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Ematoma subdurale

Un ematoma subdurale è una raccolta di sangue all’interno della scatola cranica, localizzata a
livello delle meningi, tra la dura madre e l’aracnoide.

Ematoma sottodurale cronico in TC

Cenni di anatomia
Il nevrasse è avvolto da tre tonache di natura connettivale che sono sovrapposte tra loro; queste tre
tonache sono definite meningi. La loro funzione principale è di protezione in caso di trauma al
rivestimento osseo (ricordiamo, infatti, che l’altro sistema di protezione è dato dalle lamine ossee).

Le meningi sono divise in due strati:


1. quello più esterno è definita dura madre o pachimeninge: è costituita da un tessuto connettivale
molto ricco di fibre, infatti, essa è più spessa e più resistente delle altre;
2. quello più interno definito leptomeninge: costituito da aracnoide e pia madre:
• aracnoide: foglietto intermedio. Tra questo foglietto e la dura madre c’è uno spazio virtuale,
definito subdurale;
• pia madre: foglietto più interno molto sottile, riccamente vascolarizzato e strettamente adeso al
nevrasse. Accompagna la morfologia dell’organo.
Fra aracnoide e pia madre si trova lo spazio subaracnoideo, nel quale è presente il liquido
cefalorachidiano e le trabecole (di tessuto connettivale, sono cioè composte della stessa natura
dell’aracnoide), con la funzione di mantenere un distacco tra aracnoide e pia madre, soprattutto a
livello encefalo.
Classificazione, cause e sintomi
Gli ematomi subdurali sono causati da un sanguinamento delle vene, comprese le vene confluenti,
localizzate tra le membrane esterne e mediane che rivestono l’encefalo (meningi). Talvolta sono
causati dal sanguinamento delle arterie.
Si dividono, in base al loro sviluppo temporale e al decorso clinico, in:
• acuti: possono essere dovuti a un sanguinamento rapido dopo una lesione cranica grave,
infatti, si osservano ematomi subdurali acuti nel 10-15% dei traumi cranici severi, ai quali
consegue o il sanguinamento del parenchima lacerato, o la rottura delle vene a ponte1, o
ancora, nei casi più drammatici, la lesione dei seni venosi durali 2.
Gli ematomi subdurali acuti sono spesso causati da una lesione cranica che si verifica
durante una caduta o un incidente stradale e si raccolgono lungo la convessità emisferica:
in TC il loro aspetto è quello di una “luna crescente”.

1
Le vene a ponte sono piccoli vasi di collegamento tra lo strato aracnoideo e lo strato piale
meningeo, ma possiamo trovarle anche a livello della falce interemisferica e del tentorio del
cervelletto.
2
I seni venosi durali sono vasi sanguiferi di grosso calibro delimitati da pieghe della dura madre.
Essi drenano il sangue refluo cerebrale verso il sistema delle vene giugulari.
• cronici: sono più comuni fra gli alcolisti, gli anziani e coloro che assumono anticoagulanti
(farmaci che rendono più fluido il sangue). Gli alcolisti e gli anziani, relativamente
soggetti a cadute e sanguinamento, potrebbero ignorare o dimenticare i traumi cranici lievi
o moderati, che conducono alla formazione di piccoli ematomi subdurali che possono
cronicizzare. Nel momento in cui i sintomi diventano evidenti, un ematoma subdurale
cronico può essere di grandi dimensioni. Gli ematomi cronici sono meno propensi a
causare un rapido aumento della pressione all’interno del cranio rispetto a quelli acuti.
Negli anziani e in soggetti giovani con particolari quadri metabolici e sindromici3, poi, il
cervello si atrofizza leggermente, provocando un ampliamento degli spazi subdurali, che
stira le vene a ponte, rendendole più inclini a lacerazioni in caso di traumi, anche minimi.
Inoltre, il sanguinamento tende a protrarsi in quanto il cervello ristretto esercita una
pressione minore sulla vena sanguinante, consentendo una maggiore perdita.

I sintomi degli ematomi subdurali sono diversi a seconda delle tempistiche con cui si determina
un sanguinamento subdurale.
In caso di un grosso ematoma subdurale acuto, infatti, la sintomatologia clinica tenderà ad essere
peggiore rispetto a quella di un episodio analogo ma cronico: è possibile che il paziente giunga
all’attenzione dei sanitari già in condizione di ipertensione endocranica 4.
Un sanguinamento cronico, risultato di un lento e progressivo stillicidio di sangue venoso, invece,
causa una falda ematica che pian piano riempie lo spazio subdurale, diventando gradualmente più
spessa fino a causare irritazione alla corteccia cerebrale (innescando crisi epilettiche), o
compressione (determinando cefalea persistente, stato confusionale o deficit neurologici focali
come: eloquio incongruo, disturbi della deambulazione, problemi mnemonici, difficoltà ad
orientarsi, allucinazioni visive, riduzione del campo visivo, ecc… a seconda del lobo cerebrale
dove l’ematoma presenta maggiore spessore ed esercita più pressione). Anche nell’ematoma
subdurale cronico, nel caso in cui l’effetto compressivo aumentasse esageratamente,
comparirebbero i sintomi dell’ipertensione endocranica.

