea e dolenzia muscolare diffusa o ALTRI FENOMENI POSTCRITICI.

Crisi cloniche
Simili alle crisi tonico-cloniche generalizzate , da cui differiscono per l’assenza della fase tonica iniziale.

Crisi toniche
Contrazione muscolare diffusa, intensa e sostenuta, che fissa transitoriamente il corpo in una
postura abnorme. Durano da 5 a 20 secondi, si accompagnano a perdita di coscienza, arresto del
respiro, pallore seguito da cianosi.

Crisi atoniche (astatiche)


Riduzione del tono, che può essere incompleta e frammentaria (per esempio: caduta dal capo sul
tronco) o globale, con brusca caduta del malato che si affloscia a terra.
- Se l’attacco dura una frazione di secondi, non c’è apparente disturbo della coscienza ed il
malato si rialza immediatamente (“drop attack” epilettico);
- Se dura da alcuni secondi a 2-3 minuti, il malato resta a terra incosciente, rilasciato, immobile,
poi si riprende in modo graduale, attraverso una breve fase di confusione con possibili automatismi
reattivi.

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Crisi ad esordio sconosciuto


Semplicemente crisi che possono manifestarsi, anch’esse, con fenomeni motori o non motori ma di cui
l’eziologia è completamente sconosciuta o di difficile comprensione.

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CLASSIFICAZIONE DELLE EPILESSIE

Tipo di epilessia
Il secondo livello di diagnosi è quello del Tipo di Epilessia, e dà per assunto che il paziente abbia una
diagnosi di epilessia (rivedi criteri diagnostici per quadro epilettico pag. 22)
Si riconoscono 4 classi principali di quadro epilettico con:
- Epilessie generalizzate
- Epilessie focali
- Epilessia combinata generalizzata e focale
- Epilessia di tipo sconosciuto

Essendo le ultime due classi un “sottoprodotto” delle prime due, ci focalizzeremo su quest’ultime. Le
persone con epilessie generalizzate possono avere vari tipi di crisi (lo abbiamo già visto
precedentemente), tra cui assenze, crisi miocloniche, crisi atoniche, crisi toniche ecc.
La diagnosi di epilessia generalizzata si basa sulle caratteristiche cliniche, supportate dalla presenza delle
tipiche scariche intercritiche all’EEG.
Le Epilessie Focali comprendono crisi focali o multifocali, così come crisi che interessano un emisfero. Si
possono riconoscere vari tipi di crisi focali (e anche queste le abbiamo già viste tutte precedentemente). La
diagnosi, anche qui, si basa su criteri clinici ed è supportata dai risultati dell'EEG.
Le Epilessie Combinate Generalizzate e Focali esistono dal momento che alcuni pazienti presentano sia
crisi generalizzate che focali (lo so sa molto di capitan ovvio ma sti cazzi per un 30 questo e altro). Anche in
questo caso, la diagnosi si basa sulle caratteristiche cliniche, supportata dai reperti EEG. La
documentazione EEG delle crisi è utile ma non essenziale. L'EEG intercritico può mostrare sia anomalie
epilettiformi focali che anomalie generalizzate (avendo letto bene la parte iniziale su fase intercritica e
critica sulle epilessie focali o generalizzate, dovresti capire bene questo concetto. Se non lo capisci o sturia
sceccu!), tuttavia l'attività epilettiforme non è indispensabile per formulare la diagnosi.
La sindrome di Dravet e la sindrome di LennoxGastaut (Crisi occipitale dell’infanzia ad esordio tardivo)
sono due esempi comuni di condizioni in cui si verificano entrambi i tipi di crisi. La diagnosi del tipo di
Epilessia può anche essere il livello diagnostico più elevato raggiungibile dal clinico quando non è possibile
diagnosticare una Sindrome Epilettica specifica.

Di seguito alcuni esempi:


è frequente la situazione di un bambino o di un adulto con epilessia del lobo temporale in assenza di
lesione, in questo caso la diagnosi è di epilessia focale a eziologia sconosciuta.

Un altro esempio è quello di un bambino di 5 anni che presenta crisi generalizzate tonico-cloniche e
anomalie di puntaonda generalizzate all’EEG: in questo caso la diagnosi è certamente quella di Epilessia
Generalizzata, anche se non è possibile la classificazione in una sindrome ben definita.

Un terzo esempio è lo scenario, meno comune, di una donna di 20 anni che presenta sia crisi focali con
alterazione del contatto (crisi parziale complessa) che crisi di assenza, con anomalie epilettiformi sia
focali sia generalizzate all’EEG e normale Risonananza Magnetica: in questo caso la diagnosi è di
Epilessia Combinata Generalizzata e Focale ad eziologia sconosciuta.

