L'ictus ischemico e si verifica a seguito del restringimento o della completa occlusione di un vaso
arterioso cerebrale o di un'arteria immediatamente precedente (es: carotidi).
ISCHEMIA NEL TERRITORIO DELL’ARTERIA CAROTIDEA INTERNA:
MANIFESTAZIONI CLINICHE
In questo caso tale condizione coinvolge alcuni nervi cranici con inevitabili conseguenze che
vanno a compromettere le capacità visive del paziente (diplopia - visione doppia), paresi e
deficit sensitivo facciale, vertigini, alterazioni o perdità motilità apparato gastro-enterico con
conseguenti disfagia e disartria e nei casi più gravi totale perdità uso e sensibilità arti
superiori e inferiori.
Recupero dopo ictus monitoraggio continuo del paziente con gestione della PA, recupero,
con aspirina (se necessario), del flusso ematico in caso di viscosità o aumento della coagulabilità
(azione fluidificante dell’aspirina) e riabilitazione del paziente.
Prevenzione dopo ictus Comportamentale con riduzione della pressione tramite dieta, no
fumo ed eventuale somministrazione ACE inibitori o fluidificanti (aspirina o statina). Inoltre
valutare, o monitorare se già esistenti, eventuali quadri clinici (ipertensioni secondarie o
diabete).
Cincinnati prehospital stroke scale (cpss)
Scala di valutazione impiegata per diagnosticare la presenza di ictus nella fase ospedaliera e
preospedaliera.
La scala offre una valutazione di tre aspetti: mimica facciale- movimento degli arti superiori –
linguaggio.
Mimica faciale: invitare il paziente a sorridere o mostrare i denti
Pazienti con un parametro anormale su 3 hanno una probabilità del 72% di avere un
ictus ischemico
Se sono anormali tutti e tre, la probabilità sale al 85%. Si noti tuttavia che l’assenza di
parametri anormali non garantisce l’assenza di ictus.
Patogenesi
Micro-aneurisma formatosi in un’arteria cerebrale come conseguenza di ipertensione.
Qualsivoglia fattore predisponente una pressione estrinseca sui vasi interessati
(maggiore frequenza microaneurismi di altri vasi; tumori ecc.)
Distruzione del tessuto cerebrale da parte dell’ematoma → deficit focale coerente con
la sede della lesione
DIAGNOSI DI ICTUS
1. Clinica E ANAMNESI
2. INDAGINI NEURORADIOLOGICHE (TC, RMN)
SINTOMATOLOGIA: non muovo o non sento più un braccio o una gamba; mi accorgo di
avere la bocca storta, faccio fatica a parlare, non capisco quello che mi dicono, ho un forte
mal di testa mai provato prima, non vede bene metà degli oggetti.
Nel caso di approfondimenti o peggioramenti del paziente, questo viene inviato in stroke unit
STROKE UNIT (infarto cerebrale)
Unità (4 16 letti) in cui opera un team multidisciplinare ed esclusivamente dedicato di medici,
infermieri e tecnici della riabilitazione.
NIH stroke scale- versione italiana. Scala per l’ictus del national institute of
health
3. Campo visivo: viene valutata la tecnica della minaccia visiva (il paziente involontariamente
osserva le dita in movimento fuori dal campo visivo)
4. Paralisi facciale: mostrare i denti, alzare le sopracciglia e chiudere gli occhi. In caso di esito
negativo ma eventuale sospetto, prendere in considerazione simmetria del volto in risposta a
stimoli dolorosi
5 a Motilità arti superiori ed inferiori + test atassia: (il test prevede il test della funzionalità muscolare
e dell’equilibrio del paziente, tramite comprovata capacità, con la prova indice-naso e calcagno-
ginocchio eseguita su entrambi i lati)
6 Sensibilità: puntura di spillo su tutte le sezioni corporee. Da normale a ipoestesia grave
Anatomia patologica
Affezione patologica degenerativa dei tessuti del sistema extrapiramidale e simpatico.
Elemento istologico caratteristico della MP è costituito dai Corpi di Lewy, degenerazioni
neuronali che si uniscono in agglomerati proteici. Si riscontrano maggiormente, questi processi,
nei neuroni dopaminergici situati nel locus niger. Altri neuroni maggiormente colpiti sono:
-i neuroni troncoencefalici produttori di noradrenalina (fatto che spiegherebbe l’insorgenza di
depressione)
-i neuroni della corteccia cerebrale che liberano acetilcolina (questo spiegherebbe i deficit
cognitivi)
Eziologia
Sono stati chiamati in causa fattori:
1 Genetici (cromosoma 4 e 6 con familiarità al 15%)
Patogenesi
Il tutto inizia con un deficit biochimico nei neuroni dopaminergici, della pars compatta della
Substantia Nigra che induce a sua volta una denervazione che comporta una cascata di modificazioni
funzionali che altera il controllo della motricità.
Possibile coinvolgimento tossico di elementi che inducono morte cellulare e aumento dei radicali liberi.
Non è ancora riconosciuto un elemento di innesco primario del processo degenerativo.
Semeiologia
Tremore
Ritmo 3-6 cicli al secondo, tipicamente a riposo, scompare durante l’attività volontaria (specialmente
movimenti sensibili e di precisione) e il sonno, accentuato da emozioni, fatica, sforzi di concentrazioni
intellettuale. Interessa inizialmente le dita della mano e il polso o può estendersi all’intero arto e interessare
anche quello inferiore.
Poco frequente il tremore del capo, spesso presente alla mandibola, alle labbra, alla lingua. Può associarsi
tremore di fissazione (o posturale) ( a frequenza più alta).
Tremore posturale – si verifica durante il mantenimento volontario di una posizione contro la
forza di gravità, come allungare o distendere un braccio.
Rigidità
La rigidità del paziente esprime una aumentata resistenza (o risposta) allo stiramento e
all’accorciamento passivo, (cioè provo a stirarti la mano o a stringerla e tu paziente opponi molta
resistenza).
Generalmente il paziente presenterà una postura leggermente in avanti, con le braccia flesse e addotte
(cioè piegate sull’addome il più delle volte) e altre posizioni particolari.
Spesso, durante la mobilizzazione passiva delle articolazioni degli arti del paziente (operatore tenta di
muovere passivamente le braccia o le gambe di quest’ultimo), è possibile rilevare un cedimento della
resistenza a Scatti (fenomeno della troclea o ruota dentata).
Tipico, è inoltre l’atteggiamento della mano con flessione delle articolazioni metacarpo falangee,
iperestensione delle interfalangee, adduzione del pollice al palmo.