3
Condizione di iper-drenaggio liquorale, che si può verificare nei soggetti che, per un quadro
patologico di idrocefalo, sono portatori di un sistema di shunt ventricolo-peritoneale. In tali storie
cliniche è possibile incappare in una condizione di iper-drenaggio (causato dallo shunt stesso), che
predispone il paziente al sanguinamento subdurale cronico, poiché provoca un’atrofia del
parenchima cerebrale che rende le vene a ponte facilmente esposte al rischio di fissurazione.

Lo shunt ventricolo-peritoneale è un dispositivo di drenaggio che viene impiantato


nel ventricolo cerebrale, formato da una valvola e due cateteri, che serve a portare il liquido
cerebrale in eccesso verso la cavità addominale.

4
L'ipertensione endocranica è un aumento della pressione all'interno del cranio. Le cause più
frequenti sono quelle che comportano un ostacolo al deflusso o al riassorbimento del liquido
cerebrospinale e che, pertanto, inducono uno scompenso dell'emodinamica cerebrale.
Trattamenti
Prima d’introdurre i trattamenti, è necessario sapere che la diagnosi di ematoma subdurale può essere
accertata attraverso una semplice TC cranica senza mezzo di contrasto, la cui valutazione può fornire
indicazioni anche sul periodo d’insorgenza dell’emorragia.
Infatti, in caso di un sanguinamento acuto, la componente ematica si mostrerà iperdensa rispetto al
tessuto cerebrale, assumendo un colore tendente al bianco.
Dopo 7-12 gg dall’episodio emorragico, la densità del sangue sarà simile a quella delle
circonvoluzioni cerebrali, per cui la falda ematica in stato subacuto sarà isodensa.
Oltre 14 gg dopo, la raccolta ematica sarà ipodensa e quindi più scura.

Ematoma subdurale acuto Ematoma subdurale cronico

I trattamenti variano a seconda che l’ematoma subdurale sia cronico oppure acuto.

Il trattamento chirurgico di un ematoma subdurale cronico, qualora questo si presenti omogeneo,


fluido e non concamerato dalla presenza di membrane vascolari, è la craniectomia.
La craniectomia è una procedura chirurgica poco invasiva (effettuata in regime di anestesia locale)
che consiste nel praticare un foro a livello delle ossa craniche, foro che successivamente viene
allargato, così da consentire l’incisione della sottostante dura madre. Attraverso lo “sportello” che è
stato aperto, viene introdotto nello spazio subdurale un drenaggio che provoca la fuoriuscita della
raccolta ematica sotto la spinta dell’irrigazione della soluzione fisiologica, e che viene lasciato in
sede 24-48h collegato ad un serbatoio, in modo che il sangue residuo possa spontaneamente essere
drenato verso l’esterno.

Il trattamento chirurgico di un ematoma subdurale acuto, che solitamente è anche correlato a un


danno del parenchima cerebrale a causa della genesi del trauma, è la craniotomia, un intervento
invasivo svolto in regime di anestesia totale.
Si esegue una craniotomia dopo aver inciso la cute e il sottocute con il bisturi. Esposto l'osso, vengono
eseguiti uno o più fori con un trapano. Viene quindi impiegato il craniotomo per rimuovere un lembo
osseo, l'opercolo, che espone completamente la dura madre.
A questo punto si incide la meninge e si espone il cervello, poi si procede all’aspirazione
dell’ematoma (di composizione densa) e all’irrigazione della zona.
Dopo aver rimosso la componente ematica subdurale, è possibile valutare intra-operatoriamente lo
stato della sottostante corteccia cerebrale: se il trauma non ha causato una compromissione del
parenchima cerebrale, esso presenta una pulsatilità ed una riespansione equilibrata, e si procede a
riposizionare e fissare la porzione ossea che era stata rimossa; se, invece, nonostante lo svuotamento
dell’ematoma, il parenchima cerebrale appare contuso, rigonfio e dal colorito pallido, quasi
sicuramente si è già instaurato un danno cerebrale secondario. In questo caso, soprattutto nei soggetti
giovani, si preferisce non riposizionare l’opercolo osseo, in modo da garantire un maggior spazio di
decompressione al tessuto. Si parla, pertanto, di craniotomia iatrogena, poiché rimane una lacuna
ossea che poi verrà riempita, attraverso un intervento di cranioplastica, al miglioramento delle
condizioni del paziente.
I casi in cui si rende inevitabile ricorrere alla craniotomia sono rappresentati da:
• uno spessore della raccolta ematica maggiore di 5 mm e un quadro clinico in cui il paziente
è già in coma (con una valutazione alla Glasgow Coma Scale di “trauma moderato” -
punteggio da 13 a 9- o “trauma severo” -punteggio da 8 a 3-);
• deficit da compressione (es: emiparesi);
• spessore maggiore di 1 cm e shift della linea mediana superiore a 5 mm, a prescindere dallo
stato neurologico del paziente.