Il termine “Epilessia di Tipo Sconosciuto” è usato per descrivere pazienti che hanno una Epilessia ma il
clinico non è in grado di definire se il Tipo di Epilessia è focale o generalizzato per mancanza di sufficienti
informazioni. Questo potrebbe essere dovuto a motivi diversi: EEG non disponibile o EEG non informativo
(per esempio perché normale).
Se il Tipo-Tipi di Crisi sono sconosciuti, allora anche il Tipo di Epilessia può essere sconosciuto per analoghe
ragioni, sebbene tipo di crisi e tipo di epilessia possano non essere sempre concordanti. Ad esempio, il
paziente potrebbe aver avuto diverse crisi tonico-cloniche simmetriche senza caratteristiche focali ed EEG
normali. Quindi l’esordio delle crisi è sconosciuto e il paziente ha un’epilessia di tipo sconosciuto (quindi
possibile, anzi possibilissima condizione di diagnosi differenziale in assenza di dati certi - solo sospetto di
epilessia. Fare spiegare questa cosa a grasso).

Criteri generali per la diagnosi di epilessia ( tutta questa parte, eccetto l’EEG, è un ripasso di quello che si è fatto
precedentemente… la puoi saltare insomma….)

- La diagnosi è clinica
- Si basa sulla descrizione dettagliata di quanto avviene prima, durante e dopo la crisi
- Necessita dell’esclusione di patologie concomitanti

CRITERI GUIDA

- Studio delle crisi (vedi tutte le crisi precedentemente)


- Valutazione EEG e anomalie
- Possibili Fattori eziologici (sempre vedi prima tra possibili cause biologiche o meno)
- Altri fattori (concomitanti con lo studio della “sindrome epilettica” cioè i fattori, visti
precedentemente, necessari per poter parlare di sindrome epilettica)

Lo studio della crisi può permettere l’identificazione di molti elementi visti precedentemente, nelle
varie tipologie di crisi:

- Sintomi premonitori (sensazioni soggettive, allucinazione visiva “aura”) ----->


- Modalità di inizio crisi: spontanea, riflessa, cause stressanti, cause organiche
“dopo deprivazione di sonno”.
- Stato della coscienza: presente o meno (se assente evidenziare riduzione o totale
assenza)
- Caratteristica dei movimenti (tonici irrigidimento continuo, clonici
(irrigidimento e rilassamento continui), localizzazione, durata)
- Movimenti automatici gestuali Automatismi (visti precedentemente)
- Caratteristiche dello sguardo (fisso, lateralizzato, inespressivo)
- Rilevazione di cianosi, morsus (bava alla bocca e lingua tra i denti fin oa farsi male), incontinenza
sfinterica urinria
- Descrizioni dei fenomeni post-critici :(stato confusionale, agitazione psicomotoria, amnesia per
l’accaduto)

Valutazione Elettroencefalografica
- EEG di routine durante veglia o nelle 24h (holter) o in associazione a poligrafia (attività muscolare,
cardiaca e respiratoria)
- metodiche di attivazione: iperpnea, strobotest (stimoli luminosi con luci intermittenti per
evidenziare possibile esito epilessia riflessa), sonno (privazione di quest’ultimo).
Non potendo prevedere gli attacchi, che accadono soltanto occasionalmente, o a meno che un attacco non
stia accadendo, un elettroencefalogramma non prenderà l'attività del tipo di attacco (status epilepticus) ed è
quindi importante che i pazienti sospettati dell'epilessia subiscano un’elettroencefalogramma ripetuto a
lungo termine. La privazione di sonno, l'iperventilazione e lo stimolo photic possono migliorare la
probabilità di prendere i segnali epilettici.

Limiti nella valutazione EEG


È necessario, comunque, sapere che esiste la possibilità di falsi positivi nel test EEG con alterazioni
aspecifiche o soggetti non epilettici con, comunque, presenza di anomalie cerebrali strutturali.
L’ EEG effettuato durante le fasi acute (cioè di epilessia) riscontra positività patologica:
nel 35 % degli epilettici
nel 50 % se ripetuto più volte
L’indagine EEG è necessaria

- per aumentare le probabilità di successo diagnostico per quadro epilettico.


- Nella valutazione dell’evoluzione di epilessia in malattie neurologiche progressive o eventuali
altri quadri morbosi con evoluzione epilettica

Eziologia
Vedi singole crisi e possibili fattori eziologici trattati precedentemente.