Bradicinesia
Caratterizzata dalla lentezza e dalla povertà dei movimenti che induce una riduzione dell’iniziativa
motoria. Il malato deve “pensare la sequenza del gesto” per cui si “muove in economia”. Avvio della
marcia lento e difficile ed è spesso preceduto da un calpestio preparatorio (freezing). La marcia a piccoli
passi presenta spesso una rapida accelerazione (festinazione) con flessione del tronco in avanti e arti
addotti come a rincorrere il proprio centro di gravità (spesso segue una caduta, che può essere molto
pericolosa).
Mimica facciale ridotta, sguardo fisso, ammiccamento raro (facies figée). Precocemente si nota riduzione
dei movimenti automatici quali il pendolarismo degli arti sup durante la marcia, rotazione del capo
che accompagna i movimenti di lateralità dello sguardo.
Difficolta del passaggio dalla posizione seduta a quella eretta che avviene “in blocco”.
Alterazione cognitiva con impoverimento del pensiero, dell’affettività (tono monotono), linguaggio
(ripetizione delle parole (palilalia)), riduzione degli automatismi gestuali che accompagnano il discorso.
La scrittura risulta alterata, disturbata dai tremori e dalle manifestazioni crampiformi fino alla
micrografia.
Disturbi vegetativi
Il 90% lamenta singolarmente o in varie associazioni: scialorrea, disfagia, disfunzioni vescico-sfinteriche.
La scialorrea è anche dovuta ad una anormalità della deglutizione. La costipazione e il sintomo più
frequente associata a ostruzioni intestinali o volvoli. Nicturia, urgenza e incontinenza da urgenza per
iperattività del detrusore. Ipotensione ortostatica, deficit sensoriali, astenia, sono di più frequente
riscontro negli anziani con Morbo di Parkinson.
Funzioni superiori
Specifici deficit fino ad un decadimento cognitivo, possono coinvolgere funzioni visuo-spaziali e
percettivo-motorie, la memoria a lungo termine e memoria operativa. Il quadro non è mai puro e
si combina con quadri simil Alzheimer.
Turbe dell’umore e del comportamento
Tristezza, anedonia disinteresse per l’ambiente ed episodi francamente depressivi (guarda
sintomatologia in psichiatria - vari cluster).
Frequenti sogni vividi, incubi, vocalizzazioni notturne, allucinazioni, sonnambulismo. L’esordio
della malattia può essere preceduto da episodi di RBD (REM Beaviour Disorder) con movimenti
correlati al sogno durante la notte. Frequente la sonnolenza diurna. Causa dei disturbi del sonno
possono essere i sintomi motori della MP o i farmaci usati.
Per fare diagnosi di MP gli elementi che vanno presi in considerazione, dunque, sono:
a. Sintomi essenziali
b. Criteri di esclusione
c. Criteri di supporto
Segni motori cardinali:
- Tremore a riposo
- Rigidità
- Bradicinesia
- Esordio asimmetrico (vedi stadiazione da primo a quinto stadio, vista poc’anzi)
Responsività alla levodopa (o LDOPA è precursore della dopamina) presente nel 94 - 100%
dei casi (criterio di esclusione - se il paziente non risponde alla levodopa possiamo escludere
“quasi certamente” che si tratti di Morbo di parkinson)
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
- Tremore essenziale
- Sindromi parkinsoniane secondarie a lesioni vascolari, idrocefalo, iatrogeniche
- Degenerazione cortico-basale o DCB
- Malattia da corpi di Lewy diffuse DLDB
Tremore essenziale Il tremore essenziale è caratterizzato da un tremore ritmico che si verifica durante i
movimenti volontari o quando si cerca di mantenere una posizione contro la forza di gravità. Spesso viene
erroneamente diagnosticato come Malattia di Parkinson.
Esistono due tipi di tremore:
Tremore cinetico – si verifica durante un movimento volontario, come portarsi un bicchiere alla
bocca
Tremore posturale – si verifica durante il mantenimento volontario di una posizione contro la
forza di gravità, come allungare o distendere un braccio
La maggior parte dei soggetti con tremore essenziale sperimenta sia tremore cinetico che tremore posturale).
Parkinson vascolare ( di origine secondaria a patologie vascolari. Es. idrocefalo, terapia con neurolettici)
Degenerazione cortico basale (DCB) Sindrome acinetica ipertonica (contrazione muscolare isometrica) con
marcata asimmetria (non rispondente al levodopa). Associato a disturbi sensitivi (Babinski posotivo).
Movimenti involontari (tremori, distonia segmentale (alcune parti del corpo posizioni bizzarre),
mioclono focale). Compromissione cognitiva. Atrofia circoscritta fronto parietale.
Malattia da Corpi di Lewy diffusi (DLBD) Decadimento cognitivo. Manifestazioni allucinatorie visive e
deliranti, parkinsonismo di modesta entità, spiccata intolleranza ai neurolettici, cadute ed episodi sincopali.
Indagini diagnostiche
TC: non evidenzia reperti specifici ma può escludere possibili origini secondarie.
RMN: generalmente normale. Può essere evidenziato un assottigliamento della pars compacta della
sostanza nera.
(INTRODUZIONE ALLO SPECT - tomografia computerizzata ad emissione a fotoni singoli)
Il putamen è una struttura tondeggiante situata alla base del telencefalo. Il putamen e il nucleo
caudato formano insieme lo striato dorsale. È anche una delle strutture che compongono i gangli della
base. Attraverso vari percorsi, il putamen è collegato alla substantia nigra.
SPECT (tomografia computerizzata ad emissione di fotoni singoli): nel MP la riduzione della secrezione di
dopamina è massima nel putamen posteriore, mentre nei parkinsonismi atipici è diffusa nel putamen e
nucleo caudato. Può dunque essere utile nella diagnosi precoce.
(metodica meno costosa e di uso più comune)
DEFINIZIONE
Malattia neurodegenerativa caratterizzata dalla progressiva perdita dei motoneuroni: corticali (1°
motoneurone), spinali (2° motoneurone).
I motoneuroni sono le cellule responsabili della contrazione della muscolatura volontaria preposta in primo
luogo al movimento, ma che presiede anche funzioni vitali come deglutizione, fonazione e respirazione: la
loro degenerazione comporta la paralisi progressiva dei muscoli da loro innervati, risparmiando le
funzioni sensoriali, sessuali, sfinteriali e, nella maggior parte dei casi, quelle cognitive.