Spostamento della linea mediana


Il trattamento conservativo dell’ematoma subdurale acuto, è previsto nei casi in cui:

• la Glasgow Coma Scale si mantiene stabilmente superiore a 9;


• lo spessore dell’ematoma è inferiore a 1 cm o causa uno shift della linea mediana minore di
5 mm;
• il valore della GCS è inferiore a 9 (che corrisponde a un trauma cranico severo e ad uno
stato di coscienza compromesso in modo grave), ma il paziente non presenta una grande
emorragia da evacuare. In questi casi, si procede con il monitoraggio della PIC (pressione
intra-cranica).

Misurazione della PIC


Sono diversi i sistemi disponibili per il monitoraggio della PIC. Viene utilizzato un catetere con
sensori a fibre ottiche, idraulici o microsensori e posizionato:

• in uno dei ventricoli laterali (intraventricolare o catetere ventricolo-stomico);


• negli spazi subdurali;
• a livello intraparenchimale;
• nello spazio subaracnoideo

Modalità di posizionamento del catetere nella misurazione della PIC

Più comunemente utilizzato sembra essere l’intraparenchimale, mentre il metodo più vantaggioso
risulta essere l’inserimento del catetere ventricolare, in quanto permette anche la modulazione
della pressione attraverso la deliquorazione. Ad ogni modo, ogni posizionamento presenta vantaggi
e svantaggi:
POSIZIONAMENTO VANTAGGI SVANTAGGI

INTRAVENTRICOLARE Accurata misura PIC con Difficoltà di inserzione in caso di


possibilità di rilevazione ventricoli piccoli;
dell’onda;
rischio più elevato di infezioni ed
drenaggio del liquor emorragie;
(funzionale alla riduzione
della pressione intra- frequenti ostruzioni;
cranica);
necessità di controllare la posizione
possibilità di ricalibrazione; della testa;

basso costo. pericoloso in caso di ventricoli


compressi o dislocati;

controindicato in presenza di falde


ematiche extra cerebrali instabili.

INTRAPARENCHIMALE Facile posizionamento Inesatta lettura nel tempo;


(anche a letto del paziente);
impossibilità di drenare il liquor;
minor rischio d’infezione;
impossibile da ricalibrare;
meno invasivo.
costoso;

posizionamento alla cieca.

SUBDURALE Possibilità di utilizzo anche Inclinazione che il catetere deve


a livello lombare. prendere, poiché viene introdotto
perpendicolarmente rispetto al foro
osseo, per poi doversi ripiegare in
modo tangenziale rispetto alla
corteccia cerebrale, con la possibilità
di falsare i valori del monitoraggio.

SUBARACNOIDEO Meno invasivo Impossibilità di drenare il liquor;


dell’intraventricolare.
scarsa accuratezza;

scarsa affidabilità a lungo termine;

costoso.

La sede di posizionamento del catetere è generalmente frontale, e preferibilmente avviene a livello


dell’emisfero destro, che risulta essere quello non dominante nella maggior parte dei casi.

Dal monitoraggio della pressione intracranica si ottiene la lettura del valore numerico della PIC che,
anche in un soggetto sano, non è statica, ma presenta delle componenti dinamiche dovute alle
pulsazioni della pressione arteriosa sistemica e al ciclo respiratorio.
Il valore istantaneo della pressione intracranica, infatti, può variare fino a 4mmHg a causa
dell’attività cardiaca e fino a 10mmHg a causa della respirazione: oscillazioni della pressione
intracranica vanno quindi considerate fisiologiche se si attestano all’interno di questi range.

Variazioni della PIC per effetto della respirazione e del battito cardiaco

ONDA P1 (onda di percussione): corrisponde alla


sistole miocardica; infatti, è dovuta alla pressione
arteriosa che viene trasmessa dal plesso coroideo al
ventricolo. Ha un picco acuto ed un’ampiezza piuttosto
costante.

ONDA P2 (onda tidalica): corrisponde alla diastole e


la sua morfologia è variabile ed è in relazione alla
compliance cerebrale. Infatti, la sua ampiezza aumenta
quando la compliance cerebrale diminuisce e aumenta
la pressione intracranica: in questo caso la sua altezza
diventa patologica e supera l’onda P1.

ONDA P3 (onda dicrotica): corrisponde alla chiusura


della valvola aortica, ha un’ampiezza minore della P2.

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