Valutazioni diagnostica per immagine


- TC, RMN positive nel 60% circa dei pazienti epilettici esaminati. Nel 10% si evidenziano neoplasie.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE
- Sincope
- attacchi di panico
- terrore notturno
- stati onirici
- narcolessia
- TIA
- Ipoglicemia
CLASSIFICAZIONE DELLE EPILESSIE
Sindrome epilettica
Il terzo livello è la diagnosi di Sindrome Epilettica. Una sindrome epilettica è definita dalla associazione di
specifiche caratteristiche che comprendono: tipi di crisi e di reperti dell’EEG e delle neuroimmagini.
Spesso le sindromi hanno caratteristiche età-dipendenti: età di esordio ed eventualmente di remissione,
fattori scatenanti le crisi (eziologia); le variazioni circadiane. Essa può anche essere connotata da co-
morbidità specifiche, quali la presenza di disabilità intellettiva e disturbi psichiatrici. La definizione di una
sindrome può anche comportare implicazioni eziologiche, prognostiche e di trattamento.
È importante notare che non vi è necessariamente una correlazione univoca tra una sindrome epilettica e
un singolo fattore o caratteristica tra quelli elencati e che la definizione di una sindrome epilettica può
essere utile per migliorare la gestione del paziente a diversi livelli. Esistono molte sindromi ben
riconosciute, come l'Epilessia con Assenze dell'Infanzia, la sindrome di West e la sindrome di Dravet; va
tuttavia notato che non è mai stata prodotta una classificazione ufficiale delle sindromi da parte dell'ILAE.

Sindromi Epilettiche
Una sindrome epilettica è definita dalla associazione di specifiche caratteristiche come: tipo di crisi, reperti
EEG e neuroimmagini, fattori scatenanti la crisi, anatomia, fattori precipitanti, età di insorgenza o di
remissione, gravità, cronicità, presenza di disabilità intellettiva e disturbi psichiatrici, correlazione a
ritmo circadiano e, talvolta, prognosi.

SINDROMI EPILETTICHE Epilessie autolimitantesi

Epilessie focali auto-limitantisi


Esistono diverse epilessie focali auto-limitantisi, che tipicamente iniziano nell'infanzia. La più comune è
l'epilessia auto-limitantesi con punte centro-temporali. Altre epilessie incluse in questo gruppo sono le
epilessie occipitali auto-limitantisi dell'infanzia, con la forma ad esordio precoce descritta da
Panayiotopoulos (Crisi occipitali benigne dell’infanzia ad esordio precoce) e quella a esordio tardivo
descritta da Lennaux-Gastaut (Crisi occipitali dell’infanzia ad esordio tardivo). Sono state descritte altre
forme di epilessia autolimitantesi del lobo frontale, del lobo temporale e del lobo parietale con possibile
esordio nell’adolescenza e anche in età adulta.
 Epilessia benigna dell’infanzia con punte centro temporali (EPR)
Caratteristiche principali:
o Le Crisi generalmente brevi e nella regione faccio-brachiale, possono generalizzare in
tonico-cloniche. Prevalenti durante il sonno
o Età esordio: 3 - 13 aa. (picco: 9-10)
o Età remissione: 15 - 16 aa.
o Alta predisposizione genetica
o Di norma non necessita di terapia specifica

• Crisi occipitali benigne dell’infanzia ad esordio precoce (PANAYIOTOPOULOS)

Caratteristiche principali:

- Esordio precoce (1-12 anni con picchi a 5aa)


- Geneticamente determinate.
- Versione degli occhi da pochi minuti ad ore, compromissione dello stato di coscienza, nausea e
vomito, allucinazioni, convulsioni.

 Crisi occipitali dell’infanzia ad esordio tardivo (GASTAUT)

(sintomi e caratteristiche tipiche del quadro focale autolimitantesi)

- Esordio dai 3 ai 16 aa.


- Allucinazioni semplici visive diurne,
- amaurosi (perdita vista un solo occhio)
- versione occhi e
- mioclonie palpebrali.
- NO CONVULSIONI.

(sintomi e caratteristiche tipiche del quadro ad esordio generalizzato)


- Esordio tra 1-8 anni in un bambino normale o che mostri già un ritardo o altra forma epilettica
(sindrome di West nel 20% dei casi)
Crisi più frequenti:
- Assenze o Toniche.
Crisi meno frequenti:

- miocloniche, T-C.

Le crisi sono in genere quotidiane e possono condurre a stato di male.


Evoluzione dopo esordio critico: rallentamento dello sviluppo psicomotorio e intellettivo, disturbi
comportamentali, alterazioni funzionamento del paziente in ambito sociale, occupazionale e relazionale.
Tali deficit assieme alla sintomatologia critica conducono verso una definitiva disabilità.