Caratteristiche cliniche
Il primo motoneurone origina dalla corteccia motoria (quinto strato), discende attraverso la via
corticospinale e corticobulbare e termina in sinapsi con il secondo motoneurone;
Il secondo motoneurone è rappresentato dalla cellula delle corna anteriori del midollo spinale e dal suo
omologo nel tronco encefalico.
Anche se la malattia colpisce sia il primo che il secondo motoneurone, si avranno dei riflessi aumentati, a
causa di una predominanza della mancata inibizione corticale (primo motoneurone).
La persona affetta da SLA non presenterà deficit sensitivi perché, come già detto, la malattia colpisce
soltanto il primo e secondo motoneurone. Inoltre non sono presenti problemi nella coordinazione poiché
il cervelletto non viene colpito. Inoltre non vengono mai colpiti i motoneuroni che controllano la motilità
oculare, sfinteri uretrali e anale.
EPIMEDIOLOGIA
La SLA, ha una incidenza tra i 5 e i 9 casi su 100.000. Prevalenza sesso maschile.
Esordio malattia “progressiva”, primi sintomi in media tra 55 e 65 anni, sebbene il quadro, se repentino,
possa affliggere sia giovani adulti che bambini.
Forme eziopatogenetiche
Stress ossidativo
Lo stress ossidativo descrive una condizione in cui si manifesta un’alterazione dell’equilibrio fra la
produzione delle specie chimiche reattive ossidanti e la loro degradazione da parte dei sistemi di difesa
antiossidante. Tra le specie chimiche reattive, l’aumento intracellulare delle specie reattive dell’ossigeno
(ROS) provoca alterazione della struttura e della funzione delle membrane biologiche, danno al DNA,
alle proteine e ai lipidi. Ergo, l’aumentata attività della glutatione perossidasi (selenioproteina enzimatica)
nel midollo spinale; aumentato per la SOD1 in motoneuroni residui, sempre però insufficienti, nella
quantità, per contrastare gli episodi degradanti promossi dalle sostanze ossidanti che determinano danno
tissutale attraverso nel midollo spinale e nella corteccia frontale con aumento livello di carbonili proteici
derivati dall’ossidazione di alcune proteine.
Sla familiare
Rappresenta circa il 10% dei casi di SLA. Trasmissione autosomica dominante. In 1/5 dei casi è stata
individuata una mutazione nel gene che codifica per l’enzima superossidodismutasi (SOD1) con
possibile correlazione al quadro da stress ossidativo.
La SLA, purtroppo si presenta spesso con sintomi aspecifici. Questo processo può avvenire anche nell'arco
di diversi anni e al momento non si può arrestare. La malattia avanza silenziosamente e si manifesta
quando la perdita progressiva dei motoneuroni supera la capacità di compenso dei motoneuroni
superstiti.
Caratteristiche cliniche
1° motoneurone corticale (1 MN)
- Deficit di forza (colpisce gruppi muscolari) - associata ad atrofia Modesta per disuso
muscolare
- Spasticità muscolare (eccessivo e anomalo aumento del tono muscolare)
- ROT (riflessi osteo tendinei - test con martello su ginocchio o malleolo) vivaci
- Babinski positivo
- Fascicolazioni assenti (Le fascicolazioni sono contrazioni spontanee e rapide di gruppi di fibre
muscolari, visibili al di sotto della pelle)
2° motoneurone spinale (2 MN)
- Atrofia muscolare (anche segmentaria e non a gruppi come nel primo motoneurone - possono
essere colpiti i singoli muscoli)
- Fascicolazioni presenti - alle volte associati a crampi.
- ROT ridotti o assenti
- Qua ci sarebbe “insufficienza respiratoria” ma l’ho tolta perché in un file di Master per la SLA non
è assolutamente specificata ed inoltre si trova come possibile sintomo generale evidenziato
precedentemente.
Forme cliniche
La SLA può avere un esordio di tipo:
SPINALE - nella quale vengono compromessi i motoneuroni del midollo spinale. Tale forma interessa
circa i due terzi dei pazienti con SLA e si presenta con sintomi legati alla debolezza muscolare e atrofia
focale (segmenti e non necessariamente gruppi muscolari), in cui i sintomi iniziali possono essere distali o
prossimali degli arti superiori e inferiori. A poco a poco gli arti atrofici possono sviluppare spasticità, che
colpisce l'abilità manuale e l'andatura; La perdita dei motoneuroni spinali determina deficit della
muscolatura respiratoria → insufficienza respiratoria.
BULBARE - nei casi in cui la lesione è legata ai motoneuroni del tronco cerebrale/bulbare (in un terzo
dei pazienti SLA). In tal caso la malattia presenta disartria e disfagia per solidi o liquidi ed i sintomi agli
arti, nella stragrande maggioranza dei casi, si verificano entro i primi 2 anni. La perdita dei motoneuroni
bulbari determina l’insorgenza di disfagia, disfonia, disartria e dispnea.
Tuttavia, questa distinzione di carattere clinico, utile per definire la comparsa della malattia, non appare
sempre così netta nell’evoluzione della stessa, in quanto le due forme possono sovrapporsi. Lingua
mammellonata in paziente con SLA con interessamento dei nervi cranici.
Purtroppo la diagnosi di SLA è difficile, richiede diverse indagini mediche e in ogni paziente l’evoluzione
può essere valutata solo attraverso il controllo neurologico periodico (ogni 2-3 mesi), poiché non esiste
un esame specifico con elevata accuratezza diagnostica e prognostica.
Sono tuttavia indispensabili e vengono utilizzati come supporto diagnostico l’elettromiografia (EMG), che
permette la valutazione della funzionalità dei nervi e dei muscoli periferici, la Risonanza Magnetica
Nucleare (RMN), in particolare per lo studio del sistema piramidale e la PET (Tomografia ad Emissione di
Positronica), che consente di studiare il metabolismo funzionale di diverse aree cerebrali. La diagnosi di
SLA avviene dunque per esclusione che prevede test neurologici ed esami strumentali.
Per definire i livelli di certezza diagnostica si fa riferimento ai cosiddetti criteri definiti di El Escorial.