In genere farmacoresistente
• Epilessia primaria da lettura

Caratteristiche principali:
- Quasi tutte le crisi sono precipitate dalla lettura (specialmente ad alta voce) e sono
indipendenti dal contenuto del testo.
- Crisi parziali motorie interessanti i muscoli masticatori e orbicolari e se lo stimolo non viene
interrotto possono generalizzare.
- L’EEG discrimina crisi improvvise nella regione parieto-temporale dell’emisfero dominante
dell’individuo.

SINDROMI EPILETTICHE Epilessie a eziologia conosciuta o sconosciuta (una volta


indentificate come sintomatiche)
Epilessie del lobo temporale

Caratteristiche principali:
- Crisi parziali semplici o complesse o secondariamente generalizzate T-C, o da combinazioni di esse.
- Convulsioni febbrili
- EEG con parossismi nelle regioni temporali.
- Esordio infantile o giovanile
- Arresto motorio con automatismi oroalimentari o gestuali (masticazione o chiusura e apertura bocca o
semplici gesti automatici di sfregamento o strofinamento)
- Delirium e amnesia post-critici

Se le crisi compromettono amigdala e ippocampo si ha una maggiore intensità di sintomi autonomici


(nausea, vomito, eruttazioni, pallore, dilatazione pupillare), alterazioni sensoriali e percettive con
allucinazioni (olfattive - gustative) e sintomi gravi come arresto dell’attività respiratoria.
Se le crisi coinvolgono le aree mediali del lobo temporale (crisi focale del lobo temporale - crisi temporali
laterali), invece, si avranno maggiormente allucinazioni o illusioni di tipo acustico.

Epilessie del lobo frontale


Caratteristiche generali:
- Sindrome costituita da crisi parziali semplici, complesse, secondariamente generalizzate o da
combinazioni di esse
- Manifestazione pluriquotidiana (anche notturna) generalmente breve.
- Frequenti la generalizzazione e gli stati di male (Lo stato di male è una emergenza neurologica che consiste in
crisi che si ripetono per durate superiori a 30 minuti senza recupero fra un episodio e l’altro o in un’unica crisi di durata
superiore a 30 minuti.)
- L’EEG può essere normale o presentare parossismi.

Caratteristiche delle crisi


Prevalenti manifestazioni motorie toniche o posturali; frequenti automatismi; frequenti cadute per
diffusione bilaterale della scarica
Le crisi localizzate possono dare manifestazioni differenti. In base all’area colpita potremo avere (oltre agli
elementi già caratteristici di questo genere di epilessie):

- Crisi posturali (da schermitore) tipiche delle crisi focali dell’area motoria supplementare e
possibile vocalizzazione.
- Crisi con alterazione della coscienza e dello stato affettivo del
paziente con sintomi autonomici classiche dell’area cingolata.
- Crisi motorie con automatismi, allucinazioni e sintomatologia
autonomica tipiche dell’area orbitofrontale
- Crisi con versione degli occhi e del capo (altre aree); possono
associarsi ad automatismi, alterazioni stato della coscienza, affettività e
altre funzioni psichiche (deficit cognitivi, linguaggio, pensiero ecc.)
dell’individuo, o sintomatologia autonomica.

Epilessie del lobo parietale

Caratteristiche generali
Sindrome caratterizzata da crisi parziali semplici e secondarie generalizzazioni; prevalentemente
sensitive. Possono diffondere verso il lobo occipitale. Molte crisi restano localizzate.

Caratteristiche delle crisi:


Fenomeni positivi:
- formicolio o sensazione di elettricità localizzati o in diffusione in maniera jacksoniana
(La crisi epilettica jacksoniana è generalmente di breve durata e non si accompagna di regola a
perdita di coscienza.
Esordisce improvvisamente preceduta da fenomeni premonitori, come parestesie nella parte del
corpo che sarà poi interessata dai movimenti convulsivi.
La manifestazione critica, contrazioni muscolari cloniche, nel territorio corporeo corrispondente
all’area di corteccia motoria, resa epilettogena dal processo irritativo: braccia, gamba o viso.
I movimenti convulsivi possono restare localizzati dove insorgono o propagarsi a una metà del
corpo. In breve tempo poi subentra una paresi nella parte del corpo colpita che persiste per qualche
tempo.
È anche possibile però che la crisi si propaghi all’emisfero controlaterale determinando allora un
accesso convulsivo generalizzato con perdita di coscienza)
- Sensazione di impaccio e rigidità della lingua
- Sensazioni disestesiche o di dolore
- Alterazioni sensoriali di tipi visivo

Fenomeni negativi

- intorpidimento
- sensazione di mancanza di una parte del corpo

Dipende dall’area del lobo parietale colpita:

- - vertigini e/o perdita dell’orientamento spaziale


- - disturbi del linguaggio

Epilessie del lobo occipitale


Caratteristiche generali
- Crisi parziali semplici con evoluzione in complesse e in secondarie generalizzazioni (meno frequenti)
- Sintomi visivi
- Emicrania
- Rapida dffusione nell’emisfero controlaterale

Caratteristiche delle crisi


Sintomi negativi
- Scotoma e Amaurosi

Sintomi positivi
- Allucinazioni visive semplici
- Macropsia micropsia

Tali manifestazioni generalmente, vista la rapida diffusione nell’emisfero controlaterale, possono interessare
tutto il campo visivo.

Il coinvolgimento di altre aree occipitali può comportare:


- Enfatizzazione dei sintomi positivi (allucinazioni complesse)
- Versioni di occhi o forzata chiusura palpebrale.
- Sintomi simili a quelli presenti nelle crisi dei lobi parietali e frontali
_______________________________________________________________________________________

Epilessie generalizzate
Criteri generali

- Si dividono in idiopatiche, criptogenetiche e sintomatiche.

Epilessie Generalizzate Idiopatiche


All’interno delle Epilessie Generalizzate il sottogruppo comune e ben noto è rappresentato dalle Epilessie
Generalizzate Idiopatiche (EGI). Le EGI comprendono quattro sindromi epilettiche ben riconosciute:
Epilessia con Assenze dell’Infanzia, Epilessia con Assenze Giovanili, Epilessia Mioclonica Giovanile ed
Epilessia Generalizzata con sole crisi Tonico-Cloniche. È stato stabilito, sulla base di alcune incongruenze
linguistiche che hanno fatto riflettere che il termine idiopatico in questo caso facesse riferimento a
qualcosa correlato radicalmente al paziente (come qualcosa di genetico), che il termine EGI sarà
accettabile specificatamente per le precedenti quattro sindromi.

- Le EGI oltre a rispondere ai criteri generali, sono le forme che insorgono in soggetti con normale stato
intercritico, in assenza di segni neurologici e neuroradiologici
- Mostrano generalmente età dipendenza e si differiscono per l’età di insorgenza

Epilessia mioclonica dell’infanzia

✓ Età di insorgenza 1-3 aa.


✓ Mioclonie soprattutto durante il sonno
✓ Attività psichica normale
✓ Ottima risposta alla terapia

Epilessia assenza dell’infanzia

✓ Tipica forma dell’età scolare (6-8 aa.)


✓ Frequenti (anche decine o più al giorno) brevi episodi di assenza della coscienza che si associa a blocco
motorio, sguardo inespressivo, qualche versione oculare o mioclonie palpebrali (esempio bambino che
scrive)
✓ Attività psichica normale
✓ Ottima risposta alla terapia (valproato - stabilizzatore)

Epilessia assenza giovanile

✓ Esordio dopo i 10 anni


✓ Sintomatologia equivalente alla epilessia dell’infanzia ma meno intensa (più lieve in termini
sintomatici e temporali)
✓ Alta incidenza di stati di male; assenza specialmente al risveglio
✓ Buona risposta alla terapia

Epilessia mioclonica giovanile


✓ Esordio in età puberale
✓ Le crisi si caratterizzano per scosse miocloniche agli arti, singole o ripetitive che possono provocare
cadute degli oggetti dalle mani o cadute a terra
✓ Ricorrenti al risveglio
✓ Scatenate dalla deprivazione di sonno, a volte dalla foto stimolazione intermittente, dall’alcool o dal
rilassamento.
Epilessie generalizzate criptogenetiche o sintomatiche
SINDROME DI WEST

✓ Esordio 4-7 mesi


✓ spasmi in flessione (flessione improvvisa degli arti, soprattutto quelli superiori)
✓ arresto dello sviluppo psicomotorio
✓ Trattamento: ACTH, idrocortisone
✓ Prognosi in genere infausta per i deficit mentali che residuano e per la possibile progressione verso
altre forme epilettiche.

SINDROME DI DRAVET : Epilessia mioclonica severa dell'infanzia


Definizione
La sindrome di Dravet (SD) è una forma di epilessia, associata a disturbi dello sviluppo neurologico, che
insorge nel primo anno di vita nei lattanti apparentemente normali al momento dell’insorgenza delle crisi.
  