SLA possibile - presenza di segni clinici di compromissione del I e II motoneurone in un solo distretto
corporeo e segni del II motoneurone posti all’estremità anteriore o cefalica rispetto a quelli del I;
SLA probabile - segni clinici di compromissione del I e II motoneurone in almeno 2 distretti corporei;
TERAPIA
Ad oggi l’unico farmaco indicato per la SLA è il Riluzolo in grado di rallentare il decorso della malattia di
alcuni mesi.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
SCLEROSI MULTIPLA
Patologia infiammatoria demielinizzante, verosimilmente su base autoimmune, che causa progressiva
disabilità. Presenta lesioni caratteristiche (placche), sedi preferenziali e disseminazione eterogenee in
termini spaziali e temporali (a cazzo di cane)(o in maniera tale da poterlo esporre al prof “ le lesioni, cioè
tali *placche*, sono *prodotte* in maniera del tutto casuale sia in termini di tempo che di spazio).
Epidemiologia
Età giovane adulta (insorgenza 18-45 anni); Incidenza di malattia aumentata con la distanza dall’equatore.
Prevalenza e incidenza variano nel mondo da regione a regione. Ragione di tale variabilità
nell’epidemiologia della sclerosi non è nota.
EZIOLOGIA
Fattori ambientali e fattori genetici
Nuovi possibili fattori ambientali associati a SM → vitamina D; esposizione solare; fumo
Ignota
Malattia di origine autoimmune. Predisposizione genetica.
Fattore esterno: infezioni batteriche e virali. Mai dimostrata trasmissione interumana.
IPOTESI PATOGENETICHE
- Azione diretta del virus che penetra la BEE localizzandosi nelle cellule del snc in stato di latenza
con riattivazioni saltuarie in occasioni di circostanze di immunodepressione (es. herpes virus)
- Mimetismo molecolare: antigeni virali che potrebbero reagire con proteine della mielina
(demielinizzazione), o attiverebbero linfociti T autoreattivi non soppressi durante la
maturazione timica (quindi il mimetismo molecolare potrebbe associarsi ad una possibile
predisposizione genetica, per la mancata soppressione dei linfociti T autoreattivi).
- Insulto immunitario aspecifico; attivazione dei linfociti T e monociti; attraversamento BEE e
risposta infiammatoria locale del parenchima; danno mielinico.
- Nervo ottico
- Tronco encefalico
- Midollo spinale
- Cervelletto
FISIOPATOLOGIA
Danno mielinico→ perdita supporto trofico all’assone→ blocco conduzione/rallentamento impulso→
deficit neurologico
FISIOPATOLOGIA 2
Iniziale Risoluzione edema/infiammazione + rimielinizzazione iniziale→ recupero deficit neurologico
Fa seguito danno cronico (possibile scenario autoimmune con continuo danno al sistema nervoso)→
segni/sintomi clinici irreversibili
CLINICA
Estrema variabilità temporale e spaziale delle manifestazione
SINTOMI D’ESORDIO
Neurite ottica retrobulbare: possibile diplopia e nistagmo. Inoltre Al campo visivo: scotoma con
macchia centrale; fenomeno di Uhthoff (calo del visus dopo sforzo fisico o rialzo termico).
Funzioni piramidali (che provvedono ai movimenti volontari dei muscoli, permettendo lo svolgimento del
movimento attraverso un circuito neuronale costituito da due neuroni): riscontrabile nel 100% degli affetti;
ipostenia; Segno di Babinski positivo.
Fatica: riscontrabile nell’85% degli affetti; Mancanza di energia fisica o mentale e sensazione di essere
“esausti” più di quanto è normale attendersi in rapporto all’attività svolta
Funzioni cerebellari: atassia (gravi difficoltà ad effettuare movimenti volontari) associata a difficoltà
nell’esecuzione di movimenti volontari alternati in varie direzioni.
Funzioni del tronco encefalico: paralisi facciale, disfagia, disfonia, vertigini.
Funzioni sensitive: Parestesie (qualsiasi tipo di alterazione sensitiva in termini tattici termici e dolorifici,
disestesia (allucinazione tattile), segno di Lhermitte (Il segno di Lhermitte è una sensazione di scarica
elettrica, provocata dalla flessione del capo, che dalla base del collo si propaga lungo la colonna vertebrale).
Funzioni sfinteriche e viscerali: 90% degli affetti lamenta disfunzione agli sfinteri urinari o fecali o
disturbi della sfera sessuale. Determinata da interruzione delle vie discendenti di controllo dei centri
midollari sacrali.
Apparato urinario: Vescica neurologica (alterazioni funzionali muscolo detrusore)
Tratto gastro intestinale: Stipsi 30%; Riduzione del torchio addominale ( necessità di maggiore forza nel
compimento manovra di Valsalva); Ridotta motilità intestinale; Incontinenza 15%; Diarrea
Problemi sessuali:
- Donna: disestesie area perineale, ridotta sensibilità, anorgasmia. Riduzione della libido psicogena
Funzioni mentali: 40 60% dei pazienti affetti presentano declino cognitivo; 20% mostra demenza grave;
(è anche possibile) demenza sottocorticale: perdita di memoria di fissazione (incapacità di sostituire
nuovi ricordi con vecchi), deficit dell’attenzione.
Interessamento prefrontale: belle indifference (al paziente sembra che non freghi un cazzo di niente) con
euforia inappropriata.
Disturbo del tono affettivo; depressione (inizialmente reattiva poi come conseguenza di disturbo organico
60%). Altri disturbi
Disturbi parossistici con durata di alcuni minuti massimo; 5-40 episodi/die
VARIANTI CLINICHE
- 45% SM fluttuante o relaxing - remitting la malattia si manifesta con episodi (ricadute) che
alterano le funzioni neurologiche. Le ricadute sono seguite da recupero funzionale parziale o
totale e da un periodo di relativa stabilità (remissione) fino all'episodio successivo. I periodi di
remissione hanno durata variabile da persona a persona; in genere all'inizio sono molto lunghi.
La sclerosi multipla può però essere attiva anche in assenza di segni o sintomi specifici, anche per
anni. Questo è il motivo per cui la diagnosi può essere tardiva.
- Principale alterazione indicativa per SM è l’incremento di (IgG) nel liquor, che è normale quando è
minore di 6, e risulta elevato in circa il 70-90% dei pazienti
1. Interferon beta-1a - 1b (Anche se il loro esatto meccanismo d’azione non è ancora noto, si ritiene
che gli interferoni-ß aiutino a ridurre l’infiammazione nelle forme recidivanti di sclerosi
multipla)
2. Immunomodulatori (capacità di questi farmaci di modulare ma non diminuire eccessivamente la
difesa immunitaria dell’individuo)
Prevenzione recidive e ricadute e progressione della disabilità (riscontro positivo EDSS)
EPILESSIA
Definizioni e meccaniche importanti da sapere:
Crisi epilettica: manifestazione clinica transitoria, come espressione di scarica eccessiva e/o
ipersincrona di una popolazione più o meno estesa di neuroni.
Epilessia: ricorrenza spontanea di crisi epilettiche non associata a sofferenza acuta (insulti sistemici
e/o neurologici) del SNC
Epilettogenesi: sequenza di eventi che “converte” un pool neuronale normale in un circuito
ipereccitabile.
La classificazione delle svariate forme di convulsioni può essere effettuata in base alle manifestazioni
sintomatologiche principali, noi elenchiamo le due forme più frequenti:
crisi convulsive toniche: il paziente colpito dalla convulsione perde coscienza, cade a terra, irrigidito e
cianotico. Spesso in questa fase è possibile osservare dispnea (difficoltà respiratoria) e/o apnee (incapacità
respiratoria). L'episodio tonico tende a durare un minuto o meno: questa fase è molto breve ma
estremamente pericolosa.
crisi convulsive cloniche: queste convulsioni sono contrazioni involontarie ritmiche e violente,
contraddistinte spesso dalla presenza di bava o schiuma alla bocca, cianosi, perdita di feci ed urine.
Normalmente, questa fase dura all'incirca un paio di minuti; meno spesso raggiunge i 5 minuti. Le
convulsioni cloniche sono le più frequenti. Alla crisi convulsiva clonica segue spesso una fase cosiddetta
ipotonica, associata ad un sonno profondo. Al risveglio, il paziente tende a dimenticare quanto accaduto.
Le convulsioni cloniche sono meno pericolose delle toniche.
Il tipo di crisi epilettica è determinato dalle manifestazioni cliniche del paziente e dal pattern EEG
durante la crisi. Quindi andremo principalmente, ma non solo, a classificare le crisi in base ai possibili
sintomi manifestati e le alterazioni dell’elettroencefalogramma presenti (o meno).
Mentre la Sindrome Epilettica è definita da:
- Tipo di crisi (ergo sintomi e EEG)
- Storia naturale
- Contesto clinico (EON(esame obiettivo neurologico), Q.I., ecc.)
- Eziologia
- Risposta alla terapia antiepilettica
L’eziologia sfugge nel 50% dei casi (non si sa il perché) mentre, nell’altra metà dei casi, l’epilessia può
essere attribuita a fattori lesionali o, più raramente, a fattori genetici.
• Fattori di Rischio: ambientali (pre-, peri-, postnatali) e genetici (predisposizione all’epilessia, malattia
epilettogena)
Cause di epilessia biologicamente plausibili (per crisi parziali): Infezione e raccolta pus, ipossia peripartum
(bambino durante il parto), emorragia o infarto, frattura cranica con compressione, tumore, malformazioni
vascolari, anomalie congenite, displasia corticale (corteccia spessa).
Cause di epilessia biologicamente plausibili (per crisi generalizzate): Tossine ambientali (insetticidi e
prodotti tossici), astinenza da alcol e sostanze e farmaci (stupefacenti e farmaci prescritti), Alterazioni
genetiche (endocrine, neurologiche ecc.)
1- Almeno due crisi non provocate nè riflesse (riflesse= scatenate da un trigger che può essere luminoso o
auditivo es. le luci del cazzo nei giochi horror) (provocata= ORGANICHE o TRAUMI - sostanze
stupefacenti o trauma cranico), separate da >24h.
2- Una crisi epilettica non provocata o riflessa e sospetto di ulteriore crisi (almeno 60%) accompagnato
da almeno due crisi non provocate o riflesse, nei successivi 10 anni (fondamentalmente guarda il punto
uno per avere sospetto al 60%).
3- Diagnosi di sindrome epilettica
Guarigione dell’epilessia
È considerata risolta nei soggetti che:
- Hanno presentato sindrome epilettica età dipendente, ma che hanno superato il limite di età
applicabile
- Sono rimasti liberi da crisi per almeno 10 anni, in assenza di terapia antiepilettica negli ultimi
5 anni.
Tipo di crisi
Il punto di partenza della struttura della classificazione è il tipo di crisi; si presume che il clinico abbia già
fatto una diagnosi definitiva di crisi epilettiche (criteri per diagnosi per quadro epilettico visti poco prima
“definizione clinica operativa dell’epilessia ILAE 2017”), pertanto non viene considerato per distinguere gli
eventi epilettici da quelli non epilettici. Sulla base delle caratteristiche di esordio, le crisi vengono
classificate in focali (o parziali), generalizzate e ad esordio sconosciuto.
Tipologie di crisi
CRISI PARZIALI
Crisi parziali (o focali): caratterizzate da fenomeni clinici ed EEG che, almeno all’inizio, indicano
l’attivazione di un sistema di neuroni limitato ad una parte di un emisfero cerebrale. Esse sono divise
in tre sottogruppi:
- semplici
- complesse
- secondariamente generalizzate
Le registrazioni stereo-EEG dimostrano che le crisi parziali prendono sempre origine da aree
della corteccia cerebrale, costituenti la “zona epilettogena”. Nelle epilessie secondarie ad
una evidente lesione (come un tumore o una cicatrice cortico-meningea) la zona epilettogena è
adiacente alla lesione, che è invece elettricamente silente.
tra i fenomeni motori riscontriamo, ad esempio, crisi Jacksoniane (vedi dopo), crisi versive (rotazione
occhi, testa e a volte tronco), crisi posturali (posture abnormi ad una parte o tutto il corpo – vedi dopo
schermatore), crisi fonatorie (arresto della parola o emissione di suoni inarticolati (rispettivamente
anartria e disartria) senza difetto di comprensione ne arresto del linguaggio mentale);
Tra i fenomeni non motori abbiamo fenomeni sensitivo-sensoriale: illusioni, disestesie e alterazioni
delle capacita’ sensoriale dell’individuo di tipo semplice. Fenomeni vegetativi: ipersalivazione,
nausea, vomito, pallore, sudorazione. Fenomeni psichici senza perturbazione della coscienza, ad
esempio, crisi disfasica (perturbazione del linguaggio); Crisi cognitive: pensiero forzato (come
fosse ossessione), fuga delle idee e crisi affettiva, incontinenza affettiva con tonalita’ spiacevole.
Durante l’incoscienza il malato può rimanere immobile, con lo sguardo fisso, o presentare dei
movimenti involontari (automatismi o fenomeni psicomotori).
Questi Automatismi possono essere di tipo:
- Oro-alimentare: masticazione, deglutizione, leccamento delle labbra
- Mimico: sorriso, tristezza, paura
- Gestuale: autotoccamenti, manipolazione di oggetti, sbottonamento di vestiti
- Verbale: parole o frasi senza senso
- Deambulatorio: allontanamento dal luogo dove la crisi ha avuto inizio: “fuga epilettica”.
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Crisi generalizzate
Le crisi generalizzate sono costituite da fenomeni clinici ed EEG che indicano un coinvolgimento dei
due emisferi fin dall’inizio.
La coscienza è di solito perturbata ed i fenomeni motori sono sempre bilaterali
sincroni e simmetrici, così come le scariche epilettiche sull’EEG critico ed
intercritico.
Le crisi generalizzate si dividono invece in sei tipi:
- assenze
- crisi miocloniche
- crisi cloniche
- crisi toniche
- crisi tonico-cloniche
- crisi atoniche
Assenze
Improvvisa perdita di coscienza, “sguardo fisso”, arresto dell’attività, talora breve revulsione
degli occhi,
Attacchi di durata da pochi secondi a mezzo minuto, poi cessano così rapidamente come sono
iniziati, senza fenomeno post critico.
Dal punto di vista clinico, le assenze si classificano in semplici e complesse, in base all’eventuale
presenza di altri fenomeni, oltre alla perturbazione della coscienza.
L’assenza complessa si può evincere in varie forme come:
- Componente clonica: piccole clonie (es. palpebrali o degli arti)
- Componente atonica: ipotonia dei muscoli posturali (possibile caduta del paziente)
- Componente tonica: Esagerazione del tono muscolare, versione oculare, del capo o del
tronco.
- Con automatismi: specialmente quando durano più di 15 secondi.
Crisi miocloniche
Scosse muscolari brusche e brevi, bilaterali e sincrone ed interessano prevalentemente i muscoli
facciali, il collo e gli arti superiori (con possibile proiezione a distanza degli oggetti tenuti in
mano “aeee Affiu pigghia ddocu uiiiiiiiiiiiiiii!!!”); se interessano anche gli arti inferiori, possono
causare una brusca caduta a terra.
Crisi cloniche
Simili alle crisi tonico-cloniche generalizzate , da cui differiscono per l’assenza della fase tonica iniziale.
Crisi toniche
Contrazione muscolare diffusa, intensa e sostenuta, che fissa transitoriamente il corpo in una
postura abnorme. Durano da 5 a 20 secondi, si accompagnano a perdita di coscienza, arresto del
respiro, pallore seguito da cianosi.
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Tipo di epilessia
Il secondo livello di diagnosi è quello del Tipo di Epilessia, e dà per assunto che il paziente abbia una
diagnosi di epilessia (rivedi criteri diagnostici per quadro epilettico pag. 22)
Si riconoscono 4 classi principali di quadro epilettico con:
- Epilessie generalizzate
- Epilessie focali
- Epilessia combinata generalizzata e focale
- Epilessia di tipo sconosciuto
Essendo le ultime due classi un “sottoprodotto” delle prime due, ci focalizzeremo su quest’ultime. Le
persone con epilessie generalizzate possono avere vari tipi di crisi (lo abbiamo già visto
precedentemente), tra cui assenze, crisi miocloniche, crisi atoniche, crisi toniche ecc.
La diagnosi di epilessia generalizzata si basa sulle caratteristiche cliniche, supportate dalla presenza delle
tipiche scariche intercritiche all’EEG.
Le Epilessie Focali comprendono crisi focali o multifocali, così come crisi che interessano un emisfero. Si
possono riconoscere vari tipi di crisi focali (e anche queste le abbiamo già viste tutte precedentemente). La
diagnosi, anche qui, si basa su criteri clinici ed è supportata dai risultati dell'EEG.
Le Epilessie Combinate Generalizzate e Focali esistono dal momento che alcuni pazienti presentano sia
crisi generalizzate che focali (lo so sa molto di capitan ovvio ma sti cazzi per un 30 questo e altro). Anche in
questo caso, la diagnosi si basa sulle caratteristiche cliniche, supportata dai reperti EEG. La
documentazione EEG delle crisi è utile ma non essenziale. L'EEG intercritico può mostrare sia anomalie
epilettiformi focali che anomalie generalizzate (avendo letto bene la parte iniziale su fase intercritica e
critica sulle epilessie focali o generalizzate, dovresti capire bene questo concetto. Se non lo capisci o sturia
sceccu!), tuttavia l'attività epilettiforme non è indispensabile per formulare la diagnosi.
La sindrome di Dravet e la sindrome di LennoxGastaut (Crisi occipitale dell’infanzia ad esordio tardivo)
sono due esempi comuni di condizioni in cui si verificano entrambi i tipi di crisi. La diagnosi del tipo di
Epilessia può anche essere il livello diagnostico più elevato raggiungibile dal clinico quando non è possibile
diagnosticare una Sindrome Epilettica specifica.
Un altro esempio è quello di un bambino di 5 anni che presenta crisi generalizzate tonico-cloniche e
anomalie di puntaonda generalizzate all’EEG: in questo caso la diagnosi è certamente quella di Epilessia
Generalizzata, anche se non è possibile la classificazione in una sindrome ben definita.
Un terzo esempio è lo scenario, meno comune, di una donna di 20 anni che presenta sia crisi focali con
alterazione del contatto (crisi parziale complessa) che crisi di assenza, con anomalie epilettiformi sia
focali sia generalizzate all’EEG e normale Risonananza Magnetica: in questo caso la diagnosi è di
Epilessia Combinata Generalizzata e Focale ad eziologia sconosciuta.
Il termine “Epilessia di Tipo Sconosciuto” è usato per descrivere pazienti che hanno una Epilessia ma il
clinico non è in grado di definire se il Tipo di Epilessia è focale o generalizzato per mancanza di sufficienti
informazioni. Questo potrebbe essere dovuto a motivi diversi: EEG non disponibile o EEG non informativo
(per esempio perché normale).
Se il Tipo-Tipi di Crisi sono sconosciuti, allora anche il Tipo di Epilessia può essere sconosciuto per analoghe
ragioni, sebbene tipo di crisi e tipo di epilessia possano non essere sempre concordanti. Ad esempio, il
paziente potrebbe aver avuto diverse crisi tonico-cloniche simmetriche senza caratteristiche focali ed EEG
normali. Quindi l’esordio delle crisi è sconosciuto e il paziente ha un’epilessia di tipo sconosciuto (quindi
possibile, anzi possibilissima condizione di diagnosi differenziale in assenza di dati certi - solo sospetto di
epilessia. Fare spiegare questa cosa a grasso).
Criteri generali per la diagnosi di epilessia ( tutta questa parte, eccetto l’EEG, è un ripasso di quello che si è fatto
precedentemente… la puoi saltare insomma….)
- La diagnosi è clinica
- Si basa sulla descrizione dettagliata di quanto avviene prima, durante e dopo la crisi
- Necessita dell’esclusione di patologie concomitanti
CRITERI GUIDA
Lo studio della crisi può permettere l’identificazione di molti elementi visti precedentemente, nelle
varie tipologie di crisi:
Valutazione Elettroencefalografica
- EEG di routine durante veglia o nelle 24h (holter) o in associazione a poligrafia (attività muscolare,
cardiaca e respiratoria)
- metodiche di attivazione: iperpnea, strobotest (stimoli luminosi con luci intermittenti per
evidenziare possibile esito epilessia riflessa), sonno (privazione di quest’ultimo).
Non potendo prevedere gli attacchi, che accadono soltanto occasionalmente, o a meno che un attacco non
stia accadendo, un elettroencefalogramma non prenderà l'attività del tipo di attacco (status epilepticus) ed è
quindi importante che i pazienti sospettati dell'epilessia subiscano un’elettroencefalogramma ripetuto a
lungo termine. La privazione di sonno, l'iperventilazione e lo stimolo photic possono migliorare la
probabilità di prendere i segnali epilettici.
Eziologia
Vedi singole crisi e possibili fattori eziologici trattati precedentemente.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
- Sincope
- attacchi di panico
- terrore notturno
- stati onirici
- narcolessia
- TIA
- Ipoglicemia
CLASSIFICAZIONE DELLE EPILESSIE
Sindrome epilettica
Il terzo livello è la diagnosi di Sindrome Epilettica. Una sindrome epilettica è definita dalla associazione di
specifiche caratteristiche che comprendono: tipi di crisi e di reperti dell’EEG e delle neuroimmagini.
Spesso le sindromi hanno caratteristiche età-dipendenti: età di esordio ed eventualmente di remissione,
fattori scatenanti le crisi (eziologia); le variazioni circadiane. Essa può anche essere connotata da co-
morbidità specifiche, quali la presenza di disabilità intellettiva e disturbi psichiatrici. La definizione di una
sindrome può anche comportare implicazioni eziologiche, prognostiche e di trattamento.
È importante notare che non vi è necessariamente una correlazione univoca tra una sindrome epilettica e
un singolo fattore o caratteristica tra quelli elencati e che la definizione di una sindrome epilettica può
essere utile per migliorare la gestione del paziente a diversi livelli. Esistono molte sindromi ben
riconosciute, come l'Epilessia con Assenze dell'Infanzia, la sindrome di West e la sindrome di Dravet; va
tuttavia notato che non è mai stata prodotta una classificazione ufficiale delle sindromi da parte dell'ILAE.
Sindromi Epilettiche
Una sindrome epilettica è definita dalla associazione di specifiche caratteristiche come: tipo di crisi, reperti
EEG e neuroimmagini, fattori scatenanti la crisi, anatomia, fattori precipitanti, età di insorgenza o di
remissione, gravità, cronicità, presenza di disabilità intellettiva e disturbi psichiatrici, correlazione a
ritmo circadiano e, talvolta, prognosi.
Caratteristiche principali:
- miocloniche, T-C.
In genere farmacoresistente
• Epilessia primaria da lettura
Caratteristiche principali:
- Quasi tutte le crisi sono precipitate dalla lettura (specialmente ad alta voce) e sono
indipendenti dal contenuto del testo.
- Crisi parziali motorie interessanti i muscoli masticatori e orbicolari e se lo stimolo non viene
interrotto possono generalizzare.
- L’EEG discrimina crisi improvvise nella regione parieto-temporale dell’emisfero dominante
dell’individuo.
Caratteristiche principali:
- Crisi parziali semplici o complesse o secondariamente generalizzate T-C, o da combinazioni di esse.
- Convulsioni febbrili
- EEG con parossismi nelle regioni temporali.
- Esordio infantile o giovanile
- Arresto motorio con automatismi oroalimentari o gestuali (masticazione o chiusura e apertura bocca o
semplici gesti automatici di sfregamento o strofinamento)
- Delirium e amnesia post-critici
- Crisi posturali (da schermitore) tipiche delle crisi focali dell’area motoria supplementare e
possibile vocalizzazione.
- Crisi con alterazione della coscienza e dello stato affettivo del
paziente con sintomi autonomici classiche dell’area cingolata.
- Crisi motorie con automatismi, allucinazioni e sintomatologia
autonomica tipiche dell’area orbitofrontale
- Crisi con versione degli occhi e del capo (altre aree); possono
associarsi ad automatismi, alterazioni stato della coscienza, affettività e
altre funzioni psichiche (deficit cognitivi, linguaggio, pensiero ecc.)
dell’individuo, o sintomatologia autonomica.
Caratteristiche generali
Sindrome caratterizzata da crisi parziali semplici e secondarie generalizzazioni; prevalentemente
sensitive. Possono diffondere verso il lobo occipitale. Molte crisi restano localizzate.
Fenomeni negativi
- intorpidimento
- sensazione di mancanza di una parte del corpo
Sintomi positivi
- Allucinazioni visive semplici
- Macropsia micropsia
Tali manifestazioni generalmente, vista la rapida diffusione nell’emisfero controlaterale, possono interessare
tutto il campo visivo.
Epilessie generalizzate
Criteri generali
- Le EGI oltre a rispondere ai criteri generali, sono le forme che insorgono in soggetti con normale stato
intercritico, in assenza di segni neurologici e neuroradiologici
- Mostrano generalmente età dipendenza e si differiscono per l’età di insorgenza
- NEUROCHIRURGICA
DEMENZE
Le cause della demenza non sono ancora state chiarite del tutto. Al momento, l’unica certezza è che, a
provocarne l’insorgenza sia la morte delle cellule nervose cerebrali, nello specifico quelle sopra-tentoriali
(cervelletto) deputate sia alle funzioni cognitive strumentali (per esempio percettive o prassiche) sia alle
funzioni cognitive di controllo (attenzione, motivazione o intelligenza), e/o il loro cattivo funzionamento
a livello di comunicazione intercellulare.
L'insufficienza cronico-progressiva deve però essere distinta dall'insufficienza cerebrale acuta, ossia lo Stato
Confusionale Acuto (delirium).
I dementi possono manifestare una vasta gamma di sintomi e segni; questi variano a seconda dell’area
del cervello colpito.
Purtroppo, molto forme di demenza sono incurabili. Infatti, non esiste ancora un trattamento in grado di
far regredire o, quanto meno, arrestare il processo di neurodegenerazione di cui sono responsabili.
Diverse forme di demenze - tra cui il morbo di Alzheimer, la demenza con corpi di Lewy e la demenza
frontotemporale - sono caratterizzate dalla presenza, all'esterno e/o all'interno dei neuroni cerebrali, di
anomali aggregati proteici (detti anche inclusioni).
La proteina tau dà origine ai grovigli neurofibrillari e ad altre strutture simili; questi, a differenza
delle placche amiloidi, si sviluppano all'interno dei neuroni (nel citoplasma) e possono rinvenirsi nei malati
di Alzheimer, demenza frontotemporale e degenerazione corticobasale.
La presenza degli aggregati proteici non è la sola anomalia riscontrata tra i malati di demenza.
La demenza vascolare è legata a problemi cerebrovascolari, ovvero a disturbi che impediscono il normale
afflusso di sangue nei tessuti del cervello. Del resto, il sangue porta con sé ossigeno e nutrienti, elementi
fondamentali per la vita di qualsiasi cellula del corpo.
Alcuni dei problemi cerebrovascolari più influenti sono: la cosiddetta malattia dei piccoli vasi sanguigni,
l'aterosclerosi a livello cerebrale e l'ictus.
La malattia di Creutzfeldt-Jacob (mucca pazza), per esempio, e la sindrome di Gerstmann-Sträussler-
Scheinker (su t’ha rioddi ti fazzu n’applausu all’esame) sono connesse al mutamento di una proteina
chiamata prione. Quando anche solo una molecola di prione muta, questa diventa un agente
contaminante per tutte le altre, le quali subiscono le medesime alterazioni. Il tutto si conclude con il
deterioramento progressivo delle cellule nervose cerebrali.
La demenza pugilistica, nota anche come encefalopatia traumatica cronica, compare successivamente a
ripetuti traumi alla testa. È tipica di coloro che un tempo praticavano boxe (ecco da dove deriva il nome),
football americano, wrestling o rugby, ovvero tutti sport di contatto durante i quali è frequente ricevere
colpi alla testa.
La demenza associata ad HIV è, come dice il nome, successiva all'infezione da virus dell'AIDS. Questa
particolare malattia neurodegenerativa, che riguarda la materia bianca cerebrale, non insorge in tutti i
malati di HIV, ma solo in alcuni. Gli studiosi stanno cercando di capire il perché di questo doppio
comportamento.
Demenze degenerative
- Alzheimer
Alzheimer precoce: l’Alzheimer precoce può iniziare ad avere effetti già dai 30 e 40 anni. In genere, viene
diagnosticato l’Alzheimer “giovanile” ai 40 o 50 anni.
Alzheimer Senile: La forma più comune di Alzheimer, l’Alzheimer a esordio “senile” , in genere inizia a
mostrare segni quando una persona ha 60 anni o più.
- Alzheimer 45%
- Forma vascolare 20 - 85%
- Forme miste 20%
- Morbo di Parkinson
- Corea di Hungtignton
- Forme Post-traumatiche
- Sindromi alcooliche
Il Declino cognitivo lieve altro non è che una fase contraddistinta da MCI = Mild Cognitive Impairment, cioè
il vero e proprio declino cognitivo lieve, e da ARCD = Aged related cognitive decline, fondamentalmente
legato all’età dell’individuo (non so cosa cazzo voglia dire sta roba; sa tanto di capitan ovvio. Ma sti cazzi,
sofia l’ha messa e via di poesia a memoria).
Avremo, dunque:
LIEVE SEVERO
✓ MEMORIA
✓ ATTENZIONE
✓ LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE
✓ CAPACITA’ CRITICA
✓ CAPACITA’ DI SINTESI
✓ RAGIONAMENTO LOGICO
✓ PROBLEM SOLVING
✓ Amnesia: deficit di apprendimento nuove informazioni; deficit ricordo informazioni già acquisite.
✓ Afasia: alterazioni del linguaggio e comprensione di questo.
✓ Aprassia: incapacità di eseguire attività motorie; malgrado l’integrità della funzione motoria.
✓ Agnosia: incapacità di riconoscere o identificare; oggetti malgrado integrità funzioni sensoriali.
✓ Disturbo funzioni esecutive: segarsi senza un motivo, no scherzo va bene l’esempio di prima della finestra.
SINTOMATOLOGIA COMPORTAMENTALE DELLA MALATTIA DI ALZHEIMER
1. Deliri di persecuzione
a) Luogo (non è casa mia)
b) Persona (non è mio marito) sindrome di Capgras
c) Abbandono
2. Allucinazioni
3. Disturbi dell’attività
a) Vagabondaggio - attività e delirio di luogo
b) Attività afinalistiche ripetitive
c) Attività inappropriate - oggetti in posti sbagliati
4. Aggressività
a) Violenza fisica
b) Violenza verbale
5. Disturbi dell’equilibrio circadiano di eventi metabolici (enuresi, glicemia, cortisolo ecc.)
6. Disturbi affettivi
a. Depressione
b. Pianto
c. Apatia o aggressività
DEMENZA VASCOLARE
A. Deterioramento cognitivo manifestato con:
- deficit di memoria
- almeno di un’altra funzione cognitiva: attenzione, linguaggio, prassia, planning oppure agnosia o
disturbi nelle funzioni esecutive.
B. I deficit cognitivi devono comportare disadattamento e compromissione del funzionamento sociale,
occupazionale e relazionale del paziente.
C. Segni e sintomi neurologici focali o evidenze neuroradiologiche di malattia cerebrovascolare (CVD) che
sia giudicata essere eziologicamente correlata ai disturbi accusati dal paziente.
CAUSE EMBOLICHE
✓ cardiomiopatia
✓ cardiopatie congenite
✓ infarto con trombosi
✓ embolia gassosa o lipidica
✓ endocardite batterica
CAUSE TOSSICHE
✓ Amfetamine, Cocaina
✓ Arsenico
✓ Monossido di carbonio
✓ Sindrome di Kawasaki
✓ Lupus anticoagulante
✓ Artrite reumatoide
✓ Sarcoidosi
✓ Lupus eritematoso sistemico