Descrizione
La sua sintomatologia è relativamente stereotipata, ma può variare da un paziente all’altro. La sua
evoluzione si svolge in 3 stadi. 
a) Stadio febbrile o diagnostico, nel primo anno.
Nella maggior parte dei casi, le prime crisi sono scatenate dalla febbre. Sono crisi convulsive (cloniche o
tonico-cloniche), generalizzate o unilaterali, anche se di solito si concentrano su un emisoma. Spesso sono
molto lunghe (fino a più di un’ora) e necessitano  un trattamento d’urgenza (somministrazione rettale o
in vena di un anticonvulsivante). Nelle settimane e mesi successivi le crisi divengono più frequenti,
insorgono anche senza febbre, e possono raggrupparsi in stati di male epilettici. Si deve sottolineare che
le vaccinazioni possono essere un fattore scatenante in alcuni pazienti. 
b) Stadio di peggioramento.
Nei primi 2 o 3 anni di vita compaiono altri tipi di crisi, provocate dalla febbre o da fattori ambientali:
luminosità eccessiva o intermittente, patterns (motivi geometrici regolari, linee, scintillii etc.), sforzo fisico,
eccitazione, emozione. Simultaneamente, compaiono ritardo dello sviluppo psicomotorio e disturbi del
comportamento, più o meno importanti a seconda dei bambini.
c) Stadio di stabilizzazione.
Durante la seconda infanzia (a partire dai 4/5 anni) e l’adolescenza la situazione generalmente migliora, con
diminuzione, qualche volta  scomparsa, delle crisi focali, delle assenze atipiche e delle crisi miocloniche,
ma le crisi convulsive persistono.
Età adulta
La maggior parte dei pazienti si presentano con un handicap globale, motorio e cognitivo che
impedisce loro una vita indipendente.

TERAPIA DELLE EPILESSIA

INDICAZIONI TERAPEUTICHE GENERALI

- Epilessie generalizzate: Antiepilettici (I farmaci antiepilettici, o anticonvulsivanti, non curano


l'epilessia né le sue cause, ma vengono utilizzati a scopo preventivo per ridurre la frequenza e la gravità
delle crisi; Questi farmaci sono in grado di modificare, con diversi meccanismi, i livelli delle sostanze
chimiche presenti nel cervello che regolano l'attività elettrica cerebrale, riuscendo a controllare le crisi
nel 70% dei casi. Generalmente si ricorre alla terapia antiepilettica in presenza di convulsioni e crisi
ripetute o se è stata accertata (diagnosticata) una specifica forma di epilessia), Stabilizzatori dell’umore
(Acido Valproico), Sedativi (Barbiturici). Farmaci profilattici l’emicrania (topiramato).

TERAPIA NON FARMACOLOGICHE

- NEUROCHIRURGICA
DEMENZE
Le cause della demenza non sono ancora state chiarite del tutto. Al momento, l’unica certezza è che, a
provocarne l’insorgenza sia la morte delle cellule nervose cerebrali, nello specifico quelle sopra-tentoriali
(cervelletto) deputate sia alle funzioni cognitive strumentali (per esempio percettive o prassiche) sia alle
funzioni cognitive di controllo (attenzione, motivazione o intelligenza), e/o il loro cattivo funzionamento
a livello di comunicazione intercellulare.

L'insufficienza cronico-progressiva deve però essere distinta dall'insufficienza cerebrale acuta, ossia lo Stato
Confusionale Acuto (delirium).

I dementi possono manifestare una vasta gamma di sintomi e segni; questi variano a seconda dell’area
del cervello colpito.
Purtroppo, molto forme di demenza sono incurabili. Infatti, non esiste ancora un trattamento in grado di
far regredire o, quanto meno, arrestare il processo di neurodegenerazione di cui sono responsabili.
Diverse forme di demenze - tra cui il morbo di Alzheimer, la demenza con corpi di Lewy e la demenza
frontotemporale - sono caratterizzate dalla presenza, all'esterno e/o all'interno dei neuroni cerebrali, di
anomali aggregati proteici (detti anche inclusioni).

Alcune delle proteine coinvolte in queste anomale formazioni sono le cosiddette proteine precursori della


beta-amiloide (APP), la cosiddetta proteina tau e l'alfa-sinucleina.

 APP forma le placche amiloidi; queste si interpongono tra neurone e neurone (cattiva


comunicazione intercellulare) e sono presenze tipiche del morbo di Alzheimer.

 La proteina tau dà origine ai grovigli neurofibrillari e ad altre strutture simili; questi, a differenza
delle placche amiloidi, si sviluppano all'interno dei neuroni (nel citoplasma) e possono rinvenirsi nei malati
di Alzheimer, demenza frontotemporale e degenerazione corticobasale.

 L'alfa-sinucleina, infine, genera degli agglomerati insolubili all'interno del citoplasma


chiamati corpi di Lewy; quest'ultimi sono caratteristici della demenza con corpi di Lewy, ma si riscontrano
anche nelle persone con morbo di Parkinson.

La presenza degli aggregati proteici non è la sola anomalia riscontrata tra i malati di demenza.

Possiamo riconoscere demenza anche in altri quadri patologici, come:

La demenza vascolare è legata a problemi cerebrovascolari, ovvero a disturbi che impediscono il normale
afflusso di sangue nei tessuti del cervello. Del resto, il sangue porta con sé ossigeno e nutrienti, elementi
fondamentali per la vita di qualsiasi cellula del corpo.

Alcuni dei problemi cerebrovascolari più influenti sono: la cosiddetta malattia dei piccoli vasi sanguigni,
l'aterosclerosi a livello cerebrale e l'ictus.
La malattia di Creutzfeldt-Jacob (mucca pazza), per esempio, e la sindrome di Gerstmann-Sträussler-
Scheinker (su t’ha rioddi ti fazzu n’applausu all’esame) sono connesse al mutamento di una proteina
chiamata prione. Quando anche solo una molecola di prione muta, questa diventa un agente
contaminante per tutte le altre, le quali subiscono le medesime alterazioni. Il tutto si conclude con il
deterioramento progressivo delle cellule nervose cerebrali.

La malattia di Huntington (detta anche corea di Huntington) è una patologia neurodegenerativa,


lentamente progressiva, che coinvolge le aree del sistema nervoso centrale responsabili del movimento,
dei comportamenti e delle capacità di ragionamento. Insorge a seguito di una mutazione ereditaria a
carico del gene che produce la proteina huntingtiana che determina la produzione di una proteina HTT
anomala che provoca la morte di gruppi di neuroni del cervello. In un primo tempo, la parte
maggiormente colpita è situata in profondità (nuclei della base). Con il progredire della malattia, si verifica
la morte dei neuroni che si trovano nella corteccia, quindi più in superficie. L'intero cervello diventa
atrofico (diminuisce di peso e volume). L'espressione del danno irreversibile subito dai neuroni consiste in
deficit via via sempre più gravi. Purtroppo, non esiste attualmente una cura. Le persone portatrici di tale
mutazione denunciano i primi segni di demenza attorno ai 30-40 anni e possono sopravvivere, prima
della morte, anche per 15 anni.

La demenza pugilistica, nota anche come encefalopatia traumatica cronica, compare successivamente a
ripetuti traumi alla testa. È tipica di coloro che un tempo praticavano boxe (ecco da dove deriva il nome),
football americano, wrestling o rugby, ovvero tutti sport di contatto durante i quali è frequente ricevere
colpi alla testa.

La demenza associata ad HIV è, come dice il nome, successiva all'infezione da virus dell'AIDS. Questa
particolare malattia neurodegenerativa, che riguarda la materia bianca cerebrale, non insorge in tutti i
malati di HIV, ma solo in alcuni. Gli studiosi stanno cercando di capire il perché di questo doppio
comportamento.

Demenza associata a processi espansivi (idrocefali, ematomi, neoplasie ecc.)

Demenze degenerative
- Alzheimer
Alzheimer precoce: l’Alzheimer precoce può iniziare ad avere effetti già dai 30 e 40 anni. In genere, viene
diagnosticato l’Alzheimer “giovanile” ai 40 o 50 anni.
Alzheimer Senile: La forma più comune di Alzheimer, l’Alzheimer a esordio “senile” , in genere inizia a
mostrare segni quando una persona ha 60 anni o più.

- Degenerazione lobo fronto-temporale - Demenza dei corpi di Lewy


- Malattia di Jacob - Encefalopatia spongiforme (morbo della mucca
pazza)
CLASSIFICAZIONE EPIDEMIOLOGICA
Demenze Fequenti:

- Alzheimer 45%
- Forma vascolare 20 - 85%
- Forme miste 20%

Demenze meno Frequenti per un totale del 15%:

- M. di Creutzfeld (mucca pazza)

- Processi espansivi (Idrocefalo normoteso - Ematoma subdurale)

- Morbo di Parkinson

- Corea di Hungtignton

- Forme Post-traumatiche

- Sindromi alcooliche

INVECCHIAMENTO E FUNZIONI COGNITIVE

L’invecchiamento è senza ombra di dubbio un fattore predisponente la demenza. Il percorso comporta il


seguente passaggio:

Cognitività normale → declino cognitivo lieve → DEMENZE = declino cognitivo grave

Il Declino cognitivo lieve altro non è che una fase contraddistinta da MCI = Mild Cognitive Impairment, cioè
il vero e proprio declino cognitivo lieve, e da ARCD = Aged related cognitive decline, fondamentalmente
legato all’età dell’individuo (non so cosa cazzo voglia dire sta roba; sa tanto di capitan ovvio. Ma sti cazzi,
sofia l’ha messa e via di poesia a memoria).
Avremo, dunque:

QUADRI DI DEFICIT COGNITIVI DELL’ANZIANO

LIEVE SEVERO

Age related cognitive decline Dementia

1. Deficit della memoria 1. Deficit della memoria


2. Normali le altre funzioni cognitive 2. Deficit in almeno altre due funzioni
cognitive
3. Attività della vita quotidiana e di relazione 3. Attività della vita quotidiana e di relazione
noncompromesse compromesse

Criteri per la diagnosi di demenza generale (trascendono i singoli quadri patologici)

- Deficit della memoria


- Deficit in almeno un’altra funzione cognitiva strumentale o di controllo (linguaggio, attenzione, memoria,
capacità intellettive)
- Alterazione del funzionamento (sociale, relazionale, occupazionale)
- Agnosia come disturbo della percezione: incapacità di saper riconoscere oggetti anche familiari
- Aprassia, disturbo del movimento volontario come incapacità di compiere gesti coordinati e diretti a un
determinato fine
- Afasia: incapacità di comporre o comprendere il linguaggio
- Deficit funzionamento esecutivo: es. il paziente si reca dal medico e non appena nota la finestra la apre
senza una ragione specifica.
- Assenza di delirium

FUNZIONI COGNITIVE (giusto per ricordarsele)

✓ MEMORIA
✓ ATTENZIONE
✓ LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE
✓ CAPACITA’ CRITICA
✓ CAPACITA’ DI SINTESI
✓ RAGIONAMENTO LOGICO
✓ PROBLEM SOLVING

Criteri di diagnosi di demenza di Alzheimer


DEFICIT COGNITIVI

✓ Amnesia: deficit di apprendimento nuove informazioni; deficit ricordo informazioni già acquisite.
✓ Afasia: alterazioni del linguaggio e comprensione di questo.
✓ Aprassia: incapacità di eseguire attività motorie; malgrado l’integrità della funzione motoria.
✓ Agnosia: incapacità di riconoscere o identificare; oggetti malgrado integrità funzioni sensoriali.
✓ Disturbo funzioni esecutive: segarsi senza un motivo, no scherzo va bene l’esempio di prima della finestra.
SINTOMATOLOGIA COMPORTAMENTALE DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER
1. Deliri di persecuzione
a) Luogo (non è casa mia)
b) Persona (non è mio marito) sindrome di Capgras
c) Abbandono
2. Allucinazioni
3. Disturbi dell’attività
a) Vagabondaggio - attività e delirio di luogo
b) Attività afinalistiche ripetitive
c) Attività inappropriate - oggetti in posti sbagliati
4. Aggressività
a) Violenza fisica
b) Violenza verbale
5. Disturbi dell’equilibrio circadiano di eventi metabolici (enuresi, glicemia, cortisolo ecc.)
6. Disturbi affettivi
a. Depressione
b. Pianto
c. Apatia o aggressività

DEMENZA VASCOLARE
A. Deterioramento cognitivo manifestato con:
- deficit di memoria
- almeno di un’altra funzione cognitiva: attenzione, linguaggio, prassia, planning oppure agnosia o
disturbi nelle funzioni esecutive.
B. I deficit cognitivi devono comportare disadattamento e compromissione del funzionamento sociale,
occupazionale e relazionale del paziente.
C. Segni e sintomi neurologici focali o evidenze neuroradiologiche di malattia cerebrovascolare (CVD) che
sia giudicata essere eziologicamente correlata ai disturbi accusati dal paziente.

CAUSE EMBOLICHE
✓ cardiomiopatia
✓ cardiopatie congenite
✓ infarto con trombosi
✓ embolia gassosa o lipidica
✓ endocardite batterica
CAUSE TOSSICHE
✓ Amfetamine, Cocaina
✓ Arsenico
✓ Monossido di carbonio

CAUSE VASCOLARI PRIMARIE O IPOPERFUSIONE


✓ Dissecazione arteriosa
✓ Aterosclerosi dei grandi e medi vasi
✓ Diabete mellito
✓ Malformazioni
✓ Ipertensione Arteriosa
✓ Ipotensione arteriosa da sincope

CAUSE INFIAMMATORIE O AUTOIMMUNI

✓ Sindrome di Kawasaki
✓ Lupus anticoagulante
✓ Artrite reumatoide
✓ Sarcoidosi
✓ Lupus eritematoso sistemico

Profilo deficit cognitivo


- Compromissione della memoria
- Deficit delle funzioni esecutive
- Deficit di concentrazione di attenzione
- Alterazione della sfera affettiva (depressione del tono dell’umore)